Language of document : ECLI:EU:T:2023:787

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Decima Sezione)

6 dicembre 2023 (*)

«FEAGA e FEASR – Spese escluse dal finanziamento – Procedura di verifica di conformità – Agricoltore in attività – Prati permanenti – Campione di controllo – Pagamenti indebiti – Presentazione tardiva della domanda – Disciplina finanziaria – Obbligo di motivazione – Legittimo affidamento – Proporzionalità»

Nella causa T‑48/22,

Repubblica ceca, rappresentata da M. Smolek, J. Vláčil, O. Serdula e J. Očková, in qualità di agenti,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da J. Aquilina, A. Becker, K. Walkerová e J. Hradil, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione),

composta da M. Jaeger (relatore), facente funzione di presidente, P. Nihoul e S. Verschuur, giudici,

cancelliere: R. Ūkelytė, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 24 maggio 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE la Repubblica ceca chiede l’annullamento parziale della decisione di esecuzione (UE) 2021/2020 della Commissione, del 17 novembre 2021, che esclude dal finanziamento dell’Unione europea alcune spese sostenute dagli Stati membri a titolo del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (GU 2021, L 413, pag. 10; in prosieguo: la «decisione impugnata»), nella parte in cui essa riguarda le spese che avrebbe sostenuto per gli esercizi dal 2015 al 2017 per un importo di EUR 43 470 836,30 (in prosieguo: la «rettifica finanziaria impugnata»).

I.      Fatti

A.      Indagine AA/2017/010/CZ

2        La Commissione europea ha avviato l’indagine AA/2017/010/CZ nei confronti della Repubblica ceca per verificare se il controllo da parte di quest’ultima degli aiuti versati agli agricoltori nell’ambito del FEAGA e del FEASR fosse stato effettuato conformemente alla normativa dell’Unione europea per gli anni dal 2015 al 2017 (in prosieguo: l’«indagine»), sulla base dell’articolo 52 del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune e che abroga i regolamenti (CEE) n. 352/78, (CE) n. 165/94, (CE) n. 2799/98, (CE) n. 814/2000, (CE) n. 1290/2005 e n. 485/2008 del Consiglio (GU 2013, L 347, pag. 549) e dell’articolo 34 del regolamento di esecuzione (UE) n. 908/2014 della Commissione, del 6 agosto 2014, recante modalità di applicazione del regolamento n. 1306/2013 per quanto riguarda gli organismi pagatori e altri organismi, la gestione finanziaria, la liquidazione dei conti, le norme sui controlli, le cauzioni e la trasparenza (GU 2014, L 255, pag. 59), nella versione in vigore al momento dell’indagine.

3        Dal 18 al 22 settembre 2017, nell’ambito dell’indagine, la Commissione ha effettuato un audit in loco, nella Repubblica ceca.

4        Con lettera del 30 novembre 2017 (in prosieguo: la «lettera di constatazione»), la Commissione ha notificato alle autorità ceche i risultati delle sue verifiche, conformemente all’articolo 34, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione n. 908/2014. In tale lettera la Commissione ha rilevato, in particolare, che il sistema di controllo istituito dalla Repubblica ceca per verificare la concessione agli agricoltori degli aiuti per superficie nell’ambito del FEAGA e del FEASR non era conforme alla normativa dell’Unione. Essa ha chiesto, inoltre, alle autorità ceche di fornire una descrizione dettagliata delle misure correttive adottate.

5        Con lettera del 29 marzo 2018 la Repubblica ceca ha fatto pervenire alla Commissione le sue osservazioni relative alla lettera di constatazione.

6        Con lettera del 4 giugno 2018 la Commissione ha invitato la Repubblica ceca a una riunione bilaterale, conformemente all’articolo 34, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione n. 908/2014.

7        L’11 settembre 2018 la Commissione ha trasmesso alla Repubblica ceca il verbale di tale riunione bilaterale e le ha chiesto informazioni complementari per quanto riguardava, in particolare, la classificazione dei prati permanenti.

8        Con lettera del 1º ottobre 2018 la Repubblica ceca ha fatto pervenire alla Commissione le sue osservazioni relative al verbale della riunione bilaterale. In tale lettera, essa le forniva, in particolare, informazioni relative alle modalità di presentazione delle domande di aiuto e di pagamento, conformemente all’articolo 13 del regolamento delegato (UE) n. 640/2014 della Commissione, dell’11 marzo 2014, che integra il regolamento n. 1306/2013 per quanto riguarda il sistema integrato di gestione e di controllo e le condizioni per il rifiuto o la revoca di pagamenti nonché le sanzioni amministrative applicabili ai pagamenti diretti, al sostegno allo sviluppo rurale e alla condizionalità (GU 2014, L 181, pag. 48).

9        Con lettera dell’11 dicembre 2018 (in prosieguo: la «lettera dell’11 dicembre 2018»), la Repubblica ceca ha comunicato alla Commissione informazioni complementari per quanto riguardava, in particolare, il rigetto di varie domande di pagamenti nell’ambito del regime dell’agricoltore in attività, a norma dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante norme sui pagamenti diretti agli agricoltori nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune e che abroga il regolamento (CE) n. 637/2008 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio (GU 2013, L 347, pag. 608).

10      Con lettera del 6 maggio 2019 la Commissione ha comunicato alle autorità ceche l’esistenza di una violazione per quanto riguardava la percentuale minima dei controlli che dovevano essere effettuati, sulla base dell’articolo 35 del regolamento di esecuzione (UE) n. 809/2014, del 17 luglio 2014, recante modalità di applicazione del regolamento n. 1306/2013 per quanto riguarda il sistema integrato di gestione e di controllo, le misure di sviluppo rurale e la condizionalità (GU 2014, L 227, pag. 69), per il regime di aiuti «inverdimento» (in prosieguo: il «regime inverdimento») e ha chiesto loro ulteriori informazioni. Tali informazioni sono state fornite dalle autorità ceche con lettera del 4 luglio 2019.

11      Con lettera del 20 dicembre 2019 la Commissione ha inviato alle autorità ceche le conclusioni preliminari dell’indagine (in prosieguo: le «conclusioni preliminari»), conformemente all’articolo 34, paragrafo 3, terzo comma, del regolamento di esecuzione n. 908/2014. In tale lettera, la Commissione ha confermato la sua posizione, già espressa nella lettera di constatazione, quanto alla non conformità del sistema di controllo istituito dalla Repubblica ceca per verificare la concessione degli aiuti per superficie versati agli agricoltori, nell’ambito del FEAGA e del FEASR, nel corso degli anni dal 2015 al 2017. Inoltre, essa ha informato la Repubblica ceca del suo diritto di avviare una procedura di conciliazione, conformemente all’articolo 40, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 908/2014.

12      Più in particolare, per quanto riguarda la non conformità del sistema di controllo istituito dalla Repubblica ceca, la Commissione ha rilevato, segnatamente, carenze relative a cinque controlli essenziali.

13      In primo luogo, la Commissione ha ritenuto che, in sede di determinazione dello status di agricoltore in attività del richiedente l’aiuto, le autorità ceche avessero violato l’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013 (in prosieguo: la «violazione relativa allo status di agricoltore in attività»).

14      A tale riguardo, la Commissione ha sostenuto che le autorità ceche:

–        avevano utilizzato un solo criterio per provare che erano soddisfatte due delle tre condizioni previste dall’articolo 9, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1307/2013; pertanto, la Commissione ha ritenuto che la Repubblica ceca avesse limitato, in modo ingiustificato, l’accesso allo status di agricoltore in attività per le persone rientranti nell’elenco di persone che, salvo prova contraria, non sono autorizzate a ricevere aiuti nell’ambito della politica agricola comune (PAC) in quanto non sono considerate agricoltori in attività, vale a dire le persone fisiche o giuridiche e le associazioni di persone fisiche o giuridiche, che gestiscono aeroporti, servizi ferroviari, società di servizi idrici, servizi immobiliari o terreni sportivi e ricreativi permanenti (in prosieguo: l’«elenco delle esclusioni»), di cui all’articolo 9, paragrafo 2, primo comma, del regolamento n. 1307/2013;

–        non avevano preso in considerazione le società collegate al richiedente l’aiuto in sede di controllo delle condizioni previste dall’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013 per accedere allo status di agricoltore in attività.

15      In secondo luogo, la Commissione ha rilevato carenze nel sistema di controllo istituito dalle autorità ceche per quanto riguardava l’identificazione dei prati permanenti, in violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera h), del regolamento n. 1307/2013 (in prosieguo: la «violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti»).

16      In terzo luogo, la Commissione ha fatto valere una violazione, da parte delle autorità ceche, delle disposizioni di diritto dell’Unione relative alla selezione del campione dei beneficiari di un aiuto che doveva essere oggetto di un controllo da parte sua (in prosieguo: la «violazione relativa alla selezione del campione di controllo»). La violazione relativa alla selezione del campione di controllo si articolava in due parti:

–        per quanto riguarda la prima parte (in prosieguo: la «violazione concernente la selezione del campione di controllo relativo ai controlli standard»), la Commissione ha ritenuto che le autorità ceche avessero erroneamente incluso, nel calcolo della percentuale minima dei controlli standard da effettuare per il regime di pagamento unico per superficie (in prosieguo: il «regime RPUS») conformemente all’articolo 30, lettera a), del regolamento di esecuzione n. 809/2014 (in prosieguo: i «controlli standard»), i controlli di follow-up che dovevano essere effettuati allorché il beneficiario di un aiuto aveva ricevuto, nel corso dell’anno precedente, una sanzione amministrativa ridotta, ai sensi dell’articolo 33 bis del regolamento di esecuzione n. 809/2014, come modificato dal regolamento di esecuzione (UE) 2016/1394 della Commissione, del 16 agosto 2016, che modifica il regolamento di esecuzione n. 809/2014 per quanto riguarda il sistema integrato di gestione e di controllo, le misure di sviluppo rurale e la condizionalità (in prosieguo: i «controlli di follow-up»);

–        per quanto riguarda la seconda parte (in prosieguo: la «violazione concernente la selezione del campione di controllo relativo all’inverdimento»), la Commissione ha fatto valere una violazione dell’articolo 35 del regolamento di esecuzione n. 809/2014, per il fatto che le autorità ceche non avevano aumentato, nel 2016 e nel 2017, per il regime d’inverdimento, la percentuale dei beneficiari dell’aiuto da sottoporre a controllo in loco a seguito della constatazione dell’esistenza, negli anni precedenti, di irregolarità nel regime RPUS.

17      In quarto luogo, la Commissione ha rilevato una violazione dell’articolo 63 del regolamento n. 1306/2013 e dell’articolo 7 del regolamento di esecuzione n. 809/2014, i quali prevedono che, a seguito della dichiarazione di inammissibilità di una superficie al godimento dell’aiuto, debbano essere recuperati i pagamenti indebitamente versati agli agricoltori per tale superficie e debbano essere applicate sanzioni amministrative. Orbene, secondo la Commissione, il sistema istituito dalle autorità ceche per l’identificazione delle superfici inammissibili, mediante l’aggiornamento annuale del sistema di identificazione delle parcelle agricole (in prosieguo: il «SIPA»), non consentiva di verificare se una superficie non ammissibile al godimento dell’aiuto per un anno, lo fosse anche per gli anni precedenti e dovesse dar luogo all’avvio di una procedura di recupero dei pagamenti indebiti. Pertanto, secondo la Commissione, a seguito della constatazione dell’esistenza di una superficie inammissibile nel 2017, le autorità ceche avrebbero dovuto controllare se la stessa superficie fosse inammissibile nel 2015 e nel 2016 (in prosieguo: la «violazione relativa al recupero dei pagamenti indebiti»).

18      In quinto luogo, la Commissione ha fatto valere una violazione dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento n. 640/2014 (in prosieguo: la «violazione relativa alla presentazione tardiva della domanda»). A tal riguardo, la Commissione ha rilevato che, qualora le domande di aiuto o di pagamento fossero state presentate online entro i termini previsti dall’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento n. 640/2014 senza firma elettronica e fossero state, successivamente, firmate di persona dal richiedente presso l’ufficio competente, entro i cinque giorni successivi, le autorità ceche avrebbero dovuto applicare la riduzione dell’1% per giorno lavorativo sull’importo dell’aiuto cui il richiedente aveva diritto, prevista dall’articolo 13, paragrafo 1, del medesimo regolamento (in prosieguo: la «riduzione dell’1%»). Infatti, secondo la Commissione, la data di presentazione di tali domande era quella della loro firma di persona e non quella della loro presentazione online e tale data aveva avuto luogo dopo la scadenza dei termini previsti dall’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento n. 640/2014. Si trattava quindi, secondo la Commissione, di domande tardive che avrebbero dovuto dar luogo all’applicazione della riduzione dell’1%.

19      Il 4 febbraio 2020 le autorità ceche hanno chiesto una conciliazione, sulla base dell’articolo 40, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 908/2014.

20      Il 5 ottobre 2020, l’organo di conciliazione ha pubblicato la sua relazione, nella quale concludeva che la conciliazione non era possibile.

21      Con lettera del 13 novembre 2020 la Repubblica ceca ha inviato alla Commissione ulteriori informazioni.

22      Con lettera del 26 marzo 2021, la Commissione ha comunicato alla Repubblica ceca le conclusioni finali dell’indagine (in prosieguo: le «conclusioni finali»), conformemente all’articolo 34, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione n. 908/2014.

23      In primo luogo, nelle conclusioni finali, la Commissione ha confermato la sua posizione secondo la quale la Repubblica ceca aveva violato cinque controlli chiave.

24      Successivamente, nelle conclusioni finali, la Commissione ha deciso di applicare una rettifica forfettaria del 2% sugli stanziamenti che aveva rimborsato alla Repubblica ceca a titolo del regime della disciplina finanziaria per gli anni dal 2015 al 2017.

25      La Commissione ha ricordato che gli stanziamenti inizialmente ritirati dai pagamenti destinati agli agricoltori erano stati restituiti alle autorità ceche dai seguenti regolamenti di esecuzione (in prosieguo: i «regolamenti di rimborso»):

–        il regolamento di esecuzione (UE) 2016/2073 della Commissione, del 23 novembre 2016, sul rimborso, a norma dell’articolo 26, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 1306/2013, degli stanziamenti riportati dall’esercizio 2016 (GU 2016, L 320, pag. 25);

–        il regolamento di esecuzione (UE) 2017/2197 della Commissione, del 27 novembre 2017, sul rimborso, a norma dell’articolo 26, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 1306/2013, degli stanziamenti riportati dall’esercizio 2017 (GU 2017, L 312, pag. 86);

–        il regolamento di esecuzione (UE) 2018/1848 della Commissione, del 26 novembre 2018, sul rimborso, a norma dell’articolo 26, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 1306/2013, degli stanziamenti riportati dall’esercizio 2018 (GU 2018, L 300, pag. 4).

26      Poiché l’importo degli stanziamenti rimborsati dalla Commissione, mediante i regolamenti di rimborso, doveva rispecchiare quello delle somme inizialmente ritirate dai pagamenti diretti destinati agli agricoltori, essa ha deciso, nelle conclusioni finali, di assoggettare tali stanziamenti a una rettifica forfettaria del 2%, conformemente alle rettifiche da essa applicate, nell’ambito dell’indagine, per i regimi RPUS ed inverdimento nonché per il regime a favore dei giovani agricoltori (in prosieguo: il «regime RGA») e per il regime di sostegno accoppiato facoltativo (in prosieguo: il «regime SAF»). L’importo di questa rettifica forfettaria è stato quindi di EUR 654 697,95.

27      Infine, nelle conclusioni finali, per tutte le violazioni addebitate alla Repubblica ceca, la Commissione ha proposto di escludere dal finanziamento dell’Unione un importo di EUR 44 098 570,70, risultante dall’applicazione di una rettifica finanziaria conformemente all’articolo 12, paragrafi da 6 a 8, del regolamento delegato (UE) n. 907/2014, dell’11 marzo 2014, che integra il regolamento n. 1306/2013 per quanto riguarda gli organismi pagatori e altri organismi, la gestione finanziaria, la liquidazione dei conti, le cauzioni e l’uso dell’euro (GU 2014, L 255, pag. 18).

28      Con lettera del 21 ottobre 2021 la Commissione ha trasmesso alla Repubblica ceca una relazione di sintesi (in prosieguo: la «relazione di sintesi») nella quale ha ricordato le diverse fasi dell’indagine, la portata delle osservazioni formulate dalla Repubblica ceca nel corso del procedimento di verifica di conformità e la motivazione delle sue conclusioni finali.

29      Il 17 novembre 2021 la Commissione ha adottato la decisione impugnata, che imponeva alla Repubblica ceca una rettifica finanziaria di importo pari a EUR 44 098 570,70.

B.      Indagine di follow-up AA/2020/012/CZ

30      Prima della conclusione dell’indagine, la Commissione ha avviato un’indagine di follow-up nei confronti della Repubblica ceca per approfondire talune questioni già oggetto dell’indagine (AA/2020/012/CZ; in prosieguo: l’«indagine di follow-up»), sulla base dell’articolo 52 del regolamento n. 1306/2013 e dell’articolo 34 del regolamento di esecuzione n. 908/2014. L’indagine di follow-up si è concentrata, in particolare, sulla violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti.

31      Dal 31 agosto 2020 al 4 settembre 2020, nell’ambito dell’indagine di follow-up, la Commissione ha effettuato un audit di follow-up in loco, nella Repubblica ceca.

32      Con lettera del 23 ottobre 2020, la Commissione ha notificato alle autorità ceche i risultati delle sue verifiche, conformemente all’articolo 34, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione n. 908/2014. In tale lettera, essa ha indicato, in particolare, che l’indagine di follow-up aveva evidenziato carenze nella classificazione dei prati permanenti, in violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera h), del regolamento n. 1307/2013. Si trattava, a suo avviso, delle stesse carenze constatate nelle conclusioni preliminari dell’inchiesta. La Commissione ha inoltre invitato le autorità ceche a fornire ulteriori informazioni.

33      Il 1º luglio 2021 la Commissione e le autorità ceche si sono incontrate in una riunione bilaterale di follow-up.

34      Con lettera del 30 luglio 2021 le autorità ceche hanno fornito alla Commissione informazioni supplementari per quanto riguardava la classificazione dei prati permanenti, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera h), del regolamento n. 1307/2013 (in prosieguo: la «lettera del 30 luglio 2021»).

35      Il 24 agosto 2021 la Commissione ha trasmesso alla Repubblica ceca il verbale della riunione bilaterale di follow-up. In tale documento la Commissione:

–        ha indicato che, a seguito delle informazioni fornite dalle autorità ceche in occasione della riunione bilaterale di follow-up e nella lettera del 30 luglio 2021, essa considerava conclusa la questione relativa all’esistenza della violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti per il periodo oggetto dell’indagine di follow-up;

–        ha deplorato il fatto che le informazioni fornite, che sarebbero state pertinenti anche nell’ambito dell’indagine, non fossero state trasmesse dalle autorità ceche nell’ambito del procedimento di verifica della conformità che ha condotto all’adozione della decisione impugnata.

II.    Conclusioni delle parti

36      La Repubblica ceca chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare parzialmente la decisione impugnata nella parte riguardante l’imposizione, da parte della Commissione, della rettifica finanziaria impugnata per le violazioni concernenti lo status di agricoltore in attività, l’identificazione dei prati permanenti, la selezione del campione di controllo, il recupero dei pagamenti indebiti e la presentazione tardiva della domanda nonché nell’ambito del regime della disciplina finanziaria;

–        condannare la Commissione alle spese.

37      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la Repubblica ceca alle spese.

III. Nel merito

38      A sostegno del proprio ricorso la Repubblica ceca deduce sei motivi, che contestano, il primo, la violazione relativa allo status di agricoltore in attività, il secondo, la violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti, il terzo, la violazione relativa alla selezione del campione di controllo, il quarto, la violazione relativa al recupero dei pagamenti indebiti, il quinto, la violazione riguardante la presentazione tardiva della domanda e, il sesto, il regime della disciplina finanziaria.

A.      Sul primo motivo, che contesta la violazione relativa allo status di agricoltore in attività

39      Il primo motivo di ricorso che contesta la violazione relativa allo status di agricoltore in attività si articola in due parti.

1.      Sulla prima parte del primo motivo, vertente sullillegittimità dellimposizione, da parte della Commissione, della rettifica finanziaria impugnata, benché la Repubblica ceca non avesse violato larticolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013

40      Nell’ambito della prima parte del primo motivo, la Repubblica ceca solleva due censure.

a)      Sulla prima censura, che contesta la violazione dellarticolo 9, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1307/2013 a causa dellimpiego di un solo criterio per provare il rispetto di due delle tre condizioni previste da tale disposizione

41      Con questa prima censura, la Repubblica ceca sostiene di non aver violato l’articolo 9, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1307/2013. Non sarebbe illegittima la sua scelta di utilizzare un solo criterio per dimostrare il rispetto tanto della condizione prevista all’articolo 9, paragrafo 2, terzo comma, lettera b), del regolamento n. 1307/2013, secondo cui le attività agricole del richiedente non sono trascurabili [in prosieguo: la «condizione di cui alla lettera b)»], quanto della condizione prevista all’articolo 9, paragrafo 2, terzo comma, lettera c), del medesimo regolamento, secondo cui l’attività principale o l’oggetto sociale del richiedente è l’esercizio di un’attività agricola [in prosieguo: la «condizione di cui alla lettera c)»].

42      La Commissione contesta tale censura.

43      In via preliminare, occorre considerare che l’articolo 9, paragrafo 2, primo comma, del regolamento n. 1307/2013 stabilisce una presunzione semplice in base alla quale le persone fisiche o giuridiche e le associazioni di persone fisiche o giuridiche che svolgono un’attività che rientra nell’elenco di esclusione non sono considerate agricoltori in attività e non sono ammissibili ai pagamenti diretti nell’ambito del FEAGA e del FEASR (di seguito «presunzione semplice»). Tuttavia, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1307/2013, queste stesse persone fisiche o giuridiche e associazioni di persone fisiche o giuridiche possono confutare la presunzione semplice se producono prove verificabili, nella forma richiesta dagli Stati membri, che dimostrino una delle tre seguenti situazioni:

–        l’importo annuo dei pagamenti diretti è almeno pari al 5% dei proventi totali ottenuti da attività non agricole nell’anno fiscale più recente per cui sono disponibili tali prove;

–        le sue attività agricole non sono insignificanti;

–        la sua attività principale o il suo oggetto sociale è l’esercizio di un’attività agricola.

44      I criteri per l’applicazione delle condizioni di cui all’articolo 9, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1307/2013 sono precisati dall’articolo 13 del regolamento delegato (UE) n. 639/2014 della Commissione, dell’11 marzo 2014, che integra il regolamento n. 1307/2013 e che modifica l’allegato X di tale regolamento (GU 2014, L 181, pag. 1). Tale disposizione così prevede:

–        per quanto riguarda la condizione di cui alla lettera b), che le attività agricole non sono insignificanti se i proventi totali ottenuti da attività agricole dal richiedente nell’anno fiscale più recente per cui sono disponibili tali prove rappresentano almeno un terzo dei proventi totali ottenuti nell’anno fiscale più recente per cui sono disponibili tali prove; tuttavia, gli Stati membri possono stabilire criteri alternativi che consentano a un soggetto di dimostrare che le sue attività agricole non sono insignificanti;

–        per quanto riguarda la condizione di cui alla lettera c), che un’attività agricola è considerata la principale attività o l’oggetto sociale di una persona giuridica se essa è registrata come tale nel registro delle imprese di uno Stato membro o in base ad altra prova ufficiale equivalente; nel caso di una persona fisica, è richiesta una prova equivalente; in assenza di registri, gli Stati membri si avvalgono di una prova equivalente; tuttavia, gli Stati membri possono stabilire altri criteri in base ai quali un’attività agricola deve essere considerata come l’attività principale o l’oggetto sociale di una persona fisica o giuridica.

45      È in tale contesto che occorre analizzare i quattro argomenti sollevati dalla Repubblica ceca.

1)      Sul primo argomento, secondo il quale l’articolo 13, paragrafo 1, terzo comma, e paragrafo 3, terzo comma, del regolamento delegato n. 639/2014 conferisce agli Stati membri la facoltà di individuare criteri alternativi a quelli da esso definiti e non prevede alcuna restrizione quanto alla scelta di questi ultimi

46      Con detto primo argomento, la Repubblica ceca rileva che i criteri per l’interpretazione della condizione di cui alla lettera b) e della condizione di cui alla lettera c) sono fissati dall’articolo 13, paragrafi 1 e 3, del regolamento delegato n. 639/2014.

47      A tal riguardo, la Repubblica ceca fa valere che l’articolo 13, paragrafo 1, primo comma, e paragrafo 3, primo comma, del regolamento delegato n. 639/2014 stabilisce due criteri diversi per la valutazione del rispetto della condizione di cui alla lettera b) e della condizione di cui alla lettera c). A suo avviso, infatti, tale disposizione prevede che, per provare il rispetto della condizione di cui alla lettera b), deve essere dimostrato che almeno un terzo dei proventi del richiedente l’aiuto sono proventi agricoli (in prosieguo: il «criterio relativo ai proventi agricoli») e, per provare il rispetto della condizione di cui alla lettera c), deve essere dimostrato che l’esercizio, da parte del richiedente l’aiuto, di un’attività agricola risulta dal registro delle imprese o da qualsiasi prova ufficiale equivalente. Tuttavia, la Repubblica ceca rileva che, in deroga a tali criteri, l’articolo 13, paragrafo 1, terzo comma, e paragrafo 3, terzo comma, del regolamento delegato n. 639/2014 conferisce agli Stati membri la facoltà di stabilire criteri alternativi che consentano di apportare la prova che il richiedente l’aiuto soddisfa la condizione di cui alla lettera b) e la condizione di cui alla lettera c).

48      Inoltre, secondo la Repubblica ceca, l’articolo 13, paragrafo 1, primo comma, e paragrafo 3, primo comma, del regolamento delegato n. 639/2014 non prevede alcuna restrizione quanto alla scelta, da parte degli Stati membri, dei criteri alternativi da adottare per dimostrare che la condizione di cui alla lettera b) e la condizione di cui alla lettera c) sono soddisfatte e non impedisce a detti Stati di utilizzare il medesimo criterio per dimostrare il rispetto delle due suddette condizioni, poiché essi godono, al riguardo, di un ampio potere discrezionale.

49      Di conseguenza, la Repubblica ceca ritiene che, nel caso di specie, fosse libera di applicare il criterio relativo ai proventi agricoli per dimostrare che sono soddisfatte la condizione di cui alla lettera b) e la condizione di cui alla lettera c). Si tratterebbe, infatti, di un criterio pertinente per dimostrare non solo che le attività agricole del richiedente non erano insignificanti [condizione di cui alla lettera b)], ma anche che l’attività agricola era l’attività principale o faceva parte dell’oggetto sociale del richiedente [condizione di cui alla lettera c)].

50      Occorre considerare che, se è innegabile che l’articolo 13, paragrafo 1, terzo comma, e paragrafo 3, terzo comma, del regolamento delegato n. 639/2014 conferisce agli Stati membri la facoltà di individuare criteri alternativi a quelli da esso definiti e non prevede alcuna restrizione quanto alla scelta di questi ultimi, ciò non toglie che gli Stati membri devono utilizzare tali criteri alternativi per valutare il rispetto delle tre condizioni indicate all’articolo 9, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1307/2013.

51      Pertanto, la scelta di altri criteri da parte degli Stati membri, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, terzo comma, e paragrafo 3, terzo comma, del regolamento delegato n. 639/2014, non può portare a privare di oggetto una delle condizioni di cui all’articolo 9, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1307/2013 e, quindi, a limitare le possibilità di cui dispongono i beneficiari dell’aiuto per confutare la presunzione semplice.

52      Nel caso di specie, l’utilizzo da parte della Repubblica ceca del criterio relativo ai proventi agricoli per provare tanto la condizione di cui alla lettera b) quanto la condizione di cui alla lettera c) ha limitato a due le condizioni che consentono ai beneficiari dell’aiuto di confutare la presunzione semplice. Tale scelta viola quindi l’articolo 9, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1307/2013, il quale prevede espressamente che il beneficiario dell’aiuto disponga di tre diverse possibilità per confutare la presunzione semplice.

53      Il primo argomento dev’essere quindi respinto.

2)      Sul secondo argomento, secondo il quale, nella Repubblica ceca, non esisteva un registro o una prova ufficiale equivalente che consentisse di dimostrare che l’attività principale o l’oggetto sociale del richiedente l’aiuto era un’attività agricola

54      Con questo secondo argomento, la Repubblica ceca fa valere che la scelta di utilizzare il criterio relativo ai proventi agricoli per dimostrare al contempo il rispetto della condizione di cui alla lettera b) e della condizione di cui alla lettera c) era resa necessaria dal fatto che, nel suo diritto nazionale, non esisteva un registro o una prova ufficiale equivalente che consentisse di dimostrare che l’attività principale o l’oggetto sociale del richiedente l’aiuto era un’attività agricola, come previsto dall’articolo 9, paragrafo 2, terzo comma, lettera c), del regolamento n. 1307/2013 e dall’articolo 13, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento delegato n. 639/2014.

55      Occorre osservare che, se, nel suo diritto nazionale, non esisteva un registro o una prova ufficiale equivalente che consentisse di dimostrare il rispetto della condizione di cui alla lettera c), la Repubblica ceca era libera, conformemente all’articolo 13, paragrafo 3, terzo comma, del regolamento delegato n. 639/2014, di prevedere un criterio alternativo per dimostrare la condizione di cui alla lettera c).

56      Ne consegue che, nel caso di specie, la Repubblica ceca avrebbe potuto scegliere un criterio diverso per dimostrare il rispetto della condizione di cui alla lettera c), senza dover ricorrere al criterio relativo ai proventi agricoli, che essa aveva già utilizzato per dimostrare il rispetto della condizione di cui alla lettera b).

57      Occorre quindi respingere il secondo argomento.

3)      Sul terzo argomento, secondo cui era stata confermata dalla Commissione la possibilità di applicare il criterio relativo ai proventi agricoli per provare al contempo il rispetto della condizione di cui alla lettera b) e della condizione di cui alla lettera c)

58      Con tale terzo argomento, la Repubblica ceca rileva che la possibilità di applicare il criterio relativo ai proventi agricoli per dimostrare al contempo il rispetto della condizione di cui alla lettera b) e della condizione di cui alla lettera c) era stata confermata dalla Commissione in occasione di una presentazione agli Stati membri che tenutasi il 27 ottobre 2015 per valutare lo status di agricoltore in attività (in prosieguo: la «presentazione agli Stati membri»).

59      Occorre rilevare che, anche ammesso che la presentazione agli Stati membri possa vincolare la Commissione nell’interpretazione da dare all’articolo 9, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1307/2013, quest’ultima ha in essa precisato che il criterio relativo ai proventi agricoli poteva essere applicato, come criterio alternativo per dimostrare il rispetto della condizione di cui alla lettera c), solo se lo Stato membro non lo utilizzava anche per provare il rispetto della condizione di cui alla lettera b).

60      Occorre quindi respingere il terzo argomento.

4)      Sul quarto argomento, secondo il quale l’articolo 9, paragrafo 7, del regolamento n. 1307/2013, come modificato dal regolamento 2017/2393, prevede che gli Stati membri possano decidere che solo una o due delle condizioni di cui all’articolo 9, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento 1307/2013 siano invocate per dimostrare lo status di agricoltore in attività del richiedente l’aiuto

61      Con questo quarto argomento, la Repubblica ceca sostiene che l’articolo 9, paragrafo 7, del regolamento n. 1307/2013, come modificato dal regolamento (UE) 2017/2393 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2017, che modifica i regolamenti (UE) n. 1305/2013 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del FEASR, (UE) n. 1306/2013, (UE) n. 1307/2013, (UE) n. 1308/2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e (UE) n. 652/2014 che fissa le disposizioni per la gestione delle spese relative alla filiera alimentare, alla salute e al benessere degli animali, alla sanità delle piante e al materiale riproduttivo vegetale (GU 2017, L 350, pag. 15), prevede che gli Stati membri possano decidere che solo una o due delle condizioni di cui all’articolo 9, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1307/2013 debbano essere invocate per dimostrare lo status di agricoltore in attività del richiedente l’aiuto.

62      Si deve certamente considerare che l’articolo 9, paragrafo 7, del regolamento, nella sua versione attualmente in vigore a seguito dell’entrata in vigore del regolamento 2017/2393, prevede che gli Stati membri possano decidere che solo una o due delle tre condizioni elencate all’articolo 9, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1307/2013 possano essere invocate da persone o da associazioni di persone per dimostrare di essere agricoltori in attività.

63      Tuttavia, tale possibilità è definita nel tempo, in quanto gli Stati membri possono avvalersene soltanto a partire dal 2018, ed è subordinata all’invio, da parte dello Stato membro interessato, di una notifica alla Commissione entro il 31 marzo 2018, se la decisione si applica a decorrere dall’anno 2018, o il 1º agosto dell’anno precedente l’applicazione della decisione, se quest’ultima si applica a partire da un anno successivo.

64      Nel caso di specie, l’indagine che ha condotto all’adozione della decisione impugnata riguarda gli anni dal 2015 al 2017. La possibilità offerta agli Stati membri dal nuovo articolo 9, paragrafo 7, del regolamento n. 1307/2013 di limitare ad una o a due le condizioni previste dall’articolo 9, paragrafo 2, terzo comma, di detto regolamento poteva essere utilizzata solo a partire dal 2018, ossia successivamente ai fatti del caso di specie, e deve quindi essere considerata irrilevante ai fini della soluzione della presente causa.

65      Occorre pertanto respingere il quarto argomento e, pertanto, la prima censura nel suo insieme.

b)      Sulla seconda censura, che contesta la violazione dellarticolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013 per la mancata presa in considerazione delle società collegate in sede di controllo dello status di agricoltore in attività del richiedente laiuto

66      Con questa seconda censura, la Repubblica ceca sostiene di non aver violato l’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013 per non aver preso in considerazione le società collegate in sede di controllo dello status di agricoltore in attività del richiedente l’aiuto.

67      A tal riguardo, la Repubblica ceca sostiene che l’espressione «associazioni di persone fisiche o giuridiche» di cui all’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013 riguarda unicamente le associazioni di persone fisiche o giuridiche, ad esclusione delle società collegate. Secondo la Repubblica ceca, ciò significa che è solo con riferimento a un’associazione nel suo complesso che occorre verificare la sussistenza delle condizioni previste da tale disposizione che consentono al richiedente l’aiuto di accedere allo status di agricoltore in attività.

68      La Commissione contesta tale censura.

69      In via preliminare, occorre rilevare che la nozione di «associazioni di persone fisiche o giuridiche» di cui all’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013, i cui termini sono richiamati al precedente punto 43, non è definita né dal regolamento n. 1307/2013, né dal regolamento delegato n. 639/2014, il quale tuttavia prevede i criteri di attuazione dell’articolo 9 del regolamento n. 1307/2013.

70      Per quanto riguarda le società collegate, occorre rilevare che né nel regolamento n. 1307/2013, né nel regolamento delegato n. 639/2014, né nel documento di orientamento DSCG/2014/29 della Commissione, del 15 aprile 2014, che fissa i criteri di interpretazione dell’articolo 9 del regolamento n. 1307/2013 è presente alcun riferimento e, a fortiori, alcuna definizione di tale nozione.

71      Tuttavia, nella presentazione agli Stati membri, la Commissione ha indicato che l’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013 doveva essere interpretato nel senso che le attività rientranti nell’elenco di esclusione potevano essere esercitate dalle persone fisiche o giuridiche o dalle loro associazioni direttamente o mediante una società collegata.

72      Inoltre, in una lettera inviata al Ministero tedesco dell’Alimentazione e dell’Agricoltura, il 29 gennaio 2016, che è stata poi messa a disposizione degli altri Stati membri, la Commissione ha fatto valere che, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013, per «società collegata» si doveva intendere qualsiasi entità direttamente o indirettamente legata al richiedente l’aiuto da un rapporto di controllo sotto forma di detenzione totale o maggioritaria.

73      È in tale contesto che occorre analizzare i quattro argomenti sollevati dalla Repubblica ceca a sostegno della sua seconda censura.

1)      Sul primo argomento, secondo cui l’inclusione delle società collegate nell’ambito di applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013 è contraria al tenore letterale di tale disposizione

74      Con questo primo argomento, la Repubblica ceca fa valere che dal tenore letterale dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013 non risulta che le società collegate al richiedente l’aiuto debbano essere prese in considerazione in sede del controllo da parte di uno Stato membro del rispetto delle condizioni di accesso allo status di agricoltore in attività. Ne consegue, secondo la Repubblica ceca, che l’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013 deve essere interpretato nel senso che esso mira a indicare che non è concesso alcun pagamento diretto a persone fisiche, persone giuridiche o associazioni di persone fisiche o giuridiche che svolgano esse stesse una delle attività che rientrano nell’elenco di esclusione.

75      La Commissione contesta detto argomento.

76      In primo luogo, si può osservare che la nozione di «società collegate» non compare nel testo dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013.

77      In secondo luogo, occorre rilevare che, per definizione, un’associazione designa un complesso di enti collegati l’uno all’altro all’interno di una stessa organizzazione. Pertanto, il termine «associazione» deve essere interpretato nel senso che si avvicina al termine «gruppo» e si riferisce a qualsiasi insieme di persone fisiche o giuridiche legate l’una all’altra all’interno di una stessa organizzazione societaria più o meno strutturata. Ne consegue che un’associazione di persone fisiche o giuridiche include le società collegate.

78      In tali circostanze, occorre considerare che, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013, il richiedente l’aiuto, associazione di persone fisiche o giuridiche, può esercitare le attività rientranti nell’elenco di esclusione tanto direttamente quanto attraverso una società collegata facente parte della stessa associazione. Analogamente, il richiedente l’aiuto, se non è un’associazione ma una persona fisica o giuridica facente parte di un’associazione, può svolgere le attività che rientrano nell’elenco di esclusione direttamente o mediante una società collegata facente parte della stessa associazione.

79      Occorre quindi respingere il primo argomento.

2)      Sul secondo argomento, secondo cui l’inclusione delle società collegate nell’ambito di applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013 è contraria alla definizione di «agricoltore» di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1307/2013

80      Con detto secondo argomento, la Repubblica ceca fa valere che la nozione di «agricoltore in attività», ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013, deve essere interpretata alla luce della nozione di «agricoltore», conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del medesimo regolamento. Orbene, tanto la nozione di «agricoltore in attività» quanto quella di «agricoltore» si riferirebbero ai richiedenti stessi, ad esclusione delle società collegate.

81      La Commissione contesta detto argomento.

82      Occorre rilevare che l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1307/2013 definisce un agricoltore come una persona fisica o giuridica o un gruppo di persone fisiche o giuridiche, indipendentemente dalla personalità giuridica conferita dal diritto nazionale a detto gruppo e ai suoi membri, la cui azienda è situata nell’ambito di applicazione territoriale dei trattati ai sensi dell’articolo 52 TUE, in combinato disposto con gli articoli 349 e 355 TFUE.

83      L’esistenza di un nesso tra la nozione di «agricoltore in attività», ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013, e quella di «agricoltore», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del medesimo regolamento, è confermata dalla giurisprudenza che precisa che, per poter beneficiare dello status di agricoltore in attività, una persona deve previamente soddisfare i requisiti di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1307/2013 riguardanti la nozione di «agricoltore» (v., in tal senso, sentenza del 7 aprile 2022, Avio Lucos, C‑176/20, EU:C:2022:274, punto 54).

84      Orbene, l’esistenza di un nesso tra la nozione di «agricoltore» e quella di «agricoltore in attività» non può mettere in discussione la conclusione, enunciata al precedente punto 78, secondo la quale, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013, il richiedente l’aiuto può esercitare le attività che rientrano nell’elenco di esclusione tanto direttamente quanto mediante una società collegata facente parte dello stesso gruppo.

85      Infatti, contrariamente a quanto sostiene la Repubblica ceca, dalla formulazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1307/2013 non risulta che, per poter essere qualificata come agricoltore, una persona fisica, una persona giuridica o un’associazione di persone fisiche o giuridiche debba esercitare direttamente le proprie attività.

86      Occorre quindi respingere il secondo argomento.

3)      Sul terzo argomento, secondo il quale l’inclusione delle società collegate nell’ambito di applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013 è contraria alla finalità di tale disposizione

87      Con questo terzo argomento, la Repubblica ceca fa valere che l’inclusione delle società collegate nell’ambito di applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013 è contraria alla finalità di tale disposizione, che è quella di limitare i pagamenti diretti, nell’ambito della PAC, agli agricoltori che esercitano essi stessi un’attività agricola non marginale.

88      La Commissione contesta detto argomento.

89      Occorre rilevare che l’obiettivo della normativa relativa alla nozione di «agricoltore in attività» è precisato dal considerando 10 del regolamento n. 1307/2013, il quale indica, in particolare, quanto segue:

«Dall’esperienza maturata con l’applicazione dei vari regimi di sostegno agli agricoltori è emerso che in alcuni casi il sostegno è stato concesso a persone fisiche o giuridiche il cui obiettivo commerciale non era, o era solo marginalmente, connesso a un’attività agricola. Per garantire un sostegno più mirato, gli Stati membri dovrebbero astenersi dall’assegnare pagamenti diretti a talune persone fisiche e giuridiche, a meno che queste possano dimostrare che la loro attività agricola non sia marginale».

90      Ne consegue che, contrariamente a quanto sostiene la Repubblica ceca, il considerando 10 del regolamento n. 1307/2013 non richiede che le attività rientranti nell’elenco di esclusione siano esercitate direttamente dai richiedenti, che si tratti di una persona fisica, di una persona giuridica o di un’associazione di persone fisiche o giuridiche.

91      Alla luce della sua finalità, che è quella di evitare il rischio di frodi a carico del bilancio dell’Unione e di limitare i pagamenti, nell’ambito della PAC, ai soli agricoltori che esercitano effettivamente un’attività agricola, l’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013 deve essere interpretato nel senso che esso si applica indipendentemente dal fatto che il richiedente, persona fisica o giuridica, o l’associazione interessata eserciti una delle attività rientranti nell’elenco di esclusione direttamente o tramite società collegate.

92      In mancanza della presa in considerazione delle società collegate, i richiedenti potrebbero, infatti, ripartire le loro attività tra molteplici entità giuridiche collegate al fine di eludere i limiti posti da tale disposizione al riconoscimento del loro status di agricoltore in attività. Il controllo esercitato dalle autorità competenti degli Stati membri sarebbe in tal caso limitato alle attività agricole esercitate direttamente dal richiedente, ad esclusione di quelle attuate mediante società collegate.

93      A tal riguardo, nella replica, la Repubblica ceca fa valere che il rischio che il richiedente l’aiuto suddivida intenzionalmente le sue attività in più persone giuridiche per eludere l’applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013 è contemplato dall’articolo 60 del regolamento n. 1306/2013.

94      Tuttavia, in primo luogo, occorre rilevare che l’articolo 60 del regolamento n. 1306/2013 non è sufficiente per evitare il rischio di frodi al bilancio dell’Unione che risulterebbe dal frazionamento delle attività di un richiedente, in base allo status di agricoltore in attività. Tale disposizione prevede, infatti, quanto segue:

«Fatte salve disposizioni specifiche, i benefici previsti dalla legislazione settoriale agricola non sono concessi alle persone fisiche o giuridiche per le quali sia accertato che hanno creato artificialmente le condizioni richieste per l’ottenimento di tali benefici in contrasto con gli obiettivi di detta legislazione».

95      In secondo luogo, secondo una giurisprudenza costante, la prova della creazione artificiosa delle condizioni, ai sensi dell’articolo 60 del regolamento n. 1306/2013, richiede, da un lato, un complesso di circostanze oggettive dalle quali risulti che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa pertinente, l’obiettivo perseguito da tale normativa non è stato raggiunto e, dall’altro, un elemento soggettivo consistente nella volontà di ottenere un vantaggio derivante dalla normativa dell’Unione mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento [v., in tal senso, sentenze del 21 luglio 2005, Eichsfelder Schlachtbetrieb, C‑515/03, EU:C:2005:491, punto 39, e del 7 febbraio 2023, Confédération paysanne e a. (Mutagenesi casuale in vitro), C‑688/21, EU:C:2023:75, punto 33].

96      In tali circostanze, tenuto conto dell’ampio ambito di applicazione dell’articolo 60 del regolamento n. 1306/2013 e dei vincoli in termini di prova stabiliti dalla giurisprudenza citata al precedente punto 95, è possibile che una pratica abusiva consistente nell’eludere l’applicazione delle norme relative allo status di agricoltore in attività non rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 60 del regolamento n. 1306/2013, ma costituisca comunque una violazione dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013.

97      Pertanto, non si può sostenere che questa sola disposizione sia sufficiente per evitare il rischio che il richiedente l’aiuto suddivida le sue attività in più enti giuridici al fine di sottrarsi al controllo del suo status di agricoltore in attività ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013.

98      Occorre quindi respingere il terzo argomento.

4)      Sul quarto argomento, secondo cui l’inclusione delle società collegate nell’ambito di applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013 è contraria al principio della certezza del diritto

99      Con il quarto argomento, la Repubblica ceca fa valere che, conformemente al principio della certezza del diritto, la Commissione può imporre una rettifica finanziaria a uno Stato membro solo se la violazione che essa gli addebita risulti con chiarezza e precisione dal contesto normativo applicabile. Orbene, nel caso di specie, l’inclusione delle società collegate nell’ambito di applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013 non risulterebbe con chiarezza e precisione dal contesto normativo applicabile.

100    La Commissione contesta detto argomento.

101    Secondo una giurisprudenza costante, qualsiasi obbligo imposto agli Stati membri idoneo ad avere conseguenze finanziarie per questi ultimi dev’essere sufficientemente chiaro e preciso, al fine di consentire loro di comprenderne la portata e di conformarvisi. Infatti, il principio della certezza del diritto, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, esige che le norme di diritto siano chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, affinché gli interessati possano orientarsi nelle situazioni e nei rapporti giuridici rientranti nell’ordinamento dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 6 settembre 2018, Repubblica ceca/Commissione, C‑4/17 P, EU:C:2018:678, punto 58; del 17 novembre 2022, Avicarvil Farms, C‑443/21, EU:C:2022:899, punto 46, e del 19 dicembre 2019, Repubblica ceca/Commissione, T‑509/18, EU:T:2019:876, punto 40).

102    Orbene, nel caso di specie, risulta con chiarezza e precisione, ai sensi di tale giurisprudenza, che un’associazione di persone fisiche o giuridiche o una persona fisica o giuridica facente parte di un’associazione può esercitare le attività rientranti nell’elenco di esclusione tanto direttamente quanto mediante una società collegata facente parte della stessa associazione.

103    In tali circostanze, occorre respingere il quarto argomento.

104    Di conseguenza, occorre respingere la seconda censura e, pertanto, la prima parte del primo motivo nella sua integralità.

2.      Sulla seconda parte del primo motivo, vertente sulla violazione, da parte della Commissione, dellarticolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 1306/2013 e del principio di proporzionalità, in quanto limporto della rettifica finanziaria impugnata riferentesi allasserita violazione concernente lo status di agricoltore in attività non corrisponde alla gravità dellinfrazione contestata

105    Con la seconda parte del primo motivo, la Repubblica ceca sostiene che la Commissione ha violato l’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 1306/2013 e il principio di proporzionalità, in quanto l’importo della rettifica finanziaria relativa all’asserita violazione riguardante lo status di agricoltore in attività non corrisponde alla gravità dell’infrazione contestata.

106    Occorre preliminarmente rilevare che l’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 1306/2013 prevede tre tipi di rettifiche: una rettifica «calcolata», una rettifica «estrapolata» e una correzione «forfettaria». Inoltre, esso stabilisce una gerarchia tra tali rettifiche. Infatti, una rettifica calcolata è applicata quando si possono individuare importi precisi indebitamente spesi. Ove così non fosse, può essere applicata una rettifica estrapolata o una rettifica forfettaria, fermo restando che una rettifica forfettaria è applicata solo se, a causa della natura del caso o perché lo Stato membro non ha fornito le informazioni necessarie alla Commissione, non è possibile, con uno sforzo proporzionato, determinare con precisione il danno finanziario causato all’Unione.

107    Inoltre, dall’articolo 12, paragrafo 6, del regolamento delegato n. 907/2014 risulta che la Commissione può applicare una rettifica forfettaria, tenendo conto della natura e della gravità dell’infrazione e della propria stima del rischio di danno finanziario per l’Unione solo qualora non siano soddisfatte le condizioni per applicare una rettifica calcolata o estrapolata o qualora la natura del caso sia tale che gli importi da escludere non possano essere chiaramente determinati. Nell’applicare una rettifica forfettaria, la Commissione, pur compiendo sforzi proporzionati, deve del pari tener conto del tipo di non conformità constatata e, in particolare, determinare se si tratti di una carenza in un controllo essenziale o in un controllo secondario.

108    Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, in quanto principio generale del diritto dell’Unione, il principio di proporzionalità esige che gli atti delle istituzioni dell’Unione non eccedano quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefisso (v. sentenza del 12 febbraio 2020, Ungheria/Commissione, T‑505/18, non pubblicata, EU:T:2020:56, punto 105 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v. sentenza del 3 marzo 2016, Spagna/Commissione, T‑675/14, non pubblicata, EU:T:2016:123, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

109    Nel caso di specie, la Commissione ha imposto alla Repubblica ceca una rettifica forfettaria unica per le due componenti della violazione relativa allo status di agricoltore in attività contestate nell’ambito della prima parte del primo motivo, ossia la violazione dell’articolo 9, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1307/2013 a causa dell’impiego di un solo criterio per provare il rispetto di due delle tre condizioni previste da tale disposizione e la violazione dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013 a causa della mancata presa in considerazione delle società collegate in sede di controllo dello status di agricoltore in attività del richiedente l’aiuto. La rettifica forfettaria imposta dalla Commissione ammonta, infatti, al 5% del 10% dei pagamenti effettuati dalla Repubblica ceca in violazione delle disposizioni concernenti lo status di agricoltore in attività.

110    È in tale contesto che occorre analizzare le due censure formulate dalla Repubblica ceca nell’ambito della seconda parte del primo motivo.

a)      Sulla prima censura, vertente sullassenza di pregiudizio finanziario che possa giustificare limposizione, da parte della Commissione, della rettifica finanziaria impugnata relativa allasserita violazione concernente lo status di agricoltore in attività

111    Con questa prima censura, la Repubblica ceca fa valere che l’asserita violazione relativa allo status di agricoltore in attività non ha causato alcun pregiudizio finanziario all’Unione che possa giustificare l’imposizione, da parte della Commissione, della rettifica finanziaria impugnata.

112    A tal riguardo, la Repubblica ceca rileva che, come indicato nella lettera dell’11 dicembre 2018 e in una lettera del Ministero dell’Agricoltura ceco del 9 ottobre 2015, a seguito del rigetto delle domande di accesso allo status di agricoltore in attività sulla base dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013, le somme destinate agli agricoltori in attività non erano state utilizzate dalle sue autorità a favore di altri agricoltori nell’ambito di diversi regimi di aiuto. Di conseguenza, la Repubblica ceca sostiene che il rigetto delle domande di accesso allo status di agricoltore in attività non ha comportato un aumento dei pagamenti ad altri agricoltori e che nessun danno finanziario deriva dal rigetto di tali domande.

113    Inoltre, la Repubblica ceca ritiene che nessuno dei richiedenti, il cui accesso allo status di agricoltore in attività è stato negato dalle sue autorità utilizzando il criterio relativo ai proventi agricoli per dimostrare il rispetto della condizione di cui alla lettera c), avrebbe potuto fruire di tale status e dei relativi pagamenti, nell’ambito del FEAGA e del FEASR, se fosse stato adottato un criterio diverso. Pertanto, secondo la Repubblica ceca, dal rigetto di tali domande di aiuto non può derivare alcun pregiudizio finanziario al bilancio dell’Unione.

114    La Commissione contesta tale censura.

115    In via preliminare, occorre rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, spetta alla Commissione, quando contesta i risultati delle verifiche effettuate dalle autorità nazionali e al fine di provare l’esistenza di una violazione delle norme della PAC, corroborare con elementi probatori i dubbi seri e ragionevoli da essa espressi a proposito dei controlli effettuati dalle autorità nazionali o dei dati da esse trasmessi. La Commissione non deve dimostrare in modo esauriente l’insufficienza di tali controlli o di tali dati. Detto temperamento dell’onere della prova che la Commissione deve fornire si spiega con il fatto che è lo Stato membro che dispone delle migliori possibilità per raccogliere e verificare i dati necessari per la liquidazione dei conti dei fondi agricoli (v., in tal senso, sentenze del 19 dicembre 2019, Grecia/Commissione, T‑295/18, non pubblicata, EU:T:2019:880, punto 77 e giurisprudenza ivi citata, e del 25 giugno 2020, Polonia/Commissione, T‑506/18, non pubblicata, EU:T:2020:282, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

116    Così, secondo la giurisprudenza, se la Commissione esprime un dubbio serio e ragionevole, spetta allo Stato membro fornire la prova più circostanziata ed esauriente della veridicità dei propri controlli o dei propri dati nonché, eventualmente, dell’inesattezza delle affermazioni della Commissione (v. sentenza del 12 novembre 2015, Italia/Commissione, T‑255/13, non pubblicata, EU:T:2015:838, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

117    Ne consegue che lo Stato membro interessato non può smentire le constatazioni della Commissione con semplici affermazioni non suffragate da elementi atti a dimostrare l’esistenza di un sistema di controllo affidabile ed operativo. Pertanto, qualora lo Stato membro interessato non riesca a dimostrare che le constatazioni della Commissione sono inesatte, queste ultime costituiscono elementi che possono far sorgere fondati dubbi sull’istituzione di un sistema adeguato ed efficace di misure di sorveglianza e di controllo (v., in tal senso, sentenze del 19 dicembre 2019, Grecia/Commissione, T‑295/18, non pubblicata, EU:T:2019:880, punto 77 e giurisprudenza ivi citata, e del 25 giugno 2020, Polonia/Commissione, T‑506/18, non pubblicata, EU:T:2020:282, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

118    Nel caso di specie, nell’ambito del procedimento di verifica di conformità che ha dato luogo alla decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che il rigetto delle domande di accesso allo status di agricoltore in attività potesse comportare il rischio di un aumento dei pagamenti effettuati dalla Repubblica ceca ad altri agricoltori nell’ambito di diversi regimi di aiuto. A tal riguardo, la Commissione ha fatto valere che l’importo dei pagamenti diretti che possono essere concessi, ogni anno, a uno Stato membro non poteva superare il massimale stabilito conformemente all’articolo 6 del regolamento n. 1307/2013. Pertanto, secondo la Commissione, a seguito del rigetto delle domande di accesso allo status di agricoltore in attività, poteva sussistere un rischio che, nei limiti del massimale autorizzato, la Repubblica ceca utilizzi le somme destinate al pagamento ai sensi delle disposizioni che disciplinano lo status di agricoltore in attività per finanziare, con importi più elevati, agricoltori nell’ambito di altri regimi di aiuto. L’aumento dei pagamenti effettuati nell’ambito degli altri regimi di aiuto rappresenterebbe per la Commissione un rischio per il bilancio dell’Unione, in quanto non sarebbe stato dimostrato da elementi specifici di tali regimi di aiuto, ma sarebbe solo la conseguenza del rigetto delle domande di accesso allo status di agricoltore in attività.

119    In tali circostanze, conformemente alla giurisprudenza citata ai punti 115 e 117 supra, per fugare il dubbio serio e ragionevole espresso dalla Commissione, la Repubblica ceca avrebbe dovuto fornire una prova più dettagliata ed esauriente che il rigetto delle domande di accesso allo status di agricoltore in attività sulla base dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013 non causerebbe un pregiudizio finanziario al bilancio dell’Unione.

120    Orbene, nel caso di specie ciò non si è verificato.

121    In primo luogo, è vero che, nella lettera dell’11 dicembre 2018, la Repubblica ceca ha fornito indicazioni in merito ai nove richiedenti esclusi dallo status di agricoltore in attività ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013 e ha rilevato che tale esclusione non aveva causato alcun pregiudizio finanziario al bilancio dell’Unione in quanto non aveva determinato un aumento dei pagamenti effettuati ad altri agricoltori. Tuttavia, essa non ha prodotto alcun elemento di prova a sostegno delle sue affermazioni.

122    In secondo luogo, nel ricorso, la Repubblica ceca fa riferimento a una lettera inviata il 27 ottobre 2015 dal dipartimento dei pagamenti diretti del suo Ministero dell’Agricoltura alla direzione del dipartimento dei pagamenti diretti e degli aiuti all’ambiente del Fondo nazionale d’intervento agricolo, che indicava che il Ministro dell’Agricoltura ceco aveva approvato i tassi dei pagamenti unici per superficie, i pagamenti a favore delle pratiche agricole benefiche per il clima e l’ambiente e i pagamenti a favore dei giovani agricoltori. Orbene, è pacifico che tale lettera non è stata comunicata alla Commissione nell’ambito della procedura di verifica di conformità e non ha quindi potuto essere presa in considerazione al momento dell’adozione della rettifica finanziaria impugnata. Anche ammesso che tale lettera fosse stata inviata alla Commissione nell’ambito della procedura di verifica di conformità, si deve osservare che essa non fornisce la prova del fatto che il rigetto, per gli anni dal 2015 al 2017, delle domande di accesso allo status di agricoltore in attività sulla base dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013 non abbia causato un danno finanziario all’Unione. Essa si limita, infatti, a fissare, per il 2015, il tasso di taluni pagamenti agricoli.

123    In terzo luogo, la Repubblica ceca non ha fornito alcun elemento di prova a sostegno della sua affermazione secondo la quale nessuno dei richiedenti, il cui accesso allo status di agricoltore in attività è stato negato dalle sue autorità utilizzando il criterio relativo ai proventi agricoli per dimostrare la condizione di cui alla lettera c), non avrebbe potuto beneficiare di tale status e dei relativi pagamenti, nell’ambito del FEAGA e del FEASR, se fosse stato adottato un criterio diverso.

124    Di conseguenza, occorre respingere la prima censura.

b)      Sulla seconda censura, vertente sulla mancanza di precisione nella determinazione dellimporto della rettifica finanziaria impugnata riguardo alla presunta violazione concernente lo status di agricoltore in attività

125    Con la seconda censura, la Repubblica ceca sostiene che, anche ammesso che la violazione relativa allo status di agricoltore in attività abbia causato un danno finanziario all’Unione, tale danno avrebbe dovuto essere calcolato in modo preciso dalla Commissione e non avrebbe dovuto essere oggetto di una rettifica forfettaria.

126    La Commissione contesta tale censura.

127    In via preliminare, occorre ricordare che la Commissione può applicare una rettifica forfettaria qualora non sia possibile, mediante uno sforzo proporzionato, identificare con maggiore precisione il danno finanziario causato all’Unione, in particolare perché lo Stato membro non ha fornito alla Commissione le informazioni necessarie ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 1306/2013.

128    A tal riguardo, occorre rilevare che la lettera dell’11 dicembre 2018 precisa il numero totale dei richiedenti esclusi dallo status di agricoltore in attività, ma non indica il danno che tale esclusione avrebbe potuto causare al FEAGA e al FEASR.

129    Inoltre, né la lettera dell’11 dicembre 2018 né i documenti ulteriori inviati dalle autorità ceche alla Commissione nell’ambito della procedura di verifica di conformità forniscono indicazioni circa il danno finanziario che poteva derivare dalla mancata presa in considerazione delle società collegate nell’ambito del controllo dello status di agricoltore in attività del richiedente l’aiuto.

130    In tali circostanze, tenuto conto dell’importanza e della natura della non conformità constatata, che rientrava nella mancanza di un controllo essenziale, e dell’impossibilità di quantificare esattamente, prestando sforzi proporzionati, il pregiudizio finanziario causato all’Unione a seguito del rigetto delle domande di aiuto relative allo status di agricoltore in attività, non si può ritenere che la Commissione abbia violato l’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 1306/2013 e il principio di proporzionalità al momento dell’imposizione alla Repubblica ceca, per la violazione relativa allo status di agricoltore in attività, della rettifica forfettaria del 5% sul 10% dei pagamenti effettuati in violazione del diritto dell’Unione.

131    Occorre quindi respingere la seconda censura e, pertanto, la seconda parte del primo motivo.

132    Di conseguenza, il primo motivo dev’essere respinto.

B.      Sul secondo motivo, che contesta la violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti

133    Il secondo motivo, che contesta la violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti, si articola in due parti.

1.      Sulla prima parte del secondo motivo, vertente sullillegittimità dellimposizione, da parte della Commissione, della rettifica finanziaria impugnata riferentisi alla violazione relativa allidentificazione dei prati permanenti per la mancata presa in considerazione, nellambito dellindagine, dei risultati dellindagine di follow-up che ha escluso lesistenza di detta violazione

134    Nell’ambito della prima parte del secondo motivo, la Repubblica ceca solleva tre censure.

a)      Sulla prima censura, vertente sulla violazione, da parte della Commissione, dellarticolo 52, paragrafo 1, del regolamento n. 1306/2013, dellarticolo 34, paragrafi 1 e 6, del regolamento di esecuzione n. 908/2014 e del principio di buona amministrazione

135    Con la prima censura, la Repubblica ceca fa valere che, omettendo di prendere in considerazione, nell’ambito dell’indagine, i risultati dell’indagine di follow-up che avevano escluso l’esistenza della violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti, la Commissione ha violato l’articolo 52, paragrafo 1, del regolamento n. 1306/2013, l’articolo 34, paragrafi 1 e 6, del regolamento di esecuzione n. 908/2014 e il principio di buona amministrazione.

136    In via preliminare, occorre ricordare che l’indagine e l’indagine di follow-up si sono sovrapposte nel tempo. L’indagine è stata avviata il 18 settembre 2017 (ossia all’inizio del primo audit in loco) ed è stata chiusa, in seguito all’invio della relazione di sintesi il 21 ottobre 2021, con l’adozione della decisione impugnata, il 17 novembre 2021. L’indagine di follow-up è iniziata il 31 agosto 2020 (ossia all’inizio dell’audit di follow-up) e si è conclusa, per la violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti, il 24 agosto 2021, con l’adozione del verbale della riunione bilaterale di follow-up che ha consentito di chiudere la questione dell’esistenza di detta violazione.

137    In tali circostanze, tenuto conto del fatto che la relazione di sintesi e la decisione impugnata sono state adottate dopo che, nell’ambito dell’indagine di follow-up, la questione attinente all’esistenza della violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti si era conclusa, occorre esaminare se la Commissione avrebbe dovuto pronunciarsi, nell’ambito dell’indagine, sulla questione relativa all’esistenza della violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti prendendo in considerazione gli elementi emersi durante l’indagine di follow-up.

138    A tal riguardo, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, del regolamento n. 1306/2013, qualora ritenga che le spese non siano state effettuate, da uno Stato membro, conformemente al diritto dell’Unione, la Commissione adotta atti di esecuzione che determinano gli importi da escludere dal finanziamento dell’Unione.

139    Occorre altresì rilevare che l’articolo 34, paragrafi 1 e 6, del regolamento di esecuzione n. 908/2014 subordina la decisione della Commissione di escludere dal finanziamento dell’Unione le spese effettuate da uno Stato membro in violazione delle norme applicabili al rispetto della procedura di verifica della conformità.

140    Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, tra le garanzie conferite dall’ordinamento giuridico dell’Unione nei procedimenti amministrativi compare, in particolare, il principio di buona amministrazione, sancito dall’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Ai sensi di tale disposizione, il diritto ad una buona amministrazione comprende, in particolare, il diritto di ogni persona a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole da istituzioni, organi e organismi dell’Unione. Tale diritto riflette un principio generale di diritto dell’Unione [sentenze dell’8 maggio 2014, N., C‑604/12, EU:C:2014:302, punto 49, e del 1° giugno 2016, Wolf Oil/EUIPO – SCT Lubricants (CHEMPIOIL), T‑34/15, non pubblicata, EU:T:2016:330, punti 69 e 70]

141    A tal riguardo, si deve considerare che il principio di buona amministrazione non impone alle istituzioni dell’Unione di prolungare indefinitamente i procedimenti amministrativi, ma si traduce in disposizioni che prevedono termini per lo svolgimento di detti procedimenti e l’invio, nell’ambito di questi ultimi, di informazioni da parte degli Stati membri alle istituzioni dell’Unione. La fissazione di tali termini consente di conciliare l’esigenza di garantire che i procedimenti amministrativi si svolgano entro un termine ragionevole con i diritti della difesa nonché di assicurarsi che le istituzioni dell’Unione ricevano le informazioni pertinenti da parte degli Stati membri in tempo utile e possano prendere in considerazione, con cura ed imparzialità, tutte le informazioni pertinenti del caso di specie.

142    Per quanto riguarda la procedura di verifica della conformità, il principio di buona amministrazione deriva dall’articolo 52, paragrafo 1, del regolamento n. 1306/2013 e dall’articolo 34, paragrafi 1 e 6, del regolamento di esecuzione n. 908/2014, che subordinano l’obbligo della Commissione di tenere conto tempestivamente delle informazioni trasmesse dagli Stati membri al rispetto da parte di questi ultimi dei termini di trasmissione previsti da tali disposizioni.

143    È in tale contesto che occorre analizzare i tre argomenti sollevati dalla Repubblica ceca a sostegno della sua prima censura.

1)      Sul primo argomento, relativo all’ambito di applicazione dell’articolo 52, paragrafo 1, del regolamento n. 1306/2013 e dell’articolo 34, paragrafi 1 e 6, del regolamento di esecuzione n. 908/2014

144    Con questo primo argomento, la Repubblica Ceca sostiene che i termini previsti dall’articolo 52 del regolamento n. 1306/2013 e dall’articolo 34, paragrafi 1 e 6, del regolamento di esecuzione n. 908/2014 per la trasmissione di informazioni, da parte di uno Stato membro, alla Commissione nell’ambito del procedimento di verifica della conformità non si applicano quando la Commissione deve valutare l’esistenza di una violazione del diritto dell’Unione, ma solo quando deve determinare l’importo della rettifica finanziaria da applicare. Ciò significa, secondo la Repubblica ceca, che la Commissione può far valere la tardività delle informazioni trasmesse da uno Stato membro allorché deve determinare l’importo della rettifica finanziaria, ma non quando deve decidere in merito all’esistenza degli elementi costitutivi di una violazione del diritto dell’Unione.

145    La Commissione contesta detto argomento.

146    Occorre rilevare che dalla formulazione dell’articolo 52, paragrafo 1, del regolamento n. 1306/2013 e dell’articolo 34, paragrafi 1 e 6, del regolamento di esecuzione n. 908/2014 risulta che la determinazione degli importi da escludere dal finanziamento dell’Unione è intrinsecamente connessa alla constatazione, da parte della Commissione, dell’esistenza di una violazione del diritto dell’Unione. Infatti, la Commissione non può imporre una rettifica finanziaria se non sono presenti gli elementi costitutivi di una violazione delle norme dell’Unione, presupposto necessario per l’eventuale determinazione dell’importo di una rettifica finanziaria.

147    Di conseguenza, i termini per l’invio di informazioni da parte degli Stati membri, previsti dall’articolo 52 del regolamento n. 1306/2013 e dall’articolo 34, paragrafi 1 e 6, del regolamento di esecuzione n. 908/2014, non possono essere interpretati nel senso che si applicano unicamente quando la Commissione deve determinare gli importi da escludere dal finanziamento dell’Unione e che non riguardano l’ipotesi in cui la Commissione debba valutare l’esistenza di una violazione del diritto dell’Unione, dato che tale valutazione della violazione e tale determinazione di una rettifica finanziaria sono intrinsecamente connesse.

148    Il primo argomento dev’essere, pertanto, respinto.

2)      Sul secondo argomento, relativo alla novità delle informazioni fornite dalle autorità ceche nell’ambito dell’indagine di follow-up

149    Con questo secondo argomento, la Repubblica ceca fa valere che le informazioni relative alla violazione riguardante l’identificazione dei prati permanenti da essa comunicate alla Commissione nell’ambito dell’indagine di follow-up non erano nuove e erano già state trasmesse durante l’indagine. Di conseguenza, la limitazione temporale prevista all’articolo 34, paragrafo 6, del regolamento di esecuzione n. 908/2014, secondo la quale gli Stati membri non possono comunicare informazioni alla Commissione dopo l’invio da parte di quest’ultima delle conclusioni preliminari (tranne nei casi previsti da tale disposizione), non sarebbe applicabile nel caso di specie.

150    La Commissione contesta detto argomento.

151    In primo luogo, occorre ricordare che nella lettera di constatazione, inviata il 30 novembre 2017, la Commissione ha individuato carenze nel sistema di controllo messo in atto dalle autorità ceche per quanto riguardava l’identificazione dei prati permanenti, in violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera h), del regolamento n. 1307/2013.

152    In secondo luogo, nel verbale della riunione bilaterale dell’11 settembre 2018, la Commissione ha chiesto alle autorità ceche informazioni supplementari per quanto riguardava la classificazione dei terreni lasciati a riposo e ha ribadito i propri dubbi per quanto riguardava l’adeguatezza del sistema di controllo alla regola secondo cui i prati permanenti sono terreni utilizzati per la coltivazione di erbe o di altre piante erbacee da foraggio (seminate o spontanee) che non fanno parte del sistema di avvicendamento delle colture dell’azienda da almeno cinque anni e che, qualora gli Stati membri lo decidano, non sono stati lavorati da cinque anni.

153    In terzo luogo, nelle conclusioni preliminari, la Commissione ha fatto valere, in particolare, che:

–        prima del 2015, le autorità ceche non disponevano di informazioni sulla cronistoria dell’uso dei terreni e non erano quindi in grado di controllare l’attuazione della norma di cui al precedente punto 152;

–        dopo il 2015, non era chiaro il motivo per cui le autorità ceche avevano utilizzato tre diversi codici per riferirsi ai terreni non coltivati che, alla scadenza di un termine di cinque anni, erano destinati a diventare prati permanenti, vale a dire il codice «G» per i prati contenuti in seminativi non coltivati, il codice «R» per i seminativi non coltivati che non erano considerati prati e il codice «U» per i terreni messi a riposo; secondo la Commissione, l’uso di più codici comportava il rischio che i terreni non fossero correttamente dichiarati come prati permanenti.

154    In quarto luogo, la questione dell’esistenza della violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti non è stata oggetto della domanda di conciliazione presentata dalle autorità ceche.

155    In quinto luogo, nessuna informazione relativa alla violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti è stata inclusa tra le informazioni supplementari trasmesse dalle autorità ceche alla Commissione a seguito della ricezione della relazione dell’organo di conciliazione.

156    In sesto luogo, occorre rilevare che, nelle conclusioni finali e nella relazione di sintesi, reiterando gli argomenti citati al precedente punto 153, la Commissione ha confermato l’esistenza della violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti e, con l’adozione della decisione impugnata, ha imposto alla Repubblica ceca una rettifica finanziaria di EUR 14 923 784,40 per tale violazione.

157    In settimo luogo, occorre ricordare che, come indicato nel verbale della riunione bilaterale di follow-up, è, per la prima volta, in occasione di tale riunione e nella lettera del 30 luglio 2021 che le autorità ceche hanno fornito alla Commissione spiegazioni, esempi e informazioni chiare e comprovate riguardo al sistema di classificazione delle praterie situate su seminativi e terreni lasciati a riposo.

158    Risulta altresì dal verbale della riunione bilaterale di follow-up che è sulla base di tali informazioni che la Commissione ha deciso di chiudere la questione dell’esistenza della violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti nell’ambito dell’indagine di follow-up e ha deplorato che tali informazioni, che sarebbero state pertinenti anche nell’ambito dell’indagine, non fossero state trasmesse dalle autorità ceche nell’ambito del procedimento di verifica della conformità che ha condotto all’adozione della decisione impugnata.

159    A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza citata ai precedenti punti da 115 a 117, nell’ambito del procedimento di verifica della conformità, spetta allo Stato membro fornire la prova più circostanziata ed esauriente della veridicità dei propri controlli o dei propri dati nonché, eventualmente, dell’inesattezza delle affermazioni della Commissione. Pertanto, qualora lo Stato membro interessato non pervenga, entro i termini previsti dall’articolo 52 del regolamento n. 1306/2013 e dall’articolo 34 del regolamento di esecuzione n. 908/2014, a dimostrare che le constatazioni della Commissione sono inesatte, queste ultime costituiscono elementi che possono far sorgere fondati dubbi sull’istituzione di un sistema adeguato ed efficace di misure di sorveglianza e di controllo.

160    Nel caso di specie, nell’ambito dell’indagine, la Repubblica ceca non ha fornito la prova più dettagliata e completa della realtà dei suoi controlli per quanto riguardava l’identificazione dei prati permanenti e non è riuscita a dimostrare che le constatazioni della Commissione fossero inesatte. Infatti, è solo durante l’indagine di follow-up che la Repubblica ceca ha fornito, per la prima volta, spiegazioni dettagliate ed elementi di prova aggiuntivi che hanno consentito alla Commissione di verificare l’inesistenza della violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti.

161    In tali circostanze, occorre respingere il secondo argomento.

3)      Sul terzo argomento, relativo alle condizioni previste all’articolo 34, paragrafo 6, del regolamento di esecuzione n. 908/2014

162    Con questo terzo argomento, la Repubblica ceca fa valere che la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione, nell’ambito dell’indagine, le informazioni relative alla violazione riguardanti l’identificazione dei prati permanenti trasmesse dalle autorità ceche nel corso dell’indagine di follow-up. Si tratterebbe, infatti, di informazioni che soddisfacevano le due condizioni di cui all’articolo 34, paragrafo 6, del regolamento di esecuzione n. 908/2014, il quale consente a uno Stato membro di comunicare informazioni alla Commissione dopo l’invio, da parte di quest’ultima, delle conclusioni preliminari.

163    La Commissione contesta detto argomento.

164    Occorre ricordare che l’articolo 34, paragrafo 6, del regolamento di esecuzione n. 908/2014 prevede che le informazioni comunicate da uno Stato membro dopo che la Commissione gli ha notificato le conclusioni preliminari dell’indagine possono essere prese in considerazione solo:

a)      se ciò è necessario per evitare di sovrastimare il danno finanziario causato al bilancio dell’Unione e

b)      se la trasmissione tardiva delle informazioni è giustificata da fattori esterni e non compromette la tempestiva adozione, da parte della Commissione, della decisione ai sensi dell’articolo 52 del regolamento (UE) n. 1306/2013.

165    A tal riguardo, occorre considerare che, sebbene la versione francese dell’articolo 34, paragrafo 6, del regolamento di esecuzione n. 908/2014 sia ambigua quanto al carattere cumulativo o alternativo delle condizioni stabilite da tale disposizione, dall’analisi delle altre versioni linguistiche di tale disposizione risulta che tali condizioni hanno carattere cumulativo. A titolo di esempio, nella versione portoghese dell’articolo 34, paragrafo 6, del regolamento di esecuzione n. 908/2014, è indicato che uno Stato membro può inviare informazioni alla Commissione dopo che quest’ultima gli ha comunicato le conclusioni preliminari dell’indagine qualora siano soddisfatte le due condizioni cumulative previste da detta disposizione. Tale carattere cumulativo è stato peraltro confermato dalle parti in udienza.

166    Nel caso di specie, come indicato al precedente punto 157, le informazioni relative alla violazione riguardante l’identificazione dei prati permanenti sono state comunicate alla Commissione dalle autorità ceche in occasione della riunione bilaterale di follow-up e nella lettera del 30 luglio 2021, ossia dopo l’invio, il 20 dicembre 2019, da parte della Commissione delle conclusioni preliminari dell’indagine.

167    Occorre quindi valutare se fossero soddisfatte nel caso di specie le due condizioni previste dall’articolo 34, paragrafo 6, del regolamento di esecuzione n. 908/2014 affinché possano essere prese in considerazione informazioni comunicate tardivamente.

168    Per quanto riguarda la prima condizione enunciata all’articolo 34, paragrafo 6, lettera a), del regolamento di esecuzione n. 908/2014, si deve ritenere che le informazioni fornite dalle autorità ceche in occasione della riunione bilaterale di follow-up e il 30 luglio 2021 in merito alla violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti fossero necessarie per evitare di sovrastimare il danno finanziario causato al bilancio dell’Unione. Si trattava, infatti, di evitare l’imposizione di una rettifica finanziaria per una violazione considerata inesistente nell’ambito dell’indagine di follow-up. La mancata presa in considerazione da parte della Commissione di tali informazioni nell’ambito dell’indagine si era infatti tradotta in una sopravalutazione del danno finanziario causato all’Unione, per un importo di EUR 14 923 784,40 ossia un importo equivalente a quello della rettifica finanziaria imposta alla Repubblica ceca per la violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti.

169    La condizione di cui all’articolo 34, paragrafo 6, lettera a), del regolamento di esecuzione n. 908/2014 è pertanto soddisfatta nel caso di specie.

170    Per quanto riguarda la seconda condizione enunciata all’articolo 34, paragrafo 6, lettera b), del regolamento di esecuzione n. 908/2014, occorre rilevare che l’invio delle informazioni relative alla violazione riguardante l’identificazione dei prati permanenti durante la riunione bilaterale di follow-up e il 30 luglio 2021 non era giustificato da fattori esterni. Tali informazioni erano già disponibili durante l’inchiesta, ma non erano state trasmesse alla Commissione in modo chiaro e documentato. Ne consegue che la Repubblica Ceca avrebbe dovuto e potuto inviare tali informazioni alla Commissione entro i termini previsti dall’articolo 34, paragrafo 6, del regolamento di esecuzione n. 908/2014.

171    Di conseguenza, la condizione di cui all’articolo 34, paragrafo 6, lettera b), del regolamento di esecuzione n. 908/2014 non è soddisfatta nel caso di specie.

172    Occorre quindi respingere il terzo argomento e, pertanto, la prima censura nel suo insieme.

b)      Sulla seconda censura, relativa alla violazione, da parte della Commissione, del principio della tutela del legittimo affidamento

173    Con questa seconda censura, la Repubblica ceca sostiene che la Commissione ha violato il principio di tutela del legittimo affidamento dal momento che la decisione di chiudere, nell’ambito dell’indagine successiva, la questione dell’esistenza della violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti ha fatto sorgere in essa un’aspettativa legittima quanto alla non imposizione, anche nell’ambito dell’indagine, di una rettifica finanziaria per detta violazione.

174    Secondo la Repubblica ceca, tale aspettativa era tanto più legittima in quanto, per un’altra carenza del sistema di controllo istituito dalle autorità ceche per verificare la concessione degli aiuti nell’ambito del FEAGA e del FEASR relativi alla dichiarazione delle superfici agricole, la Commissione aveva preso in considerazione, nelle conclusioni finali dell’indagine, i risultati dell’indagine di follow-up e aveva deciso di chiudere il punto corrispondente.

175    La Commissione contesta tale censura.

176    Secondo una giurisprudenza costante, il principio della tutela del legittimo affidamento rientra tra i principi fondamentali dell’Unione. Il diritto di invocare tale principio si estende a tutti i soggetti nei quali un’istituzione dell’Unione abbia fatto sorgere fondate aspettative. Costituiscono assicurazioni atte a far sorgere aspettative siffatte, a prescindere dalla forma in cui vengono comunicate, informazioni precise, categoriche e concordanti che promanano da fonti autorizzate ed affidabili. Nessuno può invece invocare una violazione di tale principio in mancanza di assicurazioni precise che gli avrebbe fornito l’amministrazione (v., in tal senso, sentenza del 18 gennaio 2023, Romania/Commissione, T‑33/21, EU:T:2023:5, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).

177    In primo luogo, occorre ricordare che nel verbale della riunione bilaterale di follow-up la Commissione ha comunicato alla Repubblica ceca la sua decisione di chiudere, nell’ambito dell’indagine di follow-up, la questione relativa all’esistenza della violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti.

178    Orbene, il verbale della riunione bilaterale di follow-up non definisce la posizione definitiva della Commissione quanto all’esistenza di una violazione del diritto dell’Unione, ma costituisce una fase preliminare della procedura di verifica di conformità che consente di attestare gli scambi che hanno avuto luogo tra le parti nel corso della riunione bilaterale (v., in tal senso, sentenza del 18 settembre 2003, Regno Unito/Commissione, C‑346/00, EU:C:2003:474, punti 69 e 70). La posizione definitiva della Commissione quanto all’esistenza di una violazione del diritto dell’Unione è infatti stabilita solo nelle conclusioni finali dell’indagine, inviate allo Stato membro conformemente all’articolo 34, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione n. 908/2014, e nella relazione di sintesi che contiene una spiegazione dettagliata dei motivi che hanno portato all’esclusione di talune spese dal finanziamento dell’Unione.

179    In tali circostanze, poiché il verbale della riunione bilaterale di follow-up non esprimeva la posizione definitiva della Commissione quanto all’esistenza della violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti, esso non poteva far sorgere aspettative fondate e legittime in capo alla Repubblica ceca quanto a detta posizione e alla mancata applicazione, nell’ambito dell’indagine, di una rettifica finanziaria per tale violazione.

180    In secondo luogo, anche ammesso che il verbale della riunione bilaterale di monitoraggio possa essere considerato come un documento che stabilisce la posizione definitiva della Commissione quanto all’esistenza della violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti, occorre rilevare che la decisione di chiudere, nell’ambito dell’indagine successiva, la questione relativa all’esistenza della violazione riguardante l’identificazione dei prati permanenti non fornisce informazioni precise, categoriche e concordanti, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 176 supra, che possano far sorgere in capo alla Repubblica ceca un’aspettativa legittima quanto alla mancata applicazione, nell’ambito dell’indagine, di una rettifica finanziaria per detta violazione.

181    È vero che, nel verbale della riunione bilaterale di follow-up, la Commissione ha affermato di deplorare che le autorità ceche non avessero inviato, nell’ambito dell’indagine, le informazioni relative alla violazione riguardante l’identificazione dei prati permanenti trasmesse durante l’indagine di follow-up. Secondo la Commissione, tali informazioni sarebbero state pertinenti anche nell’ambito dell’indagine.

182    Tuttavia, nel verbale della riunione bilaterale di follow-up, la Commissione non si è espressa in merito alla presa in considerazione di tali nuove informazioni nell’ambito dell’indagine e non ha preso posizione né sull’asserita violazione né sull’applicazione di una rettifica finanziaria per la violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti.

183    Ne consegue che la Commissione non ha violato il principio della tutela del legittimo affidamento non prendendo in considerazione, nell’ambito dell’indagine, i risultati dell’indagine di follow-up vertente sulla violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti.

184    Tale conclusione non può essere messa in discussione dall’argomento della Repubblica ceca secondo il quale, per quanto riguarda le carenze rilevate dalla Commissione in merito alla dichiarazione delle superfici agricole da parte delle autorità ceche, quest’ultima aveva preso in considerazione i risultati dell’indagine di follow-up nelle conclusioni finali dell’indagine e aveva deciso di chiudere il punto corrispondente.

185    Questo argomento, infatti, non è pertinente. Dalle conclusioni finali dell’indagine risulta che, nel corso dell’audit di follow-up effettuato dalla Commissione nella Repubblica ceca dal 31 agosto al 4 settembre 2020, le autorità ceche le avevano fornito nuove informazioni in merito alla dichiarazione delle superfici agricole. Dette informazioni, trasmesse prima dell’adozione delle conclusioni finali dell’indagine il 26 marzo 2021, erano state prese in considerazione dalla Commissione nell’ambito dell’inchiesta e avevano consentito, nelle conclusioni finali, di chiudere il punto corrispondente.

186    Ne consegue che, a differenza delle informazioni relative alla violazione riguardante l’identificazione dei prati permanenti, che sono state fornite dalle autorità ceche dopo che la Commissione aveva inviato le sue conclusioni finali, le informazioni relative alla dichiarazione delle aree agricole erano state fornite prima che la Commissione inviasse le sue conclusioni finali.

187    Di conseguenza, tenuto conto della differenza riguardo al periodo di invio di tali informazioni, la chiusura del punto relativo all’esistenza di una violazione relativa alla dichiarazione delle superfici agricole non poteva far sorgere, in capo alla Repubblica ceca, alcuna legittima aspettativa quanto alla non applicazione di una rettifica finanziaria per la violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti.

188    Occorre pertanto respingere la seconda censura.

c)      Sulla terza censura, vertente sulla violazione, da parte della Commissione, dellarticolo 296, secondo comma, TFUE

189    Con tale terza censura, la Repubblica ceca sostiene che la Commissione ha violato l’articolo 296, secondo comma, TFUE in quanto, nella motivazione della decisione impugnata e nella relazione di sintesi, non ha fatto riferimento alle constatazioni da essa formulate nel verbale della riunione bilaterale di follow-up che ha portato alla chiusura del punto riguardante la violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti. Pertanto, secondo la Repubblica ceca, la motivazione della decisione impugnata e della relazione di sintesi non consente di comprendere le ragioni per le quali la Commissione non ha preso in considerazione, nell’ambito dell’indagine, i risultati dell’indagine di follow-up vertente sulla violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti.

190    La Commissione contesta tale censura.

191    Secondo una giurisprudenza consolidata, l’obbligo di motivazione previsto all’articolo 296 TFUE costituisce una forma sostanziale che deve essere distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, la quale attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso. Sotto tale profilo, la motivazione deve essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo (sentenze del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punti 146 e 147; del 9 settembre 2020, Grecia/Commissione, T‑46/19, non pubblicata, EU:T:2020:396, punto 47, e del 18 gennaio 2023, Romania/Commissione, T‑33/21, EU:T:2023:5, punto 36).

192    Non si può tuttavia esigere che la motivazione specifichi tutti i diversi elementi di fatto e di diritto pertinenti. Infatti, la questione se la motivazione di una decisione soddisfi le condizioni richiamate al precedente punto 191 deve essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto nonché dell’insieme delle norme giuridiche che disciplinano la materia considerata (v. sentenza del 18 gennaio 2023, Romania/Commissione, T‑33/21, EU:T:2023:5, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

193    Ne consegue che, secondo la giurisprudenza, nel contesto del procedimento di verifica della conformità, l’obbligo di motivazione è considerato soddisfatto qualora lo Stato membro destinatario sia stato strettamente associato al procedimento di elaborazione di tale decisione e conoscesse i motivi per i quali la Commissione riteneva di non dover imputare ai fondi di cui trattasi gli importi controversi (v. sentenza del 16 febbraio 2017, Romania/Commissione, T‑145/15, EU:T:2017:86, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

194    A tal riguardo, quando la Commissione respinge gli elementi di valutazione sufficientemente precisi addotti dalle autorità nazionali competenti, essa è tenuta ad esporre, in particolare nelle sue comunicazioni con lo Stato membro interessato nonché nella relazione di sintesi, gli elementi su cui si fondano i dubbi seri e ragionevoli da essa espressi a proposito delle cifre comunicate dalle autorità nazionali o dei risultati dei controlli effettuati da queste ultime, cosicché detti elementi devono risultare negli atti redatti dalla Commissione durante il procedimento di verifica di conformità nonché nella motivazione della decisione adottata in esito a quest’ultimo (v., in tal senso, sentenze del 16 febbraio 2017, Romania/Commissione, T‑145/15, EU:T:2017:86, punto 47, e del 9 settembre 2020, Grecia/Commissione, T‑46/19, non pubblicata, EU:T:2020:396, punto 49).

195    Nel caso di specie, è pacifico che le autorità ceche sono state strettamente associate al processo di elaborazione della decisione impugnata e che esse erano a conoscenza delle ragioni che giustificavano detta decisione. Quest’ultima, infatti, è stata adottata al termine di un procedimento in contraddittorio nel corso del quale la Commissione e le autorità ceche hanno avuto, a più riprese, la possibilità di scambiare i loro punti di vista in merito alla constatazione della violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti.

196    Per di più, si deve considerare che, nell’ambito dell’indagine, le autorità ceche non hanno fornito alcun elemento di prova sufficientemente preciso in merito alla violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti.

197    Inoltre, come indicato ai precedenti punti 153 e 156, nelle conclusioni preliminari, nelle conclusioni finali nonché nella relazione di sintesi, la Commissione ha chiaramente motivato l’imposizione della rettifica finanziaria per la violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti.

198    In tali circostanze, non si può concludere che la Commissione abbia violato il suo obbligo di motivazione, ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 193 e dell’articolo 296, secondo comma, TFUE.

199    Occorre quindi respingere la terza censura e, pertanto, la prima parte del secondo motivo nella sua integralità.

2.      Sulla seconda parte del secondo motivo, vertente sullillegittimità dellimposizione, da parte della Commissione, della rettifica finanziaria impugnata pur se, nella Repubblica ceca, il sistema di identificazione dei prati permanenti era conforme al diritto dellUnione

200    Con la seconda parte del secondo motivo, la Repubblica ceca fa valere che la Commissione ha violato l’articolo 52, paragrafo 1, del regolamento n. 1306/2013 imponendole la rettifica finanziaria impugnata concernente la violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti, pur se il suo sistema di identificazione dei prati permanenti era conforme al diritto dell’Unione.

201    La Commissione contesta tale parte.

202    Occorre ricordare che si è concluso che, nell’ambito della procedura di verifica di conformità che ha condotto all’adozione della decisione impugnata:

–        la Repubblica ceca non aveva fornito la prova più dettagliata e completa dell’effettività dei suoi controlli, ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 115, per quanto riguarda l’identificazione dei prati permanenti, e non era pervenuta a dimostrare che le constatazioni della Commissione fossero inesatte; infatti, è solo durante l’indagine di follow-up e con la sua lettera del 30 luglio 2021 che la Repubblica ceca ha fornito, per la prima volta, spiegazioni chiare e elementi di prova supplementari che hanno consentito alla Commissione di verificare l’insussistenza della violazione riguardante l’identificazione dei prati permanenti (v. supra punto 160).

–        poiché le condizioni previste all’articolo 34, paragrafo 6, del regolamento di esecuzione n. 908/2014, che consentono di prendere in considerazione informazioni comunicate tardivamente dallo Stato membro dopo l’invio da parte della Commissione delle conclusioni preliminari, non erano cumulativamente soddisfatte nel caso di specie, la Commissione non era tenuta a prendere in considerazione, nell’ambito dell’indagine, i risultati dell’indagine di follow-up riguardanti l’insussistenza della violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti (v. supra punto 171).

203    In tali circostanze, le informazioni e le spiegazioni che la Repubblica ceca ha fornito nel ricorso per quanto riguarda la violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti e che non erano state trasmesse alla Commissione nell’ambito del procedimento di verifica di conformità non possono essere prese in considerazione, in quanto sono state inviate in violazione dei termini previsti all’articolo 52 del regolamento n. 1306/2013 e dall’articolo 34 del regolamento di esecuzione n. 908/2014.

204    La seconda parte del secondo motivo di ricorso deve quindi essere respinta e, di conseguenza, il secondo motivo di ricorso nella sua interezza.

C.      Sul terzo motivo, che contesta la violazione relativa alla selezione del campione di controllo

205    Il terzo motivo con cui si contesta la violazione relativa alla selezione del campione di controllo si compone di quattro parti.

206    Tuttavia, con le loro risposte a una misura di organizzazione del procedimento e a un quesito del Tribunale posto in udienza, le parti hanno indicato esplicitamente che la terza e la quarta parte del terzo motivo, vertenti rispettivamente, da un lato, sulla violazione, da parte della Commissione, dell’articolo 34, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione n. 908/2014 a causa della mancata indicazione, nella lettera di constatazione, della violazione concernente la selezione del campione di controllo relativo all’inverdimento e sulla violazione, da parte della Commissione, dell’articolo 35 del regolamento di esecuzione n. 809/2014 a causa della presa in considerazione delle irregolarità del regime RPUS nell’ambito del regime relativo all’inverdimento, dovevano essere considerate inconferenti in caso di rigetto da parte del Tribunale del secondo motivo relativo alla violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti.

207    Infatti, la rettifica finanziaria imposta dalla Commissione alla Repubblica ceca per la violazione concernente la selezione del campione di controllo relativo all’inverdimento, oggetto delle parti terza e quarta del terzo motivo, è stata assorbita dalla rettifica finanziaria relativa alla violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti e non è stata presa in considerazione dalla Commissione in sede di determinazione dell’importo della rettifica finanziaria impugnata.

208    Pertanto, nei limiti in cui il secondo motivo è respinto, occorre considerare inconferenti la terza e la quarta parte del terzo motivo. Il loro esame è, infatti, irrilevante ai fini della valutazione della fondatezza dell’imposizione della rettifica finanziaria impugnata.

209    Occorre quindi analizzare unicamente la prima e la seconda parte del terzo motivo.

1.      Sulla prima parte del terzo motivo, relativa allillegittimità dellimposizione da parte della Commissione della rettifica finanziaria controversa riguardante la violazione riguardante la selezione del campione di controllo relativo ai controlli standard, pur se la Repubblica ceca non ha violato larticolo 30, lettera a), e larticolo 33 bis del regolamento di esecuzione n. 809/2014, come modificato dal regolamento di esecuzione 2016/1394

210    Con la prima parte del terzo motivo, la Repubblica ceca fa valere che la Commissione ha violato l’articolo 30, lettera a), e l’articolo 33 bis del regolamento di esecuzione n. 809/2014, come modificato dal regolamento di esecuzione 2016/1394, dal momento che, per il regime RPUS, essa ha ritenuto che i beneficiari di un aiuto oggetto di un controllo di follow-up in loco poiché avevano ricevuto, nel corso dell’anno precedente, una sanzione amministrativa ridotta, ai sensi dell’articolo 33 bis del regolamento di esecuzione n. 809/2014, come modificato dal regolamento di esecuzione 2016/1394 (in prosieguo: i «beneficiari che avevano ricevuto una sanzione amministrativa ridotta») dovessero essere distinti dai beneficiari da sottoporre a controllo standard conformemente all’articolo 30, lettera a), del regolamento di esecuzione n. 809/2014 (in prosieguo: i «beneficiari sottoposti a controllo standard»).

211    A tal riguardo, la Repubblica ceca sostiene di non aver violato il diritto dell’Unione quando, nel 2017, dei 87 beneficiari che avevano ricevuto una sanzione amministrativa ridotta nel 2016, 75 erano stati inclusi nel campione del 5% dei beneficiari oggetto di un controllo standard e 12 erano stati oggetto di un controllo di follow-up in loco.

212    La Commissione contesta la prima parte del terzo motivo.

213    Occorre ricordare che, conformemente all’articolo 30, lettera a), del regolamento di esecuzione n. 809/2014, per i regimi di sostegno per superficie diversi dal pagamento per le pratiche agricole benefiche per il clima e l’ambiente, il campione di controllo per i controlli in loco effettuati ogni anno copre almeno il 5% di tutti i beneficiari che presentano una domanda di pagamento di base o una domanda di pagamento unico per superficie.

214    Occorre altresì rilevare che l’articolo 33 bis del regolamento di esecuzione n. 809/2014, come modificato dal regolamento di esecuzione 2016/1394, intitolato «Tasso di controlli aggiuntivi per i controlli in loco al fine di assoggettare a un follow-up i beneficiari di cui all’articolo 19 bis, paragrafo 2, del regolamento [n. 640/2014]», dispone, al suo paragrafo 1, quanto segue:

«I beneficiari che sono stati oggetto di una sanzione amministrativa ridotta ai sensi dell’articolo 19 bis, paragrafo 2, del regolamento [n. 640/2014] per un regime di aiuti o una misura di sostegno connessi alla superficie, in seguito a una sovradichiarazione accertata nel corso di un controllo in loco, sono sottoposti a un controllo in loco di follow-up per tale regime di aiuti o misura di sostegno per l’anno di domanda successivo».

215    Risulta in particolare dall’analisi di tali disposizioni che i controlli standard differiscono, per il loro oggetto e per la loro finalità, dai controlli di follow-up in loco.

216    Per quanto riguarda il loro oggetto, i controlli standard riguardano il 5% di tutti i beneficiari che presentano una domanda di pagamento di base o una domanda di pagamento unico per superficie, mentre i controlli di follow-up in loco riguardano unicamente i beneficiari che sono stati oggetto di una sanzione amministrativa ridotta per aver effettuato, nel corso dell’anno precedente, una dichiarazione eccessiva delle superfici ammissibili.

217    Per quanto riguarda la loro finalità, i controlli standard hanno l’obiettivo di fissare un numero minimo di beneficiari oggetto di controllo al fine di garantire una verifica efficace, da parte della Commissione, del rispetto delle disposizioni per quanto riguarda i diversi regimi di aiuto e misure di sostegno, mentre i controlli di follow-up in loco hanno come obiettivo, come risulta dal considerando 1 del regolamento di esecuzione (UE) 2016/1394 della Commissione, del 16 agosto 2016, che modifica il regolamento di esecuzione n. 809/2014 recante modalità di applicazione del regolamento n. 1306/2013 (GU 2016, L 225, pag. 50), verificare se, in seguito all’applicazione di una sanzione amministrativa ridotta per una prima dichiarazione eccessiva delle superfici, i beneficiari di un aiuto abbiano commesso una nuova infrazione che dia luogo all’applicazione di una sanzione amministrativa a pieno titolo.

218    La natura specifica dei controlli di follow-up in loco è confermata dal titolo dell’articolo 33 bis del regolamento di esecuzione n. 809/2014, come modificato dal regolamento di esecuzione 2016/1394, che li qualifica espressamente come «controlli aggiuntivi», il che lascia intendere che essi si distinguono dai controlli standard in quanto assoggettano i beneficiari di un aiuto ad un controllo supplementare che deve essere attuato quando le condizioni previste da detto articolo sono soddisfatte.

219    Pertanto, si deve ritenere che la Commissione non abbia violato l’articolo 30, lettera a), e l’articolo 33 bis del regolamento di esecuzione n. 809/2014, come modificato dal regolamento di esecuzione 2016/1394, allorché ha ritenuto che i beneficiari che avevano ricevuto una sanzione amministrativa ridotta, nel corso dell’anno precedente, dovessero essere distinti da quelli oggetto di un controllo standard.

220    Tale conclusione non può essere messa in discussione dai tre argomenti sollevati dalla Repubblica ceca.

221    Con il suo primo argomento, la Repubblica ceca sostiene che l’esclusione dei beneficiari che hanno ricevuto una sanzione amministrativa ridotta dal campione dei beneficiari sottoposti a controllo standard condurrebbe all’assurda conseguenza che i beneficiari che hanno ricevuto una sanzione amministrativa ridotta per il fatto che, nel corso dell’anno precedente, hanno effettuato una dichiarazione eccessiva delle loro superfici non sarebbero soggetti al controllo standard, ma soltanto al controllo di sorveglianza in loco. Pertanto, secondo la Repubblica ceca, tali agricoltori avrebbero una posizione più vantaggiosa di quella degli altri agricoltori.

222    A tal riguardo, si deve considerare che i controlli di follow-up in loco non sono concepiti come controlli alternativi, ma come controlli supplementari, che si aggiungono ai controlli standard e mirano a prevedere un regime di controllo rafforzato per i beneficiari che hanno ricevuto, nel corso dell’anno precedente, una sanzione amministrativa ridotta. Oltre ad un controllo standard, questi ultimi devono, infatti, essere oggetto di un controllo di follow-up in loco per verificare se abbiano commesso una nuova infrazione del diritto dell’Unione che li esporrebbe all’irrogazione di una sanzione amministrativa a pieno titolo. Ne consegue che i beneficiari che hanno ricevuto una sanzione amministrativa ridotta non si trovano in una situazione vantaggiosa rispetto agli altri beneficiari.

223    Occorre quindi respingere il primo argomento.

224    Con il suo secondo argomento, la Repubblica ceca ritiene che l’esclusione dei beneficiari che hanno ricevuto una sanzione amministrativa ridotta dal campione dei beneficiari oggetto di un controllo standard sia contraria alla lettera dell’articolo 30, lettera a), del regolamento di esecuzione n. 809/2014, che prevede che il 5% di tutti i beneficiari che presentano una domanda di pagamento sia oggetto di un controllo standard. Orbene, secondo la Repubblica ceca, escludendo i beneficiari che hanno ricevuto una sanzione amministrativa ridotta dal campione dei beneficiari sottoposti ad un controllo standard, quest’ultimo non riguarderebbe più il 5% di tutti i beneficiari, ma solo il 5% di una parte di essi.

225    A tal riguardo, occorre rilevare che i controlli di follow-up in loco sono controlli supplementari che, tra i mezzi di cui dispone la Commissione per verificare la conformità al diritto dell’Unione degli aiuti concessi dai fondi agricoli dell’Unione, si aggiungono ai controlli standard. I controlli standard e i controlli di follow-up in loco hanno quindi una finalità e un ambito di applicazione diversi e non possono essere confusi dalle autorità nazionali.

226    Orbene, la scelta, da parte di uno Stato membro, del campione dei beneficiari oggetto di un controllo standard e di un controllo di follow-up in loco non può, nei fatti, ignorare la distinzione tra tali controlli. È per questo motivo che, nel caso di specie, la Commissione ha correttamente ritenuto che la Repubblica ceca avesse violato l’articolo 30, lettera a), e l’articolo 33 bis del regolamento di esecuzione n. 809/2014, come modificato dal regolamento di esecuzione 2016/1394, dal momento che, tra i 87 beneficiari che avevano ricevuto una sanzione amministrativa ridotta nel 2016, 75 erano stati inclusi nel campione dei beneficiari sottoposti a un controllo standard e 12 erano stati oggetto di un controllo di follow-up in loco.

227    Infatti, in tale scenario, il campione dei beneficiari oggetto di un controllo standard era composto, per la maggior parte, da beneficiari che avevano ricevuto una sanzione amministrativa ridotta, rispetto a tutti gli altri beneficiari che avrebbero dovuto essere oggetto di un controllo, e solo dodici beneficiari che avevano ricevuto una sanzione amministrativa ridotta erano stati oggetto di un controllo di follow-up in loco.

228    Ne consegue che, nella scelta dei campioni dei beneficiari che devono essere oggetto di un controllo standard e dei beneficiari che devono essere oggetto di un controllo di follow-up in loco, la Repubblica ceca avrebbe dovuto prendere in considerazione la differenza tra tali controlli assicurandosi, da un lato, che tutti i beneficiari, e non solo una grande maggioranza di quelli che hanno ricevuto una sanzione amministrativa ridotta, fossero assoggettati ai controlli standard e, dall’altro, che tutti i beneficiari che hanno ricevuto una sanzione amministrativa ridotta fossero oggetto di un controllo di follow-up in loco.

229    Occorre quindi respingere il secondo argomento.

230    Con il suo terzo argomento, la Repubblica ceca ritiene che l’esclusione dei beneficiari che hanno ricevuto una sanzione amministrativa ridotta dal campione di beneficiari oggetto di un controllo standard sia contraria all’articolo 34, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 809/2014, che consente di escludere dal campione di controllo solo i beneficiari la cui domanda è risultata inammissibile.

231    L’articolo 34, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 809/2014 è così formulato:

«Le domande risultate non ricevibili o i richiedenti risultati non ammissibili al pagamento al momento della presentazione o dopo i controlli amministrativi o in loco non fanno parte della popolazione di controllo».

232    A tal riguardo, occorre considerare che l’esclusione dal campione di controllo delle domande o dei richiedenti ritenuti inammissibili, ai sensi dell’articolo 34, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 809/2014, è irrilevante nella presente causa, nella quale si tratta di determinare l’ambito di applicazione dei controlli standard e dei controlli di follow-up in loco che, per definizione, presuppongono che i richiedenti inclusi nel campione di controllo siano considerati ammissibili e possano quindi essere oggetto di un controllo standard o di un controllo di follow-up in loco.

233    Occorre quindi respingere il terzo argomento e, pertanto, la prima parte del terzo motivo nella sua integralità.

2.      Sulla seconda parte del terzo motivo, vertente sulla violazione, da parte della Commissione, dellarticolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 1306/2013 e del principio di proporzionalità, in quanto limporto della rettifica finanziaria impugnata riferentesi allasserita violazione concernente la selezione del campione di controllo riguardante i controlli standard non corrisponde alla gravità della non conformità contestata

234    Con la seconda parte del terzo motivo, la Repubblica ceca fa valere che la Commissione ha violato l’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 1306/2013 e il principio di proporzionalità, in quanto l’importo della rettifica finanziaria impugnata relativo alla violazione concernente la selezione del campione di controllo relativo ai controlli standard, che ammonta a EUR 18 833,24, non corrisponde alla gravità della non conformità contestata.

235    Più in particolare, la Repubblica ceca fa valere che, per giungere a tale importo, la Commissione si è fondata:

–        per l’anno 2017, sul calcolo numerico del danno causato al bilancio dell’Unione dalla violazione riguardante la selezione del campione di controllo relativo ai controlli standard, pari a EUR 6 277,75;

–        per gli anni 2015 e 2016, sull’ipotesi secondo cui il danno calcolato per il 2017 si sarebbe verificato in modo ugnale nel 2015 e nel 2016, mentre, secondo la Repubblica ceca, si tratta di un’ipotesi non suffragata e che non è fondata su alcun elemento di fatto e di diritto.

236    La Commissione contesta la seconda parte del terzo motivo.

237    In via preliminare, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 1306/2013, la Commissione valuta gli importi da escludere dal finanziamento dell’Unione tenendo conto, in particolare, della gravità dell’inosservanza constatata, della natura dell’inosservanza e del danno finanziario causato all’Unione.

238    Inoltre, secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 108, il principio di proporzionalità richiede, come principio generale del diritto dell’Unione, che gli atti delle istituzioni dell’Unione non eccedano i limiti di quanto è opportuno e necessario per raggiungere lo scopo perseguito. Pertanto, in caso di scelta tra più misure appropriate, si dovrebbe utilizzare la meno restrittiva e gli svantaggi causati non devono essere sproporzionati rispetto agli obiettivi perseguiti.

239    Occorre altresì ricordare che, secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 115, incombe alla Commissione, quando contesta i risultati delle verifiche effettuate dalle autorità nazionali e al fine di provare l’esistenza di una violazione delle norme della PAC, corroborare con elementi probatori i dubbi seri e ragionevoli da essa espressi a proposito dei controlli effettuati dalle autorità nazionali o i dati da esse trasmessi. Pertanto, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 116, se la Commissione esprime un dubbio serio e ragionevole, è compito dello Stato membro fornire la prova più circostanziata ed esauriente della veridicità dei propri controlli o dei propri dati nonché, eventualmente, dell’inesattezza delle affermazioni della Commissione.

240    Orbene, nel caso di specie, la Commissione non ha presentato alcun elemento di prova che consenta di ritenere che il dubbio che essa nutriva, quanto alla possibilità che il pregiudizio finanziario di EUR 6 277,75 causato all’Unione nel corso del 2017 si sia verificato anche nel 2015 e nel 2016, costituisca un dubbio serio e ragionevole ai sensi della giurisprudenza.

241    In primo luogo, nelle conclusioni preliminari, nelle conclusioni finali e nella relazione di sintesi, la Commissione si è limitata ad indicare che l’importo della rettifica finanziaria impugnata relativa alla violazione concernente la selezione del campione di controllo relativo ai controlli standard, pari a EUR 18 833,24, copriva anche il rischio di non recuperare retroattivamente i pagamenti irregolari per gli anni 2015 e 2016.

242    Tuttavia, essa non ha fornito alcun elemento di prova che consenta di comprendere perché il pregiudizio verificatosi nel 2017 avrebbe potuto verificarsi anche nel 2015 e nel 2016 e darebbe luogo a un obbligo di recupero retroattivo.

243    In secondo luogo, a sostegno della sua posizione, la Commissione ha fatto riferimento, nelle conclusioni preliminari, all’articolo 3 del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (GU 1995, L 312, pag. 1), che giustificava, a suo avviso, il trattamento retroattivo delle somme indebitamente versate agli agricoltori.

244    Orbene, l’articolo 3 del regolamento n. 2988/95 prevede che, ai fini della tutela degli interessi finanziari dell’Unione, il termine di prescrizione delle azioni giudiziarie per pagamenti indebiti è di quattro anni a decorrere dall’insorgere dell’irregolarità che ha causato un pregiudizio finanziario all’Unione, mentre le normative settoriali possono prevedere un termine inferiore che non può essere inferiore a tre anni.

245    Secondo la giurisprudenza, adottando il regolamento n. 2988/95 e, in particolare, l’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, di quest’ultimo, il legislatore dell’Unione ha inteso stabilire una norma generale sulla prescrizione applicabile in materia, con la quale intendeva, da una parte, definire un termine minimo applicato in tutti gli Stati membri, e, d’altra parte, rinunciare alla possibilità del recupero di somme indebitamente percepite dal bilancio dell’Unione dopo lo spirare di un periodo di quattro anni successivo al compimento delle irregolarità che colpiscono i pagamenti controversi. Ne consegue che, a partire dalla data di entrata in vigore del regolamento n. 2988/95, qualsiasi vantaggio indebitamente percepito dal bilancio dell’Unione può, in linea di principio e fatta eccezione per i settori per i quali il legislatore dell’Unione ha previsto un termine inferiore, essere recuperato dalle autorità competenti degli Stati membri entro un termine di quattro anni (sentenze del 29 gennaio 2009, Josef Vosding SchlachT‑, Kühl- und Zerlegebetrieb e a., da C‑278/07 a C‑280/07, EU:C:2009:38, punto 27, e del 29 marzo 2012, Pfeifer & Langen, C‑564/10, EU:C:2012:190, punto 37).

246    Il riferimento a tale disposizione non è quindi pertinente nel caso di specie, in quanto non consente di comprendere la ragione per cui il pregiudizio per il bilancio dell’Unione verificatosi nel 2017 si sarebbe verificato anche nel 2015 e nel 2016.

247    In terzo luogo, per giustificare le sue affermazioni, la Commissione fa riferimento per la prima volta nel controricorso all’articolo 63 del regolamento n. 1306/2013 e all’articolo 7 del regolamento di esecuzione n. 809/2014, che giustificano a suo avviso perseguire retroattivamente i pagamenti indebiti.

248    Orbene, secondo una giurisprudenza costante, la Commissione deve indicare, in modo sufficientemente preciso, l’oggetto dell’indagine condotta e le carenze constatate nel corso di tale indagine nella comunicazione inviata sulla base dell’articolo 34, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione n. 908/2014 (sentenza del 7 settembre 2022, Slovacchia/Commissione, T‑40/21, non pubblicata, EU:T:2022:515, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

249    Inoltre, la Commissione non può integrare la motivazione della decisione impugnata in corso di giudizio (v., in tal senso, sentenze del 24 maggio 2007, Duales System Deutschland/Commissione, T‑289/01, EU:T:2007:155, punto 132, e del 15 dicembre 2021, Oltchim/Commissione, T‑565/19, EU:T:2021:904, punto 275).

250    Ne consegue che, nei limiti in cui, nella lettera di constatazione nonché nei documenti successivi da essa trasmessi alla Repubblica ceca nell’ambito del procedimento di verifica di conformità che ha dato luogo alla decisione impugnata, la Commissione non ha fatto riferimento né all’articolo 63 del regolamento n. 1306/2013 né all’articolo 7 del regolamento di esecuzione n. 809/2014, essa non può fondarsi su tali disposizioni per suffragare le sue affermazioni relative all’esistenza, nel 2015 e nel 2016, di un danno finanziario per il bilancio dell’Unione di importo pari a quello verificatosi nel 2017.

251    In ogni caso, anche ammesso che la Commissione potesse suffragare le sue affermazioni sulla base dell’articolo 63 del regolamento n. 1306/2013 e dell’articolo 7 del regolamento di esecuzione n. 809/2014, tali disposizioni non forniscono la prova che il dubbio da essa espresso, quanto all’esistenza, nel 2015 e nel 2016, di un danno finanziario per il bilancio dell’Unione di importo pari a quello verificatosi nel 2017, costituisca un dubbio serio e ragionevole ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 115.

252    Infatti, l’articolo 63 del regolamento n. 1306/2013 e l’articolo 7 del regolamento di esecuzione n. 809/2014 prescrivono la procedura da seguire e i termini per il recupero dei pagamenti indebiti, ma non contengono alcun elemento che consenta di suffragare l’affermazione della Commissione secondo cui la violazione riguardante la selezione del campione di controllo relativa ai controlli standard verificatasi nel 2017 si era necessariamente verificata anche nel 2015 e nel 2016.

253    In tali circostanze, si deve ritenere che la Commissione non abbia dimostrato che il dubbio da essa espresso in merito all’esistenza, nel 2015 e nel 2016, di un pregiudizio finanziario uguale a quello verificatosi nel 2017 fosse serio e ragionevole ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 115.

254    Di conseguenza, occorre accogliere la seconda parte del terzo motivo e, pertanto, annullare la decisione impugnata nella parte in cui riguarda l’imposizione, da parte della Commissione alla Repubblica ceca, della rettifica finanziaria impugnata relativa alla violazione concernente la selezione del campione di controllo attinente ai controlli standard, di importo pari a EUR 18 833,24.

D.      Sul quarto motivo, che contesta la violazione relativa al recupero dei pagamenti indebiti

255    Il quarto motivo, con cui si contesta la violazione relativa al recupero dei pagamenti indebiti, si articola in due parti.

256    Con la prima parte del quarto motivo, la Repubblica ceca sostiene che la Commissione ha violato l’articolo 63 del regolamento n. 1306/2013 e l’articolo 7 del regolamento di esecuzione n. 809/2014, giacché, nell’ambito dell’indagine, essa ha ritenuto che le autorità ceche avrebbero dovuto, mediante il SIPA, verificare l’ammissibilità di una superficie agricola non solo per l’anno coperto dalla procedura di recupero dei pagamenti indebiti, ma anche per gli anni precedenti.

257    A questo proposito, la Repubblica ceca sostiene che l’articolo 63 del regolamento n. 1306/2013 e l’articolo 7 del regolamento di esecuzione n. 809/2014 stabiliscono la procedura da seguire per il recupero delle somme indebitamente versate agli agricoltori per superfici non ammissibili all’aiuto. Orbene, tali disposizioni non riguardano, secondo la Repubblica ceca, la diversa questione relativa al se e al come gli Stati membri siano tenuti a determinare se una superficie inammissibile alla fruizione dell’aiuto nel corso di un anno lo fosse anche negli anni precedenti.

258    Ne consegue, secondo la Repubblica ceca, che, conformemente all’articolo 63 del regolamento n. 1306/2013 e all’articolo 7 del regolamento di esecuzione n. 809/2014, essa era tenuta ad eliminare, al momento dell’aggiornamento annuale del SIPA, le superfici inammissibili alla fruizione dell’aiuto per le quali era in corso una procedura di recupero, ma non era tenuta a verificare se le stesse superfici fossero parimenti inammissibili negli anni precedenti e se gli eventuali aiuti pagati per tali anni dovessero essere oggetto di recupero.

259    La Commissione contesta tale parte.

260    In via preliminare, occorre rilevare che, per quanto riguarda la violazione relativa al recupero dei pagamenti indebiti, la Commissione ha imposto alla Repubblica ceca:

–        per il regime RPUS, una rettifica finanziaria di EUR 17 855 884,41;

–        per il regime inverdimento, una rettifica finanziaria di EUR 7 832 400;

–        per il regime RGA, una rettifica forfettaria del 2% sul 100% delle spese sostenute in violazione delle norme del diritto dell’Unione.

261    Tuttavia, le rettifiche imposte per i regimi inverdimento e RGA sono state assorbite dalla rettifica inflitta per la violazione relativa all’identificazione dei prati permanenti oggetto del secondo motivo.

262    Di conseguenza, come confermato dalle parti nelle loro risposte a una misura di organizzazione del procedimento e a un quesito posto dal Tribunale all’udienza, nei limiti in cui il secondo motivo di ricorso è respinto, il quarto motivo di ricorso deve essere considerato inconferente nella parte in cui riguarda l’imposizione di rettifiche finanziarie per i regimi di inverdimento e RGA. Infatti, poiché le rettifiche relative ai regimi inverdimento e RGA sono state assorbite dalla rettifica relativa alla violazione riguardante l’identificazione dei prati permanenti, il loro esame è irrilevante ai fini della valutazione della fondatezza dell’imposizione della rettifica finanziaria impugnata.

263    Per quanto riguarda la rettifica imposta per il regime RPUS, anzitutto, occorre rilevare che l’articolo 63 del regolamento n. 1306/2013 prevede, in sostanza, che, qualora si constati che un beneficiario non rispetta le condizioni per la concessione dell’aiuto, lo Stato membro interessato non versa l’aiuto o lo ritira in tutto o in parte e gli importi, compresi i relativi interessi, devono essere recuperati. La stessa disposizione enuncia che, qualora la legislazione settoriale agricola lo preveda, gli Stati membri impongono sanzioni amministrative. Inoltre, l’articolo 7 del regolamento di esecuzione n. 809/2014 dispone, in sostanza, che, in caso di pagamento indebito, il beneficiario interessato ha l’obbligo di rimborsare gli importi in questione eventualmente maggiorati di interessi.

264    Ne consegue che l’articolo 63 del regolamento n. 1306/2013 e l’articolo 7 del regolamento di esecuzione n. 809/2014 non impongono agli Stati membri l’obbligo di verificare, retroattivamente, se una superficie non ammissibile all’aiuto nel corso di un anno lo fosse anche negli anni precedenti.

265    Occorre poi ricordare che dall’articolo 3 del regolamento n. 2988/95 non risulta l’asserito obbligo degli Stati membri di effettuare un controllo retroattivo dell’ammissibilità di una superficie. Come indicato al precedente punto 244, tale disposizione si limita, infatti, a indicare che il termine di prescrizione delle azioni giudiziarie per pagamenti indebiti è di quattro anni, salvo che la normativa settoriale preveda un termine inferiore di tre anni.

266    Occorre, infine, rilevare che, è vero che nella sentenza del 7 settembre 2022, Slovacchia/Commissione (T‑40/21, non pubblicata, EU:T:2022:515, punti 54 e 55), il Tribunale ha indicato che, sulla base delle informazioni contenute nella lettera di constatazione inviata dalla Commissione sul fondamento dell’articolo 34, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione n. 908/2014, la Slovacchia avrebbe dovuto includere nella valutazione del rischio potenziale per il FEAGA, per gli anni di domanda 2015 e 2016, l’impatto finanziario del mancato recupero degli aiuti indebitamente versati a titolo dei tre anni di domanda precedenti. Tuttavia, il Tribunale ha precisato che il fatto che il calcolo del rischio corso dal FEAGA per quanto riguarda gli anni di domanda 2015 e 2016 doveva prendere in considerazione l’impatto dell’assenza di procedura di recupero per i pagamenti indebitamente effettuati a titolo dei tre anni di domanda precedenti risultava da una particolarità del sistema di controllo slovacco che le autorità di tale Stato non potevano ignorare. Pertanto, da detta sentenza non risulta un obbligo a carico dello Stato membro di verificare, retroattivamente, se una superficie non ammissibile al beneficio dell’aiuto nel corso di un anno lo fosse anche negli anni precedenti.

267    Ne consegue che la prima parte del quarto motivo deve essere accolta.

268    Di conseguenza, senza che sia necessario esaminare la seconda parte del quarto motivo, occorre annullare la decisione impugnata nella parte vertente sulla rettifica finanziaria applicata alle spese effettuate dalla Repubblica ceca nell’ambito del regime RPUS, in relazione all’asserita violazione concernente il recupero dei pagamenti indebiti, per un importo di EUR 17 855 884,41.

E.      Sul quinto motivo, che contesta la violazione relativa alla presentazione tardiva della domanda

269    Con il suo quinto motivo, la Repubblica ceca fa valere l’illegittimità dell’imposizione, da parte della Commissione, della rettifica finanziaria impugnata riferentesi alla violazione riguardante la presentazione tardiva della domanda a causa della mancata applicazione della riduzione dell’1% per le domande di aiuto o di pagamento depositate online senza firma elettronica entro i termini previsti dall’articolo 13 del regolamento n. 640/2014 e completate, entro i cinque giorni successivi presso l’ufficio competente, con la firma autografa del richiedente.

270    A sostegno di tale motivo, la Repubblica ceca deduce quattro argomenti.

271    In primo luogo, la Repubblica ceca sostiene che nessuna disposizione del diritto dell’Unione osta alla possibilità che una domanda presentata online sia, successivamente, integrata di persona con la firma autografa del richiedente. A tal riguardo, la Repubblica ceca rileva che l’articolo 13 del regolamento n. 640/2014 precisa la procedura da seguire in caso di presentazione tardiva di una domanda di aiuto o di pagamento, ma non dispone che le domande presentate online e successivamente completate, di persona, con firma autografa del richiedente costituiscano domande tardive. Inoltre, essa ritiene che l’articolo 72 del regolamento n. 1306/2013 non includa la firma del richiedente tra gli elementi obbligatori della domanda.

272    In secondo luogo, la Repubblica ceca fa valere che, nel suo diritto nazionale, la firma, apposta di persona dal richiedente, della domanda presentata online è necessaria per l’autenticazione della presentazione, ma non costituisce una condizione di ammissibilità della domanda. La firma autografa consentirebbe, infatti, di verificare che il soggetto che presenta la domanda sia quello per il quale è presentata la domanda [articolo 37, paragrafo 4, del codice amministrativo ceco (Zákon č. 500/2004 Sb., správní řád)].

273    In terzo luogo, la Repubblica ceca rileva che, nel suo diritto nazionale, il solo elemento che il richiedente può aggiungere alla domanda presentata online è la sua firma autografa, che deve essere apposta, presso l’ufficio competente, entro cinque giorni dalla presentazione online della domanda. Orbene, non potrebbe essere effettuata alcuna integrazione o alcuna modifica della domanda né tra il momento della presentazione online della domanda e quello della firma apposta di persona dal richiedente, né al momento della firma apposta di persona dal richiedente.

274    In quarto luogo, la Repubblica ceca sostiene che l’autenticazione di persona, da parte del richiedente, della presentazione di una domanda già effettuata online è un meccanismo comune nel diritto dell’Unione, previsto, in particolare, dall’articolo 57, paragrafo 7, del regolamento di procedura della Corte.

275    La Commissione contesta detti argomenti.

276    Per quanto riguarda gli argomenti primo e secondo, esposti dalla Repubblica ceca, che è opportuno esaminare congiuntamente, si deve ritenere che spetti agli Stati membri definire le norme che stabiliscono, nel loro diritto nazionale, le modalità di presentazione delle domande di aiuto e di pagamento, modalità che tuttavia devono essere compatibili con il diritto dell’Unione.

277    A tal riguardo, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 13 del regolamento n. 640/2014, le domande di aiuto o di pagamento presentate dopo il termine fissato dalla Commissione danno luogo all’applicazione della riduzione dell’1%.

278    Peraltro, l’indicazione dell’identità del beneficiario dell’aiuto fa parte delle informazioni che la domanda di aiuto o di pagamento deve contenere per essere considerata ammissibile, sempre che sia stata presentata entro i termini fissati conformemente all’articolo 13 del regolamento n. 640/2014. Infatti, sebbene l’articolo 72 del regolamento n. 1306/2013 non includa la firma del richiedente tra gli elementi che devono essere contenuti in una domanda di aiuto o di pagamento, esso prevede che tale domanda contenga «ogni altra informazione prevista dal presente regolamento o richiesta per l’attuazione della corrispondente legislazione settoriale agricola o richiesta dallo Stato membro interessato». A tal riguardo, l’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 809/2014, recante modalità di applicazione del regolamento n. 1306/2013, precisa che, per essere considerata ammissibile, una domanda di aiuto o di pagamento deve contenere, in particolare, l’identità del beneficiario.

279    Orbene, dalle memorie delle parti risulta che, secondo il diritto ceco, la firma autografa della domanda è una formalità obbligatoria, in mancanza della quale la domanda non è accolta. Infatti, come indicato dalle autorità ceche nelle loro osservazioni del 1º ottobre 2018 sul verbale della riunione bilaterale, la presentazione online, senza firma elettronica, di una domanda deve essere confermata da una firma autografa nei cinque giorni successivi. In tale ipotesi, se il richiedente firma, presso l’ufficio competente, nei termini e nella forma prescritti dalla legge, la data di presentazione della domanda è considerata quella della sua presentazione online. Tuttavia, se il richiedente non firma personalmente la domanda o non lo fa nella forma prevista dalla legge, la domanda è considerata irricevibile e non viene presa in considerazione dalle autorità competenti.

280    Ne consegue che la firma autografa della domanda depositata online senza firma elettronica non assolve soltanto, come rilevano le autorità ceche, la funzione di autenticazione della presentazione della domanda, ma costituisce altresì una condizione di ammissibilità della domanda. Sono, infatti, trattate dalle autorità competenti solo le domande completate con la firma autografa del richiedente apposta di persona.

281    Di conseguenza, sebbene, nel caso di specie, le domande fossero state presentate online senza firma elettronica entro i termini previsti dall’articolo 13 del regolamento n. 640/2014, esse non contenevano la firma autografa dei richiedenti, che era tuttavia un’informazione determinante per verificare l’identità di questi ultimi e per decidere sulla loro ammissibilità, ai sensi dell’articolo 72 del regolamento n. 1306/2013, in combinato disposto con l’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 809/2014.

282    In tali circostanze, si deve ritenere che, poiché, alla data del loro deposito online, nelle domande mancava un elemento essenziale per decidere sulla loro ammissibilità e che tale elemento, vale a dire la firma autografa dei richiedenti, era stato apposto dopo la scadenza dei termini previsti dall’articolo 13 del regolamento n. 640/2014, dette domande erano tardive, il che avrebbe dovuto dar luogo all’applicazione della riduzione dell’1%.

283    Occorre quindi respingere gli argomenti primo e secondo.

284    Per quanto riguarda il terzo argomento, si deve ritenere che esso sia privo di pertinenza nel caso di specie. Infatti, sebbene, tra la data di presentazione online e quella della firma di persona del richiedente, il contenuto delle domande di aiuto o di pagamento non sia stato oggetto di modifiche, tali domande erano incomplete alla data della loro presentazione online, tenuto conto della mancanza della firma e non soddisfacevano quindi i criteri di ammissibilità previsti dal diritto dell’Unione.

285    Il terzo argomento deve pertanto essere respinto.

286    Per quanto riguarda il quarto argomento, occorre rilevare che è parimenti irrilevante nel caso di specie la circostanza che la Corte autorizzi, all’articolo 57, paragrafo 7, del suo regolamento di procedura, che l’originale firmato degli atti processuali sia depositato in cancelleria dalle parti entro dieci giorni dall’invio della copia di tale documento. In ogni caso, la situazione contemplata dall’articolo 57, paragrafo 7, del regolamento di procedura della Corte differisce da quella di cui trattasi, in quanto, ai sensi di tale disposizione, il documento originale trasmesso dalle parti alla Corte entro un termine di dieci giorni deve essere lo stesso documento trasmesso in precedenza, anche per quanto riguarda la sua sottoscrizione che deve essere stata apposta al momento dell’invio della copia degli atti processuali.

287    Occorre quindi respingere il quarto argomento e, pertanto, il quinto motivo nel suo complesso.

F.      Sul sesto motivo, che contesta il regime della disciplina finanziaria

288    Con tale motivo, la Repubblica ceca fa valere che la Commissione ha violato l’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 1306/2013 e il principio di proporzionalità, in quanto la rettifica forfettaria del 2% che essa le ha imposto nell’ambito del regime della disciplina finanziaria non corrisponde alla gravità della non conformità rilevata.

289    La Commissione contesta tale motivo.

290    In via preliminare, occorre rilevare che la procedura di disciplina finanziaria, prevista agli articoli 25 e 26 del regolamento n. 1306/2013 e all’articolo 8 del regolamento n. 1307/2013, si distingue dalla procedura di verifica di conformità prevista all’articolo 52 del regolamento n. 1306/2013 e all’articolo 34 del regolamento di esecuzione n. 908/2014.

291    Infatti, la procedura di verifica di conformità mira a consentire alla Commissione, a seguito di un procedimento in contraddittorio, di escludere dal finanziamento dell’Unione spese effettuate da uno Stato membro in violazione del diritto dell’Unione.

292    Il regime della disciplina finanziaria, dal canto suo, ha lo scopo di consentire agli Stati membri di trasferire alla Commissione stanziamenti inizialmente destinati ai pagamenti diretti agli agricoltori al fine di costituire una riserva finanziaria intesa a finanziare un’eventuale crisi che potrebbe verificarsi nel settore agricolo. Tuttavia, se tali stanziamenti non sono utilizzati, essi sono restituiti, negli anni successivi, dalla Commissione agli Stati membri che li trasferiscono successivamente agli agricoltori inizialmente interessati da una riduzione dei pagamenti diretti ai quali essi avevano diritto.

293    Nel caso di specie, il rimborso dei crediti inizialmente prelevati agli agricoltori, a titolo del regime della disciplina finanziaria, è stato applicato dalla Commissione alla Repubblica ceca mediante regolamenti di rimborso.

294    A sostegno del suo motivo, la Repubblica ceca deduce due argomenti.

295    Con il suo primo argomento, la Repubblica ceca fa valere che, nei limiti in cui la rettifica forfettaria imposta nell’ambito del regime della disciplina finanziaria rispecchia le rettifiche che sono state applicate, dalla Commissione, nell’ambito dell’indagine per i regimi RPUS, RGA, inverdimento e SCF, il suo importo dovrebbe essere identico a quello delle rettifiche imposte per ciascuno di tali regimi. Orbene, la Repubblica ceca rileva che, per il regime SCF, la Commissione ha applicato, nell’ambito dell’indagine, una rettifica forfettaria del 5% sul 10% delle spese effettuate in violazione di tale regime. Ne consegue, secondo la Repubblica ceca, che la stessa rettifica del 5% sul 10% delle spese effettuate avrebbe dovuto essere applicata dalla Commissione in sede di determinazione, per il regime SCF, dell’importo della rettifica forfettaria imposta nell’ambito del regime della disciplina finanziaria.

296    A tal riguardo, è pacifico che, nel caso di specie, nell’ambito del procedimento di verifica di conformità che ha dato luogo alla decisione impugnata, le autorità ceche hanno fornito alla Commissione una linea di bilancio unica per tutti i regimi di aiuti oggetto della disciplina finanziaria. Ciò significa che le autorità ceche non hanno indicato, per ciascun regime di aiuto, l’importo del credito che è stato prima versato alla Commissione e poi trasferito loro dalla Commissione attraverso i regolamenti di rimborso, ma hanno fatto riferimento a un unico importo per tutti i diversi regimi di aiuto. È quindi tale importo unico che la Commissione ha preso in considerazione per determinare l’importo della rettifica forfettaria imposta nell’ambito del regime della disciplina finanziaria.

297    Tuttavia, nella domanda di conciliazione del 4 febbraio 2020, la Repubblica ceca ha contestato alla Commissione di non aver applicato, in sede di calcolo della rettifica forfettaria relativa al regime della disciplina finanziaria per il regime SCF, una rettifica ridotta corrispondente a quella del 5% sul 10% delle spese effettuate in violazione del diritto dell’Unione che essa aveva applicato, per questo stesso regime, nell’ambito dell’indagine.

298    Orbene, né nella lettera del 13 novembre 2020, che ha fatto seguito alla ricezione della relazione dell’organo di conciliazione, né nei loro scambi successivi, le autorità ceche hanno fornito alla Commissione informazioni che le consentissero di distinguere con precisione, all’interno dell’unica voce di bilancio relativa agli stanziamenti oggetto dei regolamenti di rimborso, la parte relativa al regime SCF.

299    In tali circostanze, la Commissione ha deciso, nelle conclusioni finali e nella relazione di sintesi, di applicare una rettifica forfettaria unica del 2% sull’insieme degli stanziamenti che erano stati oggetto della procedura di disciplina finanziaria.

300    A tal riguardo, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 1306/2013 e all’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato n. 907/2014, la Commissione fonda l’esclusione di una spesa dal finanziamento dell’Unione sull’identificazione degli importi indebitamente spesi solo se questi possono essere determinati con uno sforzo proporzionato.

301    Peraltro, secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 108, il principio di proporzionalità esige che gli atti delle istituzioni dell’Unione non vadano oltre quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefisso.

302    Orbene, nel caso di specie, la Repubblica ceca non ha fornito alla Commissione informazioni che le consentano di individuare, all’interno della voce di bilancio relativa agli stanziamenti che sono stati oggetto dei regolamenti di rimborso, la parte relativa al regime SCF. Pertanto, la Commissione ha correttamente deciso, apprestando sforzi proporzionati, conformemente all’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 1306/2013, all’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato n. 907/2014 e al principio di proporzionalità, di applicare, a titolo del regime della disciplina finanziaria, una rettifica forfettaria unica per tutti i regimi di aiuto.

303    Il primo argomento deve pertanto essere respinto.

304    Con il suo secondo argomento, la Repubblica ceca fa valere che, se il Tribunale dovesse annullare, in tutto o in parte, le rettifiche per i regimi RPUS, RGA, inverdimento e SCF imposte dalla Commissione nell’ambito della procedura di verifica di conformità che ha portato all’adozione della decisione impugnata, esso dovrebbe altresì annullare, in modo automatico e generalizzato, per un importo corrispondente, la rettifica imposta nell’ambito del regime della disciplina finanziaria, dal momento che quest’ultima non corrisponderebbe più al danno finanziario asseritamente causato al bilancio dell’Unione.

305    A tal riguardo, occorre rilevare che l’imposizione di una rettifica nell’ambito del regime della disciplina finanziaria è legata alle rettifiche imposte dalla Commissione nell’ambito della procedura di verifica di conformità per i regimi di aiuto oggetto della disciplina finanziaria. Infatti, per garantire, per quanto possibile, la corrispondenza tra i pagamenti diretti versati ogni anno agli agricoltori e i crediti prelevati su tali pagamenti in base alla disciplina finanziaria, che saranno eventualmente rimborsati a tali agricoltori negli anni successivi, se la Commissione impone, nell’ambito della procedura di verifica di conformità, una rettifica per irregolarità rilevate nei pagamenti diretti, essa è altresì tenuta ad imporre una rettifica sugli stanziamenti oggetto della disciplina finanziaria.

306    Tuttavia, non può essere individuato alcun automatismo tra l’applicazione da parte della Commissione, nell’ambito della procedura di verifica di conformità, di una rettifica per un determinato regime di aiuti e l’imposizione da parte di quest’ultima di una rettifica per le somme provenienti da quello stesso regime di aiuto che sono state oggetto di un rimborso agli Stati membri a titolo della disciplina finanziaria.

307    In primo luogo, conformemente all’articolo 26 del regolamento n. 1306/2013, gli importi trasferiti alla Commissione, a titolo della disciplina finanziaria, sono restituiti, se del caso, agli agricoltori applicando un tasso di adattamento fisso, che si applica a tutti i pagamenti effettuati nell’ambito dei vari regimi di aiuto.

308    Pertanto, l’importo della rettifica nell’ambito del regime della disciplina finanziaria è calcolato dalla Commissione in modo forfettario per tutti i regimi di aiuto e non è necessariamente legato all’importo della rettifica da essa imposta, nell’ambito della procedura di verifica di conformità, per irregolarità rilevate nei pagamenti diretti versati agli agricoltori in relazione a un regime di aiuti specifico.

309    In secondo luogo, come indicato al precedente punto 302, la possibilità, per la Commissione, di individuare, dispiegando sforzi proporzionati, tra gli stanziamenti oggetto della disciplina finanziaria, quelli che si riferiscono a ciascun regime di aiuti interessato dalla procedura di verifica di conformità dipende dalle informazioni disponibili fornite, in ciascun caso di specie, dagli Stati membri.

310    Pertanto, non si può sostenere che l’annullamento totale o parziale della rettifica finanziaria impugnata per un determinato regime di aiuti comporti in modo automatico e generalizzato quello della rettifica forfettaria nell’ambito del regime della disciplina finanziaria.

311    Occorre quindi respingere il secondo argomento e, pertanto, il sesto motivo nel suo complesso.

312    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre annullare la decisione impugnata nella parte in cui impone alla Repubblica ceca la rettifica finanziaria impugnata a causa, da un lato, della violazione concernente la selezione del campione di controllo relativo ai controlli standard, per un importo di EUR 18 833,24, nonché, dall’altro, della violazione relativa al recupero dei pagamenti non dovuti, per un importo di EUR 17 855 884,41, e respingere il ricorso quanto al resto.

IV.    Sulle spese

313    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Poiché il ricorso è stato parzialmente accolto, occorre decidere che ciascuna parte si farà carico delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione di esecuzione (UE) 2021/2020 della Commissione del 17 novembre 2021 che esclude dal finanziamento dell’Unione europea alcune spese sostenute dagli Stati membri a titolo del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) è annullata nella parte in cui impone alla Repubblica ceca una rettifica finanziaria, da un lato, per la violazione delle disposizioni del diritto dell’Unione in materia di selezione del campione dei beneficiari di un aiuto che deve essere oggetto di un controllo standard, per un importo di EUR 18 833,24 e, d’altro lato, per le carenze nel controllo diretto a verificare se una superficie non ammissibile al godimento dell’aiuto in un anno lo fosse anche negli anni precedenti e dovesse dar luogo all’avvio di un procedimento di recupero dei pagamenti non dovuti nell’ambito del regime di pagamento unico alla superficie, per un importo di EUR 17 855 884,41.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      La Repubblica ceca e la Commissione europea si faranno carico ciascuna delle proprie spese.

Jaeger

Nihoul

Verschuur

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 6 dicembre 2023.

Firme


*      Lingua processuale: il ceco.