Language of document : ECLI:EU:T:2022:312

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

1º giugno 2022 (*)

«Unione economica e monetaria – Unione bancaria – Meccanismo di risoluzione unico degli enti creditizi e di talune imprese di investimento (MRU) – Procedura di risoluzione applicabile in caso di dissesto o rischio di dissesto di un’entità – Adozione da parte del CRU di un programma di risoluzione per il Banco Popular Español – Diritto di essere ascoltato – Delega di poteri – Diritto di proprietà – Obbligo di motivazione – Articoli 18, 20 e 21, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 806/2014»

Nella causa T‑510/17,

Antonio Del Valle Ruíz, residente in Città del Messico (Messico), e gli altri ricorrenti i cui nomi figurano in allegato (1), rappresentati da J. Pobjoy, barrister, B. Kennelly, QC, e S. Walker, solicitor,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da L. Flynn e A. Steiblytė, in qualità di agenti,

e

Comitato di risoluzione unico (CRU), rappresentato da J. King e M. Fernández Rupérez, in qualità di agenti, assistite da B. Meyring, S. Schelo, F. Fernández de Trocóniz Robles, T. Klupsch e S. Ianc, avvocati,

convenuti,

sostenuti dal

Regno di Spagna, rappresentato da L. Aguilera Ruiz e J. Rodríguez de la Rúa Puig, in qualità di agenti,

dal

Parlamento europeo, rappresentato da L. Visaggio, J. Etienne, M. Menegatti, M. Sammut, L. Stefani e M. Martínez Iglesias, in qualità di agenti,

dal

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da A. de Gregorio Merino, J. Bauerschmidt, A. Westerhof Löfflerová e H. Marcos Fraile, in qualità di agenti,

e da

Banco Santander, SA, con sede in Santander (Spagna), rappresentata da J. Rodríguez Cárcamo, A. Rodríguez Conde, D. Sarmiento Ramírez-Escudero, avvocati, e G. Cahill, barrister,

intervenienti,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione SRB/EES/2017/08 adottata nella sessione esecutiva del CRU, del 7 giugno 2017, concernente l’adozione di un programma di risoluzione per il Banco Popular Español, SA, nonché della decisione (UE) 2017/1246 della Commissione, del 7 giugno 2017, che approva il programma di risoluzione per il Banco Popular Español (GU 2017, L 178, pag. 15).

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata),

composto da M. van der Woude, presidente, M. Jaeger, V. Kreuschitz, G. De Baere (relatore) e G. Steinfatt, giudici,

cancelliere: P. Cullen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 21 giugno 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

1        A seguito della crisi finanziaria del 2008, si è deciso di creare, nell’Unione europea, un’unione bancaria basata su un corpus di norme unico, completo e dettagliato sui servizi finanziari per il mercato interno nel suo complesso e comprendente un meccanismo di vigilanza unico e nuovi quadri di garanzia dei depositi e di risoluzione delle crisi bancarie.

2        Il primo passo verso la creazione dell’unione bancaria è consistito nell’istituzione di un meccanismo di vigilanza unico (MVU) da parte del regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU 2013, L 287, pag. 63). Secondo il considerando 12 di tale regolamento, si dovrebbe assicurare, tramite un MVU, che la politica dell’Unione in materia di vigilanza prudenziale sugli enti creditizi sia attuata in maniera coerente ed efficace, che il corpus unico di norme sui servizi finanziari sia applicato nella stessa maniera agli enti creditizi in tutti gli Stati membri interessati e che tali enti creditizi siano sottoposti a una vigilanza ottimale sotto il profilo qualitativo e libera da considerazioni estranee all’ottica prudenziale. A tale scopo, il regolamento n. 1024/2013 attribuisce alla Banca centrale europea (BCE) compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi, al fine di contribuire alla sicurezza e alla solidità degli enti creditizi e alla stabilità del sistema finanziario all’interno dell’Unione e di ciascuno Stato membro.

3        Successivamente, è stata adottata la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2014, L 173, pag. 190). Al considerando 1, essa enuncia quanto segue:

«La crisi finanziaria ha evidenziato una mancanza significativa di strumenti adeguati a livello di Unione per gestire con efficacia gli enti creditizi e le imprese di investimento (...) in crisi o in dissesto. Tali strumenti sono necessari, in particolare, per prevenire stati di insolvenza o, in caso di insolvenza, per ridurre al minimo le ripercussioni negative preservando le funzioni dell’ente interessato aventi rilevanza sistemica. Durante la crisi, queste sfide sono state un fattore determinante che ha costretto gli Stati membri a procedere al salvataggio degli enti utilizzando il denaro dei contribuenti. L’obiettivo di un quadro credibile di risanamento e di risoluzione è quello di ovviare quanto più possibile alla necessità di un’azione di questo tipo».

4        Lo scopo della direttiva 2014/59 è quello di stabilire disposizioni comuni di armonizzazione minima delle norme nazionali che disciplinano la risoluzione delle banche nell’Unione e prevede la cooperazione tra le autorità di risoluzione in caso di dissesto di banche transfrontaliere. A tal proposito, la direttiva 2014/59 prevede, segnatamente, all’articolo 3, paragrafo 1, che ciascuno Stato membro designi una o, in via eccezionale, più autorità di risoluzione, abilitate ad applicare gli strumenti e a esercitare i poteri di risoluzione.

5        Tuttavia, considerando, da un lato, che la direttiva 2014/59 non stabiliva la centralizzazione del processo decisionale in materia di risoluzione, che essa metteva essenzialmente strumenti di risoluzione e poteri di risoluzione comuni a disposizione delle autorità nazionali di ciascuno Stato membro e che lasciava a queste ultime un margine di discrezionalità per il ricorso a tali strumenti e l’uso dei meccanismi nazionali di finanziamento per la risoluzione, e considerando, dall’altro lato, che tale direttiva non impediva completamente l’adozione di decisioni distinte e potenzialmente divergenti sulla risoluzione dei gruppi transfrontalieri da parte degli Stati membri, si è deciso di istituire un meccanismo di risoluzione unico (MRU).

6        Così, il secondo passo verso la creazione dell’unione bancaria è consistito nell’adozione del regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del[l’MRU] e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU 2014, L 225, pag. 1).

7        Il considerando 12 del regolamento n. 806/2014 così recita:

«Il completamento del mercato interno dei servizi finanziari presuppone necessariamente l’efficacia nell’Unione delle decisioni di risoluzione adottate per le banche in dissesto, anche relativamente all’impiego dei finanziamenti reperiti a livello di Unione. Nel mercato interno il dissesto di banche in uno Stato membro può compromettere la stabilità dei mercati finanziari nell’Unione nel suo complesso. Assicurare l’efficacia e l’uniformità delle norme in materia di risoluzione e la parità di condizioni nel finanziamento della risoluzione nei diversi Stati membri è nell’interesse superiore non soltanto dello Stato membro in cui le banche operano, ma anche, in generale, in quello di tutti gli Stati membri, perché costituiscono un mezzo per assicurare condizioni eque di concorrenza e migliorare il funzionamento del mercato interno. I sistemi bancari sono estremamente interconnessi nel mercato interno, i gruppi bancari hanno dimensione internazionale e le banche detengono attività estere in percentuali elevate. Senza l’[MRU], le crisi bancarie che si verificassero negli Stati membri partecipanti all’[MVU] avrebbero un più forte impatto sistemico negativo anche negli Stati membri che non vi partecipano. L’istituzione dell’[MRU] garantirà un approccio neutro per il trattamento delle banche in dissesto e pertanto rafforzerà la stabilità delle banche degli Stati membri partecipanti e impedirà alle crisi di produrre ricadute negli Stati membri non partecipanti, agevolando così il funzionamento del mercato interno nel suo complesso. È opportuno che i meccanismi di cooperazione tra gli enti stabiliti negli Stati membri partecipanti e non partecipanti siano chiari e che nessuno Stato membro o gruppo di Stati membri sia direttamente o indirettamente discriminato come luogo di prestazione di servizi finanziari».

8        Il regolamento n. 806/2014, ai sensi del suo articolo 1, primo comma, ha lo scopo di stabilire regole e una procedura uniformi per la risoluzione delle entità definite all’articolo 2 stabilite negli Stati membri partecipanti, vale a dire le banche la cui autorità di vigilanza centrale è la BCE o l’autorità nazionale competente negli Stati membri la cui moneta è l’euro e negli Stati membri la cui moneta non è l’euro che abbiano instaurato una cooperazione stretta a norma dell’articolo 7 del regolamento n. 1024/2013 (v. considerando 15 del regolamento n. 806/2014).

9        L’articolo 1, secondo comma, del regolamento n. 806/2014 prevede che tali regole e procedura uniformi siano applicate dal Comitato di risoluzione unico (CRU) istituito ai sensi dell’articolo 42 del medesimo regolamento, insieme al Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione europea e alle autorità nazionali di risoluzione nell’ambito dell’MRU stabilito dal medesimo regolamento. È altresì previsto che l’MRU sia sostenuto da un Fondo di risoluzione unico (FRU).

10      Ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, il CRU decide in merito a un’azione di risoluzione in relazione ad un ente finanziario stabilito in uno Stato membro partecipante, quando sono soddisfatte le tre condizioni previste all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento stesso.

11      La prima condizione richiede che l’entità sia in dissesto o a rischio di dissesto. La valutazione di questa condizione è effettuata dalla BCE, previa consultazione del CRU, o dal CRU, e si considera soddisfatta se l’entità si trova in una o più delle situazioni elencate all’articolo 18, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014.

12      La seconda condizione presuppone che non si possa ragionevolmente prospettare che qualsiasi misura alternativa sotto forma di intervento del settore privato o di azione di vigilanza permetta di evitare il dissesto dell’entità in tempi ragionevoli.

13      La terza condizione implica che l’azione di risoluzione sia necessaria nell’interesse pubblico, vale a dire che essa sia necessaria al conseguimento di uno o più obiettivi della risoluzione e che la liquidazione dell’ente con procedura ordinaria di insolvenza non consenta di realizzare tali obiettivi nella stessa misura.

14      L’articolo 14 del regolamento n. 806/2014 definisce gli obiettivi della risoluzione così individuati: garantire la continuità delle funzioni essenziali; evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria, in particolare attraverso la prevenzione del contagio; salvaguardare i fondi pubblici riducendo al minimo il ricorso al sostegno finanziario pubblico straordinario; tutelare i depositanti e gli investitori, e tutelare i fondi e le attività dei clienti.

15      L’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 prevede che, prima di decidere in merito a un’azione di risoluzione o all’esercizio del potere di svalutare o convertire gli strumenti di capitale pertinenti, il CRU provvede affinché una valutazione equa, prudente e realistica delle attività e passività di un’entità venga effettuata da una persona indipendente da qualsiasi autorità pubblica, compreso il CRU e l’autorità nazionale di risoluzione, e dall’entità interessata.

16      Ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 15, del regolamento n. 806/2014, la valutazione è parte integrante della decisione di applicare uno strumento di risoluzione o di esercitare un potere di risoluzione o della decisione di esercitare il potere di svalutazione o conversione degli strumenti di capitale.

17      Se sono soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, il CRU adotta un programma di risoluzione.

18      Quando agiscono nell’ambito della procedura di risoluzione, il CRU, il Consiglio e la Commissione devono garantire che l’azione di risoluzione sia avviata conformemente a taluni principi elencati all’articolo 15 del regolamento n. 806/2014, tra i quali figurano il principio secondo cui gli azionisti dell’ente soggetto a risoluzione sostengono per primi le perdite nonché il principio secondo cui nessun creditore sostiene perdite più ingenti di quelle che avrebbe sostenuto se l’entità interessata fosse stata liquidata con procedura ordinaria di insolvenza.

19      Nel programma di risoluzione, il CRU determina l’applicazione degli strumenti di risoluzione. L’articolo 22, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014 elenca i diversi strumenti di risoluzione disponibili, vale a dire lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa, lo strumento dell’ente-ponte, lo strumento di separazione delle attività e lo strumento del bail-in.

20      Nel programma di risoluzione, il CRU può altresì esercitare il potere di svalutazione o conversione degli strumenti di capitale dell’entità interessata alle condizioni previste all’articolo 21 del regolamento n. 806/2014. Secondo l’articolo 19 del regolamento n. 806/2014, un’azione di risoluzione può anche prevedere la concessione di aiuti di Stato o il ricorso al FRU.

21      Ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, immediatamente dopo l’adozione del programma di risoluzione, il CRU lo trasmette alla Commissione. Entro 24 ore dalla trasmissione del programma di risoluzione da parte del CRU, la Commissione lo approva o obietta ad esso per quanto riguarda gli aspetti discrezionali di quest’ultimo nei casi non contemplati dal terzo comma, ossia il rispetto del criterio dell’interesse pubblico o una modifica significativa dell’importo del FRU. Per quanto riguarda questi ultimi aspetti discrezionali, entro 12 ore dalla trasmissione del programma di risoluzione da parte del CRU, la Commissione può proporre al Consiglio di obiettare al programma di risoluzione adottato dal CRU a motivo del fatto che esso non soddisfa il criterio dell’interesse pubblico o di approvare o di obiettare a una modifica significativa dell’importo del FRU previsto nel programma di risoluzione adottato dal CRU. Il programma di risoluzione può entrare in vigore soltanto se il Consiglio o la Commissione non hanno espresso obiezioni entro un periodo di 24 ore dopo la trasmissione da parte del CRU.

22      L’articolo 18, paragrafo 9, del regolamento n. 806/2014 stabilisce che il CRU garantisce che l’azione di risoluzione necessaria per attuare il programma di risoluzione sia avviata dalle autorità nazionali di risoluzione pertinenti. Il programma di risoluzione è indirizzato a queste ultime e dà istruzioni a tali autorità, le quali prendono tutte le misure necessarie per dare esecuzione alla decisione del CRU a norma dell’articolo 29 del medesimo regolamento, esercitando i poteri di risoluzione.

23      Successivamente all’adozione di un’azione di risoluzione, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 16, del regolamento n. 806/2014, il CRU provvede a che una persona indipendente effettui una valutazione, al fine di valutare se gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto un trattamento migliore se l’ente soggetto a risoluzione fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza. Ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera e), del regolamento n. 806/2014, detta valutazione può portare a pagare gli indennizzi agli azionisti o creditori se essi hanno sostenuto perdite maggiori rispetto a quelle che avrebbero sostenuto in una liquidazione con procedura ordinaria di insolvenza.

 Fatti all’origine della controversia e fatti successivi alla presentazione del ricorso

24      I ricorrenti, Antonio Del Valle Ruíz e le altre persone fisiche e giuridiche i cui nomi figurano in allegato, erano azionisti o detenevano obbligazioni del Banco Popular Español, SA (in prosieguo: il «Banco Popular») prima dell’adozione di un programma di risoluzione in relazione quest’ultimo.

 Sulla situazione del Banco Popular prima delladozione del programma di risoluzione

25      Alla data della risoluzione, il gruppo Banco Popular, di cui il Banco Popular era la società madre, era il sesto gruppo bancario spagnolo.

26      Nel 2016, il Banco Popular ha proceduto a un aumento di capitale di 2,5 miliardi di EUR.

27      Il 5 dicembre 2016, la sessione esecutiva del CRU ha adottato un piano di risoluzione del gruppo Banco Popular (in prosieguo: il «piano di risoluzione del 2016»). Lo strumento di risoluzione scelto nel piano di risoluzione era lo strumento del bail-in previsto all’articolo 27 del regolamento n. 806/2014.

28      Il 3 febbraio 2017, il Banco Popular ha pubblicato la propria relazione annuale per il 2016, nella quale ha annunciato la necessità di accantonamenti straordinari per un importo di 5,7 miliardi di EUR, con una perdita consolidata di 3,485 miliardi di EUR, nonché la nomina di un nuovo presidente.

29      Il 10 febbraio 2017, la DBRS Ratings Limited (DBRS) (ora DBRS Morningstar) ha declassato il rating del Banco Popular, con outlook negativo, in considerazione dell’indebolimento della posizione patrimoniale del Banco Popular a seguito di una perdita netta superiore a quella prevista nella sua relazione annuale, di cui al precedente punto 28, nonché degli sforzi del Banco Popular per ridurre il suo stock ancora elevato di attività in sofferenza.

30      Il 3 aprile 2017, il Banco Popular ha annunciato il risultato di revisioni interne che indicavano che avrebbero potuto rendersi necessarie rettifiche alla relazione annuale per il 2016. Tali rettifiche sono state effettuate nella relazione finanziaria del Banco Popular per il primo trimestre del 2017.

31      Il 10 aprile 2017, all’assemblea generale degli azionisti del Banco Popular, il presidente del consiglio di amministrazione ha annunciato che la banca stava considerando un aumento di capitale o un’operazione societaria a causa della posizione patrimoniale del gruppo e del suo livello di attività in sofferenza. L’amministratore delegato del Banco Popular è stato sostituito meno di un anno dopo l’assunzione dell’incarico.

32      A seguito dell’annuncio del 3 aprile 2017, relativo alla necessità di rettifica dei risultati finanziari del 2016, il 6 aprile la DBRS ha declassato il rating del Banco Popular mantenendo il suo outlook negativo. Anche Standard & Poor’s, il 7 aprile, e Moody’s Investors service (in prosieguo: «Moody’s»), il 21 aprile 2017, hanno declassato il rating del Banco Popular con outlook negativo.

33      In aprile 2017, il Banco Popular ha avviato una procedura di vendita privata allo scopo di realizzare la sua vendita a un concorrente forte, il che avrebbe dovuto ripristinare la sua situazione finanziaria. La scadenza affinché gli eventuali acquirenti interessati all’acquisizione del Banco Popular presentassero la loro offerta era stata fissata per il 10 giugno 2017 ed è stata poi prorogata alla fine del mese di giugno 2017.

34      Il 5 maggio 2017, il Banco Popular ha presentato la sua relazione finanziaria per il primo trimestre del 2017, annunciando perdite per un importo di 137 milioni di EUR.

35      Il 12 maggio 2017, il requisito in materia di copertura della liquidità (Liquidity Coverage Requirement) del Banco Popular è sceso al di sotto della soglia minima dell’80% fissata dall’articolo 460, paragrafo 2, lettera c), del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2013, L 176, pag. 1).

36      Con lettera del 16 maggio 2017, il Banco Santander, SA ha informato il Banco Popular di non essere in grado di presentare un’offerta vincolante nella procedura di vendita privata.

37      Il 16 maggio 2017, il Banco Popular, in una comunicazione di un fatto rilevante alla Comisión nacional del mercado de valores (CNMV, Commissione nazionale del mercato degli strumenti finanziari, Spagna), ha indicato che potenziali acquirenti avevano manifestato il loro interesse nella procedura di vendita privata, ma che non era stata ricevuta alcuna offerta vincolante.

38      Il 19 maggio 2017, l’agenzia FITCH ha declassato il rating a lungo termine del Banco Popular.

39      Il 23 maggio 2017, la presidente del CRU, Elke König, ha rilasciato un’intervista al canale televisivo Bloomberg, in cui le è stato chiesto, segnatamente, della situazione del Banco Popular.

40      Nel corso del mese di maggio 2017, numerosi articoli di stampa hanno riferito delle difficoltà del Banco Popular. A titolo di esempio, va menzionato un articolo dell’11 maggio 2017, pubblicato sul sito Internet elconfidencial.com, intitolato «Saracho encarga la venta urgente del Popular a JP Morgan y Lazard por riesgo de quiebra» (Saracho incarica JP Morgan e Lazard della vendita urgente del Popular a causa di un rischio di fallimento). In tale articolo si afferma che il presidente della banca aveva incaricato JP Morgan e Lazard di organizzare la vendita urgente della banca a causa di un rischio di fallimento, dovuto a ingenti deflussi di depositi dei clienti privati e istituzionali e che esso considerava che l’unico modo per garantire la sostenibilità economica della banca fosse la vendita completa ed imminente dell’intero gruppo. L’articolo riporta che, «data la persistenza dei deflussi di depositi e la chiusura di fonti di finanziamento esterne, la banca correva un serio rischio di fallimento e che [il suo presidente] era stato quindi costretto ad attivare la misura più drastica e a non vendere gradualmente le sue attività per migliorare i coefficienti di capitale e soddisfare le condizioni imposte dalla BCE».

41      Il 15 maggio 2017, un articolo pubblicato sul sito Internet elconfidencial.com, intitolato «El BCE inspecciona a Banco Popular durante dos meses en pleno proceso de venta» (La BCE ispeziona il Banco Popular per due mesi nel mezzo della procedura di vendita), riporta che il piano di vendita del Banco Popular, attuato dal suo presidente, è stato avviato dopo l’ispezione della BCE, che aveva confermato la carenza di accantonamenti. Secondo tale articolo, gli ispettori della BCE avevano concluso che le difficoltà del Banco Popular sarebbero state legate alla sua carenza di accantonamenti per coprire la sua esposizione immobiliare e che sarebbe stato necessario evitare i deflussi occasionali di depositi. Detti ispettori avrebbero altresì espresso la loro insoddisfazione riguardo alla presentazione dei conti del 2016.

42      Il 31 maggio 2017, l’agenzia Reuters ha pubblicato un articolo intitolato «EU warned of wind-down risk for Spain’s Banco Popular» (UE, avvertimento del rischio di risoluzione del Banco Popular). Tale articolo menziona in particolare che, secondo un funzionario dell’Unione rimasto anonimo, una delle principali autorità di vigilanza bancaria in Europa aveva avvertito i funzionari dell’Unione che il Banco Popular avrebbe potuto essere liquidato qualora non fosse riuscito a trovare un acquirente. Secondo detto articolo, tale funzionario ha altresì indicato che la presidente del CRU aveva recentemente emesso un’«allerta rapida» e aveva dichiarato che il CRU seguiva la procedura (del Banco Popular) con particolare attenzione in vista di un possibile intervento.

43      Lo stesso giorno, il CRU ha pubblicato un comunicato stampa diretto a contestare il contenuto di tale articolo.

44      Nei primi giorni di giugno 2017, il Banco Popular ha dovuto far fronte a un assalto agli sportelli.

45      Il 5 giugno 2017, il Banco Popular ha presentato, il mattino, una prima domanda di assistenza di liquidità di emergenza al Banco de España (Banca di Spagna), poi una seconda domanda, nel pomeriggio, contenente un’estensione dell’importo richiesto, a causa di movimenti di liquidità significativi. Sulla base di una domanda della Banca di Spagna e a seguito della valutazione dello stesso giorno della BCE relativa alla domanda di assistenza di liquidità di emergenza del Banco Popular, il consiglio direttivo della BCE non ha sollevato obiezioni a un’assistenza di liquidità di emergenza al Banco Popular per il periodo fino all’8 giugno 2017. Il Banco Popular ha ricevuto una parte di tale assistenza di liquidità di emergenza, dopodiché la Banca di Spagna ha affermato di non essere in grado di fornire un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare al Banco Popular.

46      Il 6 giugno 2017, la DBRS e Moody’s hanno declassato il rating del Banco Popular.

 Su altri fatti precedenti alladozione del programma di risoluzione

47      Il 23 maggio 2017, il CRU ha incaricato la Deloitte, in qualità di esperto indipendente, di procedere alla valutazione del Banco Popular ai sensi dell’articolo 20 del regolamento n. 806/2014.

48      Il 24 maggio 2017, il CRU ha chiesto al Banco Popular, sulla base dell’articolo 34 del regolamento n. 806/2014, le informazioni necessarie per la realizzazione della sua valutazione. Il 2 giugno 2017, esso ha altresì chiesto al Banco Popular di fornire informazioni sulla procedura di vendita privata nonché di prevedere un accesso alla sala dati virtuale protetta che quest’ultimo aveva istituito nell’ambito di tale procedura.

49      Il 3 giugno 2017, la sessione esecutiva del CRU ha adottato la decisione SRB/EES/2017/06, indirizzata al Fondo de Reestructuración Ordenada Bancaria (FROB, Fondo di ristrutturazione bancaria ordinata, Spagna), riguardante la commercializzazione del Banco Popular. Il CRU ha approvato l’avvio immediato della procedura di vendita del Banco Popular da parte del FROB e ha indicato a quest’ultimo i requisiti riguardanti la vendita conformemente all’articolo 39 della direttiva 2014/59. Il CRU indicava, in particolare, che il FROB doveva contattare i cinque potenziali acquirenti che erano stati invitati a presentare un’offerta nell’ambito della procedura di vendita privata.

50      Dei cinque potenziali acquirenti, due hanno deciso di non partecipare alla procedura di vendita e uno è stato escluso dalla BCE per motivi prudenziali.

51      Il 4 giugno 2017, i due potenziali acquirenti che avevano deciso di partecipare alla procedura di vendita, il Banco Santander e il Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, SA (BBVA), hanno firmato un accordo di non divulgazione e, il 5 giugno 2017, hanno avuto accesso alla sala dati virtuale.

52      Il 5 giugno 2017, il CRU ha adottato una prima valutazione (in prosieguo: la «valutazione 1»), ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 806/2014, che era intesa ad orientare l’accertamento del soddisfacimento delle condizioni per la risoluzione, quali definite all’articolo 18, paragrafo 1, del medesimo regolamento.

53      Il 6 giugno 2017, la BCE ha effettuato una valutazione sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, previa consultazione del CRU, conformemente all’articolo 18, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 806/2014.

54      In tale valutazione, la BCE ha indicato che, nei mesi precedenti, il Banco Popular aveva subito un grave deterioramento della sua posizione di liquidità, dovuto principalmente a un significativo impoverimento della sua base di depositi. Il Banco Popular ha dovuto far fronte a deflussi sostanziali di liquidità in tutti i segmenti di clientela. La BCE ha elencato gli eventi che avevano portato ai problemi di liquidità cui doveva far fronte il Banco Popular.

55      A tale riguardo, essa ha rilevato che, nel febbraio 2017, al momento della presentazione dei suoi conti annuali, il Banco Popular aveva reso nota la necessità di accantonamenti straordinari per un importo di 5,7 miliardi di EUR, con perdite di 3,485 miliardi di EUR nel 2016, nonché la sostituzione del suo presidente di lunga data, il quale aveva intrapreso una revisione della strategia della banca. L’annuncio di accantonamenti aggiuntivi e di perdite di fine esercizio aveva comportato un declassamento del rating del Banco Popular da parte della DBRS, il 10 febbraio 2017, e aveva suscitato vive preoccupazioni da parte della clientela del Banco Popular, che si erano tradotte in prelievi importanti e inattesi di depositi e in una frequenza elevata di visite di clienti presso le succursali della banca.

56      La BCE ha altresì indicato che la pubblicazione da parte del Banco Popular, il 3 aprile 2017, di una dichiarazione pubblica ad hoc che informava del risultato di varie revisioni interne che potevano avere un’incidenza significativa sui bilanci dell’ente nonché la conferma che l’amministratore delegato dell’ente sarebbe stato sostituito meno di un anno dopo l’assunzione dell’incarico avevano provocato un’altra ondata di ritiri di depositi. La BCE ha rilevato che tale ondata di ritiri di depositi era stata alimentata anche da:

–        un declassamento del rating del Banco Popular da parte di Standard & Poor’s il 7 aprile 2017;

–        l’annuncio da parte del Banco Popular, il 10 aprile 2017, che non avrebbe versato dividendi e che un aumento di capitale o un’operazione imprenditoriale avrebbero potuto rendersi necessari a causa della posizione patrimoniale difficile e del necessario allineamento ai suoi omologhi riguardo alla copertura delle attività in sofferenza;

–        un declassamento del rating del Banco Popular da parte di Moody’s il 21 aprile 2017;

–        la divulgazione dei risultati del primo trimestre del 2017 che erano peggiori del previsto;

–        la copertura mediatica negativa e continua, tra cui gli articoli dell’11 e del 15 maggio 2017 menzionati ai precedenti punti 40 e 41, stando ai quali il presidente del Banco Popular avrebbe ordinato una vendita urgente della banca a causa di un rischio imminente di fallimento o di carenza di liquidità e la banca avrebbe dovuto procedere a un aumento significativo degli accantonamenti all’esito di un’ispezione in loco da parte del supervisore.

57      La BCE ha parimenti sottolineato che i depositi persi a partire dal 31 maggio 2017 erano particolarmente significativi, dopo la divulgazione nei media del fatto che la banca avrebbe potuto essere messa in liquidazione se la procedura di vendita in corso non fosse stata fruttuosa entro brevissimo termine.

58      Inoltre, la BCE ha rilevato che, sebbene il Banco Popular avesse elaborato varie misure per generare liquidità supplementare nelle settimane precedenti ed avesse iniziato ad attuarle, l’entità degli afflussi realizzati e ancora attesi era insufficiente a porre rimedio al deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular alla data della valutazione. Essa ha altresì indicato che, anche con il ricorso all’assistenza di liquidità di emergenza su cui il consiglio direttivo della BCE non aveva sollevato obiezioni il 5 giugno 2017, la liquidità a tale data non era sufficiente a garantire la capacità del Banco Popular di pagare le proprie passività al più tardi entro il 7 giugno 2017.

59      La BCE ha ritenuto che le misure già adottate dal Banco Popular non fossero state sufficientemente efficaci per contrastare il deterioramento della sua posizione di liquidità. Essa ha rilevato che, come misura alternativa per garantire la sua capacità di pagare le proprie passività in scadenza, il Banco Popular tentava di attuare un’operazione imprenditoriale, vale a dire la sua vendita a un concorrente più forte. Tuttavia, la BCE ha considerato che, tenuto conto del deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular, dell’assenza di prove della capacità di quest’ultimo di risanare la situazione della propria liquidità in un prossimo futuro e del fatto che le trattative fino ad allora non avevano condotto a un risultato positivo, la conferma di una siffatta operazione privata non era prevedibile in un lasso di tempo che consentisse al Banco Popular di poter pagare i propri debiti o altre passività in scadenza.

60      La BCE ha constatato che, allo stesso tempo, non esistevano misure di vigilanza o di intervento precoce disponibili che consentissero di ripristinare la liquidità del Banco Popular in modo immediato e che gli garantissero un tempo sufficiente per attuare un’operazione imprenditoriale o un’altra soluzione. Le misure a disposizione della BCE in qualità di autorità competente, in forza della trasposizione nazionale dell’articolo 104 della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU 2013, L 176, pag. 338), e degli articoli da 27 a 29 della direttiva 2014/59 o dell’articolo 16 del regolamento n. 1024/2013, non potevano garantire che il Banco Popular sarebbe stato in grado di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza, tenuto conto dell’entità e della rapidità del deterioramento osservato.

61      In conclusione, la BCE, prendendo in considerazione, in particolare, i deflussi eccessivi di liquidità, la rapidità con la quale la liquidità era stata perduta dalla banca e l’incapacità di quest’ultima di generare altre liquidità, ha ritenuto che esistessero elementi oggettivi indicativi del fatto che il Banco Popular non sarebbe stato probabilmente in grado, in un prossimo futuro, di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza. La BCE ha concluso che il dissesto del Banco Popular era considerato accertato o, in ogni caso, che ve ne sussisteva il rischio in un prossimo futuro, conformemente all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014.

62      Il 6 giugno 2017, il consiglio di amministrazione del Banco Popular ha informato la BCE di essere giunto alla conclusione che la banca era a rischio di dissesto.

63      Lo stesso giorno, il FROB ha adottato una lettera contenente le informazioni sulla procedura di vendita e che stabiliva il termine per la presentazione delle offerte al 6 giugno 2017 a mezzanotte.

64      Sempre lo stesso giorno, la BBVA, uno dei due potenziali acquirenti del Banco Popular, ha informato il FROB che essa non avrebbe presentato offerte.

65      Alla medesima data del 6 giugno 2017, la Deloitte ha consegnato al CRU una seconda valutazione (in prosieguo: la «valutazione 2»), redatta ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014. La valutazione 2 aveva lo scopo di determinare il valore delle attività e delle passività del Banco Popular, di fornire una stima sul trattamento che gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto se il Banco Popular fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza, nonché di orientare la decisione sulle azioni e i titoli di proprietà da cedere e l’accertamento, da parte del CRU, delle condizioni commerciali ai fini dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa. Tale valutazione ha segnatamente stimato il valore economico del Banco Popular in 1,3 miliardi di EUR nello scenario migliore, a meno 8,2 miliardi di EUR nello scenario più sfavorevole e a meno 2 miliardi di EUR per la migliore stima.

66      Il 7 giugno 2017, il Banco Santander ha presentato un’offerta vincolante.

67      Con lettera del 7 giugno 2017, il FROB ha informato il CRU che il Banco Santander aveva presentato un’offerta il 7 giugno alle ore 3:12 e che il prezzo offerto dal Banco Santander per la vendita delle azioni del Banco Popular era di EUR 1. Il FROB ha dichiarato che il suo comitato direttivo aveva considerato il Banco Santander aggiudicatario nella procedura di vendita concorrenziale del Banco Popular e aveva deciso di proporre al CRU di designare il Banco Santander come acquirente nella decisione del CRU relativa all’adozione di un programma di risoluzione per il Banco Popular.

 Sul programma di risoluzione del Banco Popular del 7 giugno 2017

68      Il 7 giugno 2017, la sessione esecutiva del CRU ha adottato la decisione SRB/EES/2017/08 concernente un programma di risoluzione per il Banco Popular (in prosieguo: il «programma di risoluzione»), sulla base del regolamento n. 806/2014.

69      Ai sensi dell’articolo 1 del programma di risoluzione, il CRU, ritenendo soddisfatte le condizioni previste dall’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, ha deciso di sottoporre il Banco Popular a una procedura di risoluzione a decorrere dalla data della risoluzione.

70      Pertanto, il CRU ha ritenuto, in primo luogo, che il Banco Popular fosse in dissesto o a rischio di dissesto, in secondo luogo, che non esistessero altre misure che avrebbero potuto evitare il dissesto del Banco Popular in tempi ragionevoli e, in terzo luogo, che un’azione di risoluzione sotto forma di strumento per la vendita dell’attività d’impresa del Banco Popular fosse necessaria nell’interesse pubblico. A tale riguardo, il CRU ha indicato che la risoluzione era necessaria e proporzionata alla realizzazione di due obiettivi di cui all’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014, ossia garantire la continuità delle funzioni essenziali della banca ed evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria.

71      All’articolo 5.1 del programma di risoluzione, il CRU ha così deciso:

«Lo strumento di risoluzione applicato al Banco Popular consisterà in una vendita dell’attività d’impresa in forza dell’articolo 24 del regolamento n. 806/2014 mediante la cessione delle azioni a un acquirente. La svalutazione e la conversione degli strumenti di capitale saranno effettuate immediatamente prima dell’applicazione dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa».

72      L’articolo 6 del programma di risoluzione riguarda la svalutazione degli strumenti di capitale e lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa. All’articolo 6.1, il CRU ha indicato le misure che aveva adottato in applicazione del suo potere di svalutazione previsto all’articolo 21 del regolamento n. 806/2014.

73      Così, all’articolo 6.1 del programma di risoluzione, il CRU ha deciso:

–        anzitutto, di svalutare il valore nominale del capitale sociale del Banco Popular di un importo pari a EUR 2 098 429 046, portando così all’annullamento del 100% delle azioni del Banco Popular;

–        successivamente, di convertire l’intero valore nominale degli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 emessi dal Banco Popular e in circolazione alla data della decisione di risoluzione in nuove azioni emesse dal Banco Popular, le «nuove azioni I»;

–        poi, di azzerare il valore nominale delle «nuove azioni I», portando così all’annullamento del 100% di tali «nuove azioni I»;

–        infine, di convertire l’intero valore nominale degli strumenti di capitale di classe 2 emessi dal Banco Popular e in circolazione alla data della decisione di risoluzione in nuove azioni emesse dal Banco Popular, le «nuove azioni II».

74      L’articolo 6.3 del programma di risoluzione indica che tali misure di svalutazione e di conversione sono basate sulla valutazione 2, corroborata dai risultati di una procedura di vendita trasparente ed aperta realizzata dall’autorità di risoluzione spagnola, il FROB.

75      All’articolo 6.5 del programma di risoluzione, il CRU ha precisato che agiva nell’esercizio dei poteri conferitigli dall’articolo 24, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014, relativo allo strumento per la vendita dell’attività d’impresa e che ordinava che le «nuove azioni II» fossero cedute al Banco Santander, libere ed esenti da qualsiasi diritto o privilegio di terzi, contro pagamento di un prezzo di acquisto di EUR 1. Veniva precisato che l’acquirente aveva già acconsentito alla cessione.

76      Il CRU ha altresì indicato che la cessione delle «nuove azioni II» avrebbe dovuto essere effettuata sulla base dell’offerta vincolante dell’acquirente del 7 giugno 2017 e avrebbe dovuto essere attuata dal FROB in applicazione della Ley 11/2015 de recuperación y resolución de entidades de crédito y empresas de servicios de inversión (legge 11/2015 sul salvataggio e sulla risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di servizi di investimento), del 18 giugno 2015 (BOE n. 146, del 19 giugno 2015, pag. 50797).

77      Il programma di risoluzione è stato presentato alla Commissione per approvazione il 7 giugno 2017 alle ore 5:13.

78      Il 7 giugno 2017, alle ore 6:30, la Commissione ha adottato la decisione (UE) 2017/1246, che approva il programma di risoluzione per il Banco Popular (GU 2017, L 178, pag. 15), e l’ha notificata al CRU. Di conseguenza, il programma di risoluzione è entrato in vigore lo stesso giorno.

79      Dal considerando 4 della decisione 2017/1246 risulta quanto segue:

«La Commissione è d’accordo con il programma di risoluzione. In particolare, concorda con [il CRU] sulle ragioni per le quali la risoluzione è necessaria nell’interesse pubblico a norma dell’articolo 5 del regolamento (UE) n. 806/2014».

80      Lo stesso giorno, il FROB ha adottato le azioni necessarie per attuare la decisione di risoluzione, conformemente all’articolo 29 del regolamento n. 806/2014. In tale contesto, il FROB ha acconsentito alla cessione delle nuove azioni del Banco Popular derivanti dalla conversione degli strumenti di capitale di classe 2 (le «nuove azioni II») al Banco Santander.

 Sui fatti successivi alladozione della decisione di risoluzione

81      Il 14 giugno 2018, la Deloitte ha trasmesso al CRU la valutazione della differenza di trattamento, prevista all’articolo 20, paragrafi da 16 a 18, del regolamento n. 806/2014, realizzata al fine di valutare se gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto un trattamento migliore se il Banco Popular fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza (in prosieguo: la «valutazione 3»). Il 31 luglio 2018, la Deloitte ha inviato al CRU un addendum a tale valutazione, correggendo alcuni errori formali.

82      Il 28 settembre 2018, a seguito di una fusione per incorporazione, il Banco Santander è succeduto a titolo universale al Banco Popular.

83      Il 17 marzo 2020, il CRU ha adottato la decisione SRB/EES/2020/52 volta a stabilire se agli azionisti e ai creditori interessati dovesse essere concesso un indennizzo ai sensi delle misure di risoluzione adottate nei confronti del Banco Popular. Un comunicato relativo a tale decisione è stato pubblicato il 20 marzo 2020 nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU 2020, C 91, pag. 2). In tale decisione, il CRU ha ritenuto che gli azionisti e i creditori che erano stati interessati dalla risoluzione del Banco Popular non avessero diritto a un indennizzo da parte del FRU ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera e), del regolamento n. 806/2014.

 Procedimento e conclusioni delle parti

84      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 4 agosto 2017, i ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

85      Con atto depositato presso la cancelleria il 31 ottobre 2017, il CRU ha chiesto al Tribunale, ai sensi dell’articolo 92, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di disporre mezzi istruttori riguardanti la produzione di taluni documenti menzionati in allegato. Con decisione del 6 dicembre 2017, il Tribunale ha deciso di non accogliere detta domanda di mezzi istruttori in tale fase del procedimento.

86      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 6 e il 21 novembre 2017 e il 5 e il 13 dicembre 2017, il Banco Santander, il Consiglio, il Regno di Spagna e il Parlamento europeo hanno chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni della Commissione e del CRU. Con ordinanza del 12 aprile 2019, il presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale ha autorizzato l’intervento del Banco Santander e, con decisione del 17 aprile 2019, ha autorizzato l’intervento del Consiglio, del Regno di Spagna e del Parlamento. Il Regno di Spagna, il Parlamento, il Consiglio, e il Banco Santander hanno depositato le loro memorie e i ricorrenti e il CRU hanno depositato le loro osservazioni in merito ad esse nei termini impartiti.

87      Il 13 febbraio 2018, il Tribunale, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha invitato il CRU a depositare l’ultima versione non riservata del programma di risoluzione nonché una versione non riservata della valutazione 2, pubblicate sul suo sito Internet. Il CRU ha depositato i documenti nel termine impartito.

88      Il 6 luglio 2018, il Tribunale, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha posto alcuni quesiti scritti alle parti principali. I ricorrenti e il CRU hanno dato seguito a tale richiesta nel termine impartito.

89      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 9 ottobre 2018, i ricorrenti hanno chiesto al Tribunale di ordinare alla Commissione e al CRU, mediante una misura di organizzazione del procedimento sulla base dell’articolo 88 del regolamento di procedura, di produrre una serie di documenti il cui elenco è allegato alla richiesta. La Commissione e il CRU hanno depositato osservazioni su detta domanda nel termine impartito.

90      Poiché è stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura, il giudice relatore è stato assegnato alla Terza Sezione, alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

91      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 7 ottobre 2019, i ricorrenti hanno prodotto una nuova prova ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura. La Commissione, il CRU, il Regno di Spagna, il Parlamento e il Consiglio hanno depositato osservazioni su detta nuova prova nei termini impartiti.

92      Su proposta della Terza Sezione, il Tribunale ha deciso, in forza dell’articolo 28 del regolamento di procedura, di rimettere la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

93      Il 15 marzo 2021, il Tribunale, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha invitato la Commissione e il CRU a produrre diversi documenti. Con lettera del 30 marzo 2021, il CRU ha risposto che i documenti richiesti erano in parte riservati e che avrebbero potuto essere prodotti se il Tribunale avesse adottato un mezzo istruttorio. Con lettera del 30 marzo 2021, la Commissione ha risposto che non disponeva del documento richiesto e che non poteva dunque produrlo.

94      Il 15 aprile 2021, il Tribunale, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha invitato il CRU a produrre un documento. Con lettera del 20 aprile 2021, il CRU ha indicato che il documento richiesto era riservato e che avrebbe potuto essere prodotto se il Tribunale avesse adottato un mezzo istruttorio.

95      Con ordinanza del 21 maggio 2021, il Tribunale ha ordinato al CRU, sulla base, da un lato, dell’articolo 24, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e, dall’altro, dell’articolo 91, lettera b), dell’articolo 92, paragrafo 3, nonché dell’articolo 103 del regolamento di procedura, di produrre le versioni integrali del programma di risoluzione, della valutazione 2, della valutazione della BCE del 6 giugno 2017 sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, della lettera del Banco Popular alla BCE del 6 giugno 2017, compreso il suo allegato, e della lettera della BCE al Banco Popular del 18 maggio 2017. Il Tribunale ha altresì ordinato al CRU di produrre le versioni non riservate della lettera del Banco Popular alla BCE del 6 giugno 2017, compreso il suo allegato, e della lettera della BCE al Banco Popular del 18 maggio 2017.

96      Con ordinanza del 16 giugno 2021, il Tribunale ha ritirato dal fascicolo le versioni riservate dei documenti prodotti dal CRU in esecuzione dell’ordinanza del 21 maggio 2021 e ha trasmesso ai ricorrenti, alla Commissione, al Regno di Spagna, al Parlamento, al Consiglio e al Banco Santander la lettera del 6 giugno 2017 del Banco Popular alla BCE senza il relativo allegato.

97      A causa di un impedimento di due membri della Terza Sezione ampliata, il presidente del Tribunale ha designato altri due giudici al fine di integrare la Sezione.

98      Le parti hanno svolto le proprie difese e hanno risposto ai quesiti orali posti dal Tribunale all’udienza del 21 giugno 2021.

99      I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare il programma di risoluzione e la decisione 2017/1246 (in prosieguo, congiuntamente: le «decisioni impugnate»);

–        condannare il CRU e la Commissione alle spese.

100    Il CRU e la Commissione chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare i ricorrenti alle spese.

101    Il Banco Santander, il Regno di Spagna e il Consiglio chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare i ricorrenti alle spese.

102    Il Parlamento chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso nella misura in cui si fonda sull’illegittimità del regolamento n. 806/2014;

–        condannare i ricorrenti alle spese.

 In diritto

103    A sostegno del loro ricorso, i ricorrenti deducono nove motivi. Il primo motivo di ricorso verte su un’eccezione di illegittimità in virtù del fatto che l’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 violerebbe il diritto di essere ascoltato e il diritto a un ricorso effettivo sanciti dagli articoli 41 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), oltre al principio di proporzionalità. Il secondo motivo di ricorso verte sulla violazione degli articoli 41 e 47 della Carta. Il terzo motivo di ricorso verte sulla violazione del diritto di proprietà. Il quarto motivo di ricorso verte sulla violazione dell’articolo 20 del regolamento n. 806/2014. Il quinto motivo di ricorso verte sulla violazione dell’articolo 18, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento n. 806/2014. Il sesto motivo di ricorso verte sulla violazione dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014. Il settimo motivo di ricorso verte sulla violazione dell’obbligo di motivazione. L’ottavo motivo di ricorso verte sulla violazione del principio di proporzionalità e del principio di tutela del legittimo affidamento. Il nono motivo di ricorso verte su un’eccezione di illegittimità in virtù del fatto che gli articoli 18 e 22 del regolamento n. 806/2014 violerebbero i principi relativi alla delega di poteri.

104    In via preliminare, va osservato che, per quanto concerne la portata del controllo esercitato dal Tribunale, i ricorrenti si fondano sulla sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi (C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518) per sostenere che il Tribunale deve esercitare un controllo completo e verificare, segnatamente, l’esattezza materiale dei fatti dedotti in giudizio alla luce delle informazioni e degli elementi probatori pertinenti e valutare l’efficacia probatoria di questi ultimi in funzione delle circostanze del caso e alla luce delle osservazioni presentate dalla persona interessata. Tale necessità sarebbe ancor più forte quando, come nella specie, i ricorrenti non sono stati ascoltati nel corso della procedura di risoluzione.

105    Il CRU sostiene che la portata del controllo giurisdizionale del Tribunale è quella che la giurisprudenza ha ritenuto applicabile a un atto giuridico fondato su disposizioni che conferiscono un potere discrezionale all’autorità interessata e concernenti questioni economiche e particolarmente tecniche.

106    A questo riguardo, va osservato che la giurisprudenza ha circoscritto la portata del controllo esercitato dal Tribunale tanto in situazioni in cui l’atto impugnato si fonda su una valutazione di elementi di fatto di ordine scientifico e tecnico altamente complessi quanto nel caso di valutazioni economiche complesse.

107    Da un lato, per quanto riguarda situazioni nelle quali le autorità dell’Unione dispongono di un ampio potere discrezionale, segnatamente quanto alla valutazione di elementi di fatto di ordine scientifico e tecnico altamente complessi per determinare la natura e l’ampiezza delle misure che esse adottano, il sindacato del giudice dell’Unione deve limitarsi ad esaminare se l’esercizio di un tale potere non sia viziato da un errore manifesto o da uno sviamento di potere o, ancora, se tali autorità non abbiano manifestamente oltrepassato i limiti del loro potere discrezionale. In tale contesto, il giudice dell’Unione non può, infatti, sostituire la sua valutazione degli elementi di fatto di ordine scientifico e tecnico a quella delle autorità dell’Unione cui il Trattato FUE ha assegnato in via esclusiva tale compito (sentenze del 21 luglio 2011, Etimine, C‑15/10, EU:C:2011:504, punto 60, e del 7 marzo 2013, Bilbaína de Alquitranes e a./ECHA, T‑93/10, EU:T:2013:106, punto 76; v., altresì, sentenza dell’11 maggio 2017, Deza/ECHA, T‑115/15, EU:T:2017:329, punto 163 e giurisprudenza ivi citata).

108    Dall’altro lato, per quanto riguarda il controllo che i giudici dell’Unione esercitano sulle valutazioni economiche complesse effettuate dalle autorità dell’Unione, si tratta di un controllo ristretto che si limita necessariamente alla verifica dell’osservanza delle regole procedurali e di motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti nonché dell’assenza di errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere. Nell’ambito di tale controllo, non spetta dunque al giudice dell’Unione sostituire la propria valutazione economica a quella dell’autorità dell’Unione competente (v., in tal senso, sentenze dell’11 luglio 1985, Remia e a./Commissione, 42/84, EU:C:1985:327, punto 34; del 10 dicembre 2020, Comune di Milano/Commissione, C‑160/19 P, EU:C:2020:1012, punto 100 e giurisprudenza ivi citata, e del 16 gennaio 2020, Iberpotash/Commissione, T‑257/18, EU:T:2020:1, punto 96 e giurisprudenza ivi citata).

109    Poiché le decisioni che il CRU deve adottare nell’ambito della procedura di risoluzione sono fondate su valutazioni economiche e tecniche altamente complesse, occorre considerare che i principi risultanti dalla giurisprudenza menzionata ai precedenti punti 107 e 108 si applicano al sindacato che il giudice è chiamato ad esercitare.

110    Tuttavia, sebbene sia riconosciuto al CRU un potere discrezionale in materia economica e tecnica, ciò non implica che il giudice dell’Unione debba astenersi dal controllare l’interpretazione, da esso fornita, dei dati di natura economica su cui si basa la sua decisione. Infatti, come la Corte ha statuito, anche nel caso di valutazioni complesse, il giudice dell’Unione deve verificare non soltanto l’esattezza materiale degli elementi di prova invocati, la loro affidabilità e la loro coerenza, ma anche controllare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per la valutazione di una situazione complessa e se essi siano idonei a corroborare le conclusioni che ne sono tratte (v. sentenze del 22 novembre 2007, Spagna/Lenzing, C‑525/04 P, EU:C:2007:698, punto 57 e giurisprudenza ivi citata; del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 104 e giurisprudenza ivi citata, e del 10 dicembre 2020, Comune di Milano/Commissione, C‑160/19 P, EU:C:2020:1012, punto 115 e giurisprudenza ivi citata).

111    A tale riguardo, per dimostrare che il CRU sia incorso in un errore manifesto di valutazione nell’esame dei fatti, tale da giustificare l’annullamento del programma di risoluzione, gli elementi di prova forniti dai ricorrenti devono essere sufficienti per privare di plausibilità le valutazioni dei fatti considerate in detto programma (v., per analogia, sentenze del 14 giugno 2018, Lubrizol France/Consiglio, C‑223/17 P, non pubblicata, EU:C:2018:442, punto 39; del 12 dicembre 1996, AIUFFASS e AKT/Commissione, T‑380/94, EU:T:1996:195, punto 59, e del 13 dicembre 2018, Comune di Milano/Commissione, T‑167/13, EU:T:2018:940, punto 108 e giurisprudenza ivi citata).

112    Il Tribunale reputa opportuno esaminare, anzitutto, le eccezioni di illegittimità sollevate nel primo e nel nono motivo di ricorso, poi il quarto, quinto e sesto motivo di ricorso e infine il secondo, terzo, settimo e ottavo motivo di ricorso.

 Sul primo motivo di ricorso, vertente su uneccezione di illegittimità in virtù del fatto che larticolo 18 del regolamento n. 806/2014 violerebbe il diritto di essere ascoltato e il diritto a un ricorso effettivo sanciti dagli articoli 41 e 47 della Carta, oltre al principio di proporzionalità

113    I ricorrenti eccepiscono, sulla base dell’articolo 277 TFUE, l’illegittimità dell’articolo 18 del regolamento n. 806/2014. Tale motivo è suddiviso in tre parti concernenti la violazione, da parte della procedura prevista in detto articolo, in primo luogo, del diritto di essere ascoltato sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta, in secondo luogo, del diritto a un ricorso effettivo sancito dall’articolo 47 della Carta e, in terzo luogo, del principio di proporzionalità.

114    Secondo una giurisprudenza consolidata, l’articolo 277 TFUE è espressione di un principio generale che garantisce a qualsiasi parte il diritto di contestare, al fine di ottenere l’annullamento di un atto che la riguarda direttamente e individualmente, la validità di precedenti atti delle istituzioni, che costituiscono il fondamento giuridico dell’atto impugnato, qualora non avesse il diritto di proporre, in forza dell’articolo 263 TFUE, un ricorso diretto contro tali atti, di cui essa subisce così le conseguenze senza averne potuto chiedere l’annullamento (v. sentenza del 17 dicembre 2020, BP/FRA, C‑601/19 P, non pubblicata, EU:C:2020:1048, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

115    Poiché l’articolo 277 TFUE non ha lo scopo di consentire a una parte di contestare l’applicabilità di qualsiasi atto di portata generale a sostegno di qualsiasi ricorso, l’atto di cui si eccepisce l’illegittimità dev’essere applicabile, direttamente o indirettamente, alla fattispecie controversa (v. sentenza dell’8 settembre 2020, Commissione e Consiglio/Carreras Sequeros e a., C‑119/19 P e C‑126/19 P, EU:C:2020:676, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).

116    Pertanto, in occasione di ricorsi di annullamento proposti avverso decisioni individuali, la Corte ha ammesso che possono validamente costituire oggetto di un’eccezione di illegittimità le disposizioni di un atto di portata generale che rappresentano la base di dette decisioni o che presentano un nesso giuridico diretto con siffatte decisioni. Per contro, la Corte ha dichiarato che è irricevibile un’eccezione di illegittimità diretta contro un atto di portata generale di cui la decisione individuale impugnata non costituisca una misura di applicazione (v. sentenza dell’8 settembre 2020, Commissione e Consiglio/Carreras Sequeros e a., C‑119/19 P e C‑126/19 P, EU:C:2020:676, punti 69 e 70 e giurisprudenza ivi citata).

 Sulla prima parte, vertente sul fatto che l’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 violerebbe il diritto di essere ascoltato

117    I ricorrenti sostengono che la procedura di risoluzione prevista dall’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 non rispetta il diritto di essere ascoltato sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta, poiché non prevede la possibilità per gli azionisti e i creditori dell’entità, i cui diritti siano stati lesi, di far conoscere il proprio punto di vista prima dell’adozione del programma di risoluzione.

118    Il CRU e il Parlamento sostengono che, qualora gli azionisti di un ente soggetto a una procedura di risoluzione godano di un diritto di essere ascoltati sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta, detto diritto sarebbe loro riconosciuto anche in assenza di una disposizione esplicita in tal senso nel regolamento n. 806/2014. L’assenza, nell’articolo 18 del regolamento n. 806/2014, di una disposizione esplicita che preveda l’audizione degli azionisti non comporterebbe l’illegittimità di detto regolamento, posto che nessuna disposizione osta a una siffatta audizione.

119    Va osservato che l’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta prevede che il diritto ad una buona amministrazione comprende il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio.

120    Il diritto di essere ascoltato garantisce a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed effettivamente, il proprio punto di vista durante il procedimento amministrativo e prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi. Inoltre, occorre inoltre specificare che il diritto di essere ascoltato persegue un duplice obiettivo. Da un lato, esso serve all’istruzione del fascicolo e all’accertamento dei fatti nel modo più preciso e corretto possibile e, dall’altro lato, consente di assicurare una tutela effettiva dell’interessato. Il diritto di essere ascoltato mira in particolare a garantire che qualsiasi decisione lesiva sia adottata con piena cognizione di causa e ha in particolare l’obiettivo di consentire all’autorità competente di correggere un errore o all’interessato di far valere gli elementi relativi alla sua situazione personale tali da far sì che la decisione sia, o meno, adottata o abbia un contenuto piuttosto che un altro (v. sentenza del 4 giugno 2020, SEAE/De Loecker, C‑187/19 P, EU:C:2020:444, punti 68 e 69 e giurisprudenza ivi citata).

121    Si deve rilevare che la Corte ha affermato l’importanza del diritto di essere ascoltato e la sua portata assai ampia nell’ordinamento giuridico dell’Unione, considerando che tale diritto si applichi a qualsiasi procedimento che possa sfociare in un atto lesivo. Secondo la giurisprudenza della Corte, il diritto di essere ascoltato deve essere rispettato quand’anche la normativa applicabile non preveda espressamente una simile formalità (v. sentenze del 22 novembre 2012, M., C‑277/11, EU:C:2012:744, punti 85 e 86 e giurisprudenza ivi citata; del 18 giugno 2020, Commissione/RQ, C‑831/18 P, EU:C:2020:481, punto 67 e giurisprudenza ivi citata, e del 7 novembre 2019, ADDE/Parlamento, T‑48/17, EU:T:2019:780, punto 89 e giurisprudenza ivi citata).

122    Perciò, tenuto conto della sua natura di principio fondamentale e generale di diritto dell’Unione, l’applicazione del principio dei diritti della difesa, che comprendono il diritto di essere ascoltato, non può essere né esclusa né limitata da una disposizione regolamentare e il suo rispetto deve pertanto essere garantito sia in caso di assenza totale di una disciplina specifica sia in presenza di una regolamentazione che non tenga di per sé conto del suddetto principio (v. sentenza del 18 giugno 2014, Spagna/Commissione, T‑260/11, EU:T:2014:555, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

123    Infatti, il diritto di essere ascoltato, in quanto principio e diritto fondamentale dell’ordinamento giuridico dell’Unione, è applicabile allorché l’amministrazione prevede di adottare un atto lesivo, vale a dire, un atto che potrebbe incidere negativamente sugli interessi del singolo o dello Stato membro interessato e la cui applicazione non dipenda dall’esistenza di una regola espressa in tal senso prevista dal diritto secondario (sentenza del 18 giugno 2014, Spagna/Commissione, T‑260/11, EU:T:2014:555, punto 64).

124    A questo proposito, va rilevato, da un lato, che, a norma del suo considerando 121, il regolamento n. 806/2014 rispetta i diritti fondamentali e osserva i diritti, le libertà e i principi riconosciuti in particolare dalla Carta, tra cui il diritto alla difesa, e dovrebbe essere attuato conformemente a detti diritti e principi. Dall’altro lato, nessuna disposizione del regolamento n. 806/2014 esclude o limita esplicitamente il diritto di essere ascoltati degli azionisti e dei creditori dell’entità interessata nel corso della procedura di risoluzione.

125    Così, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, l’assenza, nell’articolo 18 del regolamento n. 806/2014, di una disposizione specifica che preveda l’audizione degli azionisti dell’entità oggetto di un’azione di risoluzione prima dell’adozione di una decisione non può essere interpretata come una negazione assoluta e sempre operante del diritto di essere ascoltato, lesiva del contenuto essenziale di tale diritto. I ricorrenti sostengono a torto che l’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 consentirebbe sempre di escludere il diritto di essere ascoltato e non soltanto in caso di urgenza.

126    Va inoltre osservato, al pari della Commissione, del Consiglio e del Parlamento, che un’azione di risoluzione adottata dal CRU al termine della procedura prevista all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 ha ad oggetto la risoluzione di un’entità. L’entità oggetto della risoluzione deve essere considerata come la persona nei cui confronti viene adottato un provvedimento individuale e nei cui confronti il diritto di essere ascoltati è garantito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta.

127    Occorre quindi tener conto del fatto che gli azionisti e i creditori di detta entità non sono destinatari di un’azione di risoluzione, la quale non costituisce una decisione individuale adottata nei loro confronti.

128    Va tuttavia osservato che, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, il CRU può esercitare il potere di svalutare e convertire gli strumenti di capitale dell’entità interessata da un’azione di risoluzione deliberando a norma della procedura stabilita all’articolo 18 di detto regolamento.

129    Pertanto, la procedura prevista all’articolo 18 del regolamento, pur non rappresentando una procedura individuale avviata nei confronti degli azionisti e dei creditori dell’entità interessata, può portare all’adozione di un’azione di risoluzione che può incidere negativamente sui loro interessi.

130    Orbene, la giurisprudenza della Corte, citata al precedente punto 121, ha accolto un’interpretazione estensiva del diritto di essere ascoltato, secondo cui quest’ultimo è garantito a chiunque nel corso del procedimento che possa sfociare in un atto lesivo nei suoi confronti. Non si può quindi escludere che gli azionisti di un ente oggetto di un’azione di risoluzione possano avvalersi del diritto di essere ascoltati nel quadro della procedura di risoluzione.

131    Tuttavia, l’esercizio del diritto di essere ascoltato può essere soggetto a limitazioni conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, a norma del quale:

«Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui».

132    Occorre quindi verificare se l’assenza, nel regolamento n. 806/2014, di una norma che preveda espressamente un’audizione degli azionisti e dei creditori dell’entità interessata nel quadro della procedura prevista all’articolo 18 di detto regolamento costituisca una limitazione all’esercizio del diritto di essere ascoltato conforme all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

133    La Corte ha affermato che i diritti fondamentali, quale il rispetto dei diritti della difesa, non si configurano come prerogative assolute, ma possono soggiacere a restrizioni, a condizione che queste rispondano effettivamente agli obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato ed inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti (v. sentenze del 10 settembre 2013, G. e R., C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533, punto 33 e giurisprudenza ivi citata, e del 20 dicembre 2017, Prequ’Italia, C‑276/16, EU:C:2017:1010, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

134    A tal proposito, il CRU, il Regno di Spagna, il Parlamento e il Consiglio sostengono che la limitazione del diritto di essere ascoltati degli azionisti sarebbe giustificata, da un lato, dall’obiettivo diretto a garantire la stabilità dei mercati finanziari e, dall’altro lato, dalla necessità di assicurare l’efficacia delle decisioni di risoluzione di cui va garantita una celere adozione.

135    In primo luogo, si è rilevato che diversi considerando del regolamento n. 806/2014, in particolare i suoi considerando 12, 58 e 61, indicano che la stabilità dei mercati finanziari è uno degli obiettivi perseguiti dai meccanismi di risoluzione istituiti da tale regolamento.

136    In aggiunta, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014, l’azione di risoluzione è considerata nell’interesse pubblico se è necessaria al conseguimento di uno o più obiettivi della risoluzione di cui all’articolo 14 del regolamento de quo ed è ad essi proporzionata e se la liquidazione dell’ente con procedura ordinaria di insolvenza non consentirebbe di realizzare tali obiettivi nella stessa misura. Tra gli obiettivi della risoluzione di cui all’articolo 14 del regolamento n. 806/2014 figurano, segnatamente, quello di «evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria, in particolare attraverso la prevenzione del contagio, anche delle infrastrutture di mercato, e con il mantenimento della disciplina di mercato» e quello di «salvaguardare i fondi pubblici riducendo al minimo il ricorso al sostegno finanziario pubblico straordinario».

137    A tale riguardo, la Corte ha rilevato che i servizi finanziari svolgono un ruolo centrale nell’economia dell’Unione. Le banche e gli enti creditizi sono una fonte essenziale di finanziamento per le imprese attive nei diversi mercati. Inoltre, le banche sono spesso interconnesse e molte di esse esercitano le proprie attività a livello internazionale. È per tale ragione che la grave difficoltà di una o più banche rischia di propagarsi rapidamente ad altre banche, vuoi nello Stato membro interessato, vuoi in altri Stati membri. Ciò rischia a sua volta di produrre ricadute negative in altri settori dell’economia (sentenze del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 50; del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punto 72, e del 25 marzo 2021, Balgarska Narodna Banka, C‑501/18, EU:C:2021:249, punto 108).

138    La Corte ha dichiarato che l’obiettivo di garantire la stabilità del sistema finanziario, al contempo evitando una spesa pubblica eccessiva e minimizzando le distorsioni della concorrenza, costituisce un interesse pubblico superiore (sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 69).

139    Inoltre, la Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») ha considerato, nella sua decisione del 1º aprile 2004, Camberrow MM5 AD c. Bulgaria (CE:ECHR:2004:0401DEC005035799, § 6), che, nei settori economicamente sensibili quali la stabilità del sistema bancario, gli Stati disponevano di un ampio potere discrezionale e che, pertanto, l’impossibilità per un azionista di partecipare alla procedura che aveva condotto alla vendita della banca non era sproporzionata rispetto ai legittimi obiettivi di tutelare i creditori e di preservare la corretta amministrazione dell’insolvenza della banca.

140    Occorre altresì menzionare la sentenza dell’8 novembre 2016, Dowling e a. (C‑41/15, EU:C:2016:836), pronunciata in occasione di una domanda di pronuncia pregiudiziale vertente sull’interpretazione degli articoli 8, 25 e 29 della seconda direttiva 77/91/CEE del Consiglio, del 13 dicembre 1976, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo [54, secondo comma, TFUE], per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU 1977, L 26, pag. 1). Tale causa riguardava una misura eccezionale delle autorità nazionali preordinata ad evitare, mediante un aumento di capitale, l’insolvenza di una società che, ad avviso del giudice del rinvio, minacciava la stabilità finanziaria dell’Unione. La Corte ha ritenuto che la protezione che la seconda direttiva 77/91 accordava agli azionisti e ai creditori di una società per azioni, per quanto riguarda il capitale sociale di quest’ultima, non si estendesse fino a comprendere una siffatta misura nazionale adottata in una situazione di grave perturbamento dell’economia e del sistema finanziario di uno Stato membro, la quale mirava a rimediare ad una minaccia sistemica per la stabilità finanziaria dell’Unione, scaturente dall’insufficienza del capitale della società in questione (sentenza dell’8 novembre 2016, Dowling e a., C‑41/15, EU:C:2016:836, punto 50). La Corte ha aggiunto che le disposizioni della seconda direttiva 77/91 non ostavano dunque ad una misura a carattere eccezionale riguardante il capitale sociale di una società per azioni che le autorità nazionali avessero adottato, in una situazione di grave perturbamento dell’economia e del sistema finanziario di uno Stato membro, senza l’approvazione dell’assemblea generale di tale società nonché allo scopo di evitare un rischio sistemico e di garantire la stabilità finanziaria dell’Unione (v. sentenza dell’8 novembre 2016, Dowling e a., C‑41/15, EU:C:2016:836, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

141    Tali considerazioni si applicano, per analogia, alla situazione degli ex azionisti di una banca che sia stata sottoposta a risoluzione ai sensi del regolamento n. 806/2014.

142    Va inoltre osservato che un altro obiettivo della risoluzione, previsto dall’articolo 14, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 806/2014, vale a dire quello di conseguire la continuità delle funzioni essenziali dell’entità soggetta a un’azione di risoluzione, rientra anch’esso nell’obiettivo di interesse generale della protezione della stabilità dei mercati finanziari.

143    Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, punto 35, della direttiva 2014/59, le funzioni essenziali di un ente sono definite come «attività, servizi o operazioni la cui interruzione porterebbe verosimilmente, in uno o più Stati membri, all’interruzione di servizi essenziali per l’economia reale o potrebbe compromettere la stabilità finanziaria a motivo della dimensione, della quota di mercato, delle interconnessioni esterne ed interne, della complessità o delle attività transfrontaliere di un ente o gruppo, con particolare riguardo alla sostituibilità di tali attività, servizi o operazioni».

144    A questo riguardo, l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento delegato (UE) 2016/778 della Commissione, del 2 febbraio 2016, che integra la direttiva 2014/59 per quanto riguarda le circostanze e le modalità secondo le quali il pagamento dei contributi straordinari ex post può essere parzialmente o integralmente rinviato, e i criteri per l’individuazione delle attività, dei servizi e delle operazioni per quanto concerne le funzioni essenziali e per l’individuazione delle linee di business e dei servizi connessi per quanto attiene alle linee di business principali (GU 2016, L 131, pag. 41), prevede i criteri per l’individuazione delle funzioni essenziali. Si tratta di una funzione assicurata da un ente a terzi non collegati all’ente o gruppo e la cui improvvisa interruzione probabilmente avrebbe un significativo impatto negativo sui terzi, provocherebbe un contagio o minerebbe la fiducia generale dei partecipanti al mercato in ragione della rilevanza sistemica di tale funzione per i terzi e della rilevanza sistemica dell’ente o del gruppo nello svolgimento di tale funzione.

145    Pertanto, l’obiettivo consistente nel garantire la continuità delle funzioni essenziali dell’entità interessata da un’azione di risoluzione, previsto all’articolo 14, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 806/2014, mira così ad evitare un’interruzione di tali funzioni che potrebbe provocare perturbazioni, non soltanto sul mercato interessato, ma anche per la stabilità finanziaria globale dell’Unione.

146    Ne consegue che un’azione di risoluzione, poiché mira a salvaguardare o a ripristinare la situazione finanziaria di un ente creditizio, segnatamente in quanto rappresenta un’alternativa alla sua liquidazione, deve essere considerata effettivamente rispondente a un obiettivo di interesse generale riconosciuto dall’Unione (v., per analogia, sentenza del 25 marzo 2021, Balgarska Narodna Banka, C‑501/18, EU:C:2021:249, punto 108).

147    Da quanto precede risulta che la procedura di risoluzione, introdotta dal regolamento n. 806/2014 e descritta nel suo articolo 18, persegue una finalità di interesse generale ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, ossia quella di garantire la stabilità dei mercati finanziari, idonea a giustificare una limitazione del diritto di essere ascoltato.

148    In secondo luogo, diversi considerando del regolamento n. 806/2014 implicano che, quando un’azione di risoluzione diviene necessaria, essa dev’essere adottata rapidamente. Si tratta segnatamente dei considerando 26, 31 e 53, e, in particolare, del considerando 56 di tale regolamento, il quale prevede che la procedura di risoluzione dovrebbe concludersi in tempi brevi per perturbare il meno possibile i mercati finanziari e l’economia.

149    A questo proposito, la Corte ha affermato che il regolamento n. 806/2014 ha l’obiettivo di istituire, conformemente al suo considerando 8, meccanismi di risoluzione più efficaci, i quali devono costituire uno strumento essenziale per evitare le conseguenze dannose delle carenze delle banche verificatesi in passato e che un simile obiettivo presuppone l’adozione di una decisione rapida, come illustrano i brevi termini previsti all’articolo 18 di detto regolamento, affinché la stabilità finanziaria non sia messa in pericolo (sentenza del 6 maggio 2021, ABLV Bank e a./BCE, C‑551/19 P e C‑552/19 P, EU:C:2021:369, punto 55).

150    Così, l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 stabilisce, in particolare, che, quando la BCE ritiene che un’entità sia in dissesto o a rischio di dissesto, essa comunichi senza indugio la sua valutazione alla Commissione e al CRU. Ai sensi del paragrafo 2 del medesimo articolo, quando il CRU effettua esso stesso una valutazione, questa viene comunicata senza indugio alla BCE. Se le condizioni stabilite al paragrafo 1 sono soddisfatte, il CRU adotta un programma di risoluzione, il quale, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, è trasmesso alla Commissione immediatamente dopo la sua adozione. La Commissione dispone quindi di un termine di 24 ore per approvare un programma di risoluzione o obiettare ad esso.

151    Ne consegue che, una volta che l’entità soddisfa le condizioni per l’adozione di un’azione di risoluzione, vale a dire, in primo luogo, che essa sia in dissesto o a rischio di dissesto, in secondo luogo, che non si possa altrimenti ragionevolmente prospettare che qualsiasi misura alternativa sotto forma di intervento del settore privato o di azione di vigilanza permetta di evitare il suo dissesto in tempi ragionevoli e, in terzo luogo, che la sua risoluzione sia necessaria al conseguimento di uno o più obiettivi di cui all’articolo 14 del regolamento n. 806/2014, l’articolo 18 del medesimo regolamento prevede che una decisione sia adottata entro un termine molto breve.

152    Questa celerità nell’adozione della decisione mira, segnatamente, a garantire la continuità delle funzioni essenziali dell’entità interessata e ad evitare gli effetti negativi di un dissesto dell’entità sulla stabilità finanziaria. La rapidità dell’adozione della decisione costituisce quindi una condizione della sua efficacia.

153    Così, la Corte ha già dichiarato che l’urgenza che richiedeva un’azione immediata da parte dell’autorità competente giustificava una limitazione del diritto di essere ascoltati delle persone colpite da misure adottate nell’ambito della responsabilità ambientale (v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2010, ERG e a., C‑379/08 e C‑380/08, EU:C:2010:127, punto 67) e nel settore dell’agricoltura (v., in tal senso, sentenza del 15 giugno 2006, Dokter e a., C‑28/05, EU:C:2006:408, punto 76).

154    Inoltre, nell’ambito delle misure di congelamento di capitali, la Corte ha affermato che la comunicazione dei motivi su cui si fonda l’inserimento iniziale del nominativo di una persona o di un’entità nell’elenco delle persone sottoposte a misure restrittive, prima di tale inclusione, sarebbe tale da compromettere l’efficacia delle misure di congelamento di capitali e di risorse economiche imposte dal diritto dell’Unione. Per raggiungere l’obiettivo perseguito dal regolamento applicabile, siffatte misure devono, per loro stessa natura, beneficiare di un effetto sorpresa e applicarsi con effetto immediato (v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punti da 338 a 340; del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, EU:C:2011:853, punto 61, e del 12 febbraio 2020, Amisi Kumba/Consiglio, T‑163/18, EU:T:2020:57, punto 51).

155    Per ragioni anch’esse relative all’obiettivo perseguito dal diritto dell’Unione e all’efficacia delle misure da esso previste, le autorità dell’Unione non sono neppure tenute a procedere a un’audizione dei ricorrenti prima dell’inserimento iniziale dei loro nomi nell’elenco delle persone sottoposte a misure restrittive (v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 341, e del 25 aprile 2013, Gbagbo/Consiglio, T‑119/11, non pubblicata, EU:T:2013:216, punto 103).

156    Ciò vale a maggior ragione nei casi in cui la limitazione del diritto di essere ascoltato riguarda non l’entità sottoposta a risoluzione, ma i suoi azionisti o creditori.

157    Occorre altresì rilevare che, nella sua decisione del 1º aprile 2004, Camberrow MM5 AD c. Bulgaria (CE:ECHR:2004:0401DEC005035799), la Corte EDU ha dichiarato che la vendita della banca fallita come impresa in attività era stata realizzata al fine di ottenere la soddisfazione rapida e più certa dei suoi creditori, che da anni si aspettavano di ricevere il loro dovuto, e la rapida conclusione della procedura fallimentare. Di conseguenza, la necessità di semplicità e di rapidità nella procedura che ha condotto alla vendita della banca era di fondamentale importanza. Se la legge avesse previsto che il tribunale fallimentare era tenuto a consultare tutti gli azionisti e i creditori della banca, ciò avrebbe comportato un notevole rallentamento della procedura e, di conseguenza, un ulteriore ritardo nel pagamento delle somme dovute ai creditori e nella conclusione della procedura fallimentare.

158    Nella sentenza del 24 novembre 2005, Capital Bank AD c. Bulgaria (CE:ECHR:2005:1124JUD004942999, § 136), la Corte EDU ha dichiarato che, in un ambito economicamente sensibile come quello della stabilità del sistema bancario e in talune situazioni, poteva esistere una necessità imperativa di agire con la massima diligenza e senza preavviso, allo scopo di evitare danni irreparabili per la banca, i suoi depositanti e i suoi altri creditori, o per il sistema bancario e finanziario nel suo complesso.

159    Inoltre, il fatto che un’azione di risoluzione possa condurre a un’ingerenza nel diritto di proprietà degli azionisti e dei creditori dell’entità interessata non può giustificare un obbligo di concedere loro un diritto di essere ascoltati prima della sua adozione.

160    A questo proposito, il Tribunale ha già sottolineato, al punto 282 della sentenza del 13 luglio 2018, K. Chrysostomides & Co. e a./Consiglio e a. (T‑680/13, EU:T:2018:486), che le procedure applicabili devono fornire alla persona interessata un’occasione adeguata di esporre le proprie ragioni alle autorità competenti. Per garantire il rispetto di tale condizione, che rappresenta un requisito intrinseco dell’articolo 1, del protocollo n. 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), è necessario considerare le procedure applicabili da un punto di vista generale (v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 368 e la giurisprudenza ivi citata; del 25 aprile 2013, Gbagbo/Consiglio, T‑119/11, non pubblicata, EU:T:2013:216, punto 119, e Corte EDU, 20 luglio 2004, Bäck c. Finlandia, CE:ECHR:2004:0720JUD003759897, § 56). Pertanto, detto requisito non può essere interpretato nel senso che la persona interessata deve poter far valere in qualsiasi circostanza la propria posizione presso le autorità competenti prima dell’adozione di misure che arrechino pregiudizio al suo diritto di proprietà (v., in tal senso, Corte EDU, 19 settembre 2006, Maupas e altri c. Francia, CE:ECHR:2006:0919JUD001384402, §§ 20 e 21).

161    Il Tribunale ha ritenuto che ciò avvenisse, segnatamente, qualora, come per un’azione di risoluzione, le misure in questione non costituivano una sanzione e si iscrivevano in un contesto di urgenza particolare. A quest’ultimo riguardo, il Tribunale ha rilevato che si trattava di prevenire un rischio imminente di collasso delle banche interessate al fine di preservare la stabilità del sistema finanziario di uno Stato membro ed evitare quindi di contagiare altri Stati membri della zona euro. Orbene, l’attuazione di una procedura di consultazione preliminare, nell’ambito della quale le migliaia di depositanti e di azionisti delle banche di cui trattasi avrebbero potuto far valere utilmente il loro punto di vista prima dell’adozione delle decisioni lesive, avrebbe inevitabilmente ritardato l’applicazione delle misure intese a prevenire un siffatto collasso. La realizzazione dell’obiettivo consistente nel preservare la stabilità del sistema finanziario di tale Stato membro ed evitare quindi il contagio di altri Stati membri della zona euro sarebbe stata esposta a seri rischi (v. sentenza del 13 luglio 2018, K. Chrysostomides & Co. e a./Consiglio e a., T‑680/13, EU:T:2018:486, punto 282 e giurisprudenza ivi citata).

162    Questa valutazione è stata confermata dalla Corte, che ha ritenuto che il Tribunale avesse giustamente fondato il proprio ragionamento sulla sentenza della Corte EDU, 21 luglio 2016, Mamatas e altri c. Grecia (CE:ECHR:2016:0721JUD006306614), da cui risulta che l’esigenza secondo cui qualsiasi restrizione al diritto di proprietà deve essere prevista dalla legge non può essere interpretata nel senso che le persone interessate avrebbero dovuto essere consultate prima dell’adozione di tale legge, segnatamente nel caso in cui una siffatta consultazione preliminare avrebbe inevitabilmente ritardato l’applicazione delle misure intese a prevenire il tracollo delle banche in questione (sentenza del 16 dicembre 2020, Consiglio e a./K. Chrysostomides & Co. e a., C‑597/18 P, C‑598/18 P, C‑603/18 P et C‑604/18 P, EU:C:2020:1028, punto 159).

163    Peraltro, si deve considerare che la necessità di agire rapidamente senza informare gli azionisti e i creditori di un’entità dell’imminenza di una procedura di risoluzione che la riguarda mira ad evitare l’aggravamento della situazione di tale entità che nuocerebbe all’efficacia dell’azione di risoluzione. Infatti, informare gli azionisti o i detentori di obbligazioni della banca che quest’ultima potrebbe essere assoggettata a risoluzione, e quindi che essa sia stata considerata in dissesto o a rischio di dissesto, potrebbe indurli a vendere i loro titoli sui mercati e condurre altresì a un assalto agli sportelli, il che avrebbe la conseguenza di aggravare la situazione finanziaria della banca e di rendere più difficile, se non impossibile, l’adozione di una soluzione idonea a impedirne la liquidazione.

164    A tale riguardo, come risulta dal considerando 116 del regolamento n. 806/2014, tutte le informazioni fornite rispetto a una decisione prima che questa sia presa, che si tratti di accertare se le condizioni per la risoluzione siano soddisfatte, dell’uso di uno specifico strumento o di qualsiasi azione in corso di procedura, devono essere considerate come suscettibili di avere ripercussioni sugli interessi, pubblici e privati, implicati dall’azione.

165    Si deve pertanto ritenere che la previsione, nel regolamento n. 806/2014, di una consultazione degli azionisti e dei creditori dell’entità interessata prima dell’adozione di un’azione di risoluzione, comporterebbe un rallentamento rilevante della procedura e comprometterebbe tanto la realizzazione degli obiettivi dell’azione quanto la sua efficacia.

166    Il CRU sostiene inoltre che le voci riguardanti gli enti o i mercati finanziari possono avere conseguenze di vasta portata e che esso deve pertanto garantire la riservatezza delle procedure. Posto che l’audizione di persone potenzialmente lese dall’azione di risoluzione comporterebbe la divulgazione di informazioni sulle future misure, vi sarebbe motivo di attendersi ripercussioni negative sulla stabilità finanziaria in considerazione dell’importanza sistemica di tali informazioni.

167    L’affermazione dei ricorrenti, secondo cui il secondo obiettivo di interesse generale invocato dal CRU sarebbe la protezione della riservatezza, trae origine da un’errata comprensione dell’argomento da esso dedotto. Con l’argomento di cui trattasi, il CRU sostiene infatti che la riservatezza del procedimento è uno strumento necessario per la protezione dell’interesse generale consistente nel garantire la stabilità del sistema finanziario.

168    I ricorrenti deducono inoltre che ogni preoccupazione in merito alla divulgazione potrebbe essere superata prevedendo regole rigorose in materia di riservatezza.

169    Tale argomento nasce da un’errata comprensione dell’obiettivo perseguito mediante la tutela della riservatezza della procedura. Infatti, le informazioni che è opportuno non divulgare, in particolare agli azionisti, riguardano l’attuazione della procedura di risoluzione. Si tratta di tener conto del rischio che gli azionisti, informati di una siffatta procedura prima dell’adozione di una decisione, possano essere incoraggiati a cedere le loro partecipazioni, il che causerebbe un aggravamento della situazione dell’entità e comporterebbe un rischio di fallimento e, nel caso di banche d’importanza sistemica, un rischio di contagio sull’intero mercato.

170    Inoltre, come osserva la Commissione, poiché l’identità degli azionisti non è nota, l’autorità di risoluzione dovrebbe rivolgersi al pubblico per consentire a detti azionisti di presentare il proprio parere, il che implicherebbe un rischio di panico bancario. Come sottolinea anche il Consiglio, considerato che le azioni e le obbligazioni sono oggetto di continua negoziazione sui mercati, sarebbe in pratica impossibile sapere quali investitori privati e istituzionali contattare.

171    Pertanto, eventuali obblighi di riservatezza a carico degli azionisti, ammesso che sia possibile identificarne l’identità, non potrebbero porre rimedio al rischio che la diffusione dell’informazione circa l’assoggettamento di un’entità a una procedura di risoluzione comporterebbe per la stabilità finanziaria.

172    In udienza, i ricorrenti hanno sostenuto che un’audizione degli azionisti durante la fase preparatoria dell’azione di risoluzione, prima che l’entità sia considerata in dissesto o a rischio di dissesto, sarebbe ipotizzabile trattandosi di una fase che non è limitata dall’urgenza.

173    Va osservato che la procedura di risoluzione prevista all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 inizia una volta che sono soddisfatte le condizioni previste e che le fasi di pianificazione della risoluzione non rientrano in tale procedura. Pertanto, l’argomento sollevato dai ricorrenti non può rimettere in discussione la legittimità della procedura prevista all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014. In ogni caso, le considerazioni menzionate ai precedenti punti 169 e 170 ostano a una consultazione degli azionisti dell’entità interessata non soltanto una volta iniziata la procedura prevista all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014, ma anche durante la fase preparatoria dell’azione.

174    Da tutto quanto precede risulta che un’audizione degli azionisti e dei creditori dell’entità soggetta a un’azione di risoluzione, prima della sua adozione, comprometterebbe gli obiettivi di stabilità dei mercati finanziari e di continuità delle funzioni essenziali dell’entità nonché le esigenze di rapidità e di efficacia della procedura di risoluzione.

175    L’assenza di una disposizione che preveda un’audizione degli azionisti e dei creditori dell’entità interessata nel quadro della procedura di cui all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 costituisce quindi una limitazione del diritto di essere ascoltati che è giustificata e necessaria per rispondere a una finalità di interesse generale e rispetta il principio di proporzionalità, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

176    Tale conclusione non è rimessa in discussione dagli altri argomenti dei ricorrenti.

177    In primo luogo, i ricorrenti si fondano sul documento di lavoro SWD/2012/166 final dei servizi della Commissione, del 6 giugno 2012, dal titolo «valutazione di impatto che accompagna il documento Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro di risanamento e di risoluzione delle crisi degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica le direttive del Consiglio 77/91/CEE e 82/891/CE, le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE e 2011/35/UE e il regolamento (UE) n. 1093/2010» (in prosieguo: la «valutazione di impatto»), in cui la Commissione avrebbe riconosciuto che gli azionisti hanno il diritto di «far sentire le loro censure contro le misure di ristrutturazione».

178    A tale riguardo, basti osservare, al pari del CRU, che l’estratto dalla valutazione di impatto citato dai ricorrenti si riferisce esplicitamente al diritto a un processo equo e al diritto a un ricorso effettivo, sanciti dagli articoli 6 e 13 della CEDU. Detto estratto si riferisce quindi al diritto a un ricorso effettivo degli azionisti contro una misura già adottata, ma non può essere interpretato nel senso che si riferisce a un diritto di essere ascoltato preliminarmente all’adozione di una decisione di risoluzione.

179    In secondo luogo, i ricorrenti invocano la sentenza della Corte EDU, 24 novembre 2005, Capital Bank AD c. Bulgaria (CE:ECHR:2005:1124JUD004942999). Essi deducono che, nell’ambito di detta causa, un’autorità nazionale aveva revocato un’autorizzazione bancaria a una banca senza avvertirla preliminarmente e senza darle la possibilità di proporre un ricorso. La Corte EDU avrebbe concluso che, tenendo conto del ruolo fondamentale che occupa in una società democratica il diritto all’equo processo, la decisione del giudice bulgaro di attenersi alla decisione della banca nazionale di Bulgaria senza sottoporla ad alcuna critica o discussione, unita alla mancanza di qualsiasi esame minuzioso di detta decisione nel quadro di una procedura di controllo, non era giustificata.

180    Come sottolineano i ricorrenti stessi, l’elemento fondamentale della sentenza della Corte EDU, 24 novembre 2005, Capital Bank AD c. Bulgaria (CE:ECHR:2005:1124JUD004942999), e della sentenza della Corte EDU, 19 giugno 2008, Ismeta Bačić c. Croazia (CE:ECHR:2008:0619JUD004359506), è l’affermazione secondo cui l’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU si applica a una procedura di fallimento.

181    Come osservato dalla Commissione e dal CRU, la sentenza della Corte EDU, 24 novembre 2005, Capital Bank AD c. Bulgaria (CE:ECHR:2005:1124JUD004942999), riguardava una violazione del diritto a un equo processo sancito dall’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU in ragione dell’assenza di un ricorso giurisdizionale previsto nel diritto bulgaro avverso una decisione della banca nazionale di Bulgaria che revoca la licenza di una banca, e verteva unicamente sui diritti procedurali dell’istituzione finanziaria interessata e non sui diritti degli azionisti e dei creditori. Tale sentenza non riguardava il diritto di essere ascoltato prima dell’adozione di una decisione e non è quindi pertinente.

182    In terzo luogo, i ricorrenti invocano anche le normative di taluni Stati membri che consentono ai creditori e agli azionisti di presentare osservazioni nel corso della procedura di insolvenza.

183    Basti osservare, al pari del CRU, che le procedure nazionali di insolvenza non sono comparabili a una procedura di risoluzione a norma del regolamento n. 806/2014. Infatti, nel quadro di una procedura di insolvenza a livello nazionale, i creditori sono ascoltati successivamente all’avvio di detta procedura. Come osservato dal CRU, con l’apertura della procedura di insolvenza, il danno per gli azionisti e per i creditori si è pertanto già manifestato e la divulgazione dello stato di insolvenza non lo può aggravare. Per contro, per quanto attiene alla procedura di risoluzione, la divulgazione di informazioni ai creditori dell’entità interessata in merito a una potenziale risoluzione può spiegare effetti negativi gravi.

184    Inoltre, come osserva il CRU, nella decisione del 1° aprile 2004, Camberrow MM5 AD c. Bulgaria (CE:ECHR:2004:0401DEC005035799), la Corte EDU ha considerato che un obbligo di consultazione degli azionisti e dei creditori nel quadro di una procedura di fallimento comporterebbe un ritardo nella procedura e che l’impossibilità per l’azionista di maggioranza di partecipare alla procedura non era sproporzionata alla luce degli obiettivi legittimi di tutela dei diritti dei creditori della banca e del mantenimento della corretta amministrazione dell’attivo del fallimento di quest’ultima.

185    Alla luce di quanto precede, va respinta l’eccezione di illegittimità dell’articolo 18 del regolamento n. 806/2014, fondata sul fatto che la procedura da esso prevista violerebbe il diritto di essere ascoltati non prevedendo l’audizione degli azionisti e dei creditori dell’entità di cui trattasi.

186    Occorre pertanto respingere la prima parte.

 Sulla seconda parte, vertente sul fatto che l’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 violerebbe il diritto a un ricorso effettivo

187    I ricorrenti sostengono che la procedura prevista all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 non rispetta il diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo non essendo previsto, per detta procedura, alcun controllo giurisdizionale. L’esistenza di un ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale non potrebbe sanare la violazione del diritto a un ricorso effettivo, poiché il Tribunale non sarebbe competente a ingiungere all’istituzione interessata l’adozione di misure volte a revocare gli atti di attuazione della risoluzione.

188    I ricorrenti affermano, in sostanza, che l’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 viola il diritto a un ricorso effettivo in quanto non prevede l’intervento di un giudice prima dell’adozione della decisione di risoluzione.

189    Va ricordato che l’articolo 47 della Carta, che ribadisce il principio della tutela giurisdizionale effettiva, richiede, al suo primo comma, che ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste in tale articolo. L’esistenza stessa di un controllo giurisdizionale effettivo, destinato ad assicurare il rispetto delle disposizioni del diritto dell’Unione, è intrinseca all’esistenza di uno Stato di diritto (v. sentenza del 6 ottobre 2020, Bank Refah Kargaran/Consiglio, C‑134/19 P, EU:C:2020:793, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

190    Basti osservare che l’argomento dei ricorrenti si fonda su un’errata interpretazione della portata del diritto a un ricorso effettivo sancito dall’articolo 47 della Carta. Infatti, l’articolo 47 della Carta garantisce un diritto a un ricorso effettivo contro un atto lesivo e non prima della sua adozione.

191    Successivamente all’adozione di un’azione di risoluzione, il diritto a un ricorso effettivo è garantito dalla possibilità di proporre un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE avverso le decisioni adottate dal CRU, conformemente all’articolo 86 del regolamento n. 806/2014, e contro le decisioni della Commissione, nonché dalla possibilità di proporre una domanda risarcitoria.

192    Nel quadro di un ricorso di annullamento proposto avverso un’azione di risoluzione, il Tribunale può esaminare la conformità dalla procedura seguita dal CRU alla luce dei requisiti di cui all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014. I ricorrenti non possono quindi validamente sostenere che la procedura prevista all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 non è soggetta ad alcun controllo giurisdizionale.

193    Non solo, i ricorrenti sostengono che l’esistenza di un ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale non potrebbe sanare la violazione del diritto a un ricorso effettivo, poiché il Tribunale non sarebbe competente a ingiungere all’istituzione interessata l’adozione di misure volte a revocare gli atti di attuazione della risoluzione.

194    Si deve sottolineare che l’articolo 47 della Carta non ha lo scopo di modificare il sistema di controllo giurisdizionale previsto dai Trattati e, in particolare, le norme relative alla ricevibilità dei ricorsi proposti direttamente dinanzi al giudice dell’Unione, come si evince parimenti dalle spiegazioni relative allo stesso articolo 47, che devono, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, TUE e dell’articolo 52, paragrafo 7, della Carta, essere prese in considerazione ai fini della sua interpretazione (v. sentenze del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 97 e giurisprudenza ivi citata, e del 25 febbraio 2021, VodafoneZiggo Group/Commissione, C‑689/19 P, EU:C:2021:142, punto 136 e giurisprudenza ivi citata).

195    Basti ricordare che, benché il giudice dell’Unione non disponga di alcun potere di ingiunzione nei confronti del CRU, quest’ultimo, ai sensi dell’articolo 86, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 e dell’articolo 266 TFUE, è tenuto ad adottare i provvedimenti necessari per conformarsi a una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea.

196    Occorre quindi ritenere che il fatto che l’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 non preveda alcun intervento del potere giurisdizionale nella procedura che sfocia nell’adozione di una decisione di risoluzione non integri una violazione dell’articolo 47 della Carta.

197    Infine, i ricorrenti si fondano a torto sulla giurisprudenza in materia di misure restrittive secondo cui l’osservanza dell’obbligo di comunicare i motivi di una decisione è necessaria per consentire ai destinatari di tali misure di difendere i loro diritti nelle migliori condizioni possibili e per rispettare il loro diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

198    Infatti, a differenza delle misure restrittive con cui una persona si vede infliggere una misura individuale di sanzione economica e finanziaria (congelamento dei capitali), il programma di risoluzione non rappresenta una misura individuale adottata nei confronti degli azionisti dell’entità interessata. Non è pertanto applicabile nel caso di specie la giurisprudenza citata dai ricorrenti secondo cui la persona oggetto di una misura restrittiva, quale destinataria di una siffatta decisione, deve ricevere comunicazione dei relativi motivi.

199    Ne consegue che l’eccezione di illegittimità dell’articolo 18 del regolamento n. 806/2014, fondata sul fatto che esso violerebbe il diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo, deve essere respinta e che occorre quindi rigettare la seconda parte.

 Sulla terza parte, vertente sul fatto che l’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 violerebbe il principio di proporzionalità

200    I ricorrenti sostengono che, nella misura in cui, per i motivi illustrati nelle prime due parti del presente motivo di ricorso, la procedura di risoluzione prevista all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 non rispetta il diritto di essere ascoltato e il diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo, essa non è conforme al principio di proporzionalità in quanto eccede quanto necessario per conseguire gli obiettivi fissati nel considerando 122 del regolamento n. 806/2014, vale a dire «l’istituzione di un quadro europeo unico, efficiente ed efficace, per la risoluzione delle entità e l’applicazione coerente delle norme in materia di risoluzione».

201    Basti ricordare, da un lato, che nella prima parte si è concluso che la mancata audizione degli azionisti e dei creditori dell’entità interessata nel quadro della procedura di risoluzione era giustificata da un obiettivo di interesse generale e necessaria, nel rispetto del principio di proporzionalità, conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta. Dall’altro lato, dall’analisi della seconda parte emerge che i ricorrenti non hanno dimostrato che la procedura prevista all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 violasse il diritto a un ricorso effettivo.

202    Pertanto, visto il rigetto delle prime due parti, deve essere rigettata anche la terza parte.

203    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, l’eccezione di illegittimità dell’articolo 18 del regolamento n. 806/2014, sollevata nel primo motivo, deve essere respinta in quanto infondata.

 Sul nono motivo di ricorso, vertente su uneccezione di illegittimità in virtù del fatto che gli articoli 18 e 22 del regolamento n. 806/2014 violerebbero i principi relativi alla delega di poteri

204    I ricorrenti eccepiscono l’illegittimità degli articoli 18 e 22 del regolamento n. 806/2014, sulla base dell’articolo 277 TFUE, per il motivo che tali articoli violerebbero i principi relativi alla delega di poteri enunciati nella sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7).

205    I ricorrenti sostengono che la decisione del CRU relativa alla sussistenza delle condizioni elencate all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 implica un potere discrezionale assai ampio. Il CRU compierebbe valutazioni economiche complesse e, in tal modo, parteciperebbe all’attuazione di una vera e propria politica economica. Il CRU godrebbe di un’ampia discrezionalità per decidere lo strumento di risoluzione da adottare a norma dell’articolo 18, paragrafo 6, e dell’articolo 22 del regolamento n. 806/2014. Essi sostengono che le disposizioni dell’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, a norma del quale la Commissione approva il programma di risoluzione entro 24 ore, integrano un’elusione dei principi posti nella sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7). Tenuto conto del termine fissato, il CRU deciderebbe la politica di risoluzione e la Commissione eserciterebbe una mera funzione di approvazione.

206    La Commissione, il CRU, il Consiglio e il Parlamento affermano, in sostanza, che la procedura prevista nel regolamento n. 806/2014 è in linea con la sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7). Il legislatore dell’Unione non avrebbe delegato alcun potere discrezionale al CRU, poiché il programma di risoluzione del CRU spiegherebbe effetti giuridici vincolanti soltanto se approvato dalla Commissione o dal Consiglio. Poiché il potere di decidere su questioni che implicano valutazioni discrezionali resta riservato alla Commissione o al Consiglio, queste ultime si assumerebbero pertanto la responsabilità giuridica e politica di determinare la politica di risoluzione dell’Unione.

207    Va osservato che i Trattati non contengono alcuna disposizione che preveda l’attribuzione di competenze a un organo o a un’agenzia dell’Unione. Così, le agenzie non vengono menzionate né nell’articolo 290 TFUE, che permette di delegare alla Commissione il potere decisionale con atto legislativo, né nell’articolo 291 TFUE, che conferisce poteri di attuazione agli Stati membri, alla Commissione ed in alcune circostanze limitate, al Consiglio (conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Regno Unito/Parlamento e Consiglio, C‑270/12, EU:C:2013:562, paragrafo 75).

208    È quindi la giurisprudenza, e segnatamente la sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7), a porre i principi in materia di delega di poteri. La sentenza del 22 gennaio 2014, Regno Unito/Parlamento e Consiglio (C‑270/12, EU:C:2014:18), ha poi applicato detti principi al caso in cui il legislatore dell’Unione ha conferito poteri autonomi a un’agenzia.

209    Al punto 41 della sentenza del 22 gennaio 2014, Regno Unito/Parlamento e Consiglio (C‑270/12, EU:C:2014:18), la Corte ha osservato che, nella sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7), essa aveva essenzialmente sottolineato che le conseguenze scaturenti da una delega di poteri erano molto diverse a seconda che essa avesse riguardato, da un lato, poteri di esecuzione nettamente circoscritti e il cui esercizio, per tale ragione, era soggetto a un controllo rigoroso in base a criteri oggettivi stabiliti dall’autorità delegante, oppure, dall’altro, un «potere discrezionale che comporti una ampia libertà di valutazione ed atto ad esprimere, con l’uso che ne [veniva] fatto, una politica economica vera e propria».

210    La Corte ha aggiunto di aver anche osservato, nella sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7), che una delega del primo tipo non poteva modificare in modo notevole le conseguenze derivanti dall’esercizio dei poteri che essa attribuiva, mentre una delega del secondo tipo, con il sostituire gli apprezzamenti dell’autorità delegata a quelli dell’autorità delegante, determinava un «vero e proprio spostamento di responsabilità» (sentenza del 22 gennaio 2014, Regno Unito/Parlamento e Consiglio, C‑270/12, EU:C:2014:18, punto 42).

211    In via preliminare, va osservato che la procedura di adozione delle azioni di risoluzione prevista dal legislatore nel regolamento n. 806/2014 faceva seguito alle osservazioni formulate dal servizio giuridico del Consiglio in un parere del 7 ottobre 2013, sulla proposta di regolamento della Commissione, volto a valutare la compatibilità della procedura prevista inizialmente nella proposta di regolamento con i principi in materia di delega di poteri, come interpretati nella sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7).

212    Inizialmente, nella proposta di regolamento esaminata nel suddetto parere, la ripartizione delle competenze tra la Commissione e il CRU era diversa da quella accolta, alla fine, nel regolamento n. 806/2014. La Commissione poteva, in particolare, sottoporre un’entità a risoluzione, stabilire un quadro di utilizzo degli strumenti di risoluzione e decidere se e come dovessero essere impiegati i poteri di svalutazione e di conversione del capitale, mentre il CRU, conformemente al quadro fissato dalla Commissione, era competente ad adottare le decisioni dirette alle autorità nazionali di risoluzione.

213    Nel suo parere, il servizio giuridico del Consiglio ha osservato che determinate misure che il CRU poteva prevedere in una decisione di risoluzione non erano definite in maniera sufficientemente precisa. Il servizio giuridico del Consiglio ha considerato che l’economia generale e la struttura della proposta di regolamento, nell’ambito delle quali la Commissione adotta la decisione di risoluzione di base e il CRU è tenuto ad agire nel quadro dei criteri da quest’ultima stabiliti, erano conformi al diritto dell’Unione come interpretato nella sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7). Tuttavia, esso ha ritenuto che i poteri accordati al CRU di attuare gli strumenti di risoluzione e le decisioni sembrassero, in una certa misura, avere carattere discrezionale e oltrepassare l’esercizio di poteri puramente tecnici. Esso ne ha quindi concluso che avrebbe potuto rendersi necessario o includere nel regolamento ulteriori disposizioni nell’ottica di disciplinare correttamente l’applicazione da parte del CRU degli strumenti di risoluzione, o coinvolgere nell’esercizio di detti poteri un’istituzione dell’Unione investita di competenze esecutive.

214    Il legislatore dell’Unione, tenendo conto di detto parere del servizio giuridico del Consiglio, ha modificato il meccanismo di adozione delle azioni di risoluzione. Posto che l’adozione di un’azione di risoluzione implica una valutazione discrezionale, il legislatore ha riservato detta competenza a un’istituzione e non al CRU.

215    Ciò emerge, in particolare, dai considerando 24 e 26 del regolamento n. 806/2014, i quali prevedono quanto segue:

«(24)      Dato che solo le istituzioni dell’Unione possono stabilire la politica di risoluzione dell’Unione e che l’adozione di ogni specifico programma di risoluzione lascia un margine di discrezionalità, è necessario prevedere un’adeguata partecipazione del Consiglio e della Commissione in quanto istituzioni che possono esercitare competenze di esecuzione a norma dell’articolo 291 TFUE. La valutazione degli aspetti discrezionali delle decisioni di risoluzione assunte dal [CRU] dovrebbe essere operata dalla Commissione. Stante il notevole impatto delle decisioni di risoluzione sulla stabilità finanziaria degli Stati membri e sull’intera Unione nonché sulla sovranità di bilancio degli Stati membri, è importante che al Consiglio siano conferiti i poteri di esecuzione necessari all’adozione di determinate decisioni in materia di risoluzione. Dovrebbe pertanto essere il Consiglio, su proposta della Commissione, ad esercitare un controllo efficace sulla valutazione fatta dal [CRU] della sussistenza di un interesse pubblico e a valutare eventuali modifiche non irrilevanti dell’ammontare delle risorse del Fondo da utilizzare per un dato intervento di risoluzione. (…)

(26)      (…) Se ritiene che siano soddisfatti tutti i criteri per far scattare l’intervento di risoluzione, il [CRU] dovrebbe adottare il programma di risoluzione. L’iter di adozione del programma di risoluzione, che coinvolge la Commissione e il Consiglio, rafforza la necessaria autonomia operativa del [CRU], nel rispetto del principio della delega di poteri alle agenzie così come interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (...). Pertanto, il presente regolamento prevede che il programma di risoluzione adottato dal [CRU] entri in vigore solo se, nelle 24 ore successive alla sua adozione da parte del [CRU], non vi siano obiezioni da parte del Consiglio o della Commissione, o se il programma di risoluzione sia approvato dalla Commissione. I motivi per i quali al Consiglio è consentito di muovere obiezioni, su proposta della Commissione, al programma di risoluzione del [CRU] dovrebbero essere strettamente limitati alla sussistenza di un pubblico interesse e a modifiche non irrilevanti apportate dalla Commissione all’ammontare delle risorse del Fondo che il [CRU] propone di utilizzare. (…) In quanto osservatore alle riunioni del [CRU], la Commissione dovrebbe costantemente verificare che il programma di risoluzione adottato dal [CRU] rispetti pienamente il presente regolamento, assicuri un opportuno equilibrio delle varie finalità e interessi in gioco, rispetti il pubblico interesse e che l’integrità del mercato interno sia preservata. Considerando che l’azione di risoluzione richiede un processo decisionale estremamente rapido, il Consiglio e la Commissione dovrebbero instaurare una stretta cooperazione reciproca; il Consiglio dal canto suo non dovrebbe duplicare lavori preparatori già intrapresi dalla Commissione (...)».

216    Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il regolamento n. 806/2014, in particolare il suo considerando 26, non riconosce che l’attribuzione di poteri al CRU pone problemi in materia di delega di poteri. Al contrario, tenuto conto del fatto che la decisione di sottoporre un’entità a un’azione di risoluzione adottata sulla base del regolamento n. 806/2014 comporta l’esercizio di un potere discrezionale implicante una scelta di politica economica, il legislatore ha previsto, nell’articolo 18, paragrafo 7, di detto regolamento, un meccanismo di adozione specifico.

217    Così, per quanto attiene alla procedura di risoluzione, l’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014 prevede che la Commissione approva il programma di risoluzione o obietta ad esso per quanto riguarda i suoi aspetti discrezionali, e che un programma di risoluzione può entrare in vigore soltanto se il Consiglio o la Commissione non hanno espresso obiezioni entro un periodo di 24 ore dopo la trasmissione da parte del CRU.

218    Pertanto, in applicazione dell’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, è necessario che un’istituzione dell’Unione, vale a dire la Commissione o il Consiglio, approvi il programma di risoluzione per quanto riguarda i suoi aspetti discrezionali affinché quest’ultimo produca effetti giuridici. Il legislatore dell’Unione ha così affidato a un’istituzione la responsabilità giuridica e politica di determinare la politica dell’Unione in materia di risoluzione, evitando in tal modo un «vero spostamento di responsabilità» ai sensi della sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7).

219    Come sottolineato dalla Commissione, dal Parlamento e dal Consiglio, il legislatore europeo, prevedendo la procedura di adozione di un’azione di risoluzione di cui al regolamento n. 806/2014 e riservando espressamente la decisione sugli aspetti discrezionali di una siffatta misura alle istituzioni dell’Unione, non ha delegato al CRU alcun potere autonomo.

220    Alla luce di tali considerazioni, occorre esaminare gli argomenti sollevati dai ricorrenti in merito alle competenze conferite al CRU dagli articoli 18 e 22 del regolamento n. 806/2014.

221    In primo luogo, i ricorrenti sostengono che la condizione prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 806/2014, secondo cui un’azione di risoluzione deve essere necessaria nell’interesse pubblico, conferisce al CRU un ampio potere discrezionale, posto che tale condizione esige che il CRU sia arbitro di conflitti tra interessi pubblici diversi e proceda a valutazioni economiche complesse e partecipi, in tal modo, all’attuazione di una vera e propria politica economica.

222    A tale riguardo, va osservato che l’articolo 18, paragrafo 7, terzo comma, del regolamento n. 806/2014 prevede espressamente che la Commissione possa obiettare al programma di risoluzione qualora non soddisfi il criterio dell’interesse pubblico.

223    La decisione di sottoporre un ente a una procedura di risoluzione è subordinata al rispetto della condizione prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 806/2014 e il controllo della necessità della misura alla luce dell’interesse pubblico comporta l’esercizio di un potere discrezionale implicante un ampio potere discrezionale. Per questo motivo, il legislatore dell’Unione ha espressamente affidato alla Commissione e, se del caso, al Consiglio, il controllo del rispetto di detta condizione.

224    In secondo luogo, i ricorrenti sostengono che, a norma dell’articolo 18, paragrafo 6, e dell’articolo 22 del regolamento n. 806/2014, il CRU dispone di un ampio potere discrezionale per decidere lo strumento di risoluzione da adottare. Il CRU sarebbe guidato dagli obiettivi fissati dall’articolo 14 del regolamento n. 806/2014, che comprenderebbero criteri soggettivi.

225    Va ricordato che, a norma dell’articolo 18, paragrafo 7, terzo comma, del regolamento n. 806/2014, la Commissione valuta se il programma di risoluzione soddisfi il criterio dell’interesse pubblico previsto al paragrafo 1, lettera c), di detto articolo. Al riguardo, l’articolo 18, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014 prevede che, «[a]i fini del paragrafo 1, lettera c), del presente articolo, l’azione di risoluzione è considerata nell’interesse pubblico se è necessaria al conseguimento di uno o più obiettivi della risoluzione di cui all’articolo 14 ed è ad essi proporzionata e se la liquidazione dell’ente con procedura ordinaria di insolvenza non consentirebbe di realizzare tali obiettivi nella stessa misura».

226    Va inoltre ricordato che l’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 prevede quanto segue:

«Quando agiscono nell’ambito della procedura di risoluzione di cui all’articolo 18, il [CRU], il Consiglio, la Commissione e, se del caso, le autorità nazionali di risoluzione, con riferimento alle rispettive responsabilità, tengono conto degli obiettivi della risoluzione e scelgono gli strumenti e i poteri di risoluzione che, a loro parere, sono più adatti a conseguire i pertinenti obiettivi della risoluzione nelle circostanze del caso».

227    Così, gli obiettivi di cui all’articolo 14 del regolamento n. 806/2014 non vincolano unicamente il CRU, ma anche la Commissione, quando è chiamata ad approvare la scelta dello strumento di risoluzione. Ne consegue altresì che spetta alla Commissione, nel quadro della sua valutazione del rispetto del criterio dell’interesse pubblico, stabilire se la scelta dello strumento di risoluzione sia idonea e proporzionata agli obiettivi della risoluzione.

228    Il CRU non dispone pertanto di una competenza autonoma per decidere se sottoporre un’entità a un’azione di risoluzione in applicazione dell’articolo 18 del regolamento n. 806/2014, né per stabilire lo strumento di risoluzione che occorre applicare a norma dell’articolo 22 di detto regolamento. Contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, tali disposizioni non comportano una delega di poteri discrezionali a favore del CRU.

229    I ricorrenti sostengono, inoltre, che le disposizioni dell’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, in base alle quali la Commissione approva il programma di risoluzione entro 24 ore, costituiscono un’elusione dei principi posti nella sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7). Tenuto conto del termine fissato, il CRU deciderebbe la politica di risoluzione e la Commissione eserciterebbe una mera funzione di approvazione.

230    Va osservato che, ai sensi dell’articolo 30 del regolamento n. 806/2014, il CRU informa la Commissione di ogni azione intrapresa al fine di preparare la risoluzione di crisi e il CRU, il Consiglio e la Commissione cooperano strettamente, in particolare nelle fasi di pianificazione della risoluzione, intervento precoce e risoluzione, e si forniscono reciprocamente tutte le informazioni necessarie per l’assolvimento delle loro funzioni. Inoltre, l’articolo 43, paragrafo 3, del regolamento n. 806/2014 prevede che la Commissione designi un rappresentante che ha il diritto di partecipare alle riunioni del CRU in sessione esecutiva e plenaria in qualità di osservatore permanente e che il suo rappresentante abbia il diritto di partecipare alle discussioni e abbia accesso a tutti i documenti.

231    Dalle disposizioni di cui sopra emerge che la Commissione è informata e coinvolta nelle fasi preparatorie all’adozione di una misura di risoluzione. Contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, la Commissione non scopre il programma di risoluzione solo una volta che esso è stato adottato dal CRU, ma dispone, nel corso della sua preparazione, di tempo sufficiente per valutarne gli aspetti discrezionali.

232    I ricorrenti non possono quindi sostenere che il fatto che la Commissione disponga unicamente di 24 ore per approvare il programma di risoluzione fa sì che essa si limiti a convalidarlo. Posto che il suo status di osservatore le consente di seguire i lavori nelle diverse fasi che precedono l’adozione del programma di risoluzione, la sua approvazione non si riduce a una mera formalità.

233    D’altro canto, le circostanze citate dai ricorrenti e che hanno portato, nella specie, all’adozione della decisione della Commissione non rilevano ai fini della valutazione della legittimità delle disposizioni contestate del regolamento n. 806/2014.

234    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, risulta pertanto che l’eccezione di illegittimità degli articoli 18 e 22 del regolamento n. 806/2014, sollevata nel nono motivo di ricorso, deve essere respinta in quanto infondata.

235    Occorre inoltre osservare che, in sede di replica, i ricorrenti aggiungono argomenti diretti a far constatare, in via subordinata, che, anche ammettendo che il regolamento n. 806/2014 sia conforme ai principi relativi alla delega di poteri enunciati nella sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7), detto principio non sarebbe stato rispettato nel caso di specie. Essi affermano, in sostanza, che la Commissione non ha adottato la decisione 2017/1246 con piena cognizione di causa quanto agli aspetti discrezionali del programma di risoluzione e che, in mancanza di una valida approvazione, il programma di risoluzione si fonda su un errore di diritto o su un manifesto errore di valutazione.

236    La Commissione e il CRU sostengono che, con questi argomenti presentati per la prima volta in sede di replica, i ricorrenti deducono un motivo nuovo che è irricevibile.

237    In udienza, i ricorrenti hanno confermato che si trattava di un argomento nuovo.

238    Ai sensi dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

239    Per giustificare l’introduzione di questi nuovi argomenti in sede di replica, i ricorrenti sostengono che da documenti prodotti «dopo la data» emergerebbe che la Commissione ha semplicemente approvato il programma di risoluzione senza alcuna discussione. I ricorrenti si fondano sulle circostanze del caso, vale a dire sul fatto che il programma di risoluzione è stato trasmesso il 7 giugno 2017 alle ore 5:13 alla Commissione, che lo ha approvato alle 6:30 dello stesso giorno, ossia 77 minuti più tardi. A loro parere, la Commissione non poteva pertanto aver compiuto la valutazione richiesta dall’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014.

240    A tale riguardo, occorre anzitutto osservare che i ricorrenti non indicano quali sarebbero detti nuovi documenti e non precisano a partire da quale data sarebbero stati prodotti. In aggiunta, va osservato, al pari della Commissione, che le circostanze di fatto invocate erano note ai ricorrenti sin dalla presentazione del ricorso e sono menzionate nell’atto introduttivo. Così, da un lato, per quanto attiene all’intervenuta trasmissione del programma di risoluzione alla Commissione alle ore 5:13 del 7 giugno 2017, i ricorrenti rinviano alla decisione della Commissione prodotta in allegato all’atto introduttivo. Dall’altro lato, quanto al fatto che il programma di risoluzione è entrato in vigore alle ore 6:30 dello stesso giorno, basti osservare che tale informazione era contenuta nella versione del programma di risoluzione prodotta in allegato all’atto introduttivo.

241    Ne consegue che detto nuovo motivo non si fonda su elementi di diritto e di fatto emersi nel corso del procedimento e che esso deve pertanto essere respinto come irricevibile a norma dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

242    In ogni caso, come emerge dai precedenti punti da 230 a 232, la Commissione, in linea con gli obblighi ad essa incombenti ai sensi del regolamento n. 806/2014 e in ragione della sua qualità di osservatore, è stata coinvolta nelle fasi preparatorie all’adozione del programma di risoluzione. I ricorrenti non possono quindi affermare che l’intervento della Commissione si sarebbe limitato al lasso di tempo compreso tra la trasmissione del programma di risoluzione da parte del CRU, il 7 giugno 2017 alle ore 5:13, e la sua approvazione.

 Sul quarto motivo di ricorso, vertente sulla violazione dellarticolo 20 del regolamento n. 806/2014

243    I ricorrenti sostengono che il CRU e la Commissione hanno violato l’articolo 20 del regolamento n. 806/2014 non controllando che le decisioni impugnate fossero precedute da una valutazione provvisoria indipendente, «equa, prudente e realistica» e che fosse compiuta una valutazione definitiva ex post. Essi si fondano sulle versioni delle valutazioni 1 e 2 pubblicate dal CRU sul suo sito Internet il 31 ottobre 2018.

244    L’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 prevede quanto segue:

«Prima di decidere in merito a un’azione di risoluzione o all’esercizio del potere di svalutare o convertire gli strumenti di capitale pertinenti, il [CRU] provvede a che una valutazione equa, prudente e realistica delle attività e passività di un’entità di cui all’articolo 2 venga effettuata da una persona indipendente da qualsiasi autorità pubblica, compreso il [CRU] e l’autorità nazionale di risoluzione, e dall’entità interessata».

245    Il presente motivo di ricorso è suddiviso, in sostanza, in tre censure, concernenti la valutazione 1, la valutazione 2 e l’assenza di una valutazione definitiva ex post.

246    In via preliminare, occorre ricordare che la valutazione del Banco Popular, effettuata prima dell’adozione del programma di risoluzione, comprende due relazioni allegate al programma di risoluzione.

247    La valutazione 1, datata 5 giugno 2017, è stata redatta dal CRU ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 806/2014, ed era intesa ad orientare l’accertamento del soddisfacimento delle condizioni per la risoluzione, quali definite all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014.

248    La valutazione 2, datata 6 giugno 2017, è stata redatta dalla Deloitte, in qualità di esperto indipendente, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014.

249    Il programma di risoluzione riporta che, tenuto conto dell’urgenza, la valutazione 2, realizzata ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014, aveva lo scopo di determinare il valore delle attività e delle passività del Banco Popular, di fornire una stima sul trattamento che gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto se il Banco Popular fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza, nonché di orientare la decisione sulle azioni e i titoli di proprietà da cedere e l’accertamento, da parte del CRU, delle condizioni commerciali ai fini dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa.

250    Nella valutazione 2, la Deloitte ha indicato di essersi basata sui requisiti dell’articolo 36 della direttiva 2014/59 (corrispondente all’articolo 20 del regolamento n. 806/2014) e sul capo III del progetto definitivo di norme tecniche di regolamentazione dell’Autorità bancaria europea (ABE) n. 2017/05 e n. 2017/06, del 23 maggio 2017, sulla valutazione ai fini della risoluzione e sulla valutazione al fine di determinare la differenza di trattamento a seguito della risoluzione prevista dalla direttiva 2014/59 (in prosieguo: le «norme tecniche dell’ABE»).

251    L’articolo 36, paragrafo 15, della direttiva 2014/59 autorizza l’ABE a elaborare progetti di norme tecniche di regolamentazione per precisare i criteri in base ai quali devono essere effettuate le valutazioni realizzate in occasione di una procedura di risoluzione.

252    Il capo III delle norme tecniche dell’ABE riguarda il progetto di norme tecniche di regolamentazione n. 2017/05 sulla valutazione ai fini della risoluzione (in prosieguo: le «norme tecniche di regolamentazione») e contiene, segnatamente, ai sensi dell’articolo 36, paragrafo 15, della direttiva 2014/59, un progetto di regolamento delegato della Commissione che integra la direttiva 2014/59 con norme tecniche di regolamentazione che specificano i criteri della metodologia da utilizzare per valutare il valore delle attività e delle passività di enti o entità.

253    Occorre inoltre rilevare che, alla data dell’adozione del programma di risoluzione, le norme tecniche di regolamentazione non erano vincolanti, in quanto l’articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 806/2014 prevede che il CRU, il Consiglio e la Commissione sono soggetti alle norme tecniche di regolamentazione e di attuazione vincolanti elaborate dall’ABE una volta che esse sono state adottate dalla Commissione. Tali norme tecniche di regolamentazione sono state recepite nel regolamento delegato (UE) 2018/345 della Commissione, del 14 novembre 2017, che integra la direttiva 2014/59 per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione che precisano i criteri applicabili alla metodologia per valutare il valore delle attività e delle passività di enti o entità (GU 2018, L 67, pag. 8).

254    All’articolo 6.3 del programma di risoluzione, il CRU ha indicato che, per decidere sulla svalutazione e sulla conversione degli strumenti di capitale del Banco Popular, esso si era basato sulla valutazione 2, come integrata e corroborata dai risultati della procedura di vendita condotta dal FROB.

255    Poiché la valutazione 2 contiene valutazioni tecniche ed economiche complesse, occorre riconoscere che il CRU disponeva di un ampio potere discrezionale quando ha considerato che la valutazione 2 costituisse una base valida per decidere sulle azioni di risoluzione.

256    Pertanto, in applicazione della giurisprudenza citata ai precedenti punti da 106 a 111, il controllo effettuato dal Tribunale è un controllo ristretto che si limita a verificare l’assenza di errore manifesto di valutazione da parte del CRU allorché ha ritenuto che la valutazione 2 fosse conforme ai requisiti di cui all’articolo 20 del regolamento n. 806/2014. Spetta ai ricorrenti fornire elementi di prova sufficienti a privare di plausibilità la valutazione 2.

 Sulla prima censura, relativa alla valutazione 1

257    I ricorrenti sostengono che la valutazione 1 non è stata effettuata da una persona indipendente come richiesto dall’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014. Benché l’articolo 20, paragrafo 3, del regolamento n. 806/2014 preveda che detta valutazione può essere effettuata dal CRU, ciò sarebbe consentito solo qualora non sia possibile una valutazione indipendente. Posto che la Deloitte ha ottenuto l’affidamento della valutazione 2 il 23 maggio 2017, essa avrebbe quindi potuto realizzare la valutazione 1. Il CRU non avrebbe dimostrato che il carattere provvisorio della valutazione 1 era giustificato da una situazione di sufficiente urgenza.

258    In via preliminare, la Commissione eccepisce l’irricevibilità di detta censura nella misura in cui essa rappresenta un motivo nuovo, sollevato per la prima volta in sede di replica seppur fondato su elementi che erano disponibili sin dall’introduzione del ricorso. Il fatto che sia stato il CRU stesso a realizzare la valutazione 1 emergerebbe dal programma di risoluzione prodotto in allegato all’atto introduttivo.

259    È vero che, ai sensi dell’articolo 84 del regolamento di procedura, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

260    Tuttavia, deve essere dichiarato ricevibile un motivo che costituisce l’ampliamento di un motivo enunciato precedentemente, direttamente o implicitamente, nell’atto introduttivo e che presenta uno stretto collegamento con esso. Del resto, gli argomenti la cui sostanza presenta uno stretto nesso con un motivo enunciato nell’atto introduttivo non possono essere considerati motivi nuovi e la loro presentazione è consentita nella fase della replica o dell’udienza (v. sentenze del 22 marzo 2018, Stavytskyi/Consiglio, T‑242/16, non pubblicata, EU:T:2018:166, punto 123 e giurisprudenza ivi citata, e dell’8 novembre 2018, «Pro NGO!»/Commissione, T‑454/17, EU:T:2018:755, punto 70 e giurisprudenza ivi citata). Perché possa essere considerato un’estensione di un motivo o di una censura precedentemente indicati, occorre che il nuovo argomento presenti, con i motivi o le censure inizialmente dedotti nel ricorso, un nesso sufficientemente stretto perché possa essere considerato derivante dalla normale evoluzione del contraddittorio nell’ambito di un procedimento giurisdizionale (v. sentenza dell’8 luglio 2020, VQ/BCE, T‑203/18, EU:T:2020:313, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

261    Orbene, nell’atto introduttivo i ricorrenti hanno sostenuto, seppure certamente in maniera sintetica, che il CRU e la Commissione non avevano effettuato una valutazione indipendente. Tale censura presenta pertanto uno stretto nesso con il motivo sollevato nell’atto introduttivo e non costituisce un motivo nuovo.

262    Tuttavia, come correttamente eccepito dal CRU, gli argomenti addotti dai ricorrenti per rimettere in discussione la validità della valutazione 1 devono essere considerati inconferenti.

263    Infatti, la valutazione 1, diretta a stabilire, in conformità alle norme tecniche di regolamentazione, se il Banco Popular fosse in dissesto o a rischio di dissesto al fine di verificare se sussistessero le condizioni per la risoluzione o per la svalutazione o la conversione degli strumenti di capitale, è divenuta obsoleta a seguito della valutazione effettuata dalla BCE il 6 giugno 2017, relativa al dissesto o al rischio di dissesto del Banco Popular.

264    Nella valutazione 1, il CRU ha indicato che la data di riferimento della sua valutazione era il 31 marzo 2017. Orbene, va ricordato che la BCE si è fondata sui significativi ritiri di depositi del Banco Popular a partire dai mesi di aprile e maggio 2017 e sull’incapacità di quest’ultimo di generare nuove liquidità, per concludere che, il 6 giugno 2017, il Banco Popular era in dissesto o a rischio di dissesto. Così, le conclusioni della valutazione 1 non erano più pertinenti alla data della risoluzione.

265    Gli argomenti dei ricorrenti volti ad addebitare al CRU di aver effettuato esso stesso la valutazione 1, e gli argomenti sollevati in replica, diretti a sostenere, in via subordinata, che la valutazione 1 non contiene una quantificazione «equa, prudente e realistica» del valore delle attività e delle passività del Banco Popular prima della risoluzione, devono pertanto essere respinti come inconferenti.

266    In ogni caso, come sottolineato dai ricorrenti stessi, a norma dell’articolo 20, paragrafo 3, del regolamento n. 806/2014, in combinato disposto con il paragrafo 10 del medesimo articolo, qualora una valutazione indipendente ai sensi del paragrafo 1 non sia possibile per ragioni di urgenza, il CRU può effettuare una valutazione provvisoria delle attività e passività di un’entità.

267    Va osservato che, diversamente da quanto dedotto dai ricorrenti, nella valutazione 1 il CRU ha giustificato le ragioni per cui detta valutazione doveva essere compiuta con urgenza. Esso ha osservato, segnatamente, che, visto il rapido deterioramento dei coefficienti di liquidità del Banco Popular in ragione dei consistenti ritiri di depositi nei giorni precedenti, esso aveva deciso, di concerto con la BCE, di effettuare d’urgenza una valutazione provvisoria sulla base delle informazioni pubbliche e di controllo disponibili.

268    Orbene, basti osservare che i ricorrenti non sollevano alcun argomento diretto a rimettere in discussione tali valutazioni.

269    Occorre pertanto respingere la prima censura come inconferente.

 Sulla seconda censura, relativa alla valutazione 2

270    In primo luogo, i ricorrenti sostengono che la valutazione 2 avrebbe dovuto avere lo scopo di orientare il CRU nella scelta dell’azione di risoluzione da adottare, mentre il CRU aveva già scelto l’azione di risoluzione appropriata e avrebbe quindi incaricato la Deloitte di realizzare una relazione che portasse a tale conclusione. La valutazione 2 presenterebbe un vizio di fondo, basandosi sul presupposto che un’azione di risoluzione sarebbe stata necessaria e che il CRU avrebbe fatto ricorso allo strumento per la vendita dell’attività d’impresa. La valutazione 2 non sarebbe conforme all’articolo 20, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 806/2014, né alle norme tecniche di regolamentazione. La Deloitte non avrebbe tenuto conto del piano di risoluzione del 2016 e non avrebbe preso in considerazione nessun’altra azione di risoluzione diversa dallo strumento per la vendita dell’attività di impresa. Ciò non sarebbe in linea con l’esigenza di presentare valutazioni distinte che riflettano una gamma variegata di azioni di risoluzione.

271    In via preliminare, va osservato che, a norma dell’articolo 20 del regolamento n. 806/2014, è effettuata una valutazione provvisoria ai fini della risoluzione. I ricorrenti non possono pertanto validamente sostenere che il fatto che la valutazione 2 si basi sulla presupposta necessità di un’azione di risoluzione costituisca un vizio di fondo della valutazione 2.

272    I ricorrenti affermano, sostanzialmente, che, nella valutazione 2, la Deloitte non ha preso in considerazione altre azioni di risoluzione diverse dallo strumento per la vendita dell’attività d’impresa, il che violerebbe sia l’articolo 20, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 806/2014, che le norme tecniche di regolamentazione.

273    Occorre ricordare che la Deloitte ha indicato che, previa consultazione con il CRU, la valutazione 2 sarebbe stata effettuata tenendo conto dell’applicazione dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa.

274    Va osservato, al pari della Commissione e del CRU, che la decisione su quale strumento di risoluzione applicare è presa dall’autorità di risoluzione e non dal perito indipendente. A tale riguardo, all’articolo 5.3 del programma di risoluzione, il CRU ha spiegato le ragioni per cui l’applicazione degli altri strumenti di risoluzione previsti all’articolo 22 del regolamento n. 806/2014 non avrebbe soddisfatto gli obiettivi della risoluzione nella medesima misura.

275    L’articolo 20, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 806/2014, il quale prevede che, laddove siano soddisfatte le condizioni per la risoluzione, la valutazione è intesa a orientare la decisione sull’azione appropriata di risoluzione da adottare in relazione all’entità, deve essere interpretato nel senso che la valutazione deve fornire al CRU gli elementi tecnici ed economici che consentano di attuare lo strumento di risoluzione scelto da quest’ultimo.

276    Da tale disposizione non risulta che spetti al perito definire esso stesso quale sia lo strumento di risoluzione da applicare.

277    Infatti, da un lato, l’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014 definisce gli obiettivi della valutazione in funzione dello strumento di risoluzione applicato. In particolare, l’articolo 20, paragrafo 5, lettera f), del regolamento n. 806/2014 definisce gli obiettivi della valutazione laddove sia applicato lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa, i quali sono diversi dagli obiettivi di cui all’articolo 20, paragrafo 5, lettere d) ed e), del medesimo regolamento, relativi ai casi in cui siano applicati lo strumento del bail-in oppure lo strumento dell’ente-ponte o lo strumento di separazione delle attività.

278    Ne consegue che l’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014 prevede espressamente il caso in cui una valutazione è effettuata nell’ottica dell’applicazione di uno strumento di risoluzione definito.

279    Dall’altro lato, per quanto attiene al metodo che deve essere utilizzato nella valutazione, il considerando 6 delle norme tecniche di regolamentazione prevede che la scelta del criterio di valutazione più appropriato (il valore di possesso o il valore di cessione) dovrebbe essere effettuata per le specifiche azioni di risoluzione prese in considerazione dall’autorità di risoluzione. L’articolo 11, paragrafo 4, delle norme tecniche di regolamentazione, ripreso all’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento delegato 2018/345, indica il metodo di valutazione che deve essere utilizzato dal perito in funzione dello strumento di risoluzione considerato.

280    I ricorrenti si fondano su un estratto dalle norme tecniche dell’ABE, contenuto nella parte introduttiva recante il titolo «contesto e motivazione», secondo cui «i criteri contenuti nelle norme tecniche di regolamentazione hanno lo scopo di guidare le valutazioni distinte che tengano conto dell’impatto sui flussi di tesoreria attesi, risultante da una gamma sufficientemente variegata di azioni che possono essere adottate dall’autorità di risoluzione, comprese, a titolo non esaustivo, tutte le strategie di risoluzione descritte nel piano di risoluzione dell’entità».

281    Tale estratto non può essere interpretato nel senso che la valutazione deve sempre prendere in considerazione più tipologie di azioni di risoluzione. Esso indica unicamente che le norme tecniche di regolamentazione mirano a fissare gli elementi e i fattori di cui il perito deve tener conto nella valutazione a seconda delle azioni di risoluzione considerate dall’autorità.

282    A tale riguardo, dall’articolo 10, paragrafo 1, delle norme tecniche di regolamentazione, ripreso all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento delegato 2018/345, risulta che il perito valuta l’impatto sulla valutazione di ciascuna azione di risoluzione che l’autorità di risoluzione può adottare nell’ottica di orientare le decisioni e che, fatta salva l’indipendenza del perito, l’autorità di risoluzione può consultarsi con quest’ultimo al fine di individuare la gamma di azioni di risoluzione al proprio esame. A norma dell’articolo 10, paragrafo 2, delle norme tecniche di regolamentazione, ripreso all’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento delegato 2018/345, il perito presenta valutazioni distinte che tengano conto dell’impatto di una gamma di azioni di risoluzione sufficientemente variegata solo ove ciò sia opportuno e in consultazione con l’autorità di risoluzione.

283    In applicazione delle norme tecniche di regolamentazione, la Deloitte ha quindi potuto ritenere, previa consultazione con il CRU, che la valutazione 2 potesse essere effettuata tenendo conto dello strumento di risoluzione all’esame del CRU, vale a dire dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa.

284    Pertanto, i ricorrenti non possono sostenere che la valutazione 2 doveva tener conto dell’applicazione di altri strumenti di risoluzione diversi da quello preso in considerazione dal CRU.

285    Inoltre, il fatto che il CRU abbia ritenuto che lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa fosse quello maggiormente in grado di realizzare gli obiettivi della risoluzione e che abbia incaricato la Deloitte di effettuare una valutazione conforme agli obiettivi di tale strumento non può essere considerato come lesivo dell’indipendenza di quest’ultima.

286    Per quanto attiene all’argomento dei ricorrenti secondo cui la Deloitte non avrebbe tenuto conto del piano di risoluzione del 2016, basti osservare che, ai considerando da 44 a 46 del programma di risoluzione, il CRU ha indicato i motivi per cui la soluzione considerata nel piano di risoluzione del 2016 non era applicabile alla situazione del Banco Popular alla data di risoluzione. Il CRU ha osservato che detto piano muoveva dall’ipotesi che il dissesto del Banco Popular si fondasse su un deterioramento della sua situazione patrimoniale e che, posto che il dissesto del Banco Popular derivava da un deterioramento della sua posizione di liquidità, lo strumento del bail-in considerato nel piano di risoluzione del 2016 non avrebbe consentito di ristabilire detta situazione e quindi di ripristinare la sua solidità finanziaria e la sua sostenibilità economica a lungo termine.

287    La valutazione 2 è stata effettuata considerando lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa; non era quindi necessario tener conto del piano di risoluzione del 2016 che si fondava sull’ipotetica applicazione di uno strumento di risoluzione diverso.

288    Da tutte le suesposte considerazioni risulta che il CRU non è incorso in un errore manifesto di valutazione nel ritenere che la valutazione 2 fosse conforme all’articolo 20, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 806/2014 e alle norme tecniche di regolamentazione.

289    In secondo luogo, i ricorrenti ritengono che, in ogni caso, anche laddove la valutazione 2 potesse limitarsi a considerare un solo strumento di risoluzione, essa non sarebbe «equa, prudente e realistica» ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014. La valutazione 2 conterrebbe numerose riserve, quanto al tempo e alle informazioni disponibili.

290    A questo proposito, occorre osservare che, nella lettera che accompagnava la comunicazione della valutazione 2 al CRU, la Deloitte ha indicato che, data la difficile posizione di liquidità del Banco Popular, essa era stata invitata a realizzare la propria valutazione entro un termine estremamente breve. Il lavoro principale è stato limitato a dodici giorni a partire dal giorno in cui ha avuto accesso alla documentazione, mentre un siffatto progetto dovrebbe normalmente richiedere sei settimane. La Deloitte ha rilevato che esisteva un certo numero di lacune e di incoerenze tra le informazioni disponibili. La Deloitte ha menzionato il fatto che la valutazione doveva essere considerata altamente incerta e provvisoria in forza dell’articolo 36 della direttiva 2014/59 e che, nella valutazione, era stata inclusa una riserva per perdite aggiuntive, ai sensi dell’articolo 36, paragrafo 9, della direttiva 2014/59, che corrisponde all’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014.

291    I ricorrenti sostengono che dagli elementi di prova non emerge la sussistenza di un’urgenza tale da giustificare l’effettuazione di una valutazione provvisoria ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014.

292    A tale riguardo, basti osservare che, nel programma di risoluzione, l’urgenza è giustificata segnatamente in ragione del rapido deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular. I ricorrenti non sollevano alcun argomento diretto a contestare dette valutazioni del CRU.

293    Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il fatto che il CRU abbia contattato la Deloitte il 23 maggio 2017 per realizzare la valutazione 2 non significa che quest’ultima disponesse di tempo sufficiente per realizzare una valutazione definitiva del Banco Popular. Va osservato che, a fronte della dichiarazione del dissesto o del rischio di dissesto del Banco Popular da parte della BCE, intervenuta il 6 giugno 2017, la Deloitte disponeva soltanto di dodici giorni per effettuare la valutazione 2. Orbene, da un lato, occorre tener conto della dimensione e dell’importanza del Banco Popular. Come osservato dal CRU, il Banco Popular aveva un bilancio totale di 130 miliardi di EUR e deteneva una grande quantità di attività difficili da valorizzare, come attività in sofferenza o attività fiscali o immateriali. Dall’altro lato, talune informazioni non erano disponibili nei tempi richiesti.

294    L’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014 prevede espressamente l’ipotesi in cui, a causa dell’urgenza dettata dalle circostanze del caso, non sia possibile rispettare i requisiti stabiliti ai paragrafi 7 e 9 di tale articolo, vale a dire, in particolare, il caso in cui non sia possibile completare la valutazione con talune informazioni contenute nei libri e nei registri contabili. Non solo, tale disposizione riconosce l’esistenza di incertezze inerenti a qualsiasi valutazione provvisoria prevedendo, al secondo comma, che quest’ultima includa una riserva per perdite aggiuntive.

295    Inoltre, dall’articolo 20, paragrafo 13, del regolamento n. 806/2014 risulta che, in considerazione dell’urgenza dettata dalle circostanze del caso, il CRU poteva basarsi sulla valutazione 2, effettuata a norma dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014, per adottare il programma di risoluzione.

296    Pertanto, conformemente all’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014, la Deloitte si è limitata a indicare che, dato il poco tempo disponibile per effettuare la valutazione, essa doveva basarsi su informazioni incomplete e ha precisato che la valutazione da essa effettuata doveva essere considerata una valutazione provvisoria ai sensi dell’articolo 36, paragrafo 9, della direttiva 2014/59.

297    Il fatto che la Deloitte abbia riconosciuto che, in considerazione del tempo a disposizione, talune informazioni erano carenti non è quindi sufficiente a rimettere in discussione la possibilità di fondare l’adozione del programma di risoluzione sulla valutazione 2.

298    Peraltro, le incertezze inerenti alla valutazione 2 sono evidenziate nelle norme tecniche di regolamentazione, da cui risulta che, quando procede alla stima e all’attualizzazione dei flussi di cassa che l’entità può attendersi dalle attività e dalle passività esistenti, il perito deve basarsi su ipotesi eque, prudenti e realistiche e tener conto di diversi fattori e circostanze.

299    In particolare, per quanto concerne le stime riguardanti il valore di cessione, l’articolo 12, paragrafo 5, delle norme tecniche di regolamentazione, riprodotto nell’articolo 12, paragrafo 5, del regolamento delegato 2018/345, prevede quanto segue:

«Il valore di cessione è determinato dal perito sulla base dei flussi di cassa, al netto dei costi di cessione e al netto del valore atteso delle eventuali garanzie fornite, che l’entità può ragionevolmente attendersi alla luce delle condizioni di mercato prevalenti da una regolare vendita o cessione di attività o passività. Ove opportuno, tenendo conto delle azioni da intraprendere nell’ambito del programma di risoluzione, il perito può stabilire il valore di cessione applicando una riduzione, in virtù di un eventuale sconto per vendita accelerata, al prezzo di mercato osservabile di tale vendita o cessione. Per determinare il valore di cessione delle attività che non hanno un mercato liquido, il perito tiene conto dei prezzi osservabili sui mercati nei quali sono negoziate attività analoghe o di calcoli modellizzati utilizzando parametri di mercato osservabili, tenendo opportunamente conto degli sconti per illiquidità».

300    L’articolo 12, paragrafo 6, delle norme tecniche di regolamentazione, riprodotto nell’articolo 12, paragrafo 6, del regolamento delegato 2018/345, indica diversi fattori, di cui il perito tiene conto, che potrebbero incidere sui valori di cessione e sui periodi di cessione.

301    Ne consegue che la valutazione 2 si basava su ipotesi e dipendeva da molteplici fattori. Così, conformemente alle norme tecniche di regolamentazione, per determinare il valore di cessione del Banco Popular alla data della risoluzione, la Deloitte, nella valutazione 2, si è basata su stime e valutazioni prognostiche e ha presentato il suo risultato sotto forma di un intervallo di valori.

302    Pertanto, occorre considerare che, dati i limiti di tempo e le informazioni disponibili, talune incertezze e approssimazioni sono inerenti a qualsiasi valutazione provvisoria effettuata in applicazione dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014 e che le riserve formulate dalla Deloitte non possono significare che la valutazione 2 non fosse «equa, prudente e realistica» ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014.

303    In terzo luogo, i ricorrenti sostengono che l’ampiezza dell’intervallo tra lo scenario peggiore e lo scenario migliore contenuti nella valutazione 2 avrebbe dovuto allertare il CRU su fatto che si trattava di una valutazione poco attendibile. Al 31 marzo 2017, il valore patrimoniale netto del Banco Popular sarebbe stato di 10,78 miliardi di EUR, valore difficilmente conciliabile con detto intervallo.

304    A tale riguardo, va ricordato che, nella valutazione 2, la Deloitte ha indicato che il risultato della sua valutazione si collocava nell’intervallo tra 1,3 miliardi di EUR e meno 8,2 miliardi di EUR, con la migliore stima situata entro tale intervallo a meno 2 miliardi di EUR.

305    In primo luogo, va osservato che i ricorrenti si limitano a contestare l’attendibilità di detto intervallo senza sollevare argomenti specifici volti a contestarne le modalità di calcolo o a stabilire quali errori sarebbero stati commessi nella valutazione di ciascuna categoria di attivi.

306    Il confronto compiuto dai ricorrenti con la situazione del valore patrimoniale netto del Banco Popular al 31 marzo 2017 non è pertinente, poiché corrisponde al valore contabile del Banco Popular a una data anteriore alla risoluzione. Così, da un lato, detto valore non tiene conto del fatto che la situazione del Banco Popular si era fortemente deteriorata dopo tale data. Dall’altro lato, esso riflette il valore contabile del Banco Popular e non il suo valore di cessione, il quale corrisponde al valore economico del Banco Popular per un potenziale acquirente e doveva essere stabilito nella valutazione 2.

307    In secondo luogo, si deve notare che l’ampiezza dell’intervallo è giustificata dal metodo utilizzato nella valutazione 2.

308    A questo proposito, per quanto riguarda il metodo utilizzato nella valutazione 2, la Deloitte ha indicato di aver adottato un approccio categoria per categoria, adeguando i valori contabili di ciascuna classe di attività e di passività per stimare le perdite e i profitti e altri adeguamenti che ogni acquirente avrebbe applicato al valore. Essa ha prodotto un intervallo di valutazione per ogni classe di attività e di passività.

309    Tale metodo è conforme all’articolo 2, paragrafo 3, delle norme tecniche di regolamentazione, riprodotto nell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento delegato 2018/345, secondo il quale:

«Il perito fornisce la migliore stima puntuale del valore di una determinata attività, passività, o di una combinazione delle stesse. Se del caso, i risultati della valutazione sono anche forniti sotto forma di intervalli di valori».

310    Così, la somma dei valori più bassi per ciascuna classe di attività e di passività ha fornito la stima inferiore dell’intervallo e la somma dei valori più alti ha fornito la stima superiore dell’intervallo. Tale metodo spiega quindi l’ampiezza dell’intervallo considerato nella valutazione 2.

311    Inoltre, come sottolineato dal CRU, tenuto conto delle dimensioni del bilancio del Banco Popular, con un importo totale superiore a 130 miliardi di EUR, la differenza tra i due valori dell’intervallo rappresentava appena il 7% circa del bilancio. Tale differenza riflette quindi il grado di incertezza inerente al processo di valutazione.

312    Dalle suesposte considerazioni risulta che il CRU non è incorso in un errore manifesto di valutazione nel ritenere che la valutazione 2 fosse «equa, prudente e realistica» conformemente all’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014.

313    Occorre quindi respingere la seconda censura.

 Sulla terza censura, relativa all’assenza di una valutazione definitiva ex post

314    I ricorrenti addebitano al CRU di non aver effettuato una valutazione definitiva ex post «non appena ragionevolmente possibile», in violazione dell’articolo 20, paragrafo 11, del regolamento n. 806/2014, e ciò malgrado il fatto che non vi fosse stata una valutazione 1 indipendente, che le valutazioni 1 e 2 fossero provvisorie e poco attendibili e che fosse stato sostenuto espressamente che esse sarebbero state seguite da valutazioni definitive ex post. I ricorrenti indicano di essere stati informati che non sarebbe stata effettuata una valutazione definitiva ex post mediante una risposta del CRU a un quesito posto dal Tribunale nel quadro del presente procedimento.

315    Infatti, il 30 luglio 2018, in risposta ai quesiti posti dal Tribunale nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, il CRU ha indicato che la valutazione 2 non sarebbe stata seguita da una valutazione definitiva ex post. Esso ha ritenuto, a causa delle peculiarità del caso in esame, di essere giunto alla conclusione che una valutazione definitiva ex post non avrebbe avuto alcuna finalità pratica nell’ambito dell’articolo 20, paragrafo 11, del regolamento n. 806/2014 né avrebbe portato a una decisione di compensazione prevista dall’articolo 20, paragrafo 12, del medesimo regolamento.

316    Occorre rilevare che la valutazione definitiva ex post prevista dall’articolo 20, paragrafo 11, del regolamento n. 806/2014 è, per definizione, successiva all’adozione del programma di risoluzione e della decisione della Commissione.

317    Inoltre, come osservato al precedente punto 295, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 13, del regolamento n. 806/2014, una valutazione provvisoria come la valutazione 2 costituisce una base valida per l’adozione del programma di risoluzione.

318    Basti ricordare che, secondo costante giurisprudenza, la legittimità di un atto dell’Unione deve essere valutata in base alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento in cui l’atto è stato adottato (v. sentenza del 3 settembre 2015, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione, C‑398/13 P, EU:C:2015:535, punto 22 e giurisprudenza ivi citata). Ne consegue che, nel valutare la legittimità di tale atto, è esclusa la considerazione di elementi posteriori alla data di adozione dell’atto dell’Unione (v. sentenza del 17 dicembre 2014, Si.mobil/Commissione, T‑201/11, EU:T:2014:1096, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

319    Da ciò deriva che il fatto di procedere o meno a una valutazione definitiva ex post, manifestamente successiva all’adozione del programma di risoluzione, non può inficiare la validità delle decisioni impugnate. Pertanto, la terza censura dev’essere respinta come inconferente.

320    Da tutte le suesposte considerazioni risulta che il quarto motivo di ricorso deve essere respinto.

 Sul quinto motivo di ricorso, vertente sulla violazione dellarticolo 18, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento n. 806/2014

321    I ricorrenti sostengono che il CRU e la Commissione hanno violato l’articolo 18, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento n. 806/2014 ritenendo che le condizioni poste da dette disposizioni fossero soddisfatte.

322    L’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 prevede che il CRU adotti un programma di risoluzione solo qualora valuti che siano soddisfatte le condizioni seguenti:

«a)      l’entità è in dissesto o a rischio di dissesto;

b)      considerate la tempistica e altre circostanze pertinenti, non si può ragionevolmente prospettare che qualsiasi misura alternativa per l’entità in questione, incluse misure da parte di un IPS, sotto forma di intervento del settore privato o di azione di vigilanza, tra cui misure di intervento precoce o la svalutazione o la conversione dei pertinenti strumenti di capitale ai sensi dell’articolo 21 adottate nei confronti dell’entità, permetta di evitare il dissesto dell’entità in tempi ragionevoli;

c)      l’azione di risoluzione è necessaria nell’interesse pubblico a norma del paragrafo 5».

323    Il presente motivo di ricorso è suddiviso in due parti, corrispondenti alle due condizioni previste all’articolo 18, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento n. 806/2014.

 Sulla prima parte, vertente sulla violazione dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014

324    I ricorrenti sostengono che gli elementi presenti nel programma di risoluzione non sono sufficienti per dimostrare il soddisfacimento della condizione prevista all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014. Essi affermano che, alla data della risoluzione, il Banco Popular si trovava ad affrontare un problema temporaneo di liquidità causato dai ritiri di depositi e non un problema di solvibilità. Dal programma di risoluzione emergerebbe che la conclusione della BCE, secondo cui detta condizione era soddisfatta, si fondava sul rapido deterioramento della situazione, in termini di liquidità, del Banco Popular. Secondo il perito citato dai ricorrenti, una crisi di liquidità temporanea non sarebbe sufficiente per dimostrare che il Banco Popular fosse in dissesto o a rischio di dissesto.

325    Va ricordato anzitutto che, il 6 giugno 2017, la BCE ha effettuato una valutazione sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, previa consultazione del CRU, conformemente all’articolo 18, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 806/2014. In tale valutazione, la BCE, considerando segnatamente i deflussi eccessivi di liquidità, la rapidità con la quale la liquidità era stata perduta dalla banca e l’incapacità di quest’ultima di generare altre liquidità, ha ritenuto che esistessero elementi oggettivi che indicano che il Banco Popular non sarebbe stato probabilmente in grado, in un prossimo futuro, di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza. La BCE ha concluso che il dissesto del Banco Popular era considerato accertato o, in ogni caso, che ve ne sussisteva il rischio in un prossimo futuro, conformemente all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014.

326    A questo proposito, l’estratto dalla lettera della presidente del consiglio di vigilanza prudenziale della BCE, recante la data del 25 luglio 2017 e diretta a un membro del Parlamento, citato dai ricorrenti nell’atto introduttivo, si limita a confermare che la BCE aveva constatato il dissesto o il rischio di dissesto del Banco Popular a causa della sua posizione di liquidità e non del suo stato di insolvenza a termini di bilancio. In tale lettera si spiega quanto segue:

«La decisione della BCE di riconoscere che la banca era in dissesto o a rischio di dissesto è stata adottata sulla base della liquidità insufficiente. A tale data, gli elementi oggettivi non erano sufficienti a consentire alla BCE di stabilire che la banca era in dissesto o a rischio di dissesto sulla base della sua situazione patrimoniale. Certamente, la BCE ha monitorato da vicino non soltanto la posizione di liquidità, ma anche la posizione patrimoniale della banca. I suoi problemi strutturali (elevato livello di attività in sofferenza, copertura debole e redditività ridotta) si riflettono sui corrispondenti requisiti patrimoniali fissati dalla BCE».

327    Inoltre, con lettera del 6 giugno 2017, il consiglio di amministrazione del Banco Popular ha informato la BCE di essere giunto alla conclusione che la banca era a rischio di dissesto.

328    Nella sua lettera alla BCE del 6 giugno 2017, il Banco Popular fa riferimento alla notifica effettuata alla BCE ai sensi dell’articolo 414 del regolamento n. 575/2013 in merito alla violazione dei requisiti minimi in materia di copertura della liquidità e rinvia alla valutazione effettuata dal suo consiglio di amministrazione, riportata in allegato, secondo cui il Banco Popular era in dissesto e alle informazioni ed analisi su cui il consiglio di amministrazione si è basato per giungere a tale conclusione.

329    In tale lettera si afferma quanto segue:

«Conformemente all’articolo 21.4 della legge spagnola n. 11/2015 e agli articoli 45 e 46 del regolamento delegato [(UE) 2016/1075 della Commissione, del 23 marzo 2016, che integra la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione che precisano il contenuto dei piani di risanamento, dei piani di risoluzione e dei piani di risoluzione di gruppo, i criteri minimi che l’autorità competente deve valutare per quanto riguarda i piani di risanamento e i piani di risanamento di gruppo, le condizioni per il sostegno finanziario di gruppo, i requisiti per i periti indipendenti, il riconoscimento contrattuale dei poteri di svalutazione e di conversione, le procedure e il contenuto delle disposizioni in materia di notifica e dell’avviso di sospensione e il funzionamento operativo dei collegi di risoluzione (GU 2016, L 184, pag. 1)], il Banco Popular notifica con la presente che il suo consiglio di amministrazione ha valutato che la banca è a rischio di dissesto».

330    Infine, all’articolo 2 del programma di risoluzione, il CRU ha ricordato la conclusione della valutazione della BCE e ha concluso, all’articolo 2.2, che, secondo la valutazione della BCE, la condizione prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014 era soddisfatta.

331    Pertanto, nel caso di specie, il dissesto o il rischio di dissesto del Banco Popular è stato accertato sulla base dell’articolo 18, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014, secondo il quale, ai fini del paragrafo 1, lettera a), del medesimo articolo, l’entità è considerata in dissesto o a rischio di dissesto in una o più delle situazioni seguenti:

«l’entità non è, o vi sono elementi oggettivi a sostegno della convinzione che nel prossimo futuro non sarà, in grado di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza».

332    In primo luogo, occorre rilevare che né la BCE, né il CRU si sono basati sulla situazione descritta all’articolo 18, paragrafo 4, lettera b), del regolamento n. 806/2014, secondo la quale l’entità è considerata in dissesto o a rischio di dissesto quando «le attività dell’entità sono, o vi sono elementi oggettivi a sostegno della convinzione che nel prossimo futuro saranno, inferiori alle passività».

333    Pertanto, l’insolvenza dell’entità non è una condizione per l’accertamento del dissesto o del rischio di dissesto ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014 e non è quindi una condizione per l’adozione di un programma di risoluzione.

334    A questo proposito, dal considerando 57 del regolamento n. 806/2014 risulta che:

«È opportuno che la decisione di assoggettare un’entità alla risoluzione sia adottata prima che un’entità finanziaria divenga insolvente a termini di bilancio (balance-sheet insolvent) e quando abbia ancora del capitale. La risoluzione dovrebbe essere avviata dopo aver determinato che l’ente è in dissesto o a rischio di dissesto e che nessuna misura alternativa del settore privato eviterebbe tale dissesto in tempi ragionevoli».

335    Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, l’insolvenza del Banco Popular non costituiva una condizione affinché quest’ultimo potesse essere considerato in dissesto o a rischio di dissesto ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014. Infatti, la circostanza che un’entità sia solvibile a termini di bilancio non implica che essa sia dotata di liquidità sufficiente, vale a dire dei fondi disponibili per pagare i propri debiti o altre passività in scadenza.

336    In secondo luogo, occorre rilevare che, nel considerando 23 del programma di risoluzione, il CRU, riferendosi alla valutazione effettuata dalla BCE, ha constatato che la posizione di liquidità del Banco Popular si era deteriorata in modo significativo a partire da ottobre 2016, a causa dei ritiri di depositi su tutti i segmenti di clientela. Esso ne ha dedotto che la banca non disponeva di opzioni sufficienti per ripristinare la sua liquidità al fine di assicurarsi che essa sarebbe stata in una posizione di stabilità che le consentisse di pagare le proprie passività in scadenza.

337    Nel programma di risoluzione, il CRU ha elencato i vari eventi che hanno portato, a partire dal febbraio 2017, a un rapido deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular. Il CRU fa riferimento, in particolare, alla pubblicazione, nel febbraio 2017, della relazione annuale per il 2016 del Banco Popular che annunciava una perdita consolidata di 3,485 miliardi di EUR, la necessità di accantonamenti straordinari per 5,7 miliardi di EUR e la nomina di un nuovo presidente, nonché la pubblicazione, nel maggio 2017, della relazione finanziaria per il primo trimestre del 2017, che annunciava risultati meno buoni di quelli attesi dal mercato. Il CRU ha menzionato i declassamenti del rating del Banco Popular da parte di diverse agenzie di rating in febbraio, aprile e giugno 2017. Esso ha altresì rilevato che la copertura mediatica negativa e continua sui risultati finanziari e sul presunto rischio imminente di fallimento o di carenza di liquidità del Banco Popular aveva comportato un aumento dei ritiri di depositi.

338    Inoltre, nel programma di risoluzione, il CRU ha indicato che, il 12 maggio 2017, la copertura della liquidità del Banco Popular era scesa al di sotto della soglia minima dell’80% fissata dall’articolo 460, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 575/2013 e che, alla data di adozione del programma di risoluzione, il Banco Popular non era riuscito a ripristinare il rispetto di tale limite.

339    L’articolo 412, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 definisce il requisito in materia di copertura della liquidità come segue:

«Gli enti detengono attività liquide, la somma del cui valore copre i deflussi di liquidità meno gli afflussi di liquidità in condizioni di stress, al fine di assicurare che gli enti mantengano livelli di riserve di liquidità adeguati per far fronte a eventuali squilibri tra gli afflussi e i deflussi in condizioni di forte stress per un periodo di trenta giorni. Nei periodi di stress gli enti possono usare le attività liquide per coprire i deflussi netti di liquidità».

340    Dai suddetti elementi risulta che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, alla data della valutazione effettuata dalla BCE, il problema di liquidità del Banco Popular non poteva essere considerato solo temporaneo. Tale circostanza trova peraltro conferma nel fatto che, proprio a tale data, la banca stessa ha informato la BCE di essere in dissesto a causa di problemi di liquidità.

341    Inoltre, come osserva il CRU, questi diversi elementi figurano negli orientamenti dell’ABE, del 6 agosto 2015, sull’interpretazione delle diverse situazioni nelle quali un ente è considerato in dissesto o a rischio di dissesto ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 6, della direttiva 2014/59 (EBA/GL/2015/07) (in prosieguo: gli «orientamenti dell’ABE»).

342    Detti orientamenti, applicabili a partire dal 1° gennaio 2016, forniscono un insieme di elementi oggettivi per determinare se un ente sia in dissesto o a rischio di dissesto, secondo le situazioni previste all’articolo 32, paragrafo 4, lettere da a) a c), della direttiva 2014/59. La formulazione dell’articolo 32, paragrafo 4, lettera c), della direttiva 2014/59 è identica a quella dell’articolo 18, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014.

343    L’articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 806/2014 prevede che il CRU, il Consiglio e la Commissione si adoperino per conformarsi agli orientamenti e alle raccomandazioni dell’ABE relativi al tipo di compiti che devono svolgere.

344    Secondo gli orientamenti dell’ABE, un ente è considerato in dissesto o a rischio di dissesto, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 4, lettera c), della direttiva 2014/59, se viola i requisiti regolamentari in materia di liquidità, se non è in grado di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza, o se sussistono elementi oggettivi che consentano di concludere che ciò si verificherà nel prossimo futuro.

345    Tra gli elementi da considerare, gli orientamenti dell’ABE menzionano segnatamente, in primo luogo, significativi sviluppi negativi che interessano l’evoluzione della posizione di liquidità dell’ente e la sostenibilità economica del suo profilo di finanziamento, nonché la sua conformità con i requisiti minimi in materia di liquidità come previsti dal regolamento n. 575/2013, e con i requisiti aggiuntivi prescritti stabiliti ai sensi dell’articolo 105 del medesimo regolamento o con i requisiti minimi in materia di liquidità previsti dalla normativa nazionale; in secondo luogo, una significativa evoluzione negativa degli obblighi correnti e futuri dell’ente, la cui valutazione deve considerare, se del caso, i deflussi di liquidità attesi ed eccezionali, compresi i segnali emergenti di potenziali assalti agli sportelli; in terzo luogo, gli sviluppi che rischiano di danneggiare gravemente la reputazione dell’ente, in particolare significativi declassamenti del rating da parte di una o più agenzie di rating se conducono a deflussi sostanziali o all’incapacità di rinnovare il finanziamento o all’attivazione di clausole contrattuali (contractual triggers) basate sui rating esterni.

346    I diversi elementi presi in considerazione dalla BCE e dal CRU, conformemente agli orientamenti dell’ABE, peraltro non contestati dai ricorrenti, hanno consentito di concludere che il Banco Popular era in dissesto o a rischio di dissesto, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014, alla data di adozione del programma di risoluzione.

347    In terzo luogo, i ricorrenti non possono sostenere che il rifiuto, da parte del CRU e della Commissione, di consentire loro l’accesso ai documenti su cui si sono fondati impedisse loro di eccepire utilmente argomenti diretti a contestare il soddisfacimento della condizione prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014.

348    Occorre, infatti, osservare che il rinvio alla valutazione della BCE all’interno del programma di risoluzione e, in particolare, il riferimento all’articolo 18, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014, figura nella versione del programma di risoluzione allegato all’atto introduttivo. In aggiunta, una versione non riservata della valutazione della BCE era disponibile sul sito Internet di quest’ultima il 14 agosto 2017, vale a dire prima del deposito della replica.

349    Così, come osservato dal CRU, gli elementi oggettivi su cui si fondavano le valutazioni che indicavano che il Banco Popular era in dissesto o a rischio di dissesto a causa della sua posizione di liquidità, erano contenute nel programma di risoluzione e nella valutazione della BCE, che erano a disposizione dei ricorrenti, quantomeno prima del deposito della replica.

350    Inoltre, come sostenuto dal CRU e come osservato dal Banco Santander in udienza, uno dei ricorrenti, quale membro del consiglio di amministrazione del Banco Popular, aveva accesso diretto alle informazioni relative allo sviluppo della situazione finanziaria del Banco Popular.

351    Ne consegue che il CRU e la Commissione non sono incorsi in un errore manifesto di valutazione nel ritenere che la condizione di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014 fosse soddisfatta.

352    Occorre pertanto respingere la prima parte.

 Sulla seconda parte, vertente sulla violazione dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014

353    I ricorrenti sostengono che gli elementi presenti nel programma di risoluzione non sono sufficienti per dimostrare il soddisfacimento della condizione prevista all’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014. A loro avviso, esistevano misure sotto forma di intervento del settore privato o di azione di vigilanza, diverse dalla risoluzione, che il CRU e la Commissione avrebbero dovuto esaminare.

354    All’articolo 3 del programma di risoluzione, il CRU, tenendo conto della valutazione della BCE, ha concluso che non esisteva alcuna misura alternativa idonea a evitare il dissesto del Banco Popular in tempi ragionevoli e che la condizione prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014 era soddisfatta.

355    Più in particolare, all’articolo 3.2 del programma di risoluzione, il CRU ha indicato che non si poteva ragionevolmente prospettare che qualsiasi misura alternativa sotto forma di intervento del settore privato avrebbe permesso di evitare il dissesto del Banco Popular. L’assenza di misure siffatte poteva essere dedotta, in particolare, dalle seguenti circostanze:

–        la banca stessa, in una lettera indirizzata alla BCE il 6 giugno 2017, avrebbe riconosciuto di essere a rischio di dissesto;

–        la procedura di vendita privata non aveva condotto a un risultato positivo entro un termine che consentisse alla banca di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza;

–        era poco probabile che la banca fosse in grado di raccogliere, nei tempi necessari, liquidità supplementari sufficienti mediante operazioni di mercato, operazioni della banca centrale o mediante misure previste nel suo fondo di riserva e nei suoi piani di rilancio;

–        un’assistenza di liquidità di emergenza sarebbe stata insufficiente, tenuto conto della rapidità del deterioramento della posizione di liquidità.

356    All’articolo 3.3 del programma di risoluzione, il CRU ha ritenuto che non si potesse ragionevolmente prospettare che misure sotto forma di azione di vigilanza, tra cui misure di intervento precoce, avrebbero permesso di evitare il dissesto del Banco Popular. Il CRU ha rilevato che, nella sua valutazione sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, la BCE aveva confermato che non erano disponibili misure sotto forma di azione di vigilanza o di intervento precoce che avrebbero potuto ripristinare la posizione di liquidità della banca in modo immediato e che avrebbero potuto consentirle di disporre di tempo sufficiente per attuare un’operazione imprenditoriale o un’altra soluzione. Le misure a disposizione della BCE in qualità di autorità competente, in forza della trasposizione a livello nazionale dell’articolo 104 della direttiva 2013/36 e degli articoli da 27 a 29 della direttiva 2014/59 o ai sensi dell’articolo 16 del regolamento n. 1024/2013, non potevano garantire che la banca sarebbe stata in grado di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza, tenuto conto dell’entità e della rapidità del deterioramento della posizione di liquidità osservato.

357    All’articolo 3.4 del programma di risoluzione, il CRU ha ritenuto che mancasse altresì qualsiasi prospettiva ragionevole che l’esercizio del potere di svalutazione e di conversione degli strumenti di capitale, ai sensi dell’articolo 21 del regolamento n. 806/2014, avrebbe permesso di evitare il dissesto del Banco Popular in tempi ragionevoli. In particolare, il CRU ha considerato che, poiché il Banco Popular si trovava in dissesto o a rischio di dissesto a causa della sua posizione di liquidità, la svalutazione e la conversione del capitale non sarebbero state sufficienti a ripristinare la liquidità della banca.

358    Nell’atto introduttivo, i ricorrenti sostengono che gli elementi presenti nella versione del programma di risoluzione pubblicata dal CRU, segnatamente, negli articoli da 3.1 a 3.4, sono in ampia misura occultati e sono pertanto insufficienti a dimostrare il soddisfacimento della condizione di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014.

359    A questo riguardo, basti osservare che le versioni contenenti meno parti occultate pubblicate dal CRU sul suo sito Internet in un momento successivo, il 2 febbraio e il 31 ottobre 2018, e quindi prima del deposito della replica, contenevano tali punti nella loro integralità.

360    Nella replica, i ricorrenti sostengono che il rifiuto del CRU e della Commissione di consentire loro di accedere ai documenti su cui essi si sono fondati impedisce loro di replicare agli argomenti sollevati nei controricorsi. I ricorrenti non precisano però quali siano gli argomenti cui non sarebbero in grado di replicare.

361    In primo luogo, i ricorrenti sostengono che il CRU avrebbe semplicemente «dedotto» da taluni fattori l’assenza di qualsiasi misura alternativa del settore privato, il che sarebbe insufficiente per soddisfare i requisiti di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014. Il primo fattore sarebbe la lettera inviata il 6 giugno 2017 alla BCE dal Banco Popular, con cui quest’ultimo comunicava di ritenere di essere a rischio di dissesto. Detta lettera non può essere invocata a fondamento della condizione di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento no 806/2014. Il secondo fattore sarebbe l’affermazione secondo cui la procedura di vendita privata non poteva concludersi in tempi tali da consentire al Banco Popular di pagare i propri debiti e le altre passività in scadenza. Orbene, detta procedura non si sarebbe conclusa a causa del CRU e del fatto che le dichiarazioni della sua presidente avrebbero contribuito ai problemi di liquidità del Banco Popular.

362    Per quanto attiene alla lettera del 6 giugno 2017 inviata dal Banco Popular alla BCE e citata ai precedenti punti 328 e 329, nel descrivere il contenuto di detta lettera nelle loro repliche alle memorie di intervento, i ricorrenti hanno riconosciuto che il consiglio di amministrazione del Banco Popular era giunto alla conclusione che la banca si trovava ad affrontare gravi problemi di liquidità e che era a rischio di dissesto.

363    Va osservato che, informando la BCE che il Banco Popular era a rischio di dissesto, il consiglio di amministrazione ha necessariamente ammesso che non esisteva più alcuna soluzione che consentisse di far fronte a tale situazione. Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il contenuto di detta lettera è quindi pertinente per valutare il soddisfacimento della condizione di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014.

364    Anche l’accertamento contenuto nel programma di risoluzione secondo cui la procedura di vendita privata non si era conclusa positivamente entro un termine che avrebbe consentito alla banca di pagare i propri debiti o le altre passività in scadenza, rappresenta un elemento di fatto pertinente che ha permesso al CRU di concludere che detta vendita non costituisse una misura del settore privato idonea ad evitare il dissesto del Banco Popular ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014.

365    Quanto all’argomento dedotto dai ricorrenti, secondo cui detta vendita privata non si sarebbe conclusa a causa del CRU e, segnatamente, delle dichiarazioni rese dalla sua presidente, basti osservare che esso si fonda su una mera supposizione priva di fondamento e che è, in ogni caso, inconferente. Infatti, in applicazione dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014, il CRU era tenuto a constatare l’assenza di soluzioni sotto forma di intervento del settore privato alternative alla risoluzione e ha osservato, in maniera oggettiva, che la procedura di vendita privata avviata dal Banco Popular non aveva avuto esito positivo. A tale riguardo, erano irrilevanti i motivi per cui detta soluzione sotto forma di intervento del settore privato non era praticabile.

366    Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, dagli articoli da 3.1 a 3.4 del programma di risoluzione emerge peraltro che il CRU non si è fondato soltanto su detti due elementi per riconoscere l’impossibilità di ricorrere a qualsiasi misura alternativa sotto forma di intervento del settore privato. Il CRU ha altresì constatato che era poco probabile che la banca fosse in grado di raccogliere, nei tempi necessari, liquidità supplementari sufficienti mediante operazioni di mercato, operazioni della banca centrale o mediante misure previste nel suo fondo di riserva e nei suoi piani di rilancio e che un’assistenza di liquidità di emergenza sarebbe stata insufficiente alla luce della rapidità del deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular.

367    In secondo luogo, i ricorrenti sostengono che il CRU non ha fornito alcun elemento di prova a supporto dell’affermazione contenuta nel programma di risoluzione secondo cui non si poteva ragionevolmente prospettare che misure sotto forma di azione di vigilanza, tra cui misure di intervento precoce, avrebbero permesso di evitare il dissesto del Banco Popular. Il CRU non avrebbe preso in considerazione la possibilità di un’assistenza di liquidità di emergenza che avrebbe fornito tempo sufficiente per portare a termine la procedura di vendita privata o per assicurarsi che non esistessero misure alternative sotto forma di intervento del settore privato, quali la vendita di attività o un aumento di capitale. Secondo la perizia allegata all’atto introduttivo, il Banco Popular disponeva di garanzie sufficienti a giustificare la concessione di un’assistenza di liquidità di emergenza e la risoluzione avrebbe potuto essere evitata.

368    I ricorrenti sostengono che dalle due lettere della Banca di Spagna alla BCE del 5 giugno 2017 si evince che al Banco Popular era stata rilasciata una garanzia che giustificava la concessione dell’importo totale della liquidità di emergenza richiesta. La Banca di Spagna avrebbe indicato che detta assistenza di liquidità di emergenza sarebbe stata sufficiente per rispondere alle esigenze di liquidità del Banco Popular a breve termine. La BCE avrebbe approvato l’erogazione dell’assistenza di liquidità di emergenza e il suo ammontare avrebbe consentito al Banco Popular di concludere la sua procedura di vendita o il suo programma di aumento di capitale. I ricorrenti indicano di ignorare per quale motivo l’assistenza di liquidità di emergenza, approvata dal Banca di Spagna e dalla BCE, non sia stata accordata. Essi osservano che la Banca di Spagna ha revocato la propria approvazione di detta assistenza di liquidità di emergenza solo dopo che la BCE aveva dichiarato il dissesto o il rischio di dissesto del Banco Popular.

369    Occorre rilevare che, il 6 giugno 2017, nella sua valutazione sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, la BCE ha considerato che, sebbene il Banco Popular avesse elaborato varie misure per generare liquidità supplementare nelle settimane precedenti e avesse iniziato ad attuarle, l’entità degli afflussi realizzati e ancora attesi era insufficiente a porre rimedio al deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular alla data della valutazione. La BCE ha indicato che, anche con il ricorso all’assistenza di liquidità di emergenza cui il consiglio direttivo della BCE, il 5 giugno 2017, non aveva obiettato, la liquidità a tale data non era sufficiente a garantire la capacità del Banco Popular di pagare le proprie passività al più tardi entro il 7 giugno 2017.

370    Al considerando 26, lettera c), del programma di risoluzione, il CRU ha constatato che, il 5 giugno 2017, il Banco Popular aveva ricevuto una prima assistenza di liquidità di emergenza, a seguito dell’assenza di obiezioni da parte della BCE, ma che la Banca di Spagna non era stata in grado di concedergli un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare.

371    A tale riguardo, occorre notare che, in una lettera del 5 giugno 2017, la Banca di Spagna ha chiesto alla BCE il suo accordo per concedere un’assistenza di liquidità di emergenza al Banco Popular per far fronte alla grave crisi di liquidità di cui quest’ultimo soffriva. Orbene, sin dallo stesso giorno, la Banca di Spagna ha inviato una nuova lettera alla BCE contenente una domanda di estensione dell’assistenza di liquidità di emergenza a favore del Banco Popular, in quanto quest’ultimo l’aveva informata di movimenti di liquidità estremamente significativi. Queste due lettere trasmesse lo stesso giorno alla BCE rivelano la rapidità con cui la posizione di liquidità del Banco Popular si era deteriorata.

372    Il CRU ha così constatato, all’articolo 3.2, lettera d), del programma di risoluzione, che un’assistenza di liquidità di emergenza sarebbe stata insufficiente alla luce della rapidità del deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular.

373    Va osservato che, il giorno successivo a detta prima assistenza di liquidità di emergenza, vale a dire il 6 giugno 2017, a causa dell’entità e della rapidità dei prelievi di liquidità, la BCE e il consiglio di amministrazione del Banco Popular hanno concluso che la banca non sarebbe più stata in grado di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza il 7 giugno 2017. Pertanto, essendo stato accertato il dissesto del Banco Popular, non era più ipotizzabile un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare.

374    Inoltre, va ricordato che il CRU non svolge alcun ruolo nell’erogazione dell’assistenza di liquidità di emergenza, che rientra nella competenza delle banche centrali nazionali.

375    Di conseguenza, nel programma di risoluzione, il CRU ha potuto solamente constatare, da un lato, che la BCE, nella sua valutazione sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, aveva ritenuto che l’assistenza di liquidità di emergenza da essa approvata non consentisse di risolvere la crisi di liquidità del Banco Popular e, dall’altro, che la Banca di Spagna non aveva concesso un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare al Banco Popular.

376    Il CRU non poteva pertanto prendere in considerazione una soluzione che non rientrava nella sua competenza e che non era più ipotizzabile a partire dal momento in cui la BCE e il Banco Popular stesso avevano ritenuto che la banca fosse in dissesto o a rischio di dissesto.

377    Ne consegue che i ricorrenti non possono addebitare al CRU di non aver preso in considerazione la possibilità di un’assistenza di liquidità di emergenza che avrebbe fornito tempo sufficiente per adottare una misura del settore privato, per portare a termine la procedura di vendita privata o per assicurarsi che non esistessero misure alternative sotto forma di intervento del settore privato.

378    Per quanto concerne l’argomento sollevato dai ricorrenti secondo cui essi ignoravano per quale motivo la Banca di Spagna non avesse accordato l’assistenza di liquidità di emergenza supplementare, basti osservare che si tratta di un argomento inconferente. Infatti, posto che il CRU poteva solo prendere atto del rifiuto da parte della Banca di Spagna di concedere l’assistenza di liquidità di emergenza supplementare al Banco Popular, i motivi di detto rifiuto non rilevano ai fini della valutazione della legittimità delle decisioni impugnate.

379    Ne consegue che non rileva neppure la perizia del 3 agosto 2017, allegata all’atto introduttivo e contenente un’analisi del programma di risoluzione, nella misura in cui essa dimostrerebbe, a parere dei ricorrenti, che il Banco Popular disponeva di garanzie sufficienti per beneficiare di un’assistenza di liquidità di emergenza.

380    Pertanto, diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, un’assistenza di liquidità di emergenza non rappresentava una misura alternativa alla risoluzione.

381    In terzo luogo, i ricorrenti sostengono che esistevano soluzioni sotto forma di intervento del settore privato idonee a risolvere i problemi di liquidità del Banco Popular e ad essere attuate entro un termine ragionevole. Essi elencano una serie di misure, affermando che esse avrebbero potuto essere attuate se la Banca di Spagna fosse stata autorizzata a concedere la totalità dell’assistenza di liquidità di emergenza richiesta.

382    Come sottolineato dal Banco Santander, tali soluzioni si fondavano sulla premessa errata che il Banco Popular avrebbe potuto beneficiare il 6 giugno 2017 di un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare.

383    Va osservato che, nella misura in cui si è constatato che, nel programma di risoluzione, il CRU ha potuto solo prendere atto del fatto che la Banca di Spagna non era stata nella condizione di concedere un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare al Banco Popular, i ricorrenti non hanno dimostrato la fattibilità delle soluzioni sotto forma di intervento del settore privato da essi invocate.

384    In ogni caso, i ricorrenti non hanno provato che le soluzioni da essi invocate potessero essere attuate in tempi sufficientemente brevi da consentire al Banco Popular di far fronte al suo problema di liquidità e di non essere dichiarato, il 6 giugno 2017, in dissesto o a rischio di dissesto.

385    In primo luogo, i ricorrenti sostengono che, in occasione della loro riunione annuale del 10 aprile 2017, gli azionisti del Banco Popular hanno approvato una delega a favore del consiglio di amministrazione nell’ottica di autorizzare un aumento di capitale pari al 50% del capitale sociale della banca. Essi si fondano anche su taluni documenti prodotti in allegato all’atto introduttivo, segnatamente le dichiarazioni di due di loro, i sigg. Del Valle Ruiz e Ruiz Sacristán, secondo i quali importanti parti interessate erano pronte a eseguire considerevoli apporti di capitale per aiutare il Banco Popular a superare i suoi problemi di liquidità a breve termine. Tali apporti di capitale avrebbero ristabilito la fiducia nella banca e avrebbero concesso più tempo per portare a termine la procedura di vendita privata.

386    Essi osservano altresì che, nel maggio 2017, la Deutsche Bank aveva stimato che il Banco Popular necessitasse di un apporto di capitale di 4 miliardi di EUR e che il sig. Del Valle Ruiz e altri investitori erano pronti a partecipare nella misura del 50% di detto importo; che, il 3 giugno 2017, la Barclays Bank avrebbe proposto al Banco Popular di partecipare a detto aumento di capitale e che, il 5 giugno 2017, la Deutsche Bank avrebbe informato il Banco Popular di essere interessata a partecipare a detto aumento di capitale fino a un importo di 2 miliardi di EUR. Inoltre, a fine maggio 2017, la Pacific Investment Management Company LLC (PIMCO) si sarebbe impegnata a fornire sino a 300 milioni di EUR in caso di aumento di capitale.

387    Basti osservare che dalle dichiarazioni dei sigg. Del Valle Ruiz e Ruiz Sacristán allegate all’atto introduttivo, emerge che, alla data della risoluzione, il progetto di aumento di capitale da parte degli azionisti del Banco Popular si trovava solo in una fase preparatoria. Nell’atto introduttivo, i ricorrenti citano così un estratto dalla dichiarazione del sig. Del Valle Ruiz in cui egli indica di aver discusso, il 2 giugno 2017, con un altro investitore dell’organizzazione di una riunione con una banca di investimenti vertente sul modo migliore di strutturare l’aumento di capitale e in cui egli osserva che detta riunione era stata fissata per il 5 giugno 2017.

388    Per quanto concerne le lettere della Barclays Bank e della Deutsche Bank, esse non contengono alcun impegno vincolante di dette banche a procedere a un aumento di capitale del Banco Popular, ma riflettono semplici discussioni su un potenziale futuro aumento di capitale. Tali lettere rivelano che, alla data del loro invio, il progetto di aumento di capitale del Banco Popular era ancora soltanto in una fase di elaborazione molto precoce.

389    Infatti, nella sua lettera del 3 giugno 2017 al Banco Popular, allegata in estratto alla replica, la Barclays Bank fa riferimento unicamente a recenti discussioni riguardanti un aumento di capitale, il cui scopo sarebbe stato, per il Banco Popular, quello di soddisfare il suo fabbisogno di accantonamenti supplementari e di raggiungere livelli di capitale notevolmente più elevati, al fine di mitigare le sfide derivanti da una particolare esposizione in materia immobiliare e da altre attività in sofferenza, cui esso doveva far fronte. Pertanto, nell’estratto di tale lettera, da un lato, nulla indica che la Barclays Bank fosse disposta a partecipare a siffatto aumento di capitale e, dall’altro lato, quest’ultima non menziona la crisi di liquidità che il Banco Popular stava affrontando e non propone alcuna soluzione per porvi rimedio.

390    Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 7 ottobre 2019, i ricorrenti hanno prodotto una versione integrale di detta lettera come nuova prova ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

391    A norma dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura, in via eccezionale, le parti principali possono ancora produrre prove od offerte di prova prima della chiusura della fase orale del procedimento, a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato.

392    Nella loro lettera del 7 ottobre 2019, i ricorrenti giustificano la produzione tardiva di detto documento sostenendo che esso è stato divulgato nei media ed è ormai di dominio pubblico, ma non lo era ancora alla data del deposito delle loro osservazioni sulle memorie di intervento, il 30 settembre 2019.

393    Orbene, occorre osservare che i ricorrenti non precisano in quale data tale documento sarebbe stato divulgato nei media. A questo proposito, nelle sue osservazioni su tale nuova produzione di elementi di prova, il CRU ha osservato che una versione integrale di detta lettera era stata pubblicata sul sito Internet di Diario16 il 9 aprile 2019.

394    Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, una versione integrale della lettera della Barclays Bank era di dominio pubblico prima del deposito delle loro osservazioni sulle memorie di intervento. I ricorrenti non hanno pertanto giustificato la tardività della produzione di detto documento, che deve essere respinto come irricevibile senza che sia necessario verificarne il valore probatorio.

395    In ogni caso, occorre osservare che il contenuto di detta lettera non corrobora l’argomento dedotto dai ricorrenti secondo cui un aumento di capitale rappresentava una valida alternativa e non dimostra che la Barclays Bank intendesse partecipare finanziariamente a un futuro aumento di capitale del Banco Popular. Infatti, in tale lettera, la Barclays Bank ha ribadito il suo sostegno al Banco Popular e ha indicato di essere in grado di assisterlo in questa importante operazione. Essa ha manifestato il proprio interesse a sottoscrivere come global coordinator o bookrunner per il 50% dell’operazione a condizioni di mercato. Essa ha aggiunto riserve giuridiche, confermate nel messaggio di posta elettronica accompagnatorio, indicando che «qualsiasi impegno o offerta riguardante una sottoscrizione di questo tipo si tradurrebbe in uno o più accordi separati da concludere tra il Banco Popular e [la stessa], sempre che le condizioni del mercato siano soddisfacenti, un controllo preventivo abbia dato buoni risultati, che le parti si siano accordate sulle condizioni e sui prezzi a tale data (...) e siano state ottenute tutte le autorizzazioni interne richieste». Infine, la Barclays Bank ha sottolineato che tale lettera non costituiva un’offerta di sottoscrivere l’operazione o qualsivoglia finanziamento e non mirava a creare un rapporto giuridico tra essa e il Banco Popular.

396    Nella sua lettera del 5 giugno 2017 al Banco Popular allegata alla replica, la Deutsche Bank menziona unicamente il suo interesse a garantire il 50% di un possibile aumento di capitale di 4 miliardi di EUR. La lettera indica soltanto che «vi sono evidentemente talune condizioni, ma la lettera si basa sulla nostra convinzione che, in circostanze che riteniamo possano essere soddisfatte realisticamente, potrebbe essere realizzato un aumento [di capitale] che stabilizzerebbe la banca». Tale lettera, quindi, non può essere interpretata nel senso che essa contenga un impegno definitivo della Deutsche Bank e non riguarda una soluzione diretta a risolvere la crisi di liquidità del Banco Popular.

397    Per quanto attiene all’affermazione dei ricorrenti riguardante la partecipazione della PIMCO a un aumento di capitale, essa si basa sulla citazione di un articolo di El Mundo dell’11 dicembre 2017. Basti osservare, al pari della Commissione, che, in detto articolo, è altresì indicato che la PIMCO non ha confermato le sue attività riguardanti il Banco Popular.

398    In secondo luogo, i ricorrenti sostengono che il Banco Popular si sarebbe altresì preparato a vendere attività non strategiche.

399    Basti osservare che detta mera affermazione contenuta nell’atto introduttivo non si fonda su alcun elemento di prova, poiché i documenti allegati alla replica cui i ricorrenti rimandano non riguardano piani di vendita di attività. In ogni caso, come osservato dai ricorrenti, si trattava di semplici piani di vendita. I ricorrenti non hanno quindi dimostrato che tali vendite di attività, che erano in una fase soltanto preparatoria, avrebbero potuto essere concluse nell’arco di qualche settimana e che avrebbero potuto intervenire entro un termine sufficiente per consentire al Banco Popular di reperire liquidità sufficiente per far fronte ai suoi impegni il 7 giugno 2017.

400    In terzo luogo, da un lato, i ricorrenti sostengono che la BBVA intendeva presentare un’offerta di acquisto del Banco Popular, ma che il CRU e il FROB non le avrebbero concesso tempo sufficiente per presentare un’offerta concorrenziale, e che le decisioni impugnate avrebbero impedito una vendita concorrenziale.

401    Questo argomento non è pertinente poiché la procedura di vendita del Banco Popular citata dai ricorrenti non riguarda una soluzione alternativa alla risoluzione, bensì la procedura di vendita organizzata dal FROB nel quadro della procedura di risoluzione.

402    Dall’altro lato, i ricorrenti sostengono che, se l’assistenza di liquidità di emergenza richiesta fosse stata concessa nella sua totalità, sarebbe stata presentata un’offerta di acquisto del Banco Popular a condizioni migliori; essi aggiungono che il Banco Santander era disposto a versare 200 milioni di EUR, ma ha ritirato la sua offerta dopo aver appreso di essere l’unico offerente.

403    Basti osservare che questo argomento si fonda sulla premessa errata della concessione al Banco Popular di un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare. Inoltre, è una supposizione priva di fondamento che il Banco Santander sarebbe stato disponibile a presentare un’offerta più elevata e che sarebbe stato informato di essere il solo offerente prima della conclusione della procedura di vendita organizzata dal FROB.

404    Da quanto precede risulta che i ricorrenti non hanno dimostrato che le misure alternative da loro invocate potevano essere attuate rapidamente e avrebbero potuto consentire al Banco Popular di ripristinare la propria posizione di liquidità in un termine sufficientemente breve; essi non hanno quindi provato che il CRU era incorso in un errore manifesto di valutazione nel ritenere che non esistessero, al 6 giugno 2017, misure alternative alla risoluzione idonee ad evitare il dissesto o il rischio di dissesto del Banco Popular.

405    I ricorrenti non possono quindi addebitare al CRU di non aver preso in considerazione le misure da essi invocate. Infatti, come osservato dalla Commissione e dal CRU, quest’ultimo poteva, a buon diritto, limitare la sua valutazione alle misure che potevano effettivamente essere attuate tenuto conto delle circostanze pertinenti e dei termini impartiti.

406    Il CRU non era pertanto tenuto a prendere in considerazione misure che non consentivano di risolvere il problema urgente legato al rapido deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular alla base del dissesto o del rischio di dissesto della banca.

407    Alla luce di quanto precede, il CRU e la Commissione non sono incorsi in un errore manifesto di valutazione ritenendo che la condizione di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014 fosse soddisfatta.

408    Occorre pertanto respingere la seconda parte e, conseguentemente, il quinto motivo di ricorso nel suo insieme in quanto infondato.

 Sul sesto motivo di ricorso, vertente sulla violazione dellarticolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014

409    I ricorrenti sostengono che il CRU e la Commissione hanno violato l’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 ritenendo che fossero soddisfatte le condizioni relative all’esercizio del potere di svalutazione e di conversione degli strumenti di capitale pertinenti. I ricorrenti richiamano gli argomenti sollevati nel quadro del quinto motivo di ricorso.

410    Basti osservare, al pari della Commissione, del CRU e del Regno di Spagna, che, nell’ambito del presente motivo di ricorso i ricorrenti si limitano a rinviare alle proprie argomentazioni sollevate nel quadro del quinto motivo di ricorso senza dedurre alcun nuovo motivo di ricorso volto specificamente a dimostrare una violazione dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014.

411    Pertanto, posto che il quinto motivo di ricorso è stato respinto, occorre respingere anche il sesto motivo di ricorso in quanto infondato.

 Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione degli articoli 41 e 47 della Carta

412    I ricorrenti sostengono che le decisioni impugnate violano, in primo luogo, il diritto di essere ascoltato e, in secondo luogo, il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, sanciti dagli articoli 41 e 47 della Carta.

 Sulla prima censura, relativa al diritto di essere ascoltato

413    I ricorrenti deducono che le decisioni impugnate non sono state loro notificate e lamentano di non aver avuto occasione di essere ascoltati prima della loro adozione. Orbene, le decisioni impugnate li priverebbero del loro diritto di proprietà ed essi avrebbero potuto presentare osservazioni in merito all’esistenza di misure sotto forma di azione di vigilanza o di intervento del settore privato alternative alla risoluzione. Essi aggiungono che, se avessero avuto la possibilità di presentare osservazioni nel corso della procedura, è probabile che il CRU e la Commissione avrebbero assunto una posizione diversa quanto al soddisfacimento delle condizioni per la risoluzione e alla valutazione del Banco Popular.

414    In via preliminare, dall’analisi della prima parte del primo motivo di ricorso emerge che il fatto che l’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 non preveda l’audizione degli azionisti dell’entità soggetta a un’azione di risoluzione costituisce una limitazione del diritto di essere ascoltato che, da un lato, è giustificata da una finalità di interesse generale – vale a dire, l’obiettivo di garantire la stabilità dei mercati finanziari di cui all’articolo 14 del regolamento n. 806/2014, in cui rientra anche l’obiettivo di assicurare la continuità delle funzioni essenziali dell’entità e la necessità di adottare con celerità una decisione una volta che siano soddisfatte le condizioni della risoluzione – e, dall’altro, rispetta il principio di proporzionalità, conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

415    Tuttavia, dalla giurisprudenza citata ai precedenti punti 121 e 122, risulta che il rispetto del diritto di essere ascoltato deve essere applicato in qualsiasi procedimento che possa sfociare in un atto lesivo, quand’anche la normativa applicabile non preveda espressamente una simile formalità.

416    Va anzitutto ricordato che il programma di risoluzione adottato dal CRU al termine della procedura prevista all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 ha ad oggetto la risoluzione del Banco Popular. Il programma di risoluzione ha quale unico destinatario il FROB e il Banco Popular deve essere considerato come la persona nei cui confronti è stata adottata una misura individuale e nei cui confronti il diritto di essere ascoltato è garantito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta.

417    Si deve quindi tener conto del fatto che i ricorrenti, nella loro qualità di azionisti o di detentori di obbligazioni del Banco Popular, non sono destinatari del programma di risoluzione, che non rappresenta una decisione individuale adottata nei loro confronti, né della decisione 2017/1246 che approva detto programma di risoluzione.

418    Tuttavia, è opportuno rilevare che, conformemente all’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, il CRU ha esercitato il potere di svalutare e convertire gli strumenti di capitale del Banco Popular.

419    Pertanto, la procedura seguita dal CRU per adottare il programma di risoluzione, anche se non costituisce un procedimento individuale avviato nei confronti dei ricorrenti, può portare all’adozione di una misura che può incidere in modo negativo sui loro interessi nella loro qualità di azionisti o di detentori di strumenti di capitale del Banco Popular.

420    Orbene, la giurisprudenza della Corte, citata al precedente punto 121, ha accolto un’interpretazione estensiva del diritto di essere ascoltato, secondo cui quest’ultimo è garantito a chiunque nel corso del procedimento che possa sfociare in un atto lesivo nei suoi confronti.

421    Tuttavia, occorre ricordare anche che, a norma dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, citato al precedente punto 131 e della giurisprudenza menzionata al precedente punto 132, nell’ipotesi in cui i ricorrenti possano avvalersi del diritto di essere ascoltati sancito dalla Carta nell’ambito della procedura di risoluzione del Banco Popular, tale diritto può essere soggetto a limitazioni. In particolare, la mancata audizione dei ricorrenti, nella loro qualità di azionisti e di detentori di strumenti di capitale del Banco Popular, nell’ambito della procedura di risoluzione, tanto da parte del CRU quanto da parte della Commissione, poteva essere giustificata.

422    Nel caso di specie, all’articolo 4.2 del programma di risoluzione, il CRU ha indicato che la risoluzione del Banco Popular era necessaria e proporzionata alla realizzazione di due obiettivi di cui all’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014, ossia evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria e garantire la continuità delle funzioni essenziali del Banco Popular.

423    A questo riguardo, all’articolo 4.4.2 del programma di risoluzione, il CRU ha spiegato di aver concluso che la situazione del Banco Popular comportava un rischio crescente di effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria in Spagna, basandosi su diversi elementi. Tra tali elementi figurano, in primo luogo, le dimensioni e l’importanza del Banco Popular, che costituiva la società madre del sesto gruppo bancario spagnolo, con un importo totale delle attività di 147 miliardi di EUR, e che è stato designato nel 2017 dalla Banca di Spagna come un ente di importanza sistemica. Il CRU ha rilevato, in particolare, che il Banco Popular era uno dei principali operatori del mercato in Spagna, con una quota di mercato significativa nel segmento delle piccole e medie imprese (PMI) e che deteneva una quota di mercato relativamente elevata dei depositi (quasi il 6%) e un gran numero di clienti al dettaglio (circa 1,4 milioni) in tutta la Spagna. In secondo luogo, il CRU ha preso in considerazione la natura dell’attività del Banco Popular, che si articolava intorno alle attività di banca commerciale e si concentrava principalmente sull’offerta di finanziamento, sulla gestione del risparmio e sui servizi ai privati, alle famiglie e alle imprese (in particolare le PMI). Secondo il CRU, la somiglianza tra il modello di impresa del Banco Popular e quello di altre banche commerciali spagnole poteva contribuire alla possibilità di contagio indiretto nei confronti di tali banche, le quali avrebbero potuto essere percepite come confrontate con le medesime difficoltà.

424    All’articolo 4.4 del programma di risoluzione, il CRU ha individuato tre funzioni essenziali del Banco Popular, ai sensi dell’articolo 6 del regolamento delegato 2016/778, ossia la raccolta di depositi presso famiglie e società non finanziarie, i prestiti alle PMI e i servizi di pagamento in contanti.

425    Va osservato che, nel quinto motivo di ricorso, i ricorrenti hanno dedotto una violazione dell’articolo 18, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento n. 806/2014, ma non hanno contestato che il programma di risoluzione fosse necessario nell’interesse pubblico ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), di detto regolamento.

426    Orbene, a norma dell’articolo 18, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014, l’azione di risoluzione è considerata nell’interesse pubblico se è necessaria al conseguimento di uno o più obiettivi della risoluzione di cui all’articolo 14 del regolamento de quo ed è ad essi proporzionata e se la liquidazione dell’ente con procedura ordinaria di insolvenza non consentirebbe di realizzare tali obiettivi nella stessa misura.

427    Così, i ricorrenti non contestano che il programma di risoluzione fosse necessario e proporzionato al fine di evitare gli effetti negativi significativi del dissesto del Banco Popular sulla stabilità finanziaria dell’Unione e al fine di garantire la continuità delle sue funzioni essenziali.

428    Di conseguenza, la procedura di risoluzione del Banco Popular perseguiva un obiettivo diretto a garantire la stabilità dei mercati finanziari che, in linea con l’analisi compiuta con riferimento alla prima censura del primo motivo di ricorso, costituisce un obiettivo di interesse generale idoneo a giustificare una limitazione del diritto di essere ascoltato dei ricorrenti, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

429    Inoltre, dall’analisi del primo motivo di ricorso emerge altresì che quando un’entità soddisfa le condizioni che richiedono l’adozione di un’azione di risoluzione, l’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 prevede che una decisione debba essere adottata entro un termine molto breve.

430    Pertanto, nel caso di specie, a partire dal momento in cui la BCE ha constatato che il Banco Popular era in dissesto o a rischio di dissesto e in cui il CRU ha ritenuto che le condizioni previste dall’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 fossero soddisfatte, il programma di risoluzione doveva essere adottato il più rapidamente possibile.

431    Tale celerità nell’adozione della decisione era giustificata dalla necessità di garantire la continuità delle funzioni essenziali del Banco Popular e da quella di evitare effetti negativi significativi della situazione di quest’ultimo sui mercati finanziari, in particolare attraverso la prevenzione del contagio. Nel caso di specie, poiché il dissesto del Banco Popular era intervenuto in un giorno infrasettimanale, era necessario completare la procedura e adottare la decisione prima dell’apertura dei mercati la mattina del 7 giugno 2017.

432    Come evidenziato dall’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona, al paragrafo 80 delle sue conclusioni nelle cause riunite ABLV Bank e a./BCE (C‑551/19 P e C‑552/19 P, EU:C:2021:16), la celerità con la quale tali istituzioni e agenzie dell’Unione devono assumere le loro decisioni è necessaria onde evitare l’impatto negativo sui mercati finanziari della risoluzione dell’istituto bancario e tale celerità le obbliga di fatto ad avere «pronta» la decisione prima di avviare la procedura, approfittando della chiusura dei mercati mobiliari.

433    I ricorrenti non possono quindi limitarsi ad affermare che il CRU e la Commissione non hanno giustificato la celerità con cui hanno adottato le decisioni impugnate.

434    Occorre inoltre ricordare che una previa audizione dei ricorrenti, che li informasse dell’esistenza di un’imminente azione di risoluzione, avrebbe comportato il rischio che essi adottassero comportamenti sul mercato che avrebbero aggravato la situazione finanziaria del Banco Popular. Una siffatta audizione avrebbe quindi potuto nuocere all’efficacia della prevista azione di risoluzione.

435    Si deve pertanto ritenere che l’audizione dei ricorrenti, prima dell’adozione del programma di risoluzione o prima dell’adozione della decisione 2017/1246, avrebbe comportato un rallentamento sostanziale della procedura e, pertanto, avrebbe compromesso tanto la realizzazione degli obiettivi dell’azione quanto la sua efficacia.

436    Da quanto precede risulta che la mancata audizione dei ricorrenti, nell’ambito della procedura che ha condotto all’adozione delle decisioni impugnate, costituiva una limitazione del diritto di essere ascoltati che era giustificata e necessaria per rispondere all’obiettivo di garantire la stabilità finanziaria e che rispettava il principio di proporzionalità, conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

437    Orbene, nella specie, dall’analisi del quinto motivo di ricorso emerge che il CRU e la Commissione non sono incorsi in un errore manifesto di valutazione ritenendo che le condizioni di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento n. 806/2014 fossero soddisfatte, vale a dire che il Banco Popular fosse in dissesto o a rischio di dissesto e che non si potesse ragionevolmente prospettare che qualsiasi misura alternativa sotto forma di intervento del settore privato o di azione di vigilanza avrebbe evitato il suo dissesto in tempi ragionevoli. In particolare, dall’analisi della seconda parte del quinto motivo di ricorso emerge che i ricorrenti non hanno dimostrato che esistessero misure alternative idonee a porre rimedio ai problemi di liquidità del Banco Popular e ad impedirne quindi la risoluzione.

438    I ricorrenti non possono quindi sostenere che, se avessero avuto la possibilità di presentare, nel corso della procedura, osservazioni in merito all’esistenza di misure sotto forma di azione di vigilanza o di intervento del settore privato, il programma di risoluzione non sarebbe stato adottato.

439    Quanto all’argomento dei ricorrenti secondo cui essi avrebbero dovuto essere ascoltati poiché le decisioni impugnate li priverebbero del loro diritto di proprietà, basti ricordare che dalla giurisprudenza citata ai precedenti punti da 160 a 162 emerge che una limitazione del diritto di proprietà degli azionisti e dei creditori dell’entità interessata non può giustificare un obbligo di concedere loro un diritto di essere ascoltati.

440    Alla luce di quanto precede, occorre respingere la prima censura.

 Sulla seconda censura, relativa al diritto a una tutela giurisdizionale effettiva

441    I ricorrenti sostengono che, tenuto conto dei termini di ricorso previsti all’articolo 263 TFUE, essi sarebbero stati costretti a proporre un ricorso senza aver ricevuto gli elementi di prova a fondamento delle decisioni impugnate, il che lederebbe il principio della tutela giurisdizionale effettiva. In sede di replica, essi osservano che il CRU e la Commissione continuerebbero a negare l’accesso ai documenti su cui questi ultimi hanno fondato le decisioni impugnate e le loro memorie di replica, impedendo ai ricorrenti di esercitare adeguatamente il loro diritto di ricorso, e al Tribunale il suo controllo.

442    Va ricordato che, per quanto concerne il principio della tutela giurisdizionale effettiva, l’articolo 47, primo comma, della Carta enuncia che ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel suddetto articolo. Dalla giurisprudenza della Corte emerge che l’efficacia del controllo giurisdizionale garantito dalla disposizione di cui trattasi richiede, in particolare, che l’interessato possa difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e decidere, con piena cognizione di causa, se gli sia utile adire il giudice competente con un’azione diretta contro una determinata entità (v. sentenza del 29 aprile 2021, Banco de Portugal e a., C‑504/19, EU:C:2021:335, punto 57 e giurisprudenza ivi citata). L’esistenza stessa di un controllo giurisdizionale effettivo, destinato ad assicurare il rispetto delle disposizioni del diritto dell’Unione, è intrinseca all’esistenza di uno Stato di diritto (v. sentenza del 6 ottobre 2020, Bank Refah Kargaran/Consiglio, C‑134/19 P, EU:C:2020:793, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

443    Si deve sottolineare che l’efficacia del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta presuppone che l’interessato possa conoscere la motivazione della decisione adottata nei suoi confronti, vuoi in base alla lettura della decisione stessa, vuoi a seguito di comunicazione della motivazione effettuata su sua richiesta, fermo restando il potere del giudice competente di richiedere all’autorità di cui trattasi la comunicazione della motivazione medesima, al fine di consentire all’interessato di difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se gli sia utile adire il giudice competente, e per permettere pienamente a quest’ultimo di esercitare il controllo sulla legittimità della decisione nazionale in questione (v. sentenze del 26 aprile 2018, Donnellan, C‑34/17, EU:C:2018:282, punto 55 e giurisprudenza ivi citata; del 24 novembre 2020, Minister van Buitenlandse Zaken, C‑225/19 e C‑226/19, EU:C:2020:951, punto 43 e giurisprudenza ivi citata, e del 3 febbraio 2021, Ramazani Shadary/Consiglio, T‑122/19, non pubblicata, EU:T:2021:61, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

444    Nel caso di specie, va ricordato che una versione non riservata del programma di risoluzione è stata pubblicata sul sito Internet del CRU l’11 luglio 2017 e che la decisione 2017/1246 è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea l’11 luglio 2017. I ricorrenti, avendo avuto accesso a tali documenti, hanno potuto contestarli dinanzi al Tribunale con il presente ricorso, proposto sulla base dell’articolo 263 TFUE, il che comprova l’esistenza del loro diritto a un ricorso effettivo.

445    Occorre inoltre ricordare che, in data 2 febbraio e 31 ottobre 2018, vale a dire prima del deposito della memoria di replica, il CRU ha pubblicato sul suo sito Internet la valutazione 1 e versioni del programma di risoluzione e della valutazione 2 contenenti meno parti occultate. Tali pubblicazioni erano dirette a consentire al pubblico di accedere a parti di detti documenti che erano state inizialmente considerate riservate. I ricorrenti avevano quindi l’opportunità di integrare i loro argomenti tenendo conto delle nuove informazioni risultanti da tali pubblicazioni.

446    In primo luogo, i ricorrenti addebitano al CRU di non aver consentito loro di accedere alle versioni integrali del programma di risoluzione e della valutazione 2.

447    A tale riguardo, va ricordato che i ricorrenti non sono destinatari del programma di risoluzione, che è indirizzato al FROB. I ricorrenti devono essere considerati come soggetti terzi e non hanno quindi diritto alla comunicazione del programma di risoluzione.

448    In forza dell’articolo 29, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014, il CRU pubblica sul suo sito Internet ufficiale una copia del programma di risoluzione oppure un avviso che riassuma gli effetti dell’azione di risoluzione, in particolare sui clienti al dettaglio.

449    Nel caso di specie, il 7 giugno 2017, il CRU ha pubblicato sul suo sito Internet una comunicazione che informava dell’adozione del programma di risoluzione accompagnata da un documento che riassumeva gli effetti della risoluzione conformemente all’articolo 29, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014. Inoltre, in data 11 luglio 2017, il CRU ha pubblicato una versione non riservata del programma di risoluzione. Il CRU ha altresì pubblicato sul suo sito Internet, il 2 febbraio 2018 e poi il 31 ottobre 2018, versioni non riservate, e con meno parti occultate, del programma di risoluzione e della valutazione 2.

450    L’articolo 88, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014 prevede inoltre quanto segue:

«Prima che le informazioni siano divulgate il [CRU] si assicura che non contengano alcuna informazione riservata valutando i possibili effetti di tale divulgazione sull’interesse pubblico per quanto concerne la politica finanziaria, monetaria o economica, sugli interessi commerciali delle persone fisiche e giuridiche, sulle finalità delle ispezioni, sulle indagini e sugli audit. La procedura di verifica degli effetti generati dal divulgare le informazioni comprende una specifica valutazione delle conseguenze di un’eventuale divulgazione del contenuto e dei dettagli relativi ai piani di risoluzione di cui agli articoli 8 e 9, all’esito di eventuali valutazioni effettuate a norma dell’articolo 10 o al programma di risoluzione di cui all’articolo 18».

451    Tale disposizione prevede espressamente l’obbligo per il CRU di assicurarsi, prima della pubblicazione o della comunicazione a un terzo del programma di risoluzione, che quest’ultimo non contenga alcuna informazione riservata. Quest’obbligo si applica anche alla valutazione 2, che costituisce un allegato del programma di risoluzione e che ne forma parte integrante ai sensi dell’articolo 12.2 di detto programma.

452    A questo proposito, si deve rilevare che la Corte ha già statuito che una decisione della Commissione che dichiari insussistente un presunto aiuto di Stato segnalato da un denunciante può, alla luce dell’obbligo di rispettare il segreto commerciale, essere sufficientemente motivata senza contenere l’insieme dei dati numerici sui quali si basa il ragionamento di tale istituzione (v., in tal senso, sentenza del 1° luglio 2008, Chronopost e La Poste/UFEX e a., C‑341/06 P e C‑342/06 P, EU:C:2008:375, punti da 108 a 111). Pertanto, una versione non riservata di una siffatta decisione, qualora faccia emergere in maniera chiara e non equivoca l’iter logico seguito da detta istituzione nonché il metodo da essa impiegato, onde consentire agli interessati di conoscere le ragioni e al Tribunale di esercitare il suo controllo nei loro confronti, è sufficiente a soddisfare l’obbligo di motivazione gravante sulla medesima istituzione (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2016, Club Hotel Loutraki e a./Commissione, C‑131/15 P, EU:C:2016:989, punto 55).

453    Inoltre, per quanto riguarda gli elementi economici utilizzati dalla Deloitte nella valutazione 2 e presi in considerazione dal CRU nel programma di risoluzione, è innegabile che essi richiedano valutazioni tecniche complesse. Poiché il programma di risoluzione faceva emergere il ragionamento seguito dal CRU con chiarezza sufficiente a consentire di contestarne successivamente la fondatezza dinanzi alla giurisdizione competente, sarebbe eccessivo esigere una motivazione specifica per ciascuna delle scelte tecniche o per ciascuno dei dati numerici sui quali si basa tale ragionamento (v., per analogia, sentenza del 1° luglio 2008, Chronopost e La Poste/UFEX e a., C‑341/06 P e C‑342/06 P, EU:C:2008:375, punto 108 e giurisprudenza ivi citata).

454    Orbene, da un lato, i ricorrenti non contestano il fatto che il programma di risoluzione e la valutazione 2 contengano informazioni riservate che il CRU è tenuto a proteggere. Dall’altro lato, essi non hanno precisato in quale misura i dati economici rimasti occultati nelle versioni non riservate del programma di risoluzione e della valutazione 2 fossero necessari ai fini della comprensione del programma di risoluzione e dell’esercizio del loro diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo.

455    Pertanto, si deve ritenere che i ricorrenti non possono far valere un diritto di ricevere una comunicazione delle versioni integrali del programma di risoluzione e della valutazione 2.

456    In secondo luogo, contestando la mancata comunicazione da parte del CRU e della Commissione, prima dell’adozione delle decisioni impugnate, dei documenti sui quali essi si sono fondati per adottare tali decisioni, i ricorrenti deducono una violazione del diritto di accesso al fascicolo sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta.

457    L’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta, vertente sul diritto a una buona amministrazione, prevede che tale diritto comprende il diritto di ogni persona di accedere al fascicolo che la riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale e commerciale.

458    Il diritto di accesso al fascicolo è previsto dall’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014, ai sensi del quale:

«Le persone oggetto delle decisioni del [CRU] hanno il diritto di accedere al fascicolo di quest’ultimo, fermo restando il legittimo interesse di altre persone alla tutela dei rispettivi segreti aziendali. Il diritto di accesso al fascicolo non si estende alle informazioni riservate né ai documenti interni preparatori del [CRU]».

459    A tale proposito, occorre ricordare, sotto un primo profilo, che l’accesso al fascicolo nell’ambito dei procedimenti in materia di concorrenza ha lo scopo, in particolare, di permettere ai destinatari della comunicazione degli addebiti di prendere conoscenza degli elementi di prova contenuti nel fascicolo della Commissione, affinché essi possano pronunciarsi in modo efficace, sulla base di tali elementi, sulle conclusioni cui quest’ultima è pervenuta nella propria comunicazione degli addebiti. Questo diritto di accesso al fascicolo implica che la Commissione dia all’impresa interessata la possibilità di esaminare tutti i documenti contenuti nel fascicolo istruttorio che possono essere rilevanti ai fini della sua difesa. Questi ultimi comprendono tanto i documenti a carico quanto quelli a discarico, fatti salvi i segreti commerciali di altre imprese, i documenti interni della Commissione e altre informazioni riservate (v. sentenza del 14 maggio 2020, NKT Verwaltung e NKT/Commissione, C‑607/18 P, non pubblicata, EU:C:2020:385, punti 261 e 262 e giurisprudenza ivi citata).

460    Sotto un secondo profilo, conformemente a una costante giurisprudenza della Corte, il rispetto dei diritti della difesa nell’ambito di un procedimento dinanzi alla Commissione, avente ad oggetto l’irrogazione di un’ammenda ad un’impresa per violazione delle norme in materia di concorrenza, esige che l’impresa considerata sia stata posta in grado di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze allegati, nonché sui documenti di cui la Commissione ha tenuto conto per suffragare l’affermazione dell’esistenza di un’infrazione. Tali diritti sono previsti all’articolo 41, paragrafo 2, lettere a) e b), della Carta (v. sentenza del 28 novembre 2019, Brugg Kabel e Kabelwerke Brugg/Commissione, C‑591/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:1026, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

461    Sotto un terzo profilo, per quanto riguarda, più in generale, al rispetto del diritto della difesa proclamato all’articolo 41, paragrafo 2, della Carta, quest’ultimo comporta il diritto di essere ascoltati e il diritto di accedere al fascicolo nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza (v. sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 99 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 2 dicembre 2020, Kalai/Consiglio, T‑178/19, non pubblicata, EU:T:2020:580, punto 73).

462    Sotto un quarto profilo, occorre ricordare che la violazione del diritto di accesso agli atti nel corso del procedimento antecedente all’adozione della decisione può comportare, in linea di principio, l’annullamento della decisione medesima qualora siano stati pregiudicati i diritti della difesa [v. sentenze del 25 ottobre 2011, Solvay/Commissione, C‑109/10 P, EU:C:2011:686, punto 55 e giurisprudenza ivi citata, e del 15 luglio 2015, Akzo Nobel e a./Commissione, T‑47/10, EU:T:2015:506, punto 349 (non pubblicata) e giurisprudenza ivi citata].

463    Dalla giurisprudenza citata ai punti da 459 a 462 risulta che tanto il diritto di accesso al fascicolo sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta quanto, più specificamente, l’accesso al fascicolo nei procedimenti in materia di concorrenza, riguardano persone o imprese oggetto di procedimenti avviati o decisioni adottate nei loro confronti.

464    Orbene, nel caso di specie, da un lato, dall’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 emerge che il diritto di accesso al fascicolo riguarda l’entità oggetto del programma di risoluzione, ossia il Banco Popular, e non i suoi azionisti o i suoi creditori. Dall’altro lato, dall’esame della prima censura si evince che i ricorrenti non godevano di un diritto di essere ascoltati nell’ambito del procedimento che ha portato all’adozione del programma di risoluzione.

465    Pertanto, i ricorrenti non possono invocare un diritto di accesso al fascicolo.

466    D’altro canto, sia l’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta, sia l’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 prevedono che taluni dati possano essere protetti se riservati.

467    I ricorrenti non possono quindi sostenere che la mancata comunicazione da parte del CRU e della Commissione dei documenti sui quali essi si sono fondati durante il procedimento amministrativo che ha condotto all’adozione del programma di risoluzione costituisca una violazione del diritto di accesso al fascicolo sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta.

468    In terzo luogo, i ricorrenti affermano, sostanzialmente, di non aver potuto esercitare il loro diritto a un ricorso effettivo nella misura in cui non hanno avuto accesso ai documenti su cui il CRU e la Commissione si sono fondati nelle decisioni impugnate, successivamente alla loro adozione. Essi addebitano al CRU e alla Commissione di non aver allegato detti documenti al loro controricorso e di non aver spiegato per quale motivo detti documenti fossero riservati. Essi ritengono che, quand’anche detti documenti contenessero dati riservati, i loro rappresentanti avrebbero potervi accedere nel corso del presente procedimento.

469    Va osservato che nessuna disposizione garantisce ai ricorrenti un diritto di accesso alle versioni integrali del programma di risoluzione e della valutazione 2 o agli altri documenti su cui il CRU si sia fondato per adottare il programma di risoluzione, essendo quest’ultimo tenuto a tutelare la riservatezza di determinati dati.

470    Infatti, in forza dell’articolo 339 TFUE, dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta e dell’articolo 88, paragrafi 1 e 3, del regolamento n. 806/2014, il CRU e la Commissione hanno l’obbligo di tutelare i dati riservati di tutte le entità, compresi i segreti commerciali.

471    Inoltre, con riferimento alla direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio (GU 2004, L 145, pag. 1), la Corte ha dichiarato che il funzionamento efficace del sistema di controllo sull’attività delle imprese di investimento, fondato sulla sorveglianza esercitata nell’ambito di uno Stato membro e sullo scambio di informazioni tra le competenti autorità di diversi Stati membri, richiede che tanto le imprese sorvegliate quanto le autorità competenti possano avere la certezza che le informazioni riservate conservino in linea di principio il loro carattere riservato (v. sentenza del 19 giugno 2018, Baumeister, C‑15/16, EU:C:2018:464, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

472    La Corte ha ritenuto che l’assenza di una siffatta fiducia potrebbe compromettere la trasmissione agevole delle informazioni riservate necessarie per l’attività di vigilanza. È dunque al fine di tutelare non solo gli specifici interessi delle imprese direttamente coinvolte, ma anche l’interesse generale collegato al normale funzionamento dei mercati degli strumenti finanziari dell’Unione, che l’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva 2004/39 impone, come regola generale, l’obbligo di mantenere il segreto professionale (v. sentenza del 19 giugno 2018, Baumeister, C‑15/16, EU:C:2018:464, punti 32 e 33 e giurisprudenza ivi citata).

473    Orbene, occorre rilevare che l’articolo 88, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, relativo all’obbligo del segreto professionale dei membri del CRU, contiene una disposizione equivalente a quella dell’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva 2004/39.

474    Inoltre, dall’articolo 34, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 risulta che, ai fini dell’assolvimento dei propri compiti ai sensi di tale regolamento, il CRU può esigere, direttamente o attraverso le autorità nazionali di risoluzione previa informazione delle stesse, nonché avvalendosi appieno di tutte le informazioni a disposizione della BCE o delle autorità nazionali competenti, la comunicazione di tutte le informazioni necessarie per l’assolvimento dei compiti attribuitigli dal regolamento in parola, da parte, segnatamente, delle entità oggetto di un’azione di risoluzione. Il paragrafo 2 di tale articolo precisa che gli obblighi di segreto professionale non esentano le predette entità dall’obbligo di fornire le citate informazioni. L’articolo 34, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 prevede che il CRU sia in grado di ottenere, anche su base continuativa, tutte le informazioni necessarie per l’esercizio delle proprie funzioni ai sensi del regolamento medesimo, in particolare sul capitale, sulla liquidità, sulle attività e sulle passività relative a ogni ente soggetto ai suoi poteri di risoluzione.

475    Orbene, i documenti su cui il CRU si è fondato per adottare il programma di risoluzione, segnatamente i documenti relativi alla posizione di liquidità del Banco Popular, alla sua domanda di assistenza di liquidità di emergenza e alla valutazione da parte della BCE del suo stato di dissesto o rischio di dissesto, contengono informazioni riservate, in particolare segreti commerciali che il CRU è tenuto a proteggere.

476    Ne consegue che i ricorrenti non avevano diritto di accedere alla totalità dei documenti su cui il CRU e la Commissione si sono fondati per adottare le decisioni impugnate, nella misura in cui detti documenti possono contenere dati riservati, circostanza questa non contestata dai ricorrenti. I ricorrenti non possono pertanto basarsi su detto rifiuto di accesso a tali documenti per contestare una violazione della loro tutela giurisdizionale effettiva.

477    Del resto, per quanto attiene ai documenti che costituiscono, secondo i ricorrenti, la base delle decisioni impugnate e dei controricorsi, essi rinviano in allegato all’atto introduttivo alle loro diverse domande di accesso ai documenti trasmesse alla Commissione, al CRU e alla BCE, sulla base del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43). In sede di replica, essi si riferiscono al rifiuto, da parte del CRU e della Commissione, di concedere loro di accedere ai documenti richiesti nel quadro di detti procedimenti.

478    Basti osservare che le risposte a dette domande di accesso sono oggetto di un distinto ricorso dinanzi al Tribunale.

479    I ricorrenti si richiamano altresì alla loro domanda di misure di organizzazione del procedimento ai sensi dell’articolo 88 del regolamento di procedura, depositata presso la cancelleria del Tribunale il 9 ottobre 2018, con cui hanno chiesto che venisse ordinato al CRU e alla Commissione di produrre un certo numero di documenti il cui elenco è allegato alla domanda.

480    A tale riguardo, il Tribunale ha la facoltà di ordinare al CRU la produzione di qualsiasi documento che ritenga rilevante ai fini della decisione della controversia, avvalendosi di una misura di organizzazione del procedimento o di un mezzo istruttorio, in applicazione dell’articolo 91, lettera b), e dell’articolo 92, paragrafo 3, del regolamento di procedura. Tuttavia, conformemente all’articolo 103, paragrafo 1, del medesimo regolamento, il Tribunale può ritenere che determinate informazioni contenute in tali documenti abbiano carattere riservato e quindi decidere che esse non siano comunicate alle altre parti e, in particolare, ai ricorrenti.

481    Ne consegue che una decisione del Tribunale di ordinare la produzione di documenti non garantisce ai ricorrenti l’accesso all’integralità di tali documenti qualora il Tribunale ritenga che essi contengano dati riservati.

482    Inoltre, nel caso di specie, il 21 maggio 2021, il Tribunale, mediante un’ordinanza di mezzi istruttori, ha chiesto al CRU di produrre taluni documenti, tra cui le versioni riservate del programma di risoluzione, della valutazione 2 e della valutazione della BCE sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular. Ai sensi all’articolo 103 del regolamento di procedura, dopo aver esaminato il contenuto di tali documenti, il Tribunale ha ritenuto che gli elementi che rimanevano occultati nelle versioni di tali documenti pubblicate sui siti Internet del CRU e della BCE non fossero pertinenti ai fini della soluzione della presente controversia. Pertanto, con ordinanza del 16 giugno 2021, il Tribunale ha ritirato le versioni riservate di tali documenti dal fascicolo.

483    Infine, per quanto riguarda l’argomento dei ricorrenti concernente la mancanza di controllo giurisdizionale nel corso della procedura di risoluzione, basti ricordare che esso è stato respinto nel quadro dell’analisi della seconda parte del primo motivo di ricorso.

484    Occorre pertanto respingere la seconda censura e, conseguentemente, il secondo motivo di ricorso in quanto infondato.

 Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del diritto di proprietà

485    I ricorrenti sostengono che il CRU e la Commissione hanno violato, senza giustificazione e in maniera sproporzionata, il loro diritto di proprietà sancito dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta. Essi sostengono che la svalutazione del capitale sociale del Banco Popular e la svalutazione e conversione dei suoi strumenti di capitale hanno privato di ogni valore economico le azioni e le obbligazioni del Banco Popular da essi detenute.

486    La Commissione, il CRU, il Regno di Spagna e il Banco Santander deducono, in sostanza, che il diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta non è una prerogativa assoluta e può essere oggetto di restrizioni giustificate in nome di obiettivi di interesse generale, conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta. Le decisioni impugnate perseguirebbero un obiettivo di interesse generale, vale a dire quello di assicurare la stabilità del sistema finanziario, che giustifica una restrizione del diritto di proprietà dei ricorrenti.

487    L’articolo 17, paragrafo 1, della Carta prevede quanto segue:

«Ogni persona ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquisito legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità. Nessuna persona può essere privata della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa. L’uso dei beni può essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall’interesse generale».

488    Secondo una giurisprudenza costante, il diritto di proprietà garantito dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta non è una prerogativa assoluta e il suo esercizio può essere oggetto di restrizioni giustificate in nome di obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione. Ne consegue, come risulta dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, che possono apportarsi restrizioni all’esercizio del diritto di proprietà, a condizione che tali restrizioni siano effettivamente consone a obiettivi di interesse generale perseguiti e non costituiscano, rispetto allo scopo prefissato, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa del diritto così garantito (v. sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punti 69 e 70 e giurisprudenza ivi citata; sentenze del 16 luglio 2020, Adusbef e a., C‑686/18, EU:C:2020:567, punto 85, e del 23 maggio 2019, Steinhoff e a./BCE, T‑107/17, EU:T:2019:353, punto 100).

489    Di conseguenza, il diritto di proprietà non è un diritto assoluto ma, in conformità all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, citato al precedente punto 131, può essere soggetto a limitazioni previste dalla legge, laddove siano necessarie a finalità di interesse generale e proporzionate a tale obiettivo.

490    Va ricordato che, all’articolo 6 del programma di risoluzione, il CRU ha deciso, in applicazione dell’articolo 21 del regolamento n. 806/2014, di svalutare e di convertire gli strumenti di capitale del Banco Popular secondo le modalità precisate al precedente punto 73.

491    Inoltre, risulta, da un lato, dal considerando 61 del regolamento n. 806/2014 che è opportuno che le limitazioni dei diritti di azionisti e creditori siano conformi ai principi sanciti all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta e, dall’altro lato, dal considerando 62 dello stesso regolamento che l’interferenza nei diritti di proprietà non dovrebbe essere eccessiva.

492    A norma dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014 sui principi generali che disciplinano la risoluzione, gli azionisti dell’ente soggetto a risoluzione sostengono per primi le perdite.

493    A tale riguardo, la Corte ha dichiarato, per quanto concerne gli azionisti delle banche, che, secondo il regime generale applicabile allo status degli azionisti delle società per azioni, questi ultimi assumono in toto il rischio dei propri investimenti (sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 73).

494    Nel settore degli aiuti di Stato, la Corte ha affermato che, poiché gli azionisti sono responsabili per le passività della banca fino a concorrenza del capitale sociale della stessa, il fatto che i punti da 40 a 46 della comunicazione della Commissione relativa all’applicazione, dal 1° agosto 2013, delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria («La comunicazione sul settore bancario») (GU 2013, C 216, pag. 1) richiedano che, per rimediare alla sottocapitalizzazione di una banca, prima della concessione di un aiuto di Stato, detti azionisti contribuiscano a coprire le perdite subite dalla stessa nella medesima misura che si proporrebbe in assenza di un simile aiuto di Stato, non si può considerare come un elemento che incide sul loro diritto di proprietà (sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 74).

495    Occorre considerare, per analogia, che la decisione, nel programma di risoluzione, di svalutare e di convertire gli strumenti di capitale del Banco Popular di cui erano titolari i ricorrenti è la conseguenza del fatto che gli azionisti di un’entità devono sopportare i rischi connessi ai loro investimenti e del fatto che, essendo tale entità oggetto di un’azione di risoluzione a causa del suo dissesto, essi devono sopportarne le conseguenze economiche.

496    A tale riguardo, il Tribunale ha già dichiarato che una misura consistente nella riduzione del valore nominale delle azioni di una banca cipriota era proporzionata all’obiettivo perseguito da detta misura. Esso ha rilevato, anzitutto, che detta misura era intesa a contribuire alla ricapitalizzazione della banca ed era idonea a contribuire all’obiettivo consistente nell’assicurare la stabilità del sistema finanziario cipriota e della zona euro nel suo complesso. Esso ha poi constatato che detta misura non superava i limiti di ciò che era idoneo e necessario al conseguimento di tale obiettivo, posto che eventuali alternative meno restrittive o non erano realizzabili o non avrebbero consentito di conseguire i risultati attesi. Infine, esso ha ritenuto che, alla luce dell’importanza dell’obiettivo perseguito, la misura in questione non generasse inconvenienti sproporzionati. Esso ha ricordato, a tale riguardo, che gli azionisti delle banche si assumono pienamente il rischio dei loro investimenti (sentenza del 13 luglio 2018, K. Chrysostomides & Co. e a./Consiglio e a., T‑680/13, EU:T:2018:486, punto 330).

497    Date le circostanze, il Tribunale ha concluso che non si può ritenere che la riduzione del valore nominale delle azioni di detta banca costituisse un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa del diritto di proprietà degli azionisti (sentenza del 13 luglio 2018, K. Chrysostomides & Co. e a./Consiglio e a., T‑680/13, EU:T:2018:486, punto 331).

498    Va ricordato, inoltre, che dalla giurisprudenza citata al precedente punto 137 risulta che i servizi finanziari svolgono un ruolo centrale nell’economia dell’Unione e che la grave difficoltà di una o più banche rischia di propagarsi rapidamente ad altre banche, vuoi nello Stato membro interessato, vuoi in altri Stati membri.

499    La Corte ha già dichiarato che, considerato l’obiettivo di assicurare la stabilità del sistema bancario nella zona euro, e alla luce del rischio imminente di perdite finanziarie cui sarebbero stati esposti i depositanti presso le banche interessate in caso di fallimento di queste ultime, determinate restrizioni al diritto di proprietà potevano essere giustificate (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punto 74).

500    La Corte ha altresì statuito che, sebbene vi sia un evidente interesse pubblico a garantire, in tutta l’Unione, una tutela forte e coerente degli investitori, tale interesse non può essere ritenuto prevalente, in ogni circostanza, rispetto all’interesse pubblico consistente nel garantire la stabilità del sistema finanziario (sentenze del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 91, e dell’8 novembre 2016, Dowling e a., C‑41/15, EU:C:2016:836, punto 54).

501    Orbene, occorre rilevare che, all’articolo 4.2 del programma di risoluzione, il CRU ha ritenuto che la risoluzione fosse necessaria e proporzionata agli obiettivi previsti all’articolo 14, paragrafo 2, lettere a) e b), del regolamento n. 806/2014, ossia garantire la continuità delle funzioni essenziali ed evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria, in particolare attraverso la prevenzione del contagio, anche delle infrastrutture di mercato, e con il mantenimento della disciplina di mercato. Esso ha indicato che la liquidazione del Banco Popular secondo una procedura ordinaria di insolvenza non avrebbe consentito di realizzare tali obiettivi nella stessa misura. Nella decisione 2017/1246 la Commissione ha esplicitamente approvato le ragioni per le quali il CRU riteneva la risoluzione necessaria nell’interesse pubblico.

502    Il programma di risoluzione, mirando a salvaguardare o a ripristinare la situazione finanziaria del Banco Popular e, segnatamente, in quanto rappresentava un’alternativa alla sua liquidazione, rispondeva quindi a una finalità di interesse generale ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, ossia quello di garantire la stabilità dei mercati finanziari.

503    Orbene, le misure di svalutazione e di conversione degli strumenti di capitale del Banco Popular contenute nel programma di risoluzione s’inserivano nel quadro di detta finalità.

504    I ricorrenti spiegano che non intendono rimettere in discussione la compatibilità dell’MRU, come previsto dal regolamento n. 806/2014, con l’articolo 17 della Carta. Essi sostengono che le decisioni impugnate hanno comportato una lesione ingiustificata del loro diritto di proprietà e sollevano tre censure. In primo luogo, le decisioni impugnate non rispetterebbero i «modi previsti dalla legge», in secondo luogo, esse violerebbero il contenuto essenziale del loro diritto di proprietà non prevedendo alcuna compensazione e, in terzo luogo, detta violazione sarebbe sproporzionata.

505    Con una prima censura, i ricorrenti sostengono che l’ingerenza nel loro diritto di proprietà non era conforme ai modi previsti dalla legge. A questo riguardo, essi invocano il mancato rispetto delle condizioni previste all’articolo 18, paragrafo 1, lettere a) e b), e all’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, la mancata effettuazione di una corretta valutazione ai sensi dell’articolo 20 di detto regolamento e il fatto che le decisioni impugnate sono state adottate senza adeguate salvaguardie relative a un giusto processo, e rimandano agli argomenti sollevati nel quadro del secondo, del quarto, del quinto e del sesto motivo di ricorso.

506    Basti ricordare che gli argomenti dedotti nel quadro del secondo, del quarto, del quinto e del sesto motivo di ricorso sono stati respinti. Infatti, dall’analisi di detti motivi di ricorso emerge che il CRU e la Commissione non sono incorsi in alcun errore manifesto di valutazione nell’applicare gli articoli 18, 20 e 21 del regolamento n. 806/2014 e che il diritto di essere ascoltato dei ricorrenti non è stato leso.

507    Di conseguenza, la prima censura deve essere respinta.

508    Con una seconda censura, i ricorrenti sostengono che la privazione della loro proprietà in assenza di qualsivoglia compensazione viola il contenuto essenziale del loro diritto di proprietà. Essi deducono che non è stata effettuata né una valutazione indipendente, né una valutazione definitiva ex post come previsto dall’articolo 20, paragrafo 11, del regolamento n. 806/2014, valutazioni queste che rappresentano le due «salvaguardie» specifiche, previste dal regolamento n. 806/2014 per garantire la tutela dell’articolo 17 della Carta, dal momento che consentono di assicurare loro il versamento di un’equa compensazione. Essi affermano che non è stata effettuata una valutazione ex ante indipendente e completa, che consentisse di valutare il valore delle attività e delle passività dell’entità, e che essa non poteva fondarsi sul fatto che era già stato scelto uno strumento di risoluzione. Essi ritengono che, in assenza di una valutazione definitiva ex post come prevista dall’articolo 20, paragrafo 11, del regolamento n. 806/2014, le «salvaguardie» volte a tutelare il diritto degli azionisti a una compensazione non siano state rispettate. La valutazione 3 di cui all’articolo 20, paragrafo 16, del regolamento n. 806/2014 risponderebbe a obiettivi differenti e il CRU non può sostenere che essa sia sufficiente.

509    In primo luogo, occorre osservare che gli argomenti dei ricorrenti secondo cui la valutazione 2 non era «equa, prudente e realistica» ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 e secondo cui essa doveva tener conto di molteplici possibili scenari di risoluzione sono già stati respinti nel quadro dell’analisi del quarto motivo di ricorso. Occorre poi ricordare che, a norma dell’articolo 20, paragrafo 13, del regolamento n. 806/2014, il CRU poteva fondarsi su una valutazione provvisoria per adottare il programma di risoluzione. Infine, dall’analisi del quarto motivo di ricorso emerge che l’assenza di una valutazione definitiva ex post, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 11, del regolamento n. 806/2014, non può inficiare la validità delle decisioni impugnate.

510    In secondo luogo, il regolamento n. 806/2014 prevede un meccanismo di indennizzo degli azionisti e dei creditori di un’entità oggetto di un’azione di risoluzione, sulla base del principio enunciato all’articolo 15, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 806/2014, che stabilisce che nessun creditore sostiene perdite più ingenti di quelle che avrebbe sostenuto se l’entità soggetta all’azione di risoluzione fosse stata liquidata con procedura ordinaria di insolvenza.

511    Al fine di valutare se gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto un trattamento migliore ove l’entità interessata fosse stata sottoposta a una procedura ordinaria di insolvenza, l’articolo 20, paragrafo 16, del regolamento n. 806/2014 prevede che sia realizzata una valutazione successivamente alla risoluzione. A norma dell’articolo 20, paragrafo 17, del regolamento n. 806/2014, detta valutazione accerta le eventuali differenze fra il trattamento di cui gli azionisti e i creditori avrebbero beneficiato se l’ente fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza al momento in cui è stata presa la decisione sull’azione di risoluzione e il trattamento effettivo che hanno ricevuto nella risoluzione.

512    Se, a seguito di detta valutazione, viene accertato che gli azionisti o i creditori hanno sostenuto nell’ambito della risoluzione perdite più ingenti di quelle che avrebbero sostenuto in una liquidazione con procedura ordinaria di insolvenza, l’articolo 76, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 prevede che il CRU possa ricorrere al FRU per pagare loro un indennizzo.

513    Ne consegue che il regolamento n. 806/2014 attua un meccanismo diretto a garantire agli azionisti o ai creditori dell’entità soggetta a una risoluzione una giusta indennità in conformità alle condizioni di cui all’articolo 17, paragrafo 1, della Carta.

514    A tale riguardo, va osservato che i rinvii operati dai ricorrenti alla valutazione di impatto della Commissione confermano che detto meccanismo è conforme ai requisiti dell’articolo 17, paragrafo 1, della Carta. Infatti, secondo l’estratto di detta valutazione di impatto citato dai ricorrenti in sede di replica:

«La violazione del diritto di proprietà non è sproporzionata poiché il quadro prevede un diritto a compensazione a favore degli azionisti e dei creditori lesi. Gli azionisti e i creditori hanno il diritto di ottenere un indennizzo del valore delle loro azioni o dei loro crediti equivalente a quanto sarebbe spettato loro in caso di una liquidazione ordinaria. I requisiti previsti per la determinazione dell’importo dell’indennità in ragione del valore dell’impresa, come stabilito da un perito indipendente, costituiscono una garanzia ulteriore. Inoltre, la compensazione dovrebbe garantire che gli azionisti e i creditori non ricevano, in ragione dell’applicazione dello strumento di risoluzione o dell’uso del potere di risoluzione, un trattamento meno favorevole rispetto a quello di cui avrebbero beneficiato se detto strumento o potere non fossero stati utilizzati e se l’ente creditizio nel suo insieme fosse stato assoggettato a una procedura di insolvenza in forza del diritto nazionale applicabile. In particolare, ove il credito vantato da un creditore resti in capo a un ente creditizio i cui attivi, diritti o passività sono stati trasferiti a un altro ente e l’ente creditizio residuo sia sottoposto a liquidazione, occorre indennizzare il creditore se l’importo che ha ricevuto nel corso di detta liquidazione è inferiore all’importo che avrebbe ricevuto nel quadro della [procedura di] insolvenza se il trasferimento non avesse avuto luogo.

Le regole succitate in materia di compensazione tutelano il contenuto essenziale del diritto di proprietà. Infatti, in caso di mancato esercizio dei poteri di risoluzione, la società inadempiente sarebbe sottoposta a procedura di insolvenza. Secondo il diritto fallimentare, i creditori hanno diritto a una distribuzione proporzionale del ricavato dalla vendita delle attivi bancarie e gli azionisti hanno diritto a una distribuzione delle attività che residuano dopo il pagamento di tutti i creditori. Tale contenuto essenziale è tutelato in forza dei principi che disciplinano la compensazione. Di conseguenza, le restrizioni non limitano il diritto di proprietà in maniera sproporzionata».

515    Inoltre, contrariamente a quanto sembrano sostenere i ricorrenti, il fatto che essi non abbiano ottenuto alcun indennizzo alla data del programma di risoluzione non è sufficiente a dimostrare una violazione del loro diritto di proprietà dato che l’articolo 17, paragrafo 1, della Carta non prevede il versamento di un’indennità contestuale alla restrizione del diritto di proprietà, ma un pagamento in tempo utile.

516    Con il loro argomento secondo cui la realizzazione di una valutazione definitiva ex post prevista dall’articolo 20, paragrafo 11, del regolamento n. 806/2014 sarebbe necessaria al rispetto del loro diritto di proprietà, i ricorrenti sembrano sostenere che l’importo della compensazione dovuta agli azionisti dovrebbe essere calcolato tenendo conto dei risultati della valutazione definitiva ex post. Essi affermano che la valutazione definitiva ex post mira a determinare il valore delle attività e delle passività dell’entità prima dell’adozione dell’azione di risoluzione e che essa risponde a finalità diverse dalla valutazione 3 prevista dall’articolo 20, paragrafo 16, del regolamento n. 806/2014.

517    Nel caso di specie, occorre ricordare che, ove il programma di risoluzione non fosse stato adottato, l’alternativa sarebbe consistita nella liquidazione del Banco Popular con procedura ordinaria di insolvenza.

518    A questo riguardo, va rilevato che, nel settore degli aiuti di Stato, la Corte ha dichiarato che le perdite degli azionisti delle banche in difficoltà avrebbero, in ogni caso, la stessa ampiezza, senza che rilevi se queste dipendono da una sentenza dichiarativa di fallimento per mancata concessione di un aiuto di Stato o da un procedimento di concessione di un simile aiuto sottoposta alla condizione previa della condivisione degli oneri (sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 75).

519    La Corte ha osservato che il punto 46 della comunicazione sul settore bancario prevede che «dovrebbe essere rispettato il principio secondo cui nessun creditore può essere svantaggiato» e che «[i] creditori subordinati non dovrebbero pertanto ricevere, in termini economici, meno di quanto sarebbe valso il loro strumento in caso di mancata concessione di aiuti di Stato» (sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 77).

520    Secondo la Corte, da tale punto si evince che le misure di condivisione degli oneri alle quali sarebbe subordinata la concessione di un aiuto di Stato in favore di una banca sottocapitalizzata non possono arrecare al diritto di proprietà dei creditori subordinati un pregiudizio che questi ultimi, in caso di procedura di fallimento conseguente alla mancata concessione di un simile aiuto, non avrebbero subito. Ciò posto, non si può validamente sostenere che le misure di condivisione degli oneri, quali quelle previste dalla comunicazione sul settore bancario, costituiscano un’ingerenza rispetto al diritto di proprietà degli azionisti e dei creditori subordinati (sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punti 78 e 79).

521    Non solo, nel caso di un titolo, l’importo dell’indennità dovuta deve essere valutato facendo riferimento al reale valore di mercato di tale titolo al momento dell’adozione della normativa controversa, e non al suo valore nominale o all’importo che il suo detentore sperava di percepire al momento della sua acquisizione (v. sentenza del 13 luglio 2018, K. Chrysostomides & Co. e a./Consiglio e a., T‑680/13, EU:T:2018:486, punto 314 e giurisprudenza ivi citata).

522    Occorre quindi ritenere, per analogia, che l’applicazione nella fattispecie del principio previsto all’articolo 15, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 806/2014, citato al precedente punto 510, secondo cui nessun creditore può essere più svantaggiato, garantisce ai ricorrenti una giusta indennità conforme ai requisiti dell’articolo 17, paragrafo 1, della Carta.

523    Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il valore del loro investimento non deve essere calcolato tenendo conto della situazione anteriore all’adozione del programma di risoluzione, come potrebbe risultare da una valutazione definitiva ex post, ma coincide con il suo valore nell’ipotesi di mancata adozione del programma di risoluzione, che corrisponde al caso della liquidazione del Banco Popular.

524    Inoltre, come ammesso dai ricorrenti, la valutazione definitiva ex post, prevista dall’articolo 20, paragrafo 11, del regolamento n. 806/2014, e la valutazione 3, prevista all’articolo 20, paragrafo 16, del medesimo regolamento, sono valutazioni distinte. La realizzazione di una valutazione definitiva ex post non è di alcuna utilità ai fini della valutazione 3, che ha per oggetto il confronto tra il concreto trattamento di cui gli azionisti del Banco Popular hanno beneficiato in ragione della risoluzione e il trattamento di cui essi avrebbero beneficiato in un’ipotetica procedura di insolvenza. I ricorrenti non possono quindi sostenere che, in assenza della valutazione definitiva ex post, il CRU e la Commissione non disponevano di alcun elemento per affermare che sarebbe stata versata una compensazione ragionevole.

525    Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il fatto che il CRU abbia indicato che, nel caso di specie, non sarebbe stata effettuata una valutazione definitiva ex post non integra una violazione del loro diritto di proprietà.

526    Occorre peraltro osservare che l’argomentazione dei ricorrenti si fonda su un’ipotesi errata, vale a dire che essi avrebbero potuto beneficiare, nel caso di specie, di un indennizzo ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 12, lettera a), del regolamento n. 806/2014.

527    L’articolo 20, paragrafo 12, lettera a), del regolamento n. 806/2014 prevede quanto segue:

«Nel caso in cui la stima del valore patrimoniale netto dell’entità di cui all’articolo 2 figurante nella valutazione definitiva ex post sia superiore a quella contenuta nella valutazione provvisoria di tale entità, il [CRU] può chiedere all’autorità nazionale di risoluzione:

a)      di esercitare il potere di aumentare il valore dei crediti dei creditori o dei titolari degli strumenti di capitale pertinenti, che sono stati svalutati con lo strumento del bail-in».

528    Basti osservare che detta disposizione si applica quando lo strumento di risoluzione applicato è lo strumento del bail-in previsto all’articolo 27 del regolamento n. 806/2014. Ma tale ipotesi non ricorre nella fattispecie.

529    Di conseguenza, la seconda censura deve essere respinta.

530    Con una terza censura, i ricorrenti reputano che l’ingerenza nel loro diritto di proprietà sarebbe in ogni caso sproporzionata, a prescindere dalla questione se essa rispetti o meno il contenuto essenziale di detto diritto.

531    Secondo costante giurisprudenza, il principio di proporzionalità, il quale fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, esige che gli atti delle istituzioni dell’Unione non eccedano i limiti di quanto è appropriato e necessario alla realizzazione degli obiettivi legittimi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto alle finalità ricercate [v. sentenze del 30 aprile 2019, Italia/Consiglio (Contingente di pesca del pesce spada del Mediterraneo), C‑611/17, EU:C:2019:332, punto 55 e giurisprudenza ivi citata, e del 6 maggio 2021, Bayer CropScience e Bayer/Commissione, C‑499/18 P, EU:C:2021:367, punto 166 e giurisprudenza ivi citata]. Tale principio è richiamato all’articolo 5, paragrafo 4, TUE e all’articolo 1 del protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, allegato al Trattato UE e al Trattato FUE.

532    In primo luogo, i ricorrenti sostengono che la violazione del loro diritto di proprietà è sproporzionata nella misura in cui le decisioni impugnate sono state adottate senza preliminarmente ascoltarli.

533    Come osservato dal CRU, il diritto di essere ascoltato è un diritto procedurale autonomo la cui violazione non implica automaticamente una violazione del diritto di proprietà garantito dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta.

534    A questo proposito, occorre ricordare che dall’analisi del secondo motivo di ricorso e, in particolare, dai precedenti punti 160 e 161, emerge che il Tribunale ha già dichiarato che la tutela del diritto di proprietà sancito all’articolo 1 del protocollo n. 1 della CEDU non può essere interpretata nel senso che la persona interessata deve poter far valere in qualsiasi circostanza la propria posizione presso le autorità competenti prima dell’adozione di misure che arrechino pregiudizio al suo diritto di proprietà.

535    Va inoltre osservato che i ricorrenti non deducono alcun argomento volto a spiegare in che modo la mancata audizione da parte del CRU, preliminarmente all’adozione del programma di risoluzione, avrebbe inciso sul loro diritto di proprietà.

536    In secondo luogo, per quanto attiene all’argomento dedotto dai ricorrenti secondo cui il loro diritto di proprietà sarebbe stato leso in maniera sproporzionata poiché non è stato loro riconosciuto un diritto a un indennizzo, basti rinviare all’analisi della seconda censura.

537    In terzo luogo, i ricorrenti si limitano a sostenere che il CRU e la Commissione non hanno dimostrato che lo strumento di risoluzione adottato, comprendendo la svalutazione e la conversione di strumenti di capitale propri, rappresentasse la soluzione meno restrittiva per conseguire un obiettivo legittimo.

538    Basti osservare che questo argomento non è suffragato da alcuna argomentazione e non è quindi fondato.

539    Pertanto, la terza censura dev’essere respinta.

540    Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta, anzitutto, che il Banco Popular era in dissesto o a rischio di dissesto e che non vi erano misure alternative idonee ad impedire tale situazione; poi, che in caso di mancata risoluzione, il Banco Popular sarebbe stato oggetto di una procedura ordinaria di insolvenza e, infine, che gli azionisti del Banco Popular dovevano assumersi il rischio dei loro investimenti e che il regolamento n. 806/2014 prevede l’eventuale versamento di un’indennità in applicazione del principio secondo cui nessun creditore può essere svantaggiato. Occorre pertanto concludere che la decisione di svalutare e di convertire gli strumenti di capitale del Banco Popular nel programma di risoluzione non rappresenta un intervento sproporzionato e inammissibile che pregiudica la sostanza stessa del diritto di proprietà dei ricorrenti, ma deve essere considerata come una restrizione al loro diritto di proprietà giustificata e proporzionata in conformità alle disposizioni di cui all’articolo 17, paragrafo 1, e all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

541    Il terzo motivo di ricorso deve quindi essere respinto in quanto infondato.

 Sul settimo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dellobbligo di motivazione

542    I ricorrenti sostengono che la Commissione e il CRU hanno violato l’obbligo di motivazione non indicando le ragioni specifiche e concrete per cui hanno adottato le decisioni impugnate.

543    L’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta, relativo al diritto ad una buona amministrazione, prevede che tale diritto comprende l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni.

544    Secondo una giurisprudenza costante della Corte, la motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il suo controllo. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento dell’osservanza, da parte della motivazione di un atto, degli obblighi imposti dall’articolo 296 TFUE dev’essere effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenze dell’8 maggio 2019, Landeskreditbank Baden-Württemberg/BCE, C‑450/17 P, EU:C:2019:372, punti 85 e 87 e giurisprudenza ivi citata, e del 21 ottobre 2020, BCE/Estate of Espírito Santo Financial Group, C‑396/19 P, non pubblicata, EU:C:2020:845, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

545    Inoltre, il grado di precisione della motivazione di una decisione dev’essere proporzionato alle possibilità materiali e alle condizioni tecniche o al tempo disponibile per la sua adozione (v. sentenze del 6 novembre 2012, Éditions Odile Jacob/Commissione, C‑551/10 P, EU:C:2012:681, punto 48 e giurisprudenza ivi citata; del 23 maggio 2019, KPN/Commissione, T‑370/17, EU:T:2019:354, punto 139 e giurisprudenza ivi citata, e del 27 gennaio 2021, KPN/Commissione, T‑691/18, non pubblicata, EU:T:2021:43, punto 162).

546    In primo luogo, per quanto attiene al programma di risoluzione, i ricorrenti sostengono che il CRU ha fornito soltanto una versione occultata del programma di risoluzione e non ha prodotto elementi di prova a supporto di detto programma. In sede di replica, i ricorrenti aggiungono che non potevano avvalersi utilmente dei loro mezzi di ricorso a causa del rifiuto da parte del CRU di concedere loro l’accesso ai documenti chiave facenti parte della sua motivazione, ivi compresa una versione non espunta del programma di risoluzione.

547    Occorre osservare che i ricorrenti non si riferiscono al contenuto del programma di risoluzione e non spiegano quali sarebbero gli elementi insufficienti per comprenderne la portata. Essi non indicano quale parte del ragionamento seguito dal CRU nel programma di risoluzione non sarebbe sufficientemente chiara.

548    Occorre quindi considerare che, con detti argomenti, i ricorrenti contestano il fatto di non aver ricevuto comunicazione di una versione integrale del programma di risoluzione e dei documenti sottostanti. Orbene, dette argomentazioni sono già state sollevate nel quadro della seconda censura del secondo motivo di ricorso concernente la violazione del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

549    A tale riguardo, basti ricordare che dall’analisi della seconda censura del secondo motivo di ricorso emerge che i ricorrenti non possono far valere un diritto a ricevere comunicazione delle versioni integrali del programma di risoluzione, della valutazione 2 o di altri documenti su cui il CRU si sia fondato per adottare il programma di risoluzione.

550    In secondo luogo, per quanto attiene alla decisione 2017/1246, i ricorrenti sostengono che, nella sua decisione, la Commissione ha semplicemente affermato che essa approvava le conclusioni del CRU, senza fornire alcuna spiegazione quanto alle valutazioni da essa compiute per assicurare che fossero soddisfatte le condizioni applicabili e che lo strumento di risoluzione proposto dal CRU fosse il più appropriato e fosse proporzionato.

551    Occorre rammentare che dal considerando 4 della decisione 2017/1246 risulta quanto segue:

«La Commissione è d’accordo con il programma di risoluzione. In particolare, concorda con il CRU sulle ragioni per le quali la risoluzione è necessaria nell’interesse pubblico a norma dell’articolo 5 del regolamento (UE) n. 806/2014».

552    Inoltre, da un lato, nel considerando 2 della decisione 2017/1246, la Commissione ha menzionato il fatto che, nel programma di risoluzione, il CRU aveva affermato che, nel caso del Banco Popular, erano soddisfatte tutte le condizioni per la risoluzione di cui all’articolo 18, paragrafo 1, primo comma, del regolamento n. 806/2014 e che esso aveva valutato i motivi per i quali l’azione di risoluzione era necessaria nell’interesse pubblico. Dall’altro, nel considerando 3 della decisione 2017/1246, la Commissione ha rilevato che, conformemente all’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 806/2014, il programma di risoluzione sottoponeva il Banco Popular a risoluzione e prevedeva l’applicazione dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa ed indicava altresì i motivi per i quali tutti questi elementi erano adeguati.

553    Ne consegue che, nella decisione 2017/1246, la Commissione ha fatto esplicito riferimento ai motivi per i quali il CRU aveva ritenuto che le condizioni per l’adozione del programma di risoluzione fossero soddisfatte e che occorresse applicare lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa. Pertanto, l’approvazione del programma di risoluzione di cui al considerando 4 della decisione 2017/1246 deve essere letta alla luce degli altri considerando e riguarda l’insieme di tali motivi. Nel suddetto considerando, la Commissione ha dichiarato esplicitamente di concordare sulle ragioni, indicate nel programma di risoluzione, per le quali l’adozione di un’azione di risoluzione per il Banco Popular era necessaria, in particolare per quanto riguarda il criterio dell’interesse pubblico.

554    Pertanto, si deve ritenere che il programma di risoluzione e la sua motivazione facciano parte del contesto nel quale la decisione 2017/1246 è stata adottata, ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 544.

555    Orbene, come constatato al precedente punto 547, i ricorrenti non sollevano alcun argomento volto a dimostrare che il programma di risoluzione non sarebbe sufficientemente motivato.

556    Va poi ricordato che, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, la Commissione «approva» il programma di risoluzione o obietta ad esso per quanto riguarda gli aspetti discrezionali di quest’ultimo.

557    Ne consegue che, quando la Commissione approva, come nel caso di specie, il programma di risoluzione, la motivazione della sua decisione può limitarsi a indicare che essa è d’accordo con i motivi in essa contenuti. Qualsiasi altra giustificazione supplementare della sua approvazione finirebbe per consistere in una mera ripetizione degli elementi già contenuti nel programma di risoluzione. Secondo l’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, la Commissione non deve ripetere l’analisi del CRU nella sua decisione, ma unicamente approvarla.

558    Peraltro, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 545, occorre tener conto del termine molto breve di cui disponeva la Commissione in applicazione dell’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, per adottare la sua decisione a partire dalla trasmissione del programma di risoluzione da parte del CRU.

559    Il settimo motivo di ricorso deve quindi essere respinto in quanto infondato.

 Sullottavo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità e del principio di tutela del legittimo affidamento

560    I ricorrenti sostengono, in subordine, che, quand’anche le condizioni previste dall’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 fossero soddisfatte, optando per lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa e discostandosi senza alcuna giustificazione dal piano di risoluzione del 2016, il CRU e la Commissione hanno violato il principio di proporzionalità e il principio della tutela del legittimo affidamento.

561    Nell’atto introduttivo, essi indicano di non essere nella condizione di sviluppare il presente motivo di ricorso poiché essi non hanno avuto accesso alle informazioni pertinenti, vale a dire alla versione non occultata del programma di risoluzione e alla valutazione della BCE sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular. In sede di replica, i ricorrenti osservano di non essere in grado di proporre argomenti in merito a detto motivo di ricorso. Il CRU e la Commissione non avrebbero spiegato la loro decisione di non conformarsi al piano di risoluzione del 2016, né le ragioni per cui non hanno chiesto alla Deloitte di esaminare tale questione.

562    Ai sensi dell’articolo 76 del regolamento di procedura, l’atto introduttivo della causa deve contenere, segnatamente, i motivi e gli argomenti dedotti nonché un’esposizione sommaria di detti motivi. Esso deve, pertanto, esporre esplicitamente in cosa consista il motivo su cui il ricorso è fondato, di modo che la sua semplice enunciazione astratta non soddisfa le prescrizioni del regolamento di procedura. Inoltre, tale esposizione, quand’anche sommaria, deve essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di predisporre la propria difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a sostegno. La certezza del diritto e una buona amministrazione della giustizia esigono, affinché un ricorso o, più specificamente, un motivo di ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto su cui esso si basa risultino in modo coerente e comprensibile dal testo stesso dell’atto introduttivo (v. sentenze del 12 settembre 2018, De Geoffroy e a./Parlamento, T‑788/16, non pubblicata, EU:T:2018:534, punti 72 e 73 e giurisprudenza ivi citata, e dell’8 maggio 2019, PT/BEI, T‑571/16, non pubblicata, EU:T:2019:301, punto 109 e giurisprudenza ivi citata).

563    Va osservato che, come indicano i ricorrenti stessi nell’atto introduttivo e nella replica, il motivo di ricorso vertente sulla violazione del principio di proporzionalità e del principio della tutela del legittimo affidamento non è accompagnato da alcuna argomentazione specifica. Detto motivo di ricorso, non essendo stato esplicitato, deve pertanto essere respinto in quanto irricevibile.

564    In ogni caso, per quanto concerne il principio di tutela del legittimo affidamento, da una consolidata giurisprudenza si evince che il diritto di avvalersi di tale principio presuppone che rassicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili, siano state fornite all’interessato dalle autorità competenti dell’Unione. Il diritto menzionato spetta difatti a qualsiasi soggetto in capo al quale un’istituzione, un organo o un organismo dell’Unione abbia ingenerato aspettative fondate, fornendogli precise rassicurazioni (v. sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 62 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2020, Consiglio e a./K. Chrysostomides & Co. e a., C‑597/18 P, C‑598/18 P, C‑603/18 P e C‑604/18 P, EU::2020:1028, punto 178 e giurisprudenza ivi citata).

565    Orbene, basti osservare che i ricorrenti non indicano alcuna rassicurazione precisa idonea ad aver suscitato aspettative quanto all’applicazione del piano di risoluzione del 2016.

566    Inoltre, nella misura in cui l’affermazione dei ricorrenti, contenuta nella replica, secondo cui il CRU e la Commissione non avrebbero spiegato la loro decisione di discostarsi dal piano di risoluzione del 2016 va letta come integrante un argomento vertente su una violazione dell’obbligo di motivazione, è sufficiente, in linea con la Commissione, il CRU e il Regno di Spagna, rinviare ai motivi di cui ai considerando da 19 a 22 del programma di risoluzione, che non sono contestati dai ricorrenti.

567    Pertanto, l’ottavo motivo di ricorso dev’essere respinto in quanto irricevibile.

 Sulla domanda di misure di organizzazione del procedimento

568    Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 9 ottobre 2018, i ricorrenti hanno chiesto al Tribunale di ordinare al CRU e alla Commissione, mediante una misura di organizzazione del procedimento sulla base dell’articolo 88 del regolamento di procedura, di produrre una serie di documenti il cui elenco è allegato alla richiesta. I ricorrenti indicano che i documenti richiesti corrispondono alle deduzioni in punto di fatto contenute nei controricorsi del CRU e della Commissione e che essi devono essere divulgati al fine di consentire loro di replicarvi. In mancanza di tali documenti, non sarebbe possibile, per i ricorrenti, replicare ai controricorsi e per il Tribunale valutare la legittimità delle decisioni impugnate.

569    La Commissione e il CRU ritengono che tale richiesta non soddisfi le condizioni di cui all’articolo 88, paragrafo 2, del regolamento di procedura, poiché i ricorrenti non hanno spiegato per quale ragione non abbiano potuto presentare prima tale richiesta e non hanno illustrato con precisione i motivi per cui i documenti richiesti sarebbero necessari ai fini della definizione della controversia.

570    Va osservato che, con la sua ordinanza di mezzi istruttori del 21 maggio 2021, ai sensi dell’articolo 91, lettera b), dell’articolo 92, paragrafo 3, e dell’articolo 103 del regolamento di procedura, il Tribunale ha ordinato al CRU la produzione di taluni documenti citati al precedente punto 95. Con ordinanza del 16 giugno 2021, il Tribunale ha ritenuto che i documenti prodotti dal CRU nella loro versione riservata non fossero pertinenti ai fini della soluzione della controversia. Per contro, la lettera del Banco Popular alla BCE recante la data del 6 giugno 2017 è stata comunicata alle altre parti, senza il suo allegato.

571    Per quanto riguarda le domande di misure di organizzazione del procedimento o di istruzione presentate da una parte in una controversia, occorre ricordare che il Tribunale è il solo giudice dell’eventuale necessità di integrare gli elementi di informazione di cui dispone nelle cause di cui è investito (v. sentenza del 26 gennaio 2017, Mamoli Robinetteria/Commissione, C‑619/13 P, EU:C:2017:50, punto 117 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 12 novembre 2020, Fleig/SEAE, C‑446/19 P, non pubblicata, EU:C:2020:918, punto 53).

572    A questo proposito va ricordato che, per consentire al Tribunale di valutare l’utilità delle misure di organizzazione del procedimento, la parte che ne fa domanda deve identificare i documenti sollecitati e fornire al Tribunale almeno un minimo di elementi idonei ad accreditare l’utilità degli stessi documenti per le esigenze del giudizio (v. sentenze del 28 luglio 2011, Diputación Foral de Vizcaya e a./Commissione, da C‑474/09 P a C‑476/09 P, non pubblicata, EU:C:2011:522, punto 92 e giurisprudenza ivi citata, e del 20 marzo 2019, Hércules Club de Fútbol/Commissione, T‑766/16, EU:T:2019:173, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

573    Nel caso di specie, occorre rilevare che gli elementi contenuti nel fascicolo nonché le spiegazioni fornite in udienza sono sufficienti per consentire al Tribunale di pronunciarsi, poiché quest’ultimo ha potuto utilmente statuire sulla base delle conclusioni, dei motivi di ricorso e degli argomenti sviluppati in corso di causa e alla luce dei documenti depositati dalle parti.

574    Ne consegue che la domanda di misure di organizzazione del procedimento proposta dai ricorrenti deve essere respinta senza che sia necessario pronunciarsi sulla sua ricevibilità ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 2, del regolamento di procedura.

575     Occorre concludere che il ricorso deve essere integralmente respinto.

 Sulle spese

576    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché i ricorrenti sono rimasti soccombenti, occorre condannarli a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione, dal CRU e dal Banco Santander, conformemente alle domande di questi ultimi.

577    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico. Il Regno di Spagna, il Parlamento e il Consiglio si faranno pertanto carico delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il sig. Antonio Del Valle Ruíz e gli ulteriori ricorrenti i cui nomi figurano in allegato si faranno carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione europea, dal Comitato di risoluzione unico (CRU) e dal Banco Santander, SA.

3)      Il Regno di Spagna, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea si faranno carico delle proprie spese.

Van der Woude

Jaeger

Kreuschitz

De Baere

 

      Steinfatt

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 1° giugno 2022.

Firme


Indice


Contesto normativo

Fatti all ’origine della controversia e fatti successivi alla presentazione del ricorso

Sulla situazione del Banco Popular prima dell ’adozione del programma di risoluzione

Su altri fatti precedenti all ’adozione del programma di risoluzione

Sul programma di risoluzione del Banco Popular del 7 giugno 2017

Sui fatti successivi all ’adozione della decisione di risoluzione

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Sul primo motivo di ricorso, vertente su un ’eccezione di illegittimità in virtù del fatto che l’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 violerebbe il diritto di essere ascoltato e il diritto a un ricorso effettivo sanciti dagli articoli 41 e 47 della Carta, oltre al principio di proporzionalità

Sulla prima parte, vertente sul fatto che l ’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 violerebbe il diritto di essere ascoltato

Sulla seconda parte, vertente sul fatto che l ’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 violerebbe il diritto a un ricorso effettivo

Sulla terza parte, vertente sul fatto che l ’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 violerebbe il principio di proporzionalità

Sul nono motivo di ricorso, vertente su un ’eccezione di illegittimità in virtù del fatto che gli articoli 18 e 22 del regolamento n. 806/2014 violerebbero i principi relativi alla delega di poteri

Sul quarto motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell ’articolo 20 del regolamento n. 806/2014

Sulla prima censura, relativa alla valutazione 1

Sulla seconda censura, relativa alla valutazione 2

Sulla terza censura, relativa all ’assenza di una valutazione definitiva ex post

Sul quinto motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell ’articolo 18, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento n. 806/2014

Sulla prima parte, vertente sulla violazione dell ’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014

Sulla seconda parte, vertente sulla violazione dell ’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014

Sul sesto motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell ’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014

Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione degli articoli 41 e 47 della Carta

Sulla prima censura, relativa al diritto di essere ascoltato

Sulla seconda censura, relativa al diritto a una tutela giurisdizionale effettiva

Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del diritto di proprietà

Sul settimo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell ’obbligo di motivazione

Sull ’ottavo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità e del principio di tutela del legittimo affidamento

Sulla domanda di misure di organizzazione del procedimento

Sulle spese






*      Lingua processuale: l’inglese.


1      L’elenco degli altri ricorrenti è allegato solo alla versione notificata alle parti.