Language of document : ECLI:EU:T:2021:42

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata)

27 gennaio 2021 (*)

«Ambiente – Finanziamento di una centrale elettrica a biomassa in Galizia – Delibera del consiglio di amministrazione della BEI che approva il finanziamento – Accesso alla giustizia in materia ambientale – Articoli 9 e 10 della Convenzione di Aarhus – Articoli da 10 a 12 del regolamento (CE) n. 1367/2006 – Richiesta di riesame interno – Rigetto della richiesta in quanto irricevibile – Ricevibilità di un motivo a difesa – Obbligo di motivazione – Nozione di atto adottato nell’ambito del diritto ambientale – Nozione di atto avente effetti esterni e giuridicamente vincolanti»

Nella causa T‑9/19,

ClientEarth, con sede in Londra (Regno Unito), rappresentata da J. Flynn, QC, H. Leith e S. Abram, barristers,

ricorrente,

contro

Banca europea per gli investimenti (BEI), rappresentata da G. Faedo e K. Carr, in qualità di agenti, assistite da B. Wägenbaur, avocat,

convenuta,

sostenuta da

Commissione europea, rappresentata da F. Blanc e G. Gattinara, in qualità di agenti,

interveniente,

avente ad oggetto la domanda ai sensi dell’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione della BEI comunicata alla ricorrente con lettera del 30 ottobre 2018, che respinge, in quanto irricevibile, la richiesta di riesame interno della delibera del consiglio di amministrazione della BEI, del 12 aprile 2018, che approva il finanziamento di un progetto di centrale elettrica a biomassa in Galizia (Spagna), presentata dalla ricorrente il 9 agosto 2018, ai sensi dell’articolo 10 del regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU 2006, L 264, pag. 13), e della decisione 2008/50/CE della Commissione, del 13 dicembre 2007, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1367/2006 con riguardo alle richieste di riesame interno degli atti amministrativi (GU 2008, L 13, pag. 24),

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata),

composto da M. Van der Woude, presidente, V. Tomljenović, F. Schalin, P. Škvařilová‑Pelzl (relatrice) e I. Nõmm, giudici,

cancelliere: S. Spyropoulos, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 giugno 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

 Sulla convenzione di Aarhus

1        Il 25 giugno 1998 la Comunità europea, divenuta poi l’Unione europea, ha firmato ad Aarhus la convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (in prosieguo: la «convenzione di Aarhus»). La convenzione di Aarhus è entrata in vigore il 30 ottobre 2001. Essa è stata poi approvata, a nome della Comunità, con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, della convenzione di Aarhus (GU 2005, L 124, pag. 1). A partire da tale data, anche l’Unione europea è parte di tale convenzione.

2        L’articolo 1 della convenzione di Aarhus, intitolato «Finalità», dispone che «[p]er contribuire a tutelare il diritto di ogni persona, nelle generazioni presenti e future, a vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere, ciascuna parte [alla convenzione] garantisce il diritto di accesso alle informazioni, di partecipazione del pubblico ai processi decisionali e di accesso alla giustizia in materia ambientale in conformità delle disposizioni della (…) convenzione».

3        Secondo la guida all’applicazione della convenzione di Aarhus, il diritto di accesso alla giustizia in materia ambientale, previsto all’articolo 9, paragrafi 1 e 2, della convenzione di Aarhus, mira a garantire, in modo specifico, i diritti di accesso alle informazioni ambientali e la partecipazione del pubblico ai processi decisionali in materia ambientale, quali garantiti da tale medesima convenzione. L’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus, dal canto suo, stabilisce, in termini più generali, che ciascuna parte provvede affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale.

4        La guida all’applicazione della convenzione di Aarhus indica inoltre quanto segue. Le parti della convenzione di Aarhus hanno conservato un notevole margine di discrezionalità per la designazione degli organi (ad esempio tribunale o organo amministrativo) e delle forme processuali (ad esempio di diritto civile, amministrativo o penale) che devono essere accessibili per contestare gli atti e le omissioni di cui all’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus. Pur tenendo conto dell’obbligo generale imposto dall’articolo 3, paragrafo 1, della medesima convenzione di istituire e mantenere un quadro preciso, trasparente e coerente, alle parti della convenzione di Aarhus non viene opposto alcun ostacolo alla messa a disposizione di diverse procedure di ricorso per diversi tipi di atti o di omissioni. L’obiettivo di ogni procedura di ricorso amministrativo o giurisdizionale è quello di correggere decisioni, atti e omissioni erronei nonché di ottenere infine il risarcimento di violazioni della legge. In applicazione dell’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione di Aarhus, le parti della convenzione di Aarhus devono garantire che gli organi di ricorso offrano rimedi «adeguati ed effettivi», ivi compresi, eventualmente, provvedimenti ingiuntivi. Oltre a precisare i tipi di ricorso, l’articolo 9, paragrafi 4 e 5, della convenzione di Aarhus esige che le parti di quest’ultima provvedano a che le procedure di ricorso di cui ai paragrafi da 1 a 3 siano «obiettive, eque, rapide e non eccessivamente onerose» e che il pubblico sia informato di queste possibilità.

 Sulla politica dellUnione in materia ambientale e sullattuazione dellarticolo 9, paragrafi 3 e 4, della convenzione di Aarhus mediante il regolamento di Aarhus

5        La politica dell’Unione in materia ambientale si fonda sugli articoli da 191 a 193 TFUE nonché sull’articolo 11 TFUE, che promuove lo sviluppo sostenibile in modo trasversale.

6        L’articolo 191 TFUE definisce l’ambito di applicazione della politica dell’Unione in materia ambientale e prevede una serie di obiettivi (paragrafo 1), di principi (paragrafo 2) e di criteri (paragrafo 3) che il legislatore dell’Unione deve rispettare nell’attuazione di tale politica.

7        Ai sensi dell’articolo 191, paragrafo 1, TFUE, gli obiettivi perseguiti dalla politica dell’Unione in materia ambientale sono i seguenti:

«–      salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente,

–        protezione della salute umana,

–        utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali,

–        promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell’ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici».

8        Al momento dei fatti, l’azione concreta dell’Unione si fondava principalmente sul programma d’azione per l’ambiente per il periodo 2014-2020. Essa perseguiva tre obiettivi che erano, in primo luogo, la salvaguardia del capitale naturale (fertilità dei terreni, qualità dell’aria e dell’acqua, biodiversità, ecc.), in secondo luogo, la trasformazione dell’Unione in un’economia a basse emissioni di carbonio e moderata nel suo utilizzo delle risorse (trattamento dei rifiuti, lotta contro lo spreco, riciclaggio, ecc.) e, in terzo luogo, la protezione della salute umana e del benessere dell’uomo (lotta contro l’inquinamento, limitazione dei prodotti chimici, ecc.). Oltre a tali obiettivi, la politica dell’Unione nel settore dell’ambiente era sempre più integrata negli altri settori di azione dell’Unione. Ad esempio, il pacchetto sul clima e sull’energia fino al 2020, poi 2030, integrava taluni obiettivi nazionali vincolanti al fine di aumentare la quota di energie rinnovabili nel consumo nazionale.

9        L’articolo 191, paragrafo 4, TFUE precisa la portata della competenza esterna dell’Unione in materia ambientale. Stabilisce il principio di una competenza concorrente degli Stati membri e dell’Unione a negoziare accordi internazionali nel settore ambientale con i paesi terzi e le organizzazioni internazionali competenti.

10      Al fine di realizzare gli obiettivi della politica dell’Unione in materia ambientale, la Comunità, divenuta successivamente l’Unione, ha firmato la convenzione di Aarhus.

11      Al fine di trasporre tale convenzione nell’ordinamento giuridico dell’Unione, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea hanno adottato il regolamento (CE) n. 1367/2006, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi [dell’Unione europea] delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU 2006, L 264, pag. 13; in prosieguo: il «regolamento Aarhus»), che stabilisce in particolare, a norma del suo articolo 1, paragrafo 1, lettera d), «le regole per applicare le disposizioni della convenzione alle istituzioni e agli organi [dell’Unione], e a tal fine (...) prevede l’accesso alla giustizia in materia ambientale a livello [dell’Unione] alle condizioni stabilite da[ tale] regolamento». Il regolamento Aarhus, conformemente al suo articolo 14, è entrato in vigore il 28 giugno 2007.

12      Ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento Aarhus, qualsiasi organizzazione non governativa (ONG) che soddisfa i criteri di cui all’articolo 11 di detto regolamento può avviare, con domanda motivata, un riesame interno all’istituzione o all’organo dell’Unione che ha adottato un atto amministrativo ai sensi del diritto ambientale.

13      Il considerando 11 del regolamento Aarhus prevede che gli atti amministrativi di portata individuale debbano poter formare oggetto di un riesame interno qualora abbiano effetti esterni e giuridicamente vincolanti. In tal senso, l’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento Aarhus definisce la nozione di «atto amministrativo», ai fini di detto regolamento, come qualsiasi provvedimento di portata individuale nell’ambito del diritto ambientale adottato da un’istituzione o da un organo dell’Unione e avente effetti esterni e giuridicamente vincolanti.

14      Il considerando 10 del regolamento Aarhus indica che, «(t)rattandosi di una disciplina in costante evoluzione, la definizione di diritto ambientale dovrebbe riferirsi agli obiettivi della politica [dell’Unione] sull’ambiente, quali figurano nel trattato [FUE]». In tal senso, l’articolo 2, paragrafo 1, lettera f), del regolamento Aarhus dispone che, ai fini di detto regolamento, per «diritto ambientale» si intende qualsiasi disposizione legislativa dell’Unione che, a prescindere dalla base giuridica, contribuisce al raggiungimento degli obiettivi della politica dell’Unione in materia ambientale, stabiliti nel Trattato FUE: la salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente, protezione della salute umana, l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali e la promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell’ambiente a livello regionale o mondiale.

15      Inoltre, conformemente all’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento Aarhus, l’ONG che ha formulato la richiesta di riesame interno ai sensi dell’articolo 10 di detto regolamento può proporre ricorso dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea a norma delle pertinenti disposizioni del Trattato FUE.

16      Al considerando 18 del regolamento Aarhus, il legislatore ha precisato a tal riguardo che, conformemente all’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus e al Trattato FUE, detto regolamento mirava a consentire l’avvio di procedure di ricorso di natura giurisdizionale e non avverso gli atti e le omissioni delle pubbliche autorità che violano le norme di diritto ambientale. Inoltre, esso ha indicato che le disposizioni sull’accesso alla giustizia dovrebbero essere conformi al Trattato FUE. Infine, ai considerando 19 e 21 del regolamento Aarhus, il legislatore ha precisato che, per assicurare mezzi di impugnazione adeguati e efficaci, compresi quelli esperibili dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea ai sensi delle pertinenti disposizioni del Trattato FUE, era opportuno che l’istituzione o l’organo dell’Unione che avesse emanato l’atto oggetto di impugnazione o, in caso di presunta omissione, che avrebbe dovuto emanarlo, avesse la possibilità di riconsiderare la propria decisione o di agire e che, nel caso in cui una richiesta di riesame interno non fosse stata accolta, l’ONG interessata dovesse avere la possibilità di proporre ricorso dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea ai sensi delle pertinenti disposizioni del Trattato FUE.

17      Dai considerando del regolamento Aarhus citati al precedente punto 16 risulta che, nel sistema di accesso alla giustizia in materia ambientale istituito dagli articoli da 10 a 12 di tale regolamento, il riesame interno è concepito come un procedimento amministrativo preliminare a un eventuale ricorso dinanzi al giudice dell’Unione, il quale dovrebbe essere avviato conformemente alle pertinenti disposizioni del Trattato FUE.

18      Inoltre, dai medesimi considerando risulta che l’oggetto del sistema di accesso alla giustizia istituito dagli articoli da 10 a 12 del regolamento Aarhus riguarda unicamente il controllo dell’applicazione del diritto ambientale dell’Unione.

19      In tal senso, l’articolo 1, punto 1, della decisione n. 2008/50/CE della Commissione, del 13 dicembre 2007, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento [Aarhus] con riguardo alle richieste di riesame interno degli atti amministrativi (GU 2008, L 13, pag. 24), impone a tutte le ONG che presentano una richiesta di riesame interno di un atto amministrativo o in relazione ad un’omissione, ai sensi dell’articolo 10 del regolamento Aarhus, di precisare l’atto o la presunta omissione di natura amministrativa di cui chiedono il riesame interno e le norme di diritto ambientale dell’Unione che ritengono disattese.

 Sulla BEI

20      La Banca europea per gli investimenti (BEI) è un organismo dell’Unione destinato a contribuire alla realizzazione degli obiettivi di quest’ultima.

21      La BEI è dotata, in forza dell’articolo 308 TFUE, di una personalità giuridica distinta da quella dell’Unione. Essa è amministrata e gestita dai propri organi e dispone di risorse e di un bilancio propri.

22      Ai sensi dell’articolo 309 TFUE, la BEI ha il compito di contribuire, facendo appello ai mercati dei capitali e alle sue risorse proprie, allo sviluppo equilibrato e senza scontri del mercato interno nell’interesse dell’Unione. A tal fine, essa facilita, mediante la concessione di prestiti e garanzie, senza perseguire fini di lucro, il finanziamento di diversi progetti in tutti i settori dell’economia, in particolare i progetti d’interesse comune per diversi Stati membri, i quali, per la loro ampiezza o per la loro natura, non possono essere interamente coperti dai diversi mezzi di finanziamento esistenti in ciascuno degli Stati membri.

23      L’articolo 7, paragrafo 2, dello Statuto della BEI istituito dal protocollo n. 5 allegato al Trattato UE e al Trattato FUE dispone, in particolare, che il consiglio dei governatori fissa le direttive generali relative alla politica creditizia della BEI, conformemente agli obiettivi dell’Unione. Conformemente all’articolo 7, paragrafo 3, lettera b), di detto statuto, ai fini del suo articolo 9, paragrafo 1, il consiglio dei governatori determina i principi applicabili alle operazioni di finanziamento nell’ambito dei compiti della BEI.

24      Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, dello statuto della BEI, il consiglio di amministrazione della BEI controlla la sana gestione di quest’ultima e assicura la conformità della sua gestione alle disposizioni dei Trattati e dello statuto e alle direttive generali fissate dal consiglio dei governatori. Esso decide in merito alla concessione di finanziamenti e fissa il tasso di interesse dei prestiti.

25      Il regolamento interno della BEI, nella versione applicabile nel caso di specie, vale a dire quella risultante dalle modifiche del 20 gennaio 2016 (GU 2016, L 127, pag. 55), precisa, all’articolo 18, che, conformemente all’articolo 9, paragrafo 1, dello statuto della BEI, il consiglio di amministrazione stabilisce, su proposta del comitato direttivo, i termini e le condizioni che costituiscono il quadro generale delle operazioni di finanziamento, in particolare approvando i criteri per la fissazione dei tassi di interesse. Esso adotta, su proposta del comitato direttivo, le decisioni politiche concernenti la gestione della Banca; esso approva le operazioni di finanziamento proposte dal comitato direttivo. In generale, il consiglio di amministrazione assicura la sana amministrazione della BEI conformemente al Trattato FUE, allo statuto della stessa, alle direttive formulate dal consiglio dei governatori e agli altri testi che disciplinano l’attività della BEI nello svolgimento delle proprie funzioni ai sensi del Trattato FUE.

26      L’articolo 16, paragrafo 1, dello statuto della BEI dispone che quest’ultima concede finanziamenti, nell’ambito del mandato definito all’articolo 309 TFUE.

27      Ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 3, dello statuto della BEI, il consiglio di amministrazione delibera sulle operazioni di finanziamento ad esso sottoposte dal comitato direttivo, il quale, conformemente all’articolo 11, paragrafo 3, del medesimo statuto, ha un ruolo di preparazione e di esecuzione riguardante la conclusione di prestiti e la concessione di finanziamenti, in particolare sotto forma di crediti e garanzie.

28      La dichiarazione dei principi e delle norme in materia sociale e ambientale, approvata dal consiglio di amministrazione il 3 febbraio 2009 (in prosieguo: la «dichiarazione del 2009»), e la strategia in materia di azione per il clima, intesa a mobilizzare finanziamenti a sostegno della transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e in grado di resistere ai cambiamenti climatici, adottata dalla BEI il 22 settembre 2015 (in prosieguo: la «strategia per il clima»), definiscono gli obiettivi dell’attività di prestito e i criteri di ammissibilità per i progetti riguardanti l’ambiente.

29      Al punto 22 della strategia per il clima, la BEI indica quanto segue:

«Quale banca dell’U[nione], la BEI ha il compito di sostenere gli obiettivi della politica dell’Unione, che consistono in particolare nel promuovere l’innovazione e le competenze, l’accesso ai finanziamenti per le piccole e medie imprese, le infrastrutture strategiche e l’azione per il clima. La BEI concorre alla realizzazione di tali obiettivi, tutti collegati tra loro, con le sue attività di prestito, di finanziamento combinato (associazione dei finanziamenti della BEI con altre fonti di fondi) e di consulenza. La conformità alle politiche pertinenti, la qualità del portafoglio e la solidità delle decisioni di finanziamento sono garantite mediante una procedura completa di valutazione preliminare che si applica a tutti i progetti sostenuti dalla BEI (...) Nel settore dell’azione a favore del clima, le politiche e gli strumenti climatici dell’U[nione], quali il sistema di scambio di quote di emissione (...), la strategia di adeguamento al cambiamento climatico o ancora il quadro per il clima e l’energia per il 2030, sono integrati nelle pertinenti pratiche e procedure operative che orientano le decisioni di finanziamento. La [BEI] cerca inoltre di contribuire con la sua azione alla realizzazione di piani a lungo termine come l’Unione europea dell’energia o la traiettoria di decarbonizzazione tracciata dal [Gruppo di esperti intergovernativo sull’evoluzione del clima, o] GIEC, secondo la quale le emissioni mondiali di gas a effetto serra devono raggiungere il loro massimo entro il 2020, essere ridotte di almeno il 50% entro il 2050 rispetto al livello del 1990 ed essere quasi nulle o negative entro il 2100 per poter mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2 [gradi Celsius]».

30      Il punto 36 della strategia per il clima espone che la BEI continuerà a destinare almeno il 25% dei suoi finanziamenti a progetti che sostengono espressamente l’azione a favore del clima. Al di là dell’approccio settoriale tradizionalmente seguito per individuare i progetti rientranti nell’azione per il clima, il punto 39 della strategia per il clima prevede una presa in considerazione più dettagliata dell’incidenza dei progetti al fine di rafforzare il contributo globale della BEI.

31      Il punto 24 della strategia per il clima parte dalla constatazione che non tutti i settori hanno lo stesso impatto sul clima e che i settori più pertinenti in ragione della parte dei finanziamenti della BEI che essi rappresentano e del tipo di progetti interessati sono i settori dell’energia e dei trasporti. Esso indica che un elemento importante dei criteri di selezione e di valutazione per i progetti energetici è l’applicazione di un parametro di emissione ai progetti di produzione di elettricità. Tale norma consente di escludere i progetti le cui emissioni previste non sono conformi agli obiettivi dell’Unione, pur rispettando il principio di neutralità tecnologica. In ogni caso, viene data priorità ai progetti di efficienza energetica.

32      Il punto 47 della strategia per il clima indica che sarà stabilita una tipologia di progetti a forte impatto per settore, esaminando le tabelle di marcia per la decarbonizzazione esistenti nei settori considerati o ancora le intensità di carbonio di questi ultimi. All’interno dell’Unione, le politiche definite dall’Unione e dagli Stati membri, tra le quali figurano in particolare la visione a lungo termine dell’Unione per una società a basse emissioni di carbonio e in grado di resistere ai cambiamenti climatici, o ancora i piani d’azione nazionali a favore delle energie rinnovabili e i programmi di adeguamento, devono servire come principali punti di riferimento quali tabelle di marcia.

33      Inoltre, il punto 72 della strategia per il clima precisa che la valutazione delle emissioni di gas a effetto serra è utilizzata anche per analizzare le prestazioni dei progetti di produzione di elettricità in materia di emissioni nonché per verificare l’impatto dei progetti idroelettrici e bioenergetici sul clima. L’esattezza, la coerenza e la comparabilità di tali valutazioni costituiscono pertanto elementi importanti della procedura di valutazione preliminare.

34      La dichiarazione del 2009 impone il rispetto di considerazioni di sostenibilità ambientale e sociale per tutti i finanziamenti concessi dalla BEI. Essa indica che, per ottenere un finanziamento, si presume che un progetto contribuisca alla realizzazione di uno o più obiettivi della politica dell’Unione, quali la fornitura di una riposta adeguata alla minaccia rappresentata dai cambiamenti climatici, mediante investimenti che contribuiscono alla loro attenuazione o destinati ad adeguarvisi, in particolare avvalendosi di progetti riguardanti l’efficienza energetica, le energie rinnovabili, le energie meno inquinanti o il sequestro del carbonio, o il contributo ad una gestione sostenibile delle risorse naturali (punto 10). Secondo la dichiarazione del 2009, la BEI incoraggia il settore delle energie rinnovabili, sottolinea l’efficienza energetica in tutti i progetti da essa finanziati, e le sue operazioni di finanziamento rispondono alle altre priorità di investimento dell’Unione in materia di clima (punto 77). Inoltre, la BEI cerca di favorire un uso perenne dei terreni, in particolare per quanto riguarda le foreste, di cui riconosce l’importanza e il contributo che apportano all’attenuazione dei cambiamenti climatici, all’adattamento a tali cambiamenti e alla protezione della diversità biologica (punto 77).

35      Inoltre, la dichiarazione del 2009 richiede che i progetti finanziati dalla BEI rispettino le norme generali in materia ambientale stabilite da quest’ultima, che derivano dal diritto dell’Unione e possono essere completate, se del caso, da altre buone pratiche internazionali o da norme più rigorose imposte dalla BEI (punti 31 e 32). Essa esige altresì il rispetto di norme procedurali, quali le disposizioni della direttiva n. 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2012, L 26, pag. 1), come modificata [punto 35, relativo tuttavia la direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 1985, L 175, pag. 40), successivamente abrogata dalla direttiva 2011/92].

36      Infine, secondo i punti 78 e 82 della dichiarazione del 2009, la BEI si adopera attivamente per identificare e promuovere i progetti che comportano una notevole riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, secondo metodi che essa custodisce e mette a punto in cooperazione con altre istituzioni finanziarie internazionali, e prende altresì in considerazione tali vantaggi nelle sue analisi finanziarie ed economiche.

 Sul progetto Curtis e sul suo finanziamento da parte della BEI

37      Il progetto di costruzione, nel comune di Curtis (Teixeiro), nella provincia di A Coruña, in Galizia (Spagna), di una centrale a biomassa di produzione di elettricità di una capacità di circa 50 megawatt elettrici alimentata dai rifiuti forestali raccolti in un raggio di 100 km (in prosieguo: il «progetto Curtis») figurava tra i vincitori di un’aggiudicazione di progetti di energie rinnovabili organizzata dal Regno di Spagna nel 2016.

38      Alla fine del 2016, il promotore del progetto Curtis ha contattato i servizi della BEI per presentare le caratteristiche tecniche di quest’ultimo e avviare discussioni in merito alla possibilità di ottenere un finanziamento da parte sua.

39      Sulla base delle informazioni disponibili e del risultato delle discussioni con il promotore, i servizi della BEI si sono accordati su una nota d’informazione preliminare concernente il progetto Curtis.

40      Il 4 dicembre 2017 il comitato direttivo della BEI ha approvato la nota d’informazione preliminare che autorizzava i servizi ad avviare ufficialmente la procedura d’istruzione del progetto Curtis.

41      Il 13 dicembre 2017 la descrizione del progetto Curtis è stata pubblicata sul sito Internet della BEI, conformemente ai requisiti della politica di trasparenza del gruppo BEI, che comprende la BEI e il Fondo europeo per gli investimenti. Vi era indicato che la produzione di elettricità da fonti rinnovabili partecipava all’obiettivo dell’Unione di attenuare gli effetti del cambiamento climatico. Garantendo la domanda di residui di legname da bosco, il progetto doveva consentire di attenuare gli effetti degli incendi boschivi in Galizia e contribuire alla sostenibilità delle attività forestali di tale regione e della sua attività economica in generale.

42      Il 15 dicembre 2017 la BEI ha chiesto alla Commissione europea di esprimere il proprio parere sul progetto Curtis, come previsto dall’articolo 19 dello statuto della BEI. Il 12 febbraio 2018 la Commissione trasmetteva alla BEI un parere favorevole riguardante il progetto Curtis.

43      Il 18 dicembre 2017 la BEI ha chiesto il parere del Regno di Spagna, conformemente all’articolo 19 dello statuto della BEI. Quest’ultimo ha trasmesso un parere di non obiezione il 20 dicembre 2017.

44      Nella riunione del 20 marzo 2018, il comitato direttivo ha approvato la presentazione al consiglio di amministrazione di una proposta di finanziamento per il progetto Curtis, recante il riferimento «Doc 18/291» (in prosieguo: la «proposta di finanziamento»), sulle risorse proprie della BEI e la presentazione, al comitato per gli investimenti del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), di una richiesta di garanzia dell’Unione per tale medesimo progetto, nei limiti in cui quest’ultimo presentava un profilo di rischio specifico e come tale era stato considerato come un’attività speciale ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 3, secondo comma, dello statuto della BEI.

45      Nel corso della riunione del 9 aprile 2018, il comitato per gli investimenti del FEIS ha approvato l’utilizzo della garanzia dell’Unione per il progetto Curtis.

46      Con delibera adottata nel corso di una riunione tenutasi a Lussemburgo (Lussemburgo) il 12 aprile 2018 (in prosieguo: la «delibera controversa»), il consiglio di amministrazione ha approvato la proposta di finanziamento, sotto forma di prestito che doveva essere concesso ad un organismo ad hoc, denominato «Special Purpose Vehicle», per un importo massimo di EUR 60 milioni. La delibera controversa è stata riportata nel verbale della riunione.

47      Con lettera del 13 aprile 2018 la BEI ha informato il promotore della delibera controversa, affermando che l’approvazione preliminare del finanziamento del progetto Curtis non creava alcun obbligo a carico della BEI di concedere il prestito, ma consentiva al promotore di adottare le misure necessarie per formalizzare detto prestito.

48      Il 28 giugno 2018 la delibera controversa è stata pubblicata sul sito Internet della BEI.

49      Il dettaglio delle modalità e delle condizioni di finanziamento del progetto Curtis è stato negoziato tra il promotore e i vari locatori, che comprendevano, oltre alla BEI, una banca commerciale, un organismo di credito all’esportazione, una banca nazionale di promozione economica e un mutuante di finanziamento mezzanino. Una volta convenute le modalità definitive tra tutte le parti e concluse le varie relazioni di valutazione, l’esito dei negoziati e della procedura di valutazione è stato presentato al comitato direttivo in una nota finale approvata da quest’ultimo il 16 luglio 2018.

50      Il 23 luglio 2018 i servizi della BEI hanno firmato un accordo interno sulle modalità del contratto di finanziamento del progetto Curtis. La documentazione contrattuale ad esso relativa è stata firmata il 25 luglio 2018.

51      Il primo esborso connesso al finanziamento della BEI è stato effettuato il 29 agosto 2018. Era previsto che la costruzione del progetto Curtis fosse completata entro la fine del 2019. Come indicato dalla BEI in udienza, in risposta ad un quesito orale del Tribunale, l’esecuzione del progetto Curtis si svolge normalmente da allora.

 Sulla ricorrente e sulla contestazione, da parte di questultima, del finanziamento del progetto Curtis

52      La ricorrente, ClientEarth, è un’ONG che opera per la tutela dell’ambiente.

53      Il 9 agosto 2018 la ricorrente ha presentato alla BEI una domanda di riesame interno della delibera controversa, conformemente all’articolo 10 del regolamento Aarhus e della decisione 2008/50.

54      La richiesta di riesame interno era fondata su diversi motivi, formali e sostanziali. Nel merito e nei limiti in cui la delibera controversa poteva essere fondata sul ragionamento contenuto nella proposta di finanziamento, la ricorrente contestava in particolare al consiglio di amministrazione di aver commesso, nella delibera controversa, un errore manifesto di valutazione ritenendo che il progetto Curtis avrebbe contribuito in ampia misura alla politica dell’Unione relativamente a tre degli obiettivi da essa perseguiti.

55      Anzitutto, la ricorrente contestava la conclusione secondo cui il progetto Curtis avrebbe contribuito alla realizzazione di obiettivi spagnoli ed europei in materia di produzione di energie rinnovabili, di sicurezza energetica e di obiettivi ambientali. Per quanto riguarda il contributo alla realizzazione di obiettivi spagnoli ed europei in materia di produzione di energie rinnovabili, essa osservava che esso non era affatto suffragato, mentre la proposta di finanziamento rilevava che esisteva un rischio significativo che tutto il legno utilizzato come combustibile nella centrale a biomassa non soddisfacesse i criteri di sostenibilità fissati nella direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE (GU 2009, L 140, pag. 16), nella versione applicabile alla data in cui è stata adottata la delibera controversa, o che il progetto Curtis non sarebbe stato attuato entro il termine stabilito. Quanto al contributo alla realizzazione di un obiettivo di sicurezza energetica, la ricorrente osservava che esso era contraddetto dalla constatazione, contenuta nella proposta di finanziamento, che, poiché il mercato spagnolo dell’energia elettrica era caratterizzato da una sovraccapacità significativa, il progetto avrebbe avuto un debole valore economico per il sistema generale di energia elettrica. Per quanto riguarda il contributo alla realizzazione di obiettivi ambientali, la ricorrente faceva valere che esso non era in alcun modo suffragato, mentre la resa elettrica del progetto sarebbe troppo esigua per contribuire realmente agli obiettivi di produzione di energie rinnovabili.

56      Inoltre, la ricorrente contestava la conclusione secondo cui il progetto Curtis avrebbe contribuito alla prevenzione degli incendi boschivi e alla sostenibilità delle attività forestali in Galizia. Essa sosteneva che tale conclusione si basava su un’interpretazione erronea della Ley 7/2012 de montes de Galicia (legge 7/2012 della regione Galizia), del 28 giugno 2012 (BOE n. 217, dell’8 settembre 2012, pag. 63275), e su un’erronea valutazione dell’impatto reale della centrale a biomassa sulle attività forestali in Galizia, le quali potevano, in pratica, portare ad aumentare il rischio di incendi favorendo la monocoltura silvicola.

57      Infine, la ricorrente contestava la conclusione secondo cui il progetto Curtis sarebbe conforme alle priorità della BEI in materia di prestiti a favore delle energie rinnovabili e della lotta contro il cambiamento climatico. Essa evidenziava che tale conclusione si basava su un’analisi errata che sopravvalutava la resa elettrica del progetto Curtis e i vantaggi ambientali associati a detto progetto, pur sottostimando taluni rischi significativi che potevano incidere sulla fattibilità o sul periodo di attuazione di questo stesso progetto nonché sul suo impatto ambientale, come l’aumento dell’abbattimento degli alberi in Galizia, che portava in particolare a dubitare che il progetto Curtis avrebbe avuto un bilancio positivo in termini di gas a effetto serra.

58      Con lettera del 30 ottobre 2018, firmata dal suo segretario generale e dalla vice capo del suo servizio giuridico, la BEI ha informato la ricorrente del rigetto della richiesta di riesame interno della delibera controversa in quanto irricevibile, dato che tale richiesta non riguardava un atto che poteva formare oggetto di un riesame interno, vale a dire un «atto amministrativo» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento Aarhus (in prosieguo: l’«atto impugnato»).

59      Nell’atto impugnato, in primo luogo, la BEI ha fatto valere che la delibera controversa non produceva effetti esterni giuridicamente vincolanti e non poteva creare diritti per un terzo. Tale delibera avrebbe costituito soltanto un atto interno, ai sensi degli articoli 9 e 19 dello statuto della BEI, indispensabile per poter firmare il corrispondente contratto di finanziamento, ma che non conduceva necessariamente a una siffatta firma, né creerebbe, per la contropartita, il diritto di esigere una firma del genere. Una decisione simile non sarebbe stata paragonabile ad una decisione di aggiudicazione in materia di appalti pubblici, poiché essa non sarebbe stata il risultato di una procedura disciplinata dal diritto degli appalti pubblici o paragonabile ad una gara d’appalto pubblica, ma rientrerebbe nel potere commerciale e politico discrezionale di cui la BEI beneficia in forza dei Trattati e del suo statuto.

60      In secondo luogo, la BEI ha argomentato che la delibera controversa non era stata adottata «nell’ambito del diritto ambientale» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera f), del regolamento Aarhus, il quale definisce il «diritto ambientale» come «la normativa (...) che, a prescindere dalla base giuridica, contribuisce al raggiungimento degli obiettivi della politica [dell’Unione] in materia ambientale, stabiliti nel trattato (...)».

61      Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente relativo al fatto che il progetto Curtis beneficiava della garanzia dell’Unione fornita dal FEIS, in applicazione del regolamento (UE) 2015/1017 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 giugno 2015, relativo al [FEIS], al polo europeo di consulenza sugli investimenti e al portale dei progetti di investimento europei e che modifica i regolamenti (UE) n. 1291/2013 e (UE) n. 1316/2013 – il [FEIS] (GU 2015, L 169, pag. 1), il che avrebbe imposto, a suo avviso, di prendere in considerazione i vincoli ambientali connessi a detto progetto, la BEI ha sostenuto che, a prescindere dalla questione se la concessione della garanzia dell’Unione ad un progetto da essa finanziato fosse sufficiente a far rientrare tale finanziamento nell’ambito di applicazione del «diritto ambientale», la decisione di concedere una siffatta garanzia non era stata adottata dal suo consiglio di amministrazione, bensì dal comitato per gli investimenti del FEIS.

62      Per quanto riguarda l’argomento relativo al fatto che essa si era impegnata a promuovere gli obiettivi ambientali nell’ambito dell’impiego delle proprie risorse, la BEI ha sostenuto che un impegno del genere non era sufficiente per concludere che il finanziamento del progetto Curtis o qualsiasi altro finanziamento di progetto approvato conformemente allo statuto della BEI fossero, ipso facto, da essa approvati sul fondamento della normativa ambientale dell’Unione. Un siffatto argomento estenderebbe artificiosamente i limiti della «normativa dell’Unione» al di là dell’ambito di applicazione del regolamento Aarhus e in modo incompatibile con il ruolo istituzionale e la missione statutaria della BEI.

 Procedimento e conclusioni delle parti

63      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 gennaio 2019, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

64      Il 22 marzo 2019 la BEI ha depositato il proprio controricorso presso la cancelleria del Tribunale.

65      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 aprile 2019, la Commissione ha chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni della BEI. La ricorrente ha rinunciato a formulare osservazioni su detta domanda, l’11 aprile 2019, mentre la BEI ha indicato, il 29 aprile 2019, di non avere osservazioni su questa stessa domanda. Con decisione del 2 maggio 2019 il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha autorizzato tale intervento.

66      Il 7 maggio 2019 la ricorrente ha depositato la replica presso la cancelleria del Tribunale.

67      La Commissione ha depositato una memoria d’intervento il 17 giugno 2019.

68      Il 3 luglio 2019 la BEI ha depositato la controreplica presso la cancelleria del Tribunale.

69      Rispettivamente il 3 luglio e l’8 luglio 2019, la BEI e la ricorrente hanno presentato le loro osservazioni sulla memoria d’intervento della Commissione.

70      In applicazione dell’articolo 106, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, il 4 agosto 2019 la ricorrente ha presentato una presa di posizione motivata sullo svolgimento di un’udienza di discussione.

71      A seguito del rinnovo parziale del Tribunale, la presente causa è stata attribuita ad una nuova giudice relatrice, appartenente alla Seconda Sezione.

72      Su proposta della Seconda Sezione, il Tribunale ha deciso, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura, di rimettere la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato. Inoltre, a causa dell’impedimento di un membro della Sezione a partecipare al procedimento, il presidente del Tribunale ha designato sé stesso, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 2, del regolamento di procedura, per integrare la Sezione nella presente causa. Conformemente all’articolo 10, paragrafo 5, di detto regolamento, esso ha altresì assunto la presidenza della Sezione in tale causa.

73      Su relazione della giudice relatrice, il Tribunale (Seconda Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

74      Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza del 24 giugno 2020.

75      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare l’atto impugnato;

–        condannare la BEI alle spese.

76      La BEI, sostenuta dalla Commissione, chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

77      A sostegno del suo ricorso la ricorrente deduce due motivi. Il primo motivo, attinente al merito, si articola in due parti e verte su errori di valutazione nell’applicazione del regolamento Aarhus. Con questo primo motivo, la ricorrente addebita, in sostanza, alla BEI di avere, adottando l’atto impugnato, riguardo alla delibera controversa, applicato erroneamente talune condizioni richieste affinché un atto possa essere qualificato come «atto amministrativo» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del medesimo regolamento. Il secondo motivo, attinente alla forma, riguarda una violazione dell’obbligo di motivazione.

78      La BEI, sostenuta dalla Commissione, chiede che il Tribunale, prima ancora di esaminare i due motivi dedotti dalla ricorrente, voglia constatare che il ricorso è infondato, in quanto la richiesta di riesame interno della delibera controversa era anch’essa irricevibile in quanto incompatibile con l’indipendenza di cui la BEI godrebbe nell’ambito delle sue operazioni finanziarie. Inoltre, essa chiede il rigetto del ricorso in quanto i due motivi dedotti a sostegno di quest’ultimo sono infondati. La Commissione fa presente di sostenere, in particolare, gli argomenti che la BEI oppone al primo motivo di annullamento.

79      Prima di esaminare i due motivi di annullamento dedotti dalla ricorrente a sostegno del suo ricorso, occorre esaminare il motivo di difesa dedotto dalla BEI.

 Sul motivo di difesa dedotto dalla BEI

80      La BEI, sostenuta dalla Commissione, chiede che il Tribunale, prima ancora di esaminare i due motivi dedotti dalla ricorrente, voglia constatare che il ricorso è infondato, in quanto la richiesta di riesame interno della delibera controversa era anch’essa irricevibile in quanto incompatibile con l’indipendenza di cui la BEI godrebbe nell’ambito delle sue operazioni finanziarie.

81      La ricorrente obietta che, nell’atto impugnato, la BEI non ha invocato, relativamente alla richiesta di riesame interno della delibera controversa, alcun motivo di irricevibilità attinente al carattere incompatibile di tale richiesta con l’indipendenza di cui essa godrebbe nell’ambito delle sue operazioni finanziarie, di modo che essa non è legittimata ad avvalersi di un siffatto motivo, come mezzo di difesa, nell’ambito del presente ricorso.

82      In subordine, la ricorrente sostiene che la BEI, non menzionando tale aspetto nell’atto impugnato, ha violato l’obbligo di motivazione ad essa incombente, come rilevato nell’ambito del secondo motivo di ricorso.

83      Nei limiti in cui la BEI invoca la sua autonomia e la sua indipendenza al fine di rispondere ai suoi motivi di annullamento, la ricorrente sostiene che la sua argomentazione è eccessiva, infondata e che è già stata respinta a più riprese dal giudice dell’Unione.

84      In risposta agli argomenti della ricorrente, la BEI sostiene di essere legittimata a introdurre così un nuovo motivo di irricevibilità della richiesta di riesame interno della delibera controversa dinanzi al Tribunale, in quanto tale motivo non fa che rafforzare la posizione da essa già esposta nell’atto impugnato, secondo cui detta richiesta era irricevibile, e mira a rispondere agli argomenti dedotti nel ricorso, conformemente ai principi del rispetto dei diritti della difesa, della parità delle armi e del contraddittorio.

85      Inoltre, essa contesta di aver violato l’obbligo di motivazione, in quanto non era obbligata ad anticipare e a precisare, nell’atto impugnato, tutti gli argomenti che avrebbe potuto sviluppare nell’ambito di un eventuale ricorso contro detto atto. Per la prima volta in risposta ad un quesito orale del Tribunale in udienza, la BEI sostiene di aver sollevato in sostanza, nell’atto impugnato, un motivo di irricevibilità relativo all’incompatibilità della richiesta di riesame interno con l’indipendenza di cui essa godrebbe nel settore delle sue operazioni finanziarie, facendo valere, da un lato, nel sesto comma di tale atto, che «ogni decisione della BEI di sostenere o meno un progetto potenzialmente ammissibile, e, se del caso, la forma di tale sostegno, rientra nel potere discrezionale commerciale e politico riconosciuto alla [BEI] dai Trattati e dallo statuto», e, dall’altro lato, nell’ottavo comma di tale medesimo atto, che la posizione difesa dalla ricorrente condurrebbe ad una situazione che «non sarebbe più compatibile né con il ruolo istituzionale della BEI né con il compito ad essa conferito conformemente al suo (s)tatuto».

86      Nel caso di specie, alla luce delle obiezioni formulate dalla ricorrente nei confronti del presente motivo di difesa della BEI, occorre anzitutto statuire sulla ricevibilità di quest’ultimo.

87      A tal riguardo, occorre innanzitutto ricordare che il diritto a una buona amministrazione sancito dall’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea include segnatamente, ai sensi del paragrafo 2, lettera c) dello stesso articolo, l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni. Conformemente all’articolo 296 TFUE, gli atti adottati dalle istituzioni, dagli organi e dagli organismi dell’Unione devono essere motivati. L’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento Aarhus dispone altresì che la posizione scritta assunta dall’istituzione o dall’organo dell’Unione cui è presentata una richiesta di riesame interno di uno dei suoi atti dev’essere motivata. Tale motivazione deve consentire al richiedente di comprendere le ragioni alla base della decisione dell’istituzione o dell’organo competente (conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa TestBioTech e a./Commissione, C‑82/17 P, EU:C:2018:837, paragrafo 49).

88      Nell’ambito del controllo di legittimità di cui all’articolo 263 TFUE, il Tribunale non può sostituire la sua propria motivazione a quella dell’autore dell’atto impugnato e non può colmare con la propria motivazione una lacuna nella motivazione di tale atto, in modo tale che il suo esame non si ricolleghi ad alcuna valutazione contenuta in quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2013, UEFA/Commissione, C‑201/11 P, EU:C:2013:519, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

89      Nel caso di specie, come risulta chiaramente dal suo quarto comma, l’atto impugnato si fondava unicamente su un motivo di irricevibilità vertente sul fatto che la delibera controversa non era un «atto amministrativo» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento Aarhus. Inoltre, risulta chiaramente dal quinto e dal settimo comma di detto atto che tale motivo si fondava a sua volta su due sottomotivi, ossia, in primo luogo, che la delibera controversa non produceva alcun effetto esterno e giuridicamente vincolante e, in secondo luogo, che questa stessa delibera non era stata adottata «nell’ambito del diritto ambientale» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera f), del regolamento Aarhus.

90      È solo nell’ambito dell’esame di questi due sottomotivi, e non di un motivo autonomo, che, al fine di respingere l’interpretazione contraria della nozione di «atto amministrativo», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento Aarhus, sollevata dalla ricorrente, la BEI ha menzionato, in modo vago e generico, il potere commerciale e politico discrezionale conferitole dai Trattati e dal suo statuto, nonché il suo ruolo istituzionale e il compito ad essa incombente in forza di detto statuto.

91      L’esame nel merito del presente motivo di difesa esporrebbe quindi il Tribunale a sostituire la propria motivazione a quella adottata dalla BEI nell’atto impugnato, cosa che esso non è legittimato a fare. Nel caso di specie, se la BEI avesse voluto fondare legittimamente la sua decisione su una motivazione autonoma supplementare, essa avrebbe dovuto revocare l’atto impugnato e adottare un nuovo atto, basato in particolare su detta motivazione.

92      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre quindi respingere in quanto irricevibile il motivo a difesa dedotto dalla BEI, relativo al fatto che la richiesta di riesame interno della delibera controversa sarebbe stata irricevibile in quanto incompatibile con l’indipendenza di cui godrebbe la BEI nel settore delle sue operazioni finanziarie.

 Nel merito del ricorso

93      Per quanto riguarda i due motivi di annullamento dedotti a sostegno del ricorso, il secondo verte sulla violazione di una forma sostanziale applicabile all’atto impugnato, ossia l’obbligo di motivare detto atto, mentre il primo, vertente su errori di valutazione nell’applicazione del regolamento Aarhus che viziano l’atto impugnato, è incentrato sulla legittimità nel merito di quest’ultimo.

94      Poiché il giudice dell’Unione non è nelle condizioni di esercitare un controllo nel merito su un atto se la motivazione di tale atto non è sufficiente su un punto essenziale del ragionamento che ha determinato la scelta del suo autore, spetta quindi ad esso verificare la sufficienza della motivazione dell’atto prima di occuparsi dei motivi dedotti dalle parti al fine di contestarne la fondatezza (v., in tal senso, sentenza del 4 marzo 2009, Tirrenia di Navigazione e a./Commissione, T‑265/04, T‑292/04 e T‑504/04, non pubblicata, EU:T:2009:48, punti 98 e 99).

95      Per questi motivi, occorre, nel caso di specie, esaminare il secondo motivo del ricorso prima del primo.

 Sul secondo motivo di ricorso, relativo a una violazione dell’obbligo di motivazione

96      La ricorrente contesta alla BEI di non aver rispettato, adottando l’atto impugnato, l’obbligo di motivazione ad essa incombente. Detto atto costituirebbe un «atto giuridico» soggetto all’obbligo di motivazione ai sensi dell’articolo 296 TFUE e dei diritti riconosciuti dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), e dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali. Ciò sarebbe stato riconosciuto dall’avvocato generale Szpunar al paragrafo 49 delle sue conclusioni nella causa TestBioTech e a./Commissione (C‑82/17 P, EU:C:2018:837). Secondo la ricorrente, la motivazione dell’atto impugnato è insufficiente per consentire di comprendere le ragioni che hanno indotto la BEI a concludere che la delibera controversa, di cui si chiedeva il riesame interno, non soddisfaceva talune delle condizioni richieste perché un atto possa essere qualificato come «atto amministrativo», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento Aarhus, vale a dire, da un lato, la condizione che esso sia adottato «nell’ambito del diritto ambientale» e, dall’altro, la condizione che esso abbia «effetti esterni e giuridicamente vincolanti». In particolare, la ricorrente contesta alla BEI di non aver risposto, nell’atto impugnato, a tutti gli argomenti, di fatto e di diritto, che essa aveva dedotto nella richiesta di riesame interno della delibera controversa.

97      La BEI contesta gli argomenti della ricorrente e sostiene che il secondo motivo del ricorso deve essere respinto in quanto infondato.

98      Dalla giurisprudenza già citata al precedente punto 87 risulta che l’atto impugnato era soggetto all’obbligo di motivazione enunciato all’articolo 296 TFUE e richiamato all’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento Aarhus.

99      Secondo una giurisprudenza costante, la motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione, dall’organo o dall’organismo da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il suo controllo. Non è richiesto che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto la questione di decidere se la motivazione di un atto soddisfi gli obblighi di cui all’articolo 296 TFUE deve essere risolta alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (v. sentenza del 5 marzo 2009, Francia/Consiglio, C‑479/07, non pubblicata, EU:C:2009:131, punto 49 e giurisprudenza ivi citata). In particolare, un atto che arreca pregiudizio è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto agli interessati (v. sentenza del 14 aprile 2015, Consiglio/Commissione, C‑409/13, EU:C:2015:217, punto 79 e giurisprudenza ivi citata).

100    Emerge inoltre dalla giurisprudenza che l’obbligo di motivazione stabilito all’articolo 296 TFUE costituisce una formalità sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, attinente invece alla legittimità nel merito dell’atto controverso (v. sentenza del 5 marzo 2009, Francia/Consiglio, C‑479/07, non pubblicata, EU:C:2009:131, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

101    Nell’atto impugnato, la BEI ha respinto la richiesta di riesame interno della delibera controversa in quanto irricevibile, poiché non riguardava un atto che poteva formare oggetto di un riesame interno, vale a dire un «atto amministrativo», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento Aarhus. Tale posizione era fondata, in sostanza, sulle ragioni esposte ai precedenti punti da 59 a 62, ossia, più precisamente, sul fatto che la delibera controversa non soddisfaceva talune delle condizioni poste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento Aarhus per poter essere qualificata come «atto amministrativo» in quanto, da un lato, essa non produceva effetti esterni e giuridicamente vincolanti e, dall’altro, non era stata adottata nell’ambito del diritto ambientale.

102    A questo proposito, la motivazione contenuta nell’atto impugnato era sufficiente per consentire alla ricorrente di conoscere le ragioni per le quali la BEI aveva respinto in quanto irricevibile la richiesta di riesame interno della delibera controversa che essa le aveva rivolto e per consentirle di contestare la fondatezza di tale motivazione nell’ambito del primo motivo di ricorso. Inoltre, tale motivazione è sufficiente per consentire al Tribunale di esercitare un controllo giurisdizionale sulla fondatezza di detto atto, mediante l’esame del primo motivo di ricorso (v. punti da 105 a 173 infra).

103    Pertanto, la ricorrente non può fondatamente sostenere che la BEI ha violato il suo obbligo di motivare l’atto impugnato, alla luce della motivazione effettivamente contenuta in quest’ultimo.

104    Occorre quindi respingere in quanto infondato il secondo motivo di ricorso, relativo ad una violazione dell’obbligo di motivazione.

 Sul primo motivo di ricorso, vertente su errori di valutazione nell’applicazione del regolamento Aarhus

105    La ricorrente addebita, in sostanza, alla BEI di avere, adottando l’atto impugnato, riguardo alla delibera controversa, applicato erroneamente talune condizioni richieste affinché un atto possa essere qualificato come «atto amministrativo» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento Aarhus.

106    Tale motivo è articolato in due parti, vertenti, la prima, sull’erronea applicazione della condizione che l’atto produca un «effetto esterno e giuridicamente vincolante» e, la seconda, sull’erronea applicazione della condizione che si tratti di un atto adottato «nell’ambito del diritto ambientale».

107    In via preliminare, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, le norme di diritto dell’Unione devono essere interpretate, per quanto possibile, alla luce del diritto internazionale, in particolare quando tali norme mirano precisamente ad attuare un accordo internazionale concluso dall’Unione (sentenza del 14 luglio 1998, Safety Hi-Tech, C‑284/95, EU:C:1998:352, punto 22; v., altresì, sentenza del 19 dicembre 2019, Nederlands Uitgeversverbond e Groep Algemene Uitgevers, C‑263/18, EU:C:2019:1111, punto 38 e giurisprudenza ivi citata). Nell’interpretare le disposizioni delle direttive che attuano, per quanto riguarda gli Stati membri, i requisiti dell’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione di Aarhus, il giudice dell’Unione ha osservato che l’obiettivo perseguito dal legislatore dell’Unione consistesse nel conferire al pubblico interessato «un ampio accesso alla giustizia» e che tale obiettivo rientrasse, più ampiamente, nella volontà del legislatore dell’Unione di preservare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente e di assegnare al pubblico un ruolo attivo a tal fine (sentenza dell’11 aprile 2013, Edwards e Pallikaropoulos, C‑260/11, EU:C:2013:221, punti 31 e 32). Di conseguenza ha ritenuto che, pur riconoscendo alle parti alla convenzione di Aarhus un margine discrezionale nell’attuazione dell’articolo 9, paragrafo 3, della medesima, occorresse nondimeno propugnare un approccio volto alla massima tutela dell’effetto utile e degli obiettivi della citata convenzione quanto agli obblighi di attuazione incombenti agli Stati membri (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen, nelle cause riunite Consiglio e a./Vereniging Milieudefensie e Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht, da C‑401/12 P a C‑403/12 P, EU:C:2014:310, punto 132 e giurisprudenza ivi citata). Per motivi analoghi, occorre, per quanto possibile, interpretare le due condizioni menzionate al precedente punto 106 alla luce dell’articolo 9, paragrafi 3 e 4, della convenzione di Aarhus (v., per analogia, sentenza del 18 luglio 2013, Deutsche Umwelthilfe, C‑515/11, EU:C:2013:523, punto 32 e giurisprudenza ivi citata) e, pertanto, alla luce del requisito consistente nel garantire un accesso effettivo della ricorrente alla giustizia.

108    Inoltre, e per ragioni di opportunità, occorre esaminare la seconda parte del primo motivo di ricorso prima della prima.

–       Sulla seconda parte del primo motivo di ricorso, vertente su un’applicazione erronea della condizione che l’atto sia adottato «nell’ambito del diritto ambientale», enunciata all’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento Aarhus

109    La ricorrente contesta alla BEI di avere applicato erroneamente, adottando l’atto impugnato, relativamente alla delibera controversa, la condizione che l’atto fosse adottato «nell’ambito del diritto ambientale», enunciata all’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento Aarhus.

110    La ricorrente sostiene che, secondo la giurisprudenza, il «diritto ambientale», quale definito all’articolo 2, paragrafo 1, lettera f), del regolamento Aarhus, ha un significato ampio, che non si limita a questioni connesse alla tutela dell’ambiente in senso stretto. Esso comprenderebbe qualsiasi disposizione legislativa dell’Unione che, a prescindere dalla sua base giuridica o dalla sua natura, contribuisca al raggiungimento degli obiettivi della politica di quest’ultima in materia ambientale. La ricorrente sostiene di aver individuato, nella richiesta di riesame interno della delibera controversa, le disposizioni del diritto ambientale che non sarebbero state rispettate dalla BEI nella delibera controversa.

111    Secondo la ricorrente, le circostanze in cui il consiglio di amministrazione ha adottato la delibera controversa dimostrano che essa è stata adottata a titolo del «diritto ambientale», come definito all’articolo 2, paragrafo 1, lettera f), del regolamento Aarhus.

112    La BEI, sostenuta dalla Commissione, respinge gli argomenti della ricorrente e sostiene che la seconda parte del primo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

113    La BEI fa valere che la delibera controversa è stata adottata in forza dell’articolo 19, paragrafo 3, dello statuto della BEI, vale a dire una disposizione del diritto primario dell’Unione che non fa riferimento all’ambiente. Orbene, dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera f), del regolamento Aarhus risulterebbe che la nozione di «diritto ambientale», in tale regolamento, dovrebbe essere intesa come riferita a disposizioni legislative rientranti nel diritto derivato dell’Unione e che contribuirebbero al perseguimento degli obiettivi della politica dell’Unione in materia ambientale. Il fatto che la BEI persegua obiettivi ambientali nell’ambito delle operazioni finanziate con risorse proprie non sarebbe sufficiente per concludere che la delibera controversa o qualsiasi altra delibera dello stesso genere sia adottata sul fondamento della normativa dell’Unione in materia ambientale e, soprattutto, che essa sia in contrasto con precise disposizioni del diritto ambientale, come enunciato al considerando 18 del regolamento Aarhus e all’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus. La motivazione della delibera controversa sarebbe irrilevante al riguardo, così come il rinvio ad una direttiva che, per sua natura, si rivolgerebbe solo agli Stati membri. Un’interpretazione troppo ampia della nozione di «diritto ambientale» sarebbe artificiosa, andrebbe al di là dell’ambito di applicazione del regolamento Aarhus e pregiudicherebbe l’indipendenza di cui la BEI godrebbe nell’ambito delle sue operazioni finanziarie nonché il suo compito statutario. Nell’ambito del mandato definito all’articolo 309 TFUE, essa dovrebbe in particolare contribuire allo sviluppo equilibrato e senza scontri del mercato interno nell’interesse dell’Unione, agevolando, mediante la concessione di prestiti e garanzie, il finanziamento di progetti rispondenti a determinati criteri. Le sue decisioni sarebbero decisioni di investimento che non attuano direttamente il diritto ambientale. Il rispetto di quest’ultimo incomberebbe ai promotori, nell’ambito dell’esecuzione dei progetti, sotto il controllo delle autorità nazionali competenti. Parimenti, il fatto che il progetto Curtis abbia un impatto sull’ambiente sarebbe una circostanza di fatto che non consente di concludere, sul piano giuridico, che la delibera controversa sia stata adottata ai sensi del diritto ambientale.

114    La BEI respinge ogni riferimento al regime giuridico applicabile alla garanzia dell’Unione concessa dal FEIS, in particolare al regolamento 2015/1017, in quanto privo di pertinenza, dal momento che la delibera controversa non è stata adottata in applicazione di detto regime. La decisione del consiglio di amministrazione sarebbe indipendente da quella adottata dal comitato per gli investimenti del FEIS. In ogni caso, il regime giuridico applicabile alla garanzia dell’Unione e la concessione di tale garanzia al progetto Curtis perseguirebbero numerosi obiettivi generali diversi dalla tutela dell’ambiente e delle risorse. L’articolo 3 del regolamento 2015/1017 enuncerebbe chiaramente che la garanzia dell’Unione avrebbe come finalità gli investimenti e il sostegno alle piccole e medie imprese piuttosto che gli obiettivi ambientali enunciati all’articolo 191, paragrafo 1, TFUE e all’articolo 192, paragrafo 2, TFUE.

115    Peraltro, la BEI respinge gli argomenti relativi al contesto normativo nel quale la delibera controversa è stata adottata e agli elementi sui quali essa si fonda. La dichiarazione del 2009 mirerebbe soltanto ad orientare l’istruzione dei progetti a monte delle decisioni di finanziamento. Si tratterebbe di un atto interno che non modificherebbe il suo compito, quale definito nel Trattato FUE, il quale non menzionerebbe la promozione della tutela dell’ambiente tra le sue funzioni chiave. Peraltro, il fatto che la proposta di finanziamento del progetto Curtis menzioni, in particolare, vantaggi ambientali connessi a tale progetto non sarebbe sufficiente per ritenere che la delibera controversa, adottata sulla base di tale proposta, sia stata adottata nell’ambito del diritto ambientale.

116    La seconda parte del primo motivo solleva la questione se, nell’atto impugnato, la BEI abbia erroneamente ritenuto che la delibera controversa non fosse un provvedimento di portata individuale adottato «nell’ambito del diritto ambientale», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento Aarhus.

117    Il «diritto ambientale» è definito all’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento Aarhus, come la normativa dell’Unione che, a prescindere dalla base giuridica, contribuisce al raggiungimento degli obiettivi della politica dell’Unione in materia ambientale, stabiliti nel Trattato FUE: la salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente, la protezione della salute umana, l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali e la promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell’ambiente a livello regionale o mondiale.

118    Dalla formulazione dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera f), del regolamento Aarhus risulta che, rinviando agli obiettivi elencati all’articolo 191, paragrafo 1, TFUE, il legislatore dell’Unione ha inteso attribuire alla nozione di «diritto ambientale», di cui a tale regolamento, un significato ampio, che non si limita a questioni connesse alla protezione dell’ambiente naturale in senso stretto (sentenza del 14 marzo 2018, TestBioTech/Commissione, T‑33/16, EU:T:2018:135, punti 43 e 44; v. altresì, in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nelle cause riunite Consiglio e a./Vereniging Milieudefensie e Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht, da C‑401/12 P a C‑403/12 P, EU:C:2014:310, paragrafo 128).

119    Tale constatazione è peraltro corroborata dall’articolo 192, paragrafo 2, TFUE, secondo il quale il diritto ambientale di cui al titolo XX del Trattato FUE può comprendere anche disposizioni aventi principalmente natura fiscale, misure aventi incidenza sull’assetto territoriale, sulla gestione quantitativa delle risorse idriche o aventi rapporto diretto o indiretto con la disponibilità delle stesse, sulla destinazione dei suoli, nonché misure aventi una sensibile incidenza sulla scelta di uno Stato membro tra diverse fonti di energia e sulla struttura generale dell’approvvigionamento energetico del medesimo. Un’interpretazione restrittiva della nozione di «diritto ambientale» comporterebbe che siffatte disposizioni e misure non rientrerebbero, in gran parte, in tale settore (sentenza del 14 marzo 2018, TestBioTech/Commissione, T‑33/16, EU:T:2018:135, punto 45).

120    Inoltre, si deve osservare che l’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento Aarhus prevede che gli atti e le omissioni di natura amministrativa di cui trattasi non comprendono le misure adottate dalle istituzioni o dagli organi dell’Unione o le loro omissioni, in qualità di organi di controllo amministrativo, in applicazione, segnatamente, degli articoli 101, 102, 106, 107, 228, 258, 260 e 325 TFUE sulle regole di concorrenza, sulla procedura di infrazione, sulla procedura relativa al Mediatore europeo e sulla procedura relativa alla lotta contro la frode. Il fatto che il legislatore abbia ritenuto che fosse necessario includere eccezioni del genere indica altresì che la nozione di «diritto ambientale», di cui al regolamento Aarhus, deve essere interpretata, in linea di principio, in modo molto ampio (sentenza del 14 marzo 2018, TestBioTech/Commissione, T‑33/16, EU:T:2018:135, punto 46).

121    Peraltro, il riferimento alla «normativa [dell’Unione]», di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera f), del regolamento Aarhus, deve essere inteso nel senso che esso riguarda qualsiasi disposizione di diritto derivato dell’Unione avente portata generale, in contrapposizione all’«atto amministrativo», il quale è definito, all’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento Aarhus, come «qualsiasi provvedimento di portata individuale». Infatti, alla data di adozione di tale regolamento, ossia il 6 settembre 2006, il Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007, non aveva ancora introdotto, nel diritto dell’Unione, la distinzione, nell’ambito degli atti di portata generale, tra gli atti normativi, adottati in forza della procedura legislativa, e gli atti regolamentari, adottati secondo un’altra procedura. Pertanto, non si deve ritenere che il riferimento a tale nozione escluda di prendere in considerazione, in quanto «diritto ambientale», le disposizioni di un «atto regolamentare» ai sensi del Trattato di Lisbona, ossia un atto di portata generale che non sarebbe stato adottato né secondo la procedura legislativa ordinaria, né secondo una procedura legislativa speciale ai sensi dell’articolo 289, paragrafi da 1 a 3, TFUE.

122    Del resto, una siffatta definizione restrittiva osterebbe a che si tenga conto di qualsiasi atto di portata generale adottato dalla BEI, quali le dichiarazioni di principi e di norme o le strategie adottate da quest’ultima nell’esercizio della sua autonomia istituzionale (v. punti 28-36 supra).

123    Infatti, occorre rammentare che, per la realizzazione degli obiettivi di cui al Trattato FUE, gli organi della BEI adottano, segnatamente sotto forma di politiche, di strategie, di istruzioni, di principi o di regole, norme interne di portata generale, debitamente pubblicate e attuate, le quali, a prescindere dalla loro portata vincolante o no in senso stretto, limitano l’esercizio del potere discrezionale della BEI nello svolgimento dei suoi compiti (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 27 aprile 2012, De Nicola/BEI, T‑37/10 P, EU:T:2012:205, punto 40 e giurisprudenza ivi citata; del 16 settembre 2013, De Nicola/BEI, T‑618/11 P, EU:T:2013:479, punto 36, e del 19 luglio 2017, Dessi/BEI, T‑510/16, non pubblicata, EU:T:2017:525, punto 43). Quando il giudice dell’Unione esamina la legittimità di un atto adottato dalla BEI, tiene conto delle norme interne adottate da quest’ultima (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 16 settembre 2013, De Nicola/BEI, T‑618/11 P, EU:T:2013:479, punto 42).

124    Nel caso di specie, e contrariamente a quanto sostenuto dalla BEI in udienza, occorre quindi assimilare le norme di portata generale che disciplinano la sua attività in materia di concessione di prestiti ai fini della realizzazione degli obiettivi del Trattato FUE in materia ambientale, in particolare i criteri di natura ambientale di ammissibilità dei progetti a un finanziamento della BEI, a disposizioni legislative del diritto ambientale dell’Unione, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera f), del regolamento Aarhus.

125    Infine, dal tenore letterale e dall’impianto sistematico dell’articolo 9, paragrafi 3 e 4, della convenzione di Aarhus, alla luce del quale il regolamento Aarhus deve, per quanto possibile, essere interpretato (v. punto 107 supra), emerge che tutti gli atti delle autorità pubbliche contrastanti con le disposizioni del diritto ambientale dovrebbero poter essere contestati. Pertanto, non occorre limitare l’accesso alla giustizia in materia ambientale ai soli atti di autorità pubbliche che abbiano formalmente come base giuridica una disposizione del diritto ambientale.

126    Per tutte le ragioni suesposte e per fornire un’interpretazione generale dell’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus che sia coerente e conforme alla necessità di offrire rimedi adeguati ed effettivi (v. punto 4 supra), la nozione di provvedimento di portata individuale adottato «nell’ambito del diritto ambientale», enunciata all’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento Aarhus, deve essere interpretata estensivamente, nel senso che essa non si limita, come afferma la BEI, sostenuta dalla Commissione, alle sole misure di portata individuale adottate sul fondamento di una disposizione di diritto derivato che contribuisce al perseguimento degli obiettivi dell’Unione nel settore dell’ambiente, come enunciati all’articolo 191, paragrafo 1, TFUE, ma comprende tutte le misure di portata individuale soggette a requisiti di diritto derivato dell’Unione che, a prescindere dal loro fondamento giuridico, contribuiscano direttamente al perseguimento degli obiettivi di politica dell’Unione nel settore dell’ambiente.

127    Resta quindi da esaminare se la delibera controversa possa essere considerata una misura di portata individuale di tal genere.

128    A tal riguardo, risulta dal punto 11 del verbale della riunione del 12 aprile 2018, quale versato agli atti del presente procedimento, che, con la delibera controversa, il consiglio di amministrazione ha approvato, in occasione di tale riunione, la proposta di finanziamento.

129    Dai punti da 21 a 23 della proposta di finanziamento risultava che il contributo del progetto Curtis alle politiche perseguite dall’Unione sarebbe stato importante, in quanto tale progetto era a sostegno degli obiettivi spagnoli ed europei in materia di produzione di energie rinnovabili e contribuiva alla sicurezza dell’approvvigionamento di energia e alla realizzazione di obiettivi ambientali. Esso contribuirebbe altresì alla prevenzione degli incendi boschivi e alla sostenibilità della silvicoltura in Galizia, stimolando la domanda locale di residui forestali. Il finanziamento del progetto sarebbe stato conforme e avrebbe contribuito alla priorità data dalla BEI, nell’ambito della sua politica di prestiti, alle energie rinnovabili e all’azione a favore del clima.

130    Il punto 24 della proposta di finanziamento segnalava quindi che tale progetto era ammissibile a un finanziamento della BEI ai sensi dell’articolo 309, primo comma, lettera c), TFUE, in quanto esso rispondeva a un interesse comune nel settore dell’energia.

131    Al punto 25 della proposta di finanziamento era indicato che il progetto Curtis serviva a compensare una carenza del mercato, in quanto i progetti di produzione di elettricità e di calore a bassa emissione di carbonio riducevano i costi esterni legati al carbonio e all’inquinamento atmosferico.

132    Inoltre, il punto 30 della proposta di finanziamento precisava che il progetto Curtis contribuiva agli obiettivi in materia di energia rinnovabile per il 2020 fissati nel piano d’azione spagnolo per le energie rinnovabili, adottato conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2009/28, nella sua versione applicabile al momento dell’adozione della delibera controversa.

133    Infine, il punto 34 della proposta di finanziamento indicava che, dal punto di vista della sua «[s]ostenibilità», poiché «[erano] soddisfatte le condizioni appropriate (v. la scheda tecnica sugli aspetti ambientali e sociali) il progetto [Curtis era] ammissibile sul piano ambientale e sociale ad un finanziamento [da parte della BEI]».

134    La scheda tecnica sugli aspetti ambientali e sociali del progetto Curtis del 12 aprile 2018 (in prosieguo: la «scheda tecnica»), menzionata al punto 34 della proposta di finanziamento, menzionava i risultati di una valutazione dell’impatto di tale progetto sull’ambiente che l’autorità nazionale competente aveva deciso di effettuare, conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2011/92, nella versione applicabile al momento dell’adozione della delibera controversa.

135    Inoltre, la scheda tecnica menzionava gli impegni assunti dal promotore del progetto al fine di garantire la sostenibilità della biomassa utilizzata nell’ambito di quest’ultimo, in funzione di taluni criteri ripresi nella citata scheda. In particolare, il promotore si era impegnato a far sì che la biomassa utilizzata nell’ambito del progetto Curtis rispettasse i criteri di sostenibilità definiti nella direttiva 2009/28, nella sua versione applicabile al momento dell’adozione della delibera controversa, nonché nel regolamento (UE) n. 995/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, che stabilisce gli obblighi degli operatori che commercializzano legno e prodotti da esso derivati (GU 2010, L 295, pag. 23), che mirava a combattere lo sfruttamento illegale delle foreste e il commercio ad esso associato.

136    Infine, la scheda tecnica riportava il risultato dell’impronta carbone del progetto che era stata calcolata dalla BEI conformemente ai propri metodi di valutazione, sottolineando che, poiché si sarebbe sostituita alla produzione combinata di energia elettrica da parte di centrali elettriche nuove ed esistenti, l’effetto totale relativo del progetto sarebbe una riduzione netta delle emissioni di CO2 equivalente di 151 chilotonnellate all’anno.

137    Nella scheda tecnica, i servizi della BEI concludevano, alla luce dei risultati e degli impegni summenzionati, che il progetto Curtis era ammissibile sul piano ambientale e sociale ad un finanziamento da parte della BEI.

138    Da quanto precede risulta che, conformemente al diritto dell’Unione e alle norme interne di portata generale che disciplinano l’attività di prestito della BEI citate ai precedenti punti da 28 a 36, la delibera controversa constatava che nel caso di specie erano rispettati taluni criteri di ammissibilità di natura ambientale adottati dalla BEI nell’esercizio della sua autonomia istituzionale e volti direttamente alla realizzazione degli obiettivi della politica dell’Unione nel settore dell’ambiente.

139    In particolare, dagli elementi del fascicolo risulta che la delibera controversa è stata adottata sulla base del rilievo che il progetto Curtis rispondeva agli obiettivi dell’attività di prestito della BEI e ai criteri di ammissibilità per i progetti relativi all’ambiente risultanti dalla dichiarazione del 2009 e dalla strategia per il clima, in particolare perché esso avrebbe supportato gli obiettivi europei e spagnoli in materia di produzione di energie rinnovabili, rispettava i criteri di sostenibilità e delle disposizioni dirette a lottare contro la gestione illegale delle foreste fissati dal diritto derivato dell’Unione e consentiva di ottenere una riduzione netta delle emissioni di CO2 equivalente a livello spagnolo e a quello europeo.

140    Nella parte in cui constatava che il progetto Curtis soddisfaceva tali criteri di ammissibilità di natura ambientale, la delibera controversa costituiva effettivamente un provvedimento di portata individuale adottato «nell’ambito del diritto ambientale» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento Aarhus.

141    Per contro, poiché la delibera controversa è stata adottata dal consiglio di amministrazione, non è pertinente verificare se, come sostiene la ricorrente, un’altra decisione riguardante il progetto Curtis adottata dal comitato per gli investimenti del FEIS, consistente nel concedere la garanzia dell’Unione per tale progetto (v. punto 45 supra), sia stata altresì adottata nel rispetto di requisiti che contribuiscono al perseguimento degli obiettivi della politica dell’Unione nel settore dell’ambiente.

142    Alla luce delle constatazioni di cui ai precedenti punti 138 e 140, la ricorrente sostiene giustamente, nel caso di specie, che la BEI ha commesso un errore di valutazione indicando che la delibera controversa non poteva essere considerata un provvedimento di portata individuale adottato «nell’ambito del diritto ambientale», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento Aarhus, e, pertanto, un atto che può formare l’oggetto di un riesame interno conformemente all’articolo 10, paragrafo 1, di tale medesimo regolamento.

143    Pertanto, la seconda parte del primo motivo di ricorso deve essere accolta. Tuttavia, tenuto conto del carattere cumulativo delle diverse condizioni affinché un atto possa essere qualificato come «atto amministrativo» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento Aarhus, che sono contestate nell’ambito di ciascuna parte di detto motivo, è necessario proseguire con l’esame della prima parte di questo stesso motivo.

–       Sulla prima parte del primo motivo di ricorso, vertente su un’applicazione erronea della condizione che l’atto produca un «effetto esterno e giuridicamente vincolante», enunciata all’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento Aarhus

144    La ricorrente contesta alla BEI di avere applicato erroneamente, adottando l’atto impugnato, relativamente alla delibera controversa, la condizione che l’atto producesse un «effetto esterno e giuridicamente vincolante», enunciata all’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento Aarhus.

145    La BEI, sostenuta dalla Commissione, respinge gli argomenti della ricorrente e sostiene che la prima parte del primo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

146    Essa ritiene di essere legittimata, conformemente alla giurisprudenza, a respingere in quanto irricevibile ogni richiesta di riesame interno che, come nel caso di specie, non soddisfi talune condizioni poste dal regolamento Aarhus per la presentazione di una siffatta domanda. Come risulterebbe dalla lettera del 13 aprile 2018 indirizzata al promotore, la delibera controversa non avrebbe creato alcun obbligo a carico della BEI di concedere il prestito all’ente ad hoc del progetto Curtis e non avrebbe conferito alcun diritto al promotore di tale progetto né modificato la situazione giuridica di quest’ultimo. L’unico atto che avrebbe prodotto un effetto giuridicamente vincolante ed esterno al riguardo sarebbe stato la documentazione contrattuale relativa al finanziamento del progetto Curtis da parte della BEI, firmata il 25 luglio 2018, che non avrebbe costituito un «atto amministrativo» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), e dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento Aarhus. La delibera controversa sarebbe stata solo una tappa obbligatoria nell’ambito dell’iter decisionale interno della BEI. Trattandosi di un’operazione di finanziamento su progetto, tale iter si sarebbe svolto in due fasi. In primo luogo, il consiglio di amministrazione avrebbe dato un accordo di principio al finanziamento del progetto Curtis da parte della BEI, senza selezionare il beneficiario del prestito. In secondo luogo, il comitato direttivo avrebbe definitivamente approvato detto finanziamento, dopo aver definito, in esecuzione della delibera controversa e in applicazione dell’articolo 11, paragrafo 3, dello statuto della BEI, le modalità e le condizioni definitive di quest’ultimo nei limiti dell’accordo di principio espresso dal consiglio di amministrazione. La negoziazione del contratto da parte dei servizi della BEI sarebbe stata una tappa cruciale, il cui successo non sarebbe stato garantito, come testimonierebbe l’esperienza passata relativa ad altri progetti.

147    Secondo la BEI, sostenuta dalla Commissione, né gli atti del suo iter decisionale interno né il contratto di prestito costituiscono «atti amministrativi» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), e dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento Aarhus. Ciò sarebbe conforme all’indipendenza di cui la BEI godrebbe nel settore delle sue operazioni finanziarie e al fatto che la sua attività bancaria non sarebbe assimilabile ad un’attività amministrativa. La situazione del caso di specie non potrebbe quindi essere paragonata a quella delle cause che hanno dato luogo alla sentenza del 31 gennaio 2019, International Management Group/Commissione (C‑183/17 P e C‑184/17 P, EU:C:2019:78), nelle quali un atto amministrativo era chiaramente in discussione. Per quanto riguarda l’articolo 271, lettera c), TFUE, invocato dalla ricorrente, esso mirerebbe unicamente a preservare i diritti procedurali specifici attribuiti agli Stati membri e alla Commissione dall’articolo 19 dello statuto della BEI, nell’ambito del suo iter decisionale interno relativo alla concessione di prestiti, e non conferirebbe alcun diritto a contestare nel merito le decisioni di concessione di prestito. Quanto alla procedura di riesame interno, prevista all’articolo 10 del regolamento Aarhus, essa non avrebbe lo scopo di migliorare la qualità del processo decisionale, bensì di estendere l’accesso di taluni richiedenti ai mezzi di ricorso esistenti dinanzi ai giudici dell’Unione, conformemente all’articolo 12 di tale medesimo regolamento. Non sarebbe possibile chiedere il riesame interno di un atto che non è impugnabile ai sensi dell’articolo 263 TFUE, in quanto non produrrebbe effetti giuridici contrari al diritto dell’ambiente nei confronti di un terzo.

148    La prima parte del primo motivo solleva la questione se, nell’atto impugnato, la BEI abbia erroneamente ritenuto che la delibera controversa non fosse un provvedimento avente un «effetto esterno e giuridicamente vincolante», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento Aarhus.

149    In via preliminare, occorre ricordare che il procedimento amministrativo di riesame interno di cui all’articolo 10 del regolamento Aarhus è preliminare ad un ricorso giurisdizionale dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea che, ai sensi dell’articolo 12 del medesimo regolamento, deve essere proposto «a norma delle pertinenti disposizioni del trattato [FUE]» e quindi, in linea di principio, nel rispetto delle condizioni stabilite all’articolo 263 TFUE. Tenuto conto del nesso così esistente tra la nozione di atto che produce un «effetto esterno e giuridicamente vincolante», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento Aarhus, e quella di atto produttivo di effetti giuridici nei confronti di terzi, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, è ragionevole, per coerenza generale, interpretare la prima conformemente alla seconda.

150    La Commissione e, a sua volta, la BEI propongono, in sostanza, di constatare anzitutto che la delibera controversa non è un atto amministrativo, poiché si riferisce alle attività finanziarie della BEI, nell’ambito delle quali quest’ultima deve poter agire in piena indipendenza.

151    Tuttavia, come è già stato constatato al precedente punto 92, la BEI non è legittimata, nelle circostanze del caso di specie, a dedurre un motivo a difesa vertente sul fatto che la richiesta di riesame interno presentata dalla ricorrente, in applicazione dell’articolo 10 del regolamento Aarhus e della decisione 2008/50, sarebbe stata incompatibile con lo «status particolare» conferitole dal Trattato FUE.

152    Occorre quindi limitarsi a verificare se la delibera controversa abbia un «effetto esterno e giuridicamente vincolante», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), del regolamento Aarhus, e, di conseguenza, se essa fosse «destinat[a] a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi» ai sensi dell’articolo 263 TFUE.

153    Secondo costante giurisprudenza, per determinare se taluni atti o decisioni siano «destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi» ai sensi dell’articolo 263 TFUE, occorre tener conto della sostanza di tali atti o di tali decisioni piuttosto che della loro forma e verificare se producano effetti giuridici vincolanti idonei a incidere sugli interessi di un terzo, modificando in misura rilevante la situazione giuridica di quest’ultimo (v., in tal senso, ordinanze del 21 giugno 2007, Finlandia/Commissione, C‑163/06 P, EU:C:2007:371, punto 40 e giurisprudenza ivi citata, e del 2 settembre 2009, E.ON Ruhrgas e E.ON Földgáz Trade/Commissione, T‑57/07, non pubblicata, EU:T:2009:297, punto 30 e giurisprudenza ivi citata). Ciò non vale per i provvedimenti di carattere interno che non producono alcun effetto al di fuori della sfera interna dell’istituzione, dell’organo o dell’organismo dell’Unione da cui promanano (v., in tal senso, sentenza del 17 luglio 1959, Phoenix-Rheinrohr/Alta Autorità, 20/58, EU:C:1959:14, pag. 157). Nel caso di atti o decisioni la cui elaborazione ha luogo in varie fasi, e in particolare al termine di una procedura interna, ciò non vale neppure per atti o decisioni meramente preparatori, in quanto non stabiliscono su nessun aspetto della citata procedura in modo definitivo la posizione dell’istituzione, dell’organo o dell’organismo dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 7 marzo 2002, Satellimages TV5/Commissione, T‑95/99, EU:T:2002:62, punti da 32 a 41). Infine, ciò non vale neppure per gli atti o le decisioni di mera esecuzione (v., in tal senso, sentenza del 25 febbraio 1988, Les Verts/Parlamento, 190/84, EU:C:1988:94, punti 7 e 8; v. altresì, in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa Ismeri Europa/Corte dei conti, C‑315/99 P, EU:C:2001:243, paragrafo 47).

154    Nel caso di specie, al fine di effettuare l’accertamento annunciato al precedente punto 152, alla luce dei principi ricordati al precedente punto 153, occorre esaminare al tempo stesso il contenuto della delibera controversa e il contesto nel quale quest’ultima è stata adottata.

155    Conformemente all’articolo 9, paragrafo 1, dello statuto della BEI, spetta al consiglio di amministrazione decidere in merito alla concessione di finanziamenti e fissare i tassi d’interesse per i prestiti. Sulla base di una decisione assunta a maggioranza qualificata, esso può delegare alcune delle sue funzioni al comitato direttivo. In caso di delega, esso determina le condizioni e le modalità di quest’ultima e ne sovrintende l’esecuzione. L’articolo 11, paragrafo 3, dello statuto della BEI dispone che il comitato direttivo assicura la gestione degli affari correnti della BEI, sotto l’autorità del presidente e sotto il controllo del consiglio di amministrazione, che prepara le decisioni di detto consiglio, in particolare per quanto riguarda la concessione di finanziamenti, e garantisce l’esecuzione di tali decisioni.

156    Il regolamento interno della BEI, nella versione applicabile al momento in cui è stata adottata la delibera controversa, vale a dire quella risultante dalle modifiche del 20 gennaio 2016 (GU 2016, L 127, pag. 55), precisa, al suo articolo 17, che «[l]e deliberazioni del [consiglio di amministrazione] formano l’oggetto di processi verbali firmati dai Presidenti della seduta a cui si riferiscono e di quella in cui sono stati approvati, e dal segretario della seduta».

157    L’articolo 18, paragrafo 1, del medesimo regolamento interno dispone inoltre quanto segue:

«Conformemente all’articolo 9, paragrafo 1 dello [statuto della BEI], il consiglio di amministrazione esercita le seguenti funzioni:

(…)

approva le operazioni di finanziamento e garanzia proposte dal comitato direttivo (...)».

158    Ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento interno della BEI, «[i]n generale, [il consiglio di amministrazione] assicura la sana amministrazione della [BEI] conformemente al trattato [FUE], allo statuto, alle direttive formulate dal consiglio dei governatori e agli altri testi che disciplinano l’attività della [BEI] nello svolgimento delle proprie funzioni ai sensi del trattato [FUE]».

159    L’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento interno della BEI ricorda la possibilità di delega al comitato direttivo prevista dall’articolo 9, paragrafo 1, dello statuto della BEI, precisando che tale decisione è adottata a maggioranza qualificata

160    Ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 4, del regolamento interno della BEI, il consiglio di amministrazione «esercita tutte le altre funzioni previste nello statuto [della BEI] e delega al comitato direttivo, nelle norme e decisioni adottate, le corrispondenti competenze esecutive; resta inteso che – conformemente all’articolo 11, paragrafo 3, dello statuto – il comitato provvede alla gestione degli affari di ordinaria amministrazione della [BEI], sotto l’autorità del presidente e sotto il controllo del consiglio di amministrazione».

161    Come già indicato, risulta dal punto 11 del verbale della riunione del 12 aprile 2018, quale inserito nel fascicolo del presente procedimento, che il consiglio di amministrazione ha approvato, in occasione di tale riunione, la proposta di finanziamento.

162    Dal punto 5 della proposta di finanziamento risulta che, per poter beneficiare del regime di sostegno istituito dal Real Decreto 413/2014 por el que se regula la actividad de producción de energía eléctrica a partir da fuentes de energía renovables, cogeneración y residuos (regio decreto 413/2014 recante regolamentazione della produzione di elettricità a partire da fonti energetiche rinnovabili, di cogenerazione e di rifiuti), del 6 giugno 2014 (BOE n. 140, del 10 giugno 2014, pag. 43876), il progetto Curtis doveva essere finalizzato, testato e reso operativo entro il 28 marzo 2020, il che implicava un calendario di avanzamento dei lavori molto serrato e, in definitiva, l’approvazione del finanziamento. Per tale ragione, i servizi della BEI indicavano di aver deciso di far progredire l’iter di approvazione finanziaria parallelamente alla valutazione preliminare del consigliere tecnico dei mutuanti e alla fase II della valutazione del progetto da parte dei servizi della BEI, consci del fatto che, tenuto conto dei rischi significativi individuati in relazione al progetto Curtis, era possibile che la BEI fosse alla fine impossibilitata a partecipare al finanziamento di quest’ultimo.

163    Il punto 15 della proposta di finanziamento spiegava più precisamente la struttura proposta per l’approvazione del progetto. Ai sensi di tale punto, «[l] a transazione segui[va] la procedura di approvazione consueta in due fasi per quanto riguarda le operazioni di finanziamento del progetto. Dopo una prima approvazione da parte del consiglio di amministrazione, il risultato finale dell’audit e la documentazione dettagliata relativa al prestito e al progetto sar[ebbero stati] presentati al comitato direttivo per l’approvazione finale. Tale procedura consent[iva] alla [BEI] di rispettare i termini operativi e commerciali rigorosi richiesti per le operazioni di finanziamento del progetto e, più in particolare, per [il] progetto [Curtis]. Nel caso in cui le condizioni definitive si [sarebbero discostate] dalle condizioni specificate in tale approvazione, [sarebbe stata] richiesta una nuova approvazione del consiglio di amministrazione, conformemente alla procedura della [BEI]».

164    Inoltre, dalla constatazione di cui al precedente punto 139 risulta che la delibera controversa è stata adottata sulla base del rilievo che il progetto Curtis rispondeva agli obiettivi dell’attività di prestito della BEI e ai criteri di ammissibilità per i progetti relativi all’ambiente risultanti dalla dichiarazione del 2009 e dalla strategia per il clima, in particolare perché esso era diretto a sostenere gli obiettivi europei e spagnoli in materia di produzione di energie rinnovabili, che rispettava i criteri di sostenibilità e delle disposizioni intese a lottare contro la gestione illegale delle foreste stabilite dal diritto derivato dell’Unione e che consentiva una riduzione netta delle emissioni di CO2 equivalente a livello spagnolo ed europeo.

165    Con lettera del 13 aprile 2018 (v. punto 47 supra) la BEI ha comunicato al promotore del progetto Curtis l’informazione secondo la quale il consiglio di amministrazione aveva approvato il prestito per il finanziamento di detto progetto e le condizioni principali che sarebbero quelle del contratto di finanziamento, indicando al contempo che «[t]ale comunicazione non implica[va] alcun impegno giuridico circa la concessione del suddetto prestito, ma [era] rilasciata affinché [detto promotore] potesse intraprendere le azioni necessarie alla formalizzazione del prestito».

166    Con un messaggio di posta elettronica che la divisione «Società civile» della BEI ha inviato alla ricorrente il 16 agosto 2018 e che quest’ultima ha versato agli atti della presente causa al fine di poterla invocare a sostegno della sua argomentazione, la BEI ha comunicato alla ricorrente che «[t]utte le informazioni ambientali utili all’audit [dell’]operazione di finanziamento [del progetto Curtis erano] state comunicate al consiglio di amministrazione durante la fase I [dell’audit di detto progetto] ed [erano] state rese pubbliche mediante la scheda tecnica sugli aspetti sociali e ambientali [relativa a tale medesimo progetto]. La fase [II] dell’audit riguarda[va] unicamente gli aspetti tecnici, economici e finanziari dell’operazione di finanziamento. I documenti della fase [II] della valutazione non costitui[vano] informazioni ambientali e non rientra[vano] quindi nell’oggetto della domanda [di accesso all’informazione ambientale relativa al progetto Curtis inviatale dalla ricorrente]».

167    Risulta chiaramente dal contenuto e dal contesto nel quale la delibera controversa è stata adottata che quest’ultima esprimeva una presa di posizione definitiva della BEI, attraverso il suo consiglio di amministrazione, sull’ammissibilità del progetto Curtis alla concessione di un finanziamento da parte della BEI alla luce dei suoi aspetti ambientali e sociali, che corrispondevano agli obiettivi dell’attività di prestito della BEI e ai criteri di ammissibilità per i progetti relativi all’ambiente risultanti dalla dichiarazione del 2009 e dalla strategia per il clima.

168    Infatti, anche se, dopo la delibera controversa, la valutazione del progetto Curtis doveva proseguire e taluni aspetti tecnici, economici e finanziari dell’operazione di finanziamento, da cui dipendeva la concessione del prestito, dovevano ancora essere esaminati dal comitato direttivo, tale valutazione non doveva tuttavia più riguardare gli aspetti ambientali e sociali di detto progetto, sui quali il consiglio di amministrazione si era definitivamente pronunciato, nella delibera controversa, alla luce dell’insieme degli elementi ad esso relativi contenuti nella proposta di finanziamento e nella scheda tecnica.

169    In risposta ad un quesito orale posto dal Tribunale in udienza, la BEI ha riconosciuto che la delibera controversa aveva stabilito in modo definitivo la posizione del consiglio di amministrazione, che era l’autorità competente al riguardo, in merito all’ammissibilità del progetto Curtis ad un finanziamento della BEI per quanto riguarda i suoi aspetti ambientali e sociali. In tal senso, non si trattava quindi né di un parere provvisorio del consiglio di amministrazione né di una decisione intermedia il cui obiettivo sarebbe stato di preparare una decisione definitiva di detto consiglio di amministrazione.

170    Ne consegue che, sebbene la delibera contestata, come sostenuto dalla BEI nel presente procedimento e come affermato nella sua lettera al promotore del progetto Curtis del 13 aprile 2018, non costituisse un impegno giuridico a concedere il prestito all’ente ad hoc, poiché altri aspetti tecnici, economici e finanziari del progetto dovevano ancora essere valutati, essa ha comunque avuto alcuni effetti giuridici definitivi nei confronti di terzi, in particolare per quanto riguarda il promotore di tale progetto, nei limiti in cui ha stabilito l’ammissibilità di tale progetto al finanziamento da parte della BEI per quanto riguarda i suoi aspetti ambientali e sociali, consentendo così al promotore di adottare le seguenti misure necessarie per la formalizzazione del finanziamento di cui doveva beneficiare, come indicato nella lettera della BEI del 13 aprile 2018 rivoltagli. Alla luce di tali aspetti ambientali e sociali, la successiva decisione del comitato direttivo di concedere il prestito, dopo aver proseguito la valutazione del progetto Curtis sugli altri aspetti ancora da esaminare, poteva tutt’al più essere considerata solo come una decisione di mera esecuzione, ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 153.

171    Orbene, è proprio sugli aspetti ambientali che doveva vertere la procedura di riesame interno istituita dal regolamento Aarhus (v., a tale proposito, i punti 16, 18 e 19 supra) e la richiesta di riesame interno proposta dalla ricorrente ha messo segnatamente in discussione la valutazione, da parte della BEI, della sostenibilità del progetto Curtis e del suo contributo al raggiungimento degli obiettivi della politica dell’Unione nel settore dell’ambiente (v., a tale proposito, i punti da 54 a 57 supra e i punti da 80 a 123 della richiesta di riesame interno). Così, detta richiesta si riferiva, almeno parzialmente, agli effetti giuridici definitivi prodotti nei confronti dei terzi dalla delibera controversa.

172    Per tali motivi, occorre accogliere anche la prima parte del primo motivo di ricorso.

173    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre accogliere integralmente il primo motivo di ricorso e, su tale fondamento, annullare l’atto impugnato.

 Sulle spese

174    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

175    Nel caso di specie, la BEI è rimasta soccombente. Inoltre, la ricorrente ha espressamente chiesto che la BEI fosse condannata alle spese.

176    Pertanto, occorre condannare la BEI a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla ricorrente.

177    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le istituzioni intervenute nella causa sopportano le proprie spese.

178    Pertanto, la Commissione deve sopportare le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della Banca europea per gli investimenti (BEI), comunicata alla ClientEarth con lettera del 30 ottobre 2018, che respinge, in quanto irricevibile, la richiesta di riesame interno della delibera del consiglio di amministrazione della BEI, del 12 aprile 2018, che approva il finanziamento di un progetto di centrale elettrica a biomassa in Galizia (Spagna), che la ClientEarth aveva presentato il 9 agosto 2018, ai sensi dell’articolo 10 del regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale e della decisione 2008/50/CE della Commissione, del 13 dicembre 2007, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento n. 1367/2006 con riguardo alle richieste di riesame interno degli atti amministrativi, è annullata.

2)      La BEI sopporterà le proprie spese e quelle della ClientEarth.

3)      La Commissione europea sopporterà le proprie spese.

Van der Woude

Tomljenović

Schalin

Škvařilová‑Pelzl

 

      Nõmm

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 27 gennaio 2021.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.