Language of document : ECLI:EU:T:2001:122

SENTENZA DEL TRIBUNALE (giudice unico)

24 aprile 2001 (1)

«Dipendenti - Indennità di nuova sistemazione - Nozione di residenza»

Nella causa T-37/99,

Ugo Miranda, ex dipendente della Commissione delle Comunità europee, residente a Bruxelles (Belgio), rappresentato dall'avv. L. Radicati di Brozolo, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. G. Valsesia, in qualità di agente, assistito dall'avv. A. Dal Ferro, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della Commissione 7 maggio 1998, relativa al recupero dell'indennità di nuova sistemazione versata al ricorrente ai sensi dell'art. 6 dell'allegato VII dello Statuto del personale delle Comunità europee,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (giudice unico),

giudice: P. Mengozzi

cancelliere: J. Palacio Gonzàlez, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 19 febbraio 2001,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti e procedimento

1.
    Il sig. Miranda è entrato in servizio presso la Commissione in qualità di dipendente della categoria A nel 1959. Dal 1968 al 1992, data in cui è andato in pensione, ha esercitato le sue funzioni in qualità di capodivisione. Nel novembre 1995 ha comunicato alla propria istituzione che, insieme alla moglie, si sarebbe trasferito a Roma, dove possiede, dal 1973, un appartamento nel frattempo dato in locazione.

2.
    Rispettivamente il 16 e il 20 novembre 1995 il ricorrente e la moglie richiedevano l'iscrizione nel registro dei residenti di Roma. Successivamente, il 23 novembre 1995 venivano cancellati dal registro dei residenti di Bruxelles.

3.
    Nel dicembre 1995 la Commissione, su richiesta del ricorrente, corrispondeva a quest'ultimo la somma di franchi belgi (BEF) 853 776 a titolo di indennità di nuova sistemazione, ai sensi dell'art. 6 dell'allegato VII dello Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto»).

4.
    Il 5 febbraio 1996 i coniugi Miranda si reinscrivevano nel registro dei residenti di Bruxelles.

5.
    Con lettera 7 maggio 1998 la Commissione comunicava al ricorrente la decisione di procedere al recupero, mediante trattenute sulla pensione, dell'indennità di nuova sistemazione corrisposta nel dicembre 1995. Infatti, secondo la Commissione, le condizioni previste dall'art. 6 dell'allegato VII dello Statuto non erano soddisfatte poiché non vi era stata nuova sistemazione ai sensi delle disposizioni statutarie.

6.
    Avverso tale decisione, il 15 luglio 1998 il ricorrente presentava un reclamo ai sensi dell'art. 90, n. 2, dello Statuto. Il 15 dicembre 1998 si teneva una riunione interservizi presso la Commissione, alla quale il ricorrente partecipava allo scopo di chiarire la propria situazione.

7.
    Non avendo ricevuto alcuna risposta al proprio reclamo, con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 12 febbraio 1999 il ricorrente presentava il ricorso in esame.

8.
    Il 4 marzo 1999 la Commissione adottava una decisione esplicita di rigetto del reclamo del ricorrente.

9.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di iniziare la fase orale e, conformemente alle disposizioni degli artt. 14, n. 2, e 51 del suo regolamento di procedura, ha assegnato la causa al giudice Mengozzi in funzione di giudice unico.

10.
    All'udienza del 19 febbraio 2001, non essendo comparso il ricorrente, la convenuta ha svolto le proprie difese orali.

Conclusioni delle parti

11.
    Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

-    annullare la decisione 7 maggio 1998 con cui la Commissione ha chiesto la restituzione dell'indennità controversa;

-    condannare la Commissione alla restituzione delle somme trattenute fino a quel momento e al pagamento degli interessi di mora, al tasso legale, a partire dal giorno in cui ciascuna trattenuta è stata effettuata;

-    per quanto necessario, annullare la decisione implicita di rigetto del reclamo 15 luglio 1999;

-    condannare la Commissione alle spese, conformemente agli artt. 90 e 91 del regolamento di procedura del Tribunale.

12.
    La convenuta conclude che il Tribunale voglia:

-    respingere il ricorso;

-    statuire sulle spese come di diritto.

In diritto

13.
    A sostegno del suo ricorso il ricorrente deduce tre motivi di annullamento relativi, rispettivamente, all'errore di diritto nell'interpretazione dell'art. 6 dell'allegato VII dello Statuto, alla violazione dell'obbligo di motivazione ed alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento e della buona fede.

Sul primo motivo, relativo all'errore di diritto nell'interpretazione dell'art. 6 dell'allegato VII dello Statuto

Argomenti delle parti

14.
    Il ricorrente ricorda che, ai sensi dell'art. 6, n. 1, dell'allegato VII dello Statuto, l'indennità di nuova sistemazione è corrisposta al dipendente che cessa definitivamente di prestare servizio presso la Comunità se:

-    non ha mai avuto la nazionalità dello Stato sul cui territorio è situata la sede di servizio e non ha, prima di entrare in servizio presso la Comunità, esercitato abitualmente la sua attività professionale principale per un periodo di cinque anni nel territorio di detto Stato, ovvero se dimostra di avere dovuto cambiare residenza in ragione della sua sede di servizio;

-     ha prestato servizio per quattro anni;

-    non beneficia di un'indennità analoga nella sua eventuale nuova occupazione.

15.
    Inoltre egli aggiunge che, a norma dell'art. 6, n. 4, l'indennità di nuova sistemazione è versata dietro documentazione dell'avvenuta sistemazione del dipendente e della sua famiglia in una località situata a oltre 70 km dalla sede di servizio, al più tardi tre anni dopo la cessazione definitiva dal servizio.

16.
    Il ricorrente ritiene di avere indubbiamente soddisfatto le condizioni previste per la concessione dell'indennità di nuova sistemazione. In particolare, per quanto riguarda la condizione di cui al n. 4 dell'art. 6, egli afferma di avere trasferito la propria residenza a Roma, secondo la procedura prevista a tal fine: si è fatto cancellare dal registro dei residenti di Bruxelles e si è iscritto nel registro dei residenti di Roma.

17.
    Secondo il ricorrente, l'art. 6, n. 4, non stabilisce alcuna condizione ulteriore, limitandosi a richiedere che il trasferimento del dipendente abbia carattere effettivo (v. le conclusioni dell'avvocato generale Mancini nella causa 92/82, decisa consentenza della Corte 20 ottobre 1983, Gutman/Commissione, Racc. pag. 3127, in particolare pag. 3136).

18.
    Nel caso di specie, il ricorrente sostiene che il carattere effettivo della propria sistemazione a Roma è sufficientemente comprovato dai certificati rilasciati dai Comuni di Roma e di Bruxelles. In ogni caso, diversi elementi di fatto confermerebbero l'effettività del suo trasferimento. Al riguardo, egli fa presente che, per sistemarsi a Roma, ha risolto il contratto di locazione relativo al suo appartamento romano, ha eseguito lavori di ristrutturazione, ha acquistato mobili ed elettrodomestici, ha organizzato due traslochi, uno da Bruxelles e uno da Avellino, ha intestato a suo nome i contratti relativi al telefono e alla fornitura di gas e di elettricità e, infine, ha abitato in modo continuativo e abituale nell'appartamento romano, anche se solo per tre mesi.

19.
    Il ricorrente rammenta, inoltre, che la giurisprudenza ha finora considerato non effettivi soltanto trasferimenti meramente fittizi, quale, per esempio, un trasferimento in un appartamento abitato solo dalla figlia del dipendente in questione (sentenza Gutman/Commissione, citata, punto 10). Ora, dal momento che il trasferimento del ricorrente non sarebbe stato meramente fittizio, non potrebbe essere considerato non effettivo.

20.
    Ad avviso del ricorrente, una volta stabilito il carattere effettivo del trasferimento, non si deve tenere conto di altre considerazioni, in particolare di quelle relative alla durata del detto trasferimento. A tale proposito, egli sottolinea le differenze esistenti tra l'indennità di nuova sistemazione e l'indennità di prima sistemazione, concessa al dipendente che prende servizio per la prima volta o al dipendente cui è assegnata una nuova sede di servizio. Infatti, ai sensi dell'art. 5, nn. 1 e 2, dell'allegato VII, il dipendente che abbia percepito l'indennità di prima sistemazione è tenuto a rimborsarne una parte nel caso in cui di sua volontà lasci il servizio prima che sia trascorso un periodo di due anni dalla data della sua entrata in servizio. Per contro, l'art. 6 dell'allegato VII non subordina il versamento dell'indennità di nuova sistemazione alla durata del trasferimento.

21.
    Il ricorrente fa osservare che tale differenza nella redazione degli artt. 5 e 6 dell'allegato VII si spiega alla luce della diversa funzione delle indennità previste da detti articoli. L'indennità di prima sistemazione mirerebbe a favorire uno spostamento per un'attività di lavoro che deve ancora cominciare e, pertanto, implicherebbe un impegno del dipendente nei confronti del datore di lavoro a rimanere nel luogo in cui si trova la sede di servizio. Il decorso di un certo lasso di tempo come condizione per beneficiare di detta indennità mirerebbe a consentire di consolidare il rapporto e di instaurare un rapporto di «fiducia» tra il dipendente e il suo datore di lavoro, allo scopo di evitare abusi (v. sentenza del Tribunale 30 gennaio 1990, causa T-42/89, Yorck von Wartenburg/Parlamento, Racc. pag. II-31, punto 18). Per contro, l'indennità di nuova sistemazione risponderebbe piuttosto all'interesse del dipendente di tornare nel luogo di origine.

22.
    A tali argomentazioni il ricorrente aggiunge che la durata della sistemazione non può nemmeno essere considerata un elemento pertinente per valutare l'effettività del trasferimento. Infatti, il concetto di residenza non sarebbe legato alla durata della permanenza in un luogo, ma piuttosto si comporrebbe di un elemento oggettivo, vale a dire l'installazione in un determinato luogo, accompagnato da un elemento soggettivo, ossia il fatto che il soggetto interessato abbia l'intenzione di fissare la propria residenza in detto luogo.

23.
    Inoltre, il ricorrente fa notare che, qualora, dopo il suo trasferimento a Roma, avesse deciso di trasferire la propria residenza in un qualsiasi luogo diverso da Bruxelles, ad esempio a Venezia o a Madrid, la Commissione non avrebbe preteso la restituzione dell'indennità controversa. Ciò implicherebbe un'ingiustificata disparità, impedendo di fatto il ritorno del dipendente interessato a Bruxelles, luogo in cui questi ha trascorso una parte rilevante della sua vita, ma lasciando invece libero qualsiasi altro ritrasferimento.

24.
    A tali argomenti la convenuta obietta che, secondo la giurisprudenza comunitaria, «il versamento dell'indennità di nuova sistemazione è subordinato ad un cambiamento di residenza (...), ossia al trasferimento effettivo della residenza abituale del dipendente nel luogo indicato come quello della nuova sistemazione» (v. sentenza del Tribunale 28 settembre 1993, cause riunite T-57/92 e T-75/92, Yorck von Wartenburg/Parlamento, Racc. pag. II-925, punto 65). Inoltre, essa ricorda che la giurisprudenza comunitaria più recente ha statuito che la nozione di «residenza» coincide con il luogo in cui l'interessato mantiene il centro dei propri interessi (sentenza della Corte 11 agosto 1995, causa C-43/94 P, Parlamento europeo/Vienne, Racc. pag. I-2441, punto 21). Infine, la convenuta osserva che, come è già stato dichiarato dal Tribunale (sentenza 28 settembre 1993, Yorck von Wartenburg/Parlamento, citata, punto 66), anche se il certificato di residenza può essere considerato prova sufficiente della nuova sistemazione del dipendente, qualora la Commissione adduca elementi tali da metterne in dubbio il valore probante, spetta all'interessato fornire ulteriori elementi volti a dimostrare il suo cambiamento di residenza.

25.
    Nel caso di specie la Commissione sostiene che gli elementi di fatto addotti dal ricorrente non sono idonei a provare in modo oggettivo che egli abbia trasferito il centro dei propri interessi a Roma. Inoltre, taluni elementi di fatto non sarebbero coerenti con detto asserito trasferimento. A tale riguardo, la convenuta osserva che il sig. Miranda ha effettuato il trasferimento proprio allo scadere del termine di tre anni previsto dall'art. 6, n. 1, che la sua auto è sempre rimasta immatricolata in Belgio, che egli ha conservato la sua abitazione di Bruxelles e, infine, che il volume del suo trasloco da tale città non superava i 15 metri cubi.

26.
    Inoltre, la convenuta rammenta che il ricorrente ha continuato a percepire la sua pensione secondo il coefficiente correttore applicato al Belgio, avendo informato la Commissione del trasferimento della sua residenza soltanto il 29 ottobre 1996, ossia sei mesi dopo il suo rientro a Bruxelles. Ora, ai sensi dell'art. 82, secondocomma, dello Statuto, alle pensioni «viene attribuito il coefficiente correttore fissato per il paese (...) in cui il titolare della pensione comprova di avere stabilito la propria residenza».

27.
    Nella sua replica il ricorrente ribatte che, secondo la legge italiana, egli disponeva di un periodo di dodici mesi per immatricolare la sua auto in Italia e che, in ogni caso, il carattere effettivo del trasferimento della residenza ai sensi dell'art. 6, n. 4, non può dipendere né dall'immatricolazione del veicolo del dipendente interessato, né dalla cessione dell'abitazione in cui egli risiedeva durante il suo periodo di servizio presso le Comunità, né dal volume del suo trasloco.

28.
    Quanto al coefficiente correttore applicato alla sua pensione, il ricorrente ammette di aver ricevuto la pensione, durante il suo soggiorno a Roma, con il coefficiente correttore relativo al Belgio, ma sottolinea che tale circostanza non può inficiare il carattere effettivo del suo trasferimento, poiché essa deriva da una mancanza di diligenza della Commissione. Egli sostiene, infatti, di aver comunicato al servizio pensioni, conformemente al disposto dell'art. 43 dell'allegato VIII dello Statuto, i suoi due trasferimenti, il primo a Roma ed il secondo a Bruxelles.

Giudizio del Tribunale

29.
    Occorre osservare, in primo luogo, che, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, se esiste una differenza nella redazione degli artt. 5 e 6 dell'allegato VII dello Statuto, in quanto quest'ultima disposizione non prevede alcuna durata minima di soggiorno, non vi è per contro alcuna differenza di funzione tra l'indennità di prima sistemazione e quella di nuova sistemazione. Come ha affermato l'avvocato generale Mancini nelle sue conclusioni nella causa Gutmann/Commissione (citate, pagg. 3138 e 3139), «tra i due benefici, infatti, v'è una stretta analogia di fini: entrambi mirano a coprire o ad alleviare gli oneri derivanti dall'inserimento del funzionario in un ambiente nuovo per un periodo indeterminato, ma in ogni caso non breve».

30.
    In secondo luogo, se l'art. 6 dell'allegato VII dello Statuto subordina la concessione dell'indennità di nuova sistemazione solo ad un trasferimento della residenza del dipendente interessato in una località situata a oltre 70 km dalla sede di servizio, dalla giurisprudenza risulta tuttavia che il trasferimento di residenza previsto da tale disposizione implica un «trasferimento effettivo della residenza abituale del dipendente nel luogo indicato come quello della nuova sistemazione» (sentenza 28 settembre 1993, Yorck von Wartenburg/Parlamento, citata, punto 65).

31.
    Ora, secondo una giurisprudenza consolidata, la nozione di residenza abituale deve essere interpretata come «il luogo in cui l'interessato ha fissato, con voluto carattere di stabilità, il centro permanente o abituale dei propri interessi» (sentenza del Tribunale 10 luglio 1992, causa T-63/91, Benzler/Commissione, Racc. pag. II-2095, punto 25).

32.
    Inoltre, come ha sottolineato l'avvocato generale Mancini nelle conclusioni nella causa 284/87, Schäflein/Commissione, decisa con sentenza della Corte 14 luglio 1988 (Racc. pag. 4475, in particolare pag. 4481), la nozione di residenza, pur non fondandosi «sul dato puramente quantitativo del tempo trascorso dalla persona nel territorio dell'uno o dell'altro paese», implica tuttavia, oltre al fatto fisico di dimorare in un certo luogo, «l'intento di conferire a tale fatto la continuità che risulta da una consuetudine di vita e dallo svolgimento di normali rapporti sociali».

33.
    Nel caso di specie, molteplici elementi inducono a escludere che il ricorrente, pur avendo adempiuto le formalità amministrative necessarie per cambiare residenza, abbia trasferito a Roma «il centro permanente o abituale dei propri interessi», con la volontà di conferire a tale trasferimento un carattere di stabilità, ovvero che egli abbia dimorato fisicamente in tale città con «l'intento di conferire a tale fatto la continuità che risulta da una consuetudine di vita e dallo svolgimento di normali rapporti sociali».

34.
    In particolare, si deve ricordare che il ricorrente ha continuato a percepire la pensione con il coefficiente correttore applicato al Belgio, che, come ha dichiarato durante la riunione interservizi del 15 dicembre 1998, non ha immatricolato la sua auto in Italia per conservare la targa belga ed, infine, ha tenuto l'appartamento di Bruxelles, dove è ritornato dopo il suo soggiorno a Roma. Ma soprattutto occorre sottolineare la durata estremamente breve del soggiorno del ricorrente a Roma, dalla metà del novembre 1995 al 6 febbraio 1996, vale a dire poco più di due mesi.

35.
    A tale proposito si deve osservare che l'unico motivo fornito dal ricorrente per spiegare il suo precipitoso ritorno a Bruxelles è relativo ad asserite difficoltà di adattamento a Roma. Ora, il fatto che, dopo così poco tempo, non meglio precisate difficoltà di adattamento abbiano costretto il ricorrente e la moglie ad un frettoloso rientro a Bruxelles dimostra sufficientemente che essi non hanno dimorato fisicamente a Roma con «l'intento di conferire a tale fatto la continuità che risulta da una consuetudine di vita e dallo svolgimento di normali rapporti sociali» e che, pertanto, non hanno mai trasferito in tale città il centro permanente o abituale dei loro interessi.

36.
    Nella decisione impugnata la Commissione ha quindi ritenuto a giusto titolo che il trasferimento di residenza del ricorrente non avesse carattere effettivo.

37.
    Peraltro, tale decisione non comporta alcuna discriminazione tra la situazione del ricorrente al quale, dopo il suo ritorno a Bruxelles, è stata chiesta la restituzione dell'indennità di nuova sistemazione e quella del dipendente che, dopo un primo trasferimento nel luogo di origine, ne effettua un secondo in un'altra località situata a oltre 70 km dalla precedente sede di servizio, senza per questo essere tenuto alla restituzione di tale indennità.

38.
    Al riguardo occorre rammentare che, in forza del principio di non discriminazione, a situazioni analoghe non dev'essere riservato un trattamento dissimile, a meno cheuna differenza non sia obiettivamente giustificata (sentenza del Tribunale 9 febbraio 1994, causa T-109/92, Lacruz Bassols/Corte di giustizia, Racc. PI pag. I-A-31 e II-105, punto 87).

39.
    Nel caso di specie, la disparità di trattamento addotta dal ricorrente è pienamente giustificabile alla luce della funzione attribuita dallo Statuto all'indennità di nuova sistemazione, ossia, come emerge dal precedente punto 29, quella di coprire ed alleviare gli oneri derivanti dall'inserimento del dipendente in un ambiente nuovo per un periodo indeterminato, ma in ogni caso non breve.

40.
    Infatti, nel caso del dipendente che, dopo un primo trasferimento di breve durata, ritorna nell'antica sede di servizio, il versamento dell'indennità di nuova sistemazione non risponde a tale funzione tipica. La funzione caratteristica dell'indennità di nuova sistemazione è per contro pienamente adempiuta nel caso del dipendente che, dopo un primo trasferimento in una località situata a oltre 70 km dalla sede di servizio, effettua un secondo cambiamento di residenza, sempre in una località situata a oltre 70 km da tale sede.

41.
    Da tutto quanto precede risulta che il primo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell'obbligo di motivazione

Argomenti delle parti

42.
    Il ricorrente sostiene che la decisione della Commissione non è sufficientemente motivata, poiché non precisa se l'indennità controversa sia stata considerata come percepita indebitamente perché la Commissione ha giudicato non effettiva la sua sistemazione a Roma, o piuttosto a causa della durata insufficiente del suo soggiorno in detta città.

43.
    La convenuta osserva che la decisione 7 maggio 1998 è adeguatamente motivata. Infatti, ai sensi dell'art. 85 dello Statuto, «qualsiasi somma percepita indebitamente dà luogo a ripetizione se il beneficiario ha avuto conoscenza dell'irregolarità del pagamento o se tale irregolarità era così evidente che egli non poteva non accorgersene». Secondo la Commissione, un dipendente del livello del ricorrente aveva o avrebbe dovuto avere conoscenza dell'irregolarità del versamento dell'indennità di nuova sistemazione.

Giudizio del Tribunale

44.
    Si deve osservare, innanzi tutto, che nella sua lettera 7 maggio 1998 la Commissione ha chiaramente indicato al ricorrente che la decisione di procedere al recupero dell'indennità controversa derivava dal fatto che, a suo avviso, non vi era stata nuova sistemazione ai sensi dell'art. 6, n. 4, dell'allegato VII.

45.
    Inoltre, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, una decisione arrecante pregiudizio è sufficientemente motivata quando l'atto impugnato è stato emanato in un contesto noto al dipendente interessato, che gli consente di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti (sentenza del Tribunale 14 luglio 1997, causa T-123/95, B/Parlamento, Racc. PI pagg. I-A-245 e II-697, punto 51).

46.
    Nel caso di specie, l'irregolarità del pagamento dell'indennità controversa poteva essere individuata, mediante la lettura dell'art. 6 dell'allegato VII dello Statuto, da un dipendente mediamente diligente, che è tenuto a conoscere le norme che disciplinano il suo trattamento, e soprattutto da un dipendente del livello del ricorrente, capodivisione presso la Commissione dal 1968.

47.
    In tali circostanze, il secondo motivo di annullamento non può essere accolto.

Sul terzo motivo, relativo alla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento e della buona fede

Argomenti delle parti

48.
    Il ricorrente fa valere che la domanda di restituzione dell'indennità controversa viola il principio di tutela del legittimo affidamento e della buona fede. A suo avviso, se l'indennità di cui trattasi fosse dovuta soltanto in caso di trasferimento avente una durata minima, ciò dovrebbe essere indicato chiaramente nello Statuto. Inoltre, il ricorrente sottolinea che egli si era informato presso i servizi della Commissione sulla procedura da seguire per ottenere l'indennità di nuova sistemazione, e che nessuno lo aveva avvertito del rischio di perdere detta indennità nel caso di un secondo trasferimento.

49.
    Il ricorrente aggiunge di aver sempre agito in perfetta buona fede e trasparenza. Innanzi tutto, fa notare che in buona fede si era trasferito a Roma e che, sempre in perfetta buona fede, aveva deciso di ritornare a Bruxelles in seguito a problemi di adattamento imprevisti o sottovalutati. Inoltre, egli ritiene che non avrebbe potuto immaginare l'illegittimità del versamento dell'indennità, visto che si era scrupolosamente attenuto alle indicazioni dei competenti servizi della Commissione e che aveva seguito il disposto dell'art. 6 dell'allegato VII dello Statuto.

50.
    La convenuta ribatte che, secondo una giurisprudenza costante, la violazione del principio del legittimo affidamento può essere invocata validamente solo in presenza di assicurazioni precise fornite dall'amministrazione a tutela di un determinato interesse, tali da far nascere fondate aspettative in capo ad un singolo (sentenza del Tribunale 27 febbraio 1996, causa T-235/94, Galtieri/Parlamento, Racc. PI pagg. I-A-43 e II-129, punto 63). Nel caso di specie, la convenuta non avrebbe mai fatto nascere fondate aspettative in capo al ricorrente in ordine al carattere definitivo dell'indennità versatagli.

51.
    In ogni caso, la convenuta sostiene che, anche supponendo che il ricorrente abbia effettivamente trasferito la sua residenza a Roma per il periodo 23 novembre 1995-5 febbraio 1996, il principio della sana gestione finanziaria del denaro pubblico osta a che egli percepisca un'indennità di nuova sistemazione. Da questo punto di vista, il caso di specie non differirebbe dalla situazione che ha dato luogo alla sentenza della Corte 9 novembre 1978 (causa 140/77, Verhaaf/Commissione, Racc. pag. 2117, punti 12 e 20), in cui, in nome di detto principio, la Corte ha escluso che una seconda indennità di sistemazione potesse essere versata al dipendente che era stato trasferito due volte, una volta da Bruxelles ad un'altra sede di servizio e una seconda volta, dopo soli sei mesi, da tale sede a Bruxelles.

Giudizio del Tribunale

52.
    Si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, il diritto di esigere la tutela del legittimo affidamento spetta a chiunque si trovi in una situazione da cui risulti che l'amministrazione comunitaria ha fatto nascere in lui, fornendo assicurazioni precise, fondate aspettative (sentenze del Tribunale 5 febbraio 1997, causa T-207/95, Ibarra Gil/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-13 e II-31, punto 25, e causa T-211/95, Petit-Laurent/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-21 e II-57, punto 72).

53.
    Nel caso di specie è da escludere che il ricorrente si sia trovato in una situazione del genere.

54.
    In primo luogo, il disposto dell'art. 6 dell'allegato VII dello Statuto, come è sempre stato interpretato dalla giurisprudenza comunitaria, è sufficientemente chiaro nel subordinare la concessione dell'indennità controversa ad un trasferimento effettivo del centro degli interessi del dipendente.

55.
    In secondo luogo, il ricorrente non ha dimostrato di essersi specificamente informato presso i servizi della Commissione sulle conseguenze che un suo ritorno a Bruxelles, dopo solo tre mesi di soggiorno a Roma, avrebbe prodotto sul versamento dell'indennità di nuova sistemazione. In tali circostanze, egli non si può quindi lamentare del fatto che, fornendogli informazioni generali sulle condizioni per il versamento di detta indennità, la Commissione non lo abbia avvertito dei rischi connessi ad un trasferimento di breve durata.

56.
    Infine, si deve rammentare che, secondo una giurisprudenza costante, le assicurazioni fornite dall'amministrazione comunitaria devono essere conformi alle norme applicabili per fondare un legittimo affidamento, che il dipendente potrebbe far valere (sentenza del Tribunale 7 giugno 1999, causa T-203/97, Forvass/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-129, e II-705, punto 70). Di conseguenza, anche ammesso che i servizi della Commissione abbiano assicurato al ricorrente che il suo ritorno a Bruxelles non avrebbe comportato alcuna conseguenza sul versamento dell'indennità di nuova sistemazione, ciò non toglie che egli non puòfar valere tali assicurazioni, incompatibili con l'art. 6 dell'allegato VII dello Statuto, per invocare una violazione del principio del legittimo affidamento.

57.
    Per quanto riguarda la buona fede addotta dal ricorrente, è sufficiente osservare, anzitutto, che egli ha comunicato ai servizi della Commissione i suoi due trasferimenti solo con una dichiarazione effettuata, a norma dell'art. 43 dell'allegato VIII, il 29 ottobre 1996, ossia circa undici mesi dopo il suo trasferimento a Roma e circa nove mesi dopo il suo ritorno a Bruxelles.

58.
    Inoltre, come risulta dal precedente punto 46, vista la chiarezza delle disposizioni statutarie che disciplinano il versamento dell'indennità di nuova sistemazione, nonché il grado e l'anzianità del ricorrente, quest'ultimo avrebbe dovuto avere conoscenza dell'irregolarità del pagamento dell'indennità controversa.

59.
    Pertanto, il terzo motivo di ricorso va dichiarato infondato.

60.
    Dall'insieme delle precedenti considerazioni risulta che il presente ricorso deve essere respinto.

Sulle spese

61.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia a norma dell'art. 88 del medesimo regolamento, nelle controversie tra le Comunità e i loro dipendenti le spese sostenute dalle istituzioni rimangono a carico di queste ultime.

62.
    Visto che il ricorrente è rimasto soccombente, ciascuna parte deve essere condannata a sopportare le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    Il ricorso è respinto.

2)    Ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 24 aprile 2001.

Il cancelliere

Il giudice

H. Jung

P. Mengozzi


1: Lingua processuale: l'italiano.

Racc. PI