Language of document : ECLI:EU:C:2012:650

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NIILO JÄÄSKINEN

presentate il 18 ottobre 2012 (1)

Causa C‑425/11

Katja Ettwein

contro

Finanzamt Konstanz

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta
dal Finanzgericht Baden-Württemberg (Germania)]

«Accordo tra la Comunità europea e gli Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall’altra, sulla libera circolazione delle persone – Imposizione diretta dei frontalieri autonomi – Diniego di agevolazione fiscale nello Stato membro a motivo del trasferimento della residenza – Esclusione dei coniugi residenti in Svizzera dallo sgravio dell’imposta comune (Ehegattensplitting) applicabile ai residenti degli Stati membri dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo – Parità di trattamento»





I –    Introduzione

1.        Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale la Corte viene invitata ad interpretare le disposizioni pertinenti dell’Accordo tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall’altra, sulla libera circolazione delle persone, (in prosieguo: l’«Accordo CE‑Svizzera») (2), in particolare quelle sui lavoratori autonomi. Nello specifico, il Finanzgericht Baden-Württemberg (Germania) chiede alla Corte se detto Accordo osti a una normativa fiscale di uno Stato membro dell’Unione europea in virtù della quale i coniugi cittadini di tale Stato che svolgano un’attività lavorativa autonoma nel medesimo Stato e i cui redditi imponibili siano ivi quasi interamente soggetti all’imposta sui redditi si vedano negare un’agevolazione fiscale, riconosciuta dalla suddetta normativa, per il fatto di aver trasferito la propria residenza privata in Svizzera.

2.        Dalle disposizioni della normativa controversa emerge, infatti, che il regime del frazionamento (in prosieguo: lo «splitting») rappresenta un’agevolazione fiscale per i coniugi qualora il reddito percepito da uno di essi sia nettamente superiore a quello dell’altro. Tale regime è stato istituito per attenuare la progressività degli scaglioni di imposizione dell’imposta sul reddito (3). Esso consiste nel sommare il reddito complessivo dei coniugi per imputarlo, poi, fittiziamente a ciascun coniuge nella misura del 50% e tassarlo di conseguenza. Se il reddito di uno dei coniugi è elevato e quello dell’altro basso, lo «splitting» livella la base imponibile ed attenua la progressività dell’aliquota dell’imposta sul reddito.

3.        Tuttavia, tale regime è applicabile unicamente nel caso in cui i coniugi abbiano il loro domicilio o la loro residenza abituale sul territorio tedesco, su quello di un altro Stato membro dell’Unione o su quello di uno Stato cui si applica l’accordo sullo Spazio economico europeo (in prosieguo: il «SEE») (4).

II – Contesto normativo

A –    L’Accordo CE‑Svizzera

4.        Ai sensi della seconda frase del preambolo dell’Accordo CE-Svizzera, le parti contraenti sono «decis[e] ad attuare la libera circolazione delle persone tra loro basandosi sulle disposizioni applicate nella Comunità europea».

5.        Secondo il suo articolo 1, lettere a) e d), l’Accordo CE-Svizzera, si prefigge in particolare di conferire, a favore dei cittadini degli Stati membri e della Confederazione svizzera, un diritto di ingresso, di soggiorno e di accesso a un’attività economica dipendente, un diritto di stabilimento quale lavoratore autonomo e il diritto di rimanere sul territorio delle parti contraenti, nonché di garantire le stesse condizioni di vita, di occupazione e di lavoro di cui godono i cittadini nazionali.

6.        L’articolo 2, intitolato «Non discriminazione», così dispone:

«In conformità delle disposizioni degli allegati I, II e III del presente Accordo, i cittadini di una parte contraente che soggiornano legalmente sul territorio di un’altra parte contraente non sono oggetto, nell’applicazione di dette disposizioni, di alcuna discriminazione fondata sulla nazionalità».

7.        L’articolo 4, intitolato «Diritto di soggiorno e di accesso a un’attività economica», così recita:

«Il diritto di soggiorno e di accesso a un’attività economica è garantito fatte salve le disposizioni dell’articolo 10 e conformemente alle disposizioni dell’allegato I».

8.        L’articolo 11, paragrafo 1, del suddetto Accordo, intitolato «Trattazione dei ricorsi», riconosce alle persone di cui all’Accordo medesimo il diritto di presentare ricorso alle autorità competenti per quanto riguarda l’applicazione delle disposizioni dell’Accordo.

9.        Ai sensi dell’articolo 16, intitolato «Riferimento al diritto comunitario»:

«1.      Per conseguire gli obiettivi definiti dal presente Accordo, le parti contraenti prendono tutte le misure necessarie affinché nelle loro relazioni siano applicati diritti e obblighi equivalenti a quelli contenuti negli atti giuridici della Comunità europea ai quali viene fatto riferimento.

2.      Nella misura in cui l’applicazione del presente Accordo implica nozioni di diritto comunitario, si terrà conto della giurisprudenza pertinente della [Corte] precedente alla data della sua firma. La giurisprudenza successiva alla firma del presente Accordo verrà comunicata alla Svizzera. Per garantire il corretto funzionamento dell’Accordo, il Comitato misto determina, su richiesta di una delle parti contraenti, le implicazioni di tale giurisprudenza».

10.      L’articolo 21, intitolato «Relazione con gli accordi bilaterali in materia di doppia imposizione», al paragrafo 2 prevede quanto segue:

«Nessun elemento del presente Accordo vieta alle parti contraenti di operare distinzioni, nell’applicare le disposizioni pertinenti della loro normativa tributaria, tra contribuenti la cui situazione non è comparabile, segnatamente per quanto riguarda il luogo di residenza».

11.      L’allegato I dell’Accordo CE-Svizzera riguarda la libera circolazione delle persone. Il capo II di tale allegato contempla disposizioni sui lavoratori dipendenti. L’articolo 9 di tale capo, relativo alla parità di trattamento e applicabile, per rinvio ex articolo 15, paragrafo 2, del capo III, ai lavoratori autonomi, così prevede:

«1.      Il lavoratore dipendente cittadino di una parte contraente non può ricevere sul territorio dell’altra parte contraente, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello riservato ai lavoratori dipendenti nazionali per quanto riguarda le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato.

2.      Il lavoratore dipendente e i membri della sua famiglia di cui all’articolo 3 del presente allegato godono degli stessi vantaggi fiscali e sociali dei lavoratori dipendenti nazionali e dei membri delle loro famiglie.

(…)»

12.      Il capo III di detto allegato contiene le norme relative agli «autonomi» i quali, conformemente alla definizione riportata all’articolo 12, paragrafo 1, collocato in tale capo, sono i cittadini di una parte contraente che intendano stabilirsi nel territorio di un’altra parte contraente per esercitarvi un’attività indipendente.

13.      L’articolo 13 di detto capo, intitolato «Lavoratori autonomi frontalieri», al paragrafo 1 così dispone:

«Il lavoratore autonomo frontaliero è un cittadino di una parte contraente che risiede sul territorio di una parte contraente ed esercita un’attività indipendente sul territorio dell’altra parte contraente e ritorna al luogo del proprio domicilio di norma ogni giorno o almeno una volta alla settimana».

14.      Ai sensi dell’articolo 15 del medesimo capo, intitolato «Parità di trattamento»:

«1.      Il lavoratore autonomo riceve nel paese ospitante, per quanto riguarda l’accesso a un’attività indipendente e al suo esercizio, lo stesso trattamento riservato ai cittadini nazionali.

2.      Le disposizioni dell’articolo 9 del presente allegato si applicano, mutatis mutandis, ai lavoratori autonomi di cui al presente capo».

B –    La normativa tedesca

15.      Le disposizioni nazionali pertinenti sono quelle della legge tedesca relativa all’imposta sul reddito (Einkommensteuergesetz; in prosieguo: l’«EStG») (5).

16.      L’articolo 1 dell’EStG stabilisce quanto segue:

«1.      Le persone fisiche che hanno il proprio domicilio o la propria residenza abituale in Germania sono integralmente soggette all’imposta sul reddito.

(…)

3.      Su loro domanda, anche le persone fisiche che non hanno né il domicilio né la residenza abituale in Germania possono essere integralmente soggette all’imposta sul reddito nei limiti in cui percepiscano redditi nazionali ai sensi dell’articolo 49. Tale opzione si applica solo nel caso in cui i loro redditi durante l’anno civile siano soggetti per almeno il 90% all’imposta tedesca sul reddito (…)».

17.      L’articolo 1a, paragrafo 1, dell’EStG così recita:

«Riguardo ai cittadini di uno Stato membro dell’[Unione] o di uno Stato cui si applica l’accordo sullo Spazio economico europeo, (…) che devono essere considerati come integralmente soggetti all’imposta sul reddito a norma dell’articolo 1, paragrafo 3, si applicano le seguenti norme ai fini (…) dell’articolo 26, paragrafo 1, primo periodo:

1. (…) Tuttavia, il beneficiario deve avere il domicilio o la residenza sul territorio di un altro Stato membro dell’Unione europea o di uno Stato cui si applica l’accordo sullo Spazio economico europeo.

(…)

2.      Su richiesta, il coniuge non separato che non ha il proprio domicilio o la propria residenza sul territorio tedesco è considerato integralmente soggetto all’imposta sul reddito ai fini dell’applicazione dell’articolo 26, paragrafo 1, primo periodo (…)».

18.      L’articolo 26, paragrafo 1, dell’EStG riconosce ai coniugi non separati soggetti a un obbligo fiscale illimitato, o che devono essere considerati tali, un diritto d’opzione fra un’imposta distinta, conformemente all’articolo 26° di detta legge, e un’imposta congiunta conformemente all’articolo 26b della medesima.

19.      L’articolo 26b dell’EStG, intitolato «Imposizione congiunta dei coniugi», al paragrafo 1 dispone quanto segue:

«Secondo il regime d’imposizione congiunta, i redditi percepiti dai coniugi vengono sommati e ad essi imputati congiuntamente e, salvo disposizione contraria, i coniugi sono allora considerati come un solo contribuente».

20.      L’articolo 32a dell’EStG, intitolato «Aliquota d’imposta sui redditi», al paragrafo 5 prevede quanto segue:

«L’imposta sul reddito dei coniugi tassati congiuntamente ai sensi degli articoli 26 e 26b ammonta (…) al doppio di quella sulla metà del loro reddito imponibile comune ai sensi del paragrafo 1 (metodo dello “splitting”)».

III – Il procedimento principale

21.      La sig.ra Ettwein e il suo coniuge sono cittadini tedeschi; entrambi esercitano un’attività di lavoro autonomo e percepiscono in Germania tutti i loro redditi. In data 1° agosto 2007 entrambi i coniugi trasferivano la propria residenza in Svizzera, continuando a svolgere la loro attività lavorativa in Germania e a percepire la quasi totalità dei loro redditi in tale Stato membro anche dopo aver cambiato residenza.

22.      Ai fini del calcolo dell’imposta sui rispettivi redditi per l’esercizio fiscale del 2008, la sig.ra Ettwein e il coniuge chiedevano, come per gli esercizi precedenti, l’imposizione congiunta, vale a dire l’applicazione del cosiddetto metodo dello «splitting», evidenziando di non avere alcun reddito imponibile in Svizzera. Nel primo avviso di accertamento il Finanzamt Konstanz accoglieva la richiesta dei coniugi.

23.      Tuttavia, il 1° dicembre 2009, la suddetta amministrazione finanziaria annullava tale avviso per il fatto che il beneficio dello «splitting», riconosciuto a motivo della situazione personale e familiare dei coniugi, non avrebbe dovuto applicarsi, in quanto la residenza di questi ultimi non si trovava né sul territorio di uno Stato membro dell’Unione, né su quello di uno Stato firmatario dell’Accordo SEE. Pertanto, con avviso di accertamento del 22 marzo 2010, il Finanzamt assoggettava i coniugi a un regime d’imposizione separato. A seguito del mancato accoglimento del ricorso amministrativo proposto avverso tale avviso, la sig.ra Ettwein presentava ricorso di annullamento dinanzi al Finanzgericht Baden-Württemberg.

IV – La questione pregiudiziale

24.      Il giudice a quo ritiene che la sig.ra Ettwein e il coniuge siano lavoratori autonomi frontalieri ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, dell’allegato I dell’Accordo CE‑Svizzera. Infatti, egli osserva, in tal senso, che essi sono cittadini tedeschi, residenti in Svizzera, che esercitano un’attività di lavoro autonomo sul territorio tedesco e che ogni giorno ritornano dal luogo della loro attività professionale a quello di residenza. Ai sensi del combinato disposto degli articoli 9, paragrafo 2, e 15, paragrafo 2, dell’allegato I dell’Accordo CE‑Svizzera, i lavoratori autonomi frontalieri godono, sul territorio dello Stato in cui esercitano un’attività professionale, degli stessi vantaggi fiscali e sociali dei lavoratori autonomi nazionali. Ad avviso del giudice del rinvio, il fatto che l’amministrazione finanziaria tedesca neghi l’applicazione del metodo dello «splitting» ai coniugi Ettwein soltanto perché residenti in Svizzera sarebbe contrario alle disposizioni dell’Accordo CE‑Svizzera.

25.      Secondo il parere del giudice a quo, tale conclusione sarebbe conforme ai principi fissati dalla giurisprudenza della Corte anteriore al 21 giugno 1999, data della firma dell’Accordo CE‑Svizzera, sulla libertà di stabilimento e la libera circolazione dei lavoratori, ripresi nell’Accordo anzidetto. Il detto giudice si riferisce, in particolare, alla giurisprudenza relativa al principio di non discriminazione, applicabile anche in ambito fiscale, che vieta non solo le discriminazioni palesi basate sulla cittadinanza, bensì anche forme dissimulate di discriminazione che, per effetto di altri criteri selettivi, conducano di fatto al medesimo risultato (6). Il suddetto giudice rammenta altresì che tale principio comporta il divieto di disposizioni che impediscano ad un cittadino di uno Stato membro di lasciare il paese d’origine per esercitare il suo diritto di libera circolazione, o che lo dissuadano dal farlo (7).

26.      Peraltro, il giudice a quo osserva che, in via di principio, spetta allo Stato di residenza tassare il contribuente in modo globale, prendendo in considerazione gli elementi inerenti alla sua situazione personale e familiare. Tuttavia, allorché l’imposizione globale ha luogo nello Stato della fonte dei redditi in quanto l’interessato percepisce i propri redditi quasi esclusivamente in tale Stato, quest’ultimo non può rifiutarsi di tenere conto della situazione personale e familiare dell’interessato qualora ciò non sia possibile nello Stato di residenza. Ai sensi della medesima giurisprudenza, il metodo dello «splitting» è un elemento che compone la situazione personale e familiare da considerare in un caso simile (8).

27.      Conseguentemente, la situazione dei coniugi Ettwein, di cui non si potrebbe tenere conto nello Stato di residenza in cui non percepiscono redditi, andrebbe presa in considerazione in Germania ai fini del calcolo dell’imposta, pena la discriminazione rispetto alle coppie residenti in Germania, che ivi percepiscano i propri redditi e che si trovino nella medesima situazione personale e familiare.

28.      Alla luce di tali considerazioni, con decisione pervenuta alla Corte il 16 agosto 2011, il Finanzgericht Baden-Württemberg ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se le disposizioni dell’Accordo [CE-Svizzera], in particolare gli articoli 1, 2, 11, 16 e 21 del medesimo nonché gli articoli 9, 13 e 15, del suo allegato I, debbano essere interpretati nel senso che ostino ad una normativa che precluda l’imposizione congiunta in base al regime del “frazionamento” (“splitting”) a coniugi domiciliati in Svizzera i cui redditi imponibili siano interamente soggetti a tassazione nella Repubblica federale di Germania».

29.      Osservazioni scritte sono state depositate dalle parti del procedimento principale, nonché dai governi tedesco e spagnolo e dalla Commissione europea. All’udienza tenutasi il 4 luglio 2012 sono comparsi la sig.ra Ettwein, il governo tedesco e la Commissione.

V –    Analisi

A –    Osservazioni preliminari

1.      Natura dell’Accordo CE‑Svizzera

30.      Occorre innanzitutto rammentare che l’Accordo CE-Svizzera, in quanto trattato internazionale, dev’essere interpretato, conformemente all’articolo 31 della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (9), in buona fede, in base al senso comune da attribuire ai termini nel loro contesto e alla luce del suo oggetto e del suo scopo (10).

31.      Come ripetutamente dichiarato dalla Corte, poiché la Confederazione svizzera non ha aderito al mercato interno dell’Unione diretto a rimuovere tutti gli ostacoli al fine di creare uno spazio di libertà di circolazione completa simile a quello che offre un mercato nazionale, l’interpretazione data al diritto dell’Unione relativamente al mercato interno non può essere trasposta in modo automatico all’interpretazione dell’Accordo CE-Svizzera, salvo che lo stesso Accordo non contenga espresse disposizioni in tal senso (11).

32.      È ben vero che l’articolo 16, paragrafo 2, dell’accordo CE‑Svizzera tiene conto della giurisprudenza della Corte, ma tale riferimento riguarda soltanto la giurisprudenza anteriore alla firma dell’accordo, intervenuta in data 21 giugno 1999. Rilevo, in proposito, che tale disposizione si ispira all’articolo 6 dell’accordo SEE. L’obiettivo del suddetto articolo 16, paragrafo 2, è di non assoggettare la Confederazione svizzera alle future interpretazioni dell’Accordo CE‑Svizzera formulate dall’organo giurisdizionale dell’altra parte contraente, ossia la Corte, garantendo «un quadro giuridico parallelo» relativamente ai settori coperti dal diritto dell’Unione (12).

33.      È alla luce di questa specifica linea interpretativa dell’accordo CE‑Svizzera che occorre esaminare la situazione descritta dall’ordinanza di rinvio, ossia il caso in cui aver trasferito la propria residenza privata in Svizzera comporti un trattamento fiscale sfavorevole per coniugi cittadini dello Stato membro in cui questi ultimi esercitano le rispettive attività di lavoro autonomo.

2.      Obiettivi dell’Accordo CE‑Svizzera

34.      Gli obiettivi dell’Accordo CE‑Svizzera si desumono dal suo articolo 1. Detto accordo mira, segnatamente, a conferire ai cittadini degli Stati membri e della Confederazione svizzera un diritto di ingresso, di soggiorno e di accesso a un’attività economica dipendente, un diritto di stabilimento quale lavoratore autonomo e il diritto di rimanere sul territorio delle parti contraenti, nonché garantire le stesse condizioni di vita, di occupazione e di lavoro di cui godono i cittadini nazionali.

35.      Occorre sottolineare che tale volontà di agevolare la libera circolazione delle persone fra l’Unione europea e la Confederazione svizzera non coincide con lo spirito e con la finalità delle libertà di circolazione previste dai Trattati nell’ambito del mercato interno istituito fra gli Stati membri dell’Unione.

36.      In proposito, dall’analisi del contesto politico della firma dell’Accordo CE-Svizzera emerge che l’obiettivo degli accordi bilaterali non è la creazione di un mercato interno (13). L’Accordo CE‑Svizzera si inserisce nell’ambito di una serie di sette accordi settoriali che disciplinano i rapporti tra la Comunità europea e la Confederazione svizzera (14), firmati il 21 giugno 1999, dopo che la Confederazione svizzera, il 6 dicembre 1992, aveva rifiutato di aderire all’Accordo SEE. Tale rifiuto esprime l’esclusione dal progetto di un sistema economico integrato con un mercato unico, basato su regole comuni tra i suoi membri, preferendo la via degli accordi bilaterali con la Comunità europea e i suoi Stati membri, in settori specifici.

37.      L’Accordo CE-Svizzera mira, dunque, a rafforzare i legami tra le parti contraenti (15), senza voler estendere l’applicazione delle libertà fondamentali in toto alla Confederazione svizzera, né, tantomeno, in vista di una futura adesione all’Unione.

38.      In proposito, la giurisprudenza della Corte distingue nettamente l’interpretazione fornita alle disposizioni del diritto dell’Unione riguardanti il mercato interno dall’interpretazione di un accordo internazionale come quello CE‑Svizzera, insistendo sul confronto fra, da un lato, le finalità e il contesto dell’Accordo CE‑Svizzera e, dall’altro, le finalità e il contesto della costruzione europea (16).

39.      Al riguardo, la Confederazione svizzera conserva posizioni più arretrate rispetto alle libertà applicabili tra gli Stati membri dell’Unione e gli Stati firmatari dell’Accordo SEE, contemplando la possibile esistenza di restrizioni alla libera circolazione delle persone nell’ambito dell’Accordo bilaterale CE-Svizzera, restrizioni che sarebbero inammissibili in seno all’Unione europea o al SEE.

B –    Diritto dello Stato membro di negare la concessione di un’agevolazione fiscale ai propri cittadini lavoratori autonomi non residenti

40.      Occorre ricordare la situazione di cui si discute nel caso di specie. Si tratta di due cittadini tedeschi che esercitano un’attività di lavoro autonomo in Germania e che hanno trasferito la propria abitazione in Svizzera, senza tuttavia svolgervi alcuna attività lavorativa. La Corte è dunque invitata a interpretare le disposizioni dell’Accordo CE‑Svizzera relative allo status dei lavoratori autonomi e a valutare l’incidenza della propria giurisprudenza sulla controversia nel procedimento principale.

1.      Campo di applicazione materiale dell’Accordo CE‑Svizzera

41.      Le disposizioni dell’Accordo CE‑Svizzera relative ai lavoratori autonomi sono contenute nel capo III dell’allegato I, che è composto da cinque articoli. L’articolo 12 fissa i requisiti applicabili ai lavoratori autonomi per ottenere una carta di soggiorno. Gli articoli 13, 14, 15 e 16 contengono precisazioni in merito a tale diritto. L’Accordo CE-Svizzera si limita a riconoscere a tutti gli autonomi un diritto di ingresso e di soggiorno sul territorio delle parti contraenti, nonché il diritto di godere, nel paese ospitante, dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato ospitante per quanto riguarda l’accesso ad un’attività autonoma e al suo esercizio.

42.      Ritengo che la situazione dei coniugi Ettwein non rientri nell’ambito di applicazione ratione materiae di tali disposizioni. Invero, l’articolo 12 dell’allegato I riguarda «[i]l cittadino di una parte contraente che desideri stabilirsi nel territorio di un’altra parte contraente per esercitarvi un’attività indipendente (…)» (17). In tal senso, l’articolo 15, paragrafo 2, dell’allegato I, con rinvio all’articolo 9 del medesimo allegato, garantisce la parità di trattamento ai lavoratori autonomi cittadini di una parte contraente sul territorio dell’altra parte contraente. Pertanto, essi non possono, a motivo della loro cittadinanza, ricevere un trattamento diverso da quello riservato ai lavoratori nazionali e godono degli stessi vantaggi fiscali e sociali dei lavoratori nazionali (18).

43.      Riguardo al principio di non discriminazione, richiamato nella domanda di pronuncia pregiudiziale, desidero rammentare che l’articolo 2 dell’Accordo CE‑Svizzera proibisce le discriminazioni fondate sulla nazionalità (19).

44.      È vero che, secondo la giurisprudenza conseguente alla sentenza Bergström (20), nulla esclude che il cittadino di una parte contraente possa invocare l’accordo CE‑Svizzera nei confronti del proprio Stato.

45.      Tengo tuttavia a precisare che la possibilità di invocare l’Accordo CE‑Svizzera nei confronti del proprio Stato si limita, conformemente al testo dell’articolo 16, paragrafo 1, dell’Accordo, ai diritti e agli obblighi che derivano dagli atti del diritto derivato dell’Unione indicati nell’allegato del medesimo Accordo. Per contro, l’Accordo CE‑Svizzera non contiene alcun elemento che consenta di concludere che tale possibilità varrebbe anche per le disposizioni del diritto primario.

46.      Pertanto, né la formulazione dell’Accordo CE‑Svizzera, né l’obiettivo di quest’ultimo consentono di trarre una simile conclusione riguardo alle disposizioni relative ai lavoratori autonomi riguardanti unicamente l’ipotesi di una discriminazione fondata sulla nazionalità nei confronti di un cittadino di una parte contraente sul territorio dell’altra parte contraente.

47.      Orbene, si ricava dagli elementi di fatto sottoposti alla Corte che i coniugi Ettwein sono cittadini tedeschi ed esercitano un’attività di lavoro autonomo in Germania, ove formano l’oggetto dell’imposizione controversa. Non può quindi trattarsi, nel caso di specie, di una discriminazione compiuta dalle autorità di una parte contraente nei confronti di un cittadino dell’altra parte contraente. Il solo fatto che i coniugi Ettwein abbiano trasferito la loro residenza privata in Svizzera è ininfluente a tale riguardo (21).

48.      Inoltre, l’articolo 13 dell’allegato I, relativo ai lavoratori autonomi frontalieri (22), in combinato disposto con l’articolo 12 del medesimo allegato, avvalora tale interpretazione letterale che esclude il caso di specie dal campo di applicazione delle disposizioni dell’Accordo CE‑Svizzera relative ai lavoratori autonomi. Debbo ricordare in proposito che, ai sensi dell’articolo 12 dell’allegato I, il lavoratore autonomo è un cittadino di una parte contraente che intende stabilirsi nel territorio di un’altra parte contraente per esercitarvi un’attività indipendente. Conformemente all’articolo 13 dell’allegato I, «un lavoratore autonomo frontaliero», che, a mio avviso, costituisce necessariamente una sottocategoria dei «lavoratori autonomi», è un cittadino di una parte contraente che risiede sul territorio di una parte contraente e che esercita un’attività autonoma sul territorio dell’altra parte contraente e ritorna al luogo del proprio domicilio, di norma, ogni giorno. In altri termini, lo Stato dell’attività di un lavoratore autonomo è diverso da quello della sua residenza e quest’ultimo può anche non coincidere con quello di origine (23).

49.      Ribadisco, dunque, che il caso di un semplice trasferimento di residenza sul territorio di una parte contraente senza la prospettiva di esercitarvi un’attività di lavoro autonomo non rientra nel campo di applicazione degli articoli 12 e 13 dell’Accordo CE‑Svizzera.

50.      Nella specie, proprio il fatto che i coniugi Ettwein risiedano in Svizzera osta, secondo la normativa tedesca, all’applicazione del regime fiscale più favorevole. Lo svantaggio fiscale non deriva dal fatto che, in quanto cittadini di una parte contraente che hanno la residenza sul territorio di una parte contraente, i coniugi esercitano il proprio diritto di stabilimento in una parte contraente diversa dallo Stato di cui sono cittadini.

51.      Ne consegue che, poiché i coniugi Ettwein svolgono un’attività lavorativa autonoma nello Stato membro di cui sono cittadini, non acquisiscono diritti dalle disposizioni dell’Accordo CE‑Svizzera in materia di libertà di stabilimento, di parità di trattamento e di non discriminazione, che non sono loro applicabili. Tale interpretazione restrittiva delle disposizioni pertinenti dell’Accordo CE‑Svizzera, conformemente alla sua formulazione, risulta avvalorata dalle relative finalità esaminate in precedenza (24).

2.      Incidenza della giurisprudenza della Corte sulla presente causa

52.      L’articolo 16 dell’Accordo CE‑Svizzera si riferisce espressamente al diritto dell’Unione in quanto fonte d’interpretazione omogenea delle disposizioni del suddetto accordo che sono sostanzialmente identiche a quelle del diritto dell’Unione (25). Il paragrafo 1 prevede che le parti contraenti si impegnino ad applicare i diritti e gli obblighi equivalenti a quelli contenuti nell’acquis comunitario. Il paragrafo 2 rende la giurisprudenza della Corte applicabile in proposito, precisando che detto rinvio riguarda unicamente la giurisprudenza precedente alla data della firma dell’Accordo CE‑Svizzera, intervenuta il 21 giugno 1999, ove la giurisprudenza posteriore verrà comunicata alla Confederazione svizzera (26).

53.      Occorre pertanto esaminare in breve la giurisprudenza pertinente della Corte anteriore al 21 giugno 1999 sull’ampiezza del campo di applicazione delle disposizioni dell’Accordo CE-Svizzera.

54.      Per quanto riguarda i principi di parità di trattamento e di non discriminazione connessi alla libera circolazione dei lavoratori autonomi, in via preliminare desidero rilevare che non si pone nella fattispecie la questione se la loro portata sia analoga a quella prevista nell’ambito del diritto dell’Unione, e, in particolare, conformemente alla giurisprudenza sviluppatasi dalle citate sentenze Schumacker e Bosman, in quanto, come poc’anzi osservato, le disposizioni corrispondenti dell’Accordo CE‑Svizzera non sono applicabili al caso dei coniugi Ettwein (27).

55.      Occorre tuttavia fare riferimento alla sentenza Werner (28), in cui la Corte ha affermato che l’articolo 52 CEE (divenuto articolo 49 TFUE), riguardante il diritto di stabilimento, non osta a che uno Stato membro assoggetti i propri cittadini che esercitano l’attività professionale sul territorio nazionale e che ivi percepiscono la totalità o la quasi totalità dei loro redditi ad oneri fiscali più gravosi qualora non risiedano in detto Stato rispetto all’ipotesi in cui vi risiedano. La causa anzidetta riguardava un cittadino tedesco che esercitava l’attività autonoma di dentista in Germania e vi percepiva la quasi totalità del proprio reddito, ma che aveva trasferito la propria residenza nei Paesi Bassi.

56.      In proposito, come rilevato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, tale sentenza evidenzia che prima della firma dell’Accordo CE‑Svizzera il semplice trasferimento di residenza non poteva essere considerato alla stregua di uno stabilimento per poter svolgere un’attività autonoma in uno Stato ospitante ai sensi dell’articolo 52 CEE.

57.      Per quanto riguarda, poi, la citata sentenza Asscher, anch’essa anteriore alla firma dell’accordo CE‑Svizzera, al pari della citata sentenza Werner, desidero sottolineare che in tale causa il fatto che il ricorrente esercitasse un’attività autonoma in uno Stato membro diverso dal proprio Stato di origine costituiva il presupposto indispensabile per poter invocare nei confronti di tale ultimo Stato l’applicazione del principio della libertà di stabilimento. Ciò per il fatto che, nei confronti del proprio Stato d’origine, egli si trovava in una situazione analoga a quella di qualsiasi altro soggetto che facesse valere, nei confronti dello Stato ospitante, il diritto di stabilimento (29).

58.      Ciò non ricorre nella specie, in quanto i coniugi Ettwein sono assoggettati all’imposta per la totalità dei loro redditi imponibili nel loro Stato di origine, ossia la Repubblica federale di Germania.

59.      Secondo il Finanzgericht Baden-Württemberg, dalla sentenza Asscher emerge che, in materia fiscale, in via di principio spetta allo Stato di residenza tassare il contribuente in modo globale, prendendo in considerazione gli elementi inerenti alla sua situazione personale e familiare, di cui fanno parte il matrimonio e il metodo dello «splitting», che può risultarne. Tuttavia, qualora il contribuente percepisca i propri redditi quasi esclusivamente, o esclusivamente come nel caso di specie, nello Stato in cui lavora, la competenza fiscale spetta a quest’ultimo che, alla luce del principio di non discriminazione, deve tenere conto della situazione personale e familiare dell’interessato qualora ciò non sia possibile nello Stato di residenza.

60.      Secondo il giudice nazionale, da tale giurisprudenza, così come dall’articolo 21, paragrafo 2, dell’Accordo CE-Svizzera, risulterebbe che il rifiuto di concedere un’agevolazione fiscale ai non residenti è qualificabile come «discriminatorio», posto che non esiste alcuna differenza nella situazione oggettiva fra i contribuenti residenti e quelli non residenti tale da giustificare siffatta disparità di trattamento (30).

61.      In proposito, rilevo che non può essere accolta la posizione della Repubblica federale di Germania sull’interpretazione dell’articolo 21, paragrafo 2, dell’Accordo CE‑Svizzera, peraltro neanch’esso applicabile al caso di specie. Il governo tedesco ritiene che la residenza debba sempre essere considerata quale criterio di differenziazione fra i soggetti passivi di imposta. Orbene, tale disposizione autorizza espressamente le parti contraenti a fissare, in materia fiscale, una distinzione in base al luogo di residenza fra i contribuenti soltanto se essi non si trovano in situazioni oggettivamente analoghe.

62.      È sufficiente ricordare nella specie che il principio di non discriminazione fondata sulla nazionalità, come garantito nell’Accordo CE‑Svizzera, non si applica alla situazione dei coniugi Ettwein, in quanto essi sono già cittadini nazionali. Conseguentemente, l’interpretazione della Corte del medesimo principio nell’ambito dell’Unione non può essere trasposta nel caso in esame alle corrispondenti disposizioni dell’Accordo CE-Svizzera.

63.      Per quanto riguarda l’evoluzione della giurisprudenza successiva alla firma dell’Accordo CE‑Svizzera, va precisato che le sentenze Ritter‑Coulais (31), Stamm e Hauser, citata, nonché Graf ed Engel (32), richiamate nel corso della fase scritta e in udienza, pronunciate rispettivamente nel 2006, nel 2008 e nel 2011, non possono essere prese in considerazione nella specie. Conformemente all’articolo 16, paragrafo 2, dell’Accordo CE‑Svizzera, il Comitato misto (33) procede all’esame permanente dell’evoluzione della giurisprudenza pertinente della Corte successiva alla data del 21 giugno 1999 ed è l’unico organo competente per determinarne le eventuali implicazioni nei confronti della Confederazione svizzera nell’ambito delle corrispondenti disposizioni dell’Accordo CE‑Svizzera (34).

64.      Ne consegue che la rilevanza della pertinente giurisprudenza della Corte, senza dubbio imposta dall’articolo 16, paragrafo 2, dell’Accordo CE‑Svizzera, non vale in ogni caso nei confronti di evoluzioni di tale giurisprudenza posteriori alla data di riferimento fissata nella detta disposizione. Una soluzione contraria costituirebbe un’erronea valutazione dell’invocabilità ratione temporis della giurisprudenza pertinente della Corte ai sensi dell’Accordo CE‑Svizzera e sarebbe contraria alla volontà delle parti contraenti di non assoggettare la Confederazione svizzera al potere giurisdizionale della Corte per quanto riguarda l’interpretazione futura di quest’ultima. Orbene, eventuali sviluppi a favore di una maggiore integrazione economica tra i due partner potrebbero avere luogo soltanto a livello politico.

65.      In assenza di una volontà in tal senso, l’obiettivo di omogeneità nell’interpretazione e nell’applicazione del diritto è ostacolato dalle divergenze esistenti tra le finalità e il contesto dell’Accordo CE‑Svizzera, da un lato, e le finalità e il contesto del diritto dell’Unione, dall’altro. L’applicazione dell’acquis comunitario prevista dal suddetto Accordo, che depone a favore di un’interpretazione coerente delle norme equivalenti, deve tuttavia limitarsi agli obiettivi dell’Accordo anzidetto.

66.      Concludo nel senso che le disposizioni dell’Accordo CE‑Svizzera relative ai lavoratori autonomi non ostano a che una coppia di cittadini di uno Stato membro dell’Unione che ivi eserciti attività di lavoro autonomo subisca, in quanto residente in Svizzera e, dunque, al di fuori dell’Unione e del SEE, una disparità di trattamento per quanto riguarda la riscossione dell’imposta sul reddito in circostanze come quelle di cui al procedimento principale.

67.      Desidero infine aggiungere che sebbene, nella specie, venga operata una discriminazione da uno Stato membro ai danni dei propri cittadini che abbiano deciso di trasferire la loro residenza privata al di fuori dell’Unione, e sebbene tale discriminazione non ricada nell’ambito del diritto dell’Unione, ritengo che un trattamento discriminatorio di tal genere sia, in ogni caso, poco difendibile alla luce dei valori costituzionali comuni agli Stati membri, trattandosi, in particolare, dello stesso trattamento riservato a persone che si trovano in una situazione equiparabile (35).

VI – Conclusione

68.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di risolvere la questione pregiudiziale sottoposta dal Finanzgericht Baden-Württemberg nei seguenti termini:

«Le disposizioni dell’Accordo tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall’altra, sulla libera circolazione delle persone, firmato a Lussemburgo il 21 giugno 1999, in particolare gli articoli 1, 2, 11, 16 e 21 del medesimo nonché gli articoli 9, 13 e 15 del suo allegato I, non ostano alla normativa di uno Stato membro in virtù della quale l’applicazione dell’imposizione congiunta in base al regime del “frazionamento” (“splitting”) venga negata a coniugi cittadini di tale Stato, che ivi esercitino attività di lavoro autonomo e siano assoggettati all’imposta per la totalità dei loro redditi imponibili, unicamente per il fatto che la coppia abbia trasferito la propria residenza dal suddetto Stato in Svizzera».


1 – Lingua originale: il francese.


2 – Accordo firmato a Lussemburgo il 21 giugno 1999 (GU 2002, L 114, pag. 6).


3 –      Sentenza del 14 febbraio 1995, Schumacker (C-279/93, Racc. pag. I‑225, punto 7).


4 –      Firmato il 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3).


5 – Nella versione pubblicata il 19 ottobre 2002 (BGBl. 2002 I, pag. 4215), come modificata il 29 dicembre 2003 (BGBl. 2003 I, pag. 3080) e il 20 dicembre 2007 (BGBl. 2007 I, pag. 3151).


6 –      Sentenza Schumacker, cit. (punto 26).


7 –      Sentenza del 15 dicembre 1995, Bosman (C‑415/93, Racc. pag. I‑4921).


8 – Sentenze Schumacker, cit., e del 27 giugno 1996, Asscher (C‑107/94, Racc. pag. I‑3089).


9 –      Convenzione firmata a Vienna il 23 maggio 1969, Recueil des traités des Nations unies, vol. 1155, pag. 331.


10 – V., per ulteriori sviluppi, in particolare, parere 1/91, del 14 dicembre 1991 (Racc. pag. I‑6079, punto 14), sentenze del 1° luglio 1993, Metalsa (C‑312/91, Racc. pag. I‑3751, punto 12); del 2 marzo 1999, Eddline El‑Yassini (C‑416/96, Racc. pag. I‑1209, punto 47); del 20 novembre 2001, Jany e a. (C‑268/99, Racc. pag. I‑8615, punto 35); del 25 febbraio 2010, Brita (C‑386/08, Racc. pag. I‑1289, punti 42 e 43), e del 15 luglio 2010, Hengartner e Gasser (C‑70/09, Racc. pag. I‑7233, punto 36).


11 – V., in tal senso, in particolare, sentenze del 12 novembre 2009, Grimme (C‑351/08, Racc. pag. I10777, punti 27 e 29); dell’11 febbraio 2010, Fokus Invest (C‑541/08, Racc. pag. I‑1025, punto 28), e Hengartner e Gasser, cit. (punti 41 e 42).


12 – Epiney, A., e Mosters, R., «Un exemple d’interprétation des accords conclus entre la Suisse et l’Union européenne: l’accord sur la libre circulation des personnes», Interprétation et application des «traités d’intégration», Schulthess, Zürich, 2006, pagg. 57‑73, e, sempre in tal senso, Boillet, V., «La détermination du champ d’application de l’accord sur la libre circulation des personnes au regard de la jurisprudence de la Cour européenne de justice: les implications des arrêts Zambrano et McCarty», Pratique juridique actuelle, 2012, pagg. 49‑55. V. anche Aubry Girardin, F., «L’interprétation et l’application de l’accord sur la libre circulation des personnes du point de vue de la jurisprudence», L’accord sur la libre circulation des personnes Suisse‑UE, Schulthess, Zürich, 2011, pagg. 29‑48.


13 – Kaddous, C., «Stamm et Hauser, Grimme, Fokus Invest AG, Hengartner et Gasser ou les accords bilatéraux ne créent pas un marché intérieur»,Revue suisse de droit international et européen, 2010, pagg. 129‑136.


14 –      I sette accordi vertono sulla libera circolazione delle persone, sul trasporto aereo, sul trasporto di merci e di passeggeri su strada e per ferrovia, sul commercio di prodotti agricoli, sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità, su alcuni aspetti relativi agli appalti pubblici e sulla cooperazione scientifica e tecnologica. V. decisione 2002/309/CE, Euratom del Consiglio e, per quanto riguarda l’accordo sulla cooperazione scientifica e tecnologica, della Commissione, del 4 aprile 2002, relativa alla conclusione di sette accordi con la Confederazione svizzera (GU L 114, pag. 1).


15 –      Sentenza Grimme, cit. (punto 28).


16 – V., in tal senso, in particolare, sentenza del 9 febbraio 1982, Polydor e RSO Records (270/80, Racc. pag. 329, punti 15‑19); parere 1/91, cit. (punto 14); sentenza Metalsa, cit. (punti 11 e 15‑19), e la giurisprudenza ivi citata alla nota 11.


17 –      Il corsivo è mio.


18 – V. articolo 9, paragrafo 2, allegato I, dell’Accordo CE-Svizzera.


19 –      L’articolo 2 prevede che «[i]n conformità delle disposizioni degli allegati I, II e III del presente Accordo, i cittadini di una parte contraente che soggiornano legalmente sul territorio di un’altra parte contraente non sono oggetto, nell’applicazione di dette disposizioni, di alcuna discriminazione fondata sulla nazionalità».


20 –      Sentenza del 15 dicembre 2011 (C‑257/10, Racc. pag. I‑13227, punti 26‑30 e 33‑34).


21 –      Un ragionamento analogo è sviluppato nella sentenza Grimme, cit. (punti 47‑49).


22 – Il paragrafo 1 del suddetto articolo definisce il lavoratore autonomo frontaliero in maniera imprecisa come «un cittadino di una parte contraente che risiede sul territorio di una parte contraente ed esercita un’attività indipendente sul territorio dell’altra parte contraente (…)». I paragrafi 2 e 3 stabiliscono modalità più favorevoli circa tale categoria specifica di lavoratori autonomi in materia di diritto di soggiorno. V. sentenza del 22 dicembre 2008, Stamm e Hauser (C‑13/08, Racc. pag. I‑11087, punto 39).


23 –      Un cittadino svizzero stabilito in Germania rimane, pertanto, un lavoratore autonomo frontaliero ai sensi dell’articolo 13 dell’allegato I, anche se risiede in Austria, ma l’Accordo non si applica alla sua eventuale attività economica in Svizzera. Parimenti, un cittadino tedesco stabilito in Svizzera è un lavoratore autonomo frontaliero ai sensi dell’articolo 13 dell’allegato I, se risiede in Germania o in un altro Stato membro dell’Unione, ma se egli è stabilito in Germania non soddisfa i criteri previsti dal suddetto articolo.


24 –      V. paragrafi 34 e segg. supra.


25 – V., in tal senso e relativamente al progetto di accordo fra la Comunità, da un lato, e i paesi dell’Associazione europea di libero scambio, dall’altro, i pareri 1/91, cit., e 1/92, del 10 aprile 1992 (Racc. pag. I‑2821) sulla creazione dello Spazio economico europeo.


26 – In forza dell’articolo 16, paragrafo 2, terza frase, dell’Accordo, il Comitato misto determina, su richiesta di una delle parti contraenti, le implicazioni di tale giurisprudenza della Corte posteriore alla data di riferimento per la Svizzera in qualità di Stato terzo rispetto all’Unione. V., per confronto, sull’articolo 6 del progetto di accordo fra la Comunità, da un lato, e i paesi dell’Associazione europea di libero scambio, dall’altro, i pareri 1/91, cit. (punti 8, 24 e 44), e 1/92, cit. (punto 5) sulla creazione dello Spazio economico europeo.


27 – Citate sentenze Schumacker (punto 26) e Bosman (punti 95‑97). Ad avviso del giudice del rinvio, dalle suddette sentenze emerge che le norme relative alla parità di trattamento vietano non soltanto le discriminazioni palesi in base alla cittadinanza, ma anche qualsiasi discriminazione dissimulata che, basandosi su altri criteri di distinzione (come un requisito di residenza), pervenga al medesimo risultato. Il principio di non discriminazione si estenderebbe alle disposizioni che impediscano a un cittadino di uno Stato membro di lasciare il paese d’origine per esercitare il suo diritto di libera circolazione o che lo dissuadano dal farlo, in quanto costituiscono ostacoli frapposti a tale libertà anche se si applicano indipendentemente dalla cittadinanza dei lavoratori interessati. Secondo il giudice a quo, una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale, che opera una distinzione fra i residenti e i non residenti e considera i contribuenti coniugati in maniera sfavorevole se residenti al di fuori dell’Unione e del SEE, a prescindere dalla loro cittadinanza, potrebbe scoraggiare i coniugi che possano rivendicare tale agevolazione fiscale dall’esercitare il proprio diritto alla libera circolazione.


28 –      Sentenza del 26 gennaio 1993, Werner (C‑112/91, Racc. pag. I‑429, punto 17).


29 –      V. punti 34 e 62 di detta sentenza. Successivamente alla firma dell’Accordo CE-Svizzera, la Corte ha sviluppato una soluzione diversa in merito alla libera circolazione dei lavoratori dipendenti, ritenendo che ogni cittadino dell’Unione che svolga un’attività lavorativa subordinata in uno Stato membro diverso da quello di residenza possa avvalersi di tale libertà in qualità di lavoratore migrante, indipendentemente dall’identità fra il suo Stato di origine e quello di occupazione. V., in particolare, sentenza del 16 ottobre 2008, Renneberg (C‑527/06, Racc. pag. I‑7735, punti 35 e 36 e la giurisprudenza ivi citata).


30 –      Sentenza Asscher, cit. (punti 40‑44).


31 –      Sentenza del 21 febbraio 2006 (C‑152/03, Racc. pag. I‑1711).


32 –      Sentenza del 6 ottobre 2011 (C‑506/10, Racc. pag. I‑9345).


33 – In forza dell’articolo 14 dell’Accordo CE‑Svizzera, il Comitato misto è composto dai rappresentanti delle parti contraenti; è responsabile della gestione e della corretta applicazione dell’Accordo; a tal fine esso formula raccomandazioni e prende decisioni nei casi previsti dall’Accordo, per le quali si pronuncia all’unanimità. Il Comitato misto si riunisce in funzione della necessità e almeno una volta l’anno; ciascuna parte può chiedere che venga indetta una riunione. Il Comitato misto può decidere di costituire gruppi di lavoro o di esperti per coadiuvarlo nello svolgimento del suo compito. In virtù dell’articolo 19, le parti contraenti possono rivolgersi anche al Comitato misto per qualsiasi controversia relativa all’interpretazione o all’applicazione del presente Accordo.


34 – Peraltro, l’articolo 18 dell’Accordo prevede una procedura di riesame particolare. Ai sensi del suddetto articolo, una parte contraente può presentare una proposta di revisione al Comitato misto, che entrerà eventualmente in vigore dopo la conclusione delle rispettive procedure interne.


35 – V., in tal senso, paragrafo 72 delle mie conclusioni nella citata causa Hengartner e Gasser.