Language of document : ECLI:EU:T:2018:972

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata)

14 dicembre 2018 (*)

«Funzione pubblica – Funzionari – Articolo 42 quater dello Statuto – Collocamento in congedo nell’interesse del servizio – Parità di trattamento – Divieto di discriminazione in base all’età – Errore manifesto di valutazione – Responsabilità»

Nella causa T‑750/16,

FV, ex funzionario del Consiglio dell’Unione europea, rappresentata inizialmente da L. Levi e A. Tymen, successivamente da L. Levi, avvocati,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Bauer e R. Meyer, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da

Parlamento europeo, rappresentato da A. Troupiotis e J.A. Steele, in qualità di agenti,

e da

Commissione europea, rappresentata da G. Berscheid e D. Martin, in qualità di agenti,

intervenienti,

avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 270 TFUE e diretta, da un lato, all’annullamento della decisione del Consiglio dell’8 dicembre 2015 con la quale la ricorrente è stata collocata in congedo nell’interesse del servizio sul fondamento dell’articolo 42 quater dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea e, in quanto necessario, della decisione del 19 luglio 2016 con cui è stato respinto il reclamo presentato dalla ricorrente e, dall’altro, al risarcimento del preteso danno subito dalla ricorrente,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata),

composto da M. Prek, presidente, E. Buttigieg (relatore), F. Schalin, B. Berke e M.J. Costeira, giudici,

cancelliere: M. Marescaux, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 luglio 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

1        Lo Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto») è stato modificato, in particolare, dal regolamento (UE, Euratom) n. 1023/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013 (GU 2013, L 287, pag. 15).

2        Il primo, il terzo, il settimo e il dodicesimo considerando del regolamento n. 1023/2013 sono così formulati:

«(1)      L’Unione europea e le sue oltre 50 istituzioni e agenzie dovrebbero continuare a dotarsi di un’amministrazione pubblica europea di alta qualità per poter raggiungere i propri obiettivi, attuare le proprie politiche e attività e svolgere le proprie funzioni secondo lo standard più elevato possibile conformemente ai trattati per affrontare le sfide interne ed esterne a cui sarà chiamata a far fronte in futuro nonché servire i cittadini dell’Unione.

(…)

(3)      Tenendo conto delle dimensioni della funzione pubblica europea se rapportate agli obiettivi dell’Unione e alla sua popolazione, è opportuno che una riduzione del personale delle istituzioni e delle agenzie dell’Unione non arrechi pregiudizio allo svolgimento dei loro compiti, mansioni e funzioni conformemente agli obblighi e alle prerogative previsti dai trattati. A questo proposito, è necessaria una maggiore trasparenza per quanto riguarda i costi per il personale sostenuti da ciascuna istituzione e agenzia riguardo a tutte le categorie di personale da esse impiegato.

(…)

(7)      Un obiettivo più ampio dovrebbe essere rappresentato dall’ottimizzazione della gestione delle risorse umane in una funzione pubblica europea caratterizzata da eccellenza, competenza, indipendenza, lealtà, imparzialità e stabilità, nonché dalla diversità culturale e linguistica e da condizioni di assunzione attraenti.

(…)

(12)      Nelle conclusioni dell’8 febbraio 2013 sul quadro finanziario pluriennale il Consiglio europeo ha sottolineato che la necessità di risanare le finanze pubbliche a breve, medio e lungo termine richiede uno sforzo particolare da parte di ogni pubblica amministrazione e del suo personale per migliorare l’efficienza e l’efficacia e adeguarsi al contesto economico in mutamento. Tale richiamo ha ribadito in realtà l’obiettivo della proposta della Commissione del 2011 di modifica dello statuto dei funzionari e del regime applicabile agli altri agenti dell’Unione europea, la quale puntava ad assicurare efficienza in termini di costi e riconosceva che le sfide a cui deve attualmente far fronte l’Unione europea esigono uno sforzo specifico da parte di ciascuna pubblica amministrazione in Europa e di tutto il personale che ne fa parte per migliorare l’efficienza e adeguarsi al contesto socioeconomico in mutamento (…)».

3        L’articolo 1, punto 24, del regolamento n. 1023/2013 ha previsto l’aggiunta, al capo 2 del titolo III dello Statuto, di una sezione 7, dal titolo «Dispensa dall’impiego nell’interesse del servizio», contenente una sola disposizione, l’articolo 42 quater. Ai sensi di tale disposizione:

«Al più presto cinque anni prima dell’età pensionabile del funzionario, con decisione dell’autorità che il potere di nomina, un funzionario che abbia raggiunto un’anzianità di servizio di almeno dieci anni può essere dispensato dall’impiego nell’interesse del servizio sulla base di esigenze organizzative legate all’acquisizione di nuove competenze all’interno delle istituzioni.

Il numero totale dei funzionari che sono ogni anno collocati in congedo nell’interesse del servizio non può eccedere il 5% del numero totale dei funzionari di tutte le istituzioni collocati a riposo l’anno precedente. Il numero totale così calcolato è ripartito alle singole istituzioni sulla base del rispettivo numero di funzionari al 31 dicembre dell’anno precedente. Il risultato di detta ripartizione è arrotondato per eccesso al numero intero più vicino in ciascuna istituzione.

Il congedo non ha carattere di provvedimento disciplinare.

In linea di principio la durata del congedo copre il periodo fino al raggiungimento dell’età pensionabile da parte del funzionario. Tuttavia, in casi eccezionali, l’autorità che ha il potere di nomina può decidere di porre fine al congedo e di reintegrare il funzionario.

Quando il funzionario dispensato dall’impiego nell’interesse del servizio raggiunge l’età pensionabile, è collocato automaticamente a riposo.

La dispensa dall’impiego nell’interesse del servizio è disciplinata dalle norme seguenti:

a)      un altro funzionario può essere assegnato all’impiego occupato dal funzionario;

b)      un funzionario dispensato dall’impiego nell’interesse del servizio non ha diritto agli scatti o alle promozioni di grado.

Il funzionario così dispensato dall’impiego percepisce un’indennità calcolata ai sensi dell’allegato IV.

Su richiesta del funzionario, l’indennità è assoggettata ai contributi al regime pensionistico, calcolati sulla base della suddetta indennità. In tal caso il periodo di servizio di un funzionario dispensato dall’impiego nell’interesse del servizio è preso in considerazione per il calcolo delle annualità ai sensi dell’articolo 2 dell’allegato VIII.

All’indennità non si applica alcun coefficiente correttore».

4        Il regolamento n. 1023/2013 è entrato in vigore il 1o novembre 2013 e l’articolo 42 quater dello Statuto è applicabile dal 1o gennaio 2014.

5        La ricorrente, FV, è un ex funzionario del Consiglio dell’Unione europea. Ella è entrata in servizio in seno al segretariato generale del Consiglio (in prosieguo: lo «SGC») il 1o maggio 1981 in quanto funzionario in prova ed è stata nominata in ruolo il 1o novembre 1981. Nel corso della sua carriera, ella è stata assegnata a vari servizi in seno al Consiglio.

6        [riservato] (1)

7        [riservato]

8        Con la comunicazione al personale n. 71/15, del 23 ottobre 2015 (in prosieguo: la «CP 71/15»), il segretario generale del Consiglio ha fornito informazioni sull’applicazione dell’articolo 42 quater dello Statuto da parte dell’istituzione. Ai sensi di tale comunicazione:

«(…) Le istituzioni dell’UE devono costantemente innovare e modernizzarsi, il che implica che i funzionari devono acquisire nuove competenze e aggiornare le loro conoscenze per adeguarsi ai nuovi cambiamenti. Tali nuove competenze possono essere connesse, ad esempio, a nuovi strumenti informatici, a nuovi sistemi introdotti per la produzione di documenti del Consiglio europeo/del Consiglio, a nuove procedure in materia di appalti pubblici o di controllo contabile interno, a nuovi metodi di lavoro o a nuove modalità di gestione o di organizzazione.

La dispensa dall’impiego nell’interesse del servizio mira a consentire, ai funzionari che provano difficoltà ad acquisire nuove competenze e ad adeguarsi all’evoluzione dell’ambiente di lavoro, di essere collocati in congedo prima di avere raggiunto l’età pensionabile. (…)

Per il 2015, cinque (5) possibilità sono disponibili in seno al Consiglio e al Consiglio europeo (…)»

9        [riservato]

10      [riservato]

11      [riservato]

12      [riservato]

13      [riservato]

14      [riservato]

15      [riservato]

16      [riservato]

17      [riservato]

18      [riservato]

19      [riservato]

20      [riservato]

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

21      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 28 ottobre 2016, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

22      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale in pari data, la ricorrente ha chiesto la concessione dell’anonimato in applicazione dell’articolo 66 del regolamento di procedura del Tribunale. Con decisione del 30 gennaio 2017, il Tribunale ha accolto tale domanda.

23      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 28 novembre 2016, la ricorrente ha chiesto, sul fondamento dell’articolo 66 del regolamento di procedura, che taluni dati figuranti nell’atto introduttivo e nei suoi allegati fossero omessi nei documenti accessibili al pubblico.

24      Il 1o febbraio 2017, il Consiglio ha presentato un controricorso.

25      Con atti depositati nella cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 24 e il 10 febbraio 2017, il Parlamento europeo e la Commissione europea hanno chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

26      Con atti depositati nella cancelleria del Tribunale l’8 marzo 2017, la ricorrente ha chiesto che talune informazioni contenute nell’atto introduttivo e nei suoi allegati fossero sottoposte a trattamento riservato nei confronti del Parlamento e della Commissione ove tali istituzioni fossero ammesse ad intervenire. Ella ha allegato a tale domanda una versione non riservata di tali documenti.

27      Il 20 aprile 2017, la ricorrente ha depositato la replica.

28      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 17 maggio 2017, la ricorrente ha chiesto che talune informazioni contenute nella replica e nei suoi allegati fossero sottoposte a trattamento riservato nei confronti del Parlamento e della Commissione ove tali istituzioni fossero ammesse ad intervenire. Ella ha allegato a tale domanda una versione non riservata di tali documenti.

29      Con ordinanza dell’8 giugno 2017, FV/Consiglio (T‑750/16, non pubblicata, EU:T:2017:420), il Parlamento e la Commissione sono stati ammessi a intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio. Dato che, conformemente all’articolo 144, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la ricorrente ha chiesto il trattamento riservato di talune informazioni contenute nelle dette memorie e nei loro allegati, tale ordinanza ha provvisoriamente limitato la comunicazione degli atti processuali al Parlamento e alla Commissione alle loro versioni non riservate, in attesa delle eventuali osservazioni di tali istituzioni sulle domande di trattamento riservato.

30      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 28 giugno 2017, la Commissione ha contestato la domanda di trattamento riservato relativa all’atto introduttivo e ai suoi allegati. Il Parlamento non ha formulato obiezioni su tale domanda.

31      Il 17 luglio 2017, il Consiglio ha depositato la controreplica.

32      Il 19 e il 12 luglio 2017, il Parlamento e la Commissione hanno rispettivamente depositato la loro memoria di intervento.

33      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 21 agosto 2017, la ricorrente ha chiesto che talune informazioni contenute nella controreplica e nei suoi allegati fossero sottoposte a trattamento riservato nei confronti del Parlamento e della Commissione e ha allegato a tale domanda una versione non riservata di tali documenti.

34      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 1o settembre 2017, il Consiglio ha precisato di non avere osservazioni da formulare sulle memorie di intervento del Parlamento e della Commissione.

35      Con atti depositati nella Cancelleria del Tribunale il 5 settembre 2017, la ricorrente ha presentato le sue osservazioni sulle memorie di intervento del Parlamento e della Commissione.

36      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 25 settembre 2017, la Commissione ha contestato la domanda di trattamento riservato relativa alla controreplica e ai suoi allegati. Il Parlamento non ha formulato obiezioni su tale domanda.

37      Con ordinanza del 26 gennaio 2018, il presidente della Seconda Sezione del Tribunale ha parzialmente accolto le domande di trattamento riservato presentate dalla ricorrente, le ha fissato un termine per la presentazione di una versione non riservata dell’atto introduttivo, della controreplica e dei loro allegati e ha precisato che, a seguito della notifica della versione non riservata dei detti documenti alla Commissione, quest’ultima avrebbe avuto a disposizione un termine per presentare eventuali osservazioni integrative della sua memoria di intervento.

38      Il 7 marzo 2018, la Commissione ha depositato osservazioni integrative della sua memoria di intervento.

39      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 22 marzo 2018, il Consiglio ha affermato di non avere osservazioni da formulare sulle osservazioni integrative della Commissione.

40      Il 5 aprile 2018, la ricorrente ha presentato osservazioni sulle osservazioni integrative della Commissione.

41      Il 6 aprile 2018, la cancelleria del Tribunale ha comunicato alle parti la chiusura della fase scritta del procedimento.

42      Con lettera del 24 aprile 2018, la ricorrente ha formulato una domanda motivata, ai sensi dell’articolo 106 del regolamento di procedura, per essere sentita nell’ambito della fase orale del procedimento.

43      Su proposta della Seconda Sezione, il 16 maggio 2018, il Tribunale, in applicazione dell’articolo 28 del proprio regolamento di procedura, ha deciso di rimettere la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

44      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione ampliata) ha deciso di avviare la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 89 del regolamento di procedura, ha invitato le parti a rispondere per iscritto a taluni quesiti, nonché a fornire determinati documenti. Le parti hanno dato seguito a tali richieste nel termine impartito.

45      Le difese orali delle parti e le risposte di queste ultime ai quesiti del Tribunale sono state sentite all’udienza del 10 luglio 2018.

46      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione dell’8 dicembre 2015 e, in quanto necessario, la decisione di rigetto del reclamo del 19 luglio 2016;

–        condannare il Consiglio al risarcimento dei danni, materiali e morali, da lei subiti;

–        condannare il Consiglio a sopportare tutte le spese.

47      Il Consiglio conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

48      Il Parlamento conclude che il Tribunale voglia respingere il ricorso.

49      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

III. In diritto

A.      Sull’oggetto del ricorso

50      Nell’ambito delle sue conclusioni, la ricorrente chiede l’annullamento della decisione dell’8 dicembre 2015 e, «in quanto necessario», l’annullamento della decisione di rigetto del reclamo del 19 luglio 2016. Ella fa valere che tale domanda è ricevibile non soltanto in quanto è diretta contro la decisione dell’8 dicembre 2015, ma anche in quanto è diretta contro la decisione di rigetto del reclamo, dato che quest’ultima contiene elementi nuovi rispetto alla decisione dell’8 dicembre 2015.

51      Le altre parti in causa non hanno contestato la ricevibilità della domanda di annullamento diretta contro le due decisioni di cui sopra.

52      Si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, il reclamo amministrativo, quale contemplato all’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto, e il suo rigetto, esplicito o implicito, formano parte integrante di un procedimento complesso e costituiscono una semplice condizione preliminare all’adizione del giudice. Di conseguenza, il ricorso, anche se formalmente diretto contro il rigetto del reclamo, ha l’effetto di sottoporre al giudice l’atto lesivo già oggetto del reclamo stesso (v., in questo senso, sentenza del 17 gennaio 1989, Vainker/Parlamento, 293/87, EU:C:1989:8, punti 7 e 8), salvo il caso in cui il rigetto del reclamo abbia una portata diversa da quella dell’atto contro il quale tale reclamo è stato presentato (sentenza del 25 ottobre 2006, Staboli/Commissione, T‑281/04, EU:T:2006:334, punto 26).

53      Infatti, ogni decisione di rigetto di un reclamo, sia essa implicita o esplicita, si limita, se pura e semplice, a confermare l’atto o l’omissione di cui l’autore del reclamo si duole e non costituisce, presa isolatamente, un atto impugnabile, di modo che le conclusioni dirette contro tale decisione priva di contenuto autonomo rispetto alla decisione iniziale devono essere considerate dirette contro l’atto iniziale (v. sentenza del 19 giugno 2015, Z/Corte di giustizia, T‑88/13 P, EU:T:2015:393, punto 141 e giurisprudenza citata).

54      Una decisione esplicita di rigetto di un reclamo può, tenuto conto del suo contenuto, non avere carattere confermativo dell’atto contestato dal ricorrente. Tale ipotesi ricorre quando la decisione di rigetto del reclamo contiene un riesame della posizione del ricorrente sulla scorta di elementi di fatto o di diritto nuovi, oppure modifica o integra la decisione iniziale. In questi casi, il rigetto del reclamo costituisce un atto soggetto al controllo del giudice, che ne tiene conto nella valutazione della legittimità dell’atto contestato o lo considera un atto lesivo che si sostituisce a quest’ultimo (sentenza del 15 settembre 2017, Skareby/SEAE, T‑585/16, EU:T:2017:613, punto 18).

55      Nella fattispecie, occorre osservare, innanzitutto, che il reclamo e il ricorso dinanzi al Tribunale sono stati presentati entro i termini previsti dagli articoli 90 e 91 dello Statuto.

56      Occorre poi rilevare che la decisione di rigetto del reclamo non modifica né il senso né la portata della decisione dell’8 dicembre 2015 che colloca la ricorrente in congedo nell’interesse del servizio in applicazione dell’articolo 42 quater dello Statuto. Inoltre, la decisione di rigetto del reclamo integra la motivazione della decisione dell’8 dicembre 2015 relativa alla valutazione della capacità della ricorrente di acquisire nuove competenze e di adeguarsi all’evoluzione dell’ambiente di lavoro e, nell’ambito di tale valutazione, prende in considerazione elementi di fatto che non erano disponibili l’8 dicembre 2015, data in cui la decisione di collocamento in congedo nell’interesse del servizio della ricorrente è stata adottata. Il Tribunale fa riferimento, al riguardo, ai rapporti informativi della ricorrente per gli anni 2014 e 2015, i quali, secondo i chiarimenti del Consiglio, sono stati compilati posteriormente alla decisione dell’8 dicembre 2015, ma anteriormente alla decisione di rigetto del reclamo.

57      Di conseguenza, occorre concludere che nella fattispecie il solo atto lesivo degli interessi della ricorrente è la decisione dell’8 dicembre 2015 che la collocava in congedo nell’interesse del servizio in applicazione dell’articolo 42 quater dello Statuto (in prosieguo: la «decisione impugnata») la cui legittimità sarà tuttavia valutata tenendo conto della motivazione contenuta nella decisione recante rigetto del reclamo.

B.      Sulla domanda di annullamento

58      A sostegno della sua domanda di annullamento, la ricorrente fa valere cinque motivi, di cui il primo costituisce un’eccezione di illegittimità diretta contro l’articolo 42 quater dello Statuto, il secondo è relativo alla violazione di tale disposizione nonché della CP 71/15 e ad errori manifesti di valutazione, il terzo è relativo alla violazione del diritto di essere ascoltato, il quarto è relativo alla violazione del dovere di sollecitudine e il quinto è relativo ad uno sviamento di potere.

1.      Sul primo motivo, relativo all’illegittimità dell’articolo 42 quater dello Statuto

a)      Osservazioni preliminari

59      La ricorrente sostiene che l’articolo 42 quater dello Statuto è illegittimo in quanto viola il principio di uguaglianza in diritto e il principio di non discriminazione in ragione, in particolare, dell’età, sanciti negli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16), e l’articolo 1 quinquies dello Statuto.

60      In tale contesto, la ricorrente sostiene che l’articolo 42 quater dello Statuto, in quanto si applica esplicitamente ai funzionari e agli agenti «[a]l più presto cinque anni prima dell[a loro] età pensionabile», introduce una disparità di trattamento fondata sull’età quale definita dall’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2000/78. Secondo la ricorrente, tale disparità di trattamento non è obiettivamente e ragionevolmente giustificata da una finalità legittima ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78. Inoltre, anche se si dovesse considerare che l’articolo 42 quater dello Statuto persegue una siffatta finalità legittima, i mezzi utilizzati per conseguirla non sarebbero né appropriati né necessari ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78.

61      Il Parlamento, il Consiglio e la Commissione contestano l’argomentazione della ricorrente e concludono per il rigetto del presente motivo.

62      In via preliminare, occorre determinare le disposizioni alla luce delle quali l’eccezione di illegittimità sollevata dalla ricorrente dev’essere esaminata.

63      Al riguardo, si deve rilevare che il principio di parità di trattamento configura un principio generale del diritto dell’Unione, sancito dall’articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali, e il principio di non discriminazione enunciato all’articolo 21, paragrafo 1, di quest’ultima ne costituisce un’espressione particolare (sentenza del 5 luglio 2017, Fries, C‑190/16, EU:C:2017:513, punto 29).

64      D’altro canto, l’articolo 51, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali precisa che le disposizioni di quest’ultima si rivolgono, in particolare, alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà.

65      Ne consegue che la legittimità dell’articolo 42 quater dello Statuto, introdotto nello Statuto dal regolamento n. 1023/2013, dev’essere valutata alla luce della norma preminente costituita dall’articolo 21, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, considerato dall’argomentazione della ricorrente, che vieta qualsiasi discriminazione fondata, in particolare, sull’età.

66      Per quanto riguarda il riferimento da parte della ricorrente alla direttiva 2000/78, si devono riportare, in via preliminare, le sue disposizioni pertinenti.

67      L’articolo 1 della direttiva 2000/78, dal titolo «Obiettivo», prevede:

«La presente direttiva mira a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento».

68      L’articolo 2 della direttiva 2000/78, dal titolo «Nozione di discriminazione», dispone, al primo e al secondo paragrafo:

«1.      Ai fini della presente direttiva, per “principio della parità di trattamento” si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1.

2.      Ai fini del paragrafo 1:

a)      sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga;

b)      sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone che professano una determinata religione o ideologia di altra natura, le persone portatrici di un particolare handicap, le persone di una particolare età o di una particolare tendenza sessuale, rispetto ad altre persone, a meno che:

i)      tale disposizione, tale criterio o tale prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari (…)».

69      L’articolo 6 della direttiva 2000/78, dal titolo «Giustificazione delle disparità di trattamento collegate all’età», prevede, al suo primo paragrafo:

«1.      Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che le disparità di trattamento in ragione dell’età non costituiscano discriminazione laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari.

Tali disparità di trattamento possono comprendere in particolare:

a)      la definizione di condizioni speciali di accesso all’occupazione e alla formazione professionale, di occupazione e di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e di retribuzione, per i giovani, i lavoratori anziani e i lavoratori con persone a carico, onde favorire l’inserimento professionale o assicurare la protezione degli stessi;

b)      la fissazione di condizioni minime di età, di esperienza professionale o di anzianità di lavoro per l’accesso all’occupazione o a taluni vantaggi connessi all’occupazione;

c)      la fissazione di un’età massima per l’assunzione basata sulle condizioni di formazione richieste per il lavoro in questione o la necessità di un ragionevole periodo di lavoro prima del pensionamento».

70      Occorre poi ricordare che dall’articolo 288, terzo comma, TFUE risulta che le direttive vincolano gli Stati membri che ne sono destinatari quanto al risultato da raggiungere. Ne consegue che la direttiva 2000/78, così come viene del resto precisato al suo articolo 21, è rivolta agli Stati membri e non alle istituzioni. Di conseguenza, le disposizioni di tale direttiva non possono essere considerate, in quanto tali, una fonte di obblighi incombenti alle istituzioni nell’esercizio dei loro poteri legislativi o decisionali (v., in questo senso e per analogia, sentenze del 9 settembre 2003, Rinke, C‑25/02, EU:C:2003:435, punto 24, e del 24 maggio 2008, Belfass/Consiglio, T‑495/04, EU:T:2008:160, punto 43), e non possono neppure, in quanto tali, fondare un’eccezione di illegittimità dell’articolo 42 quater dello Statuto (v., in questo senso, sentenza del 21 settembre 2011, Adjemian e a./Commissione, T‑325/09 P, EU:T:2011:506, punto 52).

71      Tuttavia, anche se la direttiva 2000/78 non può, in quanto tale, essere fonte di obblighi per le istituzioni dell’Unione, nell’esercizio dei loro poteri legislativi o decisionali al fine di disciplinare i rapporti di lavoro tra loro stesse e i membri del loro personale, non è meno vero che le norme o i principi sanciti da tale direttiva o da essa risultanti possono essere fatti valere contro tali istituzioni qualora appaiano, a loro volta, come la semplice espressione specifica di norme fondamentali dei trattati e di principi generali che si impongono direttamente alle dette istituzioni (v., in questo senso, sentenza del 14 dicembre 2016, Todorova Androva/Consiglio e a., T‑366/15 P, non pubblicata, EU:T:2016:729, punto 34 e giurisprudenza citata).

72      La Corte ha già riconosciuto che la direttiva 2000/78 concretizzava, nel settore dell’occupazione e del lavoro, il principio di non discriminazione in base all’età che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione (v., in questo senso, sentenza del 13 novembre 2014, Vital Pérez, C‑416/13, EU:C:2014:2371, punto 24 e giurisprudenza citata).

73      Ne consegue che, anche se le disposizioni della direttiva 2000/78 non possono fondare, in quanto tali, l’eccezione di illegittimità dell’articolo 42 quater dello Statuto, esse possono costituire una fonte di ispirazione per la determinazione degli obblighi del legislatore dell’Unione nell’ambito della funzione pubblica dell’Unione, tenendo conto, nel contempo, delle specificità di quest’ultima. È in questo modo che il Tribunale terrà conto, nella fattispecie, della direttiva 2000/78.

74      Per quanto riguarda il riferimento da parte della ricorrente all’articolo 1 quinquies dello Statuto, si deve ricordare che tale disposizione prevede il divieto di ogni discriminazione, in particolare di quella fondata sull’età, nell’applicazione dello Statuto. Tale disposizione è stata inserita nello Statuto dal regolamento (CE, Euratom) n. 723/2004 del Consiglio, del 22 marzo 2004, che modifica lo statuto dei funzionari delle Comunità europee e il regime applicabile agli altri agenti di dette Comunità (GU 2004, L 124, pag. 1).

75      Dato che l’articolo 1 quinquies dello Statuto figura nello stesso atto, di natura regolamentare, in cui si trova l’articolo 42 quater dello Statuto, e cioè nello Statuto, e si pone allo stesso livello di quest’ultima disposizione nella gerarchia delle norme, esso non costituisce una norma alla luce della quale possa essere valutata la legittimità dell’articolo 42 quater dello Statuto. Del resto, la ricorrente ha chiarito che il riferimento all’articolo 1 quinquies dello Statuto era stato fatto solo in quanto tale disposizione sancisce il principio generale di uguaglianza in diritto e il principio di non discriminazione in base, in particolare, all’età.

76      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre concludere nel senso che la legittimità dell’articolo 42 quater dello Statuto va valutata alla luce dell’articolo 21, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali tenendo conto nel contempo, nei limiti esposti al precedente punto 73, della direttiva 2000/78.

77      Come si è già rilevato (v. punto 63 supra), l’articolo 21, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali enuncia il principio di non discriminazione, il quale costituisce un’espressione particolare del principio di parità di trattamento, sancito all’articolo 20 di quest’ultima.

78      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, il principio di parità di trattamento impone che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v. sentenza del 5 luglio 2017, Fries, C‑190/16, EU:C:2017:513, punto 30 e giurisprudenza citata).

79      Occorre verificare, in un primo tempo, se l’articolo 42 quater dello Statuto introduca una disparità di trattamento fondata sull’età e, in un secondo tempo, in caso affermativo, se tale disparità di trattamento sia tuttavia conforme all’articolo 21, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali in quanto risponde ai criteri enunciati all’articolo 52, paragrafo 1, di quest’ultima (v., in questo senso, sentenza del 5 luglio 2017, Fries, C‑190/16, EU:C:2017:513, punto 35).

b)      Sull’esistenza di una disparità di trattamento fondata sull’età

80      Si deve ricordare che l’articolo 42 quater dello Statuto si applica «[a]l più presto cinque anni prima dell’età pensionabile» dei funzionari interessati. Il Consiglio ha precisato che tale disposizione era applicabile a funzionari di età compresa in una forcella tra 55 e quasi 66 anni. Dal contesto normativo applicabile e dalle spiegazioni del Consiglio fornite nell’ambito della sua risposta scritta ad un quesito del Tribunale risulta che tale forcella di età è determinata sulla base del ragionamento che segue.

81      Per quanto riguarda i funzionari entrati in servizio prima del 1o gennaio 2014, occorre prendere in considerazione l’articolo 22, paragrafo 1, quinto comma, dell’allegato XIII dello Statuto, che dispone:

«Per il funzionario in attività di servizio anteriormente al 1o gennaio 2014, l’età da prendere in considerazione per tutti i riferimenti all’età pensionabile che figurano nel presente statuto è determinata conformemente alle disposizioni che precedono, salvo disposizione contraria del presente statuto».

82      Tale età pensionabile varia tra 60 e 65 anni a seconda dell’età del funzionario alla data del 1o maggio 2014, come risulta dal contenuto dei primi quattro commi dell’articolo 22, paragrafo 1, dell’allegato XIII dello Statuto.

83      Per quanto riguarda i funzionari entrati in servizio dopo il 1o gennaio 2014, l’età pensionabile è fissata in 66 anni in forza dell’articolo 52, primo comma, lettera a), dello Statuto.

84      Ne consegue che, potendo essere applicato ai funzionari con 10 anni di anzianità e che si trovano, al più presto, a cinque anni dall’età pensionabile, il collocamento in congedo nell’interesse del servizio riguarda potenzialmente i funzionari di età compresa tra 55 anni (per coloro che avevano 60 anni e più al 1o maggio 2014 e la cui età pensionabile era quindi fissata in 60 anni) e 66 anni (per coloro che sono stati assunti dopo il 1o gennaio 2014 e la cui età pensionabile è quindi fissata in 66 anni).

85      Poiché l’articolo 42 quater dello Statuto si applica unicamente ai funzionari di età compresa in una forcella tra 55 anni e 66 anni e non si applica ai funzionari più giovani che non rientrano nella forcella di età di cui sopra, tale disposizione istituisce una disparità di trattamento fondata sull’età.

86      Si deve rilevare che il Consiglio esprime dubbi sulla questione se l’articolo 42 quater dello Statuto possa rientrare nella nozione di discriminazione ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 2000/78, in quanto non si riferisce ad una «particolare età», ma all’età pensionabile dei funzionari interessati che può variare. Si tratterebbe, pertanto, di una misura di accompagnamento al pensionamento destinata ad attenuare l’«effetto ghigliottina» di tale pensionamento e non a discriminare in relazione ad un’età precisa rispetto ad un’altra. Per suffragare tale ragionamento, il Consiglio rileva altresì che l’applicazione dell’articolo 42 quater dello Statuto è soggetta ad una seconda condizione indipendente dall’età, quella dell’esistenza di un’anzianità di almeno dieci anni.

87      Tale argomentazione del Consiglio riguarda la giustificazione della disparità di trattamento fondata sull’età, che è presente nell’articolo 42 quater dello Statuto e non rimette in discussione l’esistenza di tale disparità di trattamento. Nei limiti in cui riguarda unicamente i funzionari rientranti in una forcella di età particolare, chiaramente individuata, tale disposizione introduce una disparità di trattamento fondata direttamente sull’età, nonostante la circostanza che la forcella di cui sopra sia determinata in relazione all’età pensionabile dei funzionari interessati. La questione se tale disparità di trattamento costituisca una discriminazione vietata dall’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali costituisce una questione distinta da quella relativa all’esistenza di una disparità di trattamento.

88      Inoltre, sempre in risposta all’argomentazione del Consiglio esposta al precedente punto 86, si deve constatare che la circostanza che l’articolo 42 quater dello Statuto preveda altre condizioni non legate all’età, come quella relativa all’anzianità dei funzionari interessati e quella relativa all’esistenza «di esigenze organizzative legate all’acquisizione di nuove competenze», non cancella il fatto che, qualora ricorrano tali condizioni, i funzionari che rientrano nella forcella di età in questione sono trattati in maniera diversa rispetto ai funzionari non rientranti in tale forcella.

89      Secondo la giurisprudenza, per poter imputare al legislatore dell’Unione una violazione del principio di parità di trattamento, occorre che esso abbia trattato in modo diverso situazioni analoghe, causando con ciò un pregiudizio a talune persone rispetto ad altre (v. sentenza del 16 dicembre 2008, Arcelor Atlantique et Lorraine e a., C‑127/07, EU:C:2008:728, punto 39 e giurisprudenza citata). Da tale giurisprudenza risulta che occorre verificare, nella fattispecie, se la disparità di trattamento fondata sull’età, istituita dall’articolo 42 quater dello Statuto, comporti uno svantaggio per i funzionari che rientrano nella forcella di età in questione rispetto a quelli che non vi rientrano (v., in questo senso, sentenza del 5 luglio 2017, Fries, C‑190/16, EU:C:2017:513, punto 33).

90      Nella fattispecie, i funzionari di età compresa nella forcella in questione e, pertanto, potenzialmente soggetti alla misura prevista dall’articolo 42 quater dello Statuto possono vedersi imporre, contro la loro volontà, un mutamento della loro posizione amministrativa in quanto cessano di essere in «attività di servizio» ai sensi dell’articolo 36 dello Statuto e si vedono collocati in «congedo nell’interesse del servizio». Inoltre, tali funzionari cessano di beneficiare di una progressione della loro carriera dato che, in forza dell’articolo 42 quater, sesto comma, lettera b), dello Statuto, cessano di partecipare all’avanzamento di scatto e alla promozione di grado.

91      I funzionari non soggetti all’applicazione dell’articolo 42 quater dello Statuto non subiscono svantaggi del genere sul piano della loro carriera.

92      Inoltre, i funzionari collocati in congedo nell’interesse del servizio subiscono incontestabilmente una riduzione dei loro redditi professionali risultante, in particolare, dal fatto che essi cessano di percepire lo stipendio base, che viene sostituito da un’indennità prevista al settimo comma dell’articolo 42 quater dello Statuto. In forza di tale disposizione, tale indennità viene calcolata conformemente all’allegato IV dello Statuto, il che significa che i funzionari collocati in congedo nell’interesse del servizio percepiscono durante i primi tre mesi di applicazione della misura un’indennità mensile pari al loro stipendio base, dal quarto al sesto mese di applicazione della misura un’indennità mensile pari all’85% dello stipendio base e dal settimo mese sino al termine del congedo, ossia sino al compimento dell’età pensionabile, un’indennità mensile pari al 70% dello stipendio base. Ai sensi del nono comma dell’articolo 42 quater dello Statuto, nessun coefficiente correttore è applicato a tale indennità. Inoltre, il pregiudizio pecuniario di cui sopra è potenzialmente aggravato dalla circostanza che i funzionari interessati cessano di partecipare all’avanzamento di scatto e alla promozione di grado, come è già stato rilevato.

93      I funzionari che non rientrano nella forcella di età di cui trattasi e che, di conseguenza, non sono soggetti all’applicazione dell’articolo 42 quater dello Statuto, non subiscono gli svantaggi pecuniari individuati al precedente punto 92.

94      Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve concludere che l’articolo 42 quater dello Statuto introduce una disparità di trattamento fondata sull’età.

c)      Sul rispetto dei criteri enunciati all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali

95      Ai termini dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti da quest’ultima devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

96      Nella fattispecie, si deve constatare che la disparità di trattamento in base all’età, introdotta dall’articolo 42 quater dello Statuto, è prevista dalla «legge» ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, in quanto tale disposizione trova la sua origine nel regolamento n. 1023/2013 (v., in questo senso, sentenza del 5 luglio 2017, Fries, C‑190/16, EU:C:2017:513, punto 37).

97      Inoltre, occorre constatare che la disparità di trattamento di cui sopra verte su una questione di portata limitata nell’ambito della funzione pubblica dell’Unione, quella del collocamento in congedo nell’interesse del servizio di taluni funzionari che soddisfano un certo numero di requisiti, tra i quali quello relativo all’età. Di conseguenza, tale disparità di trattamento «rispetta il contenuto essenziale» del principio di non discriminazione ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali (v., in questo senso, sentenza del 5 luglio 2017, Fries, C‑190/16, EU:C:2017:513, punto 38 e giurisprudenza citata).

98      Per corroborare tale conclusione, si deve rilevare che l’articolo 42 quater, secondo comma, dello Statuto prevede che il numero annuale totale dei funzionari collocati in congedo nell’interesse del servizio non può eccedere il 5% del numero totale dei funzionari di tutte le istituzioni collocati a riposo l’anno precedente. Risulta pertanto che, tenuto conto di tale massimale e dei requisiti di applicazione dell’articolo 42 quater dello Statuto, previsti al primo comma di tale disposizione, il numero annuale di funzionari che possono essere collocati in congedo nell’interesse del servizio è molto limitato, come risulta anche dalle risposte scritte del Parlamento, del Consiglio e della Commissione ad un quesito posto dal Tribunale. A mo’ d’esempio, il Consiglio ha precisato che, nel suo ambito, quattro funzionari erano stati collocati in congedo nell’interesse del servizio nel corso di ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 su un totale di 2 757 funzionari in servizio presso il Consiglio al 31 dicembre 2017.

99      Il Tribunale esaminerà la questione se le due restanti condizioni, previste dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, che permettono di giustificare la disparità di trattamento fondata sull’età istituita dall’articolo 42 quater dello Statuto, ricorrano nel caso di specie. Tali condizioni si riferiscono all’esistenza di una finalità di interesse generale riconosciuta dall’Unione cui la disparità di trattamento risponda e alla proporzionalità.

1)      Sulla questione se la disparità di trattamento fondata sull’età, istituita dall’articolo 42 quater dello Statuto, risponda ad una finalità di interesse generale riconosciuta dall’Unione

100    Il Consiglio, sostenuto dal Parlamento e dalla Commissione, fa valere, in sostanza, che la disparità di trattamento fondata sull’età, introdotta dall’articolo 42 quater dello Statuto, persegue tre finalità di interesse generale nell’ambito della politica del personale. In primo luogo, tale disparità di trattamento perseguirebbe la finalità di ottimizzare l’investimento delle istituzioni relativo alla formazione professionale permettendo loro di concentrare tale investimento sui funzionari che hanno ancora un periodo di servizio ragionevole prima del pensionamento. In secondo luogo, la disparità di trattamento di cui sopra perseguirebbe la finalità di accompagnamento dei funzionari prossimi alla pensione che non riescano ad acquisire nuove competenze e ad adeguarsi all’evoluzione dell’ambiente di lavoro delle istituzioni. In terzo luogo, tale disparità di trattamento perseguirebbe, in sostanza, la finalità di mantenere una struttura di età equilibrata tra giovani funzionari e funzionari più anziani, la quale favorirebbe, a sua volta, l’assunzione e la promozione di tali giovani funzionari, lo scambio di esperienze e l’innovazione nonché la diversificazione geografica.

101    La ricorrente contesta l’esistenza delle tre finalità di cui sopra. Ella sostiene che la sola finalità perseguita dall’articolo 42 quater dello Statuto è quella di ridurre i costi e gli organici delle istituzioni «sbarazzandosi» dei funzionari che si trovano più vicini alla pensione e che beneficiano di una retribuzione elevata. Orbene, tale finalità non costituirebbe una finalità legittima «di politica dell’occupazione, del mercato del lavoro e della formazione professionale» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78, che giustifichi la disparità di trattamento fondata sull’età istituita dall’articolo 42 quater dello Statuto.

102    In primo luogo, occorre verificare l’esistenza delle finalità fatte valere dalle istituzioni. Al riguardo, occorre tener conto delle disposizioni dell’articolo 42 quater dello Statuto e, se del caso, del suo contesto generale che permette l’individuazione della finalità sottesa alla disparità di trattamento fondata sull’età, istituita da quest’ultimo (v., per analogia, sentenze del 16 ottobre 2007, Palacios de la Villa, C‑411/05, EU:C:2007:604, punti 56 e 57; del 21 luglio 2011, Fuchs e Köhler, C‑159/10 e C‑160/10, EU:C:2011:508, punto 39, e del 6 novembre 2012, Commissione/Ungheria, C‑286/12, EU:C:2012:687, punto 58).

103    Per quanto riguarda la prima finalità fatta valere, quella dell’ottimizzazione dell’investimento relativo alla formazione professionale, occorre rilevare, innanzitutto, che l’applicazione dell’articolo 42 quater dello Statuto è soggetta alla condizione dell’esistenza di «esigenze organizzative legate all’acquisizione di nuove competenze». Il riferimento all’«acquisizione di nuove competenze» dimostra il rapporto tra la disposizione di cui sopra e la formazione professionale.

104    Risulta poi dal fascicolo e, in particolare, dalle conclusioni del Consiglio europeo del 7 e dell’8 febbraio 2013, che il regolamento n. 1023/2013 e, di conseguenza, l’articolo 42 quater dello Statuto sono stati adottati in un contesto di rigore di bilancio dell’amministrazione pubblica europea, di volontà da parte degli Stati membri di miglioramento della sua efficienza e del suo rendimento e di riduzione progressiva degli organici delle istituzioni, nella misura del 5% per il periodo 2013/2017.

105    Inoltre, occorre ricordare che le considerazioni contenute nel primo, nel terzo, nel settimo e nel dodicesimo considerando del regolamento n. 1023/2013 fanno riferimento, in primo luogo, all’esigenza per l’Unione di continuare a dotarsi di un’amministrazione pubblica di alta qualità (primo considerando) che sia in grado di eseguire i compiti conferiti alle istituzioni in un contesto di riduzione degli organici (terzo considerando), in secondo luogo, all’esigenza di ottimizzazione della gestione delle risorse umane (settimo considerando) e, in terzo luogo, rinviando nel contempo alle conclusioni di cui sopra del Consiglio europeo, all’esigenza di miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza, all’esigenza di adeguamento all’evoluzione del contesto economico e allo sforzo di garantire efficienza in termini di costi (dodicesimo considerando).

106    I considerando di cui sopra del regolamento n. 1023/2013 dimostrano la volontà del legislatore dell’Unione di perseguire la finalità di gestione efficace delle spese relative all’amministrazione pubblica europea assicurando efficienza in termini di costi, permettendo così il mantenimento del livello di qualità elevata di tale amministrazione e permettendo, in fin dei conti, all’Unione di realizzare i propri obiettivi, di attuare le sue politiche e di adempiere le proprie funzioni in un contesto di rigore di bilancio e di riduzione degli organici delle istituzioni. Alla luce di tale constatazione e delle considerazioni svolte al precedente punto 103, si deve concludere che l’esistenza della finalità di ottimizzazione dell’investimento dedicato alla formazione professionale dei funzionari, perseguita dal legislatore dell’Unione tramite la disparità di trattamento fondata sull’età istituita dall’articolo 42 quater dello Statuto, è comprovata.

107    Senza che occorra accertare l’esistenza delle altre due finalità fatte valere dalle istituzioni, in secondo luogo, si deve verificare se la prima finalità fatta valere la cui esistenza è stata dimostrata costituisca una finalità «di interesse generale riconosciuta […] dall’Unione» ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali.

108    La prima finalità fatta valere riguarda, in sostanza, la buona gestione del denaro pubblico tesa ad assicurare efficienza in termini di costi, in un contesto di rigore di bilancio e di riduzione degli organici delle istituzioni. A tal riguardo, si deve rilevare che, in forza dell’articolo 310, paragrafo 5, TFUE, il bilancio dell’Unione è eseguito in conformità del principio di sana gestione finanziaria. Inoltre, l’articolo 30, paragrafo 1, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio (GU 2012, L 298, pag. 1), prevede che gli stanziamenti sono utilizzati secondo il principio di sana gestione finanziaria, vale a dire secondo i principi di economia, efficienza ed efficacia. L’articolo 30, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 966/2012 precisa che il principio di efficienza mira al miglior rapporto tra i mezzi impiegati e i risultati conseguiti. Risulta da tali disposizioni che la finalità del legislatore dell’Unione di garantire, tramite la disparità di trattamento in relazione all’età istituita dall’articolo 42 quater dello Statuto, l’ottimizzazione delle spese delle istituzioni in materia di formazione professionale, costituisce una finalità «di interesse generale riconosciuta dall’Unione».

109    Inoltre, riguardando la politica di formazione professionale delle istituzioni, la prima finalità fatta valere si inserisce nell’ambito di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2000/78, che menziona, tra le finalità legittime che possono giustificare disparità di trattamento fondate sull’età istituite da misure nazionali, quella relativa alla formazione professionale. Ne consegue che, anche sul fondamento della direttiva di cui sopra, la quale costituisce una fonte di ispirazione per la determinazione degli obblighi del legislatore dell’Unione nel caso di specie (v. punto 73 supra), la prima finalità fatta valere costituisce una finalità «di interesse generale riconosciuta dall’Unione» ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali (v., per analogia, sentenza del 5 luglio 2017, Fries, C‑190/16, EU:C:2017:513, punti 42 e 43).

110    Tenuto conto delle considerazioni che precedono, si deve concludere che la disparità di trattamento fondata sull’età, istituita dall’articolo 42 quater dello Statuto, risponde ad almeno una finalità di interesse generale riconosciuta dall’Unione ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali.

111    Tale conclusione non è rimessa in discussione dall’argomentazione della ricorrente esposta al precedente punto 101. Infatti, indipendentemente dalla questione, sollevata da tale argomentazione, di stabilire se la finalità di riduzione dei costi e degli organici delle istituzioni possa costituire, in quanto tale, una finalità di interesse generale riconosciuta dall’Unione, si deve necessariamente constatare che la ricorrente non dimostra che essa costituisca la sola finalità perseguita dall’articolo 42 quater dello Statuto. A tal riguardo, occorre ricordare che l’esistenza di almeno un’altra finalità legittima perseguita dal legislatore dell’Unione, nella fattispecie la finalità di ottimizzazione dell’investimento dedicato alla formazione professionale dei funzionari, è stata dimostrata.

112    Poiché la disparità di trattamento fondata sull’età, introdotta dall’articolo 42 quater dello Statuto, risponde ad almeno un obiettivo di interesse generale riconosciuto dall’Unione, occorre verificare se tale disparità di trattamento rispetti il principio di proporzionalità ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali (v., in questo senso, sentenza del 5 luglio 2017, Fries, C‑190/16, EU:C:2017:513, punto 39).

2)      Sulla proporzionalità

113    L’esame della proporzionalità della disparità di trattamento fondata sull’età, introdotta dall’articolo 42 quater dello Statuto, comporta che venga verificato se tale disparità di trattamento sia appropriata per conseguire la finalità perseguita e se essa non ecceda quanto necessario a tal fine (v., in questo senso, sentenza del 5 luglio 2017, Fries, C‑190/16, EU:C:2017:513, punto 44).

114    A questo proposito, per analogia con l’ampio margine di discrezionalità riconosciuto al legislatore nazionale per quanto riguarda la definizione delle misure atte a realizzare una determinata finalità in materia di politica sociale e di occupazione (sentenze del 16 ottobre 2007, Palacios de la Villa, C‑411/05, EU:C:2007:604, punto 68; del 5 marzo 2009, Age Concern England, C‑388/07, EU:C:2009:128, punto 51, e del 9 settembre 2015, Unland, C‑20/13, EU:C:2015:561, punto 57), occorre riconoscere al legislatore dell’Unione un’ampia discrezionalità nella definizione delle misure atte a realizzare una finalità di interesse generale nell’ambito della politica del personale. Tenuto conto di tale ampia discrezionalità, il sindacato del giudice verte, nella fattispecie, sulla questione se non appaia irragionevole per il legislatore dell’Unione ritenere che la disparità di trattamento fondata sull’età, introdotta dall’articolo 42 quater dello Statuto, possa essere appropriata e necessaria per conseguire la legittima finalità fatta valere (v., per analogia, sentenze del 16 ottobre 2007, Palacios de la Villa, C‑411/05, EU:C:2007:604, punto 72; del 12 gennaio 2010, Petersen, C‑341/08, EU:C:2010:4, punto 70, e del 9 settembre 2015, Unland, C‑20/13, EU:C:2015:561, punto 65).

115    Per quanto riguarda la prima finalità fatta valere, relativa all’ottimizzazione degli investimenti relativi alla formazione professionale, si deve ricordare che l’articolo 42 quater dello Statuto è stato adottato in un contesto di rigore di bilancio e di riduzione degli organici delle istituzioni. Come risulta dal fascicolo, si tratta di una riduzione progressiva del 5% degli organici per il periodo 2013/2017, applicabile all’insieme delle istituzioni, degli organi e delle agenzie dell’Unione. La disposizione di cui sopra è stata altresì adottata in un contesto di volontà di miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dell’amministrazione pubblica europea, assicurando efficienza in termini di costi, come risulta, in particolare, dal dodicesimo considerando del regolamento n. 1023/2013.

116    Il Consiglio ha precisato che, in un contesto del genere, e al fine di garantire ad un organico in diminuzione compiti in evoluzione, le istituzioni dovevano modificare i loro metodi di lavoro ed esigere dai funzionari che si adattassero e acquisissero regolarmente nuove competenze. A tali circostanze si aggiungerebbero anche le possibilità offerte dall’informatizzazione e dalla smaterializzazione delle procedure, con una conseguente diminuzione delle esigenze in materia di impieghi meno qualificati. Tutte queste circostanze costringerebbero le istituzioni ad investire massicciamente nella formazione permanente dei loro funzionari.

117    Il Consiglio ha sostenuto che, alla luce di tali elementi, l’articolo 42 quater dello Statuto permette alle istituzioni di concentrare l’investimento dedicato alla formazione professionale sui funzionari aventi ancora una carriera di durata ragionevole prima della pensione e di offrire una forma di prepensionamento ai funzionari a fine carriera.

118    Infatti, è incontestabile che, in presenza di esigenze di acquisizione di nuove competenze da parte dei funzionari e, pertanto, della necessità per le istituzioni di investire in materia di formazione professionale in un contesto di rigore di bilancio e di riduzione degli organici, il collocamento in congedo dei funzionari prossimi all’età pensionabile libererebbe risorse relative alla loro formazione professionale che potrebbero essere dedicate alla formazione professionale dei funzionari più giovani, che hanno dinanzi a loro la prospettiva di una carriera più lunga in seno alle istituzioni. Ne consegue che tale collocamento in congedo contribuisce all’ottimizzazione degli investimenti relativi alla formazione professionale in quanto serve al miglioramento del rapporto tra i costi relativi a tali investimenti e i benefici ottenuti dalle istituzioni. Occorre pertanto concludere che, alla luce dell’ampia discrezionalità di cui beneficia il legislatore dell’Unione (v. punto 114 supra), la disparità di trattamento fondata sull’età, introdotta dall’articolo 42 quater dello Statuto, costituisce un mezzo appropriato per conseguire la prima finalità perseguita dal legislatore dell’Unione.

119    Per quanto riguarda la valutazione della questione se la disparità di trattamento di cui sopra ecceda quanto necessario per conseguire la finalità perseguita, occorre ricollocarla nel contesto normativo in cui si inserisce e prendere in considerazione tanto il pregiudizio che essa può causare ai funzionari interessati quanto i benefici che ne ricavano, in particolare, le istituzioni (v., in questo senso e per analogia, sentenza del 5 luglio 2017, Fries, C‑190/16, EU:C:2017:513, punto 53).

120    Per quanto riguarda i benefici ricavati dalle istituzioni, si deve constatare che l’ottimizzazione degli investimenti relativi alla formazione professionale, a cui è diretta la disparità di trattamento fondata sull’età, contribuisce a che le istituzioni possano, in definitiva, continuare ad adempiere le loro funzioni in un contesto di rigore di bilancio e di riduzione degli organici.

121    Inoltre, inserendo la summenzionata disparità di trattamento nel contesto dell’articolo 42 quater dello Statuto e dello Statuto in generale, si deve osservare che il collocamento in congedo nell’interesse del servizio è, in definitiva, uno strumento di gestione del personale a disposizione delle istituzioni, in quanto costituisce una ulteriore posizione amministrativa nella quale i funzionari possono essere collocati, in aggiunta alle altre posizioni amministrative che sono, ai sensi dell’articolo 35 dello Statuto, l’attività di servizio, il comando, l’aspettativa per motivi personali, la disponibilità, il congedo per servizio militare e il congedo parentale o congedo per motivi familiari.

122    Inoltre, si deve constatare che non esistono nello Statuto disposizioni che costituiscano un’«alternativa» alla misura prevista all’articolo 42 quater dello Statuto. In particolare, e nei limiti in cui la ricorrente si riferisce all’articolo 51 dello Statuto relativo all’insufficienza professionale, si deve rilevare che tale disposizione mira a constatare e a sanzionare l’insoddisfacente espletamento delle sue mansioni da parte di un funzionario e opera indipendentemente dalle considerazioni relative all’interesse del servizio, mentre la misura adottata in forza dell’articolo 42 quater dello Statuto opera nell’interesse del servizio.

123    In quanto strumento aggiuntivo di gestione del personale, l’articolo 42 quater dello Statuto, è, ipso facto, benefico per le istituzioni.

124    Per quanto riguarda il pregiudizio causato ai funzionari interessati, si deve tener conto delle considerazioni svolte ai punti da 90 a 92 supra.

125    Contemporaneamente, si deve rilevare che, come il Consiglio sostiene altresì giustamente, tali funzionari sono collocati in congedo nell’interesse del servizio a condizioni finanziarie ragionevoli. Infatti, si deve, in particolare, ricordare che i funzionari interessati percepiscono sino alla fine del congedo un’indennità mensile il cui calcolo, precisato al precedente punto 92, non è considerato irragionevole dal Tribunale. Del resto, come risulta dall’articolo 42 quater dello Statuto, ottavo comma, i funzionari interessati possono continuare a contribuire al regime pensionistico e ad aumentare, così, l’importo della loro pensione. La condizione relativa ai dieci anni di anzianità, prevista dall’articolo 42 quater dello Statuto, contribuisce anch’essa al carattere proporzionale della misura prevista da tale disposizione, nel senso che, come giustamente rileva il Parlamento, essa porta a riservare l’applicazione di tale misura a funzionari il cui livello retributivo e di diritti pensionistici è tale da attenuare gli inconvenienti finanziari del collocamento in congedo. Infine, è importante ricordare che, in primo luogo, la misura prevista all’articolo 42 quater dello Statuto è soggetta ad un insieme di condizioni previste al primo comma di tale disposizione, in secondo luogo, che la sua adozione non è obbligatoria per le istituzioni, le quali dispongono al riguardo di un’ampia discrezionalità e, in terzo luogo, che il numero totale di funzionari cui ogni anno può essere destinata tale misura è limitato al 5% del numero totale di funzionari di tutte le istituzioni collocati a riposo l’anno precedente (v. punto 98 supra).

126    Alla luce di tutte le considerazioni contenute ai punti da 120 a 125 supra, non appare irragionevole per il legislatore dell’Unione ritenere necessario prevedere il collocamento in congedo nell’interesse del servizio unicamente per i funzionari di età compresa nella forcella di cui trattasi e non per i funzionari non rientranti in tale forcella, al fine di conseguire la legittima finalità di ottimizzare gli investimenti relativi alla formazione professionale. Occorre quindi concludere che la disparità di trattamento fondata sull’età, introdotta dall’articolo 42 quater dello Statuto, è proporzionale alla prima legittima finalità fatta valere.

127    Dato che la proporzionalità della disparità di trattamento fondata sull’età è stata dimostrata rispetto alla prima legittima finalità fatta valere, si deve concludere che tale disparità di trattamento, introdotta dall’articolo 42 quater dello Statuto, non viola l’articolo 21, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali in quanto risponde ai criteri enunciati all’articolo 52, paragrafo 1, di quest’ultima. Di conseguenza, l’eccezione di illegittimità fatta valere contro l’articolo 42 quater dello Statuto dev’essere respinta.

2.      Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 42 quater dello Statuto e della CP 71/15 nonché ad errori manifesti di valutazione

128    La ricorrente sostiene che la decisione impugnata viola l’articolo 42 quater dello Statuto e la CP 71/15 e che essa è viziata da errori manifesti di valutazione. In tale contesto, ella fa valere, in particolare, che il Consiglio non ha giustificato l’interesse del servizio che esso aveva inteso perseguire applicandole l’articolo 42 quater dello Statuto, non ha individuato le esigenze organizzative reali che richiederebbero l’acquisizione di nuove competenze e non ha individuato le nuove competenze che ella non sarebbe in grado di acquisire. Al contrario, esso si sarebbe soffermato, in particolare, sui suoi rapporti informativi asseritamente negativi e sul suo comportamento in servizio, e cioè su elementi che non rientrerebbero nell’ambito di applicazione dell’articolo 42 quater dello Statuto. La ricorrente contesta altresì la conclusione figurante nella decisione impugnata secondo la quale ella non disponeva della capacità di adeguamento all’evoluzione delle esigenze lavorative.

129    Il Consiglio contesta l’argomentazione della ricorrente e conclude per il rigetto del presente motivo.

a)      Sulla determinazione del contesto normativo applicabile nella fattispecie

130    Si deve ricordare che l’articolo 42 quater dello Statuto prevede esplicitamente che il collocamento in congedo dei funzionari interessati avviene nell’interesse del servizio. Inoltre, esso prevede come condizione della sua applicazione l’esistenza di «esigenze organizzative legate all’acquisizione di nuove competenze all’interno delle istituzioni».

131    Occorre ricordare altresì che, con la CP 71/15, il segretario generale del Consiglio ha fornito informazioni sull’applicazione dell’articolo 42 quater dello Statuto da parte di tale istituzione (v. punto 8 supra) precisando, in particolare, il contenuto delle «esigenze organizzative legate all’acquisizione di nuove competenze» per quanto riguarda tale istituzione. Risulta da tale comunicazione e dalle precisazioni fornite nell’ambito della decisione di rigetto del reclamo (v., in particolare, punti 44 e 64 di tale decisione) che, per l’applicazione dell’articolo 42 quater dello Statuto, il Consiglio prende in considerazione i due elementi seguenti: da un lato, esso prende in considerazione le «esigenze organizzative legate all’acquisizione di nuove competenze» all’interno dell’istituzione, nel senso che valuta l’esistenza di tali esigenze che richiedono l’acquisizione di nuove competenze da parte dei funzionari interessati e, dall’altro, prende in considerazione la capacità di tali funzionari di acquisire siffatte competenze e di adeguarsi all’evoluzione dell’ambiente di lavoro.

132    Il Consiglio ha precisato, al punto 44 della decisione di rigetto del reclamo e nel controricorso dinanzi al Tribunale, che la valutazione del secondo elemento individuato al precedente punto 131 comportava necessariamente un aspetto previsionale nel senso che si trattava di valutare, sulla base delle informazioni di cui disponeva l’APN al momento in cui prendeva la sua decisione, se fosse ragionevole presumere che i funzionari interessati avessero difficoltà ad adeguarsi all’evoluzione dell’ambiente di lavoro e alle esigenze del servizio nel futuro.

133    Risulta dal contesto normativo, costituito nella fattispecie dall’articolo 42 quater dello Statuto come precisato dalla CP 71/15, la quale vincola il Consiglio, che la valutazione dei due elementi individuati al precedente punto 131 è una valutazione in prospettiva, così come tale istituzione ha del resto confermato all’udienza, in risposta ad un quesito posto dal Tribunale.

134    La ricorrente contesta la legittimità dell’interpretazione dell’articolo 42 quater dello Statuto operata dal Consiglio. Da una parte, ella sostiene che quest’ultimo, tramite la CP 71/15, ha snaturato tale disposizione prevedendo che il collocamento in congedo nell’interesse del servizio sarebbe stato applicato ai «funzionari che provano difficoltà ad acquisire nuove competenze e ad adeguarsi all’evoluzione dell’ambiente di lavoro». Dall’altra parte, ella fa valere che, a seguito di tale illegittimo snaturamento, il ragionamento del Consiglio, esposto al punto 76 del controricorso, secondo il quale si tratterebbe «di valutare la capacità potenziale di un funzionario di acquisire nuove competenze e di adeguarsi all’evoluzione dell’ambiente di lavoro» deve anch’esso essere disatteso in quanto si fonderebbe su congetture non autorizzate dal tenore letterale dell’articolo 42 quater dello Statuto.

135    Tale argomentazione della ricorrente impone di controllare la compatibilità dell’approccio del Consiglio, quale descritto nella CP 71/15 e esplicitato nella decisione di rigetto del reclamo e nelle sue memorie dinanzi al Tribunale, con la norma preminente costituita dall’articolo 42 quater dello Statuto (v., in questo senso, sentenza del 22 settembre 2015, Barnett/CESE, F‑20/14, EU:F:2015:107, punto 52 e giurisprudenza citata).

136    A questo proposito, occorre ricordare che l’articolo 42 quater dello Statuto fa esplicito riferimento all’«interesse del servizio». Come il Consiglio ha precisato nell’ambito della sua risposta scritta ad un quesito posto dal Tribunale, le «esigenze organizzative legate all’acquisizione di nuove competenze», anch’esse considerate da tale articolo, costituiscono un aspetto specifico dell’interesse del servizio.

137    Nei limiti in cui le «esigenze organizzative» sono legate all’«acquisizione di nuove competenze» e costituiscono solo un aspetto specifico dell’interesse del servizio nel contesto dell’articolo 42 quater dello Statuto, si deve concludere che il tenore letterale di tale disposizione non vieta al Consiglio di prendere in considerazione, fra le «esigenze organizzative legate all’acquisizione di nuove competenze», la capacità dei funzionari interessati «di acquisire nuove competenze e di adeguarsi all’evoluzione dell’ambiente di lavoro», ai termini della CP 71/15.

138    Tale presa in considerazione di un elemento proprio ai funzionari interessati non è neppure in contrasto con la ratio legis dell’articolo 42 quater dello Statuto. Infatti, poiché è stato dimostrato che tale disposizione persegue la finalità di ottimizzare gli investimenti delle istituzioni connessi alla formazione professionale assicurando efficienza in termini di costi, appare compatibile con tale finalità che il Consiglio prenda in considerazione, ai fini della determinazione dei costi degli investimenti relativi alla formazione professionale, la capacità dei funzionari interessati di acquisire nuove competenze e di adeguarsi all’evoluzione dell’ambiente di lavoro. Tale presa in considerazione di un elemento proprio ai funzionari interessati appare altresì giustificata dalla circostanza che l’applicazione dell’articolo 42 quater dello Statuto comporta conseguenze per loro sfavorevoli e che essa può essere loro imposta contro la loro volontà (v. punti da 90 a 92 supra). Ne consegue che tale presa in considerazione di un elemento personale dei funzionari interessati rende l’applicazione di tale disposizione meno rigida per essi.

139    Pertanto, si deve concludere che la valutazione da parte del Consiglio della capacità dei funzionari interessati di acquisire nuove competenze e di adeguarsi all’evoluzione dell’ambiente di lavoro è compatibile con l’articolo 42 quater dello Statuto.

140    D’altro canto, poiché tale valutazione mira al perseguimento dell’interesse del servizio, essa deve necessariamente vertere sulla capacità futura dei funzionari interessati di acquisire nuove competenze e di adeguarsi all’evoluzione dell’ambiente di lavoro e deve pertanto comportare un aspetto previsionale, come giustamente sostiene il Consiglio. In caso contrario, tale valutazione non perseguirebbe l’interesse del servizio. Pertanto, occorre parimenti concludere nel senso che l’elemento previsionale implicito nella valutazione del secondo elemento individuato nel punto 131 supra è compatibile con l’articolo 42 quater dello Statuto.

141    Sul fondamento delle considerazioni che precedono, occorre respingere l’argomentazione della ricorrente esposta al punto 134 supra.

142    Risulta dal contesto normativo costituito dall’articolo 42 quater dello Statuto e dalla CP 71/15 che il Consiglio era, nella fattispecie, tenuto a valutare due elementi quali «esigenze organizzative legate all’acquisizione di nuove competenze», e cioè, in primo luogo, le esigenze organizzative future dell’istituzione richiedenti l’acquisizione di nuove competenze e, in secondo luogo, la capacità della ricorrente di acquisire le nuove competenze previamente individuate, allo scopo di valutare, in ultima analisi, l’efficienza in termini di costi che l’investimento relativo alla sua formazione professionale comporterebbe, conformemente alla finalità perseguita dall’articolo 42 quater dello Statuto.

b)      Sulla valutazione, nella fattispecie, delle esigenze organizzative future

143    In via preliminare, si deve rilevare che il Consiglio ha precisato, nelle sue memorie dinanzi al Tribunale, rinviando al punto 9, lettera c), della decisione impugnata, che l’APN aveva preso in considerazione, nel caso di specie, non soltanto gli sviluppi del servizio al quale la ricorrente era assegnata, ma anche le esigenze organizzative dell’istituzione, ossia del SGC, nel suo complesso e che tale modo di procedere non era contrario all’articolo 42 quater dello Statuto né era viziato da alcun errore manifesto di valutazione. La ricorrente ha contestato il fatto che il Consiglio abbia effettivamente proceduto alla valutazione che esso sosteneva di aver effettuato.

144    Occorre pertanto verificare se il Consiglio abbia proceduto, nella fattispecie, ad una valutazione in prospettiva e reale delle esigenze organizzative del servizio al quale la ricorrente era assegnata e anche dell’istituzione nel suo complesso, così come esso sostiene di aver fatto.

145    Poiché la valutazione delle esigenze organizzative è connessa alla valutazione dell’interesse del servizio, occorre riconoscere al Consiglio un ampio potere discrezionale ai fini di tale valutazione, il cui uso può essere rimesso in discussione da parte del Tribunale solo in caso di errore manifesto di valutazione, di inesattezza materiale o di sviamento di potere (v., in questo senso, sentenze del 12 dicembre 2000, Dejaiffe/UAMI, T‑223/99, EU:T:2000:292, punto 53 e giurisprudenza citata, e del 16 maggio 2018, Barnett/CESE, T‑23/17, non pubblicata, oggetto di impugnazione, EU:T:2018:271, punti 36 e 38).

146    Tuttavia, il sindacato giurisdizionale esercitato nella fattispecie, pur avendo portata limitata, richiede che il Consiglio, autore della decisione impugnata, sia in grado di dimostrare dinanzi al Tribunale che la decisione è stata adottata attraverso un effettivo esercizio del suo potere discrezionale, il quale presuppone la valutazione di tutti gli elementi e di tutte le circostanze rilevanti della situazione controversa (v., in questo senso e per analogia, sentenze del 7 settembre 2006, Spagna/Consiglio, C‑310/04, EU:C:2006:521, punto 122, e dell’11 luglio 2007, Wils/Parlamento, F‑105/05, EU:F:2007:128, punto 75).

147    Ne deriva che il Consiglio deve, quanto meno, poter produrre ed esporre in modo chiaro e inequivocabile i dati di base che hanno dovuto essere presi in considerazione per fondare la decisione impugnata e dai quali dipendeva l’esercizio del suo potere discrezionale (v., in questo senso e per analogia, sentenze del 7 settembre 2006, Spagna/Consiglio, C‑310/04, EU:C:2006:521, punto 123, e dell’11 luglio 2007, Wils/Parlamento, F‑105/05, EU:F:2007:128, punto 76).

148    Nella misura in cui il Consiglio deve valutare l’efficienza in termini di costi che l’investimento relativo alla formazione professionale della ricorrente comporterebbe, i dati di base di cui sopra includevano, logicamente, dati relativi alla natura e all’ampiezza delle riforme future.

149    Nella fattispecie, in primo luogo, risulta dal fascicolo che la ricorrente, nella sua nota del 1o dicembre 2015 (v. punto 13 supra), ha, in particolare, fatto valere che l’APN non aveva dimostrato che esistessero «esigenze organizzative legate all’acquisizione di nuove competenze» tali da giustificare il suo collocamento in congedo contro la sua volontà e che essa non aveva individuato le nuove competenze che avrebbero dovuto essere acquisite.

150    In secondo luogo, risulta dalla decisione impugnata che i soli punti pertinenti che abbiano affrontato la problematica relativa alla valutazione delle esigenze organizzative future sono i punti 9, lettere a) e c).

151    Al punto 9, lettera a), della decisione impugnata, l’APN affermava che l’unità [riservato] alla quale la ricorrente era assegnata procedeva all’adeguamento dei suoi metodi di lavoro sulla falsariga delle riforme condotte anche negli altri servizi della direzione [riservato]. L’APN individuava in maniera generica tali riforme consistenti, in particolare, nell’attuazione di «nuove procedure flessibili» e «attività», nella «digitalizzazione dei flussi di lavoro» e nell’«adozione di soluzioni informatiche interistituzionali». L’APN asseriva che la realizzazione di tali riforme esigeva da parte del personale competenze adeguate e un certo grado di flessibilità.

152    Il Tribunale considera che il contenuto del punto 9, lettera a), di cui sopra non dimostra che l’APN abbia proceduto ad una valutazione effettiva e in prospettiva delle esigenze organizzative a livello sia dell’unità [riservato] sia della direzione [riservato]. Infatti, le informazioni fornite da tale punto non dimostrano né che le riforme menzionate si collochino nel futuro, né che siano state considerate la natura e l’ampiezza di tali riforme. In altri termini, tali informazioni non dimostrano che il Consiglio abbia preso in considerazione esigenze organizzative future come era tenuto a fare secondo la sua ottica in prospettiva e non dimostrano neppure che il Consiglio abbia valutato la natura e l’ampiezza di tali riforme al fine di poter apprezzare il contributo all’efficienza, in termini di costi, delle esigenze di formazione della ricorrente.

153    Per quanto riguarda il punto 9, lettera c), della decisione impugnata, occorre constatare che il Consiglio si limita ad affermare che i servizi del SGC «si adeguano costantemente alla natura e all’aumentato ritmo delle riunioni che [esso] deve accogliere e all’evoluzione della dinamica del processo legislativo». Orbene, tali elementi informativi non dimostrano che il Consiglio abbia proceduto ad una valutazione in prospettiva delle esigenze organizzative del SGC nel suo complesso così come esso ha asserito di aver fatto (v. punto 143 supra). Anche supponendo che il Consiglio abbia proceduto ad una siffatta valutazione, non è dimostrato che essa abbia tenuto conto della natura e dell’ampiezza delle riforme future. Infatti, le considerazioni contenute al punto 9, lettera c), della decisione impugnata sembrano riguardare l’esame del potenziale di mobilità della ricorrente, come risulta dalla prima e dall’ultima frase di tale punto.

154    Le restanti disposizioni del punto 9 della decisione impugnata, il quale contiene la motivazione dell’applicazione dell’articolo 42 quater dello Statuto alla ricorrente, non riguardano la valutazione delle esigenze organizzative future. Il punto 9, lettera b), della decisione impugnata fornisce informazioni sul quadro cronologico della carriera della ricorrente e contiene una valutazione della sua capacità di adeguamento fondata su dati relativi al suo percorso professionale sino alla data dell’adozione della decisione impugnata. Il punto 9, lettere d) ed e), della decisione impugnata espone la valutazione del potenziale di mobilità della ricorrente e conclude, alla lettera e), per la sua inesistenza. Orbene, la valutazione di tale potenziale non costituisce una valutazione delle esigenze organizzative future, in quanto riguarda la questione se la ricorrente potesse essere trasferita verso un altro servizio e non quella se l’efficienza in termini di costi giustifichi la formazione professionale della ricorrente ai fini del suo adeguamento alle riforme che verranno introdotte. In ogni caso, risulta dalla nota del servizio degli organici del 17 novembre 2015 (v. punto 11 supra), sulla base della quale la valutazione del potenziale di mobilità della ricorrente è stata effettuata, che tale potenziale era altresì influenzato dalle scelte personali della ricorrente la quale, secondo tale nota, aveva rifiutato un certo numero di posti che erano disponibili. Nessuna valutazione delle esigenze organizzative future figurava in tale nota.

155    In terzo luogo, occorre rilevare che, nel suo reclamo contro la decisione impugnata, la ricorrente ha nuovamente contestato, in particolare, l’esistenza di una riforma la cui natura giustificasse l’applicazione dell’articolo 42 quater dello Statuto nei suoi confronti. Orbene, la decisione di rigetto del reclamo non risponde a tale contestazione della ricorrente e, più in generale, non contiene alcun elemento che dimostri che il Consiglio abbia proceduto ad una valutazione effettiva e in prospettiva delle esigenze organizzative. Tale istituzione ha limitato la sua analisi alla valutazione della capacità della ricorrente di acquisire nuove competenze e di adeguarsi all’evoluzione dell’ambiente di lavoro e ha fondato la sua conclusione relativa alla totale inesistenza di tale capacità sul ragionamento, sintetizzato al punto 33 della decisione di rigetto del reclamo, secondo il quale «chi ha difficoltà a svolgere il suo lavoro normale non è in grado di sostenere lo sforzo che l’adeguamento ad una realtà in evoluzione comporta».

156    In quarto luogo, dinanzi al Tribunale, in risposta all’argomentazione della ricorrente relativa alla mancata individuazione delle esigenze organizzative reali che richiedono l’acquisizione di nuove competenze (v. punto 128 supra), il Consiglio, nel controricorso, si limita ad affermare, riferendosi al punto 9, lettera c), della decisione impugnata, che «i cambiamenti di metodo di lavoro in seno al SGC e le accresciute esigenze di capacità di adeguamento da parte del personale che ne derivano, anche per i funzionari del gruppo di funzioni AST, non sono puramente ipotetici, ma costituiscono una realtà di cui l’APN deve tener conto». Tale semplice affermazione del Consiglio non dimostra in nessun modo che una valutazione effettiva e in prospettiva delle esigenze organizzative sia stata operata e non aggiunge alcuna informazione sostanziale a quella fornita al punto 9, lettera c), della decisione impugnata, a sua volta insufficiente ai fini di tale dimostrazione (v. punto 153 supra). L’argomentazione del Consiglio nella controreplica si limita anch’essa a ribadire il punto 9 della decisione impugnata.

157    Inoltre, il riferimento da parte del Consiglio dinanzi al Tribunale alla nota del capo unità [riservato], del 26 ottobre 2015 (v. punto 11 supra), riguardante una riorganizzazione del servizio [riservato] avvenuta nel 2014, a seguito dell’arrivo di un nuovo [riservato], non fornisce alcun elemento informativo utile sulla questione dell’esistenza di una valutazione effettiva e in prospettiva delle esigenze organizzative di tale servizio, dell’unità [riservato] o del SGC nel suo complesso. Infatti, come risulta del resto dalla nota del 26 ottobre 2015 di cui sopra, e come è stato confermato dal Consiglio nella controreplica, il riferimento ad una riorganizzazione avvenuta nel passato è servito unicamente a suffragare la conclusione relativa alla pretesa incapacità della ricorrente di acquisire nuove competenze e di adeguarsi all’evoluzione dell’ambiente di lavoro.

158    In quinto luogo, alla luce dell’argomentazione del Consiglio, al punto 42 della controreplica, che potrebbe essere intesa nel senso che tale istituzione abbia preso in considerazione, ai fini della valutazione, nella fattispecie, delle esigenze organizzative future, la riduzione degli organici a cui essa era soggetta, il Consiglio ha chiarito, all’udienza, a seguito di un quesito posto dal Tribunale, che così non era. D’altro canto, una siffatta presa in considerazione non risulta dal contenuto né della decisione impugnata né della decisione di rigetto dal reclamo.

159    Tenuto conto delle considerazioni che precedono, si deve necessariamente constatare che il Consiglio non ha dimostrato che la decisione impugnata sia stata adottata attraverso un esercizio effettivo del suo potere discrezionale per quanto riguarda l’esistenza di esigenze organizzative future richiedenti l’acquisizione di nuove competenze da parte della ricorrente in quanto non ha dimostrato di aver effettuato una valutazione in prospettiva e di aver preso in considerazione, da un lato, la natura e l’ampiezza delle riforme da attuare e, dall’altro, le esigenze organizzative dell’istituzione nel suo complesso così come afferma di aver fatto. Per contro, risulta dal fascicolo che il Consiglio, in realtà, ha fondato la decisione impugnata esclusivamente sulla valutazione della capacità della ricorrente di acquisire nuove competenze. Orbene, poiché tale valutazione non è stata messa in relazione con una valutazione reale e in prospettiva delle esigenze organizzative, il Consiglio ha effettuato un uso errato dell’articolo 42 quater dello Statuto, il quale richiede la presa in considerazione, da parte dell’istituzione interessata, degli elementi oggettivi riguardanti le sue «esigenze organizzative». Infatti, in mancanza di tale presa in considerazione, il collocamento in congedo previsto nella disposizione summenzionata rischia di presentare un carattere disciplinare nei confronti dei funzionari interessati da tale misura.

160    Di conseguenza, si deve concludere che il Consiglio ha ecceduto i limiti dell’ampio potere discrezionale di cui disponeva nella fattispecie e che, su tale fondamento, il secondo motivo dev’essere accolto. Ne consegue che si deve annullare la decisione impugnata, con la quale la ricorrente è stata collocata in congedo nell’interesse del servizio, senza che occorra esaminare gli altri motivi dedotti da quest’ultima.

C.      Sulla domanda di risarcimento danni

161    La ricorrente sostiene che la decisione impugnata le ha causato un danno materiale e un danno morale.

162    Il danno materiale consisterebbe essenzialmente in un mancato guadagno e il Consiglio dovrebbe trarre tutte le conseguenze dall’annullamento della decisione impugnata e dalla decisione di rigetto del reclamo.

163    In particolare, il Consiglio dovrebbe versare alla ricorrente la differenza tra, in primo luogo, la sua retribuzione netta (stipendio base e indennità) e l’indennità versata ai sensi dell’articolo 42 quater dello Statuto (quale fissata dall’allegato IV dello Statuto), per il periodo gennaio – marzo 2016 e, in secondo luogo, tra la sua retribuzione netta (stipendio base e indennità) e la sua pensione, a partire dal 1o aprile 2016. Per tali calcoli, occorrerebbe tener conto del pregiudizio alla progressione nella carriera della ricorrente, comprendente non soltanto la maturazione di nuovi scatti, ma anche di una possibilità di beneficiare di una promozione prima del pensionamento fissato a 65 anni. Infine, si dovrebbe fare applicazione di un interesse di mora sul totale di tali somme al tasso della Banca centrale europea (BCE) maggiorato di 2 punti. La ricorrente valuta il danno ad un importo di EUR 121 101,72, importo che non tiene conto, in particolare, degli interessi di mora, della maturazione di due nuovi scatti il 1o aprile 2018 e il 1o aprile 2020 e della progressione di carriera mediante una promozione.

164    A titolo di danno materiale, la ricorrente fa valere altresì difficoltà finanziarie causate dalle due decisioni summenzionate. [riservato] La ricorrente valuta il danno materiale derivante da tali elementi in EUR 30 000, con riserva di ulteriore definizione.

165    [riservato]

166    [riservato]

167    [riservato]

168    [riservato]

169    La ricorrente conclude nel senso che il danno morale subito non può essere risarcito tramite la sola sentenza di annullamento e valuta il risarcimento di tale danno in EUR 70 000 ex æquo et bono.

170    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, in via principale, conclude per il rigetto della domanda di risarcimento danni e, in subordine, fa valere che gli importi richiesti dalla ricorrente a fronte dei danni asseriti appaiono esagerati e devono essere ricondotti ad una più equa proporzione.

171    Risulta da una giurisprudenza costante che, nell’ambito di una domanda di risarcimento danni proposta da un funzionario o da un agente, il riconoscimento della responsabilità dell’Unione presuppone il sussistere di un complesso di condizioni relative all’illegittimità del comportamento di cui si fa carico alle istituzioni, all’effettività del danno lamentato e all’esistenza di un nesso causale fra il comportamento e il danno asserito (v. sentenza del 12 luglio 2012, Commissione/Nanopoulos, T‑308/10 P, EU:T:2012:370, punto 102 e giurisprudenza citata).

172    La ricorrente ha fatto valere, nella fattispecie, l’esistenza di un danno materiale e di un danno morale.

1.      Sul danno materiale

173    Il danno materiale fatto valere dalla ricorrente presenta due componenti: il mancato guadagno derivante dal suo collocamento in congedo nell’interesse del servizio e le conseguenze finanziarie derivanti dalla sua incapacità di rimborsare i debiti da lei contratti.

174    Per quanto riguarda la prima componente, la ricorrente fa valere che «il convenuto dovrà trarre tutte le conseguenze dall’annullamento delle decisioni contestate». Ella specifica poi tali conseguenze.

175    Ne consegue che il risarcimento del danno materiale chiesto dalla ricorrente si confonde con gli obblighi a carico del Consiglio in forza dell’articolo 266 TFUE a seguito dell’annullamento della decisione impugnata.

176    A questo proposito si ricorda che, ai sensi dell’articolo 266 TFUE, l’istituzione da cui emana un atto annullato da un giudice dell’Unione è tenuta a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della decisione di annullamento comporta al fine di compensare le conseguenze dell’illecito da essa commesso. Pertanto, in linea di principio, l’amministrazione deve porre il funzionario interessato nella stessa identica situazione in cui egli si troverebbe attualmente in assenza dell’illecito accertato. A tal fine, per correggere nel tempo le eventuali conseguenze di detto illecito, e a condizione che il legittimo affidamento degli interessati sia debitamente rispettato, l’amministrazione può adottare un atto avente carattere retroattivo (v., in questo senso, sentenza del 13 settembre 2011, AA/Commissione, F‑101/09, EU:F:2011:133, punto 41).

177    Di conseguenza, dato che il risarcimento della prima componente del danno materiale chiesto dalla ricorrente si confonde con gli obblighi a carico del Consiglio a seguito dell’annullamento della decisione impugnata, occorre constatare che la domanda della ricorrente è prematura e non può pertanto essere accolta (v., in questo senso, sentenza del 17 novembre 2017, Teeäär/BCE, T‑555/16, non pubblicata, EU:T:2017:817, punto 59).

178    Per quanto riguarda la seconda componente, da un lato, si deve necessariamente constatare che la ricorrente non dimostra che il suo danno pecuniario sia reale e certo. [riservato] Orbene, tali elementi non comprovano l’esistenza di un danno certo, ma quella di un danno ipotetico.

179    Dall’altra parte, occorre rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, il danno, per essere risarcibile, deve risultare in maniera sufficientemente diretta dal comportamento contestato (sentenze del 4 ottobre 1979, Dumortier e a./Consiglio, 64/76, 113/76, 167/78, 239/78, 27/79, 28/79 e 45/79, EU:C:1979:223, punto 21; del 25 giugno 1997, Perillo/Commissione, T‑7/96, EU:T:1997:94, punto 41, e del 27 giugno 2000, Meyer/Commissione, T‑72/99, EU:T:2000:170, punto 49). Spetta al ricorrente fornire la prova del nesso di causalità (sentenze del 18 settembre 1995, Blackspur e a./Consiglio e Commissione, T‑168/94, EU:T:1995:170, punto 40 e giurisprudenza citata, e del 14 ottobre 2004, I/Corte di giustizia, T‑256/02, EU:T:2004:306, punto 49). Orbene, nella fattispecie, la ricorrente non dimostra l’esistenza di un nesso sufficientemente diretto tra la diminuzione dei suoi introiti risultante dalla decisione impugnata e la sua incapacità di rimborsare i debiti da lei contratti. Tale incapacità può essere la conseguenza di vari fattori estranei rispetto alla sfera di influenza del Consiglio e, in particolare, della gestione finanziaria della ricorrente per la quale il Consiglio non può essere ritenuto responsabile.

180    Alla luce delle considerazioni che precedono, la domanda della ricorrente diretta al risarcimento del danno materiale dev’essere respinta.

2.      Sul danno morale

181    Il giudice dell’Unione ha precisato che l’annullamento di un atto viziato da illegittimità può costituire di per sé il risarcimento adeguato e, in linea di principio, sufficiente di qualsiasi danno morale che tale atto possa aver causato, a meno che la parte ricorrente non dimostri di aver subìto un danno morale separabile dall’illecito che fonda l’annullamento e non integralmente risarcibile attraverso l’annullamento medesimo (v. sentenza del 31 marzo 2004, Girardot/Commissione, T‑10/02, EU:T:2004:94, punto 131 e giurisprudenza citata).

182    Nella fattispecie, gli elementi esposti ai punti 166 e 167 supra e asserita causa di danno morale sono connessi all’adozione della decisione impugnata. A tal proposito, il Tribunale sostiene che, nella fattispecie, l’annullamento di tale decisione costituisce un risarcimento adeguato del preteso danno morale derivante da tali elementi.

183    Per quanto riguarda il danno morale di cui al precedente punto 165, esso non presenta alcun nesso con la decisione impugnata [riservato].

184    Per quanto riguarda il danno morale di cui al punto 168 supra, occorre rilevare che la ricorrente non dimostra l’esistenza di un nesso sufficientemente diretto tra la diminuzione dei suoi introiti risultante dalla decisione impugnata e [riservato].

185    Alla luce delle considerazioni che precedono, anche la domanda della ricorrente diretta al risarcimento del danno morale dev’essere respinta. Pertanto, la sua domanda di risarcimento danni dev’essere integralmente respinta.

IV.    Sulle spese

186    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

187    Poiché la ricorrente ne ha fatto domanda, il Consiglio, rimasto soccombente, va condannato alle spese.

188    Il Parlamento e la Commissione sopporteranno le proprie spese, conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione dell’8 dicembre 2015 con la quale FV è stata collocata in congedo nell’interesse del servizio è annullata.

2)      Per il resto, il ricorso è respinto.

3)      Il Consiglio dell’Unione europea sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute da FV.

4)      Il Parlamento europeo e la Commissione europea sopporteranno le proprie spese.

PrekButtigiegSchalin

BerkeCosteira

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 dicembre 2018.

Firme


Indice




*      Lingua processuale: il francese.


1      Dati riservati omessi.