Language of document : ECLI:EU:C:2023:909

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JEAN RICHARD DE LA TOUR

presentate il 23 novembre 2023 (1)

Causa C420/22

NW

contro

Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság,

Miniszterelnöki Kabinetirodát vezető miniszter

e

Causa C528/22

PQ

contro

Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság,

Miniszterelnöki Kabinetirodát vezető miniszter

[domande di pronuncia pregiudiziale proposte dalla Szegedi Törvényszék (Corte di Seghedino, Ungheria)]

«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Direttiva 2003/109/CE – Status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo – Revoca di tale status – Articolo 20 TFUE – Cittadinanza dell’Unione – Cittadino dell’Unione che non ha mai esercitato la sua libertà di circolazione – Soggiorno di un familiare – Revoca o diniego di un diritto di soggiorno – Minaccia per la sicurezza nazionale – Parere di un’autorità specializzata – Informazioni classificate – Motivazione – Accesso al fascicolo»






I.      Introduzione

1.        Le presenti domande di pronuncia pregiudiziale riguardano l’interpretazione dell’articolo 20 TFUE nonché dell’articolo 9, paragrafo 3, e dell’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (2).

2.        Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie tra, da un lato, NW (causa C‑420/22) e, dall’altro, PQ (causa C‑528/22), cittadini di paesi terzi, e l’Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság (Direzione generale nazionale della polizia degli stranieri, Ungheria) (in prosieguo: la «Direzione generale»).

3.        Tali controversie riguardano, nella causa C‑420/22, la revoca della carta di soggiorno permanente di NW e l’obbligo di lasciare il territorio ungherese e, nella causa C‑528/22, il rigetto della domanda di PQ diretta ad ottenere un permesso di stabilimento nazionale.

4.        Con le questioni sollevate dalla Szegedi Törvényszék (Corte di Seghedino, Ungheria) in tali due cause si chiede alla Corte di precisare le condizioni sostanziali e procedurali che gli Stati membri devono soddisfare al fine di poter derogare al diritto di soggiorno derivato risultante dall’articolo 20 TFUE.

5.        Nelle presenti conclusioni esporrò, in linea con quanto recentemente dichiarato dalla Corte, in materia di protezione internazionale, nella sua sentenza del 22 settembre 2022, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (3), le ragioni per cui ritengo che l’articolo 20 TFUE, letto alla luce degli articoli 41 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (4), debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale caratterizzata dai seguenti elementi, vale a dire l’intervento decisivo di un’autorità specializzata in materia di sicurezza nazionale distinta dall’autorità competente in materia di soggiorno, il carattere vincolante per quest’ultima autorità del parere emesso dalla prima autorità, l’assenza di motivazione tanto di tale parere quanto della decisione di revoca o di diniego di un diritto di soggiorno, la mancata comunicazione all’interessato del contenuto essenziale dei motivi su cui si fonda tale decisione e la mancata considerazione di tutte le circostanze individuali pertinenti.

II.    Diritto ungherese

6.        L’articolo 94 dell’a szabad mozgás és tartózkodás jogával rendelkező személyek beutazásáról és tartózkodásáról szóló 2007. évi I. törvény (legge n. I del 2007, relativa all’ingresso e al soggiorno delle persone titolari di un diritto di libera circolazione e di soggiorno) (5), del 5 gennaio 2007 (in prosieguo: la «legge I»), è così formulato:

«1.      Le disposizioni dell’[a harmadik országbeli állampolgárok beutazásáról és tartózkodásáról szóló 2007. évi II. törvény (legge n. II del 2007, relativa all’ingresso e al soggiorno dei cittadini di paesi terzi) (6), del 5 gennaio 2007 (in prosieguo: la “legge II”),] si applicano ai procedimenti relativi ai cittadini di paesi terzi che siano familiari di cittadini ungheresi, avviati e riavviati dopo l’entrata in vigore del[l’az egyes migrációs tárgyú és kapcsolódó törvények módosításáról szóló 2018. évi CXXXIII. törvény (legge n. CXXXIII del 2018, che modifica alcune leggi relative alla migrazione e alcune leggi complementari) (7), del 12 dicembre 2018 (in prosieguo: la “seconda legge di modifica”)].

2.      Ad ogni cittadino di un paese terzo in possesso di una carta di soggiorno o di una carta di soggiorno permanente rilasciatagli, in qualità di familiare di un cittadino ungherese, prima dell’entrata in vigore della seconda legge di modifica e che era in corso di validità al momento dell’entrata in vigore di tale legge, è rilasciato, su sua domanda presentata prima della scadenza della carta di soggiorno o della carta di soggiorno permanente, un permesso di stabilimento nazionale senza verifica del rispetto delle condizioni di cui all’articolo 33, paragrafo 1, lettere a) e b), e all’articolo 35, paragrafi 1 e 1 bis, della legge [II], salvo che:

(...)

c)      un motivo di diniego tra quelli previsti all’articolo 33, paragrafo 1, lettera c), e paragrafo 2, della legge [II] osti al suo stabilimento.

(...)

3.      Per quanto riguarda il paragrafo 2, lettera c), le autorità nazionali specializzate competenti devono essere consultate in conformità con le norme della legge [II] relative al rilascio dei permessi di stabilimento, al fine di ottenere il loro parere.

4.      La carta di soggiorno o la carta di soggiorno permanente in corso di validità di un cittadino di un paese terzo familiare di un cittadino ungherese è revocata:

(...)

b)      se il soggiorno del cittadino del paese terzo costituisce una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica o la sicurezza nazionale dell’Ungheria.

5.      Per qualsiasi particolare questione quale quella prevista al paragrafo 4, lettera b), le autorità nazionali specializzate competenti devono essere consultate in conformità con le norme della legge [II] relative al rilascio dei permessi di stabilimento, al fine di ottenere il loro parere su tale questione.

(...)».

7.        L’articolo 33, paragrafo 2, lettera b), della legge II così prevede:

«Un permesso di stabilimento temporaneo, un permesso di stabilimento nazionale o un permesso di stabilimento comunitario non può essere rilasciato a un cittadino di un paese terzo:

(...)

b)      il cui stabilimento costituisca una minaccia per la sicurezza pubblica o la sicurezza nazionale dell’Ungheria».

8.        Ai sensi dell’articolo 87/B, paragrafo 4, di tale legge:

«Il parere dell’autorità nazionale specializzata competente è vincolante, in merito alla questione particolare, per l’autorità di polizia degli stranieri adita».

9.        L’articolo 97, paragrafo 1, de l’a harmadik országbeli állampolgárok beutazásáról és tartózkodásáról szóló 2007. évi II. törvény végrehajtásáról szóló 114/2007 rendelet (decreto di attuazione della [legge II]) (8), del 5 gennaio 2007, dispone quanto segue:

«Per le procedure di rilascio e di revoca dei permessi di stabilimento temporaneo, dei permessi di stabilimento nazionali e dei permessi di stabilimento comunitari dei cittadini di paesi terzi, e per le procedure di revoca dei permessi di stabilimento e dei permessi di immigrazione dei cittadini di paesi terzi, il governo, nel determinare se lo stabilimento o l’immigrazione di un cittadino di un paese terzo costituisca una minaccia per la sicurezza nazionale dell’Ungheria, designa, come autorità specializzate di primo grado, l’Alkotmányvédelmi Hivatal [Ufficio per la tutela della Costituzione, Ungheria] e il Terrorelhárítási Központ [Ufficio centrale per la prevenzione del terrorismo, Ungheria] e, come autorità specializzata di secondo grado, il ministro responsabile della gestione dei servizi civili per la sicurezza nazionale».

10.      L’articolo 11 dell’a minősített adat védelméről szóló 2009. évi CLV. törvény (legge n. CLV del 2009, sulla protezione delle informazioni classificate) (9), del 29 dicembre 2009, prevede quanto segue:

«1.      L’interessato ha il diritto di prendere conoscenza dei propri dati personali qualificati come informazioni classificate nazionali sulla base di un’autorizzazione alla consultazione rilasciata dall’autorità di classificazione (...).

2.      (...) L’autorità di classificazione nega l’autorizzazione alla consultazione se la conoscenza delle informazioni pregiudica l’interesse pubblico alla base della classificazione. L’autorità di classificazione deve motivare il diniego dell’autorizzazione alla consultazione.

3.      In caso di rifiuto di concedere l’autorizzazione alla consultazione, l’interessato può impugnare la decisione con un ricorso giurisdizionale amministrativo. Nel caso di accoglimento del ricorso da parte del giudice adito, questo ordina all’autorità di classificazione di concedere l’autorizzazione alla consultazione. (…) Né il ricorrente, né gli intervenienti a suo sostegno, come neanche i loro rappresentanti, possono prendere conoscenza delle informazioni classificate nel corso del procedimento (...)».

11.      L’articolo 12 di tale legge è così formulato:

«1.      Il servizio responsabile del trattamento delle informazioni classificate può negare all’interessato l’esercizio del suo diritto di accesso ai propri dati personali se l’esercizio di tale diritto compromette l’interesse pubblico alla base della classificazione.

2.      Qualora i diritti dell’interessato siano fatti valere dinanzi a un giudice, le disposizioni dell’articolo 11, paragrafo 3, si applicano mutatis mutandis al giudice adito e alla presa di conoscenza delle informazioni classificate».

12.      Ai sensi dell’articolo 13, paragrafi 1 e 5, di tale legge:

«1.      Le informazioni classificate possono essere utilizzate solo da chi possa dimostrare di svolgere una funzione statale o pubblica e che, fatte salve le eccezioni previste dalla legge, disponga di:

a)      un valido certificato di sicurezza personale, corrispondente al livello di classificazione delle informazioni che intende utilizzare;

b)      una dichiarazione di riservatezza, e

c)      un’autorizzazione all’uso.

(...)

5.      Salvo disposizione contraria di legge, il giudice può esercitare i poteri dispositivi necessari per definire le controversie di cui è stato investito secondo il sistema di ripartizione delle cause, e ciò senza che sia stato sottoposto a un controllo di sicurezza nazionale e senza che debba disporre di un certificato di sicurezza personale, di una dichiarazione di riservatezza o di un’autorizzazione all’uso».

13.      L’articolo 14, paragrafo 4, della stessa legge dispone quanto segue:

«L’accesso a un’informazione classificata nazionale nell’ambito di un procedimento amministrativo, giurisdizionale – salvo se penale – o contravvenzionale, o di un altro procedimento ufficiale, può essere autorizzato dall’autorità di classificazione. Il rilascio di un’autorizzazione all’uso delle informazioni classificate nazionali non può essere negato nell’ambito dei procedimenti di controllo di legittimità da parte del pubblico ministero e dei procedimenti giurisdizionali civili che possono essere intentati da quest’ultimo nell’interesse pubblico».

III. Fatti delle controversie di cui ai procedimenti principali e questioni pregiudiziali

A.      Causa C420/22

14.      Nel corso del 2004, NW, cittadino turco, ha contratto matrimonio con una cittadina ungherese. Nel 2005 da tale unione è nato un figlio di cittadinanza ungherese.

15.      Dopo aver risieduto legalmente in Ungheria per più di cinque anni, NW, tenuto conto dello status di sua moglie e di suo figlio, ha presentato domanda di carta di soggiorno permanente presso le autorità ungheresi, che gli hanno rilasciato tale carta, valida fino al 31 ottobre 2022.

16.      NW dispone in Ungheria di un reddito stabile e regolare nonché di un patrimonio immobiliare che gli consente di provvedere al proprio sostentamento e a quello della sua famiglia senza ricorrere al sistema di assistenza sociale ungherese.

17.      Il giudice del rinvio indica che tra NW e suo figlio minorenne esiste un rapporto di dipendenza.

18.      Infatti, NW e sua moglie esercitano congiuntamente la responsabilità genitoriale su loro figlio e ne hanno la custodia effettiva. Senza il reddito di NW, i membri della famiglia non avrebbero di che sostentarsi. Inoltre, quest’ultimo ha uno stretto legame affettivo con suo figlio.

19.      In un parere non motivato del 12 gennaio 2021, l’Ufficio per la tutela della Costituzione ha dichiarato che il soggiorno di NW in Ungheria violava gli interessi di sicurezza nazionale di tale Stato membro. In conformità con la legge n. CLV del 2009 sulla protezione delle informazioni classificate, tale autorità specializzata ha qualificato come «informazioni classificate» i dati su cui si è fondata per rendere tale parere, con il risultato che né NW né l’autorità di polizia degli stranieri hanno potuto prenderne conoscenza.

20.      Con decisione del 22 gennaio 2021, l’elsőfokú idegenrendészeti hatóság (autorità di polizia degli stranieri di primo grado, Ungheria), ai sensi dell’articolo 94, paragrafo 4, lettera b), della legge I, ha ritirato la carta di soggiorno permanente di NW e gli ha ordinato di lasciare il territorio ungherese.

21.      Tale decisione è stata confermata, il 10 maggio 2021, dalla Direzione generale, in quanto il Belügyminiszter (Ministro dell’Interno, Ungheria) aveva ritenuto, nel suo parere emesso il 13 aprile 2021 in qualità di autorità specializzata di secondo grado, che il soggiorno di NW violasse gli interessi dell’Ungheria in materia di sicurezza nazionale. Nella sua decisione, la Direzione generale ha sottolineato di non essersi potuta discostare, ai sensi dell’articolo 87/B, paragrafo 4, della legge II, dal parere emesso dal Ministro dell’Interno e di essere stata pertanto tenuta a revocare la carta di soggiorno permanente di NW, indipendentemente dalla sua situazione personale. La Direzione generale ha inoltre indicato che la revoca della carta di soggiorno permanente non impediva a NW di richiedere un titolo di soggiorno ai sensi delle disposizioni della legge II, alle condizioni ivi stabilite (10).

22.      NW ha presentato un ricorso contro la decisione della Direzione generale del 10 maggio 2021 dinanzi alla Szegedi Törvényszék (Corte di Seghedino), chiedendo l’annullamento di tale decisione, nonché della decisione adottata dall’autorità di polizia degli stranieri di primo grado.

23.      Egli contesta a tali autorità di non aver esaminato la sua situazione personale, in particolare per quanto riguarda i suoi legami con l’Ungheria. Dette autorità non avrebbero preso conoscenza della motivazione dettagliata delle autorità specializzate e si sarebbero quindi pronunciate in violazione, in particolare, del principio di proporzionalità. NW precisa che, se dovesse lasciare il territorio ungherese, la sua famiglia, e in particolare suo figlio, di cui si occupa con sua moglie, si troverebbero in una grave situazione, tenuto conto del loro rapporto di dipendenza.

24.      Il giudice del rinvio rileva che la decisione di revoca della carta di soggiorno permanente di NW si basa esclusivamente sui pareri vincolanti e non motivati delle autorità specializzate, fondati su informazioni classificate alle quali né NW né le autorità chiamate a pronunciarsi sul soggiorno hanno avuto accesso. Di conseguenza, nemmeno la decisione presa da tali autorità contiene una motivazione.

25.      Tale giudice sottolinea come risulti dalla giurisprudenza della Kúria (Corte suprema, Ungheria) che, in una situazione quale quella di cui al procedimento principale, i diritti procedurali della persona interessata sono garantiti dalla facoltà offerta al giudice competente, per valutare la legittimità della decisione sul soggiorno, di consultare le informazioni classificate sulle quali si basa il parere delle autorità specializzate.

26.      Ai sensi della normativa ungherese, né la persona interessata né il suo rappresentante hanno una concreta possibilità di esprimersi sul parere non motivato di tali autorità. Essi hanno invero il diritto di presentare una domanda di accesso alle informazioni classificate riguardanti tale persona in un procedimento distinto (11), ma non potrebbero comunque utilizzare nell’ambito dei procedimenti amministrativi o giurisdizionali le informazioni classificate alle quali abbiano ottenuto accesso. L’autorità giudiziaria investita di un ricorso relativo ad una decisione sul soggiorno non dispone di alcun potere al riguardo. Inoltre, tale giudice può rendere una decisione non motivata solo sulla questione se il parere delle autorità specializzate giustifichi o meno a sufficienza la conclusione che la persona in questione rappresenta una minaccia per la sicurezza nazionale.

27.      Orbene, NW rientrerebbe nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/109 (12) e dovrebbe, a tale titolo, beneficiare di garanzie procedurali simili a quelle evidenziate dalla Corte, in particolare nella sua sentenza del 4 giugno 2013, ZZ (13) nel contesto della direttiva 2004/38/CE (14).

28.      In tali circostanze, la Szegedi Törvényszék (Corte di Seghedino) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 10, paragrafo 1, della [direttiva 2003/109], in combinato disposto con l’articolo 47 della [Carta] e, nel caso in esame, con gli articoli 7 e 24 della [stessa], debba essere interpretato nel senso che impone all’autorità di uno Stato membro che ha adottato una decisione con cui, per un motivo concernente ragioni di sicurezza nazionale e/o di ordine pubblico o di sicurezza pubblica, si dispone la revoca di un titolo di soggiornante di lungo periodo rilasciato in precedenza, nonché all’autorità specializzata che ha dichiarato la natura riservata, di provvedere affinché sia garantito in ogni caso al soggetto interessato, cittadino di un paese terzo, e al suo rappresentante legale il diritto di conoscere almeno il contenuto essenziale delle informazioni e dei dati riservati o classificati su cui si basa la decisione fondata su tale motivo e di fare uso di tali informazioni o dati nel procedimento relativo a [tale] decisione, nel caso in cui l’autorità responsabile sostenga che tale comunicazione sarebbe contraria alle ragioni di sicurezza nazionale.

2)      In caso di risposta affermativa, cosa debba intendersi esattamente per «il contenuto essenziale» dei motivi di riservatezza su cui si basa tale decisione, alla luce degli articoli 41 e 47 della Carta.

3)      Se, alla luce dell’articolo 47 della Carta, l’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2003/109 debba essere interpretato nel senso che il giudice di uno Stato membro che si pronuncia sulla legittimità del parere dell’autorità specializzata, fondato su un motivo relativo a informazioni riservate o classificate, e della decisione di merito sugli stranieri, basata su tale parere, deve essere competente a esaminare la legittimità della riservatezza (in termini di necessità e proporzionalità), e, qualora ritenga che la riservatezza sia contraria alla legge, a disporre d’ufficio che l’interessato e il suo rappresentante legale possono conoscere e utilizzare tutte le informazioni su cui si basano il parere e la decisione delle autorità amministrative, oppure, nell’ipotesi in cui ritenga che la riservatezza sia conforme alla legge, che l’interessato può conoscere e utilizzare almeno il contenuto essenziale delle informazioni riservate nel procedimento sugli stranieri che lo riguarda.

4)      Se gli articoli 9, paragrafo 3, e 10, paragrafo 1, della direttiva 2003/109, in combinato disposto con gli articoli 7, 24, 51, paragrafo 1, e 52, paragrafo 1, della Carta, debbano essere interpretati nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro secondo cui una decisione in materia di stranieri, che dispone la revoca di un titolo di soggiornante di lungo periodo rilasciato in precedenza, consiste in una decisione non motivata che:

a)      si basa esclusivamente sul rinvio automatico a un parere vincolante e imperativo dell’autorità specializzata, anch’esso non motivato, il quale stabilisce che esiste un pericolo o una violazione per quanto riguarda la sicurezza nazionale, la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico

b)      è stata quindi adottata senza effettuare un esame approfondito dell’esistenza di ragioni di sicurezza nazionale, di sicurezza pubblica o di ordine pubblico nel caso specifico e senza tenere conto delle circostanze personali, né dei requisiti di necessità e proporzionalità».

29.      L’8 agosto 2022, la Corte ha ricevuto dal giudice del rinvio un’integrazione alla sua domanda di pronuncia pregiudiziale.

30.      Il giudice del rinvio ha precisato di essersi basato, in tale domanda, sulla premessa che NW rientrasse nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/109. Tuttavia, qualora la Corte dovesse ritenere il contrario, occorrerebbe stabilire se NW debba beneficiare di un diritto di soggiorno derivato ai sensi dell’articolo 20 TFUE, sulla base del rapporto di dipendenza esistente tra NW e suo figlio minorenne.

31.      In tale prospettiva, il giudice del rinvio ritiene che la Direzione generale abbia violato il diritto dell’Unione per il semplice fatto di non aver esaminato se il ricorrente rientrasse nell’ambito di applicazione dell’articolo 20 TFUE.

32.      La Szegedi Törvényszék (Corte di Seghedino) ha quindi aggiunto la seguente questione pregiudiziale, suddivisa in tre parti, alle questioni pregiudiziali già sottoposte alla Corte:

«Se l’articolo 20 [TFUE], in combinato disposto con gli articoli 7 e 24 della [Carta], debba essere interpretato nel senso che esso osta alla prassi di uno Stato membro consistente nell’adottare una decisione con cui si dispone la revoca di un permesso di soggiorno rilasciato in precedenza a un cittadino di un paese terzo il cui figlio minorenne e il cui coniuge siano cittadini di uno Stato membro dell’Unione e vi abitino, senza prima esaminare se il familiare interessato, cittadino di un paese terzo, possa beneficiare di un diritto di soggiorno derivato in forza dell’articolo 20 TFUE.

Se l’articolo 20 TFUE, in combinato disposto con gli articoli 7, 24, 51, paragrafo 1, e 52, paragrafo 1, della Carta, debba essere interpretato nel senso che, ove risulti applicabile un diritto di soggiorno derivato in forza dell’articolo 20 TFUE, il diritto dell’Unione comporta che le autorità amministrative e giudiziarie nazionali debbano applicare il diritto dell’Unione anche quando adottino una decisione in materia di stranieri che dispone la revoca di un permesso di soggiorno permanente e quando applichino le eccezioni di sicurezza nazionale, di ordine pubblico o di sicurezza pubblica sulle quali si basa detta decisione, nonché, qualora sia comprovato che ricorrono tali motivi, quando procedono all’esame della necessità e della proporzionalità che giustificano la limitazione del diritto di soggiorno.

Nel caso in cui il ricorrente rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 20 TFUE, il giudice del rinvio chiede alla [Corte] di rispondere anche alla luce di tale articolo alle questioni pregiudiziali dalla prima alla quarta sollevate nella domanda [di rinvio pregiudiziale]».

33.      I governi ungherese e francese nonché la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte.

B.      Causa C528/22

34.      PQ, cittadino nigeriano, è entrato legalmente in Ungheria nel giugno 2005 come giocatore di calcio professionista e da allora risiede legalmente in tale Stato membro. Dal 2011 vive con la sua compagna di cittadinanza ungherese. Da tale unione sono nati due figli di cittadinanza ungherese nel corso del 2012 e del 2021.

35.      La domanda più recente di carta di soggiorno permanente presentata da PQ in forza dello status del suo primo figlio, risale al 23 gennaio 2014. Le autorità ungheresi gli hanno rilasciato tale carta, valida fino al 15 settembre 2020.

36.      Insieme alla sua compagna, PQ esercita la responsabilità genitoriale sui loro figli. Egli vive stabilmente con questi ultimi e ne ha la custodia effettiva per la maggior parte del tempo. I suoi figli hanno uno stretto legame affettivo e un rapporto di dipendenza con PQ, che se ne occupa costantemente fin dalla loro nascita.

37.      Nel 2012, PQ è stato vittima di un’aggressione che lo ha reso gravemente e permanentemente disabile.

38.      Con decisione del 27 ottobre 2020, l’autorità di polizia degli stranieri di primo grado ha respinto una sua domanda di permesso di stabilimento nazionale presentata da PQ il 6 agosto 2020.

39.      Con un parere non motivato del 9 settembre 2020, l’Ufficio per la tutela della Costituzione ha ritenuto che il soggiorno di PQ in Ungheria violasse gli interessi di sicurezza nazionale di tale Stato membro. In conformità con la legge n. CLV del 2009 sulla protezione delle informazioni classificate, tale autorità specializzata ha qualificato come «informazioni classificate» i dati su cui è basata per emettere tale parere, con il risultato che né PQ né l’autorità di polizia degli stranieri potevano prenderne conoscenza.

40.      La decisione dell’autorità di polizia degli stranieri di primo grado del 27 ottobre 2020 è stata confermata, il 25 marzo 2021, dalla Direzione generale, in quanto il Ministro dell’Interno, nel suo parere emesso il 12 febbraio 2021 in qualità di autorità specializzata di secondo grado, ha constatato che il soggiorno di PQ violava gli interessi di sicurezza nazionale dell’Ungheria. Nella sua decisione, la Direzione generale ha sottolineato di non essersi potuta discostare, ai sensi dell’articolo 87/B, paragrafo 4, della legge II, dal parere emesso dal Ministro dell’Interno e di essere stata pertanto tenuta a respingere la domanda di permesso di stabilimento nazionale di PQ, indipendentemente dalla sua situazione personale.

41.      PQ ha presentato ricorso contro la decisione della Direzione generale del 25 marzo 2021 dinanzi alla Szegedi Törvényszék (Corte di Seghedino), chiedendo l’annullamento di tale decisione, nonché della decisione adottata dall’autorità di polizia degli stranieri di primo grado.

42.      Egli contesta a tali autorità di non aver esaminato la sua situazione personale e di aver statuito in violazione, in particolare, del principio di proporzionalità. Infatti, né lui né dette autorità avrebbero preso conoscenza della motivazione dettagliata delle autorità specializzate. PQ sostiene inoltre che tra lui e i suoi figli minorenni esiste un rapporto di dipendenza, cosicché dovrebbe poter beneficiare di un diritto di soggiorno derivato ai sensi dell’articolo 20 TFUE.

43.      Il giudice del rinvio rileva che la decisione di diniego di un permesso di stabilimento nazionale si basa esclusivamente su pareri vincolanti e non motivati, fondati su informazioni classificate alle quali né PQ né le autorità chiamate a pronunciarsi sul soggiorno hanno avuto accesso. Neanche tale decisione contiene una motivazione. Inoltre, tali autorità non avrebbero effettuato un esame approfondito della questione se la situazione di PQ potesse rientrare nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, in quanto questi beneficerebbe di un diritto di soggiorno derivato ai sensi dell’articolo 20 TFUE.

44.      Tale giudice osserva come risulti dalla giurisprudenza della Kúria (Corte suprema) che, in una situazione quale quella di cui al procedimento principale, i diritti procedurali della persona interessata sono garantiti dalla facoltà offerta al giudice competente, per valutare la legittimità della decisione sul soggiorno, di consultare le informazioni classificate sulle quali si basa il parere delle autorità specializzate.

45.      Ai sensi della normativa ungherese, né la persona interessata né il suo rappresentante hanno una concreta possibilità di esprimersi sul parere non motivato di tali autorità. Essi hanno invero il diritto di presentare una domanda distinta di accesso alle informazioni classificate riguardanti tale persona, ma non potrebbero comunque utilizzare nell’ambito dei procedimenti amministrativi o giurisdizionali le informazioni riservate alle quali abbiano ottenuto accesso. L’autorità giudiziaria investita di un ricorso relativo ad una decisione sul soggiorno non dispone di alcun potere al riguardo.

46.      Inoltre, nel caso di specie, il 7 marzo 2022, la Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest‑Capitale, Ungheria) ha respinto vari ricorsi presentati da PQ contro il rifiuto delle autorità specializzate di consentirgli di prendere conoscenza delle informazioni classificate che lo riguardano e di utilizzarle nell’ambito di procedimenti amministrativi e giurisdizionali.

47.      Secondo il giudice del rinvio, PQ rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 20 TFUE e dovrebbe, a tale titolo, beneficiare di garanzie procedurali simili a quelle evidenziate dalla Corte, in particolare nella sua sentenza ZZ, nel contesto della direttiva 2004/38.

48.      In tali circostanze, la Szegedi Törvényszék (Corte di Seghedino) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      a)      Se l’articolo 20 [TFUE], in combinato disposto con gli articoli 7 e 24 della [Carta], debba essere interpretato nel senso che esso osta alla prassi di uno Stato membro consistente nell’adottare una decisione con cui si dispone la revoca di un permesso di soggiorno rilasciato in precedenza a un cittadino di un paese terzo – oppure si respinge la sua domanda di proroga del diritto di soggiorno (nel caso di specie, una domanda di permesso di soggiorno permanente nazionale) – il cui figlio minorenne e il cui partner sono cittadini di uno Stato membro dell’Unione e abitano in tale Stato, senza prima esaminare se il familiare interessato, cittadino di un paese terzo, possa beneficiare di un diritto di soggiorno derivato in forza dell’articolo 20 TFUE.

b)      Se l’articolo 20 TFUE, in combinato disposto con gli articoli 7, 24, 51, paragrafo 1, e 52, paragrafo 1, della Carta, debba essere interpretato nel senso che, ove risulti applicabile un diritto di soggiorno derivato in forza dell’articolo 20 TFUE, il diritto dell’Unione comporta che le autorità amministrative e giudiziarie nazionali debbano applicare il diritto dell’Unione anche quando adottino una decisione in materia di stranieri relativa ad una domanda di proroga del diritto di soggiorno (nel caso di specie, una domanda di permesso di soggiorno permanente nazionale) e quando applichino le eccezioni di sicurezza nazionale, di ordine pubblico o di sicurezza pubblica sulle quali si basa detta decisione, nonché, qualora sia comprovato che ricorrono tali motivi, quando procedano all’esame della necessità e della proporzionalità che giustificano la limitazione del diritto di soggiorno.

2)      Se l’articolo 20 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta – e, se nel caso in esame, con gli articoli 7 e 24 della Carta – debba essere interpretato nel senso che esso impone all’autorità di uno Stato membro che ha adottato una decisione con cui, per un motivo concernente ragioni di sicurezza nazionale e/o di ordine pubblico o di sicurezza pubblica, si dispone la revoca di un titolo di soggiornante di lungo periodo rilasciato in precedenza o si decide in merito a una domanda di proroga del diritto di soggiorno, nonché all’autorità specializzata dello Stato che ha dichiarato la natura riservata, di provvedere affinché sia garantito in ogni caso al soggetto interessato, cittadino di un paese terzo, e al suo rappresentante legale il diritto di conoscere almeno il contenuto essenziale delle informazioni e dei dati riservati o classificati su cui si basa la decisione fondata su tale motivo e di fare uso di tali informazioni o dati nel procedimento relativo alla decisione, nel caso in cui l’autorità responsabile sostenga che tale comunicazione sarebbe contraria alle ragioni di sicurezza nazionale.

3)      In caso di risposta affermativa, cosa debba intendersi esattamente per “il contenuto essenziale” dei motivi di riservatezza su cui si basa tale decisione, alla luce degli articoli 41 e 47 della Carta.

4)      Se, alla luce dell’articolo 47 della Carta, l’articolo 20 TFUE debba essere interpretato nel senso che il giudice di uno Stato membro che si pronuncia sulla legittimità del parere dell’autorità specializzata, e della decisione di merito sugli stranieri, basata su tale parere, deve essere competente a esaminare la legittimità della riservatezza (in termini di necessità e proporzionalità) e, qualora ritenga l’interessato e il suo rappresentante legale possano conoscere e utilizzare tutte le informazioni su cui si basano il parere e la decisione delle autorità amministrative e, in caso di legittimità della classificazione, di conoscere e utilizzare tutti i dati su cui si basa la decisione delle autorità amministrative, oppure, nell’ipotesi in cui ritenga che la riservatezza sia conforme alla legge, che l’interessato può conoscere e utilizzare almeno il contenuto essenziale delle informazioni riservate nel procedimento sugli stranieri che lo riguarda.

5)      Se l’articolo 20 TFUE, in combinato disposto con gli articoli 7, 24, 51, paragrafo 1, e 52, paragrafo 1, della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro secondo cui una decisione in materia di stranieri, che dispone la revoca un titolo di soggiornante di lungo periodo rilasciato in precedenza, o decide in merito a una domanda di proroga del diritto di soggiorno, consiste in una decisione non motivata che

a)      si basa esclusivamente sul rinvio automatico a un parere vincolante e imperativo dell’autorità specializzata, anch’esso non motivato, il quale stabilisce che esiste un pericolo o una violazione per quanto riguarda la sicurezza nazionale, la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico, e

b)      è stata quindi adottata senza effettuare un esame approfondito dell’esistenza di ragioni di sicurezza nazionale, di sicurezza pubblica o di ordine pubblico nel caso specifico e senza tenere conto delle circostanze personali, né dei requisiti di necessità e proporzionalità».

49.      PQ, i governi ungherese e francese nonché la Commissione hanno presentato osservazioni scritte.

50.      All’udienza comune alle due cause, tenutasi il 5 luglio 2023, PQ, i governi ungherese e francese nonché la Commissione hanno presentato le loro osservazioni orali e risposto oralmente ai quesiti formulati dalla Corte.

IV.    Analisi

A.      Osservazioni preliminari sulla norma del diritto dell’Unione da interpretare

51.      Le due cause in esame sollevano in sostanza le stesse questioni, una nel contesto della direttiva 2003/109 (causa C‑420/22) e l’altra in relazione all’articolo 20 TFUE (causa C‑528/22).

52.      Nella causa C‑420/22, il governo ungherese sostiene che a NW è stato rilasciato un titolo di soggiorno permanente sulla base della normativa ungherese. Orbene, si tratterebbe di un titolo di soggiorno istituito indipendentemente dal diritto dell’Unione e sulla base di condizioni più favorevoli di quelle previste da tale diritto. Un tale titolo di soggiorno non coinciderebbe quindi con lo status di soggiornante di lungo periodo previsto dalla direttiva 2003/109. Nel diritto ungherese, tale status corrisponderebbe a un altro tipo di titolo di soggiorno, ossia il permesso di stabilimento comunitario. Ne conseguirebbe che a NW non sarebbe stato revocato un titolo di soggiorno previsto da tale direttiva e non avrebbe richiesto il rilascio di un tale titolo di soggiorno. Nel caso di specie non sarebbe quindi necessario interpretare detta direttiva.

53.      Invero, spetta al giudice del rinvio accertare i fatti nell’ambito di un procedimento pregiudiziale e tale giudice, nella sua domanda iniziale di pronuncia pregiudiziale, ha constatato che NW aveva lo status di soggiornante di lungo periodo ai sensi della direttiva 2003/109. Tuttavia, occorre anche rilevare che il giudice del rinvio, con un’integrazione alla sua decisione di rinvio, è sembrato esprimere alcuni dubbi sull’applicabilità di tale direttiva nella causa C‑420/22. Esso ha quindi chiesto alla Corte di pronunciarsi sulla base dell’articolo 20 TFUE, nel caso in cui questa dovesse concludere che detta direttiva non è rilevante ai fini della risoluzione della controversia nel procedimento principale.

54.      Tali dubbi sembrano essere confermati dall’argomentazione del governo ungherese secondo cui nel diritto ungherese esiste una differenza tra il permesso di stabilimento comunitario, che recepirebbe lo status di soggiornante di lungo periodo derivante dalla direttiva 2003/109, e la carta di soggiorno permanente di cui dispone NW, che si baserebbe esclusivamente sul diritto nazionale e il cui rilascio sarebbe soggetto a condizioni meno rigorose di quelle imposte dal diritto dell’Unione.

55.      La Corte ha indirizzato al giudice del rinvio una richiesta di chiarimenti, affinché questo esponga dettagliatamente le ragioni per cui ritiene che la direttiva 2003/109 sia applicabile nella situazione di cui al procedimento principale. In particolare, a tale giudice è stato chiesto di precisare quale sia il titolo di soggiorno che recepisce nell’ordinamento ungherese lo status di soggiornante di lungo periodo previsto da tale direttiva e se NW fosse in possesso di un tale titolo di soggiorno o ne avesse richiesto il rilascio.

56.      Nella sua risposta, il giudice del rinvio spiega che a NW è stata rilasciata, su sua domanda, una carta di soggiorno permanente valida fino al 31 ottobre 2022, ai sensi della direttiva 2004/38 (15) nonché degli articoli 24 e 25 della legge I, in vigore all’epoca, che ha recepito tale direttiva. Il legislatore ungherese ha in seguito deciso di non applicare più detta direttiva, a partire dal 1° gennaio 2019, a un cittadino di un paese terzo che raggiunga un familiare ungherese in Ungheria. Pertanto, a partire da tale data, un tale cittadino rientrerebbe nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/109.

57.      Il giudice del rinvio sottolinea inoltre che il legislatore ungherese ha recepito la direttiva 2003/109 nell’ordinamento interno introducendo il permesso di stabilimento comunitario e il permesso di stabilimento temporaneo (16). Esso afferma, a tale proposito, che NW non ha richiesto il rilascio di nessuno di tali due permessi. Quest’ultima dichiarazione è stata tuttavia smentita in udienza, in quanto la rappresentante di NW ha indicato che quest’ultimo aveva successivamente richiesto il rilascio di un permesso di stabilimento comunitario e che il relativo procedimento è in corso (17).

58.      In ogni caso, dalle informazioni di cui dispone la Corte risulta che la controversia di cui al procedimento principale all’origine della causa C‑420/22 riguarda la revoca di un titolo di soggiorno rientrante nel diritto nazionale e non di un titolo di soggiorno rilasciato in applicazione della direttiva 2003/109. Ne consegue, a mio avviso, che la risoluzione di tale controversia non dipende da un’interpretazione delle disposizioni di tale direttiva. A tale proposito, osservo che, contrariamente a quanto sembra suggerire il giudice del rinvio nella sua domanda iniziale di pronuncia pregiudiziale, non è sufficiente che la situazione di NW corrisponda alla definizione di «soggiornante di lungo periodo» di cui all’articolo 2, lettera b), di detta direttiva per ritenere che le disposizioni di quest’ultima siano ad esso applicabili.

59.      Infatti, la Corte ha già dichiarato che il sistema istituito dalla direttiva 2003/109 indica chiaramente che l’ottenimento dello status di soggiornante di lungo periodo conferito ai sensi di detta direttiva è subordinato ad una procedura particolare e soggiace inoltre all’obbligo di soddisfare le condizioni precisate nel capo II della direttiva medesima (18). Ciò presuppone, in particolare, la presentazione di una domanda specifica corredata da documenti giustificativi.

60.      A tale proposito, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2003/109, gli Stati membri conferiscono lo status di soggiornante di lungo periodo ai cittadini di paesi terzi che hanno soggiornato legalmente e ininterrottamente per gli ultimi cinque anni nel loro territorio. L’acquisizione di tale status non è tuttavia automatica. Infatti, conformemente all’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva, il cittadino di un paese terzo deve, a tal fine, presentare domanda alle autorità competenti dello Stato membro in cui soggiorna, domanda che deve essere corredata della documentazione comprovante la sussistenza delle condizioni di cui agli articoli 4 e 5 della suddetta direttiva. In particolare, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), della medesima direttiva, egli deve dimostrare di disporre di risorse stabili e regolari, sufficienti al sostentamento suo e dei suoi familiari senza fare ricorso al sistema di assistenza sociale di tale Stato membro (19).

61.      Da quanto precede deriva che non è sufficiente soddisfare le condizioni sostanziali imposte dalla direttiva 2003/109 per beneficiare dello status di soggiornante di lungo periodo ai sensi di tale direttiva e che un cittadino di un paese terzo può essere autorizzato a un soggiorno di lungo periodo unicamente sulla base del diritto nazionale, senza essere soggetto a detta direttiva, in quanto questa non è intesa ad armonizzare completamente il soggiorno di lungo periodo dei cittadini di paesi terzi.

62.      Sebbene NW sembri aver intrapreso i passi necessari per ottenere un permesso di soggiorno in quanto soggiornante di lungo periodo, ai sensi della direttiva 2003/109, resta il fatto che il procedimento amministrativo avviato a tale riguardo è in corso e che esso resta estraneo all’oggetto della controversia di cui al procedimento principale, che, come ho indicato in precedenza, riguarda la revoca di un titolo di soggiorno ottenuto ai sensi del diritto nazionale.

63.      Alla luce di tali elementi, occorre rispondere, nell’ambito della causa C‑420/22, alle questioni poste dal giudice del rinvio nella sua domanda integrativa di pronuncia pregiudiziale, con cui, come nella causa C‑528/22, si chiede alla Corte di interpretare l’articolo 20 TFUE.

B.      Sulla necessità per l’autorità competente in materia di soggiorno di esaminare l’esistenza di un rapporto di dipendenza tra il cittadino di un paese terzo e la sua famiglia

64.      Con la sua prima questione, sub a), nella causa C‑528/22, e con quella corrispondente nella causa C‑420/22, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 20 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta a che un’autorità di uno Stato membro revochi o rifiuti di rilasciare, per un motivo di sicurezza nazionale, un titolo di soggiorno a un cittadino di un paese terzo che sia un familiare di cittadini dell’Unione e cittadini di tale Stato membro che non hanno mai esercitato la loro libertà di circolazione, senza aver prima esaminato se tra tali persone esista un rapporto di dipendenza che possa consentire a tale cittadino di beneficiare di un diritto di soggiorno derivato.

65.      Il governo ungherese sostiene che né NW né PQ hanno invocato l’articolo 20 TFUE durante il procedimento amministrativo, anche se un richiedente un titolo di soggiorno dovrebbe avvalersi, almeno nella sostanza, del diritto di soggiorno derivato basato su tale articolo di cui intende beneficiare. Inoltre, NW non avrebbe invocato detto articolo nemmeno dinanzi al giudice del rinvio, il quale, pertanto, sarebbe andato al di là delle conclusioni ad esso presentate.

66.      Come la Corte ha recentemente ricordato nei punti da 20 a 26 della sua sentenza del 22 giugno 2023, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Madre thailandese di un minore cittadino dei Paesi Bassi) (20), l’articolo 20 TFUE osta a provvedimenti nazionali, comprese eventuali decisioni di diniego del diritto di soggiorno ai familiari di un cittadino dell’Unione, che abbiano l’effetto di privare i cittadini dell’Unione del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti conferiti dal loro status.

67.      Per contro, le disposizioni del Trattato FUE relative alla cittadinanza dell’Unione non conferiscono alcun diritto autonomo ai cittadini di paesi terzi. Infatti, gli eventuali diritti conferiti a tali cittadini non sono diritti propri di questi ultimi, bensì diritti derivati da quelli di cui gode il cittadino dell’Unione. La finalità e la ratio di detti diritti derivati si basano sulla constatazione che negarne il riconoscimento può pregiudicare, in particolare, la libertà di circolazione del cittadino dell’Unione nel territorio dell’Unione.

68.      A tal proposito, la Corte ha già dichiarato che esistono situazioni molto particolari in cui, malgrado il fatto che il diritto derivato dell’Unione relativo al diritto di soggiorno dei cittadini di paesi terzi non sia applicabile e che il cittadino dell’Unione interessato non si sia avvalso della propria libertà di circolazione, un diritto di soggiorno deve nondimeno essere accordato al cittadino di un paese terzo, familiare di tale cittadino dell’Unione, a pena di pregiudicare l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione, qualora, in conseguenza del negato riconoscimento di un siffatto diritto, detto cittadino dell’Unione si vedesse di fatto obbligato a lasciare il territorio dell’Unione globalmente inteso, venendo così privato del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti conferiti da tale status.

69.      Secondo la Corte, affinché un tale rifiuto possa mettere in discussione l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione, è necessario che tra tale cittadino di un paese terzo e il cittadino dell’Unione, suo familiare, esista un rapporto di dipendenza tale da far sì che quest’ultimo, in caso di mancato riconoscimento a detto cittadino di un diritto di soggiorno nel territorio dell’Unione, sarebbe costretto a seguirlo e a lasciare tale territorio, inteso globalmente.

70.      Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, è alla luce dell’intensità della relazione di dipendenza tra il cittadino interessato di un paese terzo e il cittadino dell’Unione, familiare del primo, che si deve giudicare in merito al riconoscimento del diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 20 TFUE, giudizio, questo, che deve prendere in considerazione l’insieme delle circostanze del caso di specie (21).

71.      Nel caso di specie, il giudice del rinvio ritiene che esista un rapporto di dipendenza tra ciascuno dei cittadini di paesi terzi interessati e le loro famiglie, in particolare i loro rispettivi figli. Anche se il governo ungherese ha sostenuto il contrario nelle sue osservazioni scritte relative a PQ, basandosi su una descrizione dei fatti opposta a quella presa in considerazione dal giudice del rinvio, occorre sottolineare che è sulla base degli elementi di fatto forniti da quest’ultimo che la Corte deve ragionare nell’ambito di un procedimento pregiudiziale (22).

72.      Inoltre, il governo ungherese sostiene che l’applicazione dell’articolo 20 TFUE è irrilevante nel caso di specie, in quanto i cittadini di paesi terzi interessati non sono soggetti a provvedimenti di allontanamento e non sono quindi obbligati a lasciare il territorio dell’Unione. Tuttavia, un tale argomento non è convincente. Invero, oltre al fatto che dagli elementi di cui dispone la Corte sembra risultare che tali cittadini di paesi terzi sono soggetti a un obbligo di lasciare il territorio ungherese, dalla giurisprudenza della Corte emerge chiaramente che l’articolo 20 TFUE può essere invocato contro una decisione di diniego del soggiorno (23).

73.      Una delle difficoltà poste dalle presenti cause è che NW e PQ non hanno chiesto alle autorità ungheresi di ottenere un titolo di soggiorno basato sull’articolo 20 TFUE. Occorre quindi stabilire se tali autorità fossero comunque tenute a valutare l’applicazione di tale articolo, posto che erano a conoscenza dell’esistenza di un legame familiare tra i cittadini di paesi terzi interessati e i loro familiari di cittadinanza ungherese.

74.      A tale proposito, dalla giurisprudenza della Corte emerge che le modalità procedurali secondo le quali un cittadino di un paese terzo può far valere l’esistenza di un diritto derivato in forza dell’articolo 20 TFUE non possono compromettere l’effetto utile di tale articolo (24).

75.      Pertanto, se è pur vero che le autorità nazionali non hanno l’obbligo di esaminare sistematicamente e di loro iniziativa l’esistenza di un rapporto di dipendenza, ai sensi dell’articolo 20 TFUE, dato che la persona interessata deve fornire gli elementi che consentono di valutare se sono soddisfatti i requisiti per l’applicazione di tale articolo, l’effetto utile di detto articolo sarebbe tuttavia compromesso se al cittadino di un paese terzo o al cittadino dell’Unione, suo familiare, venisse impedito di far valere gli elementi che consentono di valutare se sussista tra loro un rapporto di dipendenza, ai sensi dell’articolo 20 TFUE (25).

76.      Di conseguenza, la Corte ha dichiarato che, ove un cittadino di un paese terzo presenti all’autorità nazionale competente una domanda di concessione di un diritto di soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare con un cittadino dell’Unione, proveniente dallo Stato membro interessato, detta autorità non potrà respingere automaticamente tale domanda per il solo motivo che tale cittadino dell’Unione non dispone di risorse sufficienti. Ad essa incombe, al contrario, di valutare, sul fondamento degli elementi che il cittadino di un paese terzo e il cittadino dell’Unione interessati devono poterle liberamente apportare e procedendo, se necessario, alle ricerche necessarie, se esiste, tra tali due persone, un rapporto di dipendenza, sicché, in linea di principio, un diritto di soggiorno derivato deve essere concesso a detto cittadino, ai sensi dell’articolo 20 TFUE (26).

77.      Da tale giurisprudenza deduco che, sebbene l’articolo 20 TFUE non imponga alle autorità nazionali un obbligo di esaminare sistematicamente e di propria iniziativa l’esistenza di un rapporto di dipendenza, ai sensi di tale articolo, esse sono comunque tenute a procedere a un tale esame allorché gli elementi prodotti dinanzi ad esse siano tali da suffragare l’esistenza di un rapporto del genere.

78.      Tale analisi mi sembra confermata dalla sentenza del 27 aprile 2023, M.D. (Divieto d’ingresso in Ungheria) (27), in cui la Corte ha dichiarato che uno Stato membro non può vietare l’ingresso nel territorio dell’Unione a un cittadino di un paese terzo, un cui familiare sia un cittadino dell’Unione, cittadino di tale Stato membro che non abbia mai esercitato la sua libertà di circolazione, senza che sia stata verificata l’esistenza di un rapporto di dipendenza tra tale cittadino di un paese terzo e il familiare in parola (28).

79.      Alla luce di tali elementi, l’articolo 20 TFUE dovrebbe, a mio avviso, essere interpretato nel senso che esso osta a che un’autorità di uno Stato membro revochi o rifiuti di rilasciare, per un motivo di sicurezza nazionale, un titolo di soggiorno a un cittadino di un paese terzo che sia un familiare di cittadini dell’Unione e cittadini di tale Stato membro che non hanno mai esercitato la loro libertà di circolazione, senza aver prima esaminato – sulla base degli elementi che il cittadino di un paese terzo e il cittadino dell’Unione interessati devono poterle fornire liberamente, procedendo, se del caso, alle indagini necessarie – se tra tali persone esista un rapporto di dipendenza che obbligherebbe, nei fatti, tale cittadino dell’Unione a lasciare il territorio dell’Unione, globalmente inteso, per seguire tale familiare.

80.      Va tuttavia precisato che, a causa della natura sussidiaria del diritto di soggiorno derivato risultante dall’articolo 20 TFUE, un tale diritto dovrebbe, se del caso, essere riconosciuto solo in assenza di un diritto di soggiorno ottenuto sulla base di un’altra disposizione (29).

C.      Sulle condizioni in base alle quali gli Stati membri possono derogare al diritto di soggiorno derivato risultante dall’articolo 20 TFUE

81.      La normativa ungherese si caratterizza per i seguenti elementi, vale a dire l’intervento decisivo di un’autorità specializzata in materia di sicurezza nazionale distinta dall’autorità competente in materia di soggiorno, il carattere vincolante per quest’ultima autorità del parere emesso dalla prima autorità, l’assenza di motivazione tanto di tale parere quanto della decisione di revoca o di diniego del diritto di soggiorno e la mancata considerazione di tutte le circostanze individuali pertinenti.

82.      È alla luce di tali caratteristiche della normativa ungherese che con le questioni sollevate dal giudice del rinvio si chiede alla Corte di precisare le condizioni sostanziali e procedurali che gli Stati membri devono soddisfare per poter derogare al diritto di soggiorno derivato risultante dall’articolo 20 TFUE.

1.      Sulla necessità di un esame da parte dellautorità competente in materia di soggiorno delle circostanze individuali e del principio di proporzionalità

83.      Con la sua prima questione, sub b), e con la sua quinta questione nella causa C‑528/22, nonché con quelle corrispondenti nella causa C‑420/22, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte di dichiarare se l’articolo 20 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale ai sensi della quale una decisione di revoca o di diniego di un diritto di soggiorno deve essere adottata sulla base di un parere vincolante non motivato emesso da un organo incaricato di funzioni specializzate connesse alla sicurezza nazionale, senza un esame rigoroso di tutte le circostanze individuali e della proporzionalità di tale decisione di revoca o di diniego.

84.      Dalla giurisprudenza della Corte risulta che gli Stati membri possono derogare, a determinate condizioni, al diritto di soggiorno derivato, risultante dall’articolo 20 TFUE, per il familiare di un cittadino dell’Unione che non si sia avvalso della propria libertà di circolazione, al fine di garantire il mantenimento dell’ordine pubblico o la salvaguardia della sicurezza pubblica. Ciò può avvenire qualora tale cittadino di un paese terzo costituisca una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave per l’ordine pubblico o la sicurezza pubblica o nazionale (30).

85.      Tuttavia, secondo la Corte, l’applicazione di una siffatta deroga non può essere fondata unicamente sui precedenti penali del cittadino di un paese terzo di cui trattasi. Essa può discendere, se del caso, solamente da una valutazione in concreto di tutte le circostanze pertinenti nel caso di specie, alla luce del principio di proporzionalità, dei diritti fondamentali di cui la Corte garantisce il rispetto e, tra l’altro, dell’interesse superiore del figlio minorenne, cittadino dell’Unione. L’autorità nazionale competente può dunque prendere in considerazione, in particolare, la gravità dei reati commessi e il grado di severità delle susseguenti condanne nonché il periodo intercorso tra la data della loro pronuncia e la data in cui detta autorità statuisce. Qualora il rapporto di dipendenza tra tale cittadino di un paese terzo e un cittadino dell’Unione minorenne derivi dal fatto che il primo è genitore del secondo, occorre altresì prendere in considerazione l’età, lo stato di salute nonché la situazione familiare ed economica di tale cittadino dell’Unione minorenne (31).

86.      La Corte ha quindi dichiarato che, qualora sia accertato un rapporto di dipendenza tra il cittadino di un paese terzo interessato e il suo familiare, cittadino dell’Unione, lo Stato membro interessato può vietare l’ingresso e il soggiorno nel territorio dell’Unione di tale cittadino per motivi di ordine pubblico o di sicurezza nazionale solo dopo aver tenuto in considerazione tutte le circostanze pertinenti, e segnatamente, se del caso, l’interesse superiore del figlio minore, cittadino dell’Unione (32).

87.      Una tale considerazione di tutte circostanze pertinenti si imporrebbe quindi alle autorità ungheresi competenti in materia di soggiorno. Orbene, nella misura in cui tali autorità sono vincolate, ai sensi della normativa ungherese, dal parere non motivato emesso da un organo incaricato di funzioni specializzate connesse alla sicurezza nazionale, è ad esse impossibile bilanciare il motivo di sicurezza nazionale invocato, di cui nessun elemento di fatto che ne è alla base è stato comunicato a dette autorità, con la situazione personale e familiare della persona che richiede un diritto di soggiorno.

88.      Pertanto, la normativa ungherese ha l’effetto di privare le autorità ungheresi competenti in materia di soggiorno del loro potere di valutare se i motivi per i quali viene adottata una decisione di revoca o di diniego di un diritto di soggiorno giustifichino una deroga al diritto di soggiorno derivato di cui gode un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che non si è avvalso della propria libertà di circolazione, il che è fondamentalmente contrario alla giurisprudenza della Corte (33).

89.      Inoltre, tenuto conto della portata generale dell’obbligo di motivazione, in particolare in relazione al diritto a un ricorso effettivo, la motivazione di una decisione di revoca o di diniego del soggiorno che si limiti a rinviare a un parere, a sua volta non motivato, emesso da un organo incaricato di funzioni specializzate connesse alla sicurezza nazionale, non soddisfa i requisiti evidenziati dalla Corte nella sua giurisprudenza (34).

90.      Mi riferisco, in particolare, alla conclusione cui è giunta la Corte, in materia di protezione internazionale, nella sua sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a., nel senso che l’autorità accertante non può validamente limitarsi ad attuare una decisione adottata da un’altra autorità, la quale sia per essa vincolante in forza della normativa nazionale, e assumere, su questa sola base, la decisione di escludere il riconoscimento del beneficio della protezione sussidiaria o di revocare una protezione internazionale in precedenza accordata (35). La Corte ha quindi dichiarato che tale autorità deve, al contrario, disporre di tutte le informazioni pertinenti e procedere, alla luce di tali informazioni, alla propria valutazione dei fatti e delle circostanze, al fine di determinare il senso della propria decisione, nonché di motivare quest’ultima in maniera completa (36).

91.      A mio avviso, le stesse regole dovrebbero applicarsi all’autorità competente in materia di soggiorno.

92.      Invero, la portata di tali requisiti può essere limitata quando si tratta di informazioni classificate, sulla base di un bilanciamento tra, da un lato, il diritto a una buona amministrazione nonché il diritto a un ricorso effettivo e, dall’altro, la salvaguardia della sicurezza nazionale.

93.      Ciò premesso, anche se una parte delle informazioni utilizzate dall’autorità competente in materia di soggiorno per svolgere la propria valutazione può essere fornita da organi incaricati di funzioni specializzate connesse alla sicurezza nazionale, di propria iniziativa o su domanda di tale autorità, ed essa può essere sottoposta a un regime di riservatezza (37), ciò nondimeno detta autorità deve essere libera di valutare la portata di tali informazioni e la loro pertinenza per la decisione da adottare (38). L’autorità competente in materia di soggiorno non può quindi essere obbligata a fondarsi su un parere non motivato emesso da organi incaricati di funzioni specializzate attinenti alla sicurezza nazionale, sulla base di una valutazione il cui fondamento di fatto non le sia stato comunicato(39).

94.      Di conseguenza, l’articolo 20 TFUE deve essere, a mio avviso, interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale ai sensi della quale una decisione di revoca o di diniego di un diritto di soggiorno deve essere adottata sulla base di un parere vincolante non motivato emesso da un organo incaricato di funzioni specializzate connesse alla sicurezza nazionale, secondo il quale la persona interessata costituisce una minaccia per tale sicurezza, senza un esame rigoroso di tutte le circostanze individuali e della proporzionalità di tale decisione di revoca o di diniego.

95.      Aggiungo che, qualora una decisione di revoca o di diniego di un diritto di soggiorno costituisse, al contempo, una decisione di rimpatrio, ai sensi della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (40) – circostanza la cui verifica spetta al giudice del rinvio –, l’articolo 5 di tale direttiva, che impone in particolare agli Stati membri di tenere in debita considerazione l’interesse superiore del minore, la vita familiare e le condizioni di salute del cittadino di un paese terzo interessato, dovrebbe essere rispettato (41).

2.      Sullaccesso dellinteressato alle informazioni su cui si è fondata una decisione di revoca o di diniego di un diritto di soggiorno e il loro utilizzo nellambito del procedimento relativo al soggiorno

96.      Con la sua seconda questione nella causa C‑528/22 e con quella corrispondente nella causa C‑420/22, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 20 TFUE, letto alla luce degli articoli 41 e 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che prevede che, laddove una decisione di revoca o di diniego di un diritto di soggiorno si basi su informazioni classificate la cui divulgazione comprometterebbe la sicurezza nazionale dello Stato membro in questione, la persona interessata o il suo consulente possano avere accesso a tali informazioni solo dopo aver ottenuto un’autorizzazione a tal fine, non possano informati del contenuto essenziale dei motivi su cui si fonda una tale decisione e non possano, in ogni caso, utilizzare, nell’ambito del procedimento amministrativo o giurisdizionale relativo al soggiorno, le informazioni alle quali avrebbero potuto avuto accesso.

97.      In ognuna delle presenti cause, il giudice del rinvio chiede quindi alla Corte quali obblighi siano imposti, in caso di adozione di una decisione di revoca o di diniego, per un motivo di sicurezza nazionale, di un diritto di soggiorno che può rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 20 TFUE, all’autorità competente in materia di soggiorno e agli organi incaricati di funzioni specializzate connesse alla sicurezza nazionale, per quanto riguarda l’accesso dell’interessato e/o del suo rappresentante alle informazioni classificate in base alle quali è stata adottata tale decisione nonché l’utilizzo di tali informazioni nell’ambito del procedimento amministrativo o giurisdizionale relativo al soggiorno.

98.      Dalla giurisprudenza della Corte risulta che, in assenza di disposizioni applicabili del diritto dell’Unione relative alle modalità con cui gli Stati membri devono assicurare il rispetto dei diritti della difesa della persona interessata qualora il suo diritto d’accesso al fascicolo sia limitato in applicazione di una normativa nazionale, le modalità concrete delle procedure stabilite a tale scopo rientrano nell’ordinamento giuridico interno dei singoli Stati membri, in virtù del principio dell’autonomia procedurale degli Stati membri, a condizione però che esse non siano meno favorevoli di quelle disciplinanti situazioni simili di natura interna (principio di equivalenza) e che non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (42).

99.      Occorre altresì ricordare che gli Stati membri, allorché attuano il diritto dell’Unione, sono tenuti a garantire il rispetto sia delle prescrizioni scaturenti dal diritto a una buona amministrazione, che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione che si riflette nell’articolo 41 della Carta (43), sia del diritto a un ricorso effettivo sancito dall’articolo 47, primo comma, della Carta, i quali impongono, rispettivamente nel corso del procedimento amministrativo e di un eventuale procedimento giurisdizionale, il rispetto dei diritti della difesa della persona interessata (44).

100. A tale proposito, per quanto riguarda, in primo luogo, il procedimento amministrativo, risulta da una consolidata giurisprudenza della Corte che il rispetto dei diritti della difesa implica che il destinatario di una decisione che pregiudica in maniera sensibile i suoi interessi deve essere messo in condizione, dalle amministrazioni degli Stati membri allorché adottano misure rientranti nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, di far conoscere utilmente il proprio punto di vista riguardo agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la propria decisione (45).

101. Come la Corte ha dichiarato in materia di protezione internazionale, tale precetto mira a permettere all’autorità competente in materia di diritto di soggiorno di procedere con piena cognizione di causa alla valutazione individuale dell’insieme dei fatti e delle circostanze pertinenti, il che impone che il destinatario della decisione possa correggere un errore o far valere determinati elementi relativi alla sua situazione personale suscettibili di portare al risultato che la decisione venga presa, non venga presa, oppure abbia questo o quel contenuto (46).

102. Poiché il precetto di cui sopra presuppone necessariamente che tale destinatario si veda offrire, eventualmente per il tramite di un consulente, una possibilità concreta di avere conoscenza degli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la propria decisione, il rispetto dei diritti della difesa ha come corollario il diritto di accesso a tutti gli elementi del fascicolo nel corso del procedimento amministrativo (47).

103. Per quanto riguarda, in secondo luogo il procedimento giurisdizionale, da una giurisprudenza costante emerge che l’effettività del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta presuppone che l’interessato possa conoscere la motivazione della decisione adottata nei suoi confronti, vuoi in base alla lettura della decisione stessa, vuoi a seguito di una comunicazione della motivazione effettuata su sua domanda, fermo restando il potere del giudice competente di richiedere all’autorità di cui trattasi la comunicazione di tale motivazione, al fine di consentire all’interessato di difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se gli sia utile adire il giudice competente, e per consentire pienamente a quest’ultimo di esercitare il controllo sulla legittimità della decisione nazionale in questione (48). Il rispetto dei diritti della difesa, che si impone segnatamente nell’ambito dei procedimenti relativi ai ricorsi proposti in materia di diritto di soggiorno, implica che il ricorrente possa accedere non soltanto ai motivi della decisione adottata nei suoi confronti, ma anche a tutti gli elementi del fascicolo sui quali l’amministrazione si è fondata, al fine di poter effettivamente prendere posizione in merito a tali elementi (49).

104. Inoltre, il principio del contraddittorio, che fa parte dei diritti della difesa, contemplati dall’articolo 47 della Carta, implica che le parti di un processo devono avere il diritto di prendere conoscenza di tutti i documenti o le osservazioni presentati al giudice al fine di influire sulla sua decisione, nonché quello di discuterli, il che presuppone che la persona interessata da una decisione di revoca di un titolo di soggiorno debba poter prendere conoscenza degli elementi del suo fascicolo che sono messi a disposizione del giudice chiamato a statuire sul ricorso proposto contro tale decisione (50).

105. Tuttavia, occorre ricordare che i diritti della difesa non costituiscono prerogative assolute e che il diritto di accesso al fascicolo che ne è il corollario può dunque essere limitato, sulla base di una ponderazione tra, da un lato, il diritto alla buona amministrazione nonché il diritto ad un ricorso effettivo della persona interessata e, dall’altro, gli interessi evocati per giustificare la mancata divulgazione di un elemento di fascicolo a tale persona, in particolare quando questi interessi siano correlati alla sicurezza nazionale (51). Può rivelarsi necessario, tanto in un procedimento amministrativo quanto in uno giurisdizionale, non comunicare talune informazioni all’interessato, in particolare per considerazioni attinenti alla sicurezza nazionale (52).

106. I limiti di tale ponderazione sono stati precisati dalla Corte.

107. In tal senso, detta ponderazione non può portare, tenuto conto del necessario rispetto dell’articolo 47 della Carta, a privare di qualsiasi effettività i diritti della difesa della persona interessata e a svuotare del suo contenuto il diritto di ricorso di cui deve disporre una persona che può beneficiare di un diritto di soggiorno derivato ai sensi dell’articolo 20 TFUE, segnatamente non comunicando a detta persona, o eventualmente al suo consulente, almeno il contenuto essenziale della motivazione su cui si fonda la decisione presa nei suoi confronti (53).

108. La stessa ponderazione può, invece, portare a far sì che alcuni elementi del fascicolo non vengano comunicati alla persona interessata, qualora la divulgazione di tali elementi sia suscettibile di compromettere in maniera diretta e particolare la sicurezza nazionale dello Stato membro di cui trattasi, in quanto essa possa segnatamente mettere in pericolo la vita, la salute o la libertà di persone o svelare i metodi di indagine specificamente utilizzati da organi incaricati di funzioni specializzate connesse alla sicurezza nazionale e in tal modo ostacolare seriamente, o addirittura impedire, il futuro espletamento dei compiti di tali organi (54).

109. Ne consegue che, sebbene il diritto dell’Unione autorizzi gli Stati membri, segnatamente quando lo esiga la sicurezza nazionale, a non concedere all’interessato un accesso diretto alla totalità del suo fascicolo, tale diritto non può – a pena di violare il principio di effettività, il diritto ad una buona amministrazione e il diritto ad un ricorso effettivo – essere interpretato nel senso che essa permetta alle autorità competenti di porre detta persona in una situazione nella quale né essa né il suo consulente siano in grado di prendere utilmente conoscenza, eventualmente nel quadro di uno specifico procedimento destinato a salvaguardare la sicurezza nazionale, del contenuto essenziale degli elementi determinanti inseriti in tale fascicolo (55).

110. È sulla base di tali principi che la Corte ha dichiarato, in materia di protezione internazionale, da un lato, che, qualora la divulgazione di informazioni inserite nel fascicolo sia stata limitata per un motivo di sicurezza nazionale, il rispetto dei diritti della difesa della persona interessata non è garantito in maniera sufficiente dalla possibilità per tale persona di ottenere, a determinate condizioni, un’autorizzazione ad accedere a tali informazioni accompagnata da un divieto assoluto di utilizzare le informazioni così ottenute ai fini del procedimento amministrativo o dell’eventuale procedimento giurisdizionale (56).

111. Risulta, infatti, dai precetti scaturenti dal principio del rispetto dei diritti della difesa, che ho ricordati in precedenza, che il diritto di accesso alle informazioni inserite nel fascicolo ha come scopo di permettere alla persona interessata, eventualmente tramite un consulente, di far valere, dinanzi alle autorità o ai giudici competenti, il proprio punto di vista in merito a tali informazioni e alla loro rilevanza per la decisione da adottare o adottata (57).

112. Pertanto, una procedura che offra alla persona interessata o al suo consulente una possibilità di accedere a dette informazioni, ma che al tempo stesso vieti loro di utilizzare le medesime informazioni ai fini del procedimento amministrativo o dell’eventuale procedimento giurisdizionale, non è sufficiente per salvaguardare i diritti della difesa di tale persona e non può dunque ritenersi atta a permettere ad uno Stato membro di conformarsi agli obblighi derivanti dagli articoli 41 e 47 della Carta (58).

113. Dall’altro lato, poiché dalla decisione di rinvio e dalle osservazioni del governo ungherese risulta che la normativa in questione nel procedimento principale è basata sulla considerazione secondo cui i diritti della difesa della persona interessata sono sufficientemente garantiti dalla facoltà del giudice competente di accedere al fascicolo, occorre sottolineare come tale facoltà non possa sostituirsi all’accesso alle informazioni contenute nel fascicolo da parte dell’interessato o del suo consulente (59). In tal senso, il rispetto dei diritti della difesa implica non già che il giudice competente disponga di tutti gli elementi pertinenti per prendere la propria decisione, bensì che la persona interessata, eventualmente tramite un consulente, possa far valere i propri interessi esprimendo il proprio punto di vista su tali elementi (60). Infatti, l’accesso alle informazioni contenute nel fascicolo da parte dei giudici competenti e la creazione di procedure atte a garantire che i diritti della difesa della persona interessata siano rispettati costituiscono due esigenze distinte e cumulative (61).

114. Da quanto precede risulta che l’articolo 20 TFUE, letto alla luce degli articoli 41 e 47 della Carta, deve, a mio avviso, essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che prevede che, laddove una decisione di revoca o di diniego di un diritto di soggiorno si basi su informazioni la cui divulgazione comprometterebbe la sicurezza nazionale dello Stato membro in questione, la persona interessata o il suo consulente possano avere accesso a tali informazioni solo dopo aver ottenuto un’autorizzazione a tal fine, non possono informati del contenuto essenziale dei motivi su cui si fonda una tale decisione e non possono, in ogni caso, utilizzare, nell’ambito del procedimento amministrativo o giurisdizionale relativo al soggiorno, le informazioni alle quali avrebbero potuto avuto accesso.

3.      Sulla nozione di «contenuto essenziale» dei motivi di riservatezza

115. Con la sua terza questione nella causa C‑528/22 e con quella corrispondente nella causa C‑420/22, il giudice del rinvio chiede alla Corte di precisare il significato da attribuire alla nozione di «contenuto essenziale» dei motivi di riservatezza su cui si basa una decisione di revoca o di diniego di un diritto di soggiorno, alla luce degli articoli 41 e 47 della Carta.

116. Ritengo che tale nozione riguardi gli elementi essenziali del fascicolo che possano consentire all’interessato di avere conoscenza dei principali fatti e dei comportamenti contestatigli, di modo che possa esprimere il proprio punto di vista nell’ambito del procedimento amministrativo e in seguito, ove necessario, del procedimento giurisdizionale relativo al soggiorno.

117. La nozione di «contenuto essenziale» dei motivi di riservatezza deve quindi essere interpretata in modo funzionale al fine di garantire l’effettivo esercizio dei diritti della difesa, salvaguardando al contempo gli interessi della sicurezza nazionale.

118. Tale nozione deve essere quindi definita tenendo conto della necessaria riservatezza degli elementi di prova (62). Infatti, in taluni casi la divulgazione di tali elementi probatori può compromettere in modo diretto e particolare la sicurezza dello Stato perché può, per esempio, mettere in pericolo la vita, la salute o la libertà di persone o svelare i metodi di indagine specificamente utilizzati dalle autorità di sicurezza nazionali e in tal modo ostacolare seriamente, se non impedire, il futuro espletamento delle mansioni delle medesime autorità (63).

4.      Sui poteri del giudice competente a controllare la legittimità di una decisione di revoca o di diniego di un diritto di soggiorno

119. Con la sua quarta questione nella causa C‑528/22 e con quella corrispondente nella causa C‑420/22, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte di pronunciarsi sulla questione se l’articolo 20 TFUE, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso richiede che il giudice competente a controllare la legittimità di una decisione di revoca o di diniego di un diritto di soggiorno fondata su informazioni classificate disponga del potere di declassificare informazioni del genere e di comunicarle esso stesso, in tutto o in parte, al cittadino interessato di un paese terzo.

120. Tale questione riguarda i poteri del giudice chiamato a controllare la legittimità di una decisione relativa al soggiorno. Essa è volta a stabilire come conciliare, nell’ambito di un procedimento giurisdizionale, il diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo con l’imperativo di preservare la riservatezza di informazioni la cui divulgazione potrebbe compromettere gli interessi connessi alla sicurezza nazionale.

121. Dalla decisione di rinvio e dalla formulazione della questione posta dal giudice del rinvio sembra emergere che quest’ultimo ritenga che, in base al diritto dell’Unione, esso debba avere non solo accesso alle informazioni classificate, ma altresì la possibilità di decidere, se del caso, di accertare l’illegittimità della classificazione di tali informazioni e di comunicarle esso stesso, in tutto o in parte, alla persona interessata.

122. Nel corso dell’udienza, i governi ungherese e francese, nonché la Commissione, hanno espresso posizioni convergenti sulla risposta che, a loro avviso, dovrebbe essere data a tale questione, ossia che il diritto dell’Unione non richiede che un giudice competente a controllare la legittimità di una decisione di revoca o di diniego di un diritto di soggiorno fondata su informazioni classificate disponga del potere di declassificare informazioni del genere e di comunicarle alla persona interessata.

123. Condivido tale posizione, sulla base degli insegnamenti che ritengo si debbano trarre dalla sentenza ZZ.

124. Infatti, in tale sentenza, la Corte ha già preso posizione sui poteri di cui deve disporre il giudice competente in materia di soggiorno, nell’ambito della direttiva 2004/38, per garantire il rispetto dei diritti della difesa quando una persona è oggetto di una decisione negativa basata su informazioni riservate.

125. Da detta sentenza risulta quindi che, qualora vengano invocate ragioni attinenti alla sicurezza dello Stato per rifiutare di comunicare alla persona interessata i motivi per i quali è stata adottata una decisione di diniego di accesso al territorio di uno Stato membro, il giudice competente di tale Stato membro deve avere a sua disposizione e applicare tecniche e norme di diritto processuale che consentano di conciliare le legittime preoccupazioni di sicurezza dello Stato, quanto alla natura e alle fonti di informazione prese in considerazione nell’adottare la decisione di cui trattasi, con la necessità di garantire adeguatamente al soggetto il rispetto dei suoi diritti processuali, quali il diritto di esporre la propria difesa e il principio del contraddittorio (64).

126. A tal fine, la Corte ha dichiarato che gli Stati membri sono tenuti a prevedere, da un lato, un controllo giurisdizionale effettivo tanto dell’esistenza e della fondatezza delle ragioni invocate dall’autorità nazionale riguardo alla sicurezza dello Stato, quanto della legittimità della decisione in questione, nonché, dall’altro, tecniche e norme relative a tale controllo (65).

127. Essa ha inoltre precisato che occorre che al giudice incaricato del controllo di legittimità di una tale decisione possa prendere conoscenza sia dell’insieme dei motivi sia degli elementi di prova pertinenti sulla cui base la decisione medesima è stata adottata (66), al fine, in particolare, di verificare se la sicurezza dello Stato osti effettivamente a una comunicazione di tali motivi e tali prove all’interessato (67).

128. La Corte ha fornito precisazioni quanto alle conseguenze da trarre dall’esame effettuato al riguardo dal giudice nazionale.

129. In tal senso, se tale giudice conclude che la sicurezza dello Stato non osta alla comunicazione delle informazioni in questione alla persona interessata, esso deve offrire all’autorità nazionale competente la possibilità di comunicare dette informazioni a tale persona. Se tale autorità non acconsente ad una siffatta comunicazione, il giudice nazionale procede all’esame della legittimità della decisione relativa al soggiorno sulla base dei soli motivi ed elementi di prova che sono stati comunicati (68).

130. Ne consegue, per analogia, che l’articolo 20 TFUE, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, non richiede che il giudice competente a controllare la legittimità di una decisione di revoca o di diniego di un diritto di soggiorno fondata su informazioni classificate abbia il potere di declassificare informazioni del genere e di comunicarle esso stesso alla persona interessata. Spetta infatti all’autorità nazionale competente decidere, se del caso, di fornire dette informazioni a tale persona affinché esse possano essere sottoposte al contraddittorio. Se tale autorità intende preservare la riservatezza di dette informazioni non comunicandole, tale giudice deve trarne le conseguenze nell’ambito del controllo di legittimità di una decisione di revoca o di diniego di un diritto di soggiorno, esercitando tale controllo sulla base dei soli motivi ed elementi di prova che sono stati comunicati. Come ha giustamente sottolineato il governo francese in udienza, in tali casi si limita l’oggetto del contraddittorio e, di conseguenza, degli argomenti o dei documenti su cui detto giudice può fondare la propria decisione. Una tale posizione mi sembra conforme a quanto previsto all’articolo 346, paragrafo 1, lettera a), TFUE, ossia che «nessuno Stato membro è tenuto a fornire informazioni la cui divulgazione sia dallo stesso considerata contraria agli interessi essenziali della propria sicurezza».

131. Ciò premesso, come ho indicato in precedenza, la ponderazione tra, da un lato, il diritto alla buona amministrazione nonché il diritto ad un ricorso effettivo della persona interessata e, dall’altro, la mancata divulgazione delle informazioni riservate su cui si basa una decisione di revoca o di diniego di un diritto di soggiorno non può portare, tenuto conto del necessario rispetto dell’articolo 47 della Carta, a privare tale persona della garanzia minima, consistente nel fatto che ad essa – o eventualmente al suo consulente – sia comunicato almeno il contenuto essenziale della motivazione su cui si fonda la decisione presa nei suoi confronti (69). Ciò si verifica quando la comunicazione delle informazioni riservate può essere validamente rifiutata dall’autorità nazionale competente per ragioni di sicurezza nazionale (70). Il controllo da parte del giudice competente della legittimità della decisione di revoca o di diniego di un diritto di soggiorno dovrà quindi essere effettuato esclusivamente sulla base del contenuto essenziale dei motivi comunicati alla persona interessata. Tale giudice dovrà, se del caso, trarre, ai sensi del diritto nazionale, le conseguenze di un’eventuale violazione di tale obbligo di comunicazione (71), il che potrebbero portarlo ad annullare una tale decisione.

V.      Conclusione

132. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali sollevate dalla Szegedi Törvényszék (Corte di Seghedino, Ungheria) nelle cause C‑420/22 e C‑528/22:

1)      L’articolo 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che:

–        esso osta a che un’autorità di uno Stato membro revochi o rifiuti di rilasciare, per un motivo di sicurezza nazionale, un titolo di soggiorno a un cittadino di un paese terzo che sia un familiare di cittadini dell’Unione e cittadini di tale Stato membro che non hanno mai esercitato la loro libertà di circolazione, senza aver prima esaminato – sulla base degli elementi che il cittadino di un paese terzo e il cittadino dell’Unione interessati devono poterle fornire liberamente, procedendo, se del caso, alle indagini necessarie – se tra tali persone esista un rapporto di dipendenza che obbligherebbe, nei fatti, tale cittadino dell’Unione a lasciare il territorio dell’Unione, globalmente inteso, per seguire tale familiare.

–        esso osta a una normativa nazionale ai sensi della quale una decisione di revoca o di diniego di un diritto di soggiorno deve essere adottata sulla base di un parere vincolante non motivato emesso da un organo incaricato di funzioni specializzate connesse alla sicurezza nazionale, secondo il quale la persona interessata costituisce una minaccia per tale sicurezza, senza un esame rigoroso di tutte le circostanze individuali e della proporzionalità di tale decisione di revoca o di diniego.

2)      L’articolo 20 TFUE, letto alla luce degli articoli 41 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che:

esso osta a una normativa nazionale che prevede che, laddove una decisione di revoca o di diniego di un diritto di soggiorno si basi su informazioni la cui divulgazione comprometterebbe la sicurezza nazionale dello Stato membro in questione, la persona interessata o il suo consulente possano avere accesso a tali informazioni solo dopo aver ottenuto un’autorizzazione a tal fine, non siano informati del contenuto essenziale dei motivi su cui si fonda una tale decisione e non possano, in ogni caso, utilizzare, nell’ambito del procedimento amministrativo o giurisdizionale relativo al soggiorno, le informazioni alle quali avrebbero potuto avere accesso.

3)      La nozione di «contenuto essenziale» dei motivi riservati su cui si fonda una decisione di revoca o di diniego di un diritto di soggiorno riguarda gli elementi essenziali del fascicolo che possano consentire all’interessato di avere conoscenza dei principali fatti e dei comportamenti contestatigli, di modo che possa esprimere il proprio punto di vista nell’ambito del procedimento amministrativo e in seguito, ove necessario, del procedimento giurisdizionale, tenendo conto della necessaria riservatezza degli elementi di prova.

4)      L’articolo 20 TFUE, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, deve essere interpretato nel senso che:

esso non richiede che il giudice competente a controllare la legittimità di una decisione di revoca o di diniego di un diritto di soggiorno fondata su informazioni classificate disponga del potere di declassificare informazioni del genere e di comunicarle esso stesso, in tutto o in parte, al cittadino interessato di un paese terzo.


1      Lingua originale: il francese.


2      GU 2004, L 16, pag. 44.


3      C‑159/21; in prosieguo: la «sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a.», EU:C:2022:708.


4      In prosieguo: la «Carta».


5      Magyar Közlöny 2007. évi 1. száma.


6      Magyar Közlöny 2007. évi 1. száma.


7      Magyar Közlöny 2018. évi 208. száma.


8      Magyar Közlöny 2007.  évi 65. száma.


9      Magyar Közlöny 2009. évi 194. száma.


10      In udienza, la rappresentante di NW ha dichiarato che, il 22 giugno 2023, quest’ultimo ha chiesto all’autorità competente in materia di soggiorno un titolo di soggiorno rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/109 e che il procedimento è in corso.


11      Il giudice del rinvio precisa che, in considerazione del motivo invocato relativo alla tutela della sicurezza nazionale, il rilascio di un’autorizzazione a consultare informazioni classificate è, in pratica, escluso. In udienza, la rappresentante di NW ha dichiarato che quest’ultimo aveva avviato un procedimento separato per ottenere e utilizzare le informazioni classificate che lo riguardano e che la decisione di diniego dell’Ufficio per la tutela della Costituzione è oggetto di contenzioso.


12      Nella sua domanda iniziale di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio, per giungere a tale conclusione, fa riferimento, da un lato, alla definizione di «soggiornante di lungo periodo», di cui all’articolo 2, lettera b), di tale direttiva e, dall’altro, alla constatazione che NW dispone di una carta di soggiorno permanente, a prescindere dal fatto che non sia titolare di un permesso di stabilimento temporaneo o comunitario. A tal proposito, tale giudice si basa sul punto 24 della sentenza del 20 gennaio 2022, Landeshauptmann von Wien (Perdita dello status di soggiornante di lungo periodo) (C‑432/20, EU:C:2022:39).


13      C‑300/11; in prosieguo: la «sentenza ZZ», EU:C:2013:363.


14      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77, nonché – rettifiche – GU 2004, L 229, pag. 35, e GU 2005, L 197, pag. 34).


15      Come ha precisato il governo ungherese in udienza, il legislatore ungherese ha quindi scelto di applicare disposizioni più favorevoli al diritto di soggiorno dei cittadini di paesi terzi che siano familiari di cittadini ungheresi.


16      V. articoli 34 e 38 della legge II.


17      V. nota 10 a piè di pagina delle presenti conclusioni.


18      V., in particolare, sentenza del 7 luglio 2014, Tahir (C‑469/13, EU:C:2014:2094, punto 27 e giurisprudenza citata).


19      V., in particolare, sentenza del 20 gennaio 2022, Landeshauptmann von Wien (Perdita dello status di soggiornante di lungo periodo) (C‑432/20 EU:C:2022:39, punto 24 e giurisprudenza citata).


20      C‑459/20, EU:C:2023:499.


21      V., in particolare, sentenza del 7 settembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Natura del diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 20 TFUE) (C‑624/20, EU:C:2022:639, punto 38 e giurisprudenza citata).


22      Secondo una giurisprudenza consolidata, dal momento che il giudice del rinvio ha definito il contesto di fatto e di diritto nel quale si collocano le questioni da esso sollevate, non spetta alla Corte verificarne l’esattezza: v., in particolare, sentenza dell’8 giugno 2023, Prestige e Limousine (C‑50/21, EU:C:2023:448, punto 43 e giurisprudenza citata).


23      V., in particolare, sentenze dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124, punto 44); del 13 settembre 2016, Rendón Marín (C‑165/14, EU:C:2016:675, punto 78), e del 10 maggio 2017, Chavez-Vilchez e a. (C‑133/15, EU:C:2017:354, punto 65).


24      V., in particolare, sentenza del 27 febbraio 2020, Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real (Coniuge di un cittadino dell’Unione) (C‑836/18, EU:C:2020:119, punto 51 e giurisprudenza citata).


25      V., in particolare, sentenza del 27 febbraio 2020, Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real (Coniuge di un cittadino dell’Unione) (C‑836/18, EU:C:2020:119, punto 52 e giurisprudenza citata).


26      V., in particolare, sentenza del 27 febbraio 2020, Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real (Coniuge di un cittadino dell’Unione) (C‑836/18, EU:C:2020:119, punto 53 e giurisprudenza citata).


27      C‑528/21, EU:C:2023:341.


28      Punto 65 di tale sentenza e giurisprudenza citata.


29      V., in particolare, sentenza del 5 maggio 2022, Subdelegación del Gobierno en Toledo (Soggiorno di un familiare – Risorse insufficienti) (C‑451/19 e C‑532/19, EU:C:2022:354, punti 47 e 73).


30      V., in particolare, sentenza del 27 aprile 2023, M.D. (Divieto di ingresso in Ungheria) (C‑528/21, EU:C:2023:341, punto 67 e giurisprudenza citata).


31      V., in particolare, sentenza del 27 aprile 2023, M.D. (Divieto di ingresso in Ungheria) (C‑528/21, EU:C:2023:341, punto 68 e giurisprudenza citata).


32      V., in particolare, sentenza del 27 aprile 2023, M.D. (Divieto di ingresso in Ungheria) (C‑528/21, EU:C:2023:341, punto 69).


33      V., per analogia, sentenza del 27 aprile 2023, M.D. (Divieto di ingresso in Ungheria) (C‑528/21, EU:C:2023:341, punto 70).


34      V., in materia di protezione internazionale, sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punti da 75 a 79).


35      V. sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 79).


36      V. sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 80).


37      V., per analogia, sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 82).


38      V., per analogia, sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 83).


39      V., per analogia, sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 83).


40      GU 2008, L 348, pag. 98.


41      V., in particolare, sentenza del 27 aprile 2023, M.D. (Divieto di ingresso in Ungheria) (C‑528/21, EU:C:2023:341, punto 89 e giurisprudenza citata).


42      V., per analogia, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 43 e giurisprudenza citata).


43      V., in particolare, sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 35 e giurisprudenza citata).


44      V., in particolare, sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 44 e giurisprudenza citata).


45      V., in particolare, sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 45 e giurisprudenza citata).


46      V., per analogia, sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 46 e giurisprudenza citata).


47      V., in particolare, sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 47 e giurisprudenza citata).


48      V., in particolare, sentenza del 24 novembre 2020, Minister van Buitenlandse Zaken (C‑225/19 e C‑226/19, EU:C:2020:951, punto 43 e giurisprudenza citata).


49      V., per analogia, sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 48 e giurisprudenza citata).


50      V., per analogia, sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 49 e giurisprudenza citata).


51      V., in particolare, sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 50 e giurisprudenza citata).


52      V., in particolare, sentenza nella causa ZZ (punto 54).


53      V., per analogia, sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 51 e giurisprudenza citata).


54      V., in particolare, sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 52 e giurisprudenza citata).


55      V., per analogia, sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 53).


56      V. sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 54).


57      V. sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 55).


58      V., per analogia, sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 56).


59      V. sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 57).


60      V. sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 58).


61      V. sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 59).


62      V. sentenza ZZ (punto 68).


63      V. sentenza ZZ (punto 66).


64      V. sentenza ZZ (punto 57).


65      V. sentenza ZZ (punto 58).


66      V. sentenza ZZ (punto 59).


67      V. sentenza ZZ (punti da 60 a 62).


68      V. sentenza ZZ (punto 63).


69      V., in particolare, sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 51 e giurisprudenza citata).


70      V. sentenza ZZ (punti da 64 a 67).


71      V. sentenza ZZ (punto 68).