Language of document : ECLI:EU:T:2016:331

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

2 giugno 2016 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate nei confronti dell’Iran – Restrizioni ai trasferimenti di capitali che coinvolgono enti finanziari iraniani – Competenza del Tribunale – Ricorso di annullamento – Atto regolamentare che non comporta alcuna misura di esecuzione – Incidenza diretta – Interesse ad agire – Ricevibilità – Proporzionalità – Obbligo di motivazione – Garanzie giuridiche previste all’articolo 215, paragrafo 3, TFUE – Certezza del diritto – Divieto di arbitrarietà – Violazione dei diritti fondamentali»

Nella causa T‑160/13,

Bank Mellat, con sede in Teheran (Iran), rappresentata inizialmente da S. Zaiwalla, P. Reddy, F. Zaiwalla, Z. Burbeza, A. Meskarian, solicitors, D. Wyatt, QC, R. Blakeley e G. Beck, barristers, successivamente da Zaiwalla, Reddy, Burbeza, Meskarian, Wyatt, Blakeley e Beck,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Bishop e I. Rodios, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da

Commissione europea, rappresentata da D. Gauci e M. Konstantinidis, in qualità di agenti,

e da

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato inizialmente da S. Behzadi-Spencer, L. Christie e C. Brodie, successivamente da Brodie e V. Kaye, in qualità di agenti, assistiti da S. Lee, barrister,

intervenienti

avente ad oggetto la domanda di annullamento dell’articolo 1, punto 15, del regolamento (UE) n. 1263/2012 del Consiglio, del 21 dicembre 2012, che modifica il regolamento (UE) n. 267/2012, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 356, pag. 34), ovvero di annullamento della disposizione medesima nella parte in cui non prevede un’eccezione applicabile al caso della ricorrente, nonché la domanda di declaratoria di inapplicabilità dell’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635/PESC del Consiglio, del 15 ottobre 2012, che modifica la decisione 2010/413/PESC concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 282, pag. 58),

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da H. Kanninen, presidente, I. Pelikánová (relatore) e E. Buttigieg, giudici,

cancelliere: C. Heeren, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 luglio 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La ricorrente Bank Mellat è una banca commerciale iraniana.

2        La causa in esame si colloca nel contesto delle misure restrittive adottate per esercitare pressioni sulla Repubblica islamica dell’Iran affinché ponga fine alle attività nucleari che presentano un rischio di proliferazione e alla messa a punto di sistemi di lancio di armi nucleari (in prosieguo: la «proliferazione nucleare»).

3        Il 26 luglio 2010, il nominativo della ricorrente veniva iscritto nell’elenco delle entità coinvolte nella proliferazione nucleare iraniana indicate nell’allegato II della decisione 2010/413/PESC del Consiglio, del 26 luglio 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga la posizione comune 2007/140/PESC (GU L 195, pag. 39), e all’allegato V del regolamento (CE) n. 423/2007 del Consiglio, del 19 aprile 2007, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 103, pag. 1).

4        Essendo stato abrogato il regolamento n. 423/2007 dal regolamento (UE) n. 961/2010 del Consiglio, del 25 ottobre 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 281, pag. 1), il nominativo della ricorrente veniva incluso nell’allegato VIII di quest’ultimo regolamento. Atteso che il regolamento n. 961/2010 è stato a sua volta abrogato dal regolamento (UE) n. 267/2012 del Consiglio, del 23 marzo 2012, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 88, pag. 1), il nominativo della ricorrente è stato inserito nell’allegato IX di quest’ultimo regolamento.

5        Le misure restrittive esistenti concernenti l’Iran sono state modificate e nuove misure restrittive nei suoi confronti sono state adottate dalla decisione 2012/635/PESC del Consiglio del 15 ottobre 2012, che modifica la decisione 2010/413 (GU L 282, pag. 58), e dal regolamento (UE) n. 1263/2012 del Consiglio, del 21 dicembre 2012, che modifica il regolamento n. 267/2012 (GU L 356, pag. 34; in prosieguo: il «regolamento impugnato»). In particolare, l’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 ha modificato l’articolo 10 della decisione 2010/413, mentre l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato ha modificato l’articolo 30 del regolamento n. 267/2012 e ha aggiunto gli articoli 30 bis e 30 ter a quest’ultimo.

6        L’articolo 10 della decisione 2010/413, come modificato dall’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635, prevede, segnatamente, restrizioni alle operazioni finanziarie fra gli enti finanziari stabiliti in Iran, nonché le loro filiali e controllate, da un lato, e gli enti finanziari dell’Unione europea, dall’altro.

7        A termini del paragrafo 2 del medesimo articolo 10, come modificato, possono essere unicamente effettuate, in primo luogo, le operazioni relative a prodotti alimentari, assistenza sanitaria, attrezzature mediche o per scopi agricoli o umanitari (in prosieguo: i «trasferimenti umanitari»); in secondo luogo, le operazioni relative a rimesse personali; in terzo luogo, le operazioni relative all’esecuzione delle deroghe previste dalla stessa decisione 2010/413; in quarto luogo, le operazioni connesse a uno specifico contratto commerciale non vietate ai sensi di detta decisione; in quinto luogo, le operazioni concernenti una missione diplomatica o consolare o un’organizzazione internazionale e, in sesto luogo, le operazioni concernenti i pagamenti intesi a soddisfare pretese nei confronti dell’Iran, di persone o entità iraniane, e le operazioni di natura analoga.

8        Ai sensi del successivo paragrafo 3 dello stesso articolo 10, come modificato, i trasferimenti di fondi da e verso l’Iran attraverso banche e istituzioni finanziarie iraniane per le operazioni di cui al paragrafo 2 della medesima disposizione sono assoggettati, a seconda dei casi e dell’oggetto dei trasferimenti, nonché a partire da diverse soglie, ad un obbligo di notifica preliminare e ad un obbligo di autorizzazione preliminare da parte dell’autorità nazionale competente.

9        Gli articoli da 30 a 30 ter del regolamento n. 267/2012, come modificati dall’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, riprendono, in sostanza, tali restrizioni e tali obblighi di notifica e di autorizzazione.

10      In tal senso, l’articolo 30 del regolamento n. 267/2012, come modificato, prevede restrizioni alle operazioni finanziarie fra gli enti finanziari e creditizi e gli uffici dei cambiavalute con sede in Iran, nonché le loro succursali e controllate, e gli enti finanziari e creditizi e gli uffici dei cambiavalute controllati da persone, entità o organismi con sede in Iran, da un lato, e gli enti finanziari dell’Unione, dall’altro.

11      In particolare, ai sensi del paragrafo 2 dello stesso articolo 30, come modificato, possono essere effettuati unicamente, in primo luogo, i trasferimenti umanitari; in secondo luogo, i trasferimenti relativi a rimesse personali; in terzo luogo, i trasferimenti connessi a uno specifico contratto commerciale purché non vietati ai sensi del regolamento n. 267/2012; in quarto luogo, i trasferimenti riguardanti missioni diplomatiche o consolari o organizzazioni internazionali; in quinto luogo, i trasferimenti riguardanti pagamenti destinati a soddisfare crediti di o nei confronti di una persona, un’entità o un organismo iraniani o trasferimenti di natura analoga e, in sesto luogo, i trasferimenti necessari per l’esecuzione degli obblighi derivanti da contratti di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera b) del regolamento n. 267/2012.

12      A termini dei successivi paragrafi 3, 4 e 5 dello stesso articolo 30, come modificato, i trasferimenti di fondi che possono essere autorizzati a norma del paragrafo 2 del medesimo articolo sono assoggettati, a seconda dei casi e del loro oggetto, nonché a partire da diverse soglie, ad un obbligo di notifica preliminare e ad un obbligo di autorizzazione preliminare da parte dell’autorità nazionale competente.

13      L’articolo 30 bis del regolamento n. 267/2012 prevede, segnatamente, talune restrizioni ai trasferimenti di fondi fra persone, entità o organismi iraniani, da un lato, e cittadini dell’Unione non contemplati dall’articolo 30 del medesimo regolamento, dall’altro.

14      A termini del successivo articolo 30 ter, paragrafo 1, le restrizioni previste ai precedenti articoli 30 e 30 bis non si applicano ove un’autorizzazione sia stata concessa a norma degli articoli 24, 25, 26, 27, 28 o 28 bis del regolamento medesimo.

15      Ai sensi del menzionato articolo 30 ter, paragrafo 3, ai fini dell’articolo 30, paragrafo 3, lettere b), e c), e dell’articolo 30 bis, paragrafo 1, lettera c), del medesimo regolamento, le autorità competenti concedono l’autorizzazione, alle condizioni che ritengono appropriate, tranne nel caso in cui abbiano fondati motivi per ritenere che il trasferimento di fondi per il quale è chiesta l’autorizzazione potrebbe violare uno dei divieti o obblighi di cui al regolamento n. 267/2012.

16      Con sentenza del 29 gennaio 2013, Bank Mellat/Consiglio (T‑496/10, Racc., EU:T:2013:39), il Tribunale ha annullato l’iscrizione del nominativo della ricorrente nell’elenco dell’allegato II della decisione 2010/413, in quello dell’allegato V del regolamento n. 423/2007, in quello dell’allegato VIII del regolamento n. 961/2010 e in quello dell’allegato IX del regolamento n. 267/2012. Il Tribunale ha segnatamente dichiarato che le circostanze ritenute sussistenti dal Consiglio dell’Unione europea nei confronti della ricorrente non dimostravano che essa avesse fornito un sostegno alla proliferazione nucleare. Con sentenza del 18 febbraio 2016, Consiglio/Bank Mellat (C‑176/13 P, Racc., EU:C:2016:96), la Corte di giustizia ha respinto l’impugnazione proposta dal Consiglio avverso la sentenza Mellat/Consiglio, cit. (EU:T:2013:39).

 Procedimento e conclusioni delle parti

17      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 marzo 2013, la ricorrente ha proposto il presente ricorso con cui chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato;

–        annullare l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, nella parte in cui non prevede un’eccezione applicabile al caso della ricorrente;

–        dichiarare che l’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 è inapplicabile alla ricorrente;

–        condannare il Consiglio alle spese.

18      Con comparsa di risposta depositata presso la cancelleria del Tribunale il 27 giugno 2013, il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

19      Con atti depositati nella cancelleria del Tribunale rispettivamente il 24 giugno e il 10 luglio 2013, la Commissione europea ed il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord hanno chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno del Consiglio. Con ordinanze del 9 settembre 2013, il presidente della Quarta Sezione del Tribunale ha consentito l’intervento.

20      La Commissione e il Regno Unito chiedono che il Tribunale voglia respingere il ricorso.

21      A seguito della modifica delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Prima Sezione alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa con decisione del 4 ottobre 2013.

22      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione) ha deciso, il 23 aprile 2015, di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 64 del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, ha invitato le parti a rispondere per iscritto e oralmente a taluni quesiti, chiedendo loro, segnatamente, di presentare osservazioni scritte sulla competenza del Tribunale a statuire sul terzo capo della domanda della ricorrente, inteso ad ottenere la declaratoria di inapplicabilità dell’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635. Le parti hanno ottemperato a tale richiesta nel termine impartito dal Tribunale.

23      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti loro posti dal Tribunale all’udienza del 7 luglio 2015. In tale occasione, la ricorrente ha precisato, da un lato, che il primo e il secondo capo della propria domanda dovevano intendersi come alternativi e, dall’altro, che il secondo capo della domanda era inteso all’annullamento dell’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, nella misura in cui tale disposizione non prevedeva un’eccezione applicabile al suo caso.

24      Prima di procedere all’esame del merito della controversia, occorre verificare d’ufficio la competenza del Tribunale a statuire sul ricorso, nonché la ricevibilità dei due primi capi della domanda della ricorrente, contestata dal Consiglio e dalle parti intervenienti.

 In diritto

1.     Sulla competenza del Tribunale

25      In risposta ad un quesito scritto del Tribunale, il Consiglio e le parti intervenienti hanno fatto valere che il Tribunale non era competente a statuire sul terzo capo della domanda della ricorrente, dal momento che l’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635, quale disposizione relativa alla politica estera e di sicurezza comune (PESC), era interessato dalla deroga alla competenza della Corte di giustizia dell’Unione europea prevista all’articolo 275 TFUE.

26      Il Regno Unito ritiene, inoltre, che l’incompetenza del Tribunale a conoscere della legittimità dell’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 implichi che il Tribunale non sia neanche competente a statuire sui capi della domanda concernenti l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, adottato sul fondamento del medesimo.

27      La ricorrente ritiene che il Tribunale sia competente a conoscere del ricorso in toto. Essa fa valere, in particolare, che, quale deroga alla competenza del giudice dell’Unione, l’articolo 275 TFUE dev’essere interpretato restrittivamente. A suo parere, l’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 riguarda persone fisiche e giuridiche, ossia, segnatamente, gli enti finanziari iraniani e le persone e le entità che intendano eseguire transazioni che coinvolgano questi ultimi, nei confronti dei quali esso esplica effetti giuridici. Per questo motivo, secondo la ricorrente, esso costituisce una decisione che prevede misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche ai sensi dell’articolo 275, secondo comma, TFUE. Inoltre, secondo la ricorrente, la competenza del Tribunale a conoscere della legittimità dell’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 discende parimenti dal fatto che è sul fondamento di tale disposizione che è stato adottato l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, del quale essa è legittimata a chiedere l’annullamento.

28      L’articolo 275 TFUE così dispone:

«La Corte di giustizia dell’Unione europea non è competente per quanto riguarda le disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune, né per quanto riguarda gli atti adottati in base a dette disposizioni.

Tuttavia, la Corte è competente a controllare il rispetto dell’articolo 40 del trattato sull’Unione europea e a pronunciarsi sui ricorsi, proposti secondo le condizioni di cui all’articolo 263, quarto comma del presente trattato, riguardanti il controllo della legittimità delle decisioni che prevedono misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche adottate dal Consiglio in base al titolo V, capo 2 del trattato sull’Unione europea».

29      Ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre‚ alle condizioni previste al primo e secondo comma di tale disposizione, un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente, e contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione.

30      Inoltre, secondo l’articolo 277 TFUE, nell’eventualità di una controversia che metta in causa un atto di portata generale adottato da un’istituzione, organo o organismo dell’Unione, ciascuna parte può, anche dopo lo spirare del termine previsto all’articolo 263, sesto comma, TFUE, valersi dei motivi previsti all’articolo 263, secondo comma, TFUE per invocare dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea l’inapplicabilità dell’atto stesso.

31      Nella specie, con il terzo capo della domanda, la ricorrente chiede al Tribunale di dichiarare inapplicabile nei propri confronti l’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635, il quale è una disposizione relativa alla PESC ai sensi dell’articolo 275 TFUE. Nella replica, la ricorrente ha precisato che tale domanda costituiva un’eccezione di illegittimità ai sensi dell’articolo 277 TFUE.

32      A tal riguardo, secondo la giurisprudenza, l’articolo 275 TFUE introduce una deroga alla regola della competenza generale che l’articolo 19 TUE conferisce alla Corte di giustizia dell’Unione europea per assicurare il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei Trattati, e deve dunque essere interpretato restrittivamente (v., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2014, Parlamento/Consiglio, C‑658/11, Racc., EU:C:2014:2025, punto 70).

33      Orbene, da un lato, nella specie, le misure sancite dall’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 sono misure di natura generale, poiché la loro sfera di applicazione è stabilita facendo riferimento a criteri oggettivi e non a persone fisiche o giuridiche determinate. Di conseguenza, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, l’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 non è, di per sé, una decisione che prevede misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche ai sensi dell’articolo 275, secondo comma, TFUE (v., per analogia, sentenza del 25 aprile 2012, Manufacturing Support & Procurement Kala Naft/Consiglio, T‑509/10, Racc., EU:T:2012:201, punto 37, confermata sul punto dalla sentenza del 28 novembre 2013, Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft, C‑348/12 P, Racc., EU:C:2013:776, punto 99).

34      Dall’altro, la ricorrente ha sollevato l’eccezione di illegittimità dell’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 a sostegno del ricorso di annullamento proposto avverso l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato.

35      A tal riguardo, risulta dai punti da 5 a 15 supra, che l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato è inteso ad attuare, nell’ambito del Trattato FUE, l’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635.

36      Ciò premesso, l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato non è una decisione che prevede misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche ai sensi dell’articolo 275, secondo comma, TFUE. Infatti, esso si applica a situazioni oggettivamente determinate ed esplica effetti giuridici nei confronti di categorie di persone considerate astrattamente e nel loro complesso, dal momento che esso si applica, segnatamente, a tutti i trasferimenti fra una qualsiasi banca o istituto finanziario iraniano e un qualsiasi istituto finanziario situato nell’Unione, e la sua attuazione non discende da una valutazione delle circostanze proprie di un ente specifico da parte del Consiglio.

37      Di conseguenza, l’eccezione di illegittimità concernente l’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635, formulata dalla ricorrente nell’ambito del terzo capo della domanda, non è stata sollevata a sostegno di un ricorso di annullamento proposto avverso una decisione che prevede misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche ai sensi dell’articolo 275, secondo comma, TFUE.

38      Alla luce dei rilievi esposti ai punti 33 e 37 supra, occorre concludere che il Tribunale non è competente, in forza dell’articolo 275 TFUE, a statuire sul terzo capo della domanda della ricorrente.

39      Per quanto attiene alla competenza del Tribunale a statuire sul primo e sul secondo capo della domanda, tenuto parimenti conto della giurisprudenza richiamata al punto 32 supra, la deroga alla competenza del giudice dell’Unione prevista all’articolo 275 TFUE non può essere interpretata nel senso che essa si estende fino ad escludere il controllo di legittimità di un atto adottato in forza dell’articolo 215 TFUE, come l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, il quale non rientra nella PESC, per la sola ragione che la valida adozione di detto atto è subordinata alla preliminare adozione di una decisione rientrante nella PESC. Infatti, una siffatta interpretazione della deroga in questione sarebbe contraria sia alla competenza generale conferita alla Corte all’articolo 19 TUE sia alla competenza specifica che le viene conferita espressamente all’articolo 263, primo, secondo e quarto comma, TFUE (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2014, Sina Bank/Consiglio, T‑67/12, EU:T:2014:348, punto 41).

40      Di conseguenza, occorre rilevare che il Tribunale è competente, in forza dell’articolo 263 TFUE, a statuire sul primo e sul secondo capo della domanda della ricorrente.

2.     Sulla ricevibilità del primo e del secondo capo della domanda della ricorrente

41      Il Consiglio, la Commissione e il Regno Unito sostengono che la domanda di annullamento dell’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato non soddisfa i requisiti di ricevibilità fissati dall’articolo 263 TFUE.

42      Il Consiglio sostiene, inoltre, che il primo e il secondo capo della domanda sono irricevibili in quanto, al momento dell’introduzione del ricorso, la ricorrente non avrebbe avuto interesse ad impugnare l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato.

43      La ricorrente replica affermando la ricevibilità del proprio ricorso.

 Sul rispetto dei requisiti fissati all’articolo 263 TFUE

44      A termini dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, «[q]ualsiasi persona fisica o giuridica può proporre‚ alle condizioni previste al primo e secondo comma, un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente, e contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione».

45      In primo luogo, il Regno Unito sostiene che il regolamento impugnato non è un atto regolamentare, bensì legislativo, con la conseguenza che la ricorrente sarebbe tenuta a dimostrare che esso la riguardi direttamente e individualmente. Orbene, un’incidenza individuale difetterebbe nella specie.

46      La ricorrente ritiene che il regolamento impugnato sia un atto regolamentare e che, del resto, il suo articolo 1, punto 15 la riguardi individualmente.

47      A tal riguardo, l’articolo 289 TFUE, così recita:

«1.      La procedura legislativa ordinaria consiste nell’adozione congiunta di un regolamento, di una direttiva o di una decisione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio su proposta della Commissione. Tale procedura è definita all’articolo 294.

2.      Nei casi specifici previsti dai trattati, l’adozione di un regolamento, di una direttiva o di una decisione da parte del Parlamento europeo con la partecipazione del Consiglio o da parte di quest’ultimo con la partecipazione del Parlamento europeo costituisce una procedura legislativa speciale.

3.      Gli atti giuridici adottati mediante procedura legislativa sono atti legislativi.

4.      Nei casi specifici previsti dai trattati, gli atti legislativi possono essere adottati su iniziativa di un gruppo di Stati membri o del Parlamento europeo, su raccomandazione della Banca centrale europea o su richiesta della Corte di giustizia o della Banca europea per gli investimenti».

48      Nella specie, il regolamento impugnato è stato adottato sul fondamento dell’articolo 215 TFUE e secondo la procedura prevista a tale articolo, vale a dire dal Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta congiunta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione.

49      Pertanto, da un lato, il regolamento impugnato non è stato adottato secondo la procedura legislativa ordinaria, prevista all’articolo 289, paragrafo 1, TFUE e definita all’articolo 294 TFUE.

50      Dall’altro, alla luce dell’assenza di qualsivoglia implicazione del Parlamento europeo nell’adozione del regolamento impugnato, non si può ritenere che quest’ultimo sia stato adottato in forza di una procedura legislativa speciale ai sensi dell’articolo 289, paragrafo 2, TFUE.

51      Pertanto, alla luce dell’articolo 289, paragrafo 3, TFUE, si deve ritenere che il regolamento impugnato non costituisca un atto legislativo e che, di conseguenza, non occorra pronunciarsi sull’argomento del Regno Unito secondo il quale l’articolo 1, punto 15 di detto regolamento non riguarda individualmente la ricorrente.

52      In secondo luogo, il Consiglio e le intervenienti sostengono che, contrariamente a quanto richiesto dall’articolo 263, quarto comma, TFUE, l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato non riguarda direttamente la ricorrente e comporta misure di esecuzione.

53      Il Consiglio e le intervenienti espongono, infatti, che il divieto di trasferire fondi, previsto all’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, è corredato da una serie di eccezioni la cui attuazione è demandata alle autorità competenti degli Stati membri, munite di potere discrezionale a tal riguardo. In tal senso, l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato non osterebbe necessariamente a che trasferimenti di fondi siano destinati alla ricorrente o che la stessa li effettui. Pertanto, l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato non produrrebbe effetti diretti sulla situazione giuridica della ricorrente.

54      La ricorrente ritiene che l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato la riguardi direttamente, e che la sua attuazione non comporti alcuna misura di esecuzione. Essa fa valere, a tal riguardo, che tale disposizione è applicabile senza riferimento ad una legge nazionale di trasposizione, segnatamente per quanto attiene all’obbligo di chiedere un’autorizzazione per tutti i trasferimenti di fondi interessati.

55      A tal riguardo, si evince, da un lato, dai rilievi effettuati al punto 36 supra, che l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato ha portata generale e, dall’altro, dal punto 51 supra, che esso non costituisce un atto legislativo. In tali circostanze, si deve concludere che l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, costituisce un atto regolamentare ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE (v., per analogia, ordinanza del 6 settembre 2011, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, T‑18/10, Racc., EU:T:2011:419, punti 56 e 63 e la giurisprudenza ivi citata).

56      Da un lato, quanto alla questione se l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato riguardi direttamente la ricorrente e non comporti alcuna misura di esecuzione, risulta da costante giurisprudenza che l’incidenza diretta nei confronti di un singolo presuppone che il provvedimento dell’Unione contestato produca direttamente effetti sulla situazione giuridica di tale singolo e che esso non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari di tale atto incaricati della sua applicazione, la quale ha carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa dell’Unione senza intervento di altre norme intermedie (v. ordinanza Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, punto 55 supra, EU:T:2011:419, punto 71 e la giurisprudenza ivi citata).

57      Dall’altro, quanto alla nozione di «misure di esecuzione», l’obiettivo dell’articolo 263, quarto comma, ultima parte di frase, TFUE, consiste nell’evitare che un singolo sia costretto a violare la legge per poter accedere al giudice. Orbene, qualora un atto regolamentare produca direttamente effetti sulla situazione giuridica di una persona fisica o giuridica senza richiedere misure di esecuzione, quest’ultima rischierebbe di essere privata di tutela giurisdizionale effettiva se non disponesse di un mezzo di ricorso diretto dinanzi al giudice dell’Unione al fine di contestare la legittimità di detto atto regolamentare. Infatti, in assenza di misure di esecuzione, una persona fisica o giuridica, ancorché direttamente interessata dall’atto in questione, non sarebbe in grado di ottenere un controllo giurisdizionale dell’atto se non dopo aver violato le disposizioni dell’atto medesimo facendone valere l’illegittimità nell’ambito dei procedimenti avviati nei suoi confronti dinanzi ai giudici nazionali (sentenza del 19 dicembre 2013, Telefónica/Commissione, C‑274/12 P, Racc., EU:C:2013:852, punto 27).

58      Per contro, laddove un atto regolamentare comporti misure di esecuzione, il sindacato giurisdizionale sul rispetto dell’ordinamento giuridico dell’Unione è garantito indipendentemente dalla questione se dette misure provengano dall’Unione o dagli Stati membri. Le persone fisiche o giuridiche che non possono, in considerazione dei requisiti di ricevibilità previsti dall’articolo 263, quarto comma, TFUE, impugnare direttamente dinanzi al giudice dell’Unione un atto regolamentare dell’Unione sono protette contro l’applicazione, nei loro confronti, di un atto di tal genere dalla possibilità di impugnare le misure di esecuzione che l’atto medesimo comporta dinanzi al giudice dell’Unione o dinanzi al giudice nazionale, a seconda dei casi (v., in tal senso, sentenza Telefónica/Commissione, punto 57 supra, EU:C:2013:852, punti 28 e 29).

59      Nella specie, occorre rilevare, in via preliminare, che, poiché la ricorrente è un ente finanziario stabilito in Iran, essa non è interessata dalle restrizioni introdotte dall’articolo 30 bis del regolamento n. 267/2012, come modificato dall’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato. Di conseguenza, l’articolo 30 bis del regolamento n. 267/2012 non riguarda direttamente la ricorrente; ciò implica che il suo ricorso è irricevibile nella misura in cui tale disposizione è interessata.

60      Inoltre, il Consiglio sostiene, correttamente, che qualora, in forza del regime di restrizioni introdotto nel regolamento n. 267/2012 dall’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato (in prosieguo: il «regime controverso»), venga presentata una richiesta di autorizzazione di un trasferimento all’autorità nazionale competente, quest’ultima dispone di un potere discrezionale per determinare, secondo l’articolo 30 ter, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 267/2012, se il trasferimento in questione possa violare uno dei divieti o obblighi previsti dal regolamento n. 267/2012. Analogamente, al termine di tale valutazione, l’autorità competente adotta una decisione che autorizza o vieta il trasferimento di cui trattasi.

61      Ciò detto, si deve ritenere, in conclusione, che l’articolo 30 ter, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 267/2012 non riguarda direttamente la ricorrente e comporta, inoltre, misure di esecuzione, il che implica l’irricevibilità del ricorso nella parte in cui tale disposizione è interessata.

62      Per contro, occorre rilevare che il regime controverso, quale introdotto dall’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, riguarda direttamente la ricorrente e non comporta alcuna misura di esecuzione sotto tre altri profili.

63      Così, anzitutto, ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 1, del regolamento n. 267/2012, come modificato dall’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, possono essere oggetto di un’autorizzazione solamente trasferimenti corrispondenti ad una delle finalità previste all’articolo 30, paragrafo 2, del medesimo regolamento. I trasferimenti che non corrispondono ad una di tali finalità sono vietati, per il solo effetto del regolamento n. 267/2012, e non possono essere autorizzati dalle autorità nazionali competenti.

64      Inoltre, in forza dell’articolo 30, paragrafo 3, lettera a), e dell’articolo 30, paragrafo 5, del regolamento n. 267/2012, come modificato dall’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, i trasferimenti definiti da tali disposizioni, di importo superiore a EUR 10 000 o equivalente, sono soggetti ad obbligo di previa notifica. L’obbligo di notifica discende, in maniera automatica, dal regime controverso, non è soggetto alla valutazione delle autorità nazionali competenti e non comporta alcuna misura di esecuzione.

65      Infine, la medesima considerazione è applicabile all’obbligo di richiesta di autorizzazione preliminare, di cui all’articolo 30, paragrafo 3, lettera b) e c), e all’articolo 30, paragrafo 5, del regolamento n. 267/2012, come modificato dall’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato. Infatti, indipendentemente dall’esito finale della procedura di autorizzazione, l’obbligo di avviarla, nel caso di tutti i trasferimenti eccedenti le soglie determinate, incide sulla posizione giuridica della ricorrente, non è soggetto all’autorizzazione delle autorità nazionali competenti e non comporta alcuna misura di esecuzione.

66      Alla luce di tali considerazioni, si deve ritenere che l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato riguardi direttamente la ricorrente e non comporti alcuna misura di esecuzione nella parte in cui ha modificato o introdotto le disposizioni del regolamento n. 267/2012 di cui ai punti da 63 a 65 supra.

67      Alla luce delle considerazioni suesposte, in forza dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, occorre respingere l’eccezione di irricevibilità sollevata dal Consiglio e dalle parti intervenienti in relazione alle disposizioni del regolamento n. 267/2012 modificate o introdotte dall’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, di cui ai punti da 63 a 65 supra, e dichiarare il ricorso irricevibile quanto al resto.

 Sull’esistenza di un interesse ad agire al momento della proposizione del ricorso

68      Il Consiglio sostiene che, al momento della proposizione del ricorso, la ricorrente non avrebbe avuto interesse a contestare la legittimità dell’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, dal momento che essa era già assoggettata a misure individuali di congelamento dei capitali, adottate in forza del regolamento n. 267/2012.

69      Infatti, in tale contesto, l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato non esplicherebbe effetti giuridici ulteriori nei confronti della ricorrente. L’annullamento delle misure restrittive individuali in questione, posto in essere dalla sentenza Bank Mellat/Consiglio, punto 16 supra (EU:T:2013:39), sarebbe, inoltre, irrilevante a tal riguardo, poiché, al momento della proposizione del ricorso, i capitali della ricorrente erano congelati, in forza dell’articolo 60 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, in attesa della decisione della Corte sull’impugnazione.

70      Di conseguenza, il Consiglio ritiene che la domanda di annullamento dell’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato sia irricevibile.

71      La ricorrente replica che essa era titolare di un interesse ad agire al momento dell’introduzione del ricorso, e ciò a maggior ragione in quanto le misure restrittive individuali che la riguardavano sono state annullate dal Tribunale.

72      Va ricordato che, secondo costante giurisprudenza, il ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile solo ove il ricorrente abbia un interesse all’annullamento dell’atto impugnato. Un tale interesse presuppone che l’annullamento dell’atto impugnato possa produrre di per sé conseguenze giuridiche e che il ricorso possa, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che lo ha proposto (v. ordinanza del 30 aprile 2007, EnBW Energie Baden‑Württemberg/Commissione, T‑387/04, Racc., EU:T:2007:117, punto 96, e la giurisprudenza ivi citata).

73      L’interesse ad agire dev’essere esistente ed effettivo (sentenza del 17 settembre 1992, NBV e NVB/Commissione, T‑138/89, Racc., EU:T:1992:95, punto 33) e dev’essere valutato al giorno in cui il ricorso è proposto (sentenza del 16 dicembre 1963, Forges de Clabecq/Alta Autorità, 14/63, Racc., EU:C:1963:60, pag. 732). Esso deve comunque permanere fino alla pronuncia della sentenza, pena il non luogo a statuire (v. sentenza del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione, C‑362/05 P, Racc., EU:C:2007:322, punto 42 e la giurisprudenza ivi citata).

74      Nella specie, al momento della proposizione del ricorso, la ricorrente era interessata da misure restrittive individuali risultanti dall’iscrizione del suo nome nell’elenco dell’allegato IX del regolamento n. 267/2012 e collegate al suo asserito coinvolgimento nella proliferazione nucleare. Infatti, anche se tali misure restrittive sono state annullate dalla sentenza Bank Mellat/Consiglio, punto 16 supra (EU:T:2013:39), la decorrenza degli effetti di tale annullamento era sospesa fino alla decisione sull’impugnazione, in forza dell’articolo 60 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

75      Pertanto, è ben vero che l’adozione del regime controverso non ha prodotto un impatto immediato effettivo sulla ricorrente, dal momento che le misure restrittive individuali alle quali essa era stata assoggettata in precedenza prevedevano restrizioni più severe. Ciò è tanto più vero per il fatto che, come è stato rilevato al punto 14 supra, l’articolo 30 ter, paragrafo 1, del regolamento n. 267/2012 prevede che, qualora un trasferimento sia stato oggetto di un’autorizzazione concessa nell’ambito del regime delle misure restrittive individuali, esso non è più soggetto alle restrizioni previste dal regime controverso.

76      Ciò premesso, occorre rilevare che il regime controverso si applica di per sé a tutti gli enti finanziari stabiliti in Iran e, pertanto, anche alla ricorrente. Tale rilievo implica segnatamente che, allorché, successivamente, l’annullamento delle misure restrittive individuali concernenti la ricorrente è divenuto efficace, a seguito del rigetto dell’impugnazione proposta dal Consiglio avverso la sentenza Bank Mellat/Consiglio, punto 16 supra (EU:T:2013:39), la ricorrente è stata effettivamente assoggettata a detto regime, con tutte le restrizioni che ne discendono, di pieno diritto, senza l’intervento di un qualsivoglia atto giuridico ulteriore.

77      Ciò premesso, la dichiarazione, nella specie, dell’assenza di interesse ad agire della ricorrente avverso l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, comporterebbe una violazione del proprio diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, dal momento che, dopo l’estinzione definitiva delle misure restrittive individuali che la riguardano, essa sarebbe assoggettata agli effetti del regime controverso, ma non sarebbe legittimata a chiedere l’annullamento dell’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, a causa della scadenza del termine di ricorso.

78      Pertanto, si deve ritenere, in conclusione, che la ricorrente è titolare di un interesse ad agire per chiedere l’annullamento dell’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, il quale è idoneo ad avere conseguenze giuridiche nei suoi confronti, e si deve pertanto respingere l’eccezione di irricevibilità sollevata al riguardo.

3.     Nel merito

79      A sostegno del primo e del secondo capo della domanda, la ricorrente deduce quattro motivi. Il primo motivo attiene all’assenza di fondamento normativo del regime controverso alla luce dell’articolo 215 TFUE, per difetto di nesso logico con lo scopo della PESC asseritamente perseguito. Il secondo motivo attiene al fatto che il regime controverso è privo di fondamento normativo alla luce dell’articolo 215 TFUE, in quanto risulterebbe sproporzionato rispetto all’obiettivo della PESC asseritamente perseguito. Il terzo motivo attiene al contrasto del regime controverso con i principi generali del diritto dell’Unione, nonché con l’articolo 215, paragrafo 3, TFUE, nella parte in cui viola i principi di proporzionalità e di certezza del diritto, il principio del divieto di arbitrarietà, l’obbligo di motivazione, la condizione che le sanzioni contengano le necessarie garanzie giuridiche, nonché il principio di parità di trattamento. Il quarto motivo riguarda la violazione dei diritti di proprietà della ricorrente, del proprio diritto di esercitare attività economiche, del diritto alla libera circolazione dei capitali, nonché del principio di proporzionalità.

80      Inoltre, nell’ambito di diversi motivi elencati al punto 79 supra, la ricorrente ha dedotto argomenti relativi alla natura del controllo esercitato dal Tribunale e all’onere della prova.

81      Prima di esaminare tali argomenti e motivi, occorre precisare la portata e la struttura dei capi della domanda e dei motivi della ricorrente.

 Sulla portata e sulla struttura dei capi della domanda e dei motivi della ricorrente

82      In primo luogo, per quanto attiene alla struttura e alla portata del primo e del secondo capo della domanda, la ricorrente ha precisato, all’udienza, che, mentre il primo capo della domanda era volto all’annullamento dell’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato in quanto tale, il secondo capo della domanda era inteso all’annullamento di tale disposizione solo nella parte in cui essa non prevedeva un’eccezione applicabile al caso della ricorrente, in quanto entità non coinvolta nella proliferazione nucleare e che esercita la vigilanza richiesta per non divenire tale.

83      Ciò premesso, poiché gli argomenti della ricorrente invocati a sostegno dei due capi della domanda sono in buona parte coincidenti, essi devono essere esaminati congiuntamente.

84      In secondo luogo, per quanto attiene alla struttura e alla portata dei motivi dedotti a sostegno del primo e del secondo capo della domanda, si evince dall’elenco figurante al punto 79 supra che il primo e il secondo motivo sono formulati nel senso che essi riguardano una violazione dell’articolo 215, paragrafo 1, TFUE, secondo il quale, «[q]uando una decisione adottata conformemente al capo 2 del titolo V del trattato sull’Unione europea [dedicato alla PESC] prevede l’interruzione o la riduzione, totale o parziale, delle relazioni economiche e finanziarie con uno o più paesi terzi, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta congiunta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione, adotta le misure necessarie».

85      Infatti, secondo la ricorrente, nella misura in cui il regime controverso non presenta alcun nesso logico con l’obiettivo della PESC asseritamente perseguito ed è, inoltre, sproporzionato rispetto a tale obiettivo, l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato non è «necessario» ai sensi dell’articolo 215, paragrafo 1, TFUE, il che implica che esso è privo di fondamento normativo.

86      La ricorrente interpreta pertanto la nozione di necessità di cui all’articolo 215, paragrafo 1, TFUE nel senso che essa concerne il carattere adeguato e necessario della misura adottata rispetto all’obiettivo perseguito.

87      Tale interpretazione non può essere accolta. Infatti, si evince chiaramente dall’economia e dalla finalità dell’articolo 215, paragrafo 1, TFUE che la nozione di necessità di cui a tale disposizione non riguarda il rapporto fra l’atto adottato in forza dell’articolo 215 TFUE e l’obiettivo della PESC perseguito, bensì il rapporto fra detto atto e la decisione PESC sulla quale esso è fondato. In tal senso, il riferimento alle «misure necessarie» è inteso a garantire che il Consiglio non adotti, in forza dell’articolo 215 TFUE, misure restrittive eccedenti quelle adottate nella corrispondente decisione PESC.

88      Orbene, nella specie, la ricorrente non sostiene che l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato prevede misure eccedenti quelle adottate dall’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635.

89      Una siffatta conclusione non risulta neanche dall’analisi comparativa delle due disposizioni in questione. Infatti, se l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato è più dettagliato dell’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 per quanto attiene alle modalità pratiche di attuazione del regime controverso, non sussistono differenze per quanto attiene alla natura delle restrizioni in questione e il loro ambito di applicazione.

90      Ciò detto, la ricorrente erroneamente sostiene, nell’ambito del primo e del secondo motivo, che l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato è privo di fondamento normativo.

91      Ciò premesso, alla luce della linea argomentativa della ricorrente presentata nell’ambito di detti motivi, come riassunta ai punti 85 e 86 supra, occorre rilevare che detti motivi interessano, piuttosto che l’esistenza di un fondamento normativo, la proporzionalità del regime controverso previsto dall’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato.

92      Infatti, secondo la giurisprudenza, in forza del principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, la legittimità del divieto di un’attività economica è subordinata alla condizione che i provvedimenti di divieto siano idonei e necessari per il conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v. sentenza del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑390/08, Racc., EU:T:2009:401, punto 66 e la giurisprudenza ivi citata).

93      A tal riguardo, nell’ambito del primo motivo, la ricorrente contesta l’esistenza di un nesso oggettivo fra la proliferazione nucleare e il regime controverso e, pertanto, l’idoneità di quest’ultimo ad impedire la proliferazione nucleare.

94      Il secondo motivo riguarda essenzialmente il carattere sufficiente delle misure restrittive preesistenti e la portata asseritamente eccessiva del regime controverso. In tal senso, detto motivo verte sul carattere necessario di detto regime per impedire la proliferazione nucleare.

95      Peraltro, nell’ambito del quarto motivo, la ricorrente sostiene, in sostanza, che il regime controverso compromette in maniera eccessiva l’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà. In questo modo, la ricorrente fa dunque valere che gli inconvenienti da essa subiti a causa dell’adozione di detto regime sono smisurati rispetto agli obiettivi perseguiti dal Consiglio.

96      In tali circostanze, il Tribunale ritiene che occorra esaminare, in un primo tempo, il primo, il secondo e il quarto motivo, i quali sono tutti intesi a contestare, in definitiva, la proporzionalità del regime controverso.

97      In un secondo momento, dovrà essere esaminato il terzo motivo, concernente la motivazione dell’adozione del regime controverso, le garanzie giuridiche applicabili in forza dell’articolo 215, paragrafo 3, TFUE, la chiarezza e la prevedibilità dell’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, e il principio di parità di trattamento.

 Sul controllo esercitato dal Tribunale e sull’onere della prova

98      La ricorrente sottolinea che il controllo della legittimità dell’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato dev’essere completo e rigoroso. Essa fa valere, a tal riguardo, che il Consiglio è tenuto a dimostrare, tramite prove e informazioni, che le entità o le attività interessate da una misura restrittiva siano effettivamente coinvolte nella proliferazione nucleare; il rischio che sia questo il caso non è sufficiente. Essa richiama, a tal riguardo, le sentenze pronunciate dal Tribunale in controversie concernenti misure restrittive individuali, e segnatamente le sentenze del 28 novembre 2013, Consiglio/Fulmen e Mahmoudian (C‑280/12 P, Racc., EU:C:2013:775), Manufacturing Support & Procurement Kala Naft/Consiglio, punto 33 supra (EU:T:2012:201), e Bank Mellat/ Consiglio, punto 16 supra (EU:T:2013:39), che essa reputa trasponibili al caso di specie.

99      Il Consiglio, sostenuto dalle intervenienti, fa valere di disporre di un ampio potere discrezionale per decidere se, in un determinato caso, occorra ricorrere alle misure restrittive individuali o generali oppure ad una combinazione dei due tipi di misure restrittive, nonché per definire i criteri che ne consentono l’attuazione. Esso sostiene che, in forza della sentenza Bank Melli Iran/Consiglio, punto 92 supra (EU:T:2009:401, punto 36), tale potere discrezionale è soggetto soltanto ad un controllo giurisdizionale ristretto.

100    Secondo la giurisprudenza della Corte, i giudici dell’Unione, in conformità alle competenze di cui sono investiti in forza del Trattato FUE, devono garantire un controllo, in linea di principio completo, della legittimità di tutti gli atti dell’Unione con riferimento ai diritti fondamentali che costituiscono parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione (sentenze del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, Racc., EU:C:2008:461, punto 326, e Consiglio/Fulmen e Mahmoudian, punto 98 supra, EU:C:2013:775, punto 58).

101    Nella specie, occorre tenere conto della natura particolare del regime controverso, il quale si distingue sia dalle misure restrittive individuali, prese in considerazione dalla giurisprudenza fatta valere dalla ricorrente, sia dai criteri generali che consentono l’adozione di dette misure nei confronti di persone ed entità determinate, prese in considerazione dalla giurisprudenza citata dal Consiglio. Infatti, da un lato, come si evince dalle constatazioni effettuate al punto 36 supra, l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, il quale ha introdotto il regime controverso, ha una portata generale e non costituisce pertanto un atto individuale. Dall’altro, risulta dai punti da 52 a 67 supra, che, a differenza dei criteri generali che consentono l’adozione delle misure restrittive individuali, talune disposizioni del regolamento n. 267/2012 modificate o introdotte dall’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato riguardano direttamente la ricorrente e non comportano alcuna misura di esecuzione.

102    Ciò premesso, pur se il controllo esercitato dal Tribunale non può essere considerato ristretto, alla luce della giurisprudenza della Corte richiamata al punto 100 supra, occorre riconoscere al Consiglio un potere discrezionale quanto all’opportunità stessa dell’adozione delle misure restrittive e quanto alla determinazione delle misure restrittive generali adottate per conseguire l’obiettivo risultante dal settore della PESC da esso perseguito. Infatti, detto settore è particolarmente sensibile, dal momento che esso riguarda le relazioni internazionali e la sicurezza dell’Unione e dei suoi Stati membri.

103    Inoltre, non può essere accolto l’argomento della ricorrente relativo al preteso onere della prova incombente al Consiglio.

104    Infatti, le sentenze invocate dalla ricorrente e richiamate al punto 98 supra riguardano misure restrittive individuali adottate dal Consiglio sulla base del criterio concernente le entità che sono state riconosciute «partecipare, essere direttamente associate o dare il loro sostegno» alla proliferazione nucleare. In tal senso, nelle cause in questione, il Tribunale e la Corte erano chiamati a verificare la fondatezza delle affermazioni e delle valutazioni del Consiglio secondo cui persone o entità specifiche erano effettivamente coinvolte nella proliferazione nucleare e soddisfacevano, pertanto, il criterio previsto per l’adozione delle misure restrittive individuali. Tale verifica poteva essere effettuata solo sulla base di prove ed informazioni concrete concernenti le attività delle persone o delle entità di cui trattasi.

105    Orbene, poiché il regime controverso non è una misura restrittiva individuale, bensì un atto di portata generale, le restrizioni che ne risultano non sono fondate su una valutazione o su affermazioni concrete del Consiglio vertenti sull’implicazione di persone o entità determinate nella proliferazione nucleare, bensì su una valutazione generale relativa ai meccanismi che consentono il finanziamento di quest’ultima e alle misure generali in grado di impedirla.

106    Di conseguenza, la giurisprudenza richiamata supra al punto 98 non è trasponibile al caso in esame, cosicché non si può segnatamente esigere dal Consiglio la dimostrazione che le entità interessate dal regime controverso sono effettivamente coinvolte nella proliferazione nucleare.

107    La ricorrente obietta inoltre, a tal riguardo, che una misura restrittiva generale, quale il regime controverso, non può essere assoggettata a requisiti meno rigorosi delle misure restrittive individuali oggetto delle sentenze citate al punto 98 supra, dal momento che i due tipi di misure hanno conseguenze paragonabili sulle persone e sulle entità su cui incidono.

108    Orbene, da un lato, tale affermazione è infondata. Infatti, le restrizioni risultanti per la persona o l’entità interessata dall’adozione delle misure restrittive individuali sono considerevolmente più ampie. In tal senso, i capitali della persona o dell’entità interessata vengono congelati e per ciascun trasferimento che li riguarda è richiesta una deroga; le categorie di trasferimenti che possono essere oggetto di una deroga sono relativamente limitate. Il regime controverso, da parte sua, non comporta il congelamento dei capitali, prevede un elenco delle finalità autorizzate più ampio che nel caso delle misure restrittive individuali e riserva l’obbligo di autorizzazione ai trasferimenti eccedenti talune soglie.

109    Dall’altro, in ogni caso, occorre rilevare che gli elementi che devono essere oggetto dell’esame del Tribunale, nonché l’eventuale esistenza di un onere della prova particolare e il suo oggetto non dipendono dalla severità delle conseguenze di una determinata misura restrittiva, bensì dalla questione se tale misura abbia portata individuale o generale e, pertanto, se essa sia stata adottata a seguito della valutazione delle circostanze particolari di una persona o entità specifica. Orbene, come si evince dall’esame effettuato supra, il regime controverso costituisce una misura di portata generale.

110    Alla luce dei suesposti rilievi, nonché dalle considerazioni svolte ai punti da 82 a 97 supra, il Tribunale è tenuto, nella specie, da un lato, a verificare la proporzionalità del regime controverso e, pertanto, ad esaminare se il Consiglio potesse ritenere giustamente che la sua adozione fosse idonea e necessaria a conseguire l’obiettivo consistente nell’impedire la proliferazione nucleare e il suo finanziamento, e che essa non causasse inconvenienti esorbitanti alle persone e alle entità colpite, fra cui la ricorrente.

111    Dall’altro, occorre verificare se l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato sia inficiato dai vizi fatti valere nell’ambito del terzo motivo.

 Sul primo, sul secondo e sul quarto motivo

 Sul primo motivo, riguardante l’idoneità del regime controverso

112    La ricorrente sostiene, in sostanza, che il regime controverso non è idoneo a conseguire l’obiettivo della PESC perseguito dal Consiglio, poiché non sussiste un nesso logico con la proliferazione nucleare o con il suo finanziamento. La sua tesi verte su due obiettivi che avrebbero potuto essere perseguiti dal Consiglio con l’adozione del regime controverso.

113    In tal senso, da un lato, la ricorrente non contesta la legittimità di un obiettivo inteso ad impedire trasferimenti di capitali idonei, in quanto tali, a contribuire alla proliferazione nucleare (in prosieguo: il «primo obiettivo»), ma ritiene che esso non venga perseguito in maniera efficace tramite l’adozione del regime controverso, dal momento che quest’ultimo è eccessivamente generico per conseguirlo. Di conseguenza, secondo la ricorrente, non esiste un nesso fra il regime controverso e il primo obiettivo.

114    Dall’altro, la ricorrente ritiene che l’adozione del regime controverso sia stata effettivamente motivata da un obiettivo più ampio, consistente nell’esercitare una pressione economica sull’Iran impedendo l’accesso degli enti finanziari e, più in generale, degli operatori economici iraniani al mercato finanziario dell’Unione, indipendentemente dalla questione se i trasferimenti colpiti fossero, in quanto tali, collegati alla proliferazione nucleare (in prosieguo: il «secondo obiettivo»). Essa sostiene che un siffatto obiettivo non è legittimo.

115    La ricorrente afferma, inoltre, fondandosi su diversi elementi, che, per essere idonee, le misure restrittive concernenti la proliferazione nucleare devono riguardare specificamente attività relative a quest’ultima.

116    Il Consiglio, sostenuto dalle parti intervenienti, contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente. Esso ritiene, in particolare, che il regime controverso persegua tanto il primo quanto il secondo obiettivo, e che entrambi questi obiettivi siano legittimi. Le intervenienti indicano, a tal riguardo, che l’adozione del regime controverso è motivata dal fallimento delle misure restrittive anteriori, e segnatamente delle misure restrittive individuali, e che essa è volta a costringere l’Iran ad avviare negoziati relativi alla proliferazione nucleare, ovvero ad abbandonarla, in assenza di motivi sufficienti che ne giustifichino il proseguimento.

–       Sul primo obiettivo

117    Come già rilevato al punto 113 supra, la legittimità del primo obiettivo non viene contestata dalla ricorrente. In ogni caso, l’obiettivo inteso ad impedire trasferimenti di capitali idonei a contribuire alla proliferazione nucleare si iscrive chiaramente nell’ambito dell’obiettivo legittimo inteso ad impedire detta proliferazione in quanto tale e il suo finanziamento, il quale è alla base dell’insieme delle disposizioni della decisione 2010/413 e del regolamento n. 267/2012.

118    Per quanto attiene alla questione se il regime controverso persegua in maniera efficace il primo obiettivo, occorre rilevare, in primo luogo, che un siffatto nesso fra detto obiettivo e il regime controverso si evince dal testo del punto 12 della decisione 2012/635, alla quale rimanda il punto 7 del regolamento impugnato. Il punto 12 della decisione 2012/635 così recita:

«Al fine di impedire il trasferimento di attività o risorse finanziarie o di altro tipo che possano contribuire ad attività nucleari sensibili in termini di proliferazione o allo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari dell’Iran, dovrebbero essere vietate le operazioni tra l’Unione e le banche e le istituzioni finanziarie iraniane, salvo previa autorizzazione dello Stato membro interessato. Questo non dovrebbe impedire la prosecuzione degli scambi che non sono vietati ai sensi della decisione 2010/413/PESC».

119    Risulta esplicitamente da tale disposizione che l’adozione di un regime generale che prevede restrizioni ai trasferimenti di capitali che coinvolgono le banche e gli istituti finanziari dell’Unione e dell’Iran, ossia l’adozione del regime controverso, persegue il primo obiettivo.

120    Oltre a tale considerazione generale, il Consiglio fa valere due circostanze che, a suo avviso, sono rilevanti ai fini della valutazione dell’esistenza di un nesso fra il regime controverso e il primo obiettivo.

121    In tal senso, da un lato, il Consiglio sostiene che il finanziamento della proliferazione nucleare dipende necessariamente dai servizi forniti dalle banche iraniane, e in particolare da quelle che dispongono, come la ricorrente, di una presenza internazionale. Dall’altro, alla luce della natura clandestina delle attività interessate, non può escludersi che la banca in questione ignori che i trasferimenti di capitali da essa posti in essere sono collegati alla proliferazione nucleare.

122    Queste due premesse, ammesso che risultino confermate, sono effettivamente idonee ad avvalorare l’esistenza di un nesso fra il regime controverso e il primo obiettivo. Infatti, se esiste un rischio non trascurabile che gli enti finanziari iraniani vengano utilizzati, se del caso, a loro insaputa, per realizzare transazioni collegate alla proliferazione nucleare, un controllo più sistematico dei trasferimenti di capitali in cui essi sono coinvolti, grazie ad un sistema di notifica e di autorizzazione preliminari, consentirà alle autorità competenti degli Stati membri di ottenere le informazioni rilevanti sui trasferimenti in questione e darà loro una possibilità di individuare e vietare quelli che esse sospettano essere idonei a contribuire alla proliferazione nucleare. Un siffatto meccanismo potrà dunque rendere più difficile il finanziamento della proliferazione nucleare.

123    La ricorrente contesta, cionondimeno, la rilevanza delle due circostanze addotte dal Consiglio. Essa sostiene che tali circostanze sono ipotetiche e che non sono avvalorate da una qualsivoglia prova concreta, contrariamente a quanto richiesto dalla giurisprudenza, e segnatamente dalle sentenze citate al punto 98 supra.

124    A tal riguardo, occorre rammentare, da un lato, che risulta dai punti da 98 a 109 supra, che le sentenze fatte valere dalla ricorrente riguardavano misure restrittive individuali; ciò implica che le regole da esse previste in materia di onere della prova non possono essere trasposte al caso in esame.

125    Dall’altro, occorre rilevare che la fondatezza delle premesse esposte dal Consiglio è confermata dalle circostanze che caratterizzano la causa sfociata nella sentenza Bank Mellat/Consiglio, punto 16 supra (EU:T:2013:39), sulla quale la ricorrente fonda essa stessa la propria posizione.

126    Infatti, uno dei motivi accolti dal Consiglio nei confronti della ricorrente quando ha adottato misure restrittive individuali che la riguardavano era il fatto che essa forniva servizi di gestione dei conti alla Novin Energy Company (in prosieguo: la «Novin»), oggetto essa stessa di misure restrittive adottate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (in prosieguo: il «Consiglio di sicurezza»). La ricorrente ha ammesso di aver fornito i servizi in questione, ma ha negato di essere stata al corrente del coinvolgimento della Novin nella proliferazione nucleare prima dell’adozione delle misure restrittive riguardanti quest’ultima da parte del Consiglio di sicurezza. In assenza di elementi di prova o di informazione precisi e concreti che suggerissero che la ricorrente sapesse o potesse ragionevolmente sospettare che, a una data anteriore, la Novin partecipava alla proliferazione nucleare, il Tribunale ha accolto l’affermazione della ricorrente al riguardo. Esso ha ritenuto, pertanto, che i servizi forniti dalla ricorrente alla Novin prima dell’adozione delle misure restrittive aventi ad oggetto quest’ultima non costituissero un sostegno alla proliferazione nucleare ai sensi della decisione 2010/413 e del regolamento n. 267/2012 e non giustificassero, pertanto, l’adozione delle misure restrittive individuali aventi ad oggetto la ricorrente (sentenza Bank Mellat/Consiglio, punto 16 supra, EU:T:2013:39, punti da 119 a 138).

127    Tali fatti, accertati nell’ambito di un procedimento dinanzi al Tribunale, confermano, da un lato, che le entità iraniane coinvolte nella proliferazione nucleare utilizzano i servizi finanziari forniti dalle banche iraniane e, dall’altro, che queste ultime possono fornire siffatti servizi, i quali includono l’esecuzione degli ordini di versamento, a loro insaputa; ciò implica che esse possono essere indotte ad effettuare trasferimenti di capitali idonei a contribuire alla proliferazione nucleare.

128    In tal senso, i servizi finanziari forniti dalla ricorrente alla Novin, oggetto della sentenza Bank Mellat/Consiglio, punto 16 supra (EU:T:2013:39), corroborano le due premesse invocate dal Consiglio, nonché, di conseguenza, l’esistenza di un nesso fra il primo obiettivo e il regime controverso.

129    Per negare l’esistenza di tale nesso, la ricorrente sostiene inoltre, in primo luogo, che il regime controverso non è idoneo a conseguire il primo obiettivo, in quanto eccessivamente generico, nella misura in cui esso non riguarda unicamente trasferimenti di capitali idonei a contribuire alla proliferazione nucleare, bensì il complesso dei trasferimenti fra le banche iraniane e le banche dell’Unione.

130    Orbene, tale argomento è inoperante nell’ambito del presente motivo, in quanto non avendo ad oggetto l’esistenza stessa di un nesso fra il primo obiettivo e il regime controverso, e dunque l’idoneità di quest’ultimo, bensì la questione se il regime controverso sia necessario a conseguire detto obiettivo o se misure meno generali sarebbero state sufficienti. Di conseguenza, l’argomento di cui trattasi dev’essere esaminato nell’ambito del secondo motivo, insieme agli altri argomenti concernenti l’ambito di applicazione del regime controverso (v. punti da 187 a 199 infra).

131    In secondo luogo, secondo la ricorrente, il regime controverso non è idoneo a conseguire il primo obiettivo, in quanto sarebbe inefficace, riguardando unicamente i rapporti con gli enti finanziari dell’Unione e non è sufficiente a far cessare le attività delle persone o delle entità coinvolte nella proliferazione nucleare.

132    Orbene, anzitutto, la circostanza che una misura non sia sufficiente, di per sé, a conseguire un obiettivo, non implica affatto che essa non sia idonea a realizzarlo ai sensi della giurisprudenza richiamata al punto 92 supra. Pertanto, il fatto che il regime controverso non sia che una delle misure restrittive, tanto generali quanto individuali, adottate dal Consiglio per impedire la proliferazione nucleare e il suo finanziamento, non significa che esso sia illegittimo.

133    Inoltre, laddove si debba intendere che la ricorrente sostenga che il regime controverso avrebbe dovuto essere applicato anche a trasferimenti di capitali che coinvolgono cittadini dell’Unione diversi da enti finanziari o creditizi, occorre rilevare che, come si evince dal punto 13 supra, l’articolo 30 bis del regolamento n. 267/2012 prevede che siffatti trasferimenti sono assoggettati a restrizioni analoghe, anche se non strettamente identiche, a quelle risultanti dal regime controverso.

134    Infine, qualora l’argomento della ricorrente dovesse essere interpretato nel senso che il Consiglio avrebbe dovuto adottare misure concernenti i rapporti fra gli enti finanziari iraniani e quelli dei paesi terzi, è sufficiente osservare che l’Unione non è munita a priori di competenza con riferimento a tali rapporti, al di là delle ipotesi contemplate all’articolo 49 del regolamento n. 267/2012, il quale definisce l’ambito di applicazione di quest’ultimo.

135    Alla luce dei suesposti rilievi, si deve concludere che il regime controverso è connesso al primo obiettivo, il quale è un obiettivo legittimo della PESC, e che è dunque idoneo a conseguirlo, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 92 supra.

–       Sul secondo obiettivo

136    Come già osservato al punto 114 supra, il secondo obiettivo consiste nell’esercitare una pressione economica sull’Iran limitando l’accesso degli enti finanziari e, più in generale, degli operatori economici iraniani, al mercato finanziario dell’Unione, indipendentemente dalla questione se i trasferimenti interessati siano, in quanto tali, connessi alla proliferazione nucleare.

137    La ricorrente ritiene che il regime controverso persegua il secondo obiettivo ed è dell’avviso che quest’ultimo non sia legittimo, dal momento che, segnatamente, esso non avrebbe ad oggetto la proliferazione nucleare, bensì presenterebbe una motivazione economica e non sarebbe contemplato, pertanto, dalla decisione 2010/413 e dal regolamento n. 267/2012. Essa aggiunge che il secondo obiettivo sarebbe idoneo a giustificare ogni misura intesa a nuocere all’Iran, alla sua economia e al suo governo, nonché qualsiasi divieto delle relazioni commerciali.

138    Il Consiglio, sostenuto dalle intervenienti, ritiene che, pur se il regime controverso persegue effettivamente il secondo obiettivo, a seguito del fallimento delle misure restrittive anteriori, detto obiettivo è, tuttavia, legittimo, laddove è inteso a costringere l’Iran ad avviare negoziati relativi alla proliferazione nucleare ovvero ad abbandonarla.

139    Orbene, se le parti, fra cui il Consiglio, quale autore della decisione 2012/635 e del regolamento impugnato, concordano sul fatto che il regolamento controverso persegua il secondo obiettivo, la loro valutazione in tal senso non è tuttavia avvalorata dall’esame delle disposizioni rilevanti di tali testi normativi.

140    Infatti, è vero che il testo del punto 5 della decisione 2012/635, il quale viene attuato dal regolamento impugnato, si riferisce, in generale, all’incapacità dell’Iran di avviare seri negoziati relativi al suo programma nucleare, quale motivo dell’adozione di misure restrittive aggiuntive.

141    Tuttavia, come già esposto al punto 118 supra, il punto 12 della decisione 2012/635, il quale riguarda specificamente il regime controverso, si riferisce al fatto che è necessario «impedire il trasferimento di attività o risorse finanziarie o di altro tipo che possano contribuire ad attività nucleari sensibili in termini di proliferazione o allo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari dell’Iran», fermo restando che non occorre «impedire la prosecuzione degli scambi che non sono vietati ai sensi della decisione [2010/413]». Tale testo non fa riferimento alla volontà di esercitare una pressione economica generalizzata sull’Iran e menziona anche esplicitamente il fatto che il commercio legittimo non dev’essere impedito.

142    Il fatto che il regime controverso non persegua il secondo obiettivo risulta confermato, sotto il profilo contestuale e teleologico, dall’analisi della natura e dell’impatto delle restrizioni che ne derivano. Infatti, detto regime non prevede la confisca o il congelamento dei capitali degli enti finanziari iraniani o di altri entità iraniane, ma limita alcune delle finalità consentite dei trasferimenti di capitali che li coinvolgono, e assoggetta tali trasferimenti ad obblighi di notifica e di autorizzazione preliminari. Analogamente, in forza dell’articolo 30 ter, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 267/2012, introdotto dall’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, l’unica ipotesi che consente il rifiuto di un trasferimento che persegue una finalità consentita è la sua idoneità a violare i divieti previsti dal regolamento n. 267/2012. In tal senso, pur se il regime controverso comporta oneri amministrativi aggiuntivi per le entità interessate e restringe eventualmente la possibilità di effettuare taluni trasferimenti, non risulta che esso sarebbe inteso, in quanto tale, ad esercitare una pressione economica sull’Iran impedendo in generale l’accesso degli operatori economici iraniani al mercato finanziario dell’Unione.

143    Alla luce dei suesposti rilievi, si deve rilevare, in conclusione che, nonostante le affermazioni delle parti, le quali non possono prevalere su un’interpretazione letterale, contestuale e teleologica delle disposizioni rilevanti, il secondo obiettivo non viene perseguito dal regime controverso. Di conseguenza, tale obiettivo non può essere preso in considerazione nel prosieguo dell’esame del presente ricorso, e l’argomento della ricorrente che lo riguarda, invocato nell’ambito del presente motivo, dev’essere respinto in quanto inconferente.

–       Sul requisito di un nesso specifico fra il regime controverso e le attività relative alla proliferazione nucleare

144    La ricorrente sostiene che si evince dalla giurisprudenza citata al punto 98 supra, nonché dalla dichiarazione n. 25, intitolata «Dichiarazione relativa agli articoli 75 e 215 del trattato [FUE]», allegata all’atto finale della Conferenza intergovernativa che ha adottato il trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007 (GU 2008, C 115, pag. 346), che le misure restrittive concernenti la proliferazione nucleare devono essere rivolte specificamente alle attività relative a quest’ultima.

145    La medesima constatazione emergerebbe dalle raccomandazioni di metodi di lavoro in vista dell’adozione di sanzioni autonome dell’Unione, adottate dal Consiglio il 21 dicembre 2011 (documento 18920/11; in prosieguo: le «raccomandazioni»), e dagli orientamenti del Consiglio sull’attuazione delle misure restrittive (sanzioni) nel contesto della PESC, del 15 giugno 2012 (documento 11205/12; in prosieguo: gli «orientamenti»). Infatti, secondo tali documenti, misure restrittive mirate sarebbero più efficaci e ridurrebbero al minimo le conseguenze negative per i terzi rispetto a restrizioni generali. Di conseguenza, le misure restrittive adottate dovrebbero avere ad oggetto le politiche e le attività all’origine della decisione dell’Unione e le persone ed entità responsabili di tali politiche e azioni, e non dovrebbero avere una motivazione economica. Orbene, secondo la ricorrente, il regime controverso non riguarda specificamente né la proliferazione nucleare né le persone che ne sono responsabili, bensì l’insieme del settore finanziario iraniano. Inoltre, detto regime sarebbe motivato da considerazioni essenzialmente economiche.

146    A tal riguardo, occorre rilevare, anzitutto, che si evince dai punti da 98 a 109 supra, che se spetta al Tribunale verificare l’idoneità del regime controverso a conseguire l’obiettivo consistente nell’impedire la proliferazione nucleare e il suo finanziamento, ciò non implica, tuttavia, che il Consiglio sia tenuto a dimostrare che le entità colpite dal regime controverso sono effettivamente coinvolte nella proliferazione nucleare.

147    Emerge poi dall’esame effettuato ai punti da 117 a 135 supra, che il regime controverso mira a conseguire il primo obiettivo, vale a dire impedire trasferimenti di capitali idonei, in quanto tali, a contribuire alla proliferazione nucleare. Di conseguenza, detto regime ha ad oggetto la proliferazione nucleare e il suo finanziamento, e non è motivato da considerazioni economiche, in quanto, segnatamente, esso non persegue il secondo obiettivo.

148    Nella misura in cui la ricorrente sostiene, in tale contesto, che il regime controverso riguarda l’intero settore finanziario iraniano, e che si tratta di una misura «indiscriminata», i suoi argomenti verranno esaminati nell’ambito del secondo motivo, insieme agli altri argomenti concernenti l’ambito di applicazione del regime controverso (v. punti da 187 a 199 infra).

149    Infine, la dichiarazione n. 25, intitolata «Dichiarazione relativa agli articoli 75 e 215 del Trattato [FUE]», esige, segnatamente, che le decisioni che sottopongono una persona o entità a misure restrittive devono essere basate su criteri chiari e distinti. Orbene, da un lato, come si evince dal punto 36 supra, l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, il quale ha introdotto il regime controverso, non costituisce una decisione ai sensi della dichiarazione in questione, poiché esso non riguarda persone o entità determinate, ma prevede un regime di portata generale. Dall’altro, in ogni caso, la questione se le disposizioni che prevedono il regime controverso siano sufficientemente chiare verrà esaminata nell’ambito del terzo motivo, infra.

150    Le raccomandazioni e gli orientamenti, da parte loro, precisano, effettivamente, che misure restrittive mirate consentono di ridurre le conseguenze negative per chi non è responsabile delle politiche ed azioni all’origine dell’azione dell’Unione e sono più efficaci delle misure indiscriminate. Ciò premesso, tale constatazione generale non implica affatto che misure restrittive generali non siano idonee a conseguire l’obiettivo perseguito dal Consiglio, ovvero che il Consiglio non potrebbe, in nessun caso, adottare misure restrittive generali di tale natura, nonostante la competenza conferitagli dall’articolo 215, paragrafo 1, TFUE.

151    In tali circostanze, gli argomenti della ricorrente attinenti al requisito di un nesso specifico fra il regime controverso e le attività relative alla proliferazione nucleare devono essere respinti.

152    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve ritenere, in conclusione, che il regime controverso persegue il primo obiettivo, il quale è legittimo. In tali circostanze, detto regime è idoneo ai sensi della giurisprudenza citata al punto 92 supra; ciò implica il rigetto del primo motivo.

 Sul secondo motivo, concernente il carattere necessario del regime controverso

153    La ricorrente sostiene che, anche ammesso che il regime controverso presenti un nesso logico con l’obiettivo della PESC perseguito dal Consiglio, esso non sarebbe necessario al suo conseguimento, con la conseguenza che esso sarebbe sproporzionato.

154    A sostegno della sua posizione, la ricorrente formula tre censure. In primo luogo, essa fa valere che le misure restrittive esistenti al momento dell’adozione del regime controverso erano sufficienti a conseguire l’obiettivo perseguito dal Consiglio. In secondo luogo, essa sostiene che il regime controverso non è necessario, in quanto il suo ambito di applicazione è eccessivamente generale, poiché include parimenti trasferimenti ed entità estranei alla proliferazione nucleare. In terzo luogo, la ricorrente fa valere che il regime controverso avrebbe effetti dannosi sproporzionati sul complesso dell’economia e della popolazione iraniane.

155    Le altre parti contestano la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

156    In via preliminare, occorre rilevare che la terza censura della ricorrente è sostanzialmente inconferente nell’ambito del presente motivo. Infatti, anche ammesso che il regime controverso sia effettivamente all’origine di effetti dannosi eccessivi, tale circostanza non implica che esso non sia necessario al conseguimento dell’obiettivo perseguito, bensì che, a indipendentemente dalla questione della sua necessità, esso causa inconvenienti esorbitanti alle persone e alle entità su cui incide. Ciò premesso, occorre esaminare il terzo argomento nell’ambito del quarto motivo, dedicato alla gravità degli inconvenienti causati (v. i punti da 204 a 214 supra).

–       Sull’insufficienza delle misure restrittive esistenti al momento dell’adozione del regime controverso

157    Secondo la ricorrente, al momento dell’adozione del regime controverso, esistevano già misure restrittive individuali concernenti entità coinvolte nella proliferazione nucleare e nuove misure individuali, concernenti altre entità, potevano, se del caso, essere adottate. Secondo la sentenza Bank Melli Iran/Consiglio, punto 92 supra (EU:T:2009:401, punto 68), si tratterebbe di misure idonee a garantire che i capitali delle entità interessate non saranno più impiegati per promuovere la proliferazione nucleare.

158    In tale contesto, la ricorrente ritiene che l’affermazione del Consiglio secondo cui altri soggetti sarebbero coinvolti nella proliferazione nucleare oltre a quelle individuate come tali nell’ambito delle misure restrittive individuali, non possa essere presa in considerazione, dal momento che essa consentirebbe di eludere l’obbligo imposto al Consiglio di dimostrare il coinvolgimento delle persone e delle entità interessate in detta proliferazione, sancito dalla giurisprudenza.

159    La ricorrente aggiunge che, prima dell’adozione del regime controverso, il regolamento n. 267/2012 prevedeva già un sistema di notifica e di controllo complesso che limitava i trasferimenti di capitali, nonché la fornitura di servizi finanziari verso e da persone ed entità iraniane. Secondo la ricorrente, in forza di tali norme, le banche europee erano già tenute, quantomeno implicitamente, a controllare i pagamenti e i rapporti commerciali in questione, il che significa che non era necessario adottare il regime controverso.

160    Inoltre, l’efficacia delle misure restrittive, sia generali sia individuali, attuate prima dell’adozione del regime controverso non sarebbe mai stata messa in discussione e sarebbe stata persino confermata dalla sentenza Bank Melli Iran/Consiglio, punto 92 supra (EU:T:2009:401). Analogamente, si evincerebbe dagli orientamenti che le misure restrittive individuali sono più efficaci e arrecano minore pregiudizio al commercio legittimo rispetto a misure generali indiscriminate.

161    In primo luogo, quanto alle misure restrittive individuali, occorre osservare, al pari del Consiglio, che la loro attuazione presuppone che la persona o l’entità in questione sia stata riconosciuta, in via preliminare, soddisfare uno dei criteri previsti dalla normativa applicabile. Pertanto, se, come risulta dal punto 68 della sentenza Bank Melli Iran/Consiglio, punto 92 supra (EU:T:2009:401), il congelamento dei capitali delle entità che sono state riconosciute partecipare, essere direttamente associate o dare il loro sostegno alla proliferazione nucleare, è idonea a garantire che i capitali di tali entità non saranno più impiegati per promuovere la proliferazione nucleare, esso non è per contro idoneo ad impedire una siffatta utilizzazione dei capitali delle persone e delle entità il cui coinvolgimento nella proliferazione nucleare non è ancora noto. Orbene, come si evince dall’illustrazione delle circostanze in cui la ricorrente aveva fornito servizi finanziari alla Novin, figurante ai punti da 125 a 128 supra, l’esistenza di siffatti soggetti ed entità non è ipotetica ma, al contrario, è stata accertata nell’ambito di un procedimento dinanzi al Tribunale.

162    In secondo luogo, è ben vero che, al momento dell’adozione del regime controverso, misure restrittive generali di disciplina dei trasferimenti di capitali che coinvolgevano una persona o un’entità iraniana erano già previste all’articolo 30 del regolamento n. 267/2012 (in prosieguo: il «regime anteriore»). Il regime anteriore prevedeva, segnatamente, un obbligo di notifica preliminare a partire da una soglia di EUR 10 000 e un obbligo di autorizzazione preliminare per i trasferimenti di importo pari o superiore a EUR 40 000 diversi dai trasferimenti umanitari. L’autorizzazione in questione poteva essere negata se l’autorità competente poteva ragionevolmente ritenere che il trasferimento di capitali in questione potesse violare uno dei divieti o obblighi previsti dal regolamento n. 267/2012.

163    A tal riguardo, si evince da un raffronto fra il regime anteriore e il regime controverso che quest’ultimo non costituisce un regime qualitativamente nuovo, come fa intendere la ricorrente, bensì poggia su adeguamenti parziali intesi a rafforzare il regime anteriore.

164    Infatti, per quanto attiene agli enti finanziari iraniani, fra cui la ricorrente, l’adozione del regime controverso ha rafforzato le restrizioni esistenti previste dal regime anteriore solo sotto tre profili, ossia, anzitutto, elencando in maniera tassativa le categorie di trasferimenti che possono essere effettuati; inoltre, introducendo una soglia di autorizzazione per i trasferimenti umanitari e, infine, abbassando la soglia di autorizzazione per talune categorie di trasferimenti. Ancora, l’effetto della prima modifica è attenuato dal fatto che l’elenco delle finalità consentite è ampio, segnatamente nella misura in cui esso include i trasferimenti connessi ad uno specifico contratto commerciale.

165    Tale analisi comparativa tende a mettere in discussione l’affermazione della ricorrente concernente il carattere eccessivamente generico e, pertanto, non necessario, del regime controverso. Infatti, considerato che la ricorrente non contesta esplicitamente il carattere necessario del regime anteriore e afferma persino che esso era idoneo, insieme ad altre misure, a conseguire l’obiettivo perseguito dal Consiglio, essa non può legittimamente affermare l’assenza di necessità del regime controverso, il quale non si distingue, quanto alle sue caratteristiche essenziali, dal regime anteriore.

166    In terzo luogo, qualora l’argomento della ricorrente debba essere interpretato nel senso che esso sia volto a contestare la necessità sia del regime controverso sia, implicitamente, quella del regime anteriore, nella misura in cui entrambi assoggettano i trasferimenti fra gli enti finanziari iraniani e quelli dell’Unione alla sorveglianza sistematica delle autorità competenti degli Stati membri, piuttosto che ad una sorveglianza interna di detti enti, parimenti prevista dal regolamento n. 267/2012, il Consiglio invoca due circostanze per giustificare tale scelta.

167    Esso fa valere, da un lato, di non poter fare affidamento sulle banche iraniane per esercitare controlli preliminari, alla luce delle lacune nel sistema iraniano della lotta contro il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo, constatate dal Gruppo di Azione Finanziaria (GAFI), un’organizzazione intergovernativa incaricata di fissare gli standard e di promuovere l’applicazione effettiva delle misure legislative, regolamentari ed operative per combattere il riciclaggio, il finanziamento del terrorismo e altre minacce connesse che comportano un rischio per l’integrità del sistema finanziario internazionale.

168    Dall’altro, il Consiglio ritiene che, nonostante l’obbligo di sorveglianza imposto agli enti finanziari dell’Unione, questi ultimi possono non essere in grado di individuare e trattare i trasferimenti sospetti, e ciò a maggior ragione in quanto le entità coinvolte nella proliferazione nucleare tentano di nascondere l’identità delle parti nelle operazioni interessate.

169    Per quanto riguarda il primo argomento del Consiglio, la ricorrente non contesta le conclusioni del GAFI. Essa sostiene, tuttavia, che esse non sono rilevanti, in quanto il regime controverso non ha ad oggetto il riciclaggio né il finanziamento del terrorismo, bensì la proliferazione nucleare.

170    Tale argomento non può essere accolto. Infatti, pur se i settori in questione sono effettivamente distinti, essi sono cionondimeno strettamente connessi, nella misura in cui implicano, tutti e tre, l’utilizzazione di fondi finanziari al fine di conseguire obiettivi clandestini. Tale circostanza si riflette, peraltro, nella definizione dei compiti del GAFI, nonché nel fatto che le discussioni condotte all’interno di tale organizzazione riguardano parimenti il finanziamento della proliferazione delle armi di distruzione di massa.

171    In tali circostanze, occorre ritenere che le conclusioni del GAFI possano essere trasposte al caso di specie e consentano dunque di concludere che, alla luce delle lacune nel sistema iraniano della lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, le entità iraniane, e in particolare gli enti finanziari, corrono parimenti il rischio accresciuto di essere indotte a partecipare, volontariamente o a loro insaputa, a trasferimenti idonei a contribuire alla proliferazione nucleare. Ciò vale, a maggior ragione, in quanto, dal momento che le attività connesse alla proliferazione nucleare sono gestite dal governo iraniano, non è realistico aspettarsi che questo stesso governo adotti misure legislative o amministrative per impedirlo.

172    Quanto al secondo argomento del Consiglio, si deve rilevare che l’estratto della relazione del GAFI da questi presentata chiede segnatamente che, oltre ad una sorveglianza rafforzata effettuata dagli enti finanziari, gli organi giurisdizionali membri del GAFI applichino contromisure efficaci per proteggere i loro settori finanziari nei confronti dei rischi provenienti dall’Iran. Tale constatazione implica che, secondo il GAFI, gli enti finanziari non sono in grado, da soli, di far fronte al rischio di cui trattasi in maniera adeguata.

173    In tale contesto, è stato ricordato al punto 161 supra, che la ricorrente stessa è stata indotta a fornire, a sua insaputa, servizi di gestione dei conti ad un’entità iraniana coinvolta nella proliferazione nucleare, nonostante i suoi sistemi di controllo interno. In tali circostanze, non può escludersi che un ente finanziario dell’Unione sia indotto, anche involontariamente, a partecipare ad un trasferimento di capitali idoneo a contribuire alla proliferazione nucleare.

174    Pertanto, le circostanze esposte dal Consiglio dimostrano che un regime come quello controverso era necessario, nonostante gli obblighi paralleli di sorveglianza interna imposti agli enti finanziari dell’Unione.

175    Infine, gli argomenti della ricorrente riassunti al punto 160 supra, concernenti il fatto che l’efficacia delle misure restrittive attuate prima dell’adozione del regime controverso non sarebbe mai stata messa in discussione e sarebbe stata confermata dagli orientamenti, non possono essere accolti.

176    In tal senso, anzitutto, sebbene il Consiglio non abbia dedotto elementi specifici atti a dimostrare che l’efficacia delle misure restrittive sarebbe stata oggetto di contestazioni o riserve, ciò non toglie che, a decorrere dall’adozione del regolamento n. 423/2007, il quale era il primo regolamento concernente la proliferazione nucleare, queste stesse misure sono state progressivamente ampliate, rafforzate e precisate; ciò suggerisce che il Consiglio è stato costantemente proteso ad incrementarne l’efficacia.

177    Inoltre, come risulta dal punto 161 supra, la sentenza Bank Melli Iran/Consiglio, punto 92 supra (EU:T:2009:401), si è limitata a confermare l’efficacia delle misure restrittive individuali in relazione ai capitali delle persone e delle entità interessate da queste stesse misure. Per contro, essa non consente di trarre conclusioni valide in merito all’efficacia in generale del regime delle misure restrittive relative alla proliferazione nucleare.

178    Infine, l’affermazione contenuta negli orientamenti, secondo la quale, in sostanza, le misure restrittive individuali sarebbero generalmente più efficaci e arrecherebbero minore pregiudizio al commercio legittimo rispetto a misure restrittive indiscriminate, da un lato, non significa affatto che le misure restrittive generali non siano necessarie a conseguire l’obiettivo perseguito dal Consiglio, in particolare allorché le misure restrittive individuali si rivelino, da sole, insufficienti a tale fine, come avviene nella specie. Dall’altro, in ogni caso, come si evince dall’esame degli argomenti concernenti l’ambito di applicazione del regime controverso effettuato ai punti da 187 a 199 infra, la ricorrente qualifica erroneamente il regime controverso come misura «indiscriminata».

179    Alla luce dei suesposti rilievi, occorre concludere che gli argomenti della ricorrente non dimostrano che l’adozione del regime controverso o, più in generale, di un regime che assoggetta i trasferimenti fra gli enti finanziari iraniani e quelli dell’Unione alla sorveglianza sistematica delle autorità competenti degli Stati membri non sarebbe necessaria a causa dell’esistenza delle altre misure restrittive adottate nell’ambito del regolamento n. 267/2012.

180    Di conseguenza, la presente censura dev’essere respinta.

–       Sull’ambito di applicazione del regime controverso

181    La ricorrente sostiene che il regime controverso non ha ad oggetto trasferimenti di capitali che contribuiscono alla proliferazione nucleare, ma costituisce, in realtà, un embargo generale, il quale impedisce qualsiasi attività economica e qualsiasi trasferimento di capitali fra gli enti finanziari dell’Unione e dell’Iran. Infatti, considerato che il regime controverso riguarda il settore finanziario iraniano nella sua totalità, il Consiglio avrebbe imposto erroneamente divieti globali sulla base di generalizzazioni concernenti l’insieme della banche di un paese. In tal senso, il regime controverso porterebbe a sospettare, in maniera ingiustificata, praticamente tutte le banche iraniane di un coinvolgimento nella proliferazione nucleare e nel riciclaggio.

182    In tale contesto, l’affermazione del Consiglio secondo la quale persone diverse da quelle individuate nell’ambito delle misure restrittive individuali sarebbero coinvolte nella proliferazione nucleare, non può, secondo la ricorrente, giustificare l’ambito di applicazione del regime controverso. Infatti, tale affermazione non riguarderebbe specificamente le banche, le quali sono tuttavia le più colpite dal regime controverso, bensì persone o entità in generale. Di conseguenza, il regime controverso non sarebbe adeguato all’obiettivo perseguito, in quanto esso tenderebbe a colpire, con certezza, numerose entità non coinvolte nella proliferazione nucleare e trasferimenti che non sono ad essa connessi, al fine di colpire, eventualmente, taluni che lo sono.

183    La ricorrente fa valere, a tal riguardo, che il criterio previsto all’articolo 30 ter, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 267/2012, introdotto dal regolamento impugnato, secondo il quale può essere vietato ogni trasferimento di fondi che «potrebbe violare» uno dei divieti o obblighi di cui al regolamento n. 267/2012, è speculativo ed eccessivamente generico. Secondo la ricorrente, per essere compatibile con il principio di proporzionalità, il divieto in questione dovrebbe riguardare unicamente i trasferimenti di capitali che «violerebbero» i divieti o obblighi in questione.

184    La ricorrente aggiunge che il suo caso consente di dimostrare l’ambito di applicazione eccessivo del regime controverso. Infatti, anche ammesso che essa sia stata effettivamente coinvolta nella proliferazione nucleare, come sosteneva il Consiglio, le misure restrittive individuali che la riguardavano sarebbero state al contempo idonee e sufficienti ad evitare il rischio connesso ai trasferimenti di capitali da essa realizzati, e non erano necessarie misure aggiuntive. Orbene, poiché risulta dalla sentenza Bank Mellat/Consiglio, punto 16 supra (EU:T:2013:39), che essa non era coinvolta nella proliferazione nucleare, non è necessario, a fortiori, limitare le sue attività legittime tramite il regime controverso. Tanto più che, come risulta dalla sentenza della United Kingdom Supreme Court (Corte suprema del Regno Unito) concernente le misure restrittive del Regno Unito che la riguardavano, essa ha predisposto un sistema che consente di evitare qualsiasi violazione delle misure restrittive attuate dal Consiglio di sicurezza.

185    In tale contesto, la ricorrente sostiene, in subordine, che il Consiglio avrebbe dovuto, quantomeno, escluderla dall’applicazione del regime controverso, poiché essa è una banca che, stando agli accertamenti del Tribunale e dei giudici britannici, non è coinvolta nella proliferazione nucleare ed esercita la vigilanza richiesta per non divenire tale.

186    La ricorrente sottolinea, da ultimo, che è manifestamente sproporzionato che il regime controverso impedisca pagamenti e investimenti leciti all’interno dell’Unione.

187    In via preliminare, si deve rilevare che l’argomento della ricorrente relativo all’interpretazione del criterio previsto all’articolo 30 ter, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 267/2012, esposto all’udienza e riassunto al punto 183 supra, è irricevibile per le ragioni esposte ai punti 60 e 61 supra.

188    Per quanto riguarda gli altri argomenti, in primo luogo, la ricorrente sostiene erroneamente, con il suo argomento richiamato al punto 181 supra, che il regime controverso è un «embargo generale», il quale impedirebbe qualsiasi attività economica e qualsiasi trasferimento di capitali fra gli enti finanziari dell’Unione e l’Iran. Infatti, come risulta dall’articolo 30 del regolamento n. 267/2012, come modificato dal regolamento impugnato, il regime controverso consente esplicitamente di effettuare i trasferimenti corrispondenti alle finalità che esso definisce, i quali includono, segnatamente, i trasferimenti relativi a rimesse personali, nonché i trasferimenti connessi a uno specifico contratto commerciale.

189    Inoltre, se è vero che il regime controverso è volto ad impedire i trasferimenti idonei a contribuire alla proliferazione nucleare effettuati da enti finanziari iraniani, la sua adozione non significa, tuttavia, che il Consiglio nutre sospetti sul coinvolgimento volontario o consapevole di questi ultimi in detta proliferazione.

190    In secondo luogo, quanto agli obblighi di ordine procedurale, è certamente vero che l’obbligo di notifica si applica a tutti i trasferimenti definiti all’articolo 30, paragrafo 3, lettera a), del regolamento n. 267/2012. Analogamente, l’obbligo di chiedere l’autorizzazione preliminare si applica a tutti i trasferimenti di cui all’articolo 30, paragrafo 3, lettera b) e c), del regolamento n. 267/2012. Pertanto, questi due obblighi si applicano sia ai trasferimenti idonei a contribuire alla proliferazione nucleare sia a quelli che non lo sono.

191    Tuttavia, ciò è inevitabile, alla luce della finalità degli obblighi in questione, i quali sono intesi a fornire alle autorità nazionali competenti le informazioni necessarie per individuare previamente i trasferimenti idonei a contribuire alla proliferazione nucleare e vietarli. Infatti, salvo disporre di una notifica preliminare di un trasferimento o di una domanda di autorizzazione preliminare che lo riguardi, dette autorità non possono valutarlo per stabilire se esso possa essere effettuato o meno.

192    Ciò detto, il fatto che l’obbligo di notifica e l’obbligo di chiedere l’autorizzazione riguardino trasferimenti non idonei a contribuire alla proliferazione nucleare non significa che detti obblighi non siano necessari. Inoltre, poiché le disposizioni che prevedono tali obblighi non vietano, di per sé, di effettuare dei trasferimenti, esse non stabiliscono neanche un qualsivoglia «embargo generale».

193    In terzo luogo, nella misura in cui la ricorrente fa valere, al punto 182 supra, che il Consiglio si fonda su affermazioni che non riguardano specificamente le banche, bensì persone o entità in generale, occorre ricordare che, come si evince dal punto 13 supra, l’articolo 30 bis del regolamento n. 267/2012, introdotto dal regolamento impugnato, prevede restrizioni simili concernenti persone, entità o organismi iraniani che non rientrano nell’ambito di applicazione del regime controverso.

194    Inoltre, la scelta del Consiglio di prevedere che il regime controverso debba applicarsi ai trasferimenti che coinvolgono gli enti finanziari iraniani, mentre gli altri trasferimenti sono assoggettati ad un regime restrittivo diverso sotto taluni aspetti, rientra nel potere che occorre riconoscere al medesimo al riguardo, come si evince dal punto 102 supra. Del resto, tale scelta è giustificata dal rischio particolare posto dagli enti finanziari iraniani, come rilevato al punto 171 supra.

195    In quarto luogo, le circostanze particolari della ricorrente, da essa invocate al punto 184 supra, tendono ad avvalorare il carattere necessario del regime controverso, piuttosto che a inficiarlo. Infatti, come già ricordato ai punti da 125 a 127 supra, la ricorrente ha fornito servizi finanziari di gestione dei conti, i quali includono l’esecuzione di ordini di versamento, ad un’entità coinvolta nella proliferazione nucleare, prima che tale coinvolgimento fosse divenuto pubblico. In tal modo, la ricorrente è stata indotta, a sua insaputa, ad effettuare trasferimenti idonei a contribuire alla proliferazione nucleare, nonostante il sistema interno di controllo da essa fatto valere.

196    Ne consegue che il fatto di assoggettare i trasferimenti di capitali fra la ricorrente e gli enti finanziari dell’Unione al regime controverso non eccede quanto necessario ad impedire i trasferimenti di capitali idonei a contribuire alla proliferazione nucleare, nonostante il fatto che il Consiglio non abbia dimostrato il suo coinvolgimento in quest’ultima, come constatato sia dal Tribunale sia dai giudici del Regno Unito.

197    Di conseguenza, la ricorrente sostiene erroneamente che il Consiglio sarebbe stato tenuto ad escluderla specificamente dall’ambito di applicazione del regime controverso.

198    In quinto luogo, per quanto attiene all’argomento concernente i pagamenti e gli investimenti all’interno dell’Unione, richiamato al punto 186 supra, è sufficiente osservare che si evince dai punti 141 e 142 supra che il regime controverso non è inteso ad impedire il commercio legittimo e, pertanto, a vietare i trasferimenti leciti.

199    Alla luce dei suesposti rilievi, occorre respingere la presente censura e, di conseguenza, il secondo motivo in toto.

 Sul quarto motivo, concernente gli inconvenienti causati dal regime controverso

200    In primo luogo, quanto agli inconvenienti causati dal regime controverso in generale, la ricorrente sostiene che quest’ultimo è generalizzato, indifferenziato e non mirato, avendo ad oggetto il settore finanziario iraniano nel suo complesso. Detto regime tende pertanto ad indebolire significativamente l’economia iraniana e, con ciò, a nuocere inevitabilmente alle persone iraniane che sono estranee alla proliferazione nucleare e che non sono in grado di influenzare la politica perseguita dal regime iraniano. Orbene, un siffatto effetto nefasto, il quale potrebbe raggiungere, oltre al settore economico, l’ambito umanitario, ad esempio per quanto attiene alla disponibilità di farmaci salvavita, sarebbe manifestamente sproporzionato e contrario alla necessità di evitare siffatte conseguenze, costantemente richiamata dall’Unione.

201    La ricorrente aggiunge, in tale contesto, che le eccezioni previste dal regime controverso non sono sufficienti a renderlo proporzionato, dal momento che esse sono estremamente limitate, sono concesse a completa discrezione delle autorità competenti e, come si evince dal terzo motivo, sono contrarie alle esigenze di certezza del diritto e al divieto di arbitrarietà.

202    In secondo luogo, per quanto attiene agli inconvenienti causati ad essa stessa, la ricorrente fa valere che è pacifico che l’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà è stato ristretto in maniera considerevole, dal momento che il regime controverso vieta, in definitiva, ogni trasferimento di capitali fra la stessa e l’Unione. Orbene, poiché il regime controverso non sarebbe necessario per impedire la proliferazione nucleare o il suo finanziamento, esso non costituirebbe né la misura meno vincolante né il pregiudizio minimo ai suoi diritti, e ciò a maggior ragione in quanto essa non ha mai fornito un sostegno alla proliferazione nucleare, come si evince dalla sentenza Bank Mellat/Consiglio, punto 16 supra (EU:T:2013:39).

203    Le altre parti contestano la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

204    Secondo la giurisprudenza, qualsiasi misura restrittiva economica o finanziaria comporta, per definizione, conseguenze idonee a causare danni a soggetti di cui non è stata dimostrata la responsabilità riguardo alla situazione che ha condotto all’adozione delle misure di cui trattasi. L’importanza degli obiettivi perseguiti dalla normativa controversa è tale da giustificare eventuali conseguenze negative, anche ingenti, per taluni operatori (v., in tal senso, sentenza del 9 luglio 2009, Melli Bank/Consiglio, T‑246/08 e T‑332/08, Racc., EU:T:2009:266, punto 111 e la giurisprudenza ivi citata).

205    Per quanto attiene agli inconvenienti causati dal regime controverso all’economia iraniana in generale, è ben vero che il regime controverso è idoneo ad avere un certo impatto sull’economia iraniana, nella misura in cui esso assoggetta i trasferimenti di capitali di cui trattasi a formalità supplementari e la sua applicazione può dar luogo al divieto di taluni trasferimenti. Tuttavia, tale impatto è limitato sotto due profili.

206    Da un lato, come già rilevato supra al punto 164, l’elenco delle finalità consentite nell’ambito del regime controverso è ampio, in quanto esso include, segnatamente, i trasferimenti umanitari, i trasferimenti relativi a rimesse personali e i trasferimenti connessi a uno specifico contratto commerciale.

207    Occorre sottolineare, in tale contesto, che i trasferimenti umanitari, i quali costituiscono una finalità consentita, includono specificamente i trasferimenti concernenti assistenza sanitaria o attrezzature mediche. Pertanto, la penuria di medicinali essenziali in Iran, invocata dalla ricorrente, non può essere imputata al regime controverso in quanto tale.

208    Dall’altro, come si evince dai punti da 187 a 199 supra, il regime controverso non è un embargo generalizzato, indifferenziato e non mirato, dal momento che esso non è inteso ad impedire il commercio legittimo, in conformità a quanto richiesto dal punto 12 della decisione 2012/635, da esso attuata.

209    Inoltre, emerge dall’esame del terzo motivo, infra, che il regime controverso non è contrario alle esigenze di certezza del diritto e al divieto di arbitrarietà per il fatto che la sua attuazione verrebbe lasciata alla completa discrezione delle autorità competenti.

210    Per quanto attiene ai pretesi inconvenienti causati alla ricorrente stessa, si deve riconoscere che la sua attività economica, quale ente finanziario, può essere resa più difficile dall’attuazione del regime controverso, il quale l’assoggetta a formalità supplementari.

211    Ciò premesso, da un lato, la ricorrente non presenta alcun elemento concreto che tenderebbe a stabilire la portata degli inconvenienti che essa potrebbe subire a causa del regime controverso.

212    Dall’altro, tali inconvenienti possono essere controbilanciati dagli elementi fatti valere ai punti da 206 a 208 supra.

213    Ciò detto, data l’importanza primaria del mantenimento della pace e della sicurezza internazionali, che sono gli obiettivi ultimi sottesi alle misure volte ad impedire la proliferazione nucleare e il suo finanziamento, gli inconvenienti causati tanto all’economia iraniana in generale quanto alla ricorrente non sono esorbitanti rispetto agli obiettivi perseguiti.

214    Conseguentemente, occorre respingere il quarto motivo.

 Sul terzo motivo

215    La ricorrente sostiene che il regime controverso viola i principi di proporzionalità e di certezza del diritto, il principio del divieto di arbitrarietà, l’obbligo di motivazione, la condizione che le sanzioni contengano le garanzie giuridiche necessarie e il principio di parità di trattamento.

216    In primo luogo, essa precisa che il Consiglio non ha indicato le ragioni per cui l’adozione delle misure restrittive generali era necessaria o adeguata alla realizzazione dell’obiettivo perseguito.

217    In secondo luogo, essa fa valere che il regime controverso non presenta, per natura, le garanzie giuridiche sia sostanziali sia procedurali sancite dall’articolo 215, paragrafo 3, TFUE, e reputate essenziali dal Tribunale al fine di tutelare le persone e le entità interessate dalle misure restrittive. In particolare, secondo la ricorrente, poiché detto regime dispensa il Consiglio dall’obbligo di stabilire se l’imposizione di una misura nei confronti di una determinata banca sia giustificata, necessaria e proporzionata, esso opera un’inversione dell’onere della prova. Analogamente, il regime controverso prevedrebbe unicamente eccezioni eccessivamente limitate al divieto da esso previsto.

218    La ricorrente aggiunge, in tale contesto, che misure restrittive individuali concernenti banche iraniane, fra cui segnatamente essa stessa, sono state annullate dal Tribunale a causa della violazione dei diritti e delle garanzie giuridiche di cui queste ultime godevano, sancite dall’articolo 215, paragrafo 3, TFUE. Orbene, sostituendo le misure restrittive individuali con il regime controverso, il Consiglio non ha adottato misure supplementari al fine di porre rimedio alle carenze contestate dal Tribunale, nonostante il fatto che il regime controverso abbia, nel suo complesso, effetti dannosi analoghi a quelli delle misure restrittive individuali.

219    Inoltre, la ricorrente ritiene che, considerato che la competenza del Consiglio ad adottare misure restrittive generali non è più ampia della sua competenza ad adottare misure individuali, l’illegittimità della misure restrittive individuali che la riguardano, constatata nella sentenza Bank Mellat/Consiglio, punto 16 supra (EU:T:2013:39), implica l’illegittimità del regime controverso nei suoi confronti.

220    In terzo luogo, secondo la ricorrente, il regime controverso non soddisfa i requisiti di chiarezza, di certezza del diritto e del divieto di arbitrarietà sanciti dalla giurisprudenza.

221    Infatti, nessuna disposizione limiterebbe il potere discrezionale delle autorità nazionali di negare un determinato trasferimento, dal momento che le disposizioni pertinenti si limitano a fare riferimento ai fondi che «potrebbero contribuire» alla proliferazione nucleare e al fatto che le autorità nazionali abbiano «fondati motivi per ritenere» che un trasferimento «potrebbe violare uno dei divieti o obblighi» previsti. Dei criteri così definiti sono, secondo la ricorrente, arbitrari e aleatori.

222    In quarto luogo, la ricorrente sostiene che il regime controverso viola il principio di parità di trattamento sotto due profili.

223    Infatti, da un lato, detto regime sarebbe discriminatorio, in quanto esso riguarda unicamente le banche iraniane, sebbene banche stabilite in altri Stati membri corrano il medesimo rischio di essere indotte a sostenere la proliferazione nucleare. In assenza di una giustificazione fornita dal Consiglio, la ricorrente ritiene che una siffatta differenza di trattamento costituisca una discriminazione fondata sulla nazionalità.

224    Dall’altro, in assenza di criteri sufficientemente precisi e chiari, l’obbligo di previa autorizzazione previsto dal regime controverso sarebbe discriminatorio, come si evince dalla sentenza del 1° giugno 1999, Konle (C‑302/97, Racc., EU:C:1999:271, punto 49).

225    Le altre parti contestano la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

226    In primo luogo, per quanto riguarda la motivazione dell’adozione del regime controverso, secondo giurisprudenza costante, l’obbligo di motivare un atto pregiudizievole, che costituisce un corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa, ha lo scopo, da un lato, di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per giudicare se l’atto sia fondato oppure se sia eventualmente inficiato da un vizio che consente di contestarne la validità dinanzi al giudice dell’Unione e, dall’altro, di consentire a quest’ultimo di esercitare il suo controllo di legittimità dell’atto stesso (v. sentenza del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, Racc., EU:C:2012:718, punto 49 e la giurisprudenza ivi citata).

227    La motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, onde consentire all’interessato di conoscere le ragioni dei provvedimenti adottati e al giudice competente di esercitare il suo controllo (v. sentenza Consiglio/Bamba, punto 226 supra, EU:C:2012:718, punto 50 e la giurisprudenza ivi citata).

228    Nella specie, risulta dal punto 12 della decisione 2012/635, alla quale rimanda il considerando 7 del regolamento impugnato, che «[a]l fine di impedire il trasferimento di attività o risorse finanziarie o di altro tipo che possano contribuire ad attività nucleari sensibili in termini di proliferazione o allo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari dell’Iran, dovrebbero essere vietate le operazioni tra l’Unione e le banche e le istituzioni finanziarie iraniane, salvo previa autorizzazione dello Stato membro interessato».

229    Tale motivazione è sufficiente nel caso dell’adozione di un atto di portata generale come il regime controverso. Infatti, essa è stata compresa dalla ricorrente, la quale è stata in grado di mettere in discussione, in maniera dettagliata, la legittimità del regime controverso, e segnatamente di dedurre la sua asserita incompatibilità con il principio di proporzionalità. Analogamente, il Tribunale è in grado di conoscere della legittimità del regime controverso.

230    Ciò premesso, la prima censura della ricorrente dev’essere respinta.

231    In secondo luogo, per quanto attiene alle garanzie giuridiche richieste dall’articolo 215, paragrafo 3, TFUE, l’argomento della ricorrente relativo all’asserito nesso fra l’illegittimità delle misure restrittive individuali e il regime controverso non può essere accolto.

232    Infatti, tanto nella sentenza Bank Mellat/Consiglio, punto 16 supra (EU:T:2013:39), quanto nelle altre sentenze che annullano misure restrittive individuali concernenti banche iraniane, invocate dalla ricorrente, l’annullamento era fondato sulla mancata dimostrazione che l’entità di cui trattasi soddisfaceva effettivamente il criterio applicato nei suoi confronti dal Consiglio, nonché su talune violazioni dei diritti procedurali riconosciuti a detta entità nell’ambito di tale applicazione. Orbene, come si evince dai punti 36 e 105 supra, il regime controverso previsto dall’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, quale misura di portata generale, non è fondato sull’applicazione di un qualsivoglia criterio al caso specifico della ricorrente o di un’altra entità; ciò implica che esso non viene attuato in maniera analoga alle misure restrittive individuali.

233    Ciò detto, l’annullamento delle misure restrittive individuali concernenti la ricorrente o altre banche iraniane non incide, di per sé, sulla legittimità del regime controverso, e ciò a fortiori in quanto, come già rilevato al punto 108 supra, gli effetti del regime controverso sono considerevolmente meno estesi di quelli di un congelamento dei capitali.

234    Quanto alle garanzie asseritamente applicabili al regime controverso stesso, da un lato, risulta dai punti da 98 a 109 supra, che la giurisprudenza relativa alle misure restrittive individuali non è trasponibile al caso in esame; ciò significa che non è necessario, in particolare, pretendere dal Consiglio la dimostrazione che le entità interessate dal regime controverso sono effettivamente coinvolte nella proliferazione nucleare. Per le stesse ragioni, il Consiglio non era tenuto a valutare questa stessa circostanza al momento dell’adozione del regime controverso.

235    Spettava piuttosto al Consiglio, nella fase dell’adozione del regime controverso, valutarne la proporzionalità e, pertanto, verificare se la sua adozione era idonea e necessaria al conseguimento dell’obiettivo consistente nell’impedire la proliferazione nucleare e il suo finanziamento e che essa non causava inconvenienti esorbitanti alle persone e alle entità colpite, fra cui la ricorrente.

236    Orbene, l’esame effettuato nell’ambito del primo, del secondo e del quarto motivo, supra, il quale ha avuto parimenti ad oggetto la portata delle finalità consentite dei trasferimenti, non ha rivelato l’incompatibilità del regime controverso con il principio di proporzionalità.

237    Dall’altro, la ricorrente non deduce argomenti specifici quanto alle garanzie procedurali che dovrebbero essere applicabili al regime controverso. In ogni caso, come già ricordato al punto 232 supra, il regime controverso, quale misura di portata generale, non è fondato sull’applicazione individuale di un determinato criterio al caso specifico della ricorrente o di un’altra entità. In tali circostanze, a differenza del procedimento di adozione delle misure restrittive individuali, le garanzie giuridiche richieste dall’articolo 215, paragrafo 3, TFUE non includono l’obbligo per il Consiglio di fornire motivi concreti e specifici per ciascuna persona o entità colpita, l’obbligo di accordare l’accesso al fascicolo né la possibilità per le persone e le entità colpite di presentare osservazioni e l’obbligo per il Consiglio di prendere in considerazione tali osservazioni.

238    Infatti, nel caso di un atto di portata generale come il regime controverso, la garanzia giuridica di ordine procedurale essenziale è costituita dal controllo giurisdizionale effettivo della legittimità dell’atto in questione.

239    Orbene, tale garanzia è assicurata, da un lato, dal presente ricorso e, dall’altro, dalla possibilità di contestare il diniego di autorizzazione di trasferimenti individuali da parte delle autorità degli Stati membri dinanzi al giudice nazionale competente, il quale, se del caso, può sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea concernente la validità o l’interpretazione delle disposizioni rilevanti del regolamento n. 267/2012.

240    In tali circostanze, si deve concludere che il regime controverso non è contrario all’articolo 215, paragrafo 3, TFUE, il che implica che la seconda censura della ricorrente dev’essere respinta.

241    In terzo luogo, laddove gli argomenti della ricorrente relativi ai requisiti di chiarezza, di certezza del diritto e del divieto di arbitrarietà riguardano il criterio previsto all’articolo 30 ter, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 267/2012, essi sono irricevibili per le ragioni esposte ai punti 60 e 61 supra.

242    Per quanto attiene agli altri profili del regime controverso, occorre rilevare che il principio di certezza del diritto, il quale costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, e che esige, segnatamente, che le norme giuridiche siano chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, in particolare qualora esse possano comportare conseguenze sfavorevoli in capo ai singoli e alle imprese (sentenza del 18 novembre 2008, Förster, C‑158/07, Racc., EU:C:2008:630, punto 67), è certamente applicabile in relazione alle misure restrittive come quelle previste da detto regime.

243    Orbene, nella specie, l’articolo 30, paragrafo 2, del regolamento n. 267/2012, come modificato dal regolamento impugnato, elenca in via tassativa le ipotesi in cui un trasferimento può essere autorizzato, mentre il suo articolo 30, paragrafi 3 e 4, prevede le soglie al di là delle quali non sono richieste una notifica o un’autorizzazione preliminari. Pertanto, tali disposizioni definiscono, in maniera sufficientemente chiara e precisa, l’ambito di applicazione delle restrizioni e degli obblighi che prevedono.

244    In tali circostanze, la terza censura della ricorrente dev’essere respinta.

245    In quarto luogo, per quanto attiene alla censura relativa all’asserita violazione del principio di parità di trattamento, occorre rammentare che, secondo la giurisprudenza, tale principio costituisce un principio giuridico fondamentale e vieta che situazioni analoghe siano trattate in maniera differente o che situazioni diverse siano trattate in maniera uguale, a meno che tale disparità di trattamento non sia oggettivamente giustificata (sentenza Bank Melli Iran/Consiglio, punto 92 supra, EU:T:2009:401, punto 56).

246    Orbene, da un lato, per quanto attiene all’asserita discriminazione fondata sulla nazionalità, è stato rilevato supra al punto 171 che le entità iraniane, e in particolare gli enti finanziari, corrono il rischio accresciuto di essere indotte a prendere parte, volontariamente o a loro insaputa, a trasferimenti idonei a contribuire alla proliferazione nucleare. Tale circostanza giustifica la disparità di trattamento degli enti finanziari iraniani prevista dal regime controverso.

247    Dall’altro, l’obbligo di autorizzazione preliminare previsto nell’ambito del regime controverso è applicabile a tutti i trasferimenti fra un qualsiasi ente finanziario stabilito in Iran e un qualsiasi ente finanziario situato nell’Unione, eccedenti le soglie determinate, indipendentemente dall’identità di tali entità. In tali circostanze, la ricorrente sostiene erroneamente che tale obbligo è discriminatorio, e ciò a maggior ragione in quanto le disposizioni che lo prevedono sono sufficientemente chiare e precise, come è stato constatato al punto 243 supra.

248    Tale rilievo non può peraltro essere rimesso in discussione dalla sentenza Konle, punto 224 supra (EU:C:1999:271), citata dalla ricorrente. Infatti, tale sentenza verte su un sistema di previa autorizzazione all’acquisto di proprietà fondiarie, ed è pertanto stata pronunciata in circostanze di fatto che differiscono in maniera sostanziale da quelle in oggetto; ciò significa che essa non è pertinente.

249    Tutto ciò premesso, occorre respingere la quarta censura e, di conseguenza, il terzo motivo in toto.

250    Poiché tutti i motivi sono stati respinti, il ricorso non può trovare accoglimento.

 Sulle spese

251    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

252    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, gli Stati membri e le istituzioni che sono intervenuti nella causa sopporteranno le proprie spese. Di conseguenza, il Regno Unito e la Commissione sopporteranno le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Bank Mellat sopporterà, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dal Consiglio dell’Unione europea.

3)      Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, nonché la Commissione europea, sopporteranno ciascuna le proprie spese.

Kanninen

Pelikánová

Buttigieg

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 2 giugno 2016.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.