Language of document : ECLI:EU:T:2017:633

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

20 settembre 2017 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo BADTORO – Marchi dell’Unione europea denominativi e nazionale figurativo anteriori TORO – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Somiglianza dei segni – Somiglianza dei prodotti e dei servizi – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009»

Nella causa T‑350/13,

Jordi Nogues, SL, con sede a Barcellona (Spagna), rappresentata da J. Fernández Castellanos, M.J. Sanmartín Sanmartín e E. López Parés, avvocati,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato inizialmente da V. Melgar e J. Crespo Carrillo, successivamente da J. Crespo Carillo, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO, interveniente dinanzi al Tribunale:

Grupo Osborne, SA, con sede a El Puerto de Santa María (Spagna), rappresentata da J. M. Iglesias Monravá, avvocato,

avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione della seconda commissione di ricorso dell’EUIPO, del 16 aprile 2013 (procedimento R 1446/2012-2), relativa ad un procedimento di opposizione tra la Grupo Osborne e la Jordi Nogues,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto da M. van der Woude, presidente, I. Ulloa Rubio e A. Marcoulli (relatore), giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 2 luglio 2013,

visto il controricorso dell’EUIPO depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 settembre 2013,

visto il controricorso dell’interveniente, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 ottobre 2013,

vista l’ordinanza di sospensione del procedimento del 18 dicembre 2013,

vista la lettera del Tribunale del 1° marzo 2016 con la quale le parti sono state informate del fatto che il Tribunale aveva preso conoscenza della decisione del tribunale dei marchi dell’Unione europea n. 1 di Alicante (Spagna) e che la fase scritta del procedimento era stata chiusa,

vista la domanda di riunione, ai sensi dell’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, della presente causa con la causa T‑386/15 e viste le osservazioni delle parti al riguardo,

vista la decisione del 13 maggio 2016 di diniego di riunione della presente causa con la causa T‑386/15,

in seguito all’udienza del 15 dicembre 2016,

vista l’ordinanza del 15 febbraio 2017 di riapertura della fase orale del procedimento,

viste le osservazioni dell’EUIPO e dell’interveniente depositate presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 1° e il 6 marzo 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 1° dicembre 2010 la Jordi Nogues, SL, ricorrente, ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1).

2        Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il segno figurativo seguente:

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3        I prodotti e i servizi per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi 25, 34 e 35 ai sensi dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato e corrispondono, per ciascuna di dette classi, alla seguente descrizione:

–        classe 25: «Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria»;

–        classe 34: «Tabacco, articoli per fumatori, fiammiferi»;

–        classe 35: «Importazione; esportazione; rappresentanze commerciali; vendita in negozio e tramite reti informatiche mondiali di articoli di libreria e cartoleria, biancheria, utensileria e recipienti per la casa e la cucina, oggetti di arredo, articoli per fumatori e articoli da regalo; pubblicità; gestione di affari commerciali; amministrazione commerciale; lavori di ufficio».

4        La domanda di marchio dell’Unione europea è stata pubblicata sul Bollettino dei marchi comunitari n. 9/2011, del 14 gennaio 2011.

5        Il 12 aprile 2011 la Grupo Osborne, SA, interveniente, ha presentato opposizione, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009, alla registrazione del marchio richiesto per i prodotti di cui al precedente punto 3.

6        L’opposizione si fondava sui seguenti marchi anteriori:

–        il marchio spagnolo figurativo anteriore, depositato il 15 luglio 2010 e registrato il 13 dicembre 2010 con il numero 2939631, che designa «accendini e articoli per fumatori», rientranti nella classe 34, qui di seguito riprodotto:

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–        il marchio dell’Unione europea denominativo anteriore TORO, depositato il 13 settembre 2002 e registrato il 5 agosto 2010 con il numero 2844264, che designa «articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria; cinture», rientranti nella classe 25;

–        il marchio dell’Unione europea denominativo anteriore TORO, depositato il 23 giugno 2000 e registrato il 3 gennaio 2007 con il numero 1722362, che designa «servizi di pubblicità; gestione d’affari commerciali; amministrazione commerciale; lavori di ufficio; vendita al dettaglio di prodotti alimentari e bevande, nessuno dei suddetti servizi e/o prodotti deriva o è connesso con i tori» rientranti nella classe 35;

–        il marchio spagnolo denominativo anteriore EL TORO, depositato il 17 giugno 1998 e registrato l’8 ottobre 2003 con il numero 2169043, che designa «indumenti confezionati per uomo, donna o bambino e scarpe (escluse scarpe ortopediche), cappelleria», rientranti nella classe 25;

–        il marchio spagnolo figurativo anteriore, depositato il 16 marzo 2010 e registrato il 22 giugno 2010 con il numero 2919417, che designa «vendita al dettaglio in negozi e via Internet di articoli di tutti i generi», rientranti nella classe 35, qui di seguito riprodotto:

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7        Il motivo invocato a sostegno dell’opposizione era l’esistenza di un rischio di confusione come contemplato all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

8        Il 7 giugno 2012 la divisione di opposizione ha accolto integralmente l’opposizione. Essa ha concluso per l’esistenza di un rischio di confusione per tutti i prodotti contrassegnati dal marchio richiesto, tenuto conto dei marchi dell’Unione europea denominativi anteriori nn. 2844264 e 1722362 e del marchio spagnolo figurativo anteriore n. 2939631.

9        Il 1° agosto 2012, la ricorrente ha proposto dinanzi all’EUIPO un ricorso contro la decisione della divisione di opposizione, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009.

10      Con decisione del 16 aprile 2013 (in prosieguo: la «decisione impugnata») la seconda commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso proposto dalla ricorrente. In particolare, essa ha ritenuto che i prodotti designati dai segni in conflitto fossero in parte identici, in parte simili. Inoltre, tenuto conto del carattere distintivo normale dei marchi anteriori, sebbene diversi marchi spagnoli registrati includessero il termine «toro», dell’importanza dell’elemento comune «toro», che giustifica l’esistenza di somiglianze fonetiche, concettuali e, in misura minore, visive e, in ogni caso, in assenza di dimostrata coesistenza pacifica dei segni in conflitto nel mercato spagnolo, essa ha concluso per l’esistenza di un rischio di confusione, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

 Conclusioni delle parti

11      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’EUIPO alle spese.

12      L’EUIPO e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

13      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce un unico motivo, attinente alla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. A suo parere, la commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto che esistesse un rischio di confusione tra i segni in conflitto.

 Osservazioni preliminari

14      Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa della sua identità o della sua somiglianza col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi che i due marchi designano, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore. Inoltre, a norma dell’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 207/2009, si intendono per marchi anteriori i marchi registrati in uno Stato membro la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio dell’Unione europea.

15      Secondo una giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente collegate. Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, in base alla percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o servizi in questione, e prendendo in considerazione tutti i fattori rilevanti nel caso di specie, in particolare l’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o servizi contrassegnati [v. sentenza del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T‑162/01, EU:T:2003:199, punti da 30 a 33 e giurisprudenza ivi citata].

16      Ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, un rischio di confusione presuppone sia un’identità o una somiglianza tra i segni in conflitto sia un’identità o una somiglianza tra i prodotti o servizi che essi designano. Si tratta di condizioni cumulative [v. sentenza del 22 gennaio 2009, Commercy/UAMI – easyGroup IP Licensing (easyHotel), T‑316/07, EU:T:2009:14, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

17      Secondo la giurisprudenza, nell’ambito della valutazione globale del rischio di confusione, occorre prendere in considerazione il consumatore medio della categoria di prodotti interessata, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche tener conto del fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria dei prodotti o servizi di cui trattasi [v. sentenza del 13 febbraio 2007, Mundipharma/UAMI – Altana Pharma (RESPICUR), T‑256/04, EU:T:2007:46, punto 42 e giurisprudenza citata].

18      Inoltre, qualora la protezione del marchio anteriore si estenda a tutta l’Unione europea, si deve prendere in considerazione la percezione dei segni in conflitto che ha il consumatore dei prodotti e dei servizi di cui trattasi su tale territorio. Tuttavia, va ricordato che, per rifiutare la registrazione di un marchio dell’Unione europea è sufficiente che un impedimento relativo alla registrazione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 esista in una parte dell’Unione [v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 2006, Mast-Jägermeister/UAMI – Licorera Zacapaneca (VENADO con riquadro e a.), T‑81/03, T‑82/03 e T‑103/03, EU:T:2006:397, punto 76 e giurisprudenza ivi citata].

19      Nella fattispecie, per quanto riguarda la definizione del pubblico di riferimento, la commissione di ricorso ha ritenuto che i prodotti rientranti nelle classi 25 e 34 fossero destinati al grande pubblico, e che i servizi rientranti nella classe 35 fossero destinati sia al grande pubblico sia ad un pubblico specializzato. Essa ne ha dedotto che occorrerebbe valutare l’esistenza di un rischio di confusione prendendo in considerazione la percezione dei segni da parte di un consumatore medio appartenente sia al grande pubblico che ad un pubblico specializzato, in particolare un consumatore spagnolo, nei limiti in cui l’opposizione si fondava in particolare su marchi spagnoli.

20      Tale determinazione del pubblico di riferimento, la quale, del resto, non è stata contestata dalla ricorrente, deve essere confermata per i medesimi motivi esposti nella decisione impugnata.

21      Relativamente al confronto dei prodotti e dei servizi contraddistinti dai segni in conflitto, le parti giustamente concordano nel concludere che i prodotti e i servizi di cui alle classi 25 e 35 sono identici e che i prodotti di cui alla classe 34 sono identici o simili.

22      Alla luce di tali considerazioni, tenuto conto della valutazione illustrata dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata, occorre esaminare l’argomentazione della ricorrente vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

 Sul confronto dei segni in conflitto

23      Dalla giurisprudenza risulta che la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi operata dal consumatore medio dei prodotti o dei servizi di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio. A tale proposito, il consumatore medio percepisce di norma un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (v. sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

24      Inoltre, la valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e paragonarla con un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando i marchi in conflitto, considerati ciascuno nel suo complesso, il che non esclude che l’impressione complessiva prodotta nella memoria del pubblico pertinente da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti (v. sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 41 e giurisprudenza ivi citata). È solo quando tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili che si può valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante. È quanto potrebbe verificarsi in particolare quando tale elemento è atto a dominare da solo l’immagine di detto marchio che al pubblico di riferimento resta in mente, di modo che tutti gli altri elementi del marchio siano trascurabili nell’impressione complessiva da questo prodotta (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2007, Nestlé/UAMI, C‑193/06 P, non pubblicata, EU:C:2007:539, punto 43).

25      Nella fattispecie, la commissione di ricorso ha concluso per l’esistenza di un’impressione globale di somiglianza dei segni in conflitto a motivo della loro coincidenza denominativa e concettuale per la presenza del termine «toro», che sarebbe facilmente riconoscibile nell’ambito del marchio richiesto e che, in primo luogo, costituirebbe l’unica componente del marchio dell’Unione europea denominativo anteriore e l’unico elemento denominativo del marchio spagnolo figurativo anteriore, in secondo luogo, avrebbe carattere distintivo e, in terzo luogo, non occuperebbe una posizione secondaria nel marchio richiesto. Per quanto riguarda i marchi anteriori meramente denominativi, la commissione di ricorso ha considerato che la somiglianza era ancor più forte per il fatto che il termine «toro» conservava una posizione distintiva autonoma nell’ambito del marchio richiesto.

 Sugli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto

26      Nella fattispecie, risulta in particolare dai punti 31, 32 e 42 della decisione impugnata che, secondo la commissione di ricorso, nessuno degli elementi che compongono il marchio richiesto è dominante rispetto all’impressione visiva di quest’ultimo, mentre il marchio spagnolo figurativo anteriore è dominato dall’elemento denominativo «toro». Com’è stato detto al precedente punto 25, la commissione di ricorso ha considerato anche che l’elemento denominativo «toro» occupava una posizione distintiva autonoma nell’ambito del marchio richiesto.

27      La ricorrente contesta alla commissione di ricorso di aver operato un confronto frammentario e indebito dei segni in conflitto. Essa avrebbe altresì snaturato «l’insieme immaginativo» del marchio richiesto, ritenendo erroneamente che nessun elemento fosse dominante nell’impressione visiva di quest’ultimo e che il termine «toro» non occupasse un posto secondario, mentre suddetto termine compare nella parte finale del segno ed è preceduto da un elemento grafico originale di dimensioni notevolmente più ampie la cui importanza non può essere sottovalutata. Altresì, essa sostiene che la commissione di ricorso ha erroneamente applicato la giurisprudenza derivante dalla sentenza del 6 ottobre 2005, Medion (C‑120/04, EU:C:2005:594), mentre le circostanze in oggetto sono radicalmente differenti, in particolare in quanto il termine «toro» non appare in maniera autonoma nel marchio richiesto. Così facendo, la commissione di ricorso avrebbe violato il principio del confronto secondo l’impressione complessiva.

28      L’EUIPO e l’interveniente contestano tali argomenti.

29      In primo luogo, occorre ricordare che, sebbene, quando un marchio è composto da elementi denominativi e figurativi, i primi siano, in linea di principio, maggiormente distintivi rispetto ai secondi, poiché il consumatore medio fa più facilmente riferimento ai prodotti in oggetto citando il nome del marchio piuttosto che descrivendone l’elemento figurativo, ciò non comporta che gli elementi denominativi di un marchio debbano essere sempre considerati più distintivi rispetto agli elementi figurativi. Invero, nel caso di un marchio complesso, l’elemento figurativo può occupare una posizione equivalente a quella dell’elemento denominativo [sentenza del 6 ottobre 2015, Monster Energy/UAMI – Balaguer (icexpresso + energy coffee), T‑61/14, non pubblicata, EU:T:2015:750, punto 37]. Occorre dunque verificare le qualità intrinseche dell’elemento figurativo e quelle dell’elemento denominativo del marchio impugnato, nonché le loro rispettive posizioni, al fine di identificare la componente dominante [v., in tal senso, sentenza del 16 gennaio 2008, Inter-Ikea/UAMI – Waibel (idea), T‑112/06, non pubblicata, EU:T:2008:10, punto 49].

30      Nella fattispecie, l’elemento figurativo del marchio richiesto è un disegno di fantasia rappresentante un toro con grandi corna e sguardo accigliato. A tal proposito, anzitutto, la sua dimensione prominente nell’ambito del marchio richiesto eccede in maniera significativa quella dell’elemento denominativo. Poi, l’elemento figurativo è posto al di sopra dell’elemento denominativo. Infine, il toro rappresentato è massiccio, nero e particolarmente originale. In tali circostanze, occorre ritenere che la fantasia e la dimensione dell’elemento figurativo saranno tali da distogliere l’attenzione del pubblico di riferimento dall’elemento denominativo posto al di sotto. Pertanto, la ricorrente sostiene a ragione che la commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto, al punto 31 della decisione impugnata, che nessuno degli elementi combinati del marchio richiesto dominasse l’impressione visiva. Di conseguenza, l’elemento denominativo del marchio richiesto, compreso il termine «toro», occupa una posizione secondaria nel marchio richiesto.

31      Tuttavia, come rilevato dalla commissione di ricorso al punto 31 della decisione impugnata, l’elemento denominativo è riprodotto in lettere maiuscole. Malgrado la dimensione notevole dell’elemento figurativo, l’elemento denominativo è chiaramente visibile. In tali circostanze, il carattere dominante dell’elemento figurativo del marchio richiesto non rende trascurabile, nell’impressione complessiva del marchio, l’elemento denominativo «badtoro» [v., per analogia, sentenze dell’8 settembre 2010, Kido/UAMI – Amberes (SCORPIONEXO), T‑152/08, non pubblicata, EU:T:2010:357, punto 66, e del 23 aprile 2015, Iglotex/UAMI – Iglo Foods Group (IGLOTEX), T‑282/13, non pubblicata, EU:T:2015:226, punti 53 e 54].

32      In secondo luogo, per quanto concerne l’applicazione della sentenza del 6 ottobre 2005, Medion (C‑120/04, EU:C:2005:594) da parte della commissione di ricorso, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza risultante da tale sentenza, quand’anche un elemento comune dei segni in conflitto non possa essere considerato come dominante l’impressione complessiva, se ne deve tener conto nella valutazione della somiglianza di questi ultimi qualora ne costituisca esso stesso il marchio anteriore e conservi una posizione distintiva autonoma nel marchio composto in particolare da tale elemento e di cui è chiesta la registrazione. Invero, quando un elemento comune mantiene una posizione distintiva autonoma nel segno composto, l’impressione complessiva prodotta dal segno in parola può indurre il pubblico a credere che i prodotti o i servizi in causa provengano, in ogni caso, da imprese economicamente collegate, circostanza in cui si deve ravvisare un rischio di confusione (sentenza del 22 ottobre 2015, BGW, C‑20/14, EU:C:2015:714, punto 38).

33      L’esame dell’esistenza o meno di una posizione distintiva autonoma di uno degli elementi di un segno composto è volto quindi a determinare, nell’ambito di detti elementi, quelli che saranno percepiti dal pubblico di riferimento [v. sentenza del 28 gennaio 2016, Novomatic/UAMI – Simba Toys (African SIMBA), T‑687/14, non pubblicata, EU:T:2016:37, punto 135 e giurisprudenza ivi citata].

34      A tale riguardo, la Corte ha precisato che un elemento di un segno composto non mantiene una siffatta posizione distintiva autonoma se tale elemento forma con l’altro o gli altri elementi del segno, considerati complessivamente, un’unità avente un senso diverso rispetto a quello di detti elementi presi singolarmente (sentenza dell’8 maggio 2014, Bimbo/UAMI, C‑591/12 P, EU:C:2014:305, punto 25).

35      Occorre parimenti rilevare che, sebbene il consumatore medio percepisca di norma un marchio come un tutt’uno e non effettui un esame dei suoi singoli elementi, ciò non toglie che, percependo un segno denominativo, lo scomporrà in elementi che per lui hanno un significato concreto o che somigliano a vocaboli a lui noti [v., in tal senso, sentenze del 13 febbraio 2007, RESPICUR, T‑256/04, EU:T:2007:46, punto 57, e del 13 febbraio 2008, Sanofi-Aventis/UAMI – GD Searle (ATURION), T‑146/06, non pubblicata, EU:T:2008:33, punto 58].

36      Nella fattispecie, come rilevato dalla commissione di ricorso al punto 35 della decisione impugnata, il pubblico di lingua ispanica, così come la parte del pubblico dell’Unione che comprende il significato della parola «toro», identificherà tale termine all’interno dell’elemento denominativo. Orbene, suddetto termine è l’unica componente o l’unico elemento denominativo dei marchi anteriori opposti.

37      A tale riguardo, occorre ricordare, anzitutto, che l’elemento denominativo del marchio richiesto occupa, contrariamente alle conclusioni della commissione di ricorso, un posto secondario nel segno.

38      Inoltre, va osservato che il termine «toro» è situato nella parte finale del segno ed è preceduto dal termine «bad». Su questo punto, va ricordato che il consumatore attribuisce di regola maggiore importanza alla parte iniziale delle parole [v., in tal senso, sentenze del 17 marzo 2004, El Corte Inglés/UAMI – González Cabello e Iberia Líneas Aéreas de España (MUNDICOR), T‑183/02 e T‑184/02, EU:T:2004:79, punto 81, e del 16 marzo 2005, L’Oréal/UAMI – Revlon (FLEXI AIR), T‑112/03, EU:T:2005:102, punti 64 e 65].

39      Inoltre, il marchio richiesto è costituito da un elemento denominativo unico, ossia il termine «badtoro», derivante dalla giustapposizione dei termini «bad» e «toro». Il fatto che non ci sia separazione tra i due termini rafforza la percezione unitaria dell’elemento denominativo che sarà compreso, almeno per una parte del pubblico di lingua ispanica e del pubblico che comprende il termine «toro», come «toro malvagio o cattivo» [v., per analogia, sentenza del 29 settembre 2011, Procter & Gamble Manufacturing Cologne/UAMI – Natura Cosméticos (NATURAVIVA), T‑107/10, non pubblicata, EU:T:2011:551, punto 34]. In tal senso, l’elemento denominativo rinvia proprio alla rappresentazione di fantasia di un toro, che, tenuto conto della sua predominanza nell’ambito del marchio richiesto e della sua singolarità, come indicato al precedente punto 30, sarà verosimilmente l’elemento che il pubblico di riferimento tenderà a riconoscere e a tenere a mente, piuttosto che l’animale in se stesso. Ne consegue che l’elemento denominativo «badtoro» sarà preso in considerazione congiuntamente all’elemento figurativo, formando l’insieme un’unità logica che si discosta dal semplice nome dell’animale riprodotto nei marchi anteriori.

40      Di conseguenza, ricordando che il consumatore percepisce di norma un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi, occorre considerare che, generalmente, quest’ultimo non percepirà in maniera autonoma né memorizzerà la parola «toro» nell’ambito del marchio richiesto, in mancanza di potere attrattivo sufficiente di quest’ultimo [v., per analogia, sentenza del 24 maggio 2012, Grupo Osborne/UAMI – Industria Licorera Quezalteca (TORO XL), T‑169/10, non pubblicata, EU:T:2012:261, punto 42]. Ne consegue che la ricorrente sostiene a ragione che la commissione di ricorso ha erroneamente considerato che il termine «toro» conservasse una posizione distintiva autonoma nel marchio richiesto.

41      È alla luce di tali considerazioni che occorre valutare la somiglianza tra i segni in conflitto.

 Sulla somiglianza visiva

42      La ricorrente sostiene che, contrariamente alle conclusioni della commissione di ricorso, i segni in conflitto sono privi di somiglianza visiva.

43      L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

44      Nella fattispecie, la commissione di ricorso ha considerato che, a causa della coincidenza dell’elemento denominativo «toro», i segni in conflitto presentano un certo grado di somiglianza, ancorché debole, tenuto conto della presenza, nel marchio richiesto, dell’elemento denominativo «bad», posto prima dell’elemento denominativo «toro» e dell’esistenza di differenze tra i loro elementi figurativi o dell’assenza di elementi figurativi nei marchi anteriori.

45      A questo proposito, va ricordato che la commissione di ricorso è partita dalla premessa erronea secondo cui il termine «toro» non occupava una posizione secondaria. In questo contesto, essa ha riservato particolare importanza alla coincidenza del termine «toro» nei segni in conflitto, senza previamente esaminare se il pubblico di riferimento potesse memorizzare in maniera autonoma il termine «toro» nell’ambito del marchio richiesto.

46      Orbene, sebbene i segni in conflitto abbiano in comune il termine «toro», essi presentano numerose differenze. Così, rispetto ai marchi dell’Unione europea denominativi anteriori TORO, il marchio richiesto presenta una struttura notevolmente differente. Invero, esso contiene un elemento figurativo dominante, raffigurante un toro di fantasia e originale, con al di sotto un elemento denominativo composto della parola «toro», preceduta dal gruppo di lettere «bad», formando d’insieme un elemento denominativo unico.

47      Rispetto al marchio spagnolo figurativo anteriore, la struttura del marchio richiesto presenta anche nette differenze, poiché il primo è composto di un elemento figurativo e di un elemento denominativo dominante posto a lato. Al contrario, il marchio richiesto è composto di un elemento figurativo dominante e di un elemento denominativo secondario posto al di sotto. Inoltre, sebbene i due elementi figurativi rappresentino un toro, essi sono sostanzialmente differenti. Infatti, il marchio spagnolo anteriore rappresenta la sagoma nera, classica e integrale di un toro visto di profilo. Al contrario, l’elemento figurativo del marchio richiesto è un toro di fantasia, visto di fronte, di colore nero. Esso ha tre arti nonché corna e occhi prominenti di colore bianco. Infine, i segni opposti differiscono parzialmente nel loro elemento denominativo.

48      In tali circostanze, il fatto che i marchi anteriori e il marchio richiesto contengano la parola «toro», ha solamente una debole incidenza nel loro confronto d’insieme, mentre, com’è stato detto al precedente punto 40, tale termine non mantiene una posizione distintiva autonoma nell’ambito del marchio richiesto, contrariamente alle conclusioni della commissione di ricorso. Su tale punto, occorre rilevare che l’impressione visiva di due marchi che condividono un medesimo elemento può essere differente, in particolare qualora il confronto riguardi, da un lato, un marchio denominativo, come i marchi dell’Unione europea anteriori e, dall’altro lato, un marchio complesso, composto di un elemento figurativo forte e di un elemento denominativo parzialmente diverso, che dà un’impressione visiva distinta rispetto al solo elemento «toro» [v., in tal senso, sentenze dell’8 dicembre 2011, Aktieselskabet af 21. november 2001/UAMI – Parfums Givenchy (only givenchy), T‑586/10, non pubblicata, EU:T:2011:722, punto 33, e del 17 maggio 2013, Rocket Dog Brands/UAMI – Julius-K9 (JULIUS K9), T‑231/12, non pubblicata, EU:T:2013:264, punto 34].

49      In tali circostanze, viste le differenze sopra esposte tra i segni in conflitto e tenuto conto del peso dei loro rispettivi elementi e dell’assenza di posizione distintiva autonoma del termine «toro», occorre considerare che, nell’insieme, essi presentano, tuttalpiù, un grado di somiglianza visiva molto debole.

 Sulla somiglianza fonetica

50      La ricorrente sostiene che, tenuto conto della presenza del termine «bad» posto prima del termine «toro», la commissione di ricorso avrebbe erroneamente ritenuto che i segni in conflitto fossero foneticamente simili. Essa fa valere che i suddetti segni contengono un numero di lettere differenti, che la loro struttura comporta una cadenza e una successione di suoni differenti e che il termine «badtoro» ha una consonanza straniera e nuova per i consumatori spagnoli.

51      L’EUIPO e l’interveniente respingono tali argomenti.

52      Su questo punto, occorre rilevare che i segni in conflitto si distinguono, da un punto di vista fonetico, dalla sillaba supplementare «bad», ma hanno in comune le due sillabe «to» e «ro». In tale contesto, la sequenza delle lettere «d» e «t», straniera per il pubblico spagnolo, non è sufficiente ad evitare che l’impressione fonetica d’insieme dei segni in conflitto presenti, tenuto conto della concordanza del termine «toro», un rapporto di somiglianza di grado medio, come ritenuto giustamente dalla commissione di ricorso.

 Sulla somiglianza concettuale

53      Sul piano concettuale, la ricorrente contesta alla commissione di ricorso di non aver tenuto in considerazione il fatto che, contrariamente ai marchi anteriori per i quali il termine «toro» faceva riferimento all’animale, il marchio richiesto veicolava un’idea «complessa» che includeva una mascotte che rivolgevaal pubblico un messaggio universale di sfida e di ribellione come il suo nome, costituito dal neologismo «badtoro». Secondo la ricorrente, i termini «bad» e «toro» sarebbero dunque indissociabili.

54      L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

55      Preliminarmente, va ricordato che, conformemente alla giurisprudenza, una somiglianza concettuale deriva dal fatto che due marchi utilizzano immagini concordanti nel loro contenuto semantico [sentenze dell’11 novembre 1997, SABEL, C‑251/95, EU:C:1997:528, punto 24, e del 21 aprile 2010, Peek & Cloppenburg e van Graaf/UAMI – Queen Sirikit Institute of Sericulture (Thai Silk), T‑361/08, EU:T:2010:152, punto 63].

56      Nella fattispecie, dalla decisione impugnata si evince che la commissione di ricorso si è basata, principalmente, sulla presenza del termine «toro» nei segni in conflitto. Infatti, essa ha considerato che, per tale motivo, tali segni erano in parte identici sul piano concettuale per il pubblico che comprendeva il significato della parola «toro», indipendentemente dalla sua comprensione o meno del termine «bad». Essa ha rilevato, ad abundantiam, che il marchio richiesto coincideva anche con il marchio spagnolo figurativo anteriore per il suo motivo grafico rappresentante un toro. La commissione di ricorso è da ciò giunta alla conclusione che, per il pubblico che comprendeva il significato del termine «toro», i segni in conflitto presentavano somiglianze notevoli. Per contro, la commissione di ricorso ha ritenuto che il pubblico che non comprendeva il senso della parola «toro» percepisse i segni in conflitto come non simili, o persino come differenti qualora comprendesse il significato della parola «bad».

57      Anzitutto, occorre ricordare che tali conclusioni si basano sull’erronea premessa del carattere non secondario del termine «toro» nel marchio richiesto. Il fatto che la commissione di ricorso ha ritenuto che, per il pubblico che non comprende il termine «toro», il marchio richiesto e il marchio spagnolo figurativo anteriore sarebbero percepiti come non simili mentre entrambi includono la rappresentazione di un toro sottolinea l’importanza particolare accordata alla coincidenza del termine «toro» nei due segni.

58      In tale contesto, occorre anzitutto rilevare che, così come per la commissione di ricorso, per il pubblico che non comprende il significato del termine «toro» il marchio richiesto non presenta alcuna somiglianza concettuale con i marchi dell’Unione europea denominativi anteriori TORO.

59      Per quanto concerne il pubblico spagnolo o il pubblico che comprende il significato della parola «toro», com’è stato detto al precedente punto 36, esso identificherà l’elemento denominativo del marchio richiesto come composto, da un lato, dal termine o dal gruppo di lettere «bad» e, dall’altro lato, dal termine «toro», ossia la denominazione esatta dell’animale in spagnolo. Pertanto, quest’ultimo termine sarà percepito come un riferimento all’animale menzionato da parte di suddetto pubblico e, a seconda dei casi, rappresentato nei marchi anteriori, circostanza idonea a ravvicinare i segni in conflitto da un punto di vista concettuale.

60      Tuttavia, sebbene dai segni in conflitto si evinca tale riferimento comune al concetto di toro, il toro rappresentato nel marchio richiesto, come ha fatto valere la ricorrente, è più simile ad una mascotte o a un personaggio diverso dall’animale semplicemente menzionato o rappresentato nei marchi anteriori. Pertanto, contrariamente alla denominazione «toro» e alla sagoma classica del toro rappresentato nel marchio figurativo anteriore, il toro del marchio richiesto è umanizzato, in particolare mediante i suoi occhi che, come fa valere la ricorrente, veicolano un atteggiamento di malvagità o di sfida. Inoltre, l’animale è rappresentato in modo molto creativo, con corna di dimensioni smisurate e tre soli arti. Vista l’espressione del toro così rappresentata, l’elemento denominativo «badtoro» può essere percepito come il nome di tale personaggio.

61      In tali circostanze, occorre ritenere che, considerati congiuntamente, l’elemento figurativo e l’elemento denominativo del marchio richiesto veicolano un concetto che si discosta dal concetto classico di toro in quanto animale. Pertanto, occorre relativizzare la somiglianza concettuale tra i marchi in conflitto, in quanto questa dev’essere considerata, tuttalpiù, come di grado medio, e non notevole, come la commissione di ricorso ha ritenuto erroneamente.

62      Da tutto quanto precede risulta che la commissione di ricorso ha basato la sua analisi della somiglianza dei segni in conflitto sull’erronea constatazione del carattere non dominante dell’elemento figurativo del marchio richiesto sovrastimando l’incidenza sul pubblico del termine «toro» nei due segni. In tale contesto, in considerazione del fatto che, da un lato, l’elemento figurativo, a causa della sua predominanza e della sua singolarità, è l’elemento che attira l’attenzione del pubblico di riferimento e, dall’altro lato, il termine «toro» non conserva una posizione distinta autonoma nell’ambito del marchio richiesto, si deve concludere che i segni in conflitto presentano un grado di somiglianza visiva molto debole, un grado di somiglianza fonetica medio e un certo grado di somiglianza concettuale. Conseguentemente, il grado di somiglianza globale tra i segni in oggetto è debole [v., per analogia, sentenza del 17 febbraio 2011, Annco/UAMI – Freche et fils (ANN TAYLOR LOFT), T‑385/09, EU:T:2011:49, punto 38].

63      Pertanto, la commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto che i segni in conflitto fossero globalmente simili.

 Sul rischio di confusione

64      Va ricordato che esiste un rischio di confusione qualora, in via cumulativa, siano sufficientemente elevati il grado di somiglianza dei marchi di cui trattasi e il grado di somiglianza dei prodotti o servizi designati da tali marchi [sentenze del 23 ottobre 2002, Matratzen Concord/UAMI – Hukla Germany (MATRATZEN), T‑6/01, EU:T:2002:261, punto 45, e dell’11 gennaio 2013, Kokomarina/UAMI – Euro Shoe Group (interdit de me gronder IDMG), T‑568/11, non pubblicata, EU:T:2013:5, punto 48].

65      Occorre, altresì, ricordare che, secondo la giurisprudenza, il consumatore medio della categoria di prodotti interessati solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine imperfetta che ne ha mantenuto nella memoria (sentenza del 22 giugno 1999, Lloyd Schuhfabrik Meyer, C‑342/97, EU:C:1999:323, punto 26).

66      Nella fattispecie, la ricorrente contesta le conclusioni della commissione di ricorso riguardo all’esistenza di un rischio di confusione, facendo valere che essa ha omesso di prendere in considerazione il carattere distintivo attenuato dei marchi anteriori mentre il termine «toro» faceva riferimento all’animale così presentato, in particolare in Spagna dove il toro è un simbolo nazionale, che non può essere oggetto di un diritto esclusivo conferito ad un solo operatore. La commissione di ricorso inoltre non avrebbe tenuto conto del carattere «altamente distintivo intrinseco» del marchio richiesto, in considerazione della sua originalità e del fatto, che può essere qualificato notorio, che sia la rappresentazione grafica sia il nome del personaggio inventato dalla ricorrente sono oggetto di protezione intellettuale. Peraltro, essa non avrebbe preso in considerazione le abitudini di consumo conosciute del pubblico di riferimento. Infine, la ricorrente invoca le sentenze rese dai tribunali spagnoli dei marchi dell’Unione europea e, da ultima, la sentenza resa il 18 gennaio 2017 dal Tribunal supremo (Corte suprema, Spagna).

67      A questo proposito, la commissione di ricorso ha considerato, al punto 57 della decisione impugnata, che, vista l’impressione globale di somiglianza dei segni in conflitto e l’identità dei prodotti e dei servizi designati da tali segni, e tenuto conto del principio di interdipendenza tra i fattori del rischio di confusione, un siffatto rischio, comprendente un rischio di associazione, era inevitabile.

68      Su tale punto, va ricordato che i prodotti e i servizi in oggetto sono identici o simili, ma che contrariamente alle conclusioni della commissione di ricorso, i segni in conflitto presentano solo un grado debole di somiglianza globale.

69      Nell’ambito di una valutazione globale dei segni in conflitto, le differenze visiva, fonetica e concettuale che esistono tra essi, derivanti dalla predominanza e dal carattere di fantasia del toro rappresentato e dal termine «bad», che precede il termine «toro» nel marchio richiesto, nonché l’unità logica derivante dagli elementi denominativi e figurativi presi in considerazione nell’insieme sono sufficienti per ritenere che, posto di fronte a detti segni, il pubblico di riferimento non stabilirà un legame tra essi, mentre né l’elemento figurativo dominante né l’elemento denominativo del marchio richiesto coincide con l’unico elemento o uno degli elementi dei marchi anteriori. In tali circostanze, nonostante l’identità o la somiglianza dei prodotti e dei servizi di cui trattasi, è molto poco probabile che questi, contraddistinti dal marchio richiesto, appaiano agli occhi dei consumatori come provenienti dall’impresa titolare dei marchi anteriori o da un’impresa economicamente collegata a quest’ultima [v., in tal senso e per analogia, sentenza del 18 dicembre 2008, Torres/UAMI – Bodegas Peñalba López (Torre Albéniz), T‑287/06, EU:T:2008:602, punto 74].

70      Conseguentemente, e senza che vi sia la necessità di pronunciarsi sugli altri argomenti invocati dalla ricorrente, occorre accogliere il motivo vertente sul fatto che l’EUIPO, riconoscendo l’esistenza di un rischio di confusione tra i segni in conflitto, ha violato le disposizioni dell’articolo 8, paragrafo 1 lettera b), del regolamento n. 207/2009 e, pertanto, annullare la decisione impugnata.

 Sulle spese

71      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

72      Nella fattispecie, poiché l’EUIPO è rimasta soccombente e la ricorrente non ha chiesto la condanna alle spese dell’interveniente, l’EUIPO dev’essere condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla ricorrente, conformemente alla domanda di quest’ultima.

73      Inoltre, l’interveniente, rimasta soccombente, sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 16 aprile 2013 (procedimento R 1446/2012-2) è annullata.

2)      L’EUIPO sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Jordi Nogues, SL.


3)      La Grupo Osborne, SA sopporterà le proprie spese.

Van der Woude

Ulloa Rubio

Marcoulli

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 20 settembre 2017.

Firme


*      Lingua processuale: lo spagnolo.