Language of document : ECLI:EU:T:1998:151

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

7 luglio 1998 (1)

«Dipendenti — Pensioni — Coefficiente correttore — Determinazione —

Tasso di cambio»

Nelle cause riunite T-238/95, T-239/95, T-240/95, T-241/95 e T-242/95,

Francesco Mongelli, dipendente a riposo della Commissione delle Comunità europee, residente in Cecina (Italia),

Alberto Castagnoli, dipendente a riposo della Commissione delle Comunità europee, residente in Segrate (Italia),

Eduardo Capuano, dipendente a riposo della Commissione delle Comunità europee, residente in Roma.

Vittorio Sadini, dipendente a riposo della Commissione delle Comunità europee, residente in Segrate (Italia),

e

Lando Tinelli, dipendente a riposo della Commissione delle Comunità europee,

residente in Roma,

con l'avv. Giuseppe Marchesini, patrocinante dinanzi alla Corte di cassazione della Repubblica italiana, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Ernest Arendt, 8-10, rue Mathias Hardt,

ricorrenti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Gianluigi Valsesia, consigliere giuridico principale, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

convenuta,

sostenuta da

Consiglio dell'Unione europea, rappresentato dai signori Diego Canga Fano e Marco Umberto Moricca, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Alessandro Morbilli, direttore generale della direzione Affari giuridici della Banca europea per gli investimenti, 100, boulevard Konrad Adenauer,

interveniente,

avente ad oggetto, da un lato, l'annullamento dei prospetti di pensione dei ricorrenti a decorrere dal mese di gennaio 1995, per via dell'illegittimità del regolamento (CECA, CE, Euratom) del Consiglio 19 dicembre 1994, che adegua, a decorrere dal 1° luglio 1994, le retribuzioni e le pensioni dei dipendenti e degli altri agenti delle Comunità europee, nonché i coefficienti correttori applicabili a tali retribuzioni e pensioni (GU L 335, pag. 1), nella parte in cui fissa per l'Italia il coefficiente correttore di 94,2, e, dall'altro, le domande di pagamento degli arretrati dovuti, maggiorati degli interessi moratori al tasso dell'8%,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

composto dai signori A. Kalogeropoulos, presidente, C.W. Bellamy, J. Pirrung, giudici,

cancelliere: H. Jung

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 29 gennaio 1998,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti e procedimento

1.
    I ricorrenti, ex dipendenti della Commissione in servizio a Bruxelles, risiedono in Italia e sono, ciascuno, titolari di una pensione di vecchiaia. Tre di loro, i signori Mongelli, Capuano e Tinelli, ricevono la loro pensione in franchi belgi, avendo optato, ai sensi dell'art. 45 dell'allegato VIII dello Statuto del personale delle Comunità europee (nel prosieguo: lo «Statuto»), per il pagamento delle prestazioni nella moneta del paese in cui ha sede l'istituzione alla quale essi appartenevano. I signori Castagnoli e Sadini ricevono le loro prestazioni direttamente in Italia, in lire.

2.
    Il 19 dicembre 1994 il Consiglio ha adottato il regolamento (CECA, CE, Euratom) n. 3161/94, che adegua, a decorrere dal 1° luglio 1994, le retribuzioni e le pensioni dei dipendenti e degli altri agenti delle Comunità europee, nonché i coefficienti correttori applicabili a tali retribuzioni e pensioni (GU L 335, pag. 1, nel prosieguo: il «regolamento n. 3161/94»). Tale regolamento è entrato in vigore il 24 dicembre 1994 e ha sostituito il regolamento (Euratom, CECA, CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 3608, che adegua, a decorrere dal 1° luglio 1993, le retribuzioni e le pensioni dei funzionari e degli altri agenti delle Comunità europee, nonché i coefficienti correttori applicabili a tali retribuzioni e pensioni (GU L 328, pag. 1), che aveva fissato un coefficiente correttore per l'Italia di 101,2.

3.
    L'art. 6, n. 1, del regolamento n. 3161/94 fissa, con effetto dal 1° luglio 1994, un coefficiente correttore di 94,2 per l'Italia, applicabile alle pensioni ai sensi del n. 4 di tale articolo.

4.
    Nei prospetti di pensione relativi al mese di gennaio 1995, la Commissione ha applicato tale coefficiente correttore alle prestazioni versate alle ricorrenti.

5.
    Avendo constatato una diminuzione dell'importo mensile delle loro rispettive pensioni rispetto all'anno precedente, dovuta all'applicazione del detto coefficiente, e ritenendo tale riduzione illegittima e discriminatoria, i ricorrenti hanno presentato, nell'aprile

1995, un reclamo ai sensi dell'art. 90, n. 2, dello Statuto nei confronti dei loro prospetti pensione del mese di gennaio 1995.

6.
    La Commissione ha respinto tali reclami con decisione 6 settembre 1995, notificata ai ricorrenti con lettera 14 settembre 1995, pervenuta agli interessati tra il 18 e il 25 settembre 1995.

7.
    Con atti introduttivi, depositati nella cancelleria del Tribunale il 22 dicembre 1995, i ricorrenti hanno presentato i presenti ricorsi, registrati rispettivamente con i numeri di ruolo T-238/95, T-239/95, T-240/95, T-241/95 e T-242/95.

8.
    Con ordinanza del Presidente della Seconda Sezione del Tribunale16 febbraio 1996, le cinque cause sono state riunite ai fini della fase scritta del procedimento, della trattazione orale e della sentenza.

9.
    Con ordinanza del Presidente della Seconda Sezione del Tribunale 29 aprile 1996, il Consiglio è stato autorizzato ad intervenire a sostegno delle conclusioni della parte convenuta.

10.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione) ha deciso di passare alla trattazione orale senza procedere ad istruttoria. Esso ha tuttavia invitato la parte convenuta a rispondere per iscritto ad un quesito, cosa che essa ha effettuato nei termini impartiti. Il Tribunale ha altresì richiesto ai ricorrenti di produrre gli estratti dei documenti fatti valere, cosa che essi non hanno effettuato nei termini impartiti e neppure nel corso dell'udienza.

11.
    La fase orale si è svolta il 29 gennaio 1998. Sono state sentite le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale.

Conclusioni delle parti

12.
    I ricorrenti concludono che il Tribunale voglia:

—    annullare i loro prospetti di pensione relativi al mese di gennaio 1995 e successivi;

—    condannare la parte convenuta al pagamento delle ulteriori somme dovute, maggiorate degli interessi all'8% a partire dalle rispettive scadenze;

—    condannare la parte convenuta alle spese.

13.
    La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

—    respingere il ricorso in quanto infondato;

—    statuire sulle spese secondo le norme vigenti.

14.
    Il Consiglio conclude che il Tribunale voglia accogliere le conclusioni presentate dalla Commissione.

Nel merito

15.
    I ricorrenti deducono quattro motivi a sostegno dei loro ricorsi. Il primo motivo è relativo alla violazione dell'art. 64 dello Statuto, il secondo alla violazione del principio della parità di trattamento, il terzo alla violazione del principio del legittimo affidamento e, infine, il quarto alla violazione dell'art. 63, secondo comma, dello Statuto e dell'art. 45 dell'allegato VIII del medesimo.

Sul primo motivo relativo alla violazione dell'articolo 64 dello Statuto

Argomenti delle parti

16.
    I ricorrenti sostengono che il coefficiente correttore previsto per l'Italia all'art. 6, n. 1, del regolamento n. 3161/94 si pone in contrasto con l'art. 64 dello Statuto, essendo basato essenzialmente sul tasso di cambio delle monete nazionali e non sull'evoluzione del costo della vita, come previsto da quest'ultimo articolo. A questo proposito essi sottolineano che, secondo la lettera della Commissione del 14 settembre, con la quale venivano respinti i loro reclami, «il coefficiente correttore, ai sensi dell'art. 63 dello Statuto, risulta dal rapporto tra la parità economica e il tasso di cambio stesso alla data del 1° luglio dell'anno in corso». Il metodo utilizzato per il calcolo dei coefficienti correttori sarebbe quindi basato su criteri diversi da quelli fissati nell'art. 64 dello Statuto e cioè, da un lato, su parità cosiddette economiche, dall'altro, sui tassi di cambio del mercato e, infine, su un raffronto tra la parità economica del paese di residenza e quella di Bruxelles.

17.
    Peraltro, la riduzione del coefficiente correttore di cui trattasi rispetto all'anno precedente sarebbe tanto più anomala in quanto non terrebbe conto dell'aumento dei prezzi, compreso tra il 5 e il 6%, registrato in Italia nel 1994 e 1995.

18.
    L'argomentazione della Commissione sarebbe contraddittoria. Sarebbe insensato introdurre rapporti di cambio nel calcolo dei coefficienti e dedurne che la riduzione del coefficiente correttore applicabile in Italia è la conseguenza della svalutazione della lira, quando invece il tasso d'inflazione in tale Stato membro avrebbe provocato un aumento generale del costo della vita. Il sistema di calcolo adottato non permetterebbe neppure di garantire un identico potere di acquisto nei differenti Stati membri, nella

misura in cui il tasso di cambio di una moneta nazionale in rapporto al franco belga dipenderebbe dalla sua appartenenza ad una delle due sfere d'influenza monetaria, l'area del marco o l'area del dollaro. Sarebbe inoltre inaccettabile applicare un metodo di calcolo basato sull'evoluzione del costo della vita in una sola capitale, e cioè Bruxelles, e introdurre correttivi di tipo monetario per le capitali degli altri Stati membri.

19.
    La Commissione rammenta come il coefficiente correttore di cui all'art. 64 dello Statuto, applicabile alle pensioni in forza dell'art. 82 del medesimo, miri a garantire un identico potere d'acquisto nei vari paesi in cui risiedono i dipendenti in attività o in pensione e come esso sia calcolato «in rapporto alle condizioni di vita nelle varie sedi di servizio». Sottolineando che le modalità di applicazione degli artt. 64 e 65 dello Statuto sono definite all'allegato XI dello Statuto, essa fa valere che, in forza dell'art. 3, n. 5, di tale allegato, «i coefficienti correttori applicabili nelle capitali e nelle sedi di servizio diverse da Bruxelles e Lussemburgo sono determinati in base alle relazioni tra le parità economiche [...] ed i tassi di cambio previsti all'art. 63 dello Statuto per i paesi corrispondenti».

20.
    A questo proposito, le parità economiche o «parità del potere d'acquisto» rappresenterebbero elementi statistici destinati a raffigurare i rapporti tra il costo della vita nelle differenti capitali e Bruxelles, espressi nelle corrispondenti monete in rapporto al franco belga, e sarebbero calcolati sulla base di un certo numero di beni e servizi, per i quali verrebbe effettuato un raffronto tra i prezzi a Bruxelles e quelli nelle altre capitali. La Commissione rileva che se, per esempio, occorrono 4 500 lire per acquistare a Roma prodotti che a Bruxelles costano 100 franchi belgi, la parità economica sarà di 45 lire per franco. Rilevando poi che le pensioni sono fissate in franchi belgi, essa sostiene che, per tradurre ogni anno il rapporto tra il potere di acquisto di una retribuzione o di una pensione versata in Italia e quella versata nello stesso momento a Bruxelles, è indispensabile esprimere i due importi nella stessa moneta, utilizzando il tasso di cambio alla data del detto rapporto, in riferimento alla situazione esistente al 1° luglio. Pertanto, supponendo che il tasso di cambio ufficiale sia di 50 lire per franco, il coefficiente correttore nell'esempio menzionato sarebbe di 45/50 ossia il 90%.

21.
    Da quanto sopra la Commissione ne desume che, nel caso di specie, i principi che sottendono all'elaborazione dei coefficienti correttori previsti dallo Statuto sono stati pienamente osservati. Essa fa valere che la metodologia applicata dall'Istituto statistico della Comunità europea (nel prosieguo: l' «Istituto statistico») nella determinazione dei coefficienti correttori è stata ritenuta corretta dal Tribunale nella sentenza 7 dicembre 1995, causa T-544/93 e 566/93, Abello e a./Commissione (RaccPI, pag. II-815). Quanto al tasso di mercato menzionato dai ricorrenti, essa precisa che il coefficiente correttore è determinato dal rapporto tra le parità economiche e il tasso

di cambio statutario di cui all'art. 63.

22.
    Il Consiglio aderisce a quanto sostenuto dalla Commissione.

Giudizio del Tribunale

23.
    Per garantire a tutti i dipendenti una retribuzione avente lo stesso potere d'acquisto indipendentemente dal loro luogo di servizio, l'art. 64, primo comma, dello Statuto, prevede che «alla retribuzione del funzionario espressa in franchi belgi viene attribuito [...] un coefficiente correttore superiore, inferiore o pari al 100%, in rapporto alle condizioni di vita nelle varie sedi di servizio». In forza degli artt. 64, secondo comma,e 65 dello Statuto, il coefficiente correttore è pari a 100 per Bruxelles e Lussemburgo e, per gli altri paesi, è determinato dal Consiglio che delibera su proposta della Commissione, a maggioranza qualificata.

24.
    Per quanto riguarda le pensioni di cui agli artt. 77-81 bis dello Statuto, tra le quali figurano le pensioni di vecchiaia dei dipendenti a riposo, l'art. 82, n. 1, secondo comma, dello Statuto dispone che a queste «viene attribuito il coefficiente correttore fissato per il paese [...] in cui il titolare della pensione comprova di avere stabilito la propria residenza». Pur non rinviando espressamente all'art. 64 dello Statuto, applicabile alle retribuzioni dei dipendenti, l'art. 82 dello Statuto si riferisce comunque al coefficiente correttore fissato per ciascun paese, il quale è determinato proprio sulla base dei criteri menzionati in tale articolo (v. sentenza del Tribunale 14 novembre 1995, causa T-285/94, Pfloeschner/Commissione, RaccPI, pag. II-889, punto 48).

25.
    Nel caso di specie, i ricorrenti fanno valere che il coefficiente correttore fissato per l'Italia dal regolamento n. 3161/94 è contrario all'art. 64 dello Statuto, per il fatto che le modalità di calcolo di tale coefficiente sarebbero basate su un criterio non previsto da tale articolo, e cioè su un rapporto tra parità economiche e tasso di cambio.

26.
    Tuttavia, occorre ricordare che l'attuazione del principio di equivalenza del potere di acquisto di cui all'art. 64 dello Statuto non si basa unicamente su tale articolo, ma anche sugli artt. 63, 65 e 65 bis dello Statuto, l'ultimo dei quali prevede che «le modalità d'applicazione degli articoli 64 e 65 sono definite nell'allegato XI [dello Statuto]». Tali articoli hanno tutti lo stesso rango normativo dell'art. 64 dello Statuto e vanno quindi presi anch'essi in considerazione (sentenza del Tribunale 1° dicembre 1996, causa T-177/95, Barraux e a./Commissione, RaccPI, pag. II-1451, punto 35), tenendo conto in particolare che l'art. 65 bis e l'allegato XI sono stati incorporati allo Statuto dal regolamento (CECA, CEE, Euratom) 19 dicembre 1991, n. 3830, che modifica lo Statuto dei funzionari delle Comunità europee, nonché il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità per quanto riguarda le modalità di adeguamento delle retribuzioni (GU L 361, pag. 1).

27.
    Ne emerge in particolare che un regolamento di esecuzione come il regolamento n. 3161/94, che ha ad oggetto l'adeguamento annuale delle retribuzioni e delle pensioni, nonché dei coefficienti correttori ad esse applicabili, e che si basa espressamente sugli artt. 63 - 65 bis e 82 dello Statuto, nonché sull'allegato XI di quest'ultimo, non può derogare ai principi contenuti in tali disposizioni (sentenza del Tribunale 27 ottobre 1994, causa T-536/93, Benzler/Commissione, RaccPI pag. II-777, punti 32 e 33).

28.
    Orbene, l'argomentazione dei ricorrenti, che mette in discussione la pertinenza del criterio delle parità economiche così come la rilevanza del tasso di cambio della moneta del paese interessato, disconosce le pertinenti disposizioni dello Statuto relative alle modalità di calcolo dei coefficienti correttori applicabili alle retribuzioni e alle pensioni dei dipendenti.

29.
    In primo luogo, l'art. 1, n. 3, lett. a), dell'allegato XI dello Statuto prevede che le parità economiche, il cui calcolo spetta all'Istituto statistico, d'intesa con gli istituti nazionali, «determinano le equivalenze di potere d'acquisto, con riferimento a Bruxelles, fra le retribuzioni corrisposte ai funzionari delle Comunità europee in servizio all'interno degli Stati membri, nelle capitali e talune altre sedi di servizio previste all'articolo 9».

30.
    Come emerge dalle spiegazioni della Commissione, non contestate, la parità economica tra Bruxelles, città di riferimento ai sensi dell'art. 64 dello Statuto e dell'art. 1 dell'allegato XI, e la capitale di uno Stato membro, nel caso di specie Roma, è calcolata in base ad indicatori statistici relativi ai prezzi di taluni beni e servizi rappresentativi, raggruppati all'interno di 173 parità di potere d'acquisto elementari. Tali parità elementari costituiscono, secondo la giurisprudenza, gli indicatori appropriati per rispecchiare, in maniera necessariamente approssimativa, il costo della vita e, di conseguenza, le condizioni di vita dei dipendenti comunitari (v. sentenza Abello e a./Commissione, citata, punto 41, e ordinanza della Corte 5 febbraio 1998, causa C-30/96 P, Abello e a./Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta).

31.
    Rispetto ad ognuno dei paesi interessati, la parità economica permette così di stabilire annualmente, per il periodo di riferimento che, ai sensi dell'art. 1, n. 1, dell'allegato XI dello Statuto, è costituito dai dodici mesi che precedono il 1° luglio dell'anno durante il quale ha luogo l'esame, l'ammontare, espresso nel caso di specie in lire con rapporto al franco belga, necessario per acquistare i corrispondenti generi acquistabili a Bruxelles con un franco belga. Essendo tale esame effettuato annualmente dall'Istituto statistico con la collaborazione degli istituti nazionali, sulla base del prezzo medio dei differenti beni e servizi sopra menzionati, ne risulta in particolare che, contrariamente a quanto lasciano intendere le ricorrenti, viene tenuto conto dell'evoluzione del livello dei prezzi per ogni paese interessato, con rapporto a

Bruxelles. Dal fascicolo emerge infatti che, tra il 1° luglio 1993 e il 1° luglio 1994, la parità economica tra l'Italia e il Belgio, calcolata in riferimento alle capitali di tali Stati, è passata da 44,756 Lit/FrB a 45,218 Lit/FrB.

32.
    In secondo luogo, per quanto riguarda la determinazione del coefficiente correttore, l'allegato XI dello Statuto prevede espressamente, all'art. 3, n. 5, che «i coefficienti correttori applicabili nelle capitali e nelle sedi di servizio diverse da Bruxelles e Lussemburgo sono determinati in base alle relazioni tra le parità economiche di cui all'art. 1 ed i tassi di cambio previsti all'art. 63 dello Statuto per i paesi corrispondenti», cioè i tassi di cambio utilizzati per l'esecuzione del bilancio generale delle Comunità europee alla data del 1° luglio dell'anno di riferimento.

33.
    Ne consegue che l'applicazione del tasso di cambio ai fini del calcolo del coefficiente correttore risulta esplicitamente dalle disposizioni statutarie e non può essere considerato contrario all'art. 64 dello Statuto. Le «condizioni di vita» di cui a tale articolo devono infatti essere intese come concernenti il costo della vita espresso dal potere d'acquisto di cui dispongono i dipendenti in attività e i titolari di una pensione, il quale costituisce la misura della quantità di beni e servizi che può procurare un'unità monetaria in un dato momento (v. sul punto, sentenza Abello e a./Commissione, citata, punto 40). Orbene le parità economiche sono espresse nella moneta di ciascun paese interessato, nel caso di specie in lire, con rapporto al franco belga, alla data del 1° luglio dell'anno in esame, mentre l'ammontare delle pensioni, ai sensi dell'art. 82, n. 1, quarto comma, dello Statuto, è espresso in franchi belgi. È dunque necessario, allo scopo di garantire a tale data l'equivalenza del potere d'acquisto tra le pensioni versate a Bruxelles, a cui si applica un coefficiente del 100%, e quelle versate in un altro Stato membro, tradurre il rapporto tra la parità economica e il valore dell'unità monetaria interessata utilizzando il tasso di cambio attualizzato esistente alla data di tale rapporto.

34.
    Si deve rilevare che i ricorrenti non adducono alcun elemento atto a confutare la legittimità del calcolo effettuato. Dal fascicolo emerge, al contrario, che il coefficiente correttore del 94,2%, fissato per l'Italia dal regolamento n. 3161/94 a partire dal 1° luglio 1994, corrisponde esattamente al rapporto in lire esistente a tale data tra la parità economica fra Bruxelles e Roma, da un lato, e il tasso di cambio statutario della lira di cui all'art. 63 dello Statuto, dall'altro, ossia 45,218: 47,987 . 100.

35.
    Dai suddetti elementi emerge che il primo motivo deve essere respinto.

Sul secondo motivo relativo alla violazione del principio di parità di trattamento

Argomenti delle parti

36.
    I ricorrenti sostengono che il sistema di calcolo dei coefficienti correttori dà luogo ad una disparità di trattamento tra i titolari di pensione a seconda che risiedano in paesi a moneta forte o a moneta debole. In particolare, i titolari di pensione residenti in Italia sarebbero svantaggiati rispetto alle spese effettuate in un paese a moneta forte, mentre quelli residenti in un paese a moneta forte sarebbero avvantaggiati in caso di acquisti in un paese la cui moneta è svalutata. A questo proposito i ricorrenti contestano l'argomento della Commissione secondo cui l'equivalenza del potere d'acquisto è garantita in funzione del luogo di servizio, indipendentemente dal fatto che gli emolumenti percepiti possano rappresentare un potere d'acquisto diverso in funzione del paese in cui vengano spesi. Secondo i ricorrenti, questa regola si risolve nell'instaurare una presunzione in forza della quale ciascuno dovrebbe spendere il proprio reddito unicamente nel proprio paese di residenza, cosa che sarebbe in contraddizione con il fatto che le spese, tenuto conto della libera circolazione dei beni e servizi, sono effettuate in ambito comunitario.

37.
    D'altra parte, sarebbe particolarmente anomalo il fatto che gli Stati membri aventi una moneta più forte e un'inflazione più contenuta rispetto all'Italia, come la Germania, la Francia, il Regno Unito, abbiano tutti, nonostante la diminuzione dell'inflazione, un coefficiente correttore superiore a 100. La riduzione del coefficiente correttore per l'Italia, passato da 101,2 nel 1994 a 94,2 nel 1995, non terrebbe quindi conto del tasso d'inflazione, nell'ordine del 4%, che avrebbe dovuto essere detratto dal tasso di svalutazione della lira rispetto al franco belga, pari a oltre l'8%.

38.
    La Commissione ritiene che la regola dell'equivalenza del potere d'acquisto, che costituisce la finalità del coefficiente correttore, implichi necessariamente che quest'ultimo sia determinato esclusivamente in funzione degli importi relativi alle spese effettuate nel paese al quale esso si applica. La tesi secondo cui il coefficiente correttore dovrebbe tener conto delle spese effettuate non soltanto nel luogo di residenza, ma nell'intera Comunità, è già stata respinta dalla Corte nella sentenza 16 giugno 1971, cause riunite 63/70-75/70, Bode e a./Commissione (Racc. pag. 549).

39.
    Gli argomenti delle ricorrenti relativi all'aumento dei prezzi in Italia non proverebbero un errore di calcolo da parte degli organi responsabili delle indagini statistiche. Inoltre, considerando l'evoluzione dei coefficienti correttori solo in rapporto all'inflazione, i ricorrenti dimenticherebbero completamente quello che è l'elemento determinante che i tassi di cambio rappresentano. Orbene, se non si fosse tenuto conto del tasso di cambio della lira nel calcolo del coefficiente correttore, i ricorrenti avrebbero beneficiato di un indebito vantaggio rispetto all'aumento reale del costo della vita in Italia, il che sarebbe stato in contrasto con il principio della parità di trattamento.

40.
    Il Consiglio sottolinea che, in sede di determinazione dei coefficienti correttori, si tiene debitamente conto, alla luce delle analisi effettuate dall'Istituto di statistica, del costo

della vita in ciascuno Stato membro e, quindi, del tasso d'inflazione.

Giudizio del Tribunale

41.
    Il principio della parità di trattamento è garantito nei confronti dei titolari di pensione nel senso che i coefficienti correttori applicabili mirano a garantire a tutti i dipendenti a riposo prestazioni che comportino lo stesso potere d'acquisto, indipendentemente dal luogo di residenza (sentenza della Corte 14 luglio 1988, causa 284/87, Schäflein/Commissione, Racc. pag. 4475, punto 9; v. anche sentenza Pfloeschner/Commissione, citata, punto 47). A tal fine, l'art. 82, n. 1, secondo comma, dello Statuto esige che alle pensioni venga «attribuito il coefficiente correttore fissato per il paese [...] in cui il titolare della pensione comprova di aver stabilito la propria residenza», nonostante il fatto che l'ammontare della pensione versata possa essere speso in un paese diverso da quello di residenza.

42.
    Infatti, la scelta del paese di residenza come criterio di riferimento ai fini della valutazione delle condizioni di vita e del potere di acquisto dei titolari di pensione è giustificata dal fatto che la nozione di residenza, ai sensi dell'art. 82 dello Statuto, va intesa come il luogo nel quale il dipendente a riposo ha effettivamente stabilito il centro dei propri interessi (sentenza Schäflein/Commissione, citata, punto 9), e quindi, come il luogo in cui si presume effettui le proprie spese.

43.
    Inoltre, se l'importo di una pensione può in teoria rappresentare un potere d'acquisto diverso a seconda del paese in cui il beneficiario interessato sceglie di effettuare le proprie spese, una tale circostanza non può costituire una violazione del principio della parità di trattamento.

44.
    Riguardo all'affermazione secondo cui non si sarebbe tenuto conto del tasso d'inflazione esistente in Italia nel calcolo del coefficiente correttore controverso, mentre un coefficiente superiore sarebbe stato fissato per altri Stati membri aventi una moneta forte, basta ricordare che i ricorrenti omettono di prendere in considerazione i meccanismi precisi di calcolo dei coefficienti correttori, come fissati all'art. 3, n.5, dell'allegato XI dello Statuto e fondati sul rapporto tra parità economiche e tasso di cambio (v. sopra, punti 31-33). Infatti, la parità economica, fissata annualmente dall'Istituto statistico in collaborazione con gli istituti nazionali di statistica, èdeterminata sulla base di un esame del prezzo medio dei vari beni e servizi in ciascun paese interessato, durante l'anno di riferimento, in modo da tener in debito conto l'evoluzione dei prezzi, e quindi il tasso d'inflazione, nell'ambito del calcolo del coefficiente correttore.

45.
    Il secondo motivo deve di conseguenza essere respinto.

Sul terzo motivo relativo alla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

Argomenti delle parti

46.
    I ricorrenti sostengono che la riduzione dell'importo della pensione percepita fino ad allora costituisce una violazione del principio del legittimo affidamento degli interessati sul mantenimento del loro reddito nominale. Tale legittimo affidamento risulterebbe dalla prassi delle istituzioni diretta a garantire il mantenimento del reddito dei titolari di emolumenti comunitari, prassi che sarebbe stata affermata tanto dalla Commissione, in una proposta di regolamento del 18 ottobre 1990 [doc. SEC (90) 1836 def., punti 37 e 38] e in dichiarazioni rese nel 1991 in seno agli organi di concertazione, quanto dal Consiglio in una dichiarazione del 15 dicembre 1981. La prova di tale prassi sarebbe inoltre costituita dal fatto che la Commissione avrebbe rinunciato a ricuperare le somme pagate in eccesso nel corso del secondo semestre dell'anno 1994, nonostante l'adozione del regolamento n. 3161/94, entrato in vigore il 1° luglio 1994. Alla luce di tali elementi, i ricorrenti si ritengono abbandonati alla più completa incertezza riguardo all'importo effettivo e definitivo delle loro pensioni.

47.
    La Commissione fa valere che le dichiarazioni alle quali i ricorrenti si riferiscono non hanno alcun valore d'impegno e non erano tali da creare un qualunque legittimo affidamento per l'avvenire. Essa precisa che, nell'ambito della revisione statutaria che ha accompagnato il nuovo metodo del 1991, l'unico reddito il cui mantenimento era espressamente garantito riguardava la determinazione del contributo temporaneo, che, ai sensi dell'art. 66 bis, n. 4, dello Statuto, non poteva comportare una riduzione delle retribuzioni a un importo inferiore a quello corrisposto prima della sua applicazione.

48.
    Essa sostiene d'altronde che la tutela automatica del reddito nominale sarebbe stata contraria al principio di equivalenza del potere d'acquisto nei diversi Stati membri, che è precisamente ciò che i coefficienti correttori mirano a garantire. La Commissione sarebbe obbligata a trasferire le conseguenze di un eventuale aumento o diminuzione del coefficiente correttore sul versamento delle retribuzioni o delle pensioni, poiché, in caso contrario, essa farebbe usufruire taluni interessati, come i ricorrenti, di spettanze superiori a quelle ad essi dovute in riferimento alle condizioni di vita nel loro luogo di residenza.

49.
    Riguardo all'argomento secondo cui essa avrebbe rinunciato a percepire gli importi pagati in eccesso nel corso del secondo semestre dell'anno 1994, la convenuta ribatte di aver agito in tal modo per via dell'assenza di specifiche disposizioni nel precedente regolamento 20 dicembre 1993, n. 3608/93, dianzi citato. Solo il regolamento n. 3161/94 avrebbe previsto espressamente, con una specifica disposizione, il principio del recupero degli importi eventualmente percepiti in eccesso, di modo che la Commissione avrebbe ritenuto giustificato non procedere ad un recupero degli importi

non dovuti per il periodo del secondo semestre del 1994.

50.
    Riferendosi all'argomento relativo all'incertezza sull'importo definitivo delle pensioni, la Commissione ribatte che l'importo percepito a partire dal mese di gennaio 1995 non fa che rispecchiare la norma in vigore, cioè il regolamento n. 3161/94. Una eventuale rettifica successiva dei coefficienti correttori, per il periodo a partire dal 1° luglio 1995, non sarebbe stata tale da ledere le aspettative legittime degli amministrati, dal momento che essi ne erano al corrente poiché prevista dall'art. 6, n. 3, del regolamento n. 3161/94, e che si trattava di una modalità inerente al meccanismo dei coefficienti correttori.

51.
    Il Consiglio fa valere, a sostegno delle osservazioni della Commissione, che nessuno dei suoi atti ha potuto ingenerare nelle ricorrenti una convinzione circa l'esistenza di un principio di conservazione del reddito nominale e che, in ogni caso, esso non ha alcun potere in tal senso.

Giudizio del Tribunale

52.
    Secondo costante giurisprudenza, un dipendente non può far valere il principio del legittimo affidamento per contestare la legittimità di una nuova disposizione regolamentare, soprattutto in un campo il cui oggetto comporta un adeguamento costante in relazione alle variazioni della situazione economica (v. sentenza della Corte 14 giugno 1988, causa 33/87, Christianos/Corte di giustizia, Racc. Pag. 2995, punto 23; sentenze del Tribunale 22 giugno 1994, cause riunite T-98/92 e T-99/92, Di Marzio e Lebedef/Commissione, RaccPI, pag. II-541, punto 68, e Barraux e a./Commissione, citata, punto 47).

53.
    Nel caso di specie, il carattere variabile nel tempo dell'importo delle pensioni emerge chiaramente dalle disposizioni dello Statuto, dal momento che ad esse è attribuito, ai sensi dell'art. 82 dello Statuto, un coefficiente correttore il cui adeguamento è effettuato ogni anno dal Consiglio, nell'ambito dell'esame annuale delle retribuzioni dei dipendenti previsto dall'art. 65, n. 1, dello Statuto.

54.
    Inoltre, i ricorrenti non hanno provato, come richiesto dalla giurisprudenza (v. segnatamente sentenza Barraux e a./Commissione, citata, punto 50), che l'amministrazione comunitaria, fornendo loro precise garanzie, abbia fatto sorgere loro fondate aspettative di ottenere la non applicazione del coefficiente correttore stabilito per il loro paese di residenza nell'ipotesi in cui la sua applicazione avesse portato ad una riduzione dell'importo nominale del loro reddito. A tal proposito occorre rilevare che, malgrado la richiesta del Tribunale, i ricorrenti non hanno prodotto alcun documento che riportasse le asserite dichiarazioni del Consiglio e della Commissione. Per quanto riguarda la proposta di regolamento della Commissione del 18 ottobre

1990, pur supponendo che in essa fossero contenute le disposizioni invocate, non poteva, dato il suo carattere provvisorio e generale, comportare precise garanzie tali da far sorgere fondate aspettative in capo ai ricorrenti.

55.
    Alla luce di tali elementi, il terzo motivo deve essere respinto.

Sul quarto motivo relativo alla violazione dell'art. 63, secondo comma, dello Statuto e dell'art. 45 dell'allegato VIII dello Statuto

Argomenti delle parti

56.
    I ricorrenti ritengono che i pensionati che hanno scelto di ricevere la pensione nella moneta del paese in cui l'istituzione ha la sua sede, cioè in franchi belgi, siano ancora più gravemente penalizzati dal calcolo effettuato nella fattispecie.

57.
    L'illegittimità del calcolo deriverebbe dal fatto che sarebbe stata effettuata un'operazione di doppia conversione, innanzi tutto per convertire in lire le pensioni espresse in partenza in franchi belgi, ai sensi dell'art. 63 dello Statuto, poi per convertire tali importi, espressi in franchi belgi, sui conti bancari degli interessati, in funzione del tasso di cambio in vigore al 1° luglio.

58.
    Questa doppia conversione, oltre a non essere necessaria, non sarebbe permessa dagli artt. 63, secondo comma, e 82, n. 1, quarto comma, dello Statuto. Da tali disposizioni risulterebbe infatti che solo le pensioni che devono essere versate in una moneta diversa dal franco belga sono calcolate sulla base dei tassi di cambio utilizzati per l'esecuzione del bilancio generale delle Comunità. Nell'ipotesi di un pagamento in franchi belgi, non occorrerebbe far ricorso al tasso di cambio né al rapporto tra tale tasso e la parità economica per determinare il coefficiente correttore.

59.
    La Commissione sostiene che la tesi di un'operazione di doppia conversione, avanzata dai ricorrenti, è errata. D'altronde risulterebbe chiaramente dai prospetti di pensione dei ricorrenti interessati, nei quali la colonna relativa ai tassi di cambio indica un rapporto uguale a «1,00000», che, in caso di scelta per il pagamento in franchi belgi, l'amministrazione versa direttamente in tale moneta, sul conto belga dei beneficiari, l'importo della pensione, la quale viene calcolata sulla base del coefficiente correttore applicabile all'Italia, paese di residenza dei ricorrenti.

60.
    I pensionati che hanno scelto di ricevere la loro pensione in franchi belgi, in Belgio, rimangono, in seguito, legati alla loro scelta per trasferire tali somme in Italia e convertirle in funzione del tasso di cambio del mercato, pur avendo tuttavia sempre la possibilità di modificare la loro scelta e richiedere, ai sensi dell'art. 45 dell'allegato VIII dello Statuto, un versamento diretto delle loro indennità nella moneta del paese

in cui risiedono.

61.
    La possibilità offerta dall'art. 45 dell'allegato VIII dello Statuto costituisce una semplice modalità di pagamento (sentenza della Corte 11 marzo 1982, causa 127/80, Grogan/Commissione, Racc. pag. 869, punti 14 e 15), e non incide sull'applicazione di un coefficiente correttore, il quale è in funzione del luogo di residenza del pensionato.

62.
    Il Consiglio non ha formulato alcuna osservazione aggiuntiva su tale motivo.

Giudizio del Tribunale

63.
    Dai prospetti di pensione dei ricorrenti emerge che, contrariamente a quanto affermato, non ha avuto luogo alcuna operazione di «doppia conversione» per coloro che avevano scelto il pagamento in franchi belgi. Infatti, come giustamente sottolineato dalla Commissione, i prospetti di pensione espressi in franchi belgi indicano, nella colonna «Tasso», un tasso di cambio di «1,0000000», ciò vuol dire che nel versamento effettivo degli importi si è tenuto conto solamente del coefficiente correttore fissato per l'Italia, attribuito alle pensioni di base alle quali i ricorrenti interessati avevano diritto.

64.
    L'argomento dei ricorrenti va pertanto respinto

65.
    Essi non possono d'altronde sostenere che, ai sensi degli artt. 63, secondo comma, e 82, n. 1, quarto comma, dello Statuto, nel calcolo del coefficiente correttore , per coloro che avevano scelto un pagamento in franchi belgi, non si sarebbe dovuto tener conto del tasso di cambio della lira né del suo rapporto con la parità economica stabilita per l'Italia. Infatti tale tesi è fondata su una interpretazione erronea delle disposizioni dello Statuto.

66.
    Si deve ricordare che, ai sensi dell'art. 82, n. 1, quarto comma, dello Statuto, «le pensioni espresse in franchi belgi sono pagate in una delle monete di cui all'articolo 45 dell'allegato VIII, alle condizioni previste all'articolo 63, secondo comma». L'art. 45 dell'allegato VIII dello Statuto offre ai titolari di pensione la possibilità di essere pagati, a scelta, nella moneta del loro paese d'origine, nella moneta del loro paese di residenza, oppure nella moneta del paese ove ha sede l'istituzione di appartenenza, nel caso di specie in franchi belgi. L'art. 63, secondo comma, dello Statuto precisa che «la retribuzione pagata in una moneta diversa dal franco belga è calcolata sulla base dei tassi di cambio utilizzati per l'esecuzione del bilancio generale delle Comunità europee alla data del 1° luglio [dell'anno in questione]».

67.
    Contrariamente a quanto fatto valere dai ricorrenti, tali disposizioni non pregiudicano i principi applicabili in materia di calcolo dei coefficienti correttori, come definiti agli

artt. 64-65 bis e 82, dello Statuto e all'allegato XI dello Statuto.

68.
    L'art. 45 dell'allegato VIII di cui sopra, al quale l'art. 82, n. 1, quarto comma dello Statuto fa rinvio, prevede solamente le modalità di pagamento delle prestazioni (v., a tal proposito, sentenza Grogan/Commissione, citata, punti 14 e 15), offrendo ai titolari di una pensione la scelta della moneta in cui debba essere versata. Ne consegue che la scelta, da parte dei ricorrenti, della moneta di pagamento delle loro prestazioni, non poteva essere di ostacolo all'applicazione alle loro pensioni, ai sensi dell'art. 82, n. 1, secondo comma, dello Statuto, del coefficiente fissato per l'Italia, paese in cui essi risiedono. Correttamente, quindi, è stato ad essi versato il 94,2% dell'ammontare della prestazione base versata ad un titolare di pensione residente a Bruxelles, per il quale il coefficiente correttore è del 100%.

69.
    Orbene, è già stato accertato (v. sopra, punti 32 e 33) che, in applicazione dell'art. 3, n. 5, dell'allegato XI dello Statuto, un tale coefficiente è determinato in base al rapporto tra la parità economica del paese interessato e il tasso di cambio ufficiale della sua moneta di cui all'art. 63, secondo comma, dello Statuto, cioè il tasso di cambio utilizzato per l'esecuzione del bilancio generale delle Comunità europee alla data del 1° luglio dell'anno in questione. Ne risulta che il tasso di cambio di cui sopra doveva, nel caso di specie, essere preso in considerazione per il calcolo del coefficiente correttore applicabile alle pensioni di cui trattasi, senza pregiudicare una eventuale successiva utilizzazione dello stesso tasso di cambio in caso si fosse optato, conformemente all'art. 63, secondo comma, dello Statuto, per un versamento della pensione in lire, ai fini della conversione in tale moneta dell'importo finale di tali pensioni, espresse inizialmente, ai sensi dell'art. 82, n. 1, quarto comma, dello Statuto, in franchi belgi.

70.
    Da quanto sopra discende che il quarto motivo deve essere respinto.

71.
    Ne consegue che l'intero ricorso deve essere rigettato, senza necessità di statuire sulle domande di pagamento degli arretrati assertivamente dovuti, aumentati degli interessi moratori.

Sulle spese

72.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, ai sensi dell'art. 88 di tale regolamento, nelle cause tra le Comunità e i loro dipendenti, le spese sostenute dalle istituzioni restano a loro carico. Pertanto, conformemente all'art. 87, n. 4, del regolamento di procedura, gli Stati membri e le istituzioni intervenute nella causa sopporteranno le proprie spese.

73.
    Conseguentemente, nelle presenti cause ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    I ricorsi sono respinti

2)    Ciascuna delle parti sopporterà le proprie spese.

Kalogeropoulos                Bellamy            Pirrung

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 7 luglio 1998.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

A. Kalogeropoulos


1: Lingua processuale: l'italiano.

Racc. PI