Language of document : ECLI:EU:T:2005:337

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

22 settembre 2005 (*)

«Marchio comunitario – Procedimento di opposizione – Marchio denominativo nazionale anteriore TRIVASTAN – Domanda di marchio comunitario denominativo TRAVATAN – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94»

Nella causa T-130/03,

Alcon Inc., con sede in Hünenberg (Svizzera), rappresentata dai sigg. G. Breen, solicitor, e J. Gleeson, barrister,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dalle sig.re S. Palmero Cabezas e S. Laitinen, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI, interveniente dinanzi al Tribunale:

Biofarma SA, con sede in Neuilly-sur-Seine (Francia), rappresentata dagli avv.ti V. Gil Vega, A. Ruiz Lopez, e D. González Maroto,

avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione della terza commissione di ricorso dell’UAMI 30 gennaio 2003 (procedimento R 968/2001‑3), relativa ad un procedimento di opposizione tra l’Alcon Inc. e la Biofarma SA,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Terza Sezione),

composto dal sig. M. Jaeger, presidente, dalla sig.ra V. Tiili e dal sig. O. Czúcz, giudici,

cancelliere: sig.ra C. Kristensen, amministratore

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 aprile 2003,

visto il controricorso dell’UAMI, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 ottobre 2003,

visto il controricorso dell’interveniente, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 ottobre 2003,

a seguito dell’udienza del 14 aprile 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        L’11 giugno 1998 l’Alcon Inc. ha presentato all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) una domanda di marchio comunitario ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato.

2        Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il segno denominativo TRAVATAN.

3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nella classe 5 ai sensi dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Prodotti farmaceutici per uso oftalmico».

4        Tale domanda è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 23/99 del 22 marzo 1999.

5        Il 22 giugno 1999 la Biofarma SA ha proposto opposizione contro la registrazione di tale marchio comunitario ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 40/94. Il motivo dedotto a sostegno dell’opposizione era quello previsto all’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. L’opposizione si fondava sull’esistenza del marchio denominativo nazionale TRIVASTAN, registrato in Italia il 27 gennaio 1986 con il numero 394980.

6        L’opposizione riguardava tutti i prodotti considerati dalla domanda di marchio. Essa si fondava sull’insieme dei prodotti contrassegnati dal marchio anteriore, vale a dire i «prodotti farmaceutici, veterinari e igienici; prodotti dietetici per bambini o malati; impiastri, materiale per fasciature; materiali per otturare i denti e per impronte dentarie; disinfettanti; erbicidi e prodotti per la distruzione degli animai nocivi», rientranti nella classe 5.

7        Con lettera 5 maggio 2000, la ricorrente ha chiesto che l’interveniente fornisse la prova, conformemente all’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, che il marchio anteriore era stato oggetto, per tutti i prodotti su cui l’opposizione si fondava, nel corso dei cinque anni precedenti la pubblicazione della domanda di marchio comunitario, di un uso serio nello Stato membro in cui tale marchio è protetto. Con comunicazione 29 maggio 2000, la divisione di opposizione ha invitato l’interveniente a fornire tale prova entro il termine di due mesi.

8        Il 28 luglio 2000 l’interveniente ha comunicato all’UAMI una serie di documenti diretti a dimostrare l’uso serio in Italia del marchio anteriore. Tra questi documenti vi erano, in particolare, fatture, il foglietto illustrativo relativo al medicinale dell’interveniente, un estratto del repertorio italiano L’Informatore Farmaceutico nonché un estratto del Farmaceutical Trade Mark Directory.

9        Con decisione 26 settembre 2001, la divisione di opposizione ha ritenuto che l’uso del marchio anteriore fosse stato dimostrato per un prodotto farmaceutico specifico, vale a dire un «vasodilatatore periferico destinato a trattare turbe vascolari periferiche e cerebrali e disordini vascolari dell’occhio e dell’orecchio», ed ha accolto l’opposizione per tutti i prodotti rivendicati. Essa ha pertanto negato la registrazione del marchio richiesto, a causa dell’esistenza di un rischio di confusione, ivi incluso il rischio di associazione, in Italia, tenuto conto del fatto che i marchi erano simili dal punto di vista visivo e fonetico e che esisteva una certa somiglianza tra i prodotti.

10      Il 13 novembre 2001 la ricorrente ha proposto un ricorso dinanzi all’UAMI contro la decisione della divisione di opposizione, ai sensi degli artt. 57‑62 del regolamento n. 40/94.

11      Con decisione 30 gennaio 2003 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la terza commissione di ricorso ha respinto il ricorso. Essa ha ritenuto in sostanza che, siccome i prodotti designati dai marchi in questione presentavano un elevato grado di somiglianza e i marchi stessi erano molto simili dal punto di vista visivo e fonetico, esistesse un rischio di confusione, ivi incluso il rischio di associazione, tra i marchi in questione.

 Conclusioni delle parti

12      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’UAMI alle spese.

13      L’UAMI conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

14      L’interveniente conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

15      A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce sostanzialmente due motivi. Il primo verte sulla violazione dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, in quanto la prova dell’uso serio, prodotta dall’interveniente, non dimostrerebbe che il marchio anteriore sia stato effettivamente utilizzato per i prodotti ad uso oftalmico. Con il secondo motivo si allega una violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), dello stesso regolamento.

16      In udienza, la ricorrente ha inoltre sollevato un motivo vertente sulla violazione dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, in quanto non sussisterebbero i presupposti dell’uso serio del marchio anteriore.

 Sulla ricevibilità del motivo dedotto in udienza

17      In udienza la ricorrente ha fatto riferimento alla sentenza del Tribunale 8 luglio 2004, causa T‑334/01, MFE Marienfelde/UAMI – Vétoquinol (HIPOVITON) (Racc. pag. II‑2787), per allegare l’insussistenza dei presupposti dell’uso serio, in particolare a causa dell’esiguo volume commerciale del marchio anteriore.

18      L’UAMI e l’interveniente ritengono che il motivo o l’argomento dedotto in udienza sia irricevibile, essendo stato presentato per la prima volta dinanzi al Tribunale.

19      Ai sensi dell’art. 48, n. 2, primo comma, del regolamento di procedura del Tribunale, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

20      Occorre anzitutto constatare che la ricorrente, nel ricorso, non ha contestato alla commissione di ricorso di avere violato l’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94 in quanto non sussistevano i presupposti dell’uso serio del marchio anteriore, bensì soltanto in quanto la prova dell’uso serio prodotta dall’interveniente non sarebbe stata idonea a dimostrare che il marchio anteriore era stato effettivamente utilizzato per prodotti ad uso oftalmico.

21      Si deve poi rilevare che la ricorrente non ha affatto dimostrato l’esistenza di un elemento di fatto o di diritto nuovo ai sensi dell’art. 48, n. 2, primo comma, del regolamento di procedura.

22      Il motivo dedotto in udienza dev’essere pertanto dichiarato irricevibile.

23      In ogni caso, quand’anche tale motivo dovesse essere interpretato come un argomento connesso al primo motivo dedotto nell’atto introduttivo, giova ricordare che, con il presente ricorso, si chiede di controllare la legittimità della decisione adottata dalla commissione di ricorso dell’UAMI [sentenze del Tribunale 6 marzo 2003, causa T‑128/01, DaimlerChrysler/UAMI (Calandre), Racc. pag. II‑701, punto 18, e 3 luglio 2003, causa T‑129/01, Alejandro/UAMI – Anheuser-Busch (BUDMEN), Racc. pag. II‑2251, punto 67]. Di conseguenza, il controllo esercitato dal Tribunale non può esulare dal contesto di fatto e di diritto della controversia, quale delineato dinanzi alla commissione di ricorso [sentenze del Tribunale 5 marzo 2003, causa T‑194/01, Unilever/UAMI (Pasticca ovoidale), Racc. pag. II‑383, punto 16, e 22 giugno 2004, causa T‑66/03, «Drie Mollen sinds 1818»/UAMI – Nabeiro Silveira (Galáxia), Racc. pag. II‑1765, punto 45].

24      Nel caso di specie, la divisione di opposizione ha constatato la sussistenza dei presupposti dell’uso serio del marchio anteriore. Orbene, come risulta dal fascicolo, nel corso del procedimento dinanzi all’UAMI, né dinanzi alla divisione di opposizione né dinanzi alla commissione di ricorso la ricorrente ha contestato il fatto che la prova fornita dall’interveniente dimostrasse l’uso serio del marchio anteriore per un certo prodotto. Dinanzi alla divisione di opposizione, infatti, la ricorrente ha perfino dichiarato di aver «preso atto della documentazione fornita per provare l’uso del marchio TRIVASTAN in Italia» e ha espresso il proposito di «non contestare tale punto». Per contro, ha affermato che i documenti forniti dall’interveniente non indicavano che il prodotto di cui trattasi, contrassegnato dal marchio anteriore, fosse stato utilizzato come prodotto ad uso oftalmico, ma soltanto che poteva essere utilizzato a tale scopo.

25      Da quanto precede discende che gli argomenti della ricorrente non possono che essere respinti. Pertanto, soltanto i motivi sollevati dinanzi all’UAMI, quali esposti supra al punto 15, saranno oggetto di un esame nel merito.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94

 Argomenti delle parti

26      Secondo la ricorrente, a torto la commissione di ricorso ha ritenuto che la prova dell’uso del marchio anteriore dimostrasse che esso era effettivamente utilizzato in Italia per i prodotti ad uso oftalmico. I documenti prodotti dall’interveniente, infatti, avrebbero semplicemente indicato che il prodotto poteva essere utilizzato nell’ambito di un trattamento oftalmico.

27      L’UAMI osserva che, in forza dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, l’interveniente non era affatto tenuta a provare l’uso specifico del proprio marchio per designare i prodotti oggetto della domanda di registrazione. L’uso di un marchio in quanto marchio commerciale implicherebbe che il segno sia utilizzato per svolgere, in particolare, la funzione di collegamento tra i prodotti e servizi contrassegnati dal marchio e la persona o la società responsabile della loro commercializzazione, vale a dire in quanto indicatore d’origine. Orbene, la ricorrente non contesterebbe che i documenti prodotti fossero idonei a dimostrare l’uso del marchio anteriore in quanto marchio commerciale, indicativo di un prodotto utilizzabile nell’ambito di un trattamento oftalmico.

28      L’interveniente sostiene di aver fornito prove dirette a dimostrare che il trattamento oftalmico faceva parte delle indicazioni terapeutiche del prodotto oggetto del marchio anteriore approvate dalle autorità sanitarie italiane e che il medicinale era stato venduto per diversi anni (dal 1995 al 1999). Non si potrebbe pretendere la prova che il medicinale sia stato effettivamente assunto da pazienti affetti da turbe vascolari degli occhi.

 Giudizio del Tribunale

29      Occorre anzitutto rilevare che, se anche la ricorrente non richiama esplicitamente l’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, l’argomento che essa svolge va inteso come riferito ad un motivo vertente sulla violazione di tale disposizione. Infatti, atteso che essa afferma, in sostanza, che la prova dell’uso prodotta dall’interveniente non dimostra che quest’ultima abbia utilizzato il marchio per i prodotti ad uso oftalmico, tale argomento postula che sia esaminata, in un primo tempo, l’eventuale violazione di tale norma e, soltanto in un secondo tempo, l’eventuale raffronto erroneo tra i prodotti, nell’ambito dell’art. 8 n. 1, lett. b), dello stesso regolamento.

30      Non è stato contestato dinanzi all’UAMI che il marchio anteriore sia stato utilizzato per designare un prodotto medicinale. Risulta infatti dagli atti e, segnatamente, dal foglietto illustrativo relativo al medicinale dell’interveniente, nonché da un estratto del repertorio italiano L’Informatore Farmaceutico, che il marchio TRIVASTAN indica un vasodilatatore periferico utilizzato in neurologia, otorinolaringoiatria, oftalmologia, angiologia e geriatria e, in particolare, che è indicato nel trattamento delle «turbe vascolari periferiche e cerebrali e dei disturbi vascolari dell’occhio e dell’orecchio».

31      Si deve rilevare che, se, da un lato, una delle indicazioni terapeutiche di un medicinale è il trattamento dei disturbi vascolari dell’occhio e, dall’altro, è provato che esso è stato venduto per diversi anni – il che non è contestato –, ciò significa che esso può essere stato utilizzato per il trattamento di tali disturbi. Ciò premesso, sarebbe superfluo, oltre che difficile, esigere la prova che tale medicinale è stato realmente assunto da pazienti affetti da turbe vascolari degli occhi.

32      Si deve pertanto ritenere che la commissione di ricorso non abbia contravvenuto all’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94 allorché ha concluso che la prova fornita dall’interveniente dimostrava l’uso serio del marchio anteriore per un «vasodilatatore periferico destinato a trattare turbe vascolari periferiche e cerebrali e disturbi vascolari dell’occhio e dell’orecchio».

33      Il primo motivo dedotto dalla ricorrente dev’essere pertanto respinto.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94

 Argomenti delle parti

34      La ricorrente sostiene che i prodotti di cui trattasi non presentano somiglianze sufficienti a fondare la conclusione dell’UAMI, che i marchi in conflitto non sono simili tenuto conto delle loro differenze visive e fonetiche e che, pertanto, non vi è alcun rischio di confusione o di associazione tra i marchi.

35      Quanto alla somiglianza tra i prodotti, la ricorrente ritiene che l’UAMI non abbia correttamente tenuto conto della forma dei prodotti. Il prodotto dell’interveniente, infatti, sarebbe una pasticca assunta per via orale, mentre il prodotto della ricorrente si presenterebbe sotto forma di gocce oftalmiche.

36      Inoltre, poiché tali prodotti sarebbero disponibili unicamente in farmacia e dietro prescrizione, il consumatore acquisterebbe un prodotto che è già stato scelto e identificato per lui da un esperto. Secondo la ricorrente, poiché il marchio TRAVATAN è utilizzato per un prodotto oftalmico indicato nel trattamento del glaucoma, la terapia appropriata è prescritta da un oftalmologo, mentre il medicinale TRIVASTAN è prescritto da uno specialista in materia di disturbi vascolari. Questi due prodotti sarebbero quindi prescritti da medici specialisti e le rispettive prescrizioni sarebbero compilate e rilasciate da farmacisti. Sarebbe molto improbabile che un farmacista confonda la forma dei prodotti o le loro indicazioni (vale a dire gocce oftalmiche destinate al trattamento del glaucoma, rispetto a un vasodilatatore in forma di pillola utilizzato generalmente nel trattamento dei disturbi venosi). La ricorrente sottolinea che il prodotto dell’interveniente sembra essere destinato al trattamento generale di problemi vascolari.

37      La ricorrente avrebbe peraltro deliberatamente limitato la specificazione del suo prodotto ai «prodotti farmaceutici per uso oftalmico per il trattamento del glaucoma», riducendo ulteriormente qualunque somiglianza tra i prodotti. La commissione di ricorso non avrebbe valutato correttamente tale fattore.

38      Quanto alla somiglianza tra i segni, la ricorrente afferma, sotto il profilo della somiglianza visiva, che l’impressione d’insieme prodotta è che le somiglianze, benché presenti, non siano sufficienti a rendere i segni simili. Contrariamente a quanto ha rilevato la commissione di ricorso, le prime due lettere di ciascun vocabolo, «t» e «r», non costituirebbero la parte dominante del prefisso di ciascun marchio, posto che il prefisso «tr» sarebbe privo di qualunque significato senza la vocale cui è connesso e che sarebbe proprio questa vocale a consentire al consumatore di pronunciare la sillaba. Pertanto, il raffronto corretto dovrebbe avvenire sulla base di ciascuna sillaba nel suo insieme, vale a dire il prefisso «tra» e il prefisso «tri».

39      Per quanto riguarda la somiglianza fonetica, la ricorrente sostiene che le differenze sono sufficienti a distinguere i marchi, tanto più che tali differenze si combinano con le differenze visive. Esisterebbe infatti una differenza molto percettibile nella pronuncia italiana di «tri» e di «tra». Inoltre, l’aggiunta della consonante «s» attribuirebbe a TRIVASTAN una particolarità fonetica maggiore.

40      Quanto alla somiglianza concettuale, la ricorrente afferma che i marchi sono diversi. Il prefisso «tri» del marchio anteriore significherebbe «triplo» o «tre volte», e la sillaba «vas» si riferirebbe a «vascolare». Pertanto, il significato del marchio anteriore TRIVASTAN sarebbe facilmente discernibile dai professionisti come i medici e i farmacisti in quanto significherebbe che il prodotto ha una tripla azione ed è utilizzato per i disturbi vascolari. Il suffisso «tan» sarebbe privo di significato e non distintivo e, sebbene comune ai due marchi, sarebbe altresì comune a molti altri marchi di prodotti rientranti nella classe 5. Il marchio richiesto TRAVATAN non avrebbe alcun significato, trattandosi di una parola inventata, sebbene le prime quattro lettere derivino dal termine «Travoprost», che è la denominazione comune internazione del prodotto della ricorrente.

41      Pertanto, quand’anche si dovesse ritenere che esista una certa somiglianza visiva o fonetica tra i segni, l’effetto di tale somiglianza non dovrebbe essere esagerato, in considerazione, segnatamente, della differenza tra le forme dei due prodotti nonché del contesto medico nel quale sono venduti.

42      La ricorrente sostiene inoltre che il marchio anteriore non ha carattere intrinsecamente distintivo e che non è stata fornita alcuna prova della sua rinomanza o notorietà. Infatti, qualora un marchio anteriore non goda di una particolare notorietà presso il pubblico e consista in una figura che presenta pochi elementi di fantasia, la semplice somiglianza tra i marchi non sarebbe sufficiente a generare un rischio di confusione (sentenza della Corte 11 novembre 1997, causa C‑251/95, SABEL, Racc. pag. I‑6191, punto 25).

43      Peraltro, l’Agenzia europea di valutazione dei medicinali avrebbe rilasciato un’autorizzazione di immissione in commercio su tutto il territorio dell’Unione europea del prodotto della ricorrente recante il marchio TRAVATAN.

44      L’UAMI e l’interveniente aderiscono alle valutazioni effettuate dalla commissione di ricorso.

 Giudizio del Tribunale

45      Ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa della sua identità o della sua somiglianza con un marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore. Peraltro, a norma dell’art. 8, n. 2, lett. a), sub. ii), del regolamento n. 40/94, si intendono per marchi anteriori, segnatamente, i marchi registrati in uno Stato membro la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio comunitario.

46      Per giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o eventualmente da imprese economicamente legate tra loro.

47      Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione dev’essere valutato globalmente, sulla scorta della percezione che il pubblico pertinente ha dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie, in particolare dell’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o servizi designati [sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑162/01, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), Racc. pag. II‑2821, punti 31‑33, nonché la giurisprudenza ivi citata].

48      Nella fattispecie, il marchio anteriore TRIVASTAN è stato registrato in Italia, che costituisce pertanto il territorio pertinente ai fini dell’applicazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

49      È pacifico che i prodotti di cui trattasi sono medicinali che richiedono una prescrizione del medico per essere venduti in farmacia ai consumatori finali. Pertanto, il pubblico pertinente è costituito non soltanto dai consumatori finali, ma anche dai professionisti, vale a dire dai medici che prescrivono il medicinale nonché dai farmacisti che vendono il medicinale prescritto.

50      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre procedere al raffronto, da un lato, tra i prodotti di cui trattasi e, dall’altro, tra i segni in conflitto.

–       Sul raffronto tra i prodotti

51      Occorre preliminarmente pronunciarsi sull’eventuale limitazione dell’elenco dei prodotti rivendicati ai «prodotti farmaceutici ad uso oftalmico per il trattamento del glaucoma», che la ricorrente asserisce di aver effettuato. In proposito occorre ricordare che, ai fini dell’applicazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, la valutazione del rischio di confusione deve ricomprendere tutti i prodotti designati dalla domanda di marchio. Per potere essere presa in considerazione, una limitazione dell’elenco dei prodotti e dei servizi designati da una domanda di marchio comunitario dev’essere effettuata secondo talune modalità particolari, mediante istanza di modifica della domanda presentata conformemente all’art. 44 del regolamento n. 40/94 e alla regola 13 del regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868, recante modalità di esecuzione del regolamento n. 40/94 (GU L 303, pag. 1) [sentenza Pasticca ovoidale, citata, punto 13, e sentenza del Tribunale 25 novembre 2003, causa T‑286/02, Oriental Kitchen/UAMI – Mou Dybfrost (KIAP MOU), Racc. pag. II‑4953, punto 30]. Inoltre, la limitazione dei prodotti contenuti in una domanda di marchio comunitario dev’essere effettuata in modo espresso e non condizionato [v., in tal senso, sentenze del Tribunale 27 febbraio 2002, causa T‑219/00, Ellos/UAMI (ELLOS), Racc. pag. II‑753, punti 61 e 62, e 10 novembre 2004, causa T‑396/02, Storck/UAMI (Forma di una caramella), Racc. pag. II‑3821, punto 20].

52      Nella fattispecie la ricorrente, nella memoria in cui espone i motivi del ricorso del 28 gennaio 2002, ha rilevato quanto segue:

«Al fine di agevolare il compito [della commissione di ricorso], i richiedenti confermano di essere disposti a limitare l’indicazione delle merci oggetto della domanda di deposito n. 847590 [ai] “prodotti farmaceutici ad uso oftalmico per il trattamento dei glaucomi”».

53      Occorre rilevare che le modalità della limitazione non sono state rispettate allorché si è fatto ricorso alla formulazione «confermano di essere disposti», giacché la ricorrente non ha presentato in tal senso alcuna istanza di modifica della domanda di marchio, conformemente alle disposizioni citate.

54      Ciò premesso, non si può contestare alla commissione di ricorso di non aver preso in considerazione l’asserita limitazione dei prodotti contenuti nella domanda di marchio comunitario.

55      Pertanto, i prodotti da mettere a confronto sono i «prodotti farmaceutici per uso oftalmico» e il «vasodilatatore periferico destinato al trattamento delle turbe vascolari periferiche e cerebrali e dei disturbi vascolari dell’occhio e dell’orecchio».

56      Per valutare la somiglianza tra i prodotti o servizi di cui trattasi, occorre tener conto di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano il rapporto tra i prodotti o i servizi. Questi fattori includono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, il loro impiego nonché la loro concorrenzialità o complementarità (v., per analogia, sentenza della Corte 29 settembre 1998, causa C‑39/97, Canon, Racc. pag. I‑5507, punto 23).

57      Nella specie, come giustamente afferma l’UAMI, i prodotti sono della stessa natura (prodotti farmaceutici), hanno la stessa finalità o destinazione (trattamento dei disturbi oculari di origine vascolare o meno), si rivolgono agli stessi consumatori (i professionisti, ivi compresi i medici e i farmacisti, e i veri e propri utilizzatori finali, vale a dire i pazienti affetti da turbe oculari), si avvalgono dei medesimi canali di distribuzione (di regola, le farmacie) e presentano un carattere potenzialmente complementare. Non v’è dubbio, pertanto, che possano essere prodotti o commercializzati dagli stessi operatori economici.

58      Va respinto l’argomento della ricorrente secondo il quale i prodotti non sono simili, in quanto il prodotto dell’interveniente è una pastiglia assunta per via orale, mentre il prodotto della ricorrente si presenta sotto forma di gocce oftalmiche. Questa differenza nella modalità di somministrazione del medicinale non è infatti tale da predominare, nella fattispecie, sulla natura e sulla destinazione comune dei due prodotti.

59      Inoltre, l’argomento della ricorrente secondo il quale il suo medicinale è prescritto dall’oftalmologo, mentre il medicinale dell’interveniente viene prescritto da uno specialista in materia di problemi vascolari, è inconferente. Infatti, atteso che il medicinale dell’interveniente può essere utilizzato per il trattamento dei disturbi vascolari dell’occhio, non può escludersi che sia un oftalmologo, anziché uno specialista in materia di problemi vascolari, a curare il paziente affetto da tale tipo di disturbo.

60      Pertanto, siccome il prodotto contrassegnato dal marchio anteriore può essere utilizzato nel trattamento dei disturbi vascolari dell’occhio, pur essendo destinato al trattamento generale di problemi vascolari, come afferma la ricorrente, esso dev’essere considerato analogo ad un prodotto farmaceutico ad uso oftalmico, posto che si tratta, in entrambi i casi, della terapia dei disturbi dell’occhio.

61      Di conseguenza, la commissione di ricorso non è incorsa in errore allorché la constatato la sussistenza di un elevato grado di somiglianza tra i prodotti di cui trattasi.

–       Sul raffronto tra i segni di cui trattasi

62      Secondo un costante orientamento giurisprudenziale, la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o logica dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta da questi ultimi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti [sentenza del Tribunale 14 ottobre 2003, causa T‑292/01, Phillips‑Van Heusen/UAMI – Pash Textilvertrieb und Einzelhandel (BASS), Racc. pag. II‑4335, punto 47, nonché la giurisprudenza ivi citata].

63      I segni denominativi da porre a raffronto sono i seguenti:

–        TRAVATAN: marchio richiesto;

–        TRIVASTAN: marchio anteriore.

64      La ricorrente afferma che le somiglianze esistenti tra tali segni non sono sufficienti a dimostrarne l’identità visiva e che la commissione di ricorso ha erroneamente isolato le prime due lettere dei segni in discussione come elemento dominante del prefisso di ciascun marchio, anziché considerare la prima sillaba nel suo insieme.

65      L’argomento della ricorrente dev’essere disatteso. La commissione di ricorso ha giustamente rilevato che, sul piano visivo, i due segni erano pressoché della stessa lunghezza e presentavano sette lettere, «t», «r», «v», «a», «t», «a» e «n», in comune, collocate nel medesimo ordine. Ha indicato altresì, correttamente, che iniziavano con le stesse lettere «t» e «r» ed avevano la stessa finale «tan». Occorre rilevare che il fatto che le prime due lettere non costituiscano interamente la prima sillaba non ha importanza, nella specie, in sede di raffronto visivo. Si deve pertanto concluderne che l’impressione d’insieme creata da queste somiglianze visive è che i segni sono simili. La commissione di ricorso correttamente ha rilevato che le differenze tra i segni in parola, dovute al fatto che la terza lettera di ciascun segno è diversa (le vocali «i» e «a») e alla presenza di una lettera supplementare nel marchio anteriore (la consonante «s»), non erano tali da neutralizzare tale impressione, essendo tali elementi poco percettibili sotto il profilo visivo.

66      Occorre pertanto ritenere che la commissione di ricorso non abbia commesso errori allorché ha constatato che i segni erano simili sul piano visivo.

67      Quanto alla somiglianza fonetica, la ricorrente afferma che la commissione di ricorso non ha tenuto sufficientemente in considerazione l’impatto fonetico delle caratteristiche distinte dei marchi, che essa ha giudicato insignificanti. Le divergenze tra i segni sarebbero sufficienti tuttavia a distinguerli foneticamente, in quanto determinerebbero una pronuncia chiaramente distinta nel locutore italiano.

68      A tal proposito la commissione di ricorso ha rilevato che, siccome il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere ad un raffronto diretto tra i diversi marchi, dovendo invece confidare nell’impressione fonetica imperfetta di quelli che ha conservato nella memoria, tenuto conto della sonorità molto simile delle prime due sillabe dei segni in conflitto e della sonorità identica della loro ultima sillaba, questi ultimi creano nel consumatore medio un’impressione fonetica d’insieme simile.

69      Occorre rilevare, alla stregua dell’interveniente, che i due segni consistono in vocaboli aventi la stessa lunghezza fonetica, lo stesso suono iniziale («tr»), lo stesso suono finale (la sillaba «tan»), suoni intermedi quasi simili («va» / «vas») nonché la stessa cadenza, e che i fonemi sono per la maggior parte identici e appaiono nel medesimo ordine. Va rilevato che l’esistenza di un numero così elevato di elementi comuni impedisce al consumatore italiano di percepire chiaramente le piccole differenze tra tali segni, il che è idoneo ad ingenerare in lui una certa confusione.

70      Pertanto, la commissione di ricorso non ha commesso errori allorché ha constatato la sussistenza di una somiglianza fonetica tra i segni in conflitto.

71      Per quanto riguarda il raffronto tra i segni dal punto di vista concettuale, la ricorrente afferma che i segni si distinguono sul piano concettuale, in quanto il marchio richiesto TRAVATAN non è dotato di senso, laddove la prima sillaba del marchio anteriore TRIVASTAN significa «triplo» e la sua seconda sillaba «vas» allude all’aggettivo «vascolare». L’unica sillaba comune ai due segni non avrebbe né senso particolare né carattere distintivo per i prodotti della classe 5.

72      La commissione di ricorso ha rilevato che i vocaboli «trivastan» e «travatan» non presentavano alcun significato per il consumatore italiano.

73      La valutazione della commissione di ricorso è del tutto condivisibile. Non sembra probabile, infatti, che il marchio anteriore TRIVASTAN significhi per il pubblico pertinente, ancorché esso includa anche i professionisti, che il prodotto ha una tripla azione ed è utilizzato per le turbe vascolari. Quand’anche il pubblico potesse intendere «tri» come riferentesi a «triplo», non sarebbe agevole determinare a quale «triplo» si alluda. Inoltre, come l’UAMI ha rilevato, esistono in italiano parole che iniziano per «tri», ma in cui tale «tri» non ha affatto il senso di «triplo» (ad esempio «tributario» o «tribolare»).

74      Si deve pertanto ritenere che i vocaboli «travatan» e «trivastan» non rivestano alcun significato particolare per il consumatore italiano e che pertanto non vi sia somiglianza concettuale tra i segni di cui trattasi.

75      Occorre pertanto concludere che sussistono una somiglianza visiva rilevante e una somiglianza fonetica tra i segni in conflitto, mentre manca ogni somiglianza concettuale tra tali segni.

76      Considerata la rilevante somiglianza tra i prodotti nonché la somiglianza visiva e fonetica tra i segni, si deve rilevare che esiste un rischio di confusione tra tali segni.

77      Quanto all’argomento della ricorrente secondo cui il marchio anteriore non è rinomato, si deve osservare che l’interveniente non ha mai dedotto la notorietà del proprio marchio.

78      Inoltre, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui il marchio anteriore non ha carattere intrinsecamente distintivo, si deve necessariamente constatare che essa non lo suffraga in alcun modo. Peraltro, la commissione di ricorso non ha fondato il proprio argomento in merito al rischio di confusione sull’elevato carattere distintivo del marchio anteriore. Infatti, se il carattere distintivo del marchio anteriore va preso in considerazione per valutare il rischio di confusione (v., per analogia, sentenza Canon, citata, punto 24), esso è solo uno, tra gli altri, degli elementi che intervengono nell’ambito di tale valutazione. Così, anche in presenza di un marchio anteriore a debole carattere distintivo, può esistere un rischio di confusione, in particolare, a causa di una somiglianza dei segni e dei prodotti considerati [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 16 marzo 2005, causa T‑112/03, L’Oréal/UAMI – Revlon (FLEXI AIR), Racc. pag. II‑949, punto 61].

79      Peraltro, per quanto riguarda la menzione, da parte della ricorrente, del fatto che l’Agenzia europea di valutazione dei medicinali le ha concesso l’autorizzazione ad immettere sul mercato il suo prodotto con il marchio TRAVATAN, è sufficiente rilevare che, poiché la ricorrente non ne ha fatto alcuna menzione dinanzi all’UAMI né ha presentato all’UAMI alcuna prova in proposito, tale argomento è irricevibile. Inoltre, esso è privo di pertinenza nella fattispecie, giacché questa eventuale autorizzazione è estranea alla valutazione del rischio di confusione in sede di applicazione del regolamento n. 40/94.

80      Alla luce di quanto sopra, si deve concludere che il grado di somiglianza tra i prodotti e i segni di cui trattasi è sufficientemente elevato da far ritenere che il pubblico potrebbe credere che i prodotti di cui trattasi provengono dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate.

81      Occorre di conseguenza respingere il secondo motivo dedotto dalla ricorrente e, pertanto, il ricorso nel suo insieme.

 Sulle spese

82      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese sostenute dall’UAMI e dall’interveniente, conformemente a quanto da essi domandato.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La ricorrente è condannata alle spese.

Jaeger

Tiili

Czúcz

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 22 settembre 2005.

Il cancelliere

 

       Il presidente

H. Jung

 

       M. Jaeger


* Lingua processuale: l'inglese.