Language of document : ECLI:EU:T:2001:96

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

20 marzo 2001 (1)

«Banane - Importazioni dagli Stati ACP e dai paesi terzi - Calcolo del quantitativo annuale attribuito - Ricorso per risarcimento - Ricevibilità - Norme dell'OMC - Invocabilità - Sviamento di potere - Principi generali del diritto comunitario»

Nella causa T-30/99,

Bocchi Food Trade International GmbH, con sede in Bergisch Gladbach (Germania), rappresentata dall'avv. G. Meier,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori K.-D. Borchardt e H. van Vliet, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di risarcimento del danno che la ricorrente avrebbe subito in quanto la Commissione ha adottato, nell'ambito del suo regolamento (CE) 28 ottobre 1998, n. 2362, recante modalità d'applicazione del regolamento (CEE) del Consiglio n. 404/93 con riguardo al regime d'importazione delle banane nella Comunità (GU L 293, pag. 32), disposizioni che sarebbero in contrasto con le norme dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e con taluni principi generali del diritto comunitario,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),

composto dalla signora P. Lindh, presidente, e dai signori R. García-Valdecasas e J.D. Cooke, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 4 ottobre 2000,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Contesto giuridico

1.
    Il regolamento (CEE) del Consiglio 13 febbraio 1993, n. 404, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore della banana (GU L 47, pag. 1), ha istituito, a decorrere dal 1° luglio 1993, un sistema comune d'importazione delle banane che si è sostituito ai vari regimi nazionali. E' stata operata una distinzione tra le «banane comunitarie», raccolte nella Comunità, le «banane paesi terzi», provenienti da paesi terzi diversi dagli Stati d'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), le «banane ACP tradizionali» e le «banane ACP non tradizionali». Le banane ACP tradizionali e le banane ACP non tradizionali corrispondevano ai quantitativi di banane esportati dai paesi ACP che, rispettivamente, non eccedevano o eccedevano le quantità tradizionalmente esportate da ciascuno di tali Stati, stabilite in allegato al regolamento n. 404/93.

2.
    Per assicurare uno smercio soddisfacente delle banane comunitarie, nonché delle banane originarie degli Stati ACP e degli altri paesi terzi, il regolamento n. 404/93 prevedeva l'apertura di un contingente tariffario annuale di 2,2 milioni di tonnellate (peso netto) per le importazioni delle banane paesi terzi e delle banane ACP non tradizionali.

3.
    La vecchia versione dell'art. 19, n. 1, del regolamento n. 404/93 prevedeva l'apertura del contingente tariffario, il quale era ripartito nel modo seguente: il 66,5% alla categoria degli operatori che avevano smerciato banane paesi terzi e/o banane ACP non tradizionali (categoria A), il 30% alla categoria degli operatori che avevano smerciato banane comunitarie e/o banane ACP tradizionali (categoria B) e il 3,5 % alla categoria degli operatori stabiliti nella Comunità che, a decorrere dal 1992, avevano cominciato a smerciare banane diverse dalle banane comunitarie e/o ACP tradizionali (categoria C).

4.
    La vecchia versione dell'art. 19, n. 2, prima frase, del regolamento n. 404/93 era formulata nel modo seguente:

«Sulla base dei calcoli effettuati separatamente per ciascuna categoria di operatori di cui al paragrafo 1, (...) ogni operatore riceve certificati di importazione in funzione dei quantitativi medi di banane che ha venduto negli ultimi tre anni per i quali sono disponibili dati statistici».

5.
    Il regolamento (CEE) della Commissione 10 giugno 1993, n. 1442, recante modalità d'applicazione del regime d'importazione delle banane nella Comunità (GU L 142, pag. 6), definiva, in particolare, i criteri di determinazione dei tipi di operatori delle categorie A e B legittimati a presentare domande di certificati d'importazione, a seconda dell'attività dai medesimi svolta nel corso del periodo di riferimento.

6.
    Tale regime d'importazione è stato oggetto di un procedimento di composizione delle liti, nell'ambito dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), a seguito di reclami proposti da taluni paesi terzi.

7.
    Il detto procedimento ha dato luogo a relazioni 22 maggio 1997 del gruppo speciale dell'OMC e ad una relazione 9 settembre 1997 dell'organo di appello permanente dell'OMC, la quale è stata adottata dall'organo di composizione delle controversie con decisione 25 settembre 1997. Con tale decisione l'organo di composizione delle controversie dell'OMC ha dichiarato incompatibili con le norme dell'OMC vari aspetti del sistema comunitario d'importazione delle banane.

8.
    Al fine di conformarsi a tale decisione, il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) 20 luglio 1998, n. 1637, recante modifica del regolamento n. 404/93 (GU L 210, pag. 28). Successivamente, la Commissione ha adottato il regolamento (CE) 28 ottobre 1998, n. 2362, recante modalità di applicazione del regolamento n. 404/93 con riguardo al regime d'importazione delle banane nella Comunità (GU L 293, pag. 32).

9.
    Il regolamento n. 2362/98 prevede una semplice ripartizione tra «operatori tradizionali» e «operatori nuovi», definiti dal regolamento stesso, sicché, nell'ambito del nuovo regime d'importazione delle banane, risulta eliminata la ripartizione del contingente fra tre categorie diverse di operatori. E' stata parimentieliminata la suddivisione degli operatori delle categorie A e B a seconda del tipo di attività svolta sul mercato.

10.
    Pertanto, l'art. 4 del regolamento n. 2362/98 dispone quanto segue:

«1. Ogni operatore tradizionale, registrato in uno Stato membro conformemente all'articolo 5, ottiene per ogni anno, per l'insieme delle origini indicate nell'allegato I, un quantitativo di riferimento unico determinato in base alle quantità di banane che ha effettivamente importato durante il periodo di riferimento.

2. Per le importazioni da effettuare nel 1999, nell'ambito dei contingenti tariffari e delle banane ACP tradizionali, il periodo di riferimento è costituito dagli anni 1994, 1995 e 1996».

11.
    L'art. 5, nn. 2 e 3, del regolamento n. 2362/98 dispone quanto segue:

«2. Ai fini della determinazione del proprio quantitativo di riferimento, ciascun operatore comunica ogni anno all'autorità competente, anteriormente al 1° luglio, quanto segue:

a)    il totale dei quantitativi di banane delle origini indicate nell'allegato I che ha effettivamente importato durante ciascuno degli anni del periodo di riferimento;

b)    i documenti giustificativi di cui al paragrafo 3.

3. L'importazione effettiva è attestata come segue:

a)    mediante presentazione di una copia dei titoli d'importazione utilizzati per l'immissione in libera pratica dei quantitativi indicati dal titolare (...) del titolo (...),

b)    e mediante prova del pagamento dei dazi doganali applicabili il giorno dell'espletamento delle formalità doganali d'importazione, pagamento effettuato direttamente alle autorità competenti oppure tramite un agente o un rappresentante in dogana.

L'operatore che fornisce la prova di aver pagato i dazi doganali applicabili all'atto dell'immissione in libera pratica di un determinato quantitativo di banane, direttamente alle autorità competenti o tramite un agente o un rappresentante in dogana, pur non essendo il titolare o il cessionario del rispettivo titolo d'importazione utilizzato per tale operazione (...) si considera che abbia realizzato l'importazione effettiva di tale quantitativo se è stato registrato in uno Stato membro a norma del regolamento (CEE) n. 1442/93 o se possiede i requisiti previsti dal presente regolamento per la registrazione come operatore tradizionale.Gli agenti o i rappresentanti in dogana non possono chiedere l'applicazione del presente comma».

12.
    L'art. 6, n. 3, del regolamento n. 2362/98 dispone quanto segue:

«Tenuto conto delle comunicazioni effettuate in applicazione del paragrafo 2 e in funzione del volume globale dei contingenti tariffari e delle banane ACP tradizionali di cui all'articolo 2, la Commissione fissa, se del caso, un coefficiente unico di adattamento per il quantitativo di riferimento provvisorio di ogni operatore».

13.
    L'art. 17 del regolamento n. 2362/98 prevede quanto segue:

«Se per un trimestre, e per una o più origini indicate nell'allegato I, i quantitativi oggetto di domande di titoli superano sensibilmente il quantitativo indicativo eventualmente fissato in applicazione dell'articolo 14 o superano i quantitativi disponibili, viene fissata una percentuale di riduzione da applicare alle domande».

14.
    L'art. 18 del regolamento n. 2362/98 dispone quanto segue:

«1. Se per una o più origini determinate viene fissata una percentuale di riduzione in applicazione dell'articolo 17, l'operatore che ha presentato una domanda di titolo d'importazione per le citate origini ha l'alternativa seguente:

a)    rinunciare ad utilizzare il titolo mediante comunicazione indirizzata all'autorità competente per il rilascio dei titoli, entro dieci giorni lavorativi dalla pubblicazione del regolamento che fissa la percentuale di riduzione; in tal caso, la cauzione relativa al titolo è svincolata immediatamente;

b)    nel limite globale di un quantitativo pari o inferiore al quantitativo non attribuito della domanda, presentare una o più altre domande di titolo per le origini in relazione alle quali la Commissione ha pubblicato quantitativi disponibili. Siffatta domanda è presentata entro il termine indicato alla lettera a) e nel rispetto di tutte le condizioni previste per la presentazione di una domanda di titolo.

2. La Commissione determina senza indugio i quantitativi per i quali possono essere rilasciati titoli per le origini considerate».

15.
    L'art. 29 del regolamento n. 2362/98 prevede quanto segue:

«Se, per una o più delle origini indicate nell'allegato I, i quantitativi per i quali sono richiesti titoli d'importazione per il primo trimestre del 1999 superano il 26% dei quantitativi indicati in detto allegato, la Commissione fissa una percentuale di riduzione per ogni domanda concernente l'origine o le origini di cui trattasi».

16.
    In applicazione di tale articolo, l'art. 1 del regolamento (CE) della Commissione 23 dicembre 1998, n. 2806/98, relativo al rilascio dei titoli d'importazione per le banane nel quadro dei contingenti tariffari e delle banane tradizionali ACP per il primo trimestre del 1999 e alla presentazione di nuove domande (GU L 349, pag. 32), recita:

«Nel quadro del regime d'importazione delle banane, dei contingenti tariffari e delle banane tradizionali ACP per il primo trimestre del 1999, i titoli d'importazione sono rilasciati per il quantitativo specificato nella domanda di titolo, previa applicazione dei coefficienti di riduzione di 0,5793, di 0,6740 e di 0,7080 per le domande che recano rispettivamente le origini ”Colombia”, ”Costa Rica” e ”Ecuador”».

Fatti e procedimento

17.
    La ricorrente, la Bocchi Food Trade International GmbH, è un'impresa che commercia all'ingrosso frutta e verdura. Essa è una filiale del gruppo Bocchi, con sede in Verona, il quale importa frutta e verdura. Essa gestisce l'insieme delle attività relative alle banane del gruppo Bocchi. Sino all'entrata in vigore del regolamento n. 2362/98 la ricorrente apparteneva alla categoria A. Ai sensi di tale regolamento, essa è un operatore tradizionale.

18.
    Con decisione 8 dicembre 1998, le competenti autorità nazionali hanno riconosciuto alla ricorrente un quantitativo di riferimento provvisorio per il 1999 di 6 660 977 kg, dal quale hanno detratto 400 744 kg in seguito all'applicazione del coefficiente di adattamento di 0,939837 fissato dalla Commissione ai sensi dell'art. 6, n. 3, del regolamento n. 2362/98. Il 5 gennaio 1999 la ricorrente ha presentato reclamo contro tale decisione innanzi alle autorità nazionali.

19.
    Il 14 dicembre 1998 la ricorrente ha chiesto, per il primo trimestre 1999, diritti di importazione di banane originarie dell'Ecuador sino alla concorrenza di 1 627 660 kg. In seguito all'applicazione del coefficiente di riduzione di 0,708, la quantità domandata è stata ridotta di 475 277 kg. Il 12 gennaio 1999 la ricorrente, tramite un reclamo presentato alle autorità competenti, ha contestato anche questa riduzione.

20.
    La ricorrente ha poi chiesto, a titolo di quantitativi non attribuiti e conformemente all'art. 18, n. 1, lett. b), del regolamento n. 2362/98, diritti di importazione di banane originarie di altri paesi sino alla concorrenza di 110 000 kg. In seguito all'applicazione del coefficiente di riduzione, la quantità domandata è stata ridotta di 30 822 kg.

21.
    Con istanza depositata nella cancelleria del Tribunale il 28 gennaio 1999, la ricorrente ha dunque proposto il presente ricorso diretto ad ottenere il risarcimento del danno subito in seguito all'adozione da parte della Commissione del regolamento n. 2362/98. In particolare, la ricorrente ha dedotto la violazione ditalune intese figuranti nell'allegato 1 dell'Accordo che istituisce l'OMC (in prosieguo: l'«Accordo OMC»).

22.
    Nella sentenza 23 novembre 1999, causa C-149/96, Portogallo/Consiglio (Racc. pag. I-8395, punto 47), la Corte ha concluso che «tenuto conto della loro natura e della loro economia, [le intese e i memorandum di cui agli allegati 1-4 dell'Accordo OMC] non figurano in linea di principio tra le normative alla luce delle quali la Corte controlla la legittimità degli atti delle istituzioni comunitarie».

23.
    Con lettera 16 dicembre 1999, le parti sono state invitate a presentare osservazioni sulle eventuali conseguenze che si devono trarre da tale sentenza. La Commissione e la ricorrente hanno depositato le loro osservazioni, rispettivamente, il 6 e il 14 gennaio 2000.

24.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di passare alla fase orale del procedimento. Le difese delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale sono state sentite all'udienza pubblica del 4 ottobre 2000.

Conclusioni delle parti

25.
    La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

-    condannare la Commissione a risarcire il danno subito dalla ricorrente per il fatto che, da una parte, al quantitativo di riferimento per il 1999 fissato provvisoriamente dalle autorità competenti è stato applicato il coefficiente di adattamento e, dall'altra, ai quantitativi per i quali la ricorrente ha chiesto l'assegnazione di certificati d'importazione è stato applicato il coefficiente di riduzione;

-    condannare la convenuta alle spese.

26.
    La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

-    dichiarare il ricorso irricevibile;

-    in subordine, dichiarare il ricorso infondato;

-    condannare la ricorrente alle spese.

Sulla ricevibilità

Argomenti delle parti

27.
    Senza sollevare formalmente un'eccezione di irricevibilità, la Commissione sostiene che il presente ricorso è irricevibile perché la ricorrente avrebbe dovuto anzituttotentare di impedire il verificarsi del danno lamentato promovendo un'azione innanzi al giudice nazionale competente. La Commissione ritiene che l'azione risarcitoria a norma dell'art. 178 del Trattato CE (divenuto art. 235 CE) e dell'art. 215, secondo comma, del Trattato CE (divenuto art. 288, secondo comma, CE) costituisca un mezzo di ricorso sussidiario in quanto il danno lamentato è causato da un provvedimento amministrativo nazionale adottato ai sensi del diritto comunitario (v. sentenze della Corte 6 giugno 1990, causa C-119/88, AERPO e a./Commissione, Racc. pag. I-2189, e 13 marzo 1992, causa C-282/90, Vreugdenhil/Commissione, Racc. pag. I-1937, punto 12, nonché sentenze del Tribunale 14 settembre 1995, causa T-571/93, Lefebvre e a./Commissione, Racc. pag. II-2379, e 4 febbraio 1998, causa T-93/95, Laga/Commissione, Racc. pag. II-195, punto 33). Essa precisa che la determinazione dei quantitativi di riferimento spetta alle competenti autorità nazionali che, fondandosi sulle disposizioni del regolamento n. 2362/98, applicano la normativa comunitaria mediante un atto amministrativo nazionale (v. sentenza del Tribunale 9 aprile 1997, causa T-47/95, Terres rouges e a./Commissione, Racc. pag. II-481, punti 57 e 59, e sentenza della Corte 21 gennaio 1999, causa C-73/97 P, Francia/Comafrica e a., Racc. pag. I-185, punto 40).

28.
    La Commissione spiega che la sussidiarietà del ricorso per risarcimento è dovuta al fatto che il controllo dell'atto amministrativo nazionale incombe esclusivamente ai giudici nazionali, i quali, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), possono chiedere alla Corte di pronunciarsi in via pregiudiziale sulla validità delle disposizioni comunitarie applicabili (v. citata sentenza Francia/Comafrica e a., punto 40). Un ricorso diretto sarebbe ricevibile solo quando i giudici nazionali non possono assicurare una sufficiente tutela giuridica e/o la possibilità di ottenere un risarcimento.

29.
    La ricorrente contesta la tesi della Commissione. Essa sostiene di non disporre di alcun rimedio innanzi ai giudici nazionali. Infatti, essa avrebbe già promosso ricorsi amministrativi in opposizione avverso le decisioni con cui le autorità nazionali hanno attribuito i certificati (v. precedenti punti 18 e 19), procedimenti che sarebbero ormai senza oggetto. Stando alla ricorrente, in diritto tedesco non è possibile contestare altrimenti la legittimità di tali decisioni. Il presente ricorso per risarcimento sarebbe dunque il solo rimedio giurisdizionale a sua disposizione.

30.
    La ricorrente sottolinea che l'amministrazione nazionale è tenuta a rispettare le condizioni stabilite dalla Commissione nel regolamento n. 2362/98. Pertanto, il danno subito dalla ricorrente, oggetto del presente ricorso, deriverebbe dalla normativa emanata dalla Commissione e non dalle decisioni adottate al livello nazionale.

Giudizio del Tribunale

31.
    Occorre rilevare che il comportamento illegittimo lamentato nel caso di specie non proviene da un organo nazionale, bensì da un'istituzione comunitaria. I danni chepotrebbero eventualmente risultare dall'attuazione della normativa comunitaria da parte delle autorità tedesche sarebbero, di conseguenza, imputabili alla Comunità (v., ad esempio, sentenze della Corte 15 dicembre 1977, causa 126/76, Dietz/Commissione, Racc. pag. 2431, punto 5, 19 maggio 1992, cause C-104/89 e C-37/90, Mulder e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. I-3061, punto 9, 26 febbraio 1986, causa 175/84, Krohn/Commissione, Racc. pag. 753, punti 18 e 19, e sentenza del Tribunale 13 dicembre 1995, cause riunite T-481/93 e T-484/93, Exporteurs in Levende Varkens e a./Commissione, Racc. pag. II-2941, punto 71).

32.
    Poiché il giudice comunitario ha competenza esclusiva a statuire, a norma dell'art. 215 del Trattato, sui ricorsi per risarcimento di un danno imputabile alla Comunità (v. sentenze della Corte 27 settembre 1988, cause riunite da 106/87 a 120/87, Asteris e a./Grecia e CEE, Racc. pag. 5515, punto 14, e Vreugdenhil/Commissione, citata, punto 14), i mezzi di tutela giurisdizionale nazionali non potrebbero ipso facto permettere di garantire alla ricorrente una tutela efficace dei suoi diritti (v. citata sentenza Exporteurs in Levende Varkens e a./Commissione, punto 72).

33.
    A tale riguardo, come la Commissione ha riconosciuto all'udienza, anche qualora la Corte, nell'ambito di un procedimento pregiudiziale, ritenesse che la disciplina da applicare potesse causare un danno, il giudice nazionale non avrebbe la facoltà di adottare egli stesso i provvedimenti necessari per risarcire interamente il danno lamentato dalla ricorrente nel caso di specie, di guisa che, anche in siffatta ipotesi, sarebbe necessario adire direttamente il Tribunale in forza dell'art. 215 del Trattato (v., in tal senso, citata sentenza Dietz/Commissione, punto 5).

34.
    Pertanto, la contestazione della ricevibilità del presente ricorso da parte della Commissione deve essere respinta.

Sulla responsabilità extracontrattuale della Comunità

35.
    La ricorrente deduce in sostanza che la Commissione si è resa colpevole di un comportamento illegittimo in quanto avrebbe, in primo luogo, violato l'Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT), l'Accordo generale sul commercio dei servizi (GATS) e l'Accordo sulle procedure di concessione delle licenze d'importazione - che figurano nell'allegato 1 dell'Accordo OMC -, in secondo luogo, discriminato le piccole e medie imprese e violato il diritto al libero esercizio delle attività professionali e, in terzo luogo, violato il principio di proporzionalità.

Sull'invocabilità di talune intese figuranti nell'allegato 1 dell'Accordo OMC

Argomenti delle parti

36.
    La ricorrente sostiene che le disposizioni del GATT sono norme superiori di diritto e che i divieti di discriminazione e la clausola della nazione più favorita, figuranti nel GATT, vanno considerati norme che tutelano i singoli.

37.
    La ricorrente ritiene che l'Accordo OMC e i suoi allegati costituiscano un vero ordinamento commerciale mondiale dotato di norme giuridiche e di competenza giurisdizionale proprie. Il nuovo diritto dell'OMC non sarebbe negoziabile, bensì comporterebbe divieti rigorosi che potrebbero essere limitati o disapplicati provvisoriamente solo da atti dell'OMC, e non già da provvedimenti unilaterali di un paese membro. Pertanto, talune disposizioni di questo nuovo diritto sarebbero immediatamente applicabili in diritto comunitario.

38.
    Quanto alle eventuali conseguenze che si devono trarre dalla citata sentenza Portogallo/Consiglio (v. precedente punto 22), la ricorrente, in risposta al quesito posto dal Tribunale, ha riconosciuto che la Corte aveva dichiarato che le disposizioni dell'OMC non avevano effetto diretto generale nell'ordinamento giuridico comunitario.

39.
    Tuttavia, essa ha aggiunto che la detta sentenza non contraddiceva l'argomentazione svolta a sostegno del suo ricorso, secondo cui le istituzioni della Comunità hanno commesso uno sviamento di potere. Stando alla ricorrente, il fatto che una decisione avente la forza del giudicato avesse dichiarato incompatibile con le norme dell'OMC il sistema comunitario di importazione delle banane e che la Comunità si fosse impegnata a eliminare le violazioni de quibus vietava a tali istituzioni di adottare nuove disposizioni incompatibili con le dette norme.

40.
    All'udienza, la ricorrente ha svolto tale argomento affermando che nel caso di specie, essendosi impegnata con l'organo di composizione delle controversie a eliminare le disposizioni della sua normativa incompatibili con le norme dell'OMC, la Comunità ha, nell'adempiere tale impegno, trasgredito il divieto di venire contra factum proprium adottando un regolamento che viola tali norme. Essa ha spiegato che il principio contenuto in tale brocardo, in quanto derivante dal principio della buona fede, costituisce un principio di diritto comunitario alla luce del quale il giudice comunitario può apprezzare la legittimità degli atti della Comunità. Pertanto, essa avrebbe il diritto di dedurre la violazione delle norme dell'OMC anche su tale fondamento.

41.
    Peraltro, la ricorrente precisa di non voler dimostrare che la convenuta abbia perseguito scopi illeciti. La sua tesi sarebbe che la Comunità ha scientemente violato le norme dell'OMC per raggiungere i suoi fini, vale a dire l'organizzazione dei mercati delle banane. Tale comportamento costituirebbe una nuova categoria di sviamento di potere.

42.
    Tale sviamento di potere comporterebbe un obbligo di risarcimento in capo alla Commissione, a prescindere dalla questione se le norme dell'OMC di cui trattasimirino a tutelare i singoli. Il singolo godrebbe infatti di una tutela assoluta nei confronti degli sviamenti di potere delle istituzioni comunitarie.

43.
    La Commissione fa valere che le norme dell'OMC non hanno effetto diretto nell'ordinamento giuridico comunitario e, pertanto, non possono essere invocate dai singoli.

44.
    Essa fa osservare che da una giurisprudenza costante risulta che le disposizioni del GATT del 1947 erano sprovviste di carattere incondizionato e che non si poteva riconoscere loro il valore di norme di diritto internazionale direttamente applicabili negli ordinamenti giuridici interni dei contraenti (v. sentenza della Corte 5 ottobre 1994, causa C-280/93, Germania/Consiglio, Racc. pag. I-4973). La Commissione ritiene che questa giurisprudenza si applichi anche all'Accordo OMC e ai suoi allegati giacché tali testi presentano le stesse particolarità che hanno indotto a negare l'effetto diretto alle disposizioni del GATT del 1947.

45.
    In risposta al quesito posto dal Tribunale circa le eventuali conseguenze che si devono trarre dalla citata sentenza Portogallo/Consiglio, la Commissione ha affermato che questa sentenza conferma ampiamente la sua tesi. Stando alla Commissione, da tale sentenza risulta che le disposizioni dell'Accordo OMC non costituiscono un criterio di valutazione della legittimità del diritto comunitario derivato. Ciò significherebbe anche che l'accertamento, da parte dell'organo di composizione delle controversie, della incompatibilità con le norme dell'OMC di un atto comunitario di diritto derivato non comporta che tale atto debba essere considerato illegittimo nell'ordinamento comunitario e, pertanto, non può far sorgere la responsabilità della Comunità in base all'art. 215, secondo comma, del Trattato.

46.
    Per quanto riguarda l'argomentazione della ricorrente relativa al preteso sviamento di potere, la Commissione ritiene che la responsabilità della Comunità per tale motivo possa essere dichiarata solo quando sono soddisfatte le stesse condizioni applicabili a qualunque altra violazione di diritti o di principi garantiti nell'ordinamento giuridico comunitario.

47.
    Di conseguenza, l'affermare che vi è stato uno sviamento di potere non dispenserebbe la ricorrente dal dimostrare che le disposizioni, a suo dire, violate erano dirette a tutelare i singoli.

48.
    All'udienza la Commissione ha parimenti affermato che la ricorrente non può invocare il principio secondo il quale nemini licet venire contra factum proprium al fine di eludere tale condizione.

Giudizio del Tribunale

49.
    Si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità presuppone che la parte ricorrente provi l'illiceità del comportamento contestato all'istituzione interessata, l'effettività del danno e l'esistenza di un nesso di causalità tra tale comportamento e il danno lamentato (v. sentenza della Corte 29 settembre 1982, causa 26/81, Oleifici Mediterranei/CEE, Racc. pag. 3057, punto 16, e sentenza del Tribunale 29 gennaio 1998, causa T-113/96, Dubois et Fils/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-125, punto 54).

50.
    Nella sentenza 4 luglio 2000, causa C-352/98 P, Bergaderm e a./Commissione (Racc. pag. I-0000, punti 41 e 42), la Corte ha statuito che il diritto al risarcimento presuppone che la norma giuridica violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli e che la violazione di siffatta norma sia sufficientemente chiara.

51.
    Quanto alla prima condizione, occorre rilevare che dalla giurisprudenza comunitaria risulta che l'Accordo OMC e i suoi allegati non sono intesi a conferire diritti che i singoli potrebbero far valere in giudizio.

52.
    Al riguardo si deve osservare che nella citata sentenza Portogallo/Consiglio (punto 36) la Corte ha dichiarato che l'Accordo OMC e i suoi allegati, pur presentando notevoli differenze rispetto alle disposizioni del GATT del 1947, riservano comunque una posizione importante ai negoziati tra le parti.

53.
    Per quanto riguarda, più in particolare, l'applicazione nell'ordinamento giuridico comunitario delle intese di cui agli allegati dell'Accordo OMC, la Corte, nella citata sentenza Portogallo/Consiglio (punto 42), ha rilevato che, ai sensi del suo preambolo, l'Accordo OMC, ivi compresi i suoi allegati, resta fondato, come il GATT del 1947, sul principio di negoziati avviati su una base di «reciproca convenienza» e si distingue così, per quanto riguarda la Comunità, dagli accordi, conclusi da quest'ultima con Stati terzi, che instaurano una certa asimmetria degli obblighi o creano relazioni speciali di integrazione con la Comunità.

54.
    La Corte ha poi rilevato come sia pacifico che alcune parti contraenti, che sono, da un punto di vista commerciale, tra le controparti più importanti della Comunità, hanno tratto, alla luce dell'oggetto e dello scopo delle intese di cui agli allegati dell'Accordo OMC, la conseguenza che queste ultime non figurano tra le norme alla luce delle quali i loro organi giurisdizionali controllano la legittimità delle loro norme di diritto interno. La Corte ha concluso che la mancanza di reciprocità a tale riguardo, ad opera delle controparti commerciali della Comunità, in relazione alle intese di cui agli allegati dell'Accordo OMC, che sono fondate sul principio della «reciproca convenienza» e che quindi si distinguono dagli accordi conclusi dalla Comunità, rischia di condurre ad uno squilibrio nell'applicazione delle norme dell'OMC. Infatti, ammettere che il compito di assicurare la conformità del diritto comunitario a tali norme incomba direttamente al giudice comunitario equivarrebbe a privare gli organi legislativi o esecutivi della Comunità del margine di manovradi cui dispongono gli organi analoghi delle controparti commerciali della Comunità (v. citata sentenza Portogallo/Consiglio, punti 43, 45 e 46).

55.
    La Corte ha pertanto dichiarato che, tenuto conto della loro natura e della loro economia, le intese di cui agli allegati dell'Accordo OMC non figurano in linea di principio tra le norme alla luce delle quali la Corte controlla la legittimità degli atti delle istituzioni comunitarie (v. citata sentenza Portogallo/Consiglio, punto 47).

56.
    Da questa sentenza risulta che l'eventuale violazione delle norme dell'OMC non può far sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità perché tali norme non sono, in linea di massima, intese a conferire diritti ai singoli.

57.
    Nelle sue osservazioni sulle conseguenze che si devono trarre dalla citata sentenza Portogallo/Consiglio, la ricorrente ha riconosciuto che le disposizioni dell'OMC non avevano effetto diretto generale nell'ordinamento giuridico comunitario. Tuttavia, essa ha sostenuto che il suo ricorso si fondava su una nuova categoria di sviamento di potere, consistente nell'adozione, da parte della Commissione, di un regolamento che contravviene sia alla decisione che dichiara il sistema comunitario incompatibile con le norme dell'OMC, sia all'impegno della Commissione di eliminare le infrazioni in tal modo constatate (v. precedenti punti 39-41), così violando il divieto di venire contra factum proprium.

58.
    Tale argomento non può essere accolto. Anzitutto, da una costante giurisprudenza risulta, da un canto, che un atto di un'istituzione comunitaria è viziato da sviamento di potere solo se è stato adottato allo scopo esclusivo, o quantomeno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati (v. sentenza della Corte 25 giugno 1997, causa C-285/94, Italia/Commissione, Racc. pag. I-3519, punto 52) e, dall'altro, che uno sviamento di potere può essere accertato solo in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti (v. sentenza del Tribunale 24 aprile 1996, cause riunite T-551/93, T-231/94, T-232/94, T-233/94 e T-234/94, Industrias Pesqueras Campos e a./Commissione, Racc. pag. II-247, punto 168).

59.
    Ora, nel caso di specie la ricorrente non dimostra, e nemmeno deduce, che la Commissione ha adottato il regolamento n. 2362/98 o talune sue disposizioni ad uno scopo diverso da quello dichiarato, vale a dire l'emanazione di tutte le disposizioni necessarie per l'attuazione del regime di importazione delle banane nella Comunità, istituito dal regolamento n. 404/93 come modificato dal regolamento n. 1637/98.

60.
    Parimenti, l'argomento della ricorrente secondo cui nel caso di specie si ha una nuova categoria di sviamento di potere va anch'esso respinto.

61.
    Infatti, accogliere l'argomentazione della ricorrente equivarrebbe a ignorare la definizione stessa dello sviamento di potere, la quale comporta il controllo, da parte del giudice comunitario, dello scopo, e non del contenuto, di un atto.

62.
    Peraltro, si deve anche respingere l'argomento della ricorrente secondo cui la Comunità avrebbe commesso uno sviamento di potere in quanto, dopo essersi impegnata a rispettare le norme dell'OMC, ha adottato un regolamento che viola le dette norme o ha mantenuto violazioni già accertate.

63.
    A tale riguardo, è sufficiente ricordare che solo nel caso in cui la Comunità abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell'ambito dell'OMC, ovvero nel caso in cui l'atto comunitario rinvii espressamente a precise disposizioni delle intese di cui agli allegati dell'Accordo OMC, spetta alla Corte e al Tribunale controllare la legittimità dell'atto comunitario controverso alla luce delle norme dell'OMC (v. citata sentenza Portogallo/Consiglio, punto 49).

64.
    Orbene, né le relazioni 22 maggio 1997 del gruppo speciale dell'OMC né la relazione 9 settembre 1997 dell'organo di appello permanente dell'OMC, adottata il 25 settembre 1997 dall'organo di composizione delle controversie, contenevano obblighi particolari cui il regolamento della Commissione n. 2362/98 avrebbe «inteso dare esecuzione» ai sensi della giurisprudenza (v., per quanto riguarda il GATT del 1947, sentenza della Corte 7 maggio 1991, causa C-69/89, Nakajima/Consiglio, Racc. pag. I-2069, punto 31). Parimenti, tale regolamento non rinvia espressamente né a obblighi precisi derivanti dalle relazioni degli organi dell'OMC né a disposizioni precise delle intese di cui agli allegati dell'Accordo OMC.

65.
    Ne discende che la ricorrente non può fondare la sua istanza né sulla presunta violazione di talune intese figuranti nell'allegato 1 dell'Accordo OMC, né sul presunto sviamento di potere.

Sulla discriminazione delle piccole e medie imprese e sulla violazione del diritto al libero esercizio delle attività professionali

Argomenti delle parti

66.
    La ricorrente deduce che le disposizioni previste dal regolamento n. 2362/98 rendono praticamente impossibile alle piccole e medie imprese, categoria cui essa appartiene, il commercio delle banane. Ciò costituisce, a suo parere, una discriminazione di tali imprese rispetto alle multinazionali, discriminazione vietata dall'art. 40, n. 3, secondo comma, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 34, n. 2, secondo comma, CE)

67.
    La ricorrente sottolinea che il principio della parità di trattamento non si riduce al divieto di trattare in modo differente situazioni identiche. Inoltre, situazioni differenti non dovrebbero essere trattate allo stesso modo. Ora, un piccolo o medio importatore di frutta e verdura non disporrebbe, per quanto riguarda il commercio delle banane, delle stesse condizioni di approvvigionamento e di vendita di un'impresa specializzata nella produzione e nella vendita di tale prodotto. Tuttavia,il regolamento n. 2362/98 tratterebbe allo stesso modo le due categorie professionali e, con ciò, favorirebbe unilateralmente le imprese multinazionali.

68.
    Questa parità di trattamento di situazioni differenti non sarebbe giustificata. Al riguardo non sarebbe possibile addurre gli obiettivi dell'organizzazione dei mercati delle banane. E' ben vero che uno degli obiettivi fondamentali perseguiti dalla Comunità nell'ambito del regolamento n. 2362/98 consisterebbe, ai sensi del 'considerando‘ 6 di tale atto normativo, nel consentire che chi smercia tradizionalmente banane subisca la concorrenza di nuovi operatori. Tuttavia, occorrerebbe che la concorrenza fosse possibile anche all'interno della categoria degli operatori tradizionali. Infatti, sarebbe giustificata solo una normativa che tenga conto delle condizioni del mercato, purché ciò non sia in contrasto con gli obiettivi quantitativi del sistema comunitario.

69.
    Inoltre, la ricorrente afferma che il diritto fondamentale alla libertà commerciale obbliga la convenuta, quando questa esercita il suo potere di organizzare i mercati delle banane, a fare in modo che gli operatori possano continuare le loro attività. I limiti di questo potere di organizzazione sarebbero oltrepassati se il commercio delle banane venisse perturbato al punto che i contingenti trimestrali obbligassero gli operatori a rinunciare agli scambi commerciali concordati con taluni paesi produttori e a rivolgersi ad altri paesi.

70.
    E' vero che la Corte ha dichiarato che non esiste un diritto fondamentale alla protezione delle quote di mercato e a provvedimenti di sostegno delle strutture; tuttavia, nella citata sentenza Germania/Consiglio, essa non si sarebbe pronunciata sulla violazione della libertà commerciale in un caso come quello di specie.

71.
    La Commissione contesta anzitutto l'argomentazione della ricorrente secondo cui le piccole e medie imprese sarebbero oggetto di una discriminazione rispetto alle multinazionali. Essa afferma che la differenza di situazione rilevata dalla ricorrente non è una particolarità del settore bananiero, bensì un fenomeno generale, e che essa esisteva già nell'ambito della vecchia organizzazione dei mercati. Per farla scomparire, occorrerebbe attuare le decisioni in materia di politica dei mercati riconoscendo diritti differenti alle piccole e medie imprese e alle multinazionali. Tale soluzione rischierebbe tuttavia di distorcere la concorrenza in modo ingiustificabile.

72.
    In secondo luogo, la Commissione, rinviando alla giurisprudenza della Corte, in particolare alla citata sentenza Germania/Consiglio, sostiene che il pregiudizio al libero esercizio dell'attività professionale causato dalla normativa sarebbe giustificato e non inciderebbe sull'essenza stessa di tale diritto.

73.
    La Commissione ritiene che, poiché la ricorrente non ha mostrato quali difficoltà strutturali concrete le ha causato il nuovo regime, si deve supporre che quest'ultimasi preoccupi solo del mantenimento della sua quota di mercato, che, secondo la giurisprudenza, non gode di nessuna protezione.

Giudizio del Tribunale

74.
    Secondo costante giurisprudenza, il principio della parità di trattamento fa parte dei principi fondamentali del diritto comunitario (v. citata sentenza Germania/Consiglio, punto 67). Tale principio impone di non trattare in modo diverso situazioni analoghe, salvo che una differenza di trattamento sia obiettivamente giustificata (v. sentenza della Corte 19 novembre 1998, causa C-150/94, Regno Unito/Consiglio, Racc. pag. I-7235, punto 97).

75.
    Si deve in proposito sottolineare che, anche ammesso che il regolamento n. 2362/98 abbia potuto incidere in maniera diversa sulla situazione delle categorie di operatori economici, ciò non costituirebbe un trattamento discriminatorio in quanto un trattamento del genere apparirebbe inerente all'obiettivo dell'integrazione di mercati nella Comunità (v. citata sentenza Germania/Consiglio, punto 74).

76.
    La ricorrente ha tuttavia sottolineato che nel caso di specie non sarebbe possibile addurre a giustificazione gli obiettivi dell'organizzazione dei mercati bananieri: infatti, la normativa de qua non tiene conto delle condizioni del mercato, vale a dire del fatto che le piccole e medie imprese non dispongono delle stesse opportunità di approvvigionamento e di vendita delle multinazionali.

77.
    Tuttavia, come la Commissione ha giustamente sottolineato, tale circostanza non costituisce una particolarità del settore bananiero, bensì un fenomeno generale, ed esisteva già nell'ambito della vecchia organizzazione dei mercati.

78.
    Infatti, tali differenze riguardanti l'effetto della normativa, dovute a elementi obiettivi come la diversità di dimensioni e di posizione sul mercato, non possono essere qualificate come «discriminazione» ai sensi del Trattato (v., nello stesso senso, sentenza della Corte 18 marzo 1980, causa 52/79, Debauve e a., Racc. pag. 833, punto 21). La tesi della ricorrente presuppone in realtà un intervento politico del legislatore a sostegno delle piccole e medie imprese. Tuttavia, anche ammesso che tale intervento sia giustificabile, la sua assenza nell'ambito del regolamento n. 2362/98 non può costituire una colpa idonea a far sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità.

79.
    La ricorrente non può neanche lamentare una violazione nel caso di specie del principio del libero esercizio delle attività professionali.

80.
    Infatti, occorre osservare in proposito che, sebbene la libertà di esercizio delle attività professionali faccia parte dei principi generali del diritto comunitario, tali principi non costituiscono prerogative assolute, ma vanno considerati alla luce della loro funzione sociale. Ne consegue che possono essere apportate restrizioni al libero esercizio di un'attività professionale, in particolare nell'ambito diun'organizzazione comune di mercato, a condizione che tali restrizioni rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti dalla Comunità e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa del diritto così garantito (v. sentenze della Corte 11 luglio 1989, causa 265/87, Schräder, Racc. pag. 2237, punto 15, 13 luglio 1989, causa 5/88, Wachauf, Racc. pag. 2609, punto 18, e 10 gennaio 1992, causa C-177/90, Kühn, Racc. pag. I-35, punto 16).

81.
    Per quanto riguarda più precisamente il settore bananiero, dalla giurisprudenza risulta che nessun operatore economico può rivendicare un diritto di proprietà su una quota di mercato da esso detenuta in un momento precedente l'adozione dell'organizzazione comune dei mercati. Inoltre, la restrizione alla facoltà di importare banane paesi terzi, conseguente all'apertura del contingente doganale e alla sua ripartizione, è inerente agli obiettivi di interesse generale comunitario perseguiti con l'istituzione dell'organizzazione comune dei mercati nel settore della banana e, pertanto, non pregiudica indebitamente il libero esercizio delle attività professionali degli operatori tradizionali di banane paesi terzi (v. sentenze della Corte Germania/Consiglio, citata, punti 79, 82 e 87, e 10 marzo 1998, causa C-122/95, Germania/Consiglio, Racc. pag. I-973, punto 77).

82.
    Ora, la ricorrente, non avendo lamentato difficoltà particolari salvo quelle di ordine generale incontrate dalle piccole e medie imprese, non ha dimostrato che la violazione del suo diritto al libero esercizio delle attività professionali non deriverebbe dall'attuazione degli obiettivi di interesse generale comunitario.

83.
    Da quanto precede discende che la ricorrente non ha provato l'esistenza di una discriminazione delle piccole e medie imprese o di una violazione del diritto al libero esercizio delle attività professionali.

Sulla violazione del principio di proporzionalità

Argomenti delle parti

84.
    La ricorrente deduce che il regime di importazione previsto dal regolamento n. 2362/98 costituisce una violazione del principio di proporzionalità.

85.
    Essa precisa che intrattiene rapporti commerciali solo con l'Ecuador e che la sua domanda di certificato di importazione per il primo trimestre 1999 riguardava la quantità massima autorizzata per tale paese. La quantità che essa è stata autorizzata a importare sarebbe stata ridotta per effetto del coefficiente di riduzione. In forza del principio di proporzionalità, le si sarebbe dovuto consentire di importare la quantità corrispondente a tale riduzione come quantità supplementare per il secondo trimestre. Tuttavia, solo nel corso dell'ultimo trimestre essa avrebbe la possibilità di usare - in una sola volta - i certificati non attribuiti per i trimestri precedenti. Ora, i produttori dell'Ecuador nondisporrebbero di uno stock di banane sufficiente in quanto queste ultime vengono raccolte continuamente e possono essere smerciate solo in maniera regolare. Di conseguenza, essa non potrebbe importare i quantitativi corrispondenti a tali certificati e la sua cauzione andrebbe perduta.

86.
    La ricorrente ritiene inoltre che il regime attuale del frazionamento nel tempo dei contingenti annui per categoria di paesi sia sproporzionato in quanto esistono mezzi meno vincolanti per orientare l'economia.

87.
    La Commissione sostiene che tale censura è inesatta da due punti di vista.

88.
    In primo luogo, l'operatore la cui domanda relativa a banane di una certa origine è stata oggetto di una riduzione potrebbe, conformemente all'art. 18, n. 1, lett. b), del regolamento n. 2362/98, presentare nello stesso trimestre una o varie domande di certificati di importazione di banane di altre origini per le quali le quantità disponibili sono pubblicate dalla Commissione. Stando alla Commissione, tale possibilità sarebbe stata sfruttata dalla ricorrente.

89.
    In secondo luogo, sarebbe possibile, conformemente al regolamento n. 2362/98, domandare nuovamente, nel limite del quantitativo trimestrale massimo, il diritto di importare le quantità non attribuite nel trimestre precedente.

90.
    Peraltro, la Commissione sostiene che la maggior parte degli operatori sono manifestamente in grado di servirsi del nuovo regime di importazione di banane. Il problema della ricorrente sarebbe che essa intratterrebbe rapporti commerciali solo con un paese fornitore, cosa che le impedirebbe di profittare, come invece fanno gli altri operatori, della flessibilità di questo nuovo regime.

Giudizio del Tribunale

91.
    Occorre ricordare che in materia di politica agricola comune il legislatore comunitario dispone di un ampio potere discrezionale, corrispondente alle responsabilità politiche che gli artt. 40 e 43 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 37 CE) gli attribuiscono.

92.
    Dalla giurisprudenza risulta che solo la manifesta inidoneità di un provvedimento adottato in tale ambito, rispetto allo scopo che l'istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di tale provvedimento. Più specificamente, qualora il legislatore comunitario, nell'emanare una normativa, debba valutare gli effetti futuri di quest'ultima e tali effetti non possano essere previsti con certezza, la detta valutazione può essere oggetto di censura solo se appaia manifestamente erronea alla luce degli elementi di cui il legislatore disponeva al momento dell'adozione della normativa (v. sentenze della Corte 21 febbraio 1990, cause riunite da C-267/88 a C-285/88, Wuidart e a., Racc. pag. I-435, punto 14, 13 novembre 1990, causa C-331/88, Fedesa e a., Racc. pag. I-4023, punto 14, e 5 ottobre 1994, Germania/Consiglio, citata, punto 90).

93.
    Questa limitazione del controllo del giudice comunitario si impone segnatamente allorché, nell'attuare un'organizzazione comune di mercato, la Commissione si trova a dover operare quale arbitro di interessi confliggenti e ad esercitare quindi opzioni nell'ambito delle scelte politiche che rientrano nelle sue responsabilità proprie (v. sentenza 5 ottobre 1994, Germania/Consiglio, citata, punto 91).

94.
    Nella fattispecie il legislatore comunitario, adottando il sistema di ripartizione del contingente doganale di cui trattasi e fissandone le modalità di applicazione, ha scelto, tra varie possibilità, la formula che gli è sembrata più idonea a istituire un'organizzazione dei mercati bananieri. Un siffatto provvedimento deve, in linea di principio, essere considerato idoneo rispetto all'obiettivo di ripartire equamente il contingente doganale, anche se esso, a causa della differenza delle situazioni degli operatori, non colpisce nello stesso modo la totalità di questi ultimi (v., in tal senso, sentenza Schräder, citata, punto 23).

95.
    Con la sua argomentazione la ricorrente non dimostra affatto che il sistema di ripartizione del contingente doganale, istituito dal regolamento n. 2362/98, è manifestamente inidoneo. Infatti, tale sistema di gestione, consentendo alla Commissione di procedere agli adattamenti necessari durante un determinato esercizio annuale, è volto a garantire un'equa ripartizione del contingente doganale annuo tra gli operatori interessati. Peraltro, non è esatto che alla ricorrente non fosse possibile importare effettivamente la quantità cui aveva diritto. Come ha osservato la Commissione, la ricorrente poteva chiedere certificati d'importazione di banane provenienti da paesi esportatori diversi dall'Ecuador, possibilità di cui essa si è d'altronde avvalsa (v. precedente punto 20).

96.
    Sebbene non sia da escludere che altri mezzi avrebbero potuto essere presi in considerazione per conseguire il risultato voluto, tuttavia, poiché non è stata fornita la prova che i provvedimenti adottati dal legislatore comunitario fossero manifestamente inidonei al conseguimento dell'obiettivo perseguito, il Tribunale non può sostituire la propria valutazione a quella della Commissione sull'adeguatezza di tali provvedimenti (v. sentenza 5 ottobre 1994, Germania/Consiglio, citata, punto 94).

97.
    Anche questo motivo va dunque respinto.

98.
    Da quanto precede risulta che la responsabilità della Comunità non può sorgere per la violazione del divieto di discriminazione, del principio di proporzionalità e del diritto al libero esercizio delle attività professionali.

99.
    Poiché la ricorrente non ha dimostrato l'esistenza di un comportamento illecito idoneo a far sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità, il ricorso deve essere respinto.

Sulle spese

100.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è risultata soccombente, occorre condannarla alle spese in conformità delle conclusioni della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    Il ricorso è respinto.

2)    La ricorrente sopporterà le proprie spese nonché quelle della Commissione.

Lindh

García-Valdecasas
Cooke

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 20 marzo 2001.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

P. Lindh


1: Lingua processuale: il tedesco.