Language of document : ECLI:EU:C:2016:427

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 9 giugno 2016 (1)

Causa C‑212/15

ENEFI Energiahatekonysagi Nyrt

contro

Direcția Generală Regională a Finanțelor Publice Brașov (DGRFP)

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunalul Mureș, Secția civilă (Tribunale regionale di Mureș, Sezione civile, Romania)]

(Procedura di insolvenza – Effetti previsti dalla legge dello Stato di apertura della procedura con riguardo a un credito fiscale che non è stato iscritto in detta procedura e che è soggetto a esecuzione in un altro Stato membro)





I –    Introduzione

1.        La presente causa riguarda l’esecuzione forzata di un credito fiscale in Romania nei confronti di una società avente sede in Ungheria, dove è oggetto di procedura di insolvenza. Tale credito fiscale non è stato iscritto in detta procedura di insolvenza e, secondo la legge ungherese, il relativo diritto è prescritto.

2.        Si chiede alla Corte di stabilire se il regolamento (CE) n. 1346/2000, relativo alle procedure di insolvenza (2), consenta una norma nazionale che prevede la decadenza o la sospensione dell’esecuzione forzata di un siffatto credito non iscritto. La Corte è altresì invitata a determinare se la natura fiscale di tale credito abbia rilevanza ai fini della valutazione. Tali questioni sollevano la questione incidentale se la normativa nazionale applicabile alla procedura di insolvenza aperta in uno Stato membro debba parimenti disciplinare gli effetti dell’apertura di detta procedura su un’azione esecutiva che coinvolge lo stesso debitore in un altro Stato membro.

II – Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

3.        Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1346/2000 «[s]ono competenti ad aprire la procedura di insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore. Per le società e le persone giuridiche si presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede statutaria».

4.        L’articolo 4 del regolamento n. 1346/2000 stabilisce norme in materia di legge applicabile. In linea di principio, l’articolo 4, paragrafo 1, prevede che «[s]alvo disposizione contraria del (…) regolamento, si applica alla procedura di insolvenza e ai suoi effetti la legge dello Stato membro nel cui territorio è aperta la procedura. [Tale Stato membro è] denominato “Stato di apertura”».

5.        Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1346/2000, la legge dello Stato di apertura, definita come lex concursus nel considerando 23 del regolamento, «determina le condizioni di apertura, lo svolgimento e la chiusura della procedura di insolvenza». Tale disposizione include un elenco non esaustivo di materie disciplinate dalla lex concursus, ivi inclusi, inter alia, alla lettera f), «gli effetti della procedura di insolvenza sulle azioni giudiziarie individuali, salvo che per i procedimenti pendenti» e, alla lettera k), «i diritti dei creditori dopo la chiusura della procedura di insolvenza».

6.        L’articolo 15 del regolamento n. 1346/2000 dispone che «[g]li effetti della procedura di insolvenza su un procedimento pendente relativo a un bene o a un diritto del quale il debitore è spossessato sono disciplinati esclusivamente dalla legge dello Stato membro nel quale il procedimento è pendente».

7.        In virtù dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 1346/2000, in linea di principio, «[i]l creditore che, dopo l’apertura di una procedura (…), ottiene con qualsiasi mezzo, in particolare mediante azioni esecutive, soddisfazione totale o parziale del credito con beni del debitore situati nel territorio di un altro Stato membro, deve restituire al curatore ciò che ha ottenuto (…)».

8.        Infine, l’articolo 39 del regolamento n. 1346/2000 riconosce il diritto del «creditore che ha la residenza abituale, il domicilio o la sede in uno Stato membro diverso dallo Stato di apertura, comprese le autorità fiscali e gli organismi di previdenza sociale degli Stati membri, (…) di insinuare i crediti per iscritto nella procedura di insolvenza».

B –    Diritto nazionale

9.        L’articolo 20, paragrafo 3, della legge ungherese in materia di insolvenza, Legge XLIX del 1991, prevede che un creditore che non abbia osservato il termine per la dichiarazione dei propri diritti ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, di tale legge, perde la possibilità di partecipare all’accordo concluso tra il debitore e i creditori al termine della procedura di insolvenza. Ciò significa che un creditore che abbia omesso di iscrivere un credito, in linea di principio, non può più far valere quel credito nei confronti del debitore.

III – Fatti, procedimento nazionale e questioni pregiudiziali

10.      L’ENEFI Energiahatekonysagi Nyrt (in prosieguo: la «ricorrente») è una società con sede sociale in Ungheria e una dipendenza in Romania.

11.      Il 13 dicembre 2012 è stata aperta in Ungheria la procedura di insolvenza nei confronti della ricorrente.

12.      Il 7 gennaio 2013 la Direcția Generală Regională a Finanțelor Publice Brașov (Direzione generale regionale delle finanze pubbliche di Brașov; in prosieguo: la «convenuta») è stata informata dell’apertura della procedura di insolvenza in Ungheria e della possibilità di iscrivere i crediti vantati nei confronti della ricorrente nell’ambito di tale procedura.

13.      Nel gennaio 2013 la convenuta ha cercato di iscrivere due crediti nella procedura di insolvenza (in prosieguo: i «crediti iniziali»). Tuttavia, essa non ha rispettato il termine applicabile e non ha versato l’imposta di registro applicabile. Pertanto, detti crediti non potevano essere iscritti e considerati nella procedura di insolvenza, come dichiarato dal curatore il 2 maggio 2013.

14.      Tra il 5 e il 25 giugno 2013, mentre la procedura di insolvenza era ancora in corso, la convenuta ha effettuato una verifica fiscale presso la dipendenza della ricorrente in Romania. Il 25 giugno 2013 la convenuta ha emesso nei confronti della ricorrente un avviso di accertamento relativo a obblighi supplementari in materia di IVA (in prosieguo: l’«avviso di accertamento successivo all’insolvenza»). La convenuta non ha iscritto alcun credito riguardante l’avviso di accertamento successivo all’insolvenza nella procedura di insolvenza. Essa ha invece avviato in Romania il procedimento esecutivo relativo all’avviso di accertamento successivo all’insolvenza.

15.      Inizialmente l’avviso di accertamento successivo all’insolvenza non è stato contestato dalla ricorrente. Di conseguenza, il 7 agosto 2013 le autorità rumene hanno emesso un titolo esecutivo nei confronti della ricorrente.

16.      La procedura di insolvenza in Ungheria è stata chiusa il 7 settembre 2013.

17.      Il 3 settembre 2013 la ricorrente ha avviato in Romania il procedimento di opposizione al titolo esecutivo. La ricorrente ritiene di non essere obbligata a pagare la somma ivi richiesta e ne considera illegittima l’esecuzione forzata. Essa sottolinea che quando è stata effettuata la verifica fiscale che ha condotto all’emissione dell’avviso di accertamento successivo all’insolvenza, la ricorrente era già oggetto della procedura di insolvenza in Ungheria. Pertanto, per dare esecuzione agli obblighi di pagamento della ricorrente in forza dell’avviso di accertamento successivo all’insolvenza, la convenuta avrebbe dovuto iscrivere il proprio credito nella procedura di insolvenza. La ricorrente dichiara che la legge ungherese è la legge che disciplina la procedura di insolvenza conformemente al regolamento n. 1346/2000 e la legge ungherese dispone che i crediti che non siano stati iscritti nella procedura di insolvenza non si possono far valere. Di conseguenza, secondo la ricorrente, il diritto della convenuta al pagamento in forza dell’avviso di accertamento successivo all’insolvenza è ormai prescritto.

18.      In siffatte circostanze, il Tribunalul Mureș, Secția civilă (Tribunale regionale di Mureș, Sezione civile) ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte di giustizia le seguenti questioni:

«(1)      Nell’interpretare l’articolo 4, paragrafi 1 e 2, lettere f) e k), del regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza, si voglia precisare se gli effetti della procedura di insolvenza disciplinati dalla legge dello Stato di apertura della procedura possano comprendere la decadenza di un creditore, che non abbia partecipato alla procedura di insolvenza, dal diritto di far valere il proprio credito in un altro Stato membro o la sospensione dell’esecuzione forzata di detto credito in tale altro Stato membro.

(2)      Se sia rilevante il fatto che il credito fatto valere mediante esecuzione forzata in uno Stato membro diverso da quello di apertura della procedura sia un credito fiscale».

19.      Hanno presentato osservazioni scritte i governi ungherese e olandese, nonché la Commissione. Il governo ungherese e la Commissione hanno formulato osservazioni orali all’udienza tenutasi il 14 aprile 2016.

IV – Valutazione

20.      La seconda questione sollevata dal giudice del rinvio mira, essenzialmente, ad accertare l’ambito di applicazione del regolamento n. 1346/2000. La prima questione riguarda i suoi effetti una volta che sia stato confermato che il regolamento n. 1346/2000 sia effettivamente applicabile ai crediti fiscali.

21.      La questione dell’applicabilità del regolamento n. 1346/2000 precede logicamente la discussione sui suoi effetti. Pertanto, inizierò la mia analisi rispondendo prima alla seconda questione, segnatamente se la natura fiscale dell’avviso di accertamento successivo all’insolvenza sia in qualche modo rilevante per l’applicabilità del regolamento n. 1346/2000 (A). In secondo luogo, valuterò se il regolamento n. 1346/2000 autorizzi una normativa nazionale che prevede la decadenza dal diritto di far valere crediti non iscritti nella procedura di insolvenza o la sospensione dell’esecuzione forzata di tali diritti in uno Stato membro diverso (B).

A –    Seconda questione

22.      Con la seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio desidera sapere se la specifica natura del credito basato sull’avviso di accertamento successivo all’insolvenza sia rilevante per la valutazione dell’applicabilità del regolamento n. 1346/2000.

23.      Il giudice del rinvio usa la nozione di «credito fiscale» per riferirsi agli obblighi d’imposta della ricorrente derivanti dalla legge rumena. Così sembrerebbe che in questo contesto «fiscale» significhi sostanzialmente «d’imposta». Il giudice del rinvio sembra presupporre che un credito fiscale debba essere trattato diversamente perché la convenuta è un’autorità tributaria.

24.      Analogamente alla posizione espressa dai governi ungherese e olandese, nonché dalla Commissione, non condivido tale parere.

25.      Il testo del regolamento n. 1346/2000 dispone chiaramente che esso è applicabile sia ai creditori privati sia a quelli pubblici senza distinzione. L’articolo 39 riconosce il diritto del «creditore che ha la residenza abituale, il domicilio o la sede in uno Stato membro diverso dallo Stato di apertura, comprese le autorità fiscali e gli organismi di previdenza sociale degli Stati membri, (…) di insinuare i crediti per iscritto nella procedura di insolvenza» (3). Lo stesso è ripetuto nel considerando 21 del regolamento (4).

26.      Peraltro, sul piano fattuale, risulta dall’ordinanza di rinvio che la convenuta ha tentato di agire (con riguardo ai crediti iniziali) e avrebbe potuto agire (con riguardo all’avviso di accertamento successivo all’insolvenza) quale creditore nel senso abituale del termine nelle procedure di insolvenza, vale a dire, con un credito proprio da insinuare nei confronti del debitore insolvente (5).

27.      Pertanto, suggerisco che la risposta che la Corte dovrebbe dare alla seconda questione pregiudiziale è che la natura fiscale di un’azione di esecuzione forzata che è esperita in uno Stato membro diverso dallo Stato di apertura della procedura di insolvenza è irrilevante ai fini dell’applicabilità del regolamento n. 1346/2000 a tale azione esecutiva.

28.      Per chiarezza espositiva, si deve sottolineare che la neutralità del regolamento n. 1346/2000 con riguardo alla sua applicabilità ai crediti di diritto pubblico e privato non pregiudica i diritti di prelazione potenziali vantati da alcune categorie di creditori nella procedura di insolvenza secondo la pertinente legge nazionale. L’applicabilità del regolamento n. 1346/2000, da un lato, e i diritti sostanziali derivanti da diverse leggi nazionali, dall’altro, sono due questioni separate. La presente causa riguarda la prima e non la seconda.

B –    Prima questione

29.      Con la prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio desidera sapere se il regolamento n. 1346/2000 autorizzi una normativa nazionale che preveda la decadenza dal diritto di far valere crediti che non siano stati debitamente iscritti nella procedura di insolvenza o la sospensione dell’esecuzione forzata di detti crediti in uno Stato membro diverso. Analizzerò innanzitutto la questione della decadenza e della sospensione (i). Successivamente, valuterò se la legge ungherese, quale lex concursus, debba altresì disciplinare gli effetti della procedura di insolvenza sull’esecuzione forzata in Romania (ii).

i)      Decadenza dal diritto di far valere crediti non iscritti e sospensione della relativa esecuzione forzata

30.      Il giudice del rinvio suggerisce che, nel caso di specie, la legge ungherese quale lex concursus non dovrebbe prevedere la decadenza dal diritto di far valere un credito che è invocato in uno Stato membro diverso. Si suggerisce che ciò sarebbe incompatibile con la possibilità di aprire una procedura secondaria (6). Consentirebbe altresì al debitore di eludere i propri obblighi fiscali nazionali.

31.      Occorre ricordare che l’oggetto del regolamento n. 1346/2000 è prevalentemente limitato alle norme di conflitto di leggi (7). Esso include solo qualche norma uniforme. Tali norme uniformi che contiene non riguardano le conseguenze da collegare alla mancata iscrizione di un credito nella procedura di insolvenza.

32.      Nel contesto di siffatto quadro legislativo, spetta agli Stati membri prevedere le norme applicabili disciplinanti le conseguenze da collegare alla mancata iscrizione di un credito nella procedura di insolvenza, soggette ai due requisiti di equivalenza e di effettività (8). Esaminerò entrambi tali requisiti in successione.

33.      Il requisito dell’equivalenza implica che le disposizioni della normativa nazionale relativa alla partecipazione dei creditori transfrontalieri alla procedura di insolvenza aperta in Ungheria non siano meno favorevoli delle condizioni di partecipazione applicabili ai creditori nazionali.

34.      A norma dell’articolo 20, comma 3, della legge XLIX del 1991, la decadenza di un credito non iscritto è determinata dalla mancata iscrizione del credito entro i termini previsti. A tal proposito non ha alcuna rilevanza che il credito fosse vantato da un creditore nazionale o transfrontaliero.

35.      Peraltro, l’ordinanza di rinvio non contiene alcuna indicazione relativa al fatto che i creditori che si trovano in uno Stato membro diverso dall’Ungheria siano assoggettati ad un trattamento meno favorevole rispetto ai creditori nazionali relativamente all’iscrizione dei loro crediti nella procedura di insolvenza aperta in Ungheria o quando partecipano a tale procedura.

36.      Vero è che in termini pratici tipicamente i creditori transfrontalieri potrebbero dover superare ostacoli derivanti dalla distanza geografica e dalle differenze linguistiche e giuridiche tra lo Stato membro di apertura della procedura di insolvenza e lo Stato membro in cui sono situati siffatti creditori. Tuttavia, questa è una peculiarità inerente alle procedure di insolvenza transfrontaliere, analoga alle difficoltà che le parti possono incontrare nel contenzioso transfrontaliero.

37.      Effettivamente il regolamento n. 1346/2000 affronta queste preoccupazioni esigendo che i creditori transfrontalieri siano informati, mediante notifica, dell’avvio della procedura di insolvenza in un altro Stato membro (così come previsto dall’articolo 40), rafforzando così l’efficienza generale della procedura di insolvenza.

38.      Infine, i fatti del caso di specie mostrano che la convenuta era stata debitamente informata della procedura di insolvenza e dei termini applicabili per iscrivere gli eventuali crediti. Ciò è dimostrato dal tentativo della convenuta di iscrivere i crediti iniziali.

39.      In forza del requisito dell’effettività, agli Stati membri è vietato rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione.

40.      Se il requisito dell’effettività deve essere valutato indipendentemente da quello dell’equivalenza, ed è da applicare rispettando nel contempo l’autonomia processuale di base degli Stati membri, allora esso deve essere opportunamente limitato a due casi: in primo luogo, l’autentica impossibilità e, in secondo luogo, un tale grado di inefficienza relativa all’esecuzione di diritti basati sul diritto dell’Unione tale da costituire una violazione del diritto a un ricorso effettivo previsto dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Per quest’ultima categoria, la soglia è relativamente elevata.

41.      La Corte si è già pronunciata nel senso che l’esistenza di un termine di scadenza per l’iscrizione di un credito nella procedura di insolvenza non è di per sé incompatibile con il principio di effettività. La fissazione di termini ragionevoli a pena di decadenza risponde al principio di effettività e costituisce parimenti un’applicazione pratica del principio della certezza del diritto (9).

42.      Come già osservato, alla convenuta era stata comunicata l’apertura della procedura di insolvenza in Ungheria. La stessa era stata inoltre informata dei termini entro i quali avrebbe dovuto iscrivere eventuali crediti come quello che emerge dall’avviso di accertamento successivo all’insolvenza.

43.      Anche in questo caso, dalle informazioni fornite nell’ordinanza di rinvio non emergono elementi che indichino che la convenuta ha affrontato ostacoli particolari che avrebbero reso in pratica impossibile o eccessivamente difficile (nel senso descritto sopra) l’iscrizione dei propri crediti derivanti dall’avviso di accertamento successivo all’insolvenza e la partecipazione alla procedura di insolvenza aperta in Ungheria.

44.      Alla luce di quanto precede, la mia prima conclusione parziale è che il regolamento n. 1346/2000 non osta a una disposizione di diritto nazionale, quale l’articolo 20, comma 3, della Legge XLIX del 1991, che preveda la decadenza dal diritto di far valere crediti che non siano stati debitamente iscritti nella procedura di insolvenza.

45.      Inoltre, la formulazione della prima questione pregiudiziale non si riferisce solo alla decadenza dal diritto di far valere crediti non iscritti, bensì anche alla sospensione dell’esecuzione forzata di siffatti crediti non iscritti in un altro Stato membro. Tuttavia, la normativa ungherese descritta nell’ordinanza di rinvio prevede solo la decadenza quanto ai crediti non iscritti. Il giudice del rinvio non ha fornito alcuna informazione in merito a specifiche disposizioni della legge ungherese che comportino la sospensione dell’esecuzione forzata di crediti che non siano stati iscritti nella procedura di insolvenza.

46.      Nondimeno, nello spirito di cooperazione che sottende la procedura pregiudiziale, e al fine di fornire al giudice nazionale una risposta completa e utile, aggiungerei le seguenti osservazioni. Ho già rilevato che, a mio avviso, il regolamento n. 1346/2000 autorizza una norma della lex concursus che dispiega effetti giuridici piuttosto rilevanti: la decadenza dal diritto di far valere crediti non iscritti. Se un effetto così significativo è consentito, lo stesso regolamento dovrebbe, a fortiori, autorizzare anche una norma della lex concursus che si limiti a sospendere la relativa procedura di esecuzione forzata e che produrrà probabilmente un effetto meno incisivo sui diritti delle parti rispetto alla definitiva decadenza.

47.      Pertanto, la mia seconda conclusione parziale è che il regolamento n. 1346/2000 non osta a una norma della lex concursus che preveda la sospensione dell’esecuzione forzata di crediti che non siano stati iscritti nella procedura di insolvenza se lo Stato membro in cui l’esecuzione forzata si svolge è diverso dallo Stato membro in cui la procedura di insolvenza è stata avviata.

ii)    Legge che disciplina gli effetti della procedura di insolvenza su un’esecuzione forzata in uno Stato membro diverso

48.      Il giudice del rinvio nutre dubbi sul fatto che l’interpretazione degli articoli 4, paragrafi 1, e 2, lettere f), e k), del regolamento n. 1346/2000 voglia significare che la legge ungherese, in quanto lex concursus, debba parimenti disciplinare gli effetti della procedura di insolvenza aperta in Ungheria sull’azione esecutiva pendente dinanzi ad esso o se tali effetti debbano essere regolati dalla legge rumena.

49.      Per chiarire tale argomento, esaminerò i fattori che determinano la legge applicabile nel caso di specie.

50.      In primo luogo, è pacifico che la procedura di insolvenza in Ungheria costituisce la procedura di insolvenza principale ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1346/2000. Come disposto dall’articolo 16, paragrafo 1, e confermato dal considerando 22 di detto regolamento, gli effetti di tale procedura devono essere, in linea di principio, riconosciuti in tutti gli altri Stati membri (10).

51.      In secondo luogo, dall’ordinanza di rinvio si desume che non è stata aperta in Romania alcuna procedura di insolvenza secondaria.

52.      Ai termini dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1346/2000, la legge ungherese è quindi la lex concursus. Da tale disposizione nonché dal considerando 22 dello stesso regolamento consegue perciò che la legge ungherese disciplina le condizioni per l’apertura, lo svolgimento e la chiusura della procedura di insolvenza, ivi inclusi, in forza dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera k), i diritti dei creditori successivi all’insolvenza. Si tratta di un’espressione del principio degli effetti universali nella procedura di insolvenza principale (11).

53.      Tale principio presenta tuttavia alcune eccezioni. Con riguardo a tali eccezioni, il giudice a quo rinvia all’articolo 4, paragrafo 2, lettera f), del regolamento n. 1346/2000 il quale prevede che la legge dello Stato di apertura della procedura determina «gli effetti della procedura di insolvenza sulle azioni giudiziarie individuali, salvo che per i procedimenti pendenti».

54.      L’articolo 4, paragrafo 2, lettera f), deve essere letto in combinato disposto con l’articolo 15 del regolamento n. 1346/2000, ai sensi del quale «[g]li effetti della procedura di insolvenza su un procedimento pendente relativo a un bene o a un diritto del quale il debitore è spossessato sono disciplinati esclusivamente dalla legge dello Stato membro nel quale il procedimento è pendente».

55.      Così, come suggerisce il giudice del rinvio, se l’azione di esecuzione pendente in Romania costituisce un «procedimento pendente» ai sensi di tali disposizioni, nel caso di specie, la legge applicabile sarebbe la legge rumena piuttosto che quella ungherese. La legge rumena disciplinerebbe così gli effetti della procedura di insolvenza ungherese su tale azione esecutiva.

56.      L’articolo 15 del regolamento n. 1346/2000 può essere applicato solo se sono soddisfatte due condizioni cumulative: in primo luogo, ci deve essere un «procedimento». In secondo luogo, tale procedimento deve essere «pendente» al momento in cui la procedura di insolvenza è aperta.

57.      I fatti del caso di specie indicano chiaramente che il procedimento esecutivo in Romania non era pendente quando la procedura di insolvenza è stata aperta in Ungheria: il procedimento esecutivo in Romania è iniziato il 7 agosto 2013, basato sull’avviso di accertamento successivo all’insolvenza emesso il 25 giugno 2013. Detto avviso era stato emesso sulla base di una verifica fiscale effettuata tra il 5 e il 25 giugno 2013. La procedura di insolvenza in Ungheria era stata aperta nel dicembre 2012, vale a dire parecchi mesi prima che si verificasse alcuno di tali eventi.

58.      Già questa circostanza di per sé giustifica la conclusione che il procedimento esecutivo nel caso di specie non ricade nell’eccezione individuata nell’articolo 15 e nell’articolo 4, paragrafo 2, lettera f), del regolamento n. 1346/2000.

59.      Tuttavia, a fini di completezza, e prendendo in considerazione la relativa importanza dell’argomento, saranno formulate alcune considerazioni conclusive sulla prima condizione, segnatamente la nozione di «procediment[o]» utilizzata nell’articolo 4, paragrafo 2, lettera f), e nell’articolo 15, del regolamento n. 1346/2000. In particolare, il «procedimento» deve essere inteso come ricomprendente solo i «procedimenti di merito», e/o anche i «procedimenti esecutivi» (12)?

60.      L’importanza di tale questione interpretativa è evidente: se si trae la conclusione che la nozione di «procedimento» si estende ai soli procedimenti di merito, allora i procedimenti esecutivi non potrebbero mai ricadere nell’eccezione di cui all’articolo 15 (e all’articolo 4, paragrafo 2, lettera f), del regolamento n. 1346/2000).

61.      Per quanto concerne il testo, l’articolo 15 del regolamento n. 1346/2000 non rappresenta il migliore esempio di chiarezza. Difatti, la formulazione dell’articolo 15 è ampia e, in base al suo contenuto, copre tutti i procedimenti giudiziari. Il termine «procedimento» può essere inteso in senso generico (13), riferito a ogni tipo di procedimento giudiziario, ricomprendendo così sia i procedimenti di merito sia i procedimenti esecutivi.

62.      Tuttavia, ritengo che vi siano diverse ragioni per cui la valutazione della portata dell’articolo 15 del regolamento n. 1346/2000 non debba fermarsi al suo testo ambiguo. Suggerirei di interpretare la nozione di «procedimento» ai sensi dell’articolo 15 come riferita ai soli procedimenti di merito, ma non ricomprendente i procedimenti esecutivi.

63.      In primo luogo, vi è un argomento sistematico. L’articolo 15 non è una disposizione completamente autonoma. Sistematicamente, è connessa all’articolo 4, paragrafo 2, lettera f). La nozione di «procedimento» deve pertanto essere interpretata alla luce del rapporto esistente tra queste due disposizioni.

64.      L’articolo 4, paragrafo 2, lettera f), distingue tra «azioni giudiziarie individuali», da una parte, e «procedimenti pendenti», dall’altra (14). Tale distinzione dovrebbe essere rilevante anche per l’interpretazione dell’articolo 15: se «procedimento» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera f), esclude le «azioni giudiziarie individuali», così dovrebbe essere altresì per l’interpretazione della stessa nozione di «procedimento» all’articolo 15.

65.      In secondo luogo, dall’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1346/2000 risulta che, in linea di principio, solo una legge applicabile (vale a dire la lex concursus) disciplinerà la procedura di insolvenza. In forza della prima parte dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera f), ciò include le «azioni giudiziarie individuali».

66.      La formulazione dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera f), del regolamento n. 1346/2000 («salvo che per i procedimenti pendenti») rende evidente che l’articolo 15 costituisce un’eccezione alla regola prevista nella prima parte dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera f). Pertanto, trattandosi di un’eccezione, l’articolo 15 deve essere interpretato restrittivamente (15).

67.      In terzo luogo, il regolamento n. 1346/2000 mira ad assemblare la totalità dei beni del debitore in un’unica massa fallimentare, preservando così il sistema di risoluzione collettiva della procedura di insolvenza e la parità di trattamento di tutti i creditori che sorregge ogni procedura di insolvenza. Essendo soggetto a eccezioni esplicite previste dal regolamento n. 1346/2000, tale obiettivo è incompatibile con i tentativi individuali da parte dei creditori di ottenere soddisfazione dei loro crediti con mezzi processuali esterni alla procedura di insolvenza.

68.      La finalità di mantenere l’unità della massa fallimentare sino alla fine della procedura di insolvenza è pure riflessa nell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 1346/2000. Detta disposizione prevede che il creditore che ottenga soddisfazione del proprio credito con beni appartenenti al debitore situati nel territorio di uno Stato membro diverso da quello di apertura della procedura di insolvenza deve restituire al curatore ciò che ha ottenuto.

69.      Un’azione esecutiva consiste nella realizzazione dei diritti di uno o più creditori e può quindi nuocere all’universalità e alla risoluzione collettiva della procedura di insolvenza. Un’azione di merito non implica tale rischio. Questa determina semplicemente i diritti e gli obblighi concernenti i beni del debitore senza implicare la loro realizzazione (16).

70.      In quarto luogo, il suggerimento che il «procedimento» ai sensi dell’articolo 15 debba essere inteso come riferito solo ai procedimenti di merito ma non ai procedimenti esecutivi è corroborato dall’intenzione del legislatore dimostrata al paragrafo 142 della relazione esplicativa Virgos-Schmit sulla convenzione relativa alle procedure d’insolvenza (in prosieguo: la «convenzione») (17). Questo documento (che è considerato quale guida non ufficiale sull’interpretazione del regolamento n. 1346/2000) afferma che l’articolo 4, paragrafo 2, lettera f), della convenzione (che corrisponde alla stessa disposizione del regolamento n. 1346/2000) distingue tra gli effetti delle procedure di insolvenza sulle azioni esecutive individuali e quelli sui procedimenti pendenti. Esso dichiara che gli effetti delle procedure di insolvenza sulle azioni esecutive individuali sono disciplinati dalla lex concursus di modo che la procedura di insolvenza principale impedisce qualsiasi azione esecutiva individuale dei creditori contro i beni del debitore. Per converso, gli effetti della procedura di insolvenza su altre azioni legali relative al patrimonio del debitore sono disciplinati dalla legge dello Stato in cui tali azioni sono pendenti.

71.      In quinto luogo, lo stesso intento legislativo sembra essere confermato dall’articolo 18 del regolamento (UE) 2015/848 (18), che costituisce la rifusione del regolamento n. 1346/2000. Detta disposizione riproduce, in sostanza, l’articolo 15 del regolamento n. 1346/2000. La nuova formulazione dell’articolo 15 (ora articolo 18) ha esteso la sua applicabilità anche ai procedimenti arbitrali (19).

72.      Analogamente a quanto rilevato all’udienza dal governo ungherese, ritengo che tale modifica possa essere intesa quale reiterazione dell’intento del legislatore di limitare la nozione di «procedimento pendente» ai procedimenti di merito.

73.      Infine, a sostegno di questa lettura dell’articolo 15 possono essere delineate analogie più ampie con altra normativa dell’Unione relativa all’insolvenza. Nella sentenza LBI, la Corte ha interpretato la nozione di «procedimento pendente» contenuta nell’articolo 10, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 2001/24/CE (20) come riferita ai soli procedimenti di merito e non ai procedimenti esecutivi. La Corte ha sostenuto che considerare questi ultimi come ricompresi nella nozione di «procedimento pendente» rimetterebbe in discussione l’effetto utile del principio di universalità sancito dalla direttiva 2001/24, poiché un’azione esecutiva diminuirebbe la disponibilità dei beni degli enti creditizi interessati (21).

74.      Lo stesso vale anche per l’interpretazione dell’articolo 15 del regolamento n. 1346/2000. L’articolo 10, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 2001/24 (22) è analogo all’articolo 4, paragrafo 2, lettera f), del regolamento n. 1346/2000, mentre l’articolo 32 della direttiva 2001/24 (23) è analogo all’articolo 15 del regolamento n. 1346/2000.

75.      Tuttavia, si deve prendere atto che l’interpretazione della Corte nella sentenza LBI si è basata sul considerando 30 della direttiva 2001/24, che si riferisce espressamente al «procedimento pendente» come distinto dalle «esecuzioni forzate individuali». (24)

76.      Sebbene non esista una siffatta esplicita distinzione nel regolamento n. 1346/2000, non ritengo che l’assenza di un simile considerando debba condurre a un’interpretazione diversa. Sia il regolamento n. 1346/2000 che la direttiva 2001/24 usano il termine «procedimento pendente» nelle circostanze paragonabili dell’insolvenza, da un lato, e del risanamento e della liquidazione di enti creditizi, dall’altro.

77.      Alla luce di questi argomenti, ritengo che la nozione di «procedimento» ai sensi dell’articolo 15 del regolamento n. 1346/2000 debba essere intesa come riferita solo ai procedimenti di merito ma non ai procedimenti esecutivi.

78.      Per il caso in esame, ciò significa che la legge ungherese quale lex concursus deve disciplinare gli effetti dell’apertura della procedura di insolvenza sull’azione di esecuzione forzata pendente dinanzi al giudice del rinvio.

79.      A guisa di post scriptum, aggiungo che, se la lex concursus applicabile nel caso di specie porta effettivamente alla sospensione dell’azione di esecuzione forzata pendente dinanzi al giudice del rinvio, circostanza che spetta a tale giudice nazionale verificare, una siffatta conseguenza non sorprende affatto, posto che le leggi applicabili di molti Stati membri prevedono una qualche forma di sospensione o rinvio delle azioni di esecuzione forzata relative ai beni del debitore al momento dell’apertura della procedura di insolvenza (25).

80.      Alla luce di quanto precede, suggerisco che la Corte risponda alla prima questione pregiudiziale statuendo che il regolamento n. 1346/2000 non osta a una norma di lex concursus che preveda la decadenza di un credito che non è stato iscritto da un creditore nella procedura di insolvenza aperta in uno Stato membro, o la sospensione dell’esecuzione forzata di tale credito in un altro Stato membro.

V –    Conclusione

81.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni sottopostele dal Tribunalul Mureș, Secția civilă (Tribunale regionale di Mureș, Sezione Civile) come segue:

(1)      Il regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza, non osta a una norma di lex concursus che preveda la decadenza dal diritto di far valere un credito che non è stato iscritto da un creditore nella procedura di insolvenza aperta in uno Stato membro, o la sospensione dell’esecuzione forzata di tale credito in un altro Stato membro.

(2)      La natura fiscale di un’azione di esecuzione forzata che è esperita in uno Stato membro diverso dallo Stato di apertura della procedura di insolvenza è irrilevante ai fini dell’applicabilità del regolamento n. 1346/2000.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 –      Regolamento del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza (GU 2000, L 160, pag. 1).


3 –      Il corsivo è mio.


4 –      «Ciascun creditore, che abbia la sua residenza abituale, il suo domicilio o la sede statutaria nella Comunità, dovrebbe avere il diritto di insinuare i suoi crediti in ciascuna delle procedure di insolvenza pendenti nella Comunità sul patrimonio del debitore. Ciò dovrebbe valere anche per le autorità tributarie e gli organismi di previdenza sociale (…)». Il corsivo è mio. V. per analogia, le conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa Mulhaupt (C‑195/15, EU:C:2016:369), che confermano, ai paragrafi da 60 a 73, l’applicabilità dell’articolo 5 del regolamento n. 1346/2000 a diritti reali di natura pubblica (tributaria) e che suggeriscono, in generale, che tale normativa non contiene alcun elemento che autorizzi a distinguere tra crediti di natura pubblica e di natura privata in tale specifico contesto.


5 –      Sentenza del 17 novembre 2011, Zaza Retail (C‑112/10, EU:C:2011:743, punti da 31 a 34). Infatti, in tale sentenza, la Corte ha individuato situazioni particolari rappresentanti eccezioni in cui un’autorità pubblica non ricadrebbe nella nozione di creditore ai sensi del regolamento n. 1346/2000 (a contrario, in circostanze normali, vi rientrerebbe). Nella sentenza Zaza Retail (C‑112/10, EU:C:2011:743), la Corte ha concluso che il pubblico ministero belga non poteva essere qualificato come creditore legittimato a chiedere l’apertura della procedura territoriale di insolvenza ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), del regolamento n. 1346/2000, poiché tale autorità non è intervenuta nella fattispecie in veste di creditore, né in nome e per conto dei creditori.


6 – In virtù del considerando 12, dell’articolo 3, paragrafo 2, e dell’articolo 27 del regolamento n. 1346/2000, una procedura secondaria può essere aperta nello Stato membro in cui il debitore ha una dipendenza. La procedura di insolvenza secondaria è aperta in parallelo con la procedura di insolvenza principale aperta nello Stato membro nel quale è situato il centro degli interessi principali del debitore. Dunque la procedura secondaria rappresenta un’eccezione all’universalità degli effetti che la procedura di insolvenza principale comporta. Come tale, la procedura secondaria deve essere una procedura di liquidazione e i suoi effetti sono limitati ai beni situati nello Stato membro della sua apertura. V. anche sentenza dell’11 giugno 2015, Comité d’entreprise de Nortel Networks e altri (C‑649/13, EU:C:2015:384, punti 36 e 48 e giurisprudenza ivi citata).


7 –      Sentenza dell’11 giugno 2015, Comité d’entreprise de Nortel Networks e altri (C‑649/13, EU:C:2015:384, punto 49); conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa van Buggenhout e van de Mierop (C‑251/12, EU:C:2013:295, paragrafo 15).


8 –      Nel contesto del regolamento n. 1346/2000, v. sentenza del 15 ottobre 2015, Nike European Operations Netherlands (C‑310/14, EU:C:2015:690, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).


9 –      V., per analogia, sentenza del 18 settembre 2003, Pflücke (C‑125/01, EU:C:2003:477, punti 35 e 36 e giurisprudenza ivi citata).


10 –      Salvo limitate eccezioni in virtù degli articoli 25, paragrafo 3, e 26 del regolamento n. 1346/2000.


11 –      V., in tal senso, sentenze del 21 gennaio 2010, MG Probud Gdynia (C‑444/07, EU:C:2010:24, punti da 22 a 25), e del 22 novembre 2012, Bank Handlowy e Adamiak (C‑116/11, EU:C:2012:739, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).


12 –      Con la nozione «di merito» intendo i procedimenti di individuazione della legge (o di accertamento) il cui oggetto è l’accertamento dei diritti e degli obblighi delle parti interessate. Questi tipi di procedimenti vengono definiti «di merito», così usando la stessa terminologia utilizzata dalla Corte nella sentenza del 24 ottobre 2013, LBI (C85/12, EU:C:2013:697, punto 54). I procedimenti di merito sono diversi dai procedimenti esecutivi – questi ultimi si verificano cronologicamente più tardi e consistono in una mera esecuzione di un titolo già accertato.


13 –      Altresì confermato da altre versioni linguistiche della disposizione, che sono parimenti generiche: per esempio «instance en cours» in francese, «anhängiger Rechtsstreit» in tedesco, o «probíhající soudní řízení» in ceco.


14 –      Le versioni linguistiche francese, tedesca e ceca della disposizione in parola si leggono rispettivamente come segue: «les effets de la procédure d’insolvabilité sur les poursuites individuelles, à l’exception des instances en cours»; «wie sich die Eröffnung eines Insolvenzverfahrens auf Rechtsverfolgungsmaßnahmen einzelner Gläubiger auswirkt; ausgenommen sind die Wirkungen auf anhängige Rechtsstreitigkeiten»; «účinky úpadkového řízení na řízení zahájená jednotlivými věřiteli, s výjimkou probíhajících soudních řízení».


15 –      V., per analogia, sentenza del 24 ottobre 2013, LBI (C‑85/12, EU:C:2013:697, punto 52).


16 –      V., ad esempio, Virgós, M., e Garcimartín F., The European Insolvency Regulation: Law and Practice, Kluwer Law International, l’Aja, 2004, pag. 140, paragrafi 253 e 254. Analogamente, Pannen K. (Ed.), European Insolvency Regulation, De Gruyter Recht, Berlino, 2007, pag. 299.


17 –      Virgos-Schmit, relazione esplicativa sulla convenzione relativa alle procedure d’insolvenza, disponibile in Moss, G.; Fletcher I.F. e Isaacs S., The EC Regulation on Insolvency proceedings. A Commentary and Annotated Guide, Seconda Edizione, Oxford University Press, 2009, pagg. 381 e segg.


18 –      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativo alle procedure di insolvenza (GU 2015, L 141, pag. 19).


19 –      L’articolo 18 del regolamento 2015/848 è così formulato: «Gli effetti della procedura d’insolvenza su un procedimento giudiziario o arbitrale pendente relativo a un bene o a un diritto facente parte della massa fallimentare di un debitore sono disciplinati esclusivamente dalla legge dello Stato membro in cui il procedimento è pendente o ha sede il collegio arbitrale». Il corsivo è mio.


20 –      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001, in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi (GU 2001, L 125, pag. 15).


21 –      Sentenza del 24 ottobre 2013, LBI, C‑85/12 (EU:C:2013:697, punti 54 e 55).


22 –      L’articolo 10, paragrafo 2, lettera e), dispone che «[la legge dello Stato membro d’origine determina in particolare] gli effetti della procedura di liquidazione sulle azioni giudiziarie individuali, eccettuate le cause pendenti, come previsto dall’articolo 32».


23 –      L’articolo 32 prevede che «[g]li effetti di un provvedimento di risanamento o della procedura di liquidazione sulle cause pendenti relative a un bene o a un diritto del quale l’ente creditizio è spossessato sono disciplinati esclusivamente dalla legge dello Stato membro nel quale la causa è pendente».


24 –      «Gli effetti dei provvedimenti di risanamento o delle procedure di liquidazione su un processo pendente sono disciplinati, eccezionalmente, dalla legge dello Stato membro nel quale è pendente detto processo e non dalla lex concursus. Gli effetti di detti provvedimenti e procedure sulle esecuzioni forzate individuali derivanti da detti processi sono disciplinati dalla legge dello Stato membro d’origine, in conformità della regola generale sancita dalla presente direttiva». Il corsivo è mio.


25 –      V., ad esempio, l’articolo 89, paragrafo 1, dell’Insolvenzordnung (Germania); l’articolo 55, paragrafo 2, della Ley Concursal 22/2003 (Spagna); gli articoli L.622‑21, II, L.631‑14 e L.641‑3, del Code de commerce (Francia); l’articolo 9, paragrafo 1, 11, paragrafo 2, lettera c), 38, paragrafo 1, del A csődeljárásról és a felszámolási eljárásról szóló 1991. évi XLIX. törvény (Ungheria); gli articoli 51, 168, 182bis e 201, del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, «Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa» (GU 81 del 6 aprile 1942) (Italia). Tale norma generale che stabilisce un divieto di continuazione del procedimento esecutivo può essere oggetto di deroghe a seconda del tipo di procedura di insolvenza, dello stadio dell’esecuzione forzata e della natura del credito o del creditore. Come rilevato al paragrafo 28 delle presenti conclusioni, si tratta di una questione che deve essere risolta da ciascun ordinamento nazionale.