Language of document : ECLI:EU:C:2023:907

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

TAMARA ĆAPETA

presentate il 23 novembre 2023 (1)

Causa C351/22

Neves 77 Solutions SRL

contro

Agenția Națională de Administrare Fiscală – Direcția Generală Antifraudă Fiscală

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunalul București (Tribunale superiore di Bucarest, Romania)]

«Rinvio pregiudiziale – Politica estera e di sicurezza comune (PESC) – Misure restrittive adottate in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina – Decisione 2014/512/PESC del Consiglio – Competenza della Corte di giustizia – Articoli 2, 6, 19 e 24 TUE – Articoli 267 e 275 TFUE – Divieto di servizi di intermediazione in relazione a beni militari – Attuazione da parte degli Stati membri – Ammenda amministrativa – Confisca delle somme percepite – Asserita violazione dei principi generali del diritto dell’Unione e dei diritti fondamentali – Principio della certezza del diritto – Principio nulla poena sine lege – Articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 1 del protocollo n. 1 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo – Diritto di proprietà»






I.      Introduzione

1.        Nel 2014, in risposta all’ingiustificata violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina da parte della Federazione russa, l’Unione europea ha adottato diverse misure restrittive nei confronti di tale paese. La presente causa riguarda misure restrittive introdotte dalla decisione 2014/512/PESC (2).

2.        Il più importante tema posto dalla presente causa è se la Corte possa interpretare le disposizioni di tale decisione, tenuto conto delle limitazioni imposte alla sua competenza nel settore della politica estera e di sicurezza comune (in prosieguo: la «PESC») da parte dell’articolo 24, paragrafo 1, TUE e dell’articolo 275 TFUE.

3.        La presente causa viene esaminata dalla Corte parallelamente a due cause riunite, KS e KD/Consiglio e altri, da un lato, e Commissione/KS e altri, dall’altro (cause C‑29/22 P e C‑44/22 P; in prosieguo: le «cause KS e KD»), nelle quali le mie conclusioni sono presentate lo stesso giorno. Anche queste ultime cause sollevano la questione relativa alla portata delle limitazioni alla competenza della Corte nell’ambito della PESC. Farò quindi riferimento, se del caso, alle mie conclusioni in tali cause.

4.        Il più ampio contesto delle due serie di cause è quello dei negoziati in corso in merito all’adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «CEDU»). Tutti gli altri capitoli di negoziato, aperti in conseguenza del parere 2/13 (3), sembrano conclusi, ad eccezione di un’ultima questione: l’ambito della competenza dei giudici dell’Unione in materia di PESC.

II.    Fatti all’origine del procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

5.        Neves 77 Solutions SRL (in prosieguo: la «Neves») è una società costituita nel 2014, la cui attività principale consiste nell’intermediazione nella vendita di prodotti nel settore dell’aviazione.

6.        La Neves ha svolto attività di intermediazione in relazione a un’operazione negoziale tra la società ucraina SFTE Spetstechnoexport (in prosieguo: la «SFTE») e la società indiana Hindustan Aeronautics Limited (in prosieguo: la «Hindustan»).

7.        Nel 2009 le due società di cui trattasi hanno stipulato un contratto in base al quale la SFTE si impegnava a fornire e riparare diversi aerei per la Hindustan, utilizzando componenti prodotti in Russia. Tuttavia, a seguito dell’invasione dell’Ucraina nell’area della Crimea da parte della Federazione russa nel 2014, la SFTE ha rinunciato a continuare ad acquistare direttamente dalla Russia i pezzi e le apparecchiature necessari per l’esecuzione del contratto.

8.        Il 4 gennaio 2019 la SFTE ha stipulato un contratto con la Neves per la fornitura di 32 stazioni radio R-800L2E, che dovevano essere consegnate agli Emirati Arabi Uniti. L’8 gennaio 2019, la Neves ha, a sua volta, stipulato un contratto con una società portoghese per l’acquisto delle 32 stazioni radio R-800L2E, 20 delle quali sono state prodotte ed esportate dalla Russia negli Emirati Arabi Uniti. La Neves ha poi trasferito le 20 stazioni radio alla Hindustan in India, come richiesto dalla SFTE.

9.        Con comunicazione del 26 luglio 2019, il Departamentul pentru Controlul Exporturilor (Dipartimento per il Controllo delle Esportazioni, Romania; in prosieguo: l’«ANCEX») ha informato la Neves che le stazioni radio R-800L2E rientravano nella categoria ML11 dell’elenco dei prodotti militari soggetti al regime di controllo delle esportazioni, delle importazioni e di altre operazioni di cui al decreto n. 901/2019 del Ministerul Afacerilor Externe (Ministero degli Affari esteri, Romania) (in prosieguo: il «decreto n. 901/2019») (4). La comunicazione di cui trattasi precisava altresì che le operazioni di commercio estero del prodotto summenzionato potevano essere effettuate, conformemente al diritto rumeno, solo sulla base della conferma di registrazione e delle licenze rilasciate dall’ANCEX.

10.      Con comunicazione del 29 luglio 2019, l’ANCEX ha inoltre informato la Neves che l’operazione di intermediazione relativa alle stazioni radio R-800L2E rientrava nell’ambito di applicazione delle misure restrittive nei confronti della Russia introdotte dalla decisione 2014/512/PESC.

11.      La Neves ha risposto alle due comunicazioni dell’ANCEX sostenendo che le stazioni radio in discussione erano destinate a usi civili e che il decreto n. 901/2019, il quale recepiva nell’ordinamento rumeno l’elenco dei prodotti militari dell’Unione europea e che l’ANCEX invocava, non era applicabile al momento della consegna di tali beni. Secondo la Neves, neppure l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della decisione 2014/512/PESC era applicabile, poiché tali stazioni radio non erano state vendute alla Russia.

12.      Il 6 e il 9 agosto 2019 la Neves ha ricevuto dalla SFTE somme per un importo totale pari a EUR 2 984 961,40 a titolo di corrispettivo per le stazioni radio consegnate in forza del contratto del 4 gennaio 2019.

13.      Il 12 maggio 2020 l’Agenția Națională de Administrare Fiscală – Direcția Generală Antifraudă Fiscală (Agenzia nazionale dell’amministrazione tributaria – Direzione generale antifrode tributaria, Romania; in prosieguo: l’«ANAF») (5) ha emesso un verbale di contravvenzione nei confronti della Neves. L’ANAF contestava alla Neves una contravvenzione in forza dell’articolo 26, paragrafo 1, lettera b), del decreto-legge n. 202/2008, per aver violato l’articolo 3, paragrafo 1, l’articolo 7, paragrafo 1, e l’articolo 24, paragrafo 1, del medesimo decreto-legge, nonché l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della decisione 2014/512/PESC. Tale decreto-legge disciplina le modalità di attuazione a livello nazionale delle sanzioni internazionali, comprese quelle imposte dall’Unione europea. Le disposizioni del decreto-legge in esame invocate dall’ANAF prevedono che gli atti che impongono sanzioni internazionali (comprese le decisioni dell’Unione nell’ambito della PESC) vincolino le autorità pubbliche e tutte le persone fisiche o giuridiche ubicate in Romania. Esse introducono inoltre l’obbligo, per le persone fisiche o giuridiche, di informare le autorità competenti qualora abbiano instaurato un rapporto o si siano trovate in una relazione di fatto per quanto concerne operazioni oggetto di sanzioni internazionali.

14.      Di conseguenza, alla Neves sono state inflitte un’ammenda pari a 30 000 lei rumeni (RON) (circa EUR 6 000) e la confisca della somma di RON 14 113 003 (EUR 2 984 961,40), rappresentante gli importi ricevuti il 6 e il 9 agosto 2019 dalla SFTE.

15.      Nel verbale di contravvenzione l’ANAF precisava che, sebbene fosse stata informata dall’ANCEX del fatto che le stazioni radio modello R-800L2E rientravano nell’elenco dei prodotti militari soggetti al regime di controllo delle esportazioni, delle importazioni e di altre operazioni e che l’operazione di intermediazione concernente il prodotto summenzionato rientrava nell’ambito di applicazione della decisione 2014/512/PESC, la Neves aveva proseguito le operazioni relative alla vendita di tali prodotti, riscuotendo le somme ricevute su un conto bancario rumeno.

16.      La Neves ha impugnato tale verbale di contravvenzione dinanzi alla Judecătoria Sectorului 1 București (Tribunale di primo grado del 1° distretto di Bucarest, Romania). Con sentenza del 2 novembre 2020, tale giudice ha respinto il reclamo della Neves in quanto infondato.

17.      Avverso tale sentenza la Neves ha proposto appello dinanzi al Tribunalul București (Tribunale superiore di Bucarest, Romania), giudice del rinvio nella presente causa.

18.      Il giudice del rinvio spiega che, sulla base delle misure nazionali che attuano le misure restrittive dell’Unione, alla Neves è stata inflitta una sanzione amministrativa consistente in un’ammenda, nonché una sanzione accessoria consistente nella confisca delle somme ricevute dalla SFTE per l’operazione di intermediazione. Il giudice del rinvio osserva inoltre che la normativa nazionale ha introdotto un obbligo distinto di notifica alle autorità competenti relativamente a qualsiasi operazione rientrante nell’ambito di applicazione del divieto di prestare servizi di intermediazione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della decisione 2014/512/PESC, pena la confisca automatica di ogni somma risultante dalla violazione di tale obbligo.

19.      Il giudice del rinvio si chiede, in sostanza, se, tenuto conto delle affermazioni della Neves in relazione alla mancata proporzionalità della sanzione, consistente nella confisca integrale, alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») relativa al diritto di proprietà garantito dall’articolo 1 del protocollo n. 1 alla CEDU (6), le misure nazionali di attuazione siano in contrasto con taluni principi generali del diritto dell’Unione e con taluni diritti contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

20.      Inoltre, il giudice del rinvio chiede se il divieto di prestare servizi di intermediazione previsto dall’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della decisione 2014/512/PESC sia applicabile all’ipotesi del procedimento principale, che riguarda beni provenienti dalla Russia che non sono stati materialmente importati nel territorio di uno Stato membro.

21.      Il giudice del rinvio osserva che la Corte non si è pronunciata in precedenza sulle disposizioni della decisione 2014/512/PESC di cui si chiede l’interpretazione e che le circostanze della presente causa sono diverse da quelle che hanno dato luogo alla sentenza nella causa Rosneft (7).

22.      In tali circostanze, il Tribunalul București (Tribunale superiore di Bucarest) ha sospeso il procedimento e sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.      Se la decisione 2014/512/PESC, in particolare gli articoli 5 e 7 della stessa, alla luce dei principi di certezza del diritto e nulla poena sine lege, possa essere interpretata nel senso che essa consente (a titolo di sanzione civile) una misura nazionale che autorizza la confisca integrale delle somme risultanti da un’operazione negoziale, come quella menzionata all’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della decisione 2014/512/PESC, nel caso in cui sia accertata la commissione di un fatto qualificato dalla legge nazionale come contravvenzione.

2.      Se l’articolo 5 della decisione 2014/512/PESC debba essere interpretato nel senso che esso consente agli Stati membri di adottare misure nazionali che prevedono la confisca automatica di ogni somma risultante dalla violazione dell’obbligo di notifica di un’operazione rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della decisione 2014/512/PESC.

3.      Se il divieto previsto dall’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della decisione 2014/512/PESC sia applicabile nel caso in cui i beni che costituiscono equipaggiamenti militari, che sono stati oggetto delle operazioni di intermediazione, non siano mai stati materialmente importati nel territorio dello Stato membro».

23.      La Commissione ha presentato alla Corte osservazioni scritte. Inoltre, mediante misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 62 del regolamento di procedura della Corte, il governo rumeno e la Commissione sono stati invitati a rispondere per iscritto a ulteriori quesiti, uno dei quali relativo alla sussistenza della competenza della Corte nella presente causa.

24.      Il 27 giugno 2023 si è tenuta un’udienza in cui la Neves, i governi dei Paesi Bassi e dell’Austria, il Consiglio nonché la Commissione hanno esposto osservazioni orali.

III. Analisi

A.      Misure restrittive dell’Unione, in generale, e misure restrittive rilevanti per la presente causa, in particolare

1.      Adozione e attuazione di misure restrittive

25.      Nell’ambito della PESC, il Consiglio può decidere di imporre misure restrittive nei confronti di paesi terzi, enti o persone fisiche, conformemente agli obiettivi della PESC indicati all’articolo 21 TUE.

26.      In generale, lo scopo delle misure restrittive è quello di provocare un cambiamento nella politica o nell’attività da parte del paese, di una parte di esso, del governo, degli enti o delle persone fisiche che ne sono destinatari (8). Secondo la mappa delle sanzioni dell’Unione europea (9), attualmente sono in vigore oltre 40 misure restrittive dell’Unione (per lo più collegate a un determinato paese).

27.      Le misure restrittive sono adottate dal Consiglio sulla base dell’articolo 29 TUE e sono attuate a livello dell’Unione o a livello nazionale.

28.      Le misure relative a materie che rientrano nella competenza degli Stati membri, o nelle competenze concorrenti non ancora esercitate a livello dell’Unione, sono attuate solo a livello nazionale. Gli Stati membri hanno l’obbligo di adottare misure adeguate, in quanto sono giuridicamente tenuti ad agire conformemente alle decisioni del Consiglio nell’ambito della PESC (10). Finora è invalsa la prassi secondo cui misure come l’embargo sulle armi e il divieto di viaggio sono attuate direttamente dagli Stati membri (11).

29.      Le misure restrittive che rientrano nella competenza dell’Unione sono, in linea di principio, attuate a livello dell’Unione. Pertanto, le misure che prevedono l’interruzione o la riduzione, totale o parziale, delle relazioni economiche con un paese terzo, ivi comprese le misure di congelamento dei capitali e delle risorse economiche, sono adottate dal Consiglio, su proposta congiunta dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione, per mezzo di un regolamento ai sensi dell’articolo 215 TFUE (in prosieguo: «regolamento ex articolo 215») (12). Tali regolamenti sono vincolanti e direttamente applicabili in tutta l’Unione e garantiscono quindi l’applicazione uniforme delle misure restrittive in tutti gli Stati membri (13). Inoltre, a differenza di una decisione PESC, un regolamento ex articolo 215 può creare direttamente obblighi per gli individui negli Stati membri. Tuttavia, anche se le misure restrittive dell’Unione sono attuate tramite un regolamento ex articolo 215, la loro applicazione pratica potrebbe richiedere misure ulteriori a livello nazionale.

30.      Le decisioni PESC ai sensi dell’articolo 29 TUE e i regolamenti ex articolo 215 non hanno necessariamente lo stesso contenuto. Una decisione PESC potrebbe comprendere sia misure che rientrano nelle competenze di cui al Trattato FUE sia misure che esulano da tali competenze, nel qual caso un regolamento ex articolo 215 non attuerebbe l’intero contenuto di tale decisione (14). Se una decisione PESC è attuata da un regolamento ex articolo 215, essa può essere elaborata in modo più dettagliato nel regolamento in questione.

2.      Misure restrittive nei confronti della Russia rilevanti ai fini della presente causa

31.      In risposta all’invasione russa nei confronti della regione della Crimea in Ucraina, già nel marzo 2014 l’Unione europea aveva adottato la decisione 2014/145/PESC (15). Tale decisione prevedeva restrizioni di viaggio e il congelamento dei capitali e delle risorse economiche di talune persone. Essa è stata attuata dal regolamento n. 269/2014 (16).

32.      Successivamente, poiché la Russia non ha cooperato riguardo alle richieste dell’Unione europea, il Consiglio ha introdotto un pacchetto di ulteriori misure restrittive dell’Unione con la decisione 2014/512/PESC. Le restrizioni sono state introdotte in relazione ai servizi finanziari, ai beni a duplice uso, alle tecnologie sensibili e ai beni militari (17). Tali misure sono state modificate più volte alla luce della persistente aggressione militare della Russia nei confronti dell’Ucraina (18). Tuttavia, la presente causa riguarda solo le misure adottate con la decisione 2014/512/PESC.

33.      L’articolo 2 di tale decisione stabilisce vari divieti relativi ad armamenti e a beni militari connessi (19). L’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della medesima decisione enuncia un divieto di intermediazione di servizi in relazione ai beni militari. Esso prevede che sia vietato quanto segue:

«prestare, direttamente o indirettamente, assistenza tecnica, servizi di intermediazione o altri servizi connessi ad attività militari e alla fornitura, alla fabbricazione, alla manutenzione e all’uso di armamenti e materiale connesso di qualsiasi tipo, ivi compresi armi e munizioni, veicoli ed equipaggiamento militari, equipaggiamento paramilitare e relativi pezzi di ricambio, a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità o organismo in Russia, o destinati a essere ivi utilizzati» (20).

34.      Lo stesso giorno della decisione 2014/512/PESC, il Consiglio ha adottato il regolamento n. 833/2014 (21), sulla base dell’articolo 215 TFUE, al fine di attuare tale decisione. Il regolamento n. 833/2014 non conteneva inizialmente un divieto di fornire servizi di intermediazione in relazione ai beni militari (22). L’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dello stesso prevedeva che fosse vietato:

«fornire, direttamente o indirettamente, assistenza tecnica connessa ai beni e alle tecnologie inclusi nell’elenco comune delle attrezzature militari, o alla fornitura, alla fabbricazione, alla manutenzione e all’uso dei beni inseriti in tale elenco, a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo in Russia o per un uso in Russia».

35.      Solo recentemente, il 23 giugno 2023, il Consiglio ha modificato l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 833/2014 (23) includendo la locuzione «and brokering services» (servizi di intermediazione) dopo i termini «technical assistance» (24). Tale modifica non è tuttavia applicabile ratione temporis alla situazione oggetto del procedimento principale.

36.      All’epoca dei fatti, pertanto, il divieto di prestare servizi di intermediazione in relazione a beni militari stabilito dall’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della decisione 2014/512/PESC non era stato attuato dal regolamento n. 883/2014.

37.      Il Consiglio ha spiegato il motivo per il quale il divieto non è stato attuato con un regolamento ex articolo 215 nel modo seguente. Le esportazioni di armi sono oggetto della posizione comune 2008/944/PESC (25), che disciplina tutte le esportazioni in questione e non solo quelle verso i paesi ai quali l’Unione europea ha imposto un embargo sulle armi. Essa prevede che gli Stati membri debbano rilasciare una licenza per qualsiasi esportazione di attrezzature militari. Pertanto, nessuno può esportare armi dall’Unione europea senza una licenza rilasciata dall’organismo istituito a tal fine in ciascuno Stato membro. Questa stessa posizione comune obbliga gli Stati membri a respingere una domanda di licenza di esportazione di armi, tra l’altro, ove l’esportazione sia incompatibile con un embargo sulle armi vincolante per gli Stati membri (26). Per facilitare l’applicazione di tale posizione comune, è stato adottato un elenco comune delle attrezzature militari dell’Unione europea (27). Tutti i prodotti inclusi in tale elenco sono sottoposti a controlli sulle esportazioni conformemente alla posizione comune 2008/944/PESC (28).

38.      Tale regime generale che disciplina le esportazioni di armi è, come spiegato dal Consiglio, il motivo per cui i divieti all’esportazione diretta di armi verso paesi sottoposti a sanzioni (embargo sulle armi) non sono inclusi nei regolamenti ex articolo 215. L’adozione di siffatti regolamenti è necessaria ogniqualvolta l’applicazione di misure restrittive richieda l’imposizione di un obbligo agli individui negli Stati membri, poiché un obbligo del genere non può essere imposto direttamente da una decisione PESC. Tuttavia, poiché tutti gli Stati membri hanno dovuto creare sistemi per il rilascio di licenze e imporre a tutti gli esportatori di armi sul loro territorio l’obbligo di ottenere una siffatta licenza, non è necessario un regolamento ex articolo 215.

39.      Tuttavia, il Consiglio ritiene che la posizione comune 2008/944/PESC non esiga in modo chiaro che gli Stati membri impongano obblighi di licenza per i servizi di intermediazione in relazione a beni militari, anche se l’articolo 1, paragrafo 2, della stessa dispone che le domande di licenza di esportazione comprendono anche le domande di licenza di servizi di intermediazione (29). Per tale ragione la prassi varia, in quanto in alcuni casi si ritiene necessario, e in altri casi no, attuare il divieto di fornire servizi di intermediazione in relazione ai beni militari mediante un regolamento ex articolo 215 (30).

40.      Anche se non trovo convincente la spiegazione fornita dal Consiglio, ciò non incide sul fatto che il divieto di prestare servizi di intermediazione in relazione ai beni militari non era compreso nel regolamento n. 833/2014 nella versione applicabile al caso di specie.

B.      Riformulazione delle questioni e competenza della Corte

41.      Il Tribunalul București (Tribunale superiore di Bucarest) ha formulato le sue questioni preliminari come vertenti sull’interpretazione di talune disposizioni della decisione 2014/512/PESC. Tuttavia, come si evince dalle sue spiegazioni sui motivi del rinvio, lo stesso giudice chiede, in sostanza, alla Corte di pronunciarsi in merito alla compatibilità delle misure nazionali di attuazione con i diritti e i principi fondamentali dell’Unione.

42.      L’ordinamento rumeno ha scelto di sanzionare le persone che prestano servizi di intermediazione in violazione delle misure restrittive dell’Unione con un’ammenda amministrativa e la confisca di tutte le somme risultanti dall’operazione vietata a titolo di sanzione civile. Tali sanzioni costituiscono la scelta operata dal legislatore nazionale in applicazione delle misure restrittive dell’Unione, comprese quelle imposte alla Russia. Tali misure non sono prescritte dalla decisione 2014/512/PESC e nessuno dei partecipanti al presente procedimento lo afferma.

43.      Pertanto le prime due questioni, anche se formulate come richieste di interpretazione di talune disposizioni della decisione 2014/512/PESC, non impongono in realtà un’interpretazione di tale decisione. Esse richiedono invece che la Corte interpreti determinati principi del diritto dell’Unione a cui il giudice nazionale fa riferimento, ossia la certezza del diritto, il principio nulla poena sine lege e il diritto di proprietà.

44.      Propongo pertanto di riformulare le prime due questioni pregiudiziali.

45.      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se i principi di certezza del diritto e nulla poena sine lege nonché il fondamentale diritto di proprietà debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a misure nazionali, che prevedono la confisca delle somme risultanti dall’operazione vietata dall’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della decisione 2014/512/PESC.

46.      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se tali diritti e principi dell’Unione debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a misure nazionali che prevedono che una siffatta confisca sia automatica e risulti dalla violazione dell’obbligo di notifica di un’operazione rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della decisione 2014/512/PESC.

47.      La terza questione rende necessaria un’interpretazione della stessa decisione 2014/512/PESC, in quanto si riferisce alla nozione di servizi di intermediazione che tale decisione vieta.

48.      Non vedo ostacoli che impediscano alla Corte di rispondere alle prime due questioni come riformulate. La Corte è competente a interpretare i principi generali del diritto dell’Unione e i diritti fondamentali espressi nella Carta. Ciò si verifica anche se l’interpretazione della Corte è rilevante ai fini della valutazione, da parte di un giudice nazionale, della legittimità di misure nazionali che attuano la PESC.

49.      Come ho suggerito nelle mie conclusioni nelle cause KS e KD (31), la Corte dovrebbe essere competente a interpretare i principi generali del diritto dell’Unione e i diritti fondamentali espressi nella Carta anche quando tale interpretazione è rilevante ai fini della valutazione della legittimità della decisione PESC. Tale ipotesi non si verifica nel caso di specie. Tuttavia, se la stessa decisione 2014/512/PESC avesse imposto la confisca come misura da attuare da parte degli Stati membri, il rinvio da parte di un giudice nazionale sarebbe stato un rinvio per accertare la validità di una misura PESC. La competenza della Corte a conoscere di un siffatto rinvio non è esclusa dall’articolo 24, paragrafo 1, TUE e dall’articolo 275 TFUE.

50.      Il motivo per il quale ho proposto una siffatta interpretazione dell’articolo 24, paragrafo 1, TUE e dell’articolo 275 TFUE è che essi costituiscono un’eccezione alla competenza generale della Corte in forza dei Trattati e devono essere interpretati restrittivamente (32). Se interpretate in tal senso, tali disposizioni dei Trattati non escludono la competenza della Corte a controllare la conformità di tutte le misure PESC, comprese quelle di applicazione generale, con i diritti fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Interpretare l’articolo 24, paragrafo 1, TUE e l’articolo 275 TFUE nel senso che essi escludono la competenza della Corte in siffatti casi non sarebbe compatibile con i fondamenti costituzionali dell’Unione europea. Tale interpretazione priverebbe la Corte della sua funzione costituzionale di garantire che le istituzioni e gli organi dell’Unione non violino i diritti fondamentali garantiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Essa lascerebbe quindi gli individui senza una tutela giurisdizionale effettiva dei loro diritti fondamentali basati sull’Unione. Tale non poteva essere l’intenzione degli autori dei Trattati quando hanno limitato la competenza della Corte nell’ambito della PESC.

51.      Al contrario, gli autori dei Trattati avrebbero potuto avere l’intenzione di escludere la competenza della Corte ad interpretare misure PESC al solo scopo di precisarne il significato ai fini della loro applicazione negli Stati membri. L’articolo 24, paragrafo 1, TUE e l’articolo 275 TFUE dovrebbero pertanto essere interpretati nel senso che essi escludono una siffatta competenza. Spiegherò più dettagliatamente tale posizione rispondendo alla terza questione.

C.      Prima e seconda questione

52.      Le prime due questioni riguardano la potenziale illegittimità delle misure di confisca imposte dal diritto rumeno. Sono tre i possibili motivi di tale illegittimità sollevati dal giudice del rinvio: la violazione del principio della certezza del diritto, del principio nulla poena sine lege e del diritto di proprietà.

53.      A mio avviso, e come precisato dalla Commissione, i primi due principi in esame non sono rilevanti nel caso di specie.

54.      Il principio di certezza del diritto, nel senso in cui esso è stato invocato dalla Neves, si oppone all’applicazione retroattiva di una nuova norma di diritto a una situazione già acquisita prima della sua entrata in vigore (33). Nella presente causa, la Neves sostiene che il decreto n. 901/2019, con cui la Romania ha stabilito l’elenco dei beni militari, recependo in tal modo l’elenco dell’Unione, non era ancora in vigore al momento in cui la stessa ha effettuato l’operazione relativa alle stazioni radio di cui trattasi. Tuttavia, il decreto n. 901/2019 contiene un elenco di beni militari identico a quello contenuto nel decreto n. 156/2018, che era in vigore all’epoca dei fatti. Pertanto, nel caso di specie non si pone alcun problema di applicazione retroattiva della legge.

55.      Il principio nulla poena sine lege riguarda la legalità e la prevedibilità dei reati e delle pene (34). Poiché la confisca imposta dalle misure nazionali non è una sanzione penale, ma una sanzione civile, non vedo come tale principio possa essere applicabile nel caso di specie.

56.      Comunque, la confisca interferisce certamente con il diritto di proprietà, quale garantito dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta. Tale diritto non è assoluto e può, come previsto dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, essere limitato in modo proporzionato per conseguire legittime finalità di pubblico interesse.

57.      Per fornire indicazioni utili al giudice del rinvio, occorre interpretare la Carta al fine di chiarire se il diritto di proprietà possa essere limitato per conseguire gli obiettivi di pubblico interesse della decisione 2014/512/PESC.

58.      Una questione analoga è già stata esaminata dalla Corte nella sentenza Rosneft (35). In tale causa, la Corte ha respinto la contestazione della validità di talune disposizioni della decisione 2014/512/PESC che impongono misure restrittive individuali e delle corrispondenti disposizioni del regolamento n. 833/2014, sollevata per il motivo che esse consentivano la confisca di beni e l’ingerenza nei diritti di proprietà. La Corte ha ricordato la sua sentenza nella causa Bosphorus (36), in cui essa ha ritenuto che le misure restrittive, per definizione, abbiano conseguenze negative sui diritti di proprietà e sul libero esercizio delle attività professionali, il che, in tal caso, consentiva di giustificarle anche quando causavano danni a soggetti che non avevano alcuna responsabilità riguardo alla situazione che aveva condotto all’adozione delle sanzioni stesse. Nella sentenza Rosneft la Corte ha concluso che tali limitazioni possono a fortiori essere giustificate per quanto riguarda le conseguenze prodotte dalle misure restrittive rivolte nei confronti degli enti che ne costituiscono oggetto (37).

59.      Nella sentenza Rosneft la Corte ha inoltre rilevato che gli obiettivi perseguiti dalle misure restrittive contro la Russia consistono nella tutela dell’integrità territoriale, della sovranità e dell’indipendenza dell’Ucraina nonché nella promozione di una soluzione pacifica della crisi in tale paese. Il conseguimento degli stessi rientra nello scopo più ampio del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, conformemente all’articolo 21 TUE (38). Si è ritenuto che tali obiettivi giustificassero l’interferenza con il diritto di proprietà della ricorrente.

60.      Si può quindi concludere che gli obiettivi delle misure restrittive nei confronti della Russia possono costituire una giustificazione per la limitazione del diritto di proprietà. La questione successiva a cui occorre rispondere è se la confisca sia una misura proporzionata per raggiungere tali obiettivi legittimi, e se non sia eccessivamente invasivo prevedere una confisca automatica per la mancata notifica di un’operazione vietata da tali misure restrittive.

61.      Le misure nazionali che attuano le misure restrittive dell’Unione devono essere tali da consentire il conseguimento degli obiettivi delle misure restrittive. In tal senso, esse devono avere un effetto dissuasivo. Nella scelta delle misure idonee a tale riguardo, gli Stati membri godono di un margine di discrezionalità. Ciò è necessario, poiché la situazione in ciascuno Stato membro potrebbe essere diversa. Per stabilire quali misure siano sufficienti a disincentivare le società e gli individui dal compiere operazioni vietate potrebbe essere necessaria una risposta specifica per ogni paese. A mio avviso, come suggerito dalla Commissione, potrebbe infatti essere necessario prevedere la confisca in aggiunta all’ammenda, perché l’applicazione della sola ammenda non è in grado di produrre l’effetto desiderato, dato che il suo importo è trascurabile rispetto alle somme percepite a titolo di corrispettivo per l’operazione vietata.

62.      Pur potendo prendere in considerazione le specificità nazionali, un giudice nazionale deve tener conto anche delle prescrizioni del diritto dell’Unione per quanto riguarda la valutazione della proporzionalità. In forza dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, ai fini dell’interpretazione dell’articolo 17 di quest’ultima, occorre prendere in considerazione la giurisprudenza della Corte EDU relativa all’articolo 1 del protocollo n. 1 alla CEDU, che stabilisce la tutela del diritto di proprietà, quale soglia di protezione minima (39).

63.      Nei casi in cui la Corte EDU ha ritenuto sproporzionate le misure di confisca ciò era dovuto al fatto che esse imponevano un onere eccessivo agli individui, non tenendo conto di fattori quali l’origine lecita delle somme confiscate e l’assenza dell’intenzione di ingannare le autorità. Un altro elemento è stato, in alcuni casi, il fatto che il provvedimento di confisca costituisse o meno una sanzione accessoria (40).

64.      Nella presente causa, la confisca è imposta come misura automatica dovuta alla mancata notifica dell’operazione vietata. Posso convenire che, in linea di principio, una confisca automatica che non consenta a un giudice di valutare le circostanze del caso specifico potrebbe rivelarsi problematica dal punto di vista della proporzionalità. Tuttavia, sembra che il diritto rumeno attribuisca il carattere automatico della confisca al fatto che l’operazione vietata e quindi illecita non sia stata notificata. Pertanto, qualora un giudice constati la liceità dell’operazione, non ne deriverebbe, come conseguenza, la confisca automatica.

65.      Per tale motivo, che spetta al giudice del rinvio verificare, ritengo che la confisca automatica sia una limitazione del diritto di proprietà proporzionata all’obiettivo di disincentivare le persone dal violare misure restrittive nei confronti della Russia, esse stesse adottate per conseguire obiettivi legittimi di pubblico interesse (41).

66.      Pertanto, ritengo che si debba rispondere alla prima e alla seconda questione dichiarando che le misure nazionali che prevedono la confisca di ogni somma risultante da un’operazione compiuta in violazione della decisione 2014/512/PESC costituiscono una limitazione proporzionata del diritto di proprietà. Ciò vale anche se la confisca è una conseguenza automatica della mancata notifica dell’operazione alle autorità nazionali competenti.

D.      Terza questione

67.      Con la terza questione il giudice del rinvio chiede se il divieto previsto dall’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della decisione 2014/512/PESC sia applicabile nel caso in cui i beni militari, che sono stati oggetto delle operazioni di intermediazione, non siano mai stati materialmente importati nel territorio di uno Stato membro.

68.      Con tale questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte di interpretare una disposizione generale di una decisione PESC che impone misure restrittive nei confronti di un paese terzo.

69.      La Corte non ha ancora avuto occasione di precisare se l’articolo 24, paragrafo 1, TUE e l’articolo 275 TFUE escludano una siffatta competenza.

70.      Ritengo che l’articolo 24, paragrafo 1, TUE e l’articolo 275 TFUE escludano effettivamente la competenza della Corte a interpretare le disposizioni delle misure PESC al fine di precisarne il significato.

71.      Un’interpretazione del genere è conforme allo scopo di limitazione della competenza previsto dalle due disposizioni dei Trattati di cui trattasi. Con tali disposizioni gli autori dei Trattati miravano, in sostanza, a escludere la Corte dal processo decisionale nell’ambito della PESC. Il fatto che la Corte possa scegliere tra diversi significati possibili di una norma giuridica influisce necessariamente sulla scelta politica effettuata dall’autore (o dagli autori) della medesima. Ciò si verifica anche se l’interpretazione in sede giurisdizionale è limitata, tra l’altro, dalla necessità di interpretare una norma conformemente all’intenzione del suo autore (o dei suoi autori). Tale intenzione non è sempre evidente, il che significa che essa stessa diviene una questione di interpretazione in sede giurisdizionale (42).

72.      Ci si può chiedere se una siffatta posizione si ponga in contrasto con la mia interpretazione, secondo cui la Corte può valutare la conformità ai diritti fondamentali di tutte le misure PESC, ivi comprese quelle di applicazione generale (v. paragrafi 49 e 50 delle presenti conclusioni). In definitiva, le operazioni mentali da intraprendere nell’ambito del controllo giurisdizionale richiedono una valutazione della norma da interpretare e di quella rispetto alla quale essa viene interpretata. Pertanto, quando la Corte valuta la conformità di una misura PESC alla Carta, deve interpretare non solo la Carta, ma anche la norma della PESC di cui si valuta la legittimità. Tuttavia, una siffatta contraddizione non si pone se si riconosce che, nell’effettuare un controllo di legittimità, la Corte è vincolata dal significato attribuito alla misura oggetto del controllo da parte del suo autore, che lo presenta sia in qualità di parte in un ricorso diretto alla Corte sia quale partecipante al procedimento pregiudiziale. Ciò che la Corte può valutare, nonostante la limitazione della sua competenza ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, TUE e dell’articolo 275 TFUE, è se una norma della PESC, come intesa dal suo autore, sia ammissibile alla luce dei diritti e dei principi fondamentali dell’Unione.

73.      Al contrario, quando la Corte è adita nell’ambito del procedimento pregiudiziale, come nel caso di specie, con una domanda volta a ottenere precisazioni in merito al significato di una norma della PESC che non risulta chiaro al giudice del rinvio, essa si trova di fronte a una norma alla quale possono necessariamente essere attribuiti significati diversi. In tale procedimento, il significato della norma sostenuto dall’autore (o dagli autori) della stessa è solo uno dei possibili significati, mentre altri partecipanti hanno posizioni diverse. Il procedimento pregiudiziale, pertanto, esige che la Corte si pronunci stabilendo qual è il significato «corretto».

74.      È legittimo chiedersi perché la Corte dovrebbe seguire il significato proposto dall’autore di una norma quando ne valuta la legittimità, ma dovrebbe poter attribuire alla norma un significato diverso da quello offerto dal suo autore quando la interpreta nel procedimento pregiudiziale.

75.      La ragione di ciò risiede nella diversa finalità dei due tipi di competenza esercitati dalla Corte. La valutazione della legittimità di una misura PESC (ad esempio, nell’ambito di ricorsi di annullamento, rinvii pregiudiziali per l’accertamento della validità o ricorsi per il risarcimento dei danni) mira a constatare che una norma avente il significato voluto dal Consiglio non può essere accolta nell’ordinamento giuridico dell’Unione. In altre parole, la Corte non può mettere in discussione a posteriori ciò che intendeva il Consiglio, ma può verificare se ciò che il Consiglio intendeva è conforme ai diritti e ai principi fondamentali dell’Unione.

76.      Al contrario, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale volto all’interpretazione, ciò riguarda il significato della norma così come è stato inteso da diversi soggetti, quali il suo autore (o i suoi autori), le parti del procedimento principale e lo stesso giudice del rinvio. Una volta concluso il processo decisionale relativo alla norma, quest’ultima acquista, per così dire, una «vita propria». Se è possibile attribuire molteplici significati alla norma all’atto della sua applicazione (e ciò è possibile solo se detti molteplici significati non sono contrari ai diritti e ai principi fondamentali dell’Unione), non c’è motivo per cui un significato debba prevalere su un altro. Per motivi di uniformità, l’ordinamento costituzionale dell’Unione ha conferito alla Corte il potere di scegliere uno dei possibili significati. Tale facoltà è stata esclusa nell’ambito della PESC.

77.      Tale limitazione della competenza ha necessariamente un prezzo in termini di uniformità del diritto in materia di PESC. Nella misura in cui la nozione di servizi di intermediazione può essere interpretata in modi diversi, essa può acquisire un significato dinanzi ai giudici di uno Stato membro e un diverso significato dinanzi ai giudici di un altro Stato membro. Tuttavia, si deve ritenere che gli autori dei Trattati abbiano riconosciuto la possibilità di tali divergenze quando hanno limitato la competenza della Corte con l’articolo 24, paragrafo 1, TUE e l’articolo 275 TFUE. È possibile che gli autori dei Trattati abbiano preferito che tali divergenze vengano risolte da meccanismi politici e non giudiziari. Se alla Corte dev’essere attribuita la funzione di garantire l’uniformità, nel modo in cui il Trattato FUE gliela conferisce, la limitazione della competenza basata sulle due disposizioni in esame dovrà essere eliminata mediante una modifica dei Trattati.

78.      Tuttavia, se una decisione PESC è attuata non dagli Stati membri, come nel caso di specie, ma dall’Unione europea mediante un regolamento ex articolo 215, la Corte avrà una piena competenza in materia interpretativa in relazione a tale regolamento e potrà esercitarla mediante il procedimento pregiudiziale (43). Un regolamento ex articolo 215 è una misura del Trattato FUE con cui l’Unione europea sceglie il significato da attribuire a una norma di una decisione PESC. Poiché potrebbe non essere chiaro quale significato ha scelto l’Unione europea, i Trattati attribuiscono alla Corte il compito di chiarirlo per garantire l’applicazione uniforme di tale regolamento.

79.      Più specificamente ciò significherebbe che, se il regolamento n. 833/2014 avesse dato integrale attuazione all’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della decisione 2014/512/PESC includendo il divieto di servizi di intermediazione in relazione ai beni militari, spetterebbe alla Corte interpretare se la nozione di servizi di intermediazione comprenda le operazioni relative a beni che non sono mai stati materialmente importati nel territorio di uno Stato membro. Tuttavia, l’interpretazione della Corte riguarderebbe solo tale regolamento e non la decisione PESC.

80.      In tal senso, non può essere accolto l’argomento della Commissione secondo cui la Corte è competente a interpretare la decisione 2014/512/PESC perché il divieto di prestare servizi di intermediazione in relazione a beni militari avrebbe dovuto essere attuato mediante il regolamento n. 833/2014. Anche se fosse vero che il Consiglio non ha erroneamente incluso i servizi di intermediazione in un regolamento ex articolo 215, l’interpretazione della nozione di servizi di intermediazione contenuta in tale regolamento non inciderebbe sul significato di tale termine nella decisione PESC. Per tale motivo, non è necessario analizzare se l’obbligo di attuare il divieto di intermediazione di servizi in relazione ai beni militari esistesse nell’ambito dei Trattati.

81.      Sulla base di quanto precede, propongo alla Corte di dichiararsi incompetente a rispondere alla terza questione.

IV.    Conclusione

82.      Propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Tribunalul București (Tribunale superiore di Bucarest, Romania) come segue:

Il principio della certezza del diritto e il principio nulla poena sine lege, nonché il fondamentale diritto di proprietà, non ostano a misure nazionali che prevedono la confisca delle somme risultanti da un’operazione compiuta in violazione della decisione 2014/512/PESC. Ciò vale anche se la confisca è una conseguenza automatica della mancata notifica dell’operazione negoziale alle competenti autorità nazionali.

La Corte di giustizia non è competente a pronunciarsi sulla terza questione.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Decisione 2014/512/PESC del Consiglio, del 31 luglio 2014, concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina (GU 2014, L 229, pag. 13).


3      V. parere 2/13 (Adesione dell’Unione europea alla CEDU) del 18 dicembre 2014 (EU:C:2014:2454, punti da 153 a 258), in cui la Corte ha spiegato le ragioni per cui il progetto di trattato che prevedeva l’adesione dell’Unione europea alla CEDU, come allora proposto, non era conforme ai Trattati.


4      Come illustrato nella decisione di rinvio, il decreto n. 901/2019, in vigore dal 5 luglio 2019 al 6 ottobre 2021, ha sostituito il precedente decreto n. 156/2018 del Ministro degli Affari esteri, recante approvazione dell’elenco dei prodotti militari soggetti al regime di controllo delle esportazioni, delle importazioni e di altre operazioni, in vigore dal 5 marzo 2018 al 4 luglio 2019. Gli allegati a tali decreti contenevano, in particolare, la categoria ML11, intitolata «Apparecchiature elettroniche, “veicoli spaziali” e componenti, non specificati altrove nel presente elenco».


5      Come precisato nella decisione di rinvio, l’Oficiul Național de Prevenire și Combatere a Spălării Banilor (Ufficio nazionale per la prevenzione e la lotta al riciclaggio di denaro, Romania) aveva in precedenza presentato una denuncia contro la Neves per un presunto reato di riciclaggio di denaro, ma tale denuncia era stata archiviata l’11 maggio 2020, poiché si è ritenuto che non fosse stato realizzato nessun reato penale.


6      Il giudice del rinvio fa riferimento alle sentenze della Corte EDU del 6 aprile 2009, Ismayilov c. Russia (CE:ECHR:2008:1106JUD003035203), e del 9 ottobre 2009, Moon c. Francia (CE:ECHR:2009:0709JUD003997303).


7      Sentenza del 28 marzo 2017 (C‑72/15, EU:C:2017:236; in prosieguo: la «sentenza Rosneft»).


8      V., ad esempio, «Orientamenti sull’attuazione e la valutazione delle misure restrittive (sanzioni) nel contesto della politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea», Segretariato generale del Consiglio, Bruxelles, doc. 5664/18, 4 maggio 2018 (in prosieguo: gli «Orientamenti sulle sanzioni»), punto 4.


9      Consultabile all’indirizzo: https://www.sanctionsmap.eu/#/main.


10      V. seconda frase dell’articolo 29 TUE.


11      V., ad esempio, Orientamenti sulle sanzioni, citati nella nota 8 delle presenti conclusioni, punto 7. V. inoltre, ad esempio, Portela, C., European Union sanctions and foreign policy: When and why do they work?, Routledge, Londra/New York, 2010, in particolare pagg. da 19 a 28; Eckes, C., «EU restrictive measures against natural and legal persons: From counterrorist to third country sanctions», Common Market Law Review, vol. 51(3), 2014, pag. 869.


12      L’articolo 215, paragrafo 1, TFUE corrisponde in sostanza a quelli che erano l’ex articolo 60 CE, relativo alle misure restrittive in materia di movimenti di capitali e di pagamenti, e l’ex articolo 301 CE, concernente l’interruzione o la riduzione, parziale o totale, delle relazioni economiche con uno o più paesi terzi. Inoltre, l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE consente al Consiglio di adottare misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche, di gruppi o di entità non statali, il che, prima del Trattato di Lisbona, rendeva necessario l’ex articolo 308 CE (divenuto articolo 352 TFUE). V., a tal riguardo, sentenza del 19 luglio 2012, Parlamento/Consiglio (C‑130/10, EU:C:2012:472, punti da 51 a 53).


13      V. sentenza Rosneft, cit., punto 89, e sentenza del 6 ottobre 2020, Bank Refah Kargaran/Consiglio (C‑134/19 P, EU:C:2020:793, punto 38).


14      Ad esempio, le restrizioni all’ammissione nel territorio degli Stati membri possono essere incluse nelle decisioni PESC, ma non nei regolamenti ex articolo 215. V., a tal riguardo, sentenza del 6 ottobre 2020, Bank Refah Kargaran/Consiglio (C‑134/19 P, EU:C:2020:793, punto 41).


15      Decisione 2014/145/PESC del Consiglio, del 17 marzo 2014, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2014, L 78, pag. 16), come modificata, da ultimo, dalla decisione (PESC) 2023/1767 del Consiglio, del 13 settembre 2023 (GU 2023, L 226, pag. 104).


16      Regolamento (UE) n. 269/2014 del Consiglio, del 17 marzo 2014, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2014, L 78, pag. 6), come modificato da ultimo dal regolamento (UE) 2023/1215 del Consiglio, del 23 giugno 2023 (GU 2023, L 159, pag. 330).


17      V. decisione 2014/512/PESC, considerando da 7 a 12.


18      Tale decisione è stata modificata da ultimo dalla decisione (PESC) 2023/1517 del Consiglio, del 20 luglio 2023 (GU 2023, L 184, pag. 40).


19      V. altresì, a tale riguardo, il considerando 10 della decisione 2014/512/PESC, il quale dispone che: «Gli Stati membri dovrebbero inoltre vietare la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione verso la Russia di armamenti e materiale connesso di qualsiasi tipo. Anche l’acquisto di armamenti e materiale connesso di qualsiasi tipo dalla Russia dovrebbe essere vietato».


20      Il corsivo è mio.


21      Regolamento (UE) n. 833/2014 del Consiglio, del 31 luglio 2014, concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina (GU 2014, L 229, pag. 1). Tale regolamento è stato modificato a più riprese, da ultimo con il regolamento (UE) 2023/1214 del Consiglio, del 23 giugno 2023 (GU 2023, L 159, pag. 1).


22      In origine, il divieto di prestare servizi di intermediazione connessi a beni e tecnologie a duplice uso [articolo 4, paragrafo 1, lettera c), divenuto articolo 2, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 833/2014]. Con successive modifiche di tale regolamento, il divieto di prestare servizi di intermediazione è stato esteso, tra l’altro, ai beni che contribuiscono alle capacità militari, tecnologiche e industriali della Russia (articoli 2 bis e 3 duodecies), alle armi da fuoco (articolo 2 bis bis), ai prodotti connessi al petrolio e al gas (articoli 3, 3 ter, 3 quaterdecies e 3 quindecies), all’aviazione e ai beni connessi allo spazio (articolo 3 quater), ai beni connessi al mare (articolo 3 septies), al ferro e all’acciaio (articolo 3 octies), ai beni di lusso (articolo 3 nonies) e all’oro (articolo 3 sexdecies).


23      V. regolamento 2023/1214, citato alla nota 21 delle presenti conclusioni, articolo 1, paragrafo 19.


24      Tale disposizione recita ora: «To provide, directly or indirectly, technical assistance and brokering services related to the goods and technology listed in the Common Military List, or related to the provision, manufacture, maintenance and use of goods included in that list, to any natural or legal person, entity or body in Russia or for use in Russia» (il corsivo è mio).


25      Posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio, dell’8 dicembre 2008, che definisce norme comuni per il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari (GU 2008, L 335, pag. 99). In generale, ai sensi dell’articolo 1 della posizione comune di cui trattasi, gli Stati membri devono valutare caso per caso le domande di licenza d’esportazione (tra le quali figurano, in particolare, le domande di licenza di intermediazione) di prodotti di cui all’elenco comune delle attrezzature militari dell’Unione europea, basandosi su diversi (otto) criteri elencati all’articolo 2 della medesima.


26      V. articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della posizione comune 2008/944/PESC.


27      V. articolo 12 della posizione comune 2008/944/PESC. L’elenco comune delle attrezzature militari dell’Unione europea è stato originariamente approvato nel 2000 (GU 2000, C 191, pag. 1) ed è stato successivamente aggiornato numerose volte, da ultimo il 20 febbraio 2023 (GU 2023, C 72, pag. 2).


28      Tuttavia, tale elenco comune delle attrezzature militari è altresì utilizzato per altri scopi, anche al di fuori della PESC.V., ad esempio, la direttiva 2009/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, che semplifica le modalità e le condizioni dei trasferimenti all’interno delle Comunità di prodotti per la difesa (GU 2009, L 146, pag. 1), modificata da ultimo dalla direttiva delegata (UE) 2023/277 della Commissione, del 5 ottobre 2022 (GU 2023, L 42, pag. 1).


29      Il Consiglio ha altresì spiegato che, a suo avviso, la situazione relativa all’intermediazione di servizi non è più chiara nell’ambito della posizione comune 2003/468/PESC del Consiglio, del 23 giugno 2003, sul controllo dell’intermediazione di armi (GU 2003, L 156, pag. 79).


30      In effetti, risultano attualmente esistenti diverse misure restrittive dell’Unione [Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Iran, Corea del Nord, Sud Sudan, Sudan, terrorismo (misure restrittive nei confronti di ISIL (Da’esh) e Al-Qaeda) e Venezuela] in cui vi sono disposizioni che stabiliscono il divieto di servizi di intermediazione relativi a beni militari sia nella decisione PESC sia nel regolamento ex articolo 215. Per contro, per un certo numero di altre misure restrittive dell’Unione [Bielorussia, Libano, Myanmar (Birmania) e Zimbabwe], un siffatto divieto di fornire servizi di intermediazione relativi a beni militari figura solo nella decisione PESC, e non nel regolamento ex articolo 215.


31      V. paragrafi da 53 a 155 delle mie conclusioni nelle cause KS e KD.


32      Ciò è stato riconosciuto dalla Corte nelle sentenze del 24 giugno 2014, Parlamento/Consiglio (C‑658/11, EU:C:2014:2025, punto 70; in prosieguo: la «sentenza Mauritius»); del 12 novembre 2015, Elitaliana/Eulex Kosovo (C‑439/13 P, EU:C:2015:753, punto 42), e del 19 luglio 2016, H/Consiglio e a. (C‑455/14 P, EU:C:2016:569, punto 40).


33      V., ad esempio, sentenza del 25 gennaio 2022, VYSOČINA WIND (C‑181/20, EU:C:2022:51, punto 47).


34      V., ad esempio, sentenza del 3 maggio 2007, Advocaten voor de Wereld (C‑303/05, EU:C:2007:261, punti 49 e 50).


35      V. sentenza Rosneft, cit., in particolare punti da 148 a 151.


36      V. sentenza del 30 luglio 1996, Bosphorus (C‑84/95, EU:C:1996:312, punto 22). Tale sentenza è stata pronunciata nell’ambito dell’attuazione dell’embargo nei confronti della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro).


37      Sentenza Rosneft, cit., punto 149.


38      Sentenza Rosneft, cit., punto 150.


39      V., ad esempio, sentenze del 21 maggio 2019, Commissione/Ungheria (Usufrutti su terreni agricoli) (C‑235/17, EU:C:2019:432, punto 72), e del 5 maggio 2022, BPC Lux 2 e a. (C‑83/20, EU:C:2022:346, punto 37).


40      V., ad esempio, Corte EDU, sentenza del 15 gennaio 2021, Karapetyan c. Georgia (CE:ECHR:2020:1015JUD006123312, § 37). V. altresì, a tal riguardo, ad esempio, sentenze della Corte EDU del 6 aprile 2009, Ismayilov c. Russia (CE:ECHR:2008:1106JUD003035203, § 35), e del 24 settembre 2021, Imeri c. Croazia (CE:ECHR:2021:0624JUD007766814, § 86). In particolare, la Corte EDU ha confermato l’imposizione di un’ammenda e di una misura di confisca in circostanze in cui la società ricorrente aveva svolto le sue attività senza le autorizzazioni richieste dall’ordinamento nazionale: v. Corte EDU, sentenza del 24 aprile 2018, S.C. Fiercolect Impex S.R.L. c. Romania (CE:ECHR:2016:1213JUD002642907, in particolare §§ da 62 a 73).


41      Inoltre la Commissione ha rilevato che, nel caso di specie, la confisca automatica era stata imposta alla Neves per il deliberato inadempimento, a seguito di diffida, dell’obbligo previsto dal diritto nazionale di non compiere l’operazione senza una previa notifica alle autorità competenti.


42      V. paragrafo 112 delle mie conclusioni nelle cause KS e KD.


43      V., a tal riguardo, sentenza Rosneft, cit., punto 106.