Language of document : ECLI:EU:T:2004:301

Arrêt du Tribunal

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)
14 ottobre 2004 (1)

«Concorrenza – Art. 81 CE – Accordo sui prezzi e sulla modalità di addebito dei servizi di cambio in contanti – Germania – Procedura in contumacia»

Nella causa T-56/02,

Bayerische Hypo- und Vereinsbank AG, con sede in Monaco di Baviera (Germania), rappresentata dagli avv.ti W. Knapp, T. Müller-Ibold e B. Bergmann, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della Commissione 11 dicembre 2001, 2003/25/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 81 CE [Caso COMP/E-1/37.919 (ex. 37.391) – Spese bancarie per il cambio delle valute della zona euro – Germania] (GU 2003, L 15, pag. 1),



IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),



composto dalla sig.ra P. Lindh, presidente, dai sigg. R. García-Valdecasas e J. D. Cooke, giudici,

cancelliere: sig. H. Jung

vista la fase scritta del procedimento,

ha pronunciato la seguente



Sentenza




Fatti

Ambito normativo

1
L’art. 109 L, n. 4, del Trattato CE (divenuto art. 123, n. 4, CE) prevede che, alla data di inizio della terza fase dell’Unione economica e monetaria (UEM), il Consiglio adotti i tassi di conversione ai quali le monete degli Stati membri che adotteranno l’euro come moneta unica conformemente al Trattato CE (in prosieguo: gli «Stati membri partecipanti») sono irrevocabilmente vincolate ed il tasso irrevocabilmente fissato al quale l’euro viene a sostituirsi a queste valute.

2
L’art. 52 del protocollo sullo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (BCE), allegato al Trattato CE (in prosieguo: lo «statuto del SEBC»), così dispone:

«Scambio di banconote in valute comunitarie

In seguito alla fissazione irrevocabile dei tassi di cambio, il consiglio direttivo adotta le misure necessarie per assicurare che le banconote in valute con tassi di cambio irrevocabilmente fissati vengano cambiate dalle banche centrali nazionali al loro rispettivo valore di parità».

3
In occasione della sua riunione di Madrid, il 15 e il 16 dicembre 1995, il Consiglio europeo ha confermato che la terza fase dell’UEM sarebbe iniziata il 1º gennaio 1999, conformemente all’art. 109 J, n. 4, del Trattato CE (divenuto art. 121, n. 4, CE).

4
I principali elementi della normativa relativa all’introduzione ed all’utilizzazione dell’euro sono definiti:

dal regolamento (CE) del Consiglio 17 giugno 1997, n. 1103, relativo a talune disposizioni per l’introduzione dell’euro (GU L 162, pag. 1), e

dal regolamento (CE) del Consiglio 3 maggio 1998, n. 974, relativo all’introduzione dell’euro (GU L 139, pag. 1).

5
L’art. 4 del regolamento n. 1103/97 sancisce come segue le norme applicabili alla conversione tra l’euro e le unità monetarie degli Stati membri partecipanti. Esso dispone, al suo n. 3, che «[i] tassi di conversione vengono utilizzati per le conversioni delle unità euro nelle unità monetarie nazionali e viceversa. Non si utilizzano tassi inversi derivati dai tassi di conversione».

6
Dagli artt. 2 e 3 del regolamento del Consiglio n. 974/98 emerge che, a decorrere dal 1° gennaio 1999, la moneta degli Stati membri partecipanti è l’euro che sostituisce, al tasso di conversione, la moneta di ciascuno Stato membro partecipante.

7
Gli artt. 10 e 11 del regolamento n. 974/98 fissano al 1º gennaio 2002 la data, rispettivamente, di immissione in circolazione e di conio delle banconote e delle monete metalliche denominate in euro.

8
Gli artt. 5-9 del regolamento n. 974/98 contengono le disposizioni transitorie applicabili nel corso del periodo intercorrente tra il 1º gennaio 1999 ed il 1º gennaio 2002 (in prosieguo: il «periodo transitorio»).

9
Inoltre, occorre rilevare che, il 15 maggio 1997, la Commissione ha invitato rappresentanti del settore bancario, delle autorità pubbliche e dei consumatori ad una tavola rotonda sugli aspetti pratici della transizione verso l’euro (punto 40 della motivazione della decisione impugnata). In particolare, dal documento di sintesi redatto al termine della detta tavola rotonda («Commissione, direzione generale “Affari economici e finanziari”, tavola rotonda relativa agli aspetti pratici della transizione verso l’euro: sintesi e conclusioni», documento 11 giugno 1997, II/301/97) emerge che i rappresentanti delle banche «hanno auspicato che le operazioni di cambio tra banconote nazionali dei diversi Stati membri partecipanti possano essere addebitate durante il periodo transitorio: il rischio di cambio scomparirà certamente, circostanza che ridurrà i costi di circa il 20%, ma gli altri costi operativi resteranno identici», auspicio questo a cui le associazioni dei consumatori si sono opposte. In occasione della medesima tavola rotonda, la Deutsche Bank ha manifestato la sua intenzione di addebitare, durante il periodo transitorio, il cambio in contanti alle persone non titolari di conti, ma di offrire tale servizio gratuitamente ai suoi clienti.

10
Al termine della tavola rotonda del 15 maggio 1997, la Commissione ha incaricato un gruppo di esperti di esaminare se e come le banche potessero esigere la remunerazione dei servizi di conversione delle valute degli Stati membri partecipanti.

11
Le conclusioni rilevanti del gruppo di esperti, relativamente al periodo transitorio, sono le seguenti (relazione del gruppo di esperti sulle spese bancarie per la conversione in euro del 20 novembre 1997; documento citato al punto 137 della decisione impugnata, nota 56):

per il cambio di banconote emesse nelle valute degli Stati membri partecipanti, l’art. 52 dello statuto del SEBC obbliga le banche centrali della zona euro a cambiare a tassi irrevocabili di conversione le banconote emesse nelle valute di altri Stati membri partecipanti, ma nessuna disposizione vieta alle banche commerciali di addebitare questo tipo di servizio;

relativamente alla trasparenza, l’obbligo di utilizzare i tassi di conversione irrevocabili per qualsiasi operazione di cambio implica che ogni commissione deve essere indicata separatamente dal tasso irrevocabile di conversione e non dissimulata sotto forma di un margine di cambio.

12
In una nota figurante all’allegato A della relazione 20 novembre 1997, il gruppo di esperti afferma quanto segue:

«19.   Nessuna disposizione legislativa comunitaria o nazionale impedisce alle banche commerciali, agli uffici di cambio e ad altri istituti di addebitare il costo del cambio di banconote. Da un punto di vista economico, tale cambio costituisce innegabilmente un “servizio”, nell’ambito del quale vengono scambiati due elementi giuridicamente diversi, contrariamente a quanto avviene in un cambio di moneta scritturale.

(…)

Trasparenza

23. Qualsiasi conclusione secondo la quale i costi possono essere addebitati per certe operazioni (per esempio, in caso di cambio di monete metalliche e di banconote nazionali contro altre monete metalliche e banconote nazionali) è subordinata al requisito della trasparenza della remunerazione del cambio. Attualmente, le banche e gli uffici di cambio di un certo numero di Stati membri addebitano una commissione di cambio sotto forma di “margine” globale tra i tassi di acquisto e di vendita di una stessa valuta. Dall’introduzione dell’euro, l’applicazione di tali margini non potrà essere considerata un’applicazione corretta dei tassi di conversione alla luce del regolamento fondato sull’art. 109 L, n. 4, del Trattato. Siffatti margini (corrispondenti a margini tra unità di un’altra valuta) saranno senz’altro considerati incompatibili con le disposizioni di diritto comunitario e/o nazionale dirette alla tutela del consumatore. Tale requisito della trasparenza si applica a tutti i casi di addebito delle spese di cambio: tali spese devono essere esplicite e non implicite.

(…)

Conclusioni

(…)

Durante il periodo transitorio, talune spese possono essere addebitate per il cambio di banconote e di monete metalliche purché la loro giustificazione come spese operative sia trasparente».

13
Sulla questione se le banche avessero intenzione di addebitare spese per il cambio di banconote degli Stati membri partecipanti, la relazione degli esperti del 20 novembre 1997 enuncia che la maggior parte delle banche intendeva addebitare simili spese che, però, sarebbero state meno elevate di quelle fino ad allora praticate, a causa della scomparsa del rischio di cambio.

14
Riprendendo le posizioni espresse dalle associazioni dei consumatori, il gruppo di esperti ha ritenuto che il passaggio all’euro verrebbe più facilmente accettato se le banche rinunciassero ad una remunerazione per la conversione. Il gruppo di esperti si è pronunciato a favore di «principi di correttezza», stabilendo la gratuità della conversione.

15
Tali elementi sono stati ripresi anche nel n. 21 dei Cahiers de l’euro pubblicati dalla Commissione nel 1998, in data non specificata.

16
Al termine di tali consultazioni, è stata adottata la raccomandazione della Commissione 23 aprile 1998, 98/286/CE, relativa alle spese bancarie per la conversione in euro (GU L 130, pag. 22; in prosieguo: la «raccomandazione della Commissione 23 aprile 1998»). L’art. 2 enumera diverse norme di correttezza, dirette alle banche, per la conversione senza spese. Tali norme non riguardano i servizi di cambio di banconote e di monete metalliche emesse in valute della zona euro durante il periodo transitorio. L’art. 3 della raccomandazione 23 aprile 1998 è così formulato:

«Articolo 3 – Trasparenza

1. Per tutte le conversioni da qualsiasi unità monetaria nazionale nell’unità euro e viceversa, nonché per tutte le operazioni di cambio di banconote e monete metalliche degli Stati membri partecipanti, le banche dovrebbero indicare chiaramente l’applicazione dei tassi di conversione di cui al regolamento (CE) n. 1103/97 del Consiglio e indicare separatamente dal tasso di conversione ogni spesa di qualunque natura, che venga addebitata.

2. Qualora le banche addebitino per le operazioni di conversione o di cambio spese non contemplate all’articolo 2 o qualora non applichino una o più disposizioni di cui all’articolo 2, lettera b), le banche dovrebbero fornire ai clienti informazioni chiare e trasparenti in merito a tali spese di conversione o di cambio, ed in particolare:

a)
informazioni scritte, prima che venga effettuata l’operazione, sulle eventuali spese di conversione o di cambio che intendano addebitare; e

b)
informazioni specifiche, una volta effettuata l’operazione, sulle eventuali spese di conversione o di cambio addebitate. Tali informazioni dovrebbero figurare negli estratti conto bancari o delle carte di credito, ovvero negli altri strumenti utilizzati dalle banche per comunicare con i clienti; esse dovrebbero indicare chiaramente ai clienti che sono stati applicati i tassi di conversione di cui al regolamento (CE) n. 1103/97 del Consiglio e riportare separatamente dal tasso di conversione le spese di conversione o di cambio e qualsiasi altra spesa addebitata».

Decisione impugnata

17
La presente causa riguarda la decisione della Commissione 11 dicembre 2001, 2003/25/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’art. 81 CE [Caso COMP/E-1/37.919 (ex. 37.391) – Spese bancarie per il cambio delle valute della zona euro – Germania] (GU 2003, L 15, pag. 1; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

18
Tra i servizi di cambio di valute, occorre distinguere, da un lato, la conversione di moneta scritturale e, dall’altro, il cambio di monete metalliche e di banconote o «cambio in contanti». Quest’ultimo tipo di servizio, il solo rilevante ai fini del presente ricorso, può essere ulteriormente suddiviso in due categorie: da un lato, i servizi di cambio in contanti all’ingrosso che permettono alle banche di cambiare grossi quantitativi di banconote (in prosieguo: i «servizi interbancari di cambio in contanti») e, dall’altro, i servizi di cambio in contanti allo sportello, destinati ai privati e relativi a piccoli quantitativi di banconote.

19
Prima dell’introduzione dell’euro, la remunerazione dei servizi di cambio in contanti generalmente non dava luogo, in Germania, ad un addebito distinto: il prezzo di tali servizi era incluso nei corsi di cambio ai quali gli istituti di credito e gli uffici di cambio acquistavano e vendevano le valute ai loro clienti. Al momento dell’acquisto, il corso praticato era inferiore al tasso di riferimento di mercato e, al momento della vendita, superiore (punto 38 della decisione impugnata). Tale differenza relativa ai tassi di riferimento di mercato è talvolta denominata «margine di cambio».

20
Le destinatarie della decisione impugnata sono cinque banche aventi sede in Germania:

la Commerzbank;

la Dresdner Bank;

la Bayerische Hypo- und Vereinsbank (in prosieguo: la «HVB» o la «ricorrente»);

la Deutsche Verkehrsbank (in prosieguo: la «DVB»);

la Vereins- und Westbank (in prosieguo: la «VUW»).

21
La ricorrente esercita principalmente la sua attività di banca universale in Germania. La sua costituzione risulta dalla fusione, il 1º settembre 1998, della Bayerische Hypotheken- und Wechselbank con la Bayerische Vereinsbank AG. La ricorrente è l’azionista di maggioranza della VUW.

22
All’inizio del 1999 la Commissione ha avviato un procedimento di indagine nei confronti di circa 150 banche, tra le quali la ricorrente, aventi sede in sette Stati membri, ossia il Belgio, la Germania, l’Irlanda, i Paesi Bassi, l’Austria, il Portogallo e la Finlandia. Essa sospettava che queste banche avessero stipulato un’intesa al fine di fissare, per il periodo transitorio, i prezzi dei servizi di cambio in contanti per le valute di alcuni Stati membri partecipanti. La Commissione ha poi proseguito la sua indagine, iniziata sotto un unico numero di fascicolo, avviando procedimenti distinti relativi all’esistenza di intese negli Stati membri considerati.

23
A decorrere dall’8 febbraio 1999, la Commissione ha chiesto informazioni a tre consorzi bancari tedeschi, conformemente all’art. 11 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, n. 13, pag. 204), relativamente, soprattutto, alla remunerazione dei servizi di cambio in contanti.

24
Il 16 ed il 17 febbraio 1999 la Commissione ha proceduto a verifiche presso le sedi sociali, a Francoforte sul Meno, della Dresdner Bank e della Deutsche Bank.

25
Il 19 ottobre 1999 la Commissione ha inviato un questionario a circa 240 banche della zona euro, invitandole, conformemente all’art. 11 del regolamento n. 17, a fornire dati relativi alle commissioni di cambio addebitate nel periodo precedente e successivo all’introduzione dell’euro. Tale questionario è stato inviato a 42 banche tedesche tra le quali le destinatarie della decisione impugnata (punto 22 della decisione impugnata).

26
Il 20 e il 21 ottobre 1999 la Commissione ha proceduto a verifiche nei Paesi Bassi, presso la sede sociale della GWK Bank (in prosieguo: la «GWK») (punti 20 e 21 della decisione impugnata).

27
Con lettere del 3 e del 10 agosto 2000, la Commissione ha inviato una comunicazione degli addebiti alle seguenti banche:

Commerzbank;

DVB;

HVB;

Reisebank;

Dresdner Bank;

VUW;

Bayerische Landesbank Girozentrale;

SEB Bank (prima denominata BfG);

Hamburgische Landesbank Girozentrale;

Westdeutsche Landesbank Girozentrale;

Landesbank Hessen Thüringen Girozentrale;

GWK e le sue società controllanti Fortis NV, Fortis Services Nederland NV e Fortis Bank Nederland NV.

28
Il 1º ed il 2 febbraio 2001 il consigliere uditore ha ascoltato le destinatarie della comunicazione degli addebiti.

29
L’11 dicembre 2001 la Commissione ha adottato la decisione impugnata.

30
Secondo la decisione impugnata (punto 2), le banche partecipanti alla riunione che ha avuto luogo il 15 ottobre 1997 nella sede della DVB in Francoforte sul Meno (in prosieguo: la «riunione del 15 ottobre 1997») hanno concordato una commissione del 3% circa per l’acquisto e la vendita di banconote della zona euro nel corso del periodo transitorio.

31
L’iniziativa di tale riunione sarebbe imputabile alla GWK. La decisione impugnata rileva infatti che la detta banca, in occasione di una riunione del 29 aprile 1997, ha indotto la Reisebank a mettersi in contatto con altre banche tedesche per far sì, principalmente, che la banca centrale tedesca (in prosieguo: la «Bundesbank») non offrisse gratuitamente ai consumatori un servizio di cambio in contanti (punto 60 della decisione impugnata).

32
Secondo la decisione impugnata (punto 62), le prove documentali dell’infrazione si trovano nei verbali di riunioni e di conversazioni telefoniche rinvenuti nel corso delle ispezioni nelle sedi della GWK, in particolare nei verbali della riunione del 15 ottobre 1997 redatti, rispettivamente, dal sig. [A], dipendente della GWK (in prosieguo: il «verbale [A]»), e dal sig. [B], dipendente della Commerzbank (in prosieguo: il «verbale [B]»).

33
Nella decisione impugnata, la Commissione ha innanzi tutto rilevato che i partecipanti hanno convenuto di informare la Bundesbank (banca centrale tedesca) che, a partire dal 1º gennaio 1999, avrebbero effettuato «operazioni di cambio delle banconote della zona euro a tasso fisso ed avrebbero applicato una commissione esplicita» (punto 88 della decisione impugnata).

34
Inoltre, la Commissione ha rilevato (punto 89 della decisione impugnata) che i partecipanti alla riunione del 15 ottobre 1997, non essendo riusciti a raggiungere un accordo sul principio di una tariffa unica, «hanno concordato l’obiettivo comune di sostituire i margini di cambio con una o più commissioni percentuali in modo da recuperare il 90% dei ricavi consentiti dal margine di cambio. Ciò avrebbe coinciso con una commissione complessiva pari a circa il 3%». In base al verbale [B], la Commissione afferma quindi «che vi era consenso sull’utilizzo di tassi fissi di cambio per le valute della zona euro (ossia l’assenza di tassi di acquisto e di vendita) calcolando le spese/oneri sotto forma di una commissione percentuale» (punto 95 della decisione impugnata).

35
Infine, secondo la Commissione, entrambi i verbali [A] e [B] menzionano un accordo relativo alla remunerazione dei servizi di cambio in contanti sotto forma di una commissione percentuale sull’importo cambiato. Il verbale [B] non specifica l’importo di tale commissione, contrariamente al verbale [A] che indica una commissione di circa il 3%. Tuttavia, la Commissione ha tenuto conto del fatto che, nel corso dell’audizione del 1° e del 2 febbraio 2001, la Bayerische Landesbank ha affermato che il suo rappresentante alla riunione del 15 ottobre 1997 ricordava che «alcuni rappresentanti di singole banche hanno citato alcune cifre che andavano dal 2% al 4%», nonostante quest’ultimo non si ricordasse di un importo del 3% (punto 96 della decisione impugnata).

36
In base ai detti elementi, la Commissione ha ritenuto che «le banche che hanno partecipato alla riunione del 15 ottobre 1997 abbiano convenuto di introdurre una commissione generale di circa il 3% (allo scopo di recuperare il 90% del ricavo) a partire dal 1º gennaio 1999» e che tale accordo avesse «l’oggetto e l’effetto di limitare la concorrenza nella Comunità» (punti 120 e 128 della decisione impugnata). La durata dell’accordo era quella del periodo transitorio (punto 173 della decisione impugnata).

37
Secondo l’art. 1 della decisione impugnata, la Commerzbank, la Dresdner Bank, la HVB, la DVB e la VUW hanno violato l’art. 81 CE, «avendo preso parte ad un accordo il cui oggetto era di fissare: a) le modalità di addebito ai clienti del servizio di cambio di banconote della zona euro (ossia tramite una commissione espressa in percentuale) e b) un obiettivo di prezzo di circa il 3% (per recuperare il 90% del ricavo del margine di cambio) durante il periodo transitorio che ha avuto inizio il 1º gennaio 1999».

38
Ritenendo che si trattasse di una grave violazione durata circa quattro anni, la Commissione ha inflitto le seguenti ammende (art. 3 della decisione impugnata):

Commerzbank EUR 28 000 000

Dresdner Bank EUR 28 000 000

HVB     EUR 28 000 000

DVB     EUR 14 000 000

VUW     EUR 2 800 000

39
La ricorrente ha ricevuto comunicazione della decisione impugnata il 19 dicembre 2001.


Procedimento

40
Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 28 febbraio 2002, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

41
La Commissione, dopo aver ricevuto notifica del ricorso, non ha depositato un controricorso entro il termine ad essa impartito. Con lettera depositata presso la cancelleria il 25 giugno 2002, la ricorrente ha chiesto al Tribunale di accogliere le sue conclusioni, conformemente all’art. 122, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale. Il cancelliere ha notificato la suddetta domanda alla Commissione.

42
Il Tribunale deve quindi decidere in contumacia. Poiché la ricevibilità del ricorso è certa e le formalità prescritte sono state regolarmente adempiute, spetta ad esso accertare, conformemente all’art. 122, n. 2, del regolamento di procedura, se le conclusioni della ricorrente appaiano fondate.


Conclusioni della ricorrente

43
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata nella parte ad essa relativa;

in via subordinata, annullare l’ammenda o ridurne l’importo;

condannare la Commissione alle spese.


In diritto

44
Le principali censure sollevate con il ricorso vertono sui seguenti elementi:

diverse violazioni dei diritti della difesa nel corso del procedimento amministrativo;

l’esistenza di una violazione dell’art. 81 CE, a causa di errori di diritto e di fatto;

la partecipazione della ricorrente all’infrazione;

l’imputabilità dell’infrazione;

la motivazione della decisione impugnata;

uno sviamento di potere;

la determinazione dell’importo dell’ammenda.

45
Ai fini della presente sentenza, occorre esaminare preliminarmente le censure con le quali la ricorrente nega l’esistenza di un accordo, mettendo in discussione l’esattezza degli accertamenti in fatto operati dalla Commissione.


Sugli accertamenti in fatto

46
La ricorrente fa sostanzialmente valere che in occasione della riunione del 15 ottobre 1997 non è stato concluso nessun accordo sulle modalità di addebito delle commissioni di cambio e sul loro importo. La Commissione non avrebbe fornito prove giuridicamente sufficienti relativamente ai fatti in base ai quali essa ha concluso per l’esistenza di un’infrazione.

Relativamente all’accordo sulle modalità di addebito delle commissioni di cambio

Argomenti della ricorrente

47
In via preliminare, la ricorrente deduce una violazione dell’obbligo di motivazione. Per quanto riguarda l’accordo sulle modalità di addebito delle commissioni di cambio, la decisione impugnata sarebbe così ambigua ed oscura che la ricorrente riscontrerebbe difficoltà nell’organizzare la sua difesa.

48
Il contenuto di tale preteso accordo non emergerebbe chiaramente dalla decisione impugnata, la cui formulazione letterale permetterebbe di delineare due interpretazioni. Secondo la prima, questo preteso accordo avrebbe il solo scopo di autorizzare una remunerazione proporzionale, escludendo qualsiasi remunerazione forfettaria. In base alla seconda interpretazione, il preteso accordo verterebbe sul principio dell’abbandono del sistema dei margini di cambio e sulla sua sostituzione con l’addebito di una commissione distinta dal tasso di cambio e proporzionale all’importo cambiato.

49
Tuttavia, qualunque sia l’interpretazione sostenuta, la ricorrente fa valere, nel merito, che l’addebito di commissioni di cambio proporzionali al volume delle operazioni eseguite sarebbe unicamente la conseguenza dell’introduzione dei tassi irrevocabili di conversione. Questa sarebbe all’origine dell’abbandono del sistema dei margini di cambio e della trasparenza auspicata dalla Commissione e dalla Bundesbank. Così, nessuna di queste interpretazioni permetterebbe di concludere per l’esistenza di un accordo illecito.

50
Per quanto riguarda l’interpretazione secondo la quale la decisione impugnata si fonda sulla tesi dell’esistenza di un accordo sull’abbandono del sistema dei margini di cambio, la ricorrente ammette l’esistenza di un tale accordo, ma contesta che esso possa restringere la concorrenza.

51
Innanzi tutto, l’abbandono del sistema dei margini di cambio risulterebbe direttamente dall’art. 4, n. 3, del regolamento n. 1103/97, come ha riconosciuto la stessa Commissione nella decisione impugnata (punti 37 e segg. e 139 e segg. della decisione impugnata).

52
Inoltre, l’abbandono del sistema dei margini di cambio sarebbe conforme alla raccomandazione della Commissione 23 aprile 1998 che perseguiva tale obiettivo. Di conseguenza, un preteso accordo con cui le banche manifesterebbero la loro volontà di conformarsi a tale raccomandazione della Commissione non potrebbe avere effetti significativi sulla concorrenza e, peraltro, avrebbe dovuto godere di un’esenzione. Il fatto che il Bundesverband deutscher Banken (associazione bancaria tedesca) abbia sostenuto, nel 1997, che i margini di cambio non erano illegittimi ipso iure sarebbe, a tale proposito, irrilevante. Infatti, in seguito, tale associazione avrebbe accolto la raccomandazione della Commissione 23 aprile 1998.

53
Infine, la Commissione non avrebbe spiegato in cosa consistesse il preteso accordo sulle modalità di addebito delle commissioni di cambio. Certamente, il punto 113 della decisione impugnata indicherebbe che la Landesbank Hessen Thüringen ha ammesso che un accordo era stato stipulato in data 15 ottobre 1997 relativamente alla «struttura delle spese da addebitare». Tuttavia, sembrerebbe che la Landesbank Hessen Thüringen abbia semplicemente precisato che era «difficile» ideare una struttura che non fosse proporzionale, riferendosi verosimilmente all’abbandono del sistema dei margini di cambio. La Commissione avrebbe ritenuto (punto 114 della decisione impugnata) che ciascuna banca debba determinare in maniera indipendente la struttura delle spese dei suoi servizi, senza fornire ulteriori spiegazioni.

54
Per quanto riguarda l’interpretazione secondo la quale la decisione impugnata concerne un accordo su una commissione proporzionale, escludendo qualsiasi componente forfettaria, la ricorrente ritiene che un tale accordo non sia mai esistito. I partecipanti alla riunione del 15 ottobre 1997 avrebbero discusso della possibile forma delle future commissioni che sarebbero subentrate al sistema dei margini di cambio. I partecipanti non sarebbero pervenuti ad immaginare formule che andassero oltre a quelle già ben note nel settore (commissione proporzionale, abbinata o meno ad un volume minimo dell’operazione o ad una commissione forfettaria).

55
Questa sarebbe la ragione per la quale il sig. [C], dipendente della VUW, allora presente, avrebbe ritenuto che tale riunione fosse stata poco proficua. Per la stessa ragione il verbale [B] affermerebbe che vi era «consenso» relativamente all’addebito delle operazioni di cambio a «prezzo fisso» (ossia ad un tasso irrevocabile di conversione), «meno/più» una commissione esposta separatamente. Tale osservazione, secondo la quale le commissioni sarebbero calcolate in percentuale, avrebbe avuto lo scopo di escludere il sistema dei margini di cambio, ma non le commissioni forfettarie.

56
Anche il verbale [A] (punto 88 della decisione impugnata) confermerebbe questo punto:

«A conclusione di una discussione eccezionalmente breve, tutti i presenti si sono detti convinti che il margine di cambio sulle valute della zona euro era destinato a sparire e che sia il valore della somma da cambiare che la commissione applicata avrebbero dovuto essere visibili».

57
Parimenti, secondo il verbale [B]:

«Per i clienti privati è previsto un tasso di cambio fisso per le valute della zona euro e le spese/gli oneri verranno calcolati separatamente.

Le spese/gli oneri verranno calcolati sotto forma di percentuale sul valore dell’operazione di cambio».

58
La ricorrente fa inoltre valere che un accordo basato sul principio di una commissione esclusivamente proporzionale non sarebbe mai stato attuato. La ricorrente, così come la maggioranza dei partecipanti alla riunione del 15 ottobre 1997, avrebbe infatti richiesto una remunerazione forfettaria pari a circa il 70% delle operazioni di cambio. Un tale accordo, quindici mesi prima dell’inizio del periodo transitorio, sarebbe stato insensato.

Giudizio del Tribunale

59
Per giurisprudenza costante, perché esista un accordo ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, è sufficiente che le imprese interessate abbiano espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo (v., in tal senso, sentenze della Corte 15 luglio 1970, causa 41/69, ACF Chemiefarma/Commissione, Racc. pag. 661, punto 112, e 29 ottobre 1980, cause riunite 209/78-215/78 e 218/78, Van Landewyck e a./Commissione, Racc. pag. 3125, punto 86; sentenze del Tribunale 17 dicembre 1991, causa T‑7/89, Hercules Chemicals/Commissione, Racc. pag. II‑1711, punto 256, e 26 ottobre 2000, causa T‑41/96, Bayer/Commissione, Racc. pag. II‑3383, punto 67).

60
Per quanto riguarda la manifestazione formale di tale comune volontà, è sufficiente che una pattuizione sia espressione della volontà delle parti di comportarsi sul mercato in conformità alla stessa (v., in tal senso, citate sentenze ACF Chemiefarma/Commissione, punto 112; Van Landewyck e a./Commissione, punto 86, e Bayer/Commissione, punto 68).

61
Ne consegue che la nozione di accordo, di cui all’art. 81, n. 1, CE, come interpretata dalla giurisprudenza, è incentrata sull’esistenza, tra almeno due parti, di una comune volontà, il cui modo di manifestarsi non è rilevante, purché sia fedele espressione della volontà delle parti stesse (sentenza Bayer/Commissione, cit., punto 69).

62
Occorre esaminare se la ricorrente abbia fornito una prova giuridicamente sufficiente dell’esistenza di elementi tali da mettere in discussione la validità degli elementi sulla base dei quali la Commissione ha constatato l’esistenza di una comune volontà, tra i partecipanti alla riunione del 15 ottobre 1997, diretta alla fissazione delle modalità di addebito delle commissioni di cambio in contanti.

63
Quest’ultimo aspetto dell’accordo contestato è stato esposto ai punti 95, 96, 114, 115, 132 e 184 della decisione impugnata, in quanto la Commissione ha concentrato la sostanza della sua analisi sulla questione della fissazione dell’importo delle commissioni.

64
Occorre constatare che l’interpretazione suggerita dalla ricorrente, secondo la quale l’infrazione di cui all’art. 1 della decisione impugnata, consistente in un accordo sulle modalità di addebito (…) del servizio di cambio, potrebbe riferirsi all’abbandono del sistema dei margini di cambio, non è plausibile. L’illiceità di un tale accordo sarebbe direttamente contraddetta dai punti 38 e 139 della decisione impugnata, da cui emerge che l’abbandono dei margini di cambio era la conseguenza dell’entrata in vigore dei tassi irrevocabili di conversione.

65
La Commissione ha infatti dichiarato che «la fissazione irrevocabile dei tassi di cambio a decorrere dal 1º gennaio 1999 ha comportato l’abolizione del differenziale tra tassi di acquisto e di vendita, ossia dello “spread” [margini di cambio], strumento cui non è più possibile ricorrere per esprimere le spese addebitate per le operazioni di cambio di banconote delle valute partecipanti» (punto 38 della decisione impugnata). Inoltre, la Commissione ha respinto gli argomenti diretti a far valere che la riunione del 15 ottobre 1997 avesse lo scopo di esaminare la questione del mantenimento dei margini di cambio durante il periodo transitorio, affermando che «[g]ià dal 1995 era noto che i tassi di cambio sarebbero stati fissati irrevocabilmente e che sarebbero quindi stati i soli tassi applicabili» e che «[l]a conseguenza diretta di ciò è che non è più consentito alcuno spread e che tutte le spese devono essere indicate in modo chiaro e trasparente» (punto 139 della decisione impugnata).

66
La Commissione ha inoltre rilevato che l’entrata in vigore dei tassi irrevocabili di conversione era stata all’origine dell’infrazione nella parte relativa alla fissazione dell’importo delle commissioni di cambio. Così, nella parte della decisione impugnata dedicata alla valutazione giuridica, la Commissione ha ritenuto che l’accordo sui prezzi fosse stato concluso «allo scopo di recuperare circa il 90% del ricavo venuto a mancare dopo l’abolizione dello spread (ossia il differenziale tra i tassi di acquisto e di vendita) [il 1º gennaio 1999]» (punto 116 della decisione impugnata; v. anche punto 130).

67
Per quanto riguarda le prove dell’esistenza di un accordo sul principio di una remunerazione esclusivamente proporzionale, la Commissione ha dichiarato quanto segue (punto 95 della decisione impugnata):

«Per quanto riguarda l’attività al dettaglio, risulta dal verbale [B] che vi era consenso sull’utilizzo di tassi fissi di cambio per le valute della zona euro (ossia l’assenza di tassi di acquisto e di vendita) calcolando le spese/oneri sotto forma di una commissione percentuale. Il metodo di calcolo per la conversione tra le valute partecipanti era lasciato alla decisione delle singole banche: “(…) In merito alla struttura dei prezzi/dei cambi per l’attività di cambio estero nella fase 3[a] (dal 1º gennaio 1999 al 1º gennaio 2002) dell’UEM è stato raggiunto un consenso sui seguenti punti:

1) Attività destinata alla clientela privata

(…)

Le spese/gli oneri verranno calcolati sotto forma di percentuale sul valore dell’operazione di cambio. (…)”»

68
La Commissione nota che «[i verbali [B] e [A]] corrispondono quanto al fatto che le spese da addebitare alla clientela sarebbero state espresse in percentuale» (punto 96 della decisione impugnata).

69
Tali elementi, considerati isolatamente, appaiono tuttavia insufficienti per stabilire l’esistenza di un consenso relativamente al principio di una commissione esclusivamente proporzionale al volume dell’operazione di cambio. Il passaggio del verbale [B] sul quale si è fondata la Commissione (punto 95 della decisione impugnata) non dimostra in maniera convincente l’esistenza di un accordo diretto all’adozione di un modello di presentazione delle commissioni di cambio comune a tutti i partecipanti alla riunione del 15 ottobre 1997, e questo per tre ragioni.

70
Innanzi tutto, l’interpretazione del verbale [B] avanzata dalla Commissione come prova dell’esistenza di un accordo sulle modalità di addebito dei servizi di cambio è stata contestata nel corso del procedimento amministrativo dai partecipanti alla riunione del 15 ottobre 1997 (punto 112 della decisione impugnata). Di conseguenza, il verbale [B], se non avallato da altri elementi, non può essere considerato una prova irrefutabile dell’esistenza di un accordo su tale punto (v., per analogia, sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑337/94, Enso-Gutzeit/Commissione, Racc. pag. II‑1571, punto 91).

71
In secondo luogo, il verbale [B] non contiene prove o indizi determinanti che permettano di concludere per l’esistenza di un accordo di «standardizzazione della struttura delle spese addebitate», espressione usata dalla Commissione al punto 114 della decisione impugnata. Al contrario, nel contesto della presente causa, il passaggio del verbale [B] sul quale si è fondata la Commissione può dare luogo ad altre interpretazioni che, a prima vista, sembrano plausibili alla luce degli argomenti della ricorrente.

72
Da un lato, tale passaggio può certamente essere inteso come espressione di un consenso tra le banche sulla necessità di rinunciare al sistema dei margini di cambio a causa dell’evoluzione della normativa relativa all’euro. Come già precedentemente ricordato, l’obbligo di utilizzare i tassi irrevocabili di conversione ha reso necessario l’utilizzo di un meccanismo di pubblicazione del prezzo dei servizi di cambio distinto dai detti tassi.

73
D’altro lato, il verbale [A] contiene elementi in grado di indebolire seriamente, se non di smentire direttamente, l’interpretazione in forza della quale la Commissione ha concluso per l’esistenza di un accordo di «standardizzazione della struttura delle spese addebitate» per i servizi di cambio. In particolare, dal verbale [A] emerge che, nel corso della riunione del 15 ottobre 1997, le banche si sono interrogate sulla questione se l’utilizzo obbligatorio dei tassi irrevocabili di conversione comportasse l’obbligo per le banche di utilizzare lo stesso livello di commissione per il cambio di ogni valuta nazionale o se, al contrario, fosse possibile adottare un livello di commissione diverso per ogni valuta. Infatti, la Commissione ha ritenuto che «non avendo raggiunto un pieno consenso sull’utilizzo di un’unica commissione in percentuale per tutte le valute o di percentuali di commissione diverse per valuta i partecipanti [avessero] deciso di comunicare alla Bundesbank che (…) “ciascuna delle banche presenti deciderà per suo conto quale forma dare alla sua futura struttura delle [commissioni]”» (punti 89 e 103 della decisione impugnata). Tale ultimo estratto del verbale [A] inficia quindi la tesi dell’esistenza di un accordo sulle modalità di addebito.

74
In terzo luogo, occorre constatare, secondo la ricorrente, che una commissione «espressa in percentuale» (punto 115 della decisione impugnata) sembra, a prima vista, una modalità naturale di espressione del prezzo dei servizi di cambio. A tale proposito si può osservare che, nella decisione impugnata, la stessa Commissione ha fatto ricorso a tale presentazione quando, nella nota 43 (punto 102 della decisione impugnata), essa ha indicato il livello dei prezzi praticati sotto la vigenza del sistema dei margini di cambio. Inoltre, un sistema di remunerazione proporzionale sembra tanto più comprensibile in quanto le spese esposte dalle banche per la fornitura dei servizi di cambio (trasporto, movimentazione, custodia) tendono a crescere con il volume delle operazioni di cambio. Così, l’adozione di una forma di espressione dei prezzi in punti percentuali dell’importo cambiato sembra, a prima vista, più legata alla natura dei servizi in questione che ad una qualsivoglia comune volontà.

75
La Commissione ha respinto le obiezioni con cui le banche hanno fatto valere sostanzialmente tali argomenti, in quanto non era «né logico né naturale che ciascuna banca trasferisse individualmente [il sistema del margine di cambio] in una commissione espressa in percentuale» e poiché «in realtà sembra che Deutsche Bank in un primo momento avesse preso in considerazione la possibilità di fornire il servizio gratuitamente» (punto 115 della decisione impugnata). Tuttavia, è giocoforza constatare che tale rifiuto non è né argomentato né avallato. Per quanto riguarda il richiamo alla politica della Deutsche Bank, questa non è rilevante, in quanto essa non verte sulle modalità di addebito dei servizi di cambio, ma sulla possibile rinuncia di un concorrente alla remunerazione dei suoi servizi per il periodo transitorio.

76
Peraltro, la decisione impugnata non può essere letta come relativa ad un accordo con cui le banche avrebbero inteso adottare una modalità di addebito strettamente proporzionale al volume delle operazione di cambio, escludendo ogni componente fissa. Infatti, la decisione impugnata non contiene nessuna dichiarazione univoca in tal senso. Inoltre, dal punto 147 della decisione impugnata emerge chiaramente che la Commissione era a conoscenza dell’utilizzo da parte di alcune banche della modalità di remunerazione consistente nell’associazione di una componente fissa (espressa sotto forma di importi minimi) ad una componente calcolata in percentuale sull’importo cambiato. Così, quando la Commissione ha adottato la decisione impugnata l’11 dicembre 2001, qualche giorno prima del termine del periodo transitorio, essa non ignorava che più banche erano ricorse a modalità di remunerazione consistenti nella combinazione di una parte proporzionale al volume con una parte fissa.

77
Alla luce di tali circostanze, occorre ammettere, in base al ricorso, che la ricorrente è riuscita a dimostrare che la Commissione non ha fornito prove giuridicamente sufficienti dell’esistenza di un accordo sulle modalità di addebito dei servizi di cambio in contanti. In assenza di prove di un consenso su tale punto, occorre annullare l’art. 1 della decisione impugnata là dove fa riferimento ad un accordo il cui oggetto era «di fissare (…) le modalità di addebito ai clienti del servizio di cambio di banconote della zona euro (ossia tramite una commissione espressa in percentuale)». Non è necessario esaminare le altre censure della ricorrente, in particolare quelle relative all’assenza di prove della natura anticoncorrenziale del preteso accordo e alla motivazione della decisione impugnata su tale punto.

Relativamente all’accordo sull’importo delle commissioni di cambio

Richiamo della decisione impugnata

78
Al fine di ricostruire il contenuto delle discussioni che hanno avuto luogo in occasione della riunione del 15 ottobre 1997 e di dedurne l’esistenza di un accordo sui prezzi, la Commissione si è fondata sui verbali [A] e [B]. Secondo la decisione impugnata, da tali due verbali emerge che i partecipanti hanno esaminato le seguenti questioni relative al periodo transitorio:

il principio della remunerazione dei servizi di cambio in contanti (punti 87 e 95 della decisione impugnata);

il mantenimento dei margini di cambio (punti 86, 88, 93 e 95 della decisione impugnata);

l’applicazione di una commissione uniforme per tutte le unità divisionali dell’euro o l’applicazione di commissioni distinte per ciascuna di esse (punti 89 e 103 della decisione impugnata);

il metodo di calcolo (quotazione «incerto per certo» e «certo per incerto») del cambio tra le unità divisionali dell’euro (punti 90 e 95 della decisione impugnata);

i servizi interbancari di cambio in contanti (punti 91, 94 e 97 della decisione impugnata).

79
Invece, i verbali [A] e [B] non coincidono sul punto se abbiano avuto luogo discussioni relative al livello di commissioni di cambio in contanti per il periodo transitorio. Infatti, la decisione impugnata fa riferimento, in base al verbale [A], a discussioni relative alla fissazione di un importo di circa il 3% (punto 89 della decisione impugnata) o, almeno, compreso tra il 2% ed il 4% (punto 89 della decisione impugnata), mentre il verbale [B] non contiene alcuna disposizione equivalente (punti 96, 106 e 107 della decisione impugnata).

80
La Commissione ha tuttavia ritenuto che il verbale [A] fosse corroborato dalle dichiarazioni rilasciate dalla Bayerische Landesbank nel corso dell’audizione (punti 96, 107 e 119 della decisione impugnata).

81
Nella sua valutazione giuridica, la Commissione ha ritenuto che i partecipanti alla riunione del 15 ottobre 1997 si siano messi d’accordo per fissare a circa il 3% il livello di commissione praticato per i servizi di cambio in contanti durante il periodo transitorio (punti 102 e 104 della decisione impugnata).

82
La Commissione ha respinto le obiezioni mosse da alcuni destinatari della comunicazione degli addebiti, tra le quali la ricorrente, che hanno invocato l’insufficienza delle prove dedotte. Infatti, essa ha ritenuto che il verbale [A], contemporaneo alla riunione del 15 ottobre 1997, fosse corroborato dalle dichiarazioni della Bayerische Landesbank e della Commerzbank (punti 118-120 della decisione impugnata).

83
Tali imprese hanno fatto valere, invano, che il preteso accordo sarebbe in ogni caso insensato in quanto prematuro, tenuto conto del periodo di tempo intercorrente tra esso e l’inizio del periodo transitorio. Tuttavia la Commissione ha ritenuto che il verbale [A] dimostri che i partecipanti consideravano imminente l’inizio del periodo transitorio e ha respinto le loro obiezioni (punti 122-124 della decisione impugnata).

84
Le banche in questione hanno sostenuto di non avere applicato, in pratica, un tasso di commissione pari a circa il 3% e di avere fissato l’importo della loro commissione in maniera autonoma. La Commissione ha respinto tale obiezione ritenendo, da un lato, che l’infrazione fosse provata in base ad elementi documentali e non in base ad un comportamento parallelo delle imprese sul mercato e, dall’altro, che l’accordo eliminasse o riducesse significativamente le incertezze circa il comportamento delle banche concorrenti, a tal punto che nessuna delle banche partecipanti ha applicato tassi inferiori al 3% (punti 125-127 della decisione impugnata).

85
Infine, la Commissione ha respinto tutti gli argomenti con i quali le banche in questione hanno tentato di dimostrare che la riunione del 15 ottobre 1997 non avesse come oggetto la conclusione di un accordo orizzontale sui prezzi.

86
Essa ha quindi respinto gli argomenti secondo i quali la riunione mirava a permettere a tali imprese di far fronte all’incertezza circa l’interpretazione dell’art. 52 dello statuto del SEBC. Infatti, la Commissione ha ritenuto che le discussioni che le banche partecipanti avessero potuto avere con la Bundesbank a proposito dell’art. 52 dello statuto del SEBC non riguardassero le commissioni da addebitare nel corso del periodo transitorio (punti 133-135 della decisione impugnata).

87
La Commissione ha anche respinto la tesi secondo la quale la riunione del 15 ottobre 1997 mirava a ridurre le incertezze normative legate al passaggio all’euro e faceva quindi seguito alla tavola rotonda del 15 maggio 1997 organizzata dalla Commissione. Essa ha sottolineato, in sostanza, che la tavola rotonda non riguardava la questione delle commissioni di cambio addebitate dalle banche (v. relazione del gruppo di esperti 20 novembre 1997) (punti 136 e 137 della decisione impugnata).

88
La Commissione non ha accettato gli argomenti secondo i quali la riunione verteva sulla questione se esse potessero conservare i margini di cambio come modalità di addebito durante il periodo transitorio. Essa, infatti, ha sostenuto che, dal 1995, «era noto che i tassi di cambio sarebbero stati fissati irrevocabilmente e che sarebbero quindi stati i soli tassi applicabili». La diretta conseguenza di tale situazione è stata, secondo la Commissione, il divieto di ricorrere ai margini di cambio dall’inizio del periodo transitorio. Essa ha inoltre rilevato, in via ultronea, che, in occasione della riunione del 15 settembre 1997, la Bundesbank aveva eliminato ogni equivoco relativamente a questo punto (punti 138-140 della decisione impugnata).

89
La Commissione ha respinto gli argomenti con i quali talune banche hanno tentato di dimostrare che l’oggetto della riunione del 15 ottobre 1997 era costituito dai servizi interbancari e non dai servizi di cambio di contanti allo sportello. Infatti, il verbale [B] menziona discussioni relative a quest’ultimo tipo di servizio (punti 141-143 della decisione impugnata).

90
Essendo stato accertato l’oggetto anticoncorrenziale, la Commissione non ha ritenuto utile esaminare se l’attuazione dell’accordo in questione avesse l’effetto di restringere la concorrenza. Tuttavia, in via ultronea, essa ha rilevato che gli importi delle commissioni addebitate dalle destinatarie della decisione impugnata erano compresi tra il 3% ed il 4,5% (punti 144-148 della decisione impugnata).

Argomenti della ricorrente

91
La ricorrente sostiene che la Commissione non è pervenuta ad accertare i fatti di cui deduce l’esistenza. In sostanza, la ricorrente nega ogni concertazione sui prezzi delle commissioni di cambio in contanti allo sportello in occasione della riunione del 15 ottobre 1997. Essa contesta inoltre il valore probatorio degli elementi dedotti dalla Commissione. Essa adduce, in particolare, più argomenti per dimostrare che la riunione aveva lo scopo di superare alcune incertezze normative e tecniche legate al passaggio all’euro e relative principalmente ai servizi interbancari di cambio in contanti. Essa sostiene inoltre che l’accordo prospettato dalla Commissione sarebbe privo di senso.

Giudizio del Tribunale

92
Nella decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che la discussione sull’importo delle commissioni di cambio costituisse un accordo vietato dall’art. 81 CE, cosicché non sarebbe rilevante pronunciarsi sulla liceità delle discussioni relative alle incertezze giuridiche e tecniche che prevalevano nel 1997, con particolare riferimento al principio della remunerazione dei servizi di cambio durante il periodo transitorio, all’abbandono dei margini di cambio, al metodo di calcolo del cambio (quotazione «incerto per certo» e «certo per incerto») e all’utilizzo di un unico tasso di commissione per tutte le valute degli Stati membri partecipanti.

93
La Commissione ha insistito sul fatto che la constatazione dell’infrazione si fonda su prove documentali (punti 62, 120, 126, 142 e 158 della decisione impugnata). Tuttavia, sembra che la prova delle discussioni relative alla fissazione del prezzo delle commissioni di cambio in contanti allo sportello sia contenuta in un solo documento, ossia il verbale [A]. Nessun’altra prova documentale viene menzionata nella decisione impugnata al fine di dimostrare l’esistenza di discussioni su questo punto.

94
Tuttavia, in via ultronea, la Commissione ha ritenuto che il verbale [A] fosse corroborato da due altri elementi giudicati probanti, ossia, innanzi tutto, dalle dichiarazioni rilasciate in occasione dell’audizione da due partecipanti alla riunione di cui trattasi e, in secondo luogo, dal comportamento dei partecipanti sul mercato.

95
Tenuto conto di tali elementi, occorre esaminare se la ricorrente sia pervenuta a fornire una prova giuridicamente sufficiente dell’esistenza di circostanze tali da rimettere in discussione la validità degli accertamenti in fatto operati dalla Commissione circa l’esistenza di un consenso tra i partecipanti alla riunione del 15 ottobre 1997 sulla fissazione del prezzo dei servizi di cui trattasi alla luce del verbale [A], delle dichiarazioni della Commerzbank e della Bayerische Landesbank, nonché del comportamento dei partecipanti sul mercato.

    Sul verbale [A]

96
L’accertamento di un’infrazione si fonda sulla seguente prova documentale, consistente in un estratto del verbale [A], e riprodotta al punto 89 della decisione impugnata:

«Le banche presenti alla riunione hanno espresso l’intenzione di sostituire i loro attuali ricavi derivanti dai margini di cambio con guadagni derivanti da commissioni fino ad un livello di circa il 90%. Secondo le banche ciò corrisponderebbe ad una commissione complessiva di circa il 3%».

97
Tale passaggio è oscuro e non consente, considerato isolatamente, di comprendere come la modifica del sistema di pubblicazione delle commissioni di cambio potesse incidere sui «ricavi» generati dalle dette commissioni. Occorre quindi fare riferimento all’insieme della citazione da cui è estratto tale passaggio. Questa è stata riportata nel punto 89 della decisione impugnata ed è così formulata:

«Differenziazione di prezzo tra le valute della zona euro

Sul mercato dei cambi in Germania le banche seguivano tutte al momento una politica dei prezzi più o meno identica. La conseguenza era che, per esempio, gli scellini austriaci venivano acquistati e venduti a poco prezzo mentre per la lira italiana il cambio risultava molto caro. Il sig. (...) della Commerzbank era del parere che bisognasse conservare questa differenza di prezzo tra le varie valute della zona euro. Egli sosteneva che, dato che i margini esistenti potevano essere considerati un risultato dei meccanismi di mercato, al momento di fissare una struttura delle spese differenziata ci si sarebbe potuti ispirare a tale modalità di fissazione dei prezzi. Su questo punto il sig. (...) (Bayerische Landesbank) ha spiegato che la differenziazione tra le valute era giustificata dall’esistenza di livelli differenti nel rischio di cambio, argomentazione che peraltro non aveva più fondamento dopo il 1º gennaio 1999, data a partire dalla quale tutte le valute della zona euro avrebbero dovuto essere considerate come denominazioni dell’euro. Il sig. (...) ha aggiunto che la politica dei margini che veniva praticata non era il risultato dei meccanismi di mercato quanto piuttosto il frutto di un accordo tacito sui tassi di cambio. L’indagine dell’[Istituto monetario europeo] (IME) citata dal sig. (...), secondo la quale i costi del sistema bancario tedesco erano destinati a scendere solo del 10% con l’entrata in circolazione dell’euro, mostrava che le modalità di fissazione dei prezzi sul mercato dei cambi non erano determinate dai prezzi, fatto questo che indicava l’esistenza di un oligopolio piuttosto che di un “polipolio”.

Di conseguenza la sostituzione dell’attuale accordo tacito sui margini differenziati con un accordo tacito su commissioni differenziate non dovrebbe portare a grandi sconvolgimenti o ad una perdita di profitti. Il sig. (...) si è detto pienamente d’accordo.

Dato che nel corso dell’incontro non era stato possibile raggiungere un consenso completo sull’opportunità di introdurre o meno una commissione unica ovvero una commissione diversa per ogni valuta, si sarebbe comunicato quanto segue alla Bundesbank:

“Ciascuna delle banche presenti deciderà per suo conto quale forma dare alla sua futura struttura delle spese.

Le banche presenti alla riunione hanno espresso l’intenzione di sostituire i loro attuali ricavi derivanti dai margini di cambio con guadagni derivanti da commissioni fino ad un livello di circa il 90%. Secondo le banche ciò corrisponderebbe ad una commissione complessiva di circa il 3%”».

98
Tale citazione affronta la questione se, durante il periodo transitorio, le banche potessero continuare ad addebitare i servizi di cambio in contanti secondo le caratteristiche proprie del mercato esistente per ciascuna valuta o se l’introduzione dell’euro scritturale il 1º gennaio 1999 dovesse comportare l’utilizzo di un identico livello di commissioni per ciascuna valuta degli Stati membri partecipanti. Tale citazione non riguarda quindi la questione della determinazione dell’importo delle commissioni, ma quella se ci dovesse essere un unico livello di commissione applicabile a tutte le vecchie valute nazionali interessate o un livello per ciascuna valuta. Il precedente estratto mostra che non vi era accordo tra le parti su tale punto.

99
L’estratto utilizzato dalla Commissione al fine di provare l’esistenza di un accordo illecito suscita tre riflessioni.

100
Innanzi tutto, con scomparsa dei «margini» il verbale [A] sembra riferirsi all’abbandono del sistema dei margini di cambio a seguito dell’entrata in vigore dei tassi irrevocabili di conversione il 1º gennaio 1999. Infatti, i partecipanti sono d’accordo sulla necessità di sostituire tale sistema con l’utilizzo di commissioni di cambio esplicite e distinte dal tasso irrevocabile di conversione applicato (punti 88, 93 e 95 della decisione impugnata).

101
Inoltre, come ha fatto valere la ricorrente, il riferimento al mantenimento del 90% dei «ricavi» generati dal sistema dei «margini» deve essere inteso alla luce del contesto della riunione di cui trattasi. Tale punto non s riferisce a discussioni dirette a garantire ai partecipanti alla riunione un certo livello di «ricavi», ma alla conseguenza diretta della scomparsa del rischio di cambio.

102
Infatti, dal ricorso emerge che la fissazione dei tassi irrevocabili di conversione ha avuto la conseguenza di far venire meno il rischio di cambio a partire dall’inizio del periodo transitorio. Conseguentemente, essendo venute meno le fluttuazioni del tasso di cambio, gli operatori che fornivano servizi di cambio in contanti vedevano quindi anche venire meno i costi indotti dalla volatilità dei tassi fino ad allora esistente. Nella relazione 23 aprile 1997 (punto 75 della decisione impugnata; v. allegato 23 del ricorso), l’IME ha valutato il risparmio che sarebbe risultato dalla scomparsa del rischio di cambio. Esso ha così ritenuto che i costi dei servizi di cambio in Germania potessero essere ripartiti in quattro categorie, nelle seguenti proporzioni:

rischio di cambio: 5-10%;

costi di rimpatrio (assicurazione e trasporto): 5-10%;

costi di transazione (salari; movimentazione; amministrazione): 70-85%;

costi d’«opportunità» (detenzione di riserve di contanti in valuta straniera): 5-10%.

103
L’IME ha valutato che la scomparsa del rischio di cambio poteva comportare una diminuzione del costo, e quindi dei prezzi, dei servizi di cambio in contanti nell’ordine del 5-10%. Tale relazione, nonostante non sia stata pubblicata dall’IME nella Gazzetta Ufficiale, ha avuto ampia diffusione presso gli organismi rappresentativi del settore bancario, come attesta il contenuto del punto 75 della decisione impugnata.

104
Il risultato di questa analisi dell’IME non è stato contestato in quanto, in occasione di una tavola rotonda organizzata dalla Commissione, i rappresentanti del settore bancario hanno fatto valere che, durante il periodo transitorio, «sebbene il rischio di cambio sia destinato a sparire, con una conseguente riduzione dei costi di circa il 20%, altri costi permarranno» (tavola rotonda sugli aspetti pratici della transizione verso l’euro: sintesi e conclusioni; dati menzionati nel punto 41 della decisione impugnata).

105
Quindi, l’interpretazione attribuita dalla ricorrente al verbale [A] è convincente. Occorre ammettere che, indicando il 90%, il verbale [A] si riferisce alla riduzione di circa il 10% dei costi dei servizi di cambio in contanti conseguente alla scomparsa del rischio di cambio. Tenuto conto di tale riduzione, le commissioni addebitate durante il periodo transitorio dovevano parimenti diminuire del 10%, di modo che tali commissioni potessero quindi coprire il 90% dei costi effettivi.

106
Infine, per quanto riguarda il passaggio del verbale [A] che evoca una commissione pari a circa il 3%, la ricorrente fa valere che si tratta, tutt’al più, di un’espressione dello stato del mercato, in base ai dati dell’IME.

107
Tale argomento sembra fondato. Infatti, nella sua relazione 23 aprile 1997, l’IME ha fornito un’indicazione circa l’ampiezza dei margini tra corsi di acquisto e corsi di vendita ed ha distinto, a tal fine, tre gruppi di valute:

gruppo 1 [franco belga (BEF), marco tedesco (DEM), fiorino olandese (NLG), scellino austriaco (ATS) e franco francese (FRF)]: margine minimo, inferiore al 2%;

gruppo 2 [sterlina inglese (GBP), lira italiana (ITL), peseta spagnola (ESP), scudo portoghese (PTE), corona svedese (SEK) e sterlina irlandese (IEP)]: margine medio, tra il 2 e il 4%;

gruppo 3 [dracma greca (GRD) contro tutte le altre valute]: margine elevato, superiore al 5%.

108
Questi elementi confermano le deduzioni della ricorrente secondo le quali l’indicazione di un livello di commissione di cambio di circa il «3%», ammesso che sia effettivamente avvenuta, sembra ad ogni modo riflettere lo stato del mercato piuttosto che l’esistenza di un accordo orizzontale sui prezzi.

109
Inoltre, la ricorrente ha prodotto le testimonianze dei sigg. [C] (VUW) e [D] (Hamburgische Landesbank), persone presenti alla riunione del 15 ottobre 1997, da cui emerge che, benché la questione del livello delle commissioni di cambio (riduzione dovuta alla scomparsa del rischio di cambio) sia stata menzionata in occasione della riunione, si trattava, secondo i testimoni, solo di un punto assolutamente di minore importanza, che non ha dato luogo a discussioni circa la fissazione del loro importo.

110
Tenuto conto di quanto precede, occorre dichiarare che il verbale [A] non sembra provare, in maniera determinante, l’esistenza di discussioni dirette alla fissazione del prezzo delle commissioni di cambio in contanti intorno al 3%. È quindi necessario esaminare gli altri elementi di prova menzionati dalla Commissione nella decisione impugnata nonché quelli dedotti dalla ricorrente, al fine di determinare se, una volta soppesati, tali elementi consentano di ritenere che la Commissione abbia provato l’esistenza di un accordo sui prezzi.

    Sulle dichiarazioni della Commerzbank e della Bayerische Landesbank

111
Secondo la decisione impugnata, l’esistenza di una discussione relativa al tasso di commissione menzionato dal verbale [A] sarebbe corroborata dalle parole della Commerzbank e della Bayerische Landesbank pronunciate in occasione dell’audizione (punti 96, 107 e 118-120 della decisione impugnata). Alla nota 44 della decisione impugnata, la Commissione fa anche riferimento alle risposte alla comunicazione degli addebiti fornite dalla ricorrente, dalla Westdeutsche Landesbank e dalla Hamburgische Landesbank.

112
Occorre innanzi tutto constatare che la valutazione della Commissione, secondo la quale queste dichiarazioni confermano la tesi dell’esistenza di un consenso sui prezzi, è discutibile. Benché le banche di cui trattasi abbiano dichiarato, per esempio, che «alcuni rappresentanti di singole banche hanno citato alcune cifre che andavano dal 2% al 4%» (punto 107 della decisione impugnata), nessuna di queste dichiarazioni conferma espressamente l’esistenza di discussioni sulla fissazione di un tasso di commissione.

113
È certamente vero che la fissazione di una fascia di riferimento o di un livello di prezzo-obiettivo può costituire una modalità illecita di fissazione del prezzo in quanto, in tali circostanze, i prezzi non sono più il risultato di decisioni autonome degli operatori, ma della loro comune volontà. Tuttavia, le cifre presentate («dal 2% al 4%»; «circa il 3%»; «tra il 2% e il 6%»; v. punto 107 della decisione impugnata e nota 44) riflettono, come già precedentemente esposto, i prezzi di mercato che l’IME ha potuto constatare, sono vaghe e rientrano in una forbice molto ampia (con oscillazioni sino al triplo). Conseguentemente, il carattere probatorio di questi elementi sembra discutibile.

    Sul comportamento dei partecipanti sul mercato

114
In via ultronea, la Commissione ha ritenuto che i partecipanti, dopo la riunione del 15 ottobre 1997, abbiano adeguato i loro comportamenti relativi ai prezzi al preteso accordo. Ai punti 147 e 148 della decisione impugnata, essa indica i tassi praticati dalle banche Dresdner Bank, Commerzbank, HVB, VUW, GWK e Reisebank. Tali tassi sono compresi tra il 3% ed il 4,5%, in quanto altre banche addebitavano inoltre un importo fisso.

115
La ricorrente contesta le conclusioni che la Commissione ha tratto da questi elementi. Essa fa valere, in sostanza, che la Commissione si è concentrata unicamente sui tassi di commissione, senza includere nella sua analisi la parte forfettaria della loro remunerazione. Orbene, tenuto conto del volume ridotto degli importi cambiati, tale parte avrebbe una notevole incidenza sull’importo della remunerazione applicata. Un’analisi corretta dei tassi praticati tra il 1998 ed il periodo transitorio inficerebbe le constatazioni della Commissione.

116
Tali argomenti sembrano rilevanti. Poiché la grande maggioranza dei servizi in questione verte su importi inferiori ai EUR 200 (la comunicazione degli addebiti menziona la proporzione del 70%; v. punto 9 della medesima), l’addebito delle commissioni forfettarie di DEM 5 o DEM 10 o di un volume minimo delle operazioni di cambio ha un impatto considerevole sull’importo realmente addebitato dalle banche, una volta espresso in percentuale. Pertanto, la Commissione non poteva limitarsi ad esaminare unicamente il tasso di commissione praticato, in quanto questo offriva solo un’indicazione parziale del prezzo a carico del consumatore.

117
I particolari dei tariffari applicati nel 1999 dalla ricorrente e da altre banche sono esposti al punto 56 della comunicazione degli addebiti. Da questi diversi elementi emerge che le commissioni praticate variano da banca a banca in maniera significativa quando viene preso in considerazione il costo totale dei servizi di cambio (tasso di commissione ed importo forfettario o volume minimo). Per quanto riguarda il 2000, la ricorrente ha prodotto un articolo di stampa che espone i livelli di commissione praticati dalle banche (allegato 25 del ricorso). Da tale documento emerge che per DEM 100 cambiati, il prezzo dei servizi di cambio forniti da 21 banche tedesche variava da DEM 0 a DEM 25. Per DEM 1 000 cambiati, il margine di prezzo era compreso tra DEM 0 e DEM 50. Espressi in percentuale, tali dati inficiano la validità delle constatazioni di fatto operate dalla Commissione (punti 147 e 148 della decisione impugnata), secondo le quali le destinatarie della decisione impugnata hanno uniformato i loro prezzi all’interno di una forbice compresa tra il 3% ed il 4,5%. Nessun elemento permette di concludere in maniera definitiva che la convergenza dei prezzi verso una «fascia» abbia una causa diversa dal normale gioco delle forze del mercato. Al contrario, occorre rilevare che, dall’inizio del periodo transitorio, le commissioni sono diminuite sensibilmente, il che può essere spiegato con la scomparsa del rischio di cambio. Questa tendenza si è prolungata fino alla fine del periodo transitorio, che corrisponde alla scomparsa dal mercato dei servizi di cambio in contanti di valute degli Stati membri partecipanti.

118
Di conseguenza, gli elementi sulla base dei quali la Commissione ha ritenuto che il verbale [A] fosse corroborato dal comportamento parallelo delle banche partecipanti sul mercato non sono convincenti.

119
L’insieme degli elementi del ricorso che sono stati appena esaminati permettono di concludere che la Commissione non ha fornito una prova giuridicamente sufficiente dell’esistenza dell’accordo di cui essa deduce l’esistenza, per quanto riguarda sia la fissazione dei prezzi dei servizi di cambio in contanti delle valute della zona euro durante il periodo transitorio, sia le modalità di addebito di tali prezzi. Ne deriva che le censure relative all’inesattezza degli accertamenti in fatto ed all’assenza di carattere probatorio degli indizi dedotti a carico devono essere dichiarate fondate.

120
Pertanto, occorre annullare la decisione impugnata, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi di ricorso.


Sulle spese

121
Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)
La decisione della Commissione 11 dicembre 2001, 2003/25/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’art. 81 CE – Caso COMP/E-1/37.919 (ex. 37.391) – Spese bancarie per il cambio delle valute della zona euro – Germania, è annullata nella parte relativa alla ricorrente.

2)
La Commissione sopporterà l’integralità delle spese.

Lindh

García-Valdecasas

Cooke

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 ottobre 2004.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

P. Lindh

Indice

Fatti

    Ambito normativo

    Decisione impugnata

Procedimento

Conclusioni della ricorrente

In diritto

Sugli accertamenti in fatto

    Relativamente all’accordo sulle modalità di addebito delle commissioni di cambio

        Argomenti della ricorrente

        Giudizio del Tribunale

    Relativamente all’accordo sull’importo delle commissioni di cambio

        Richiamo della decisione impugnata

        Argomenti della ricorrente

        Giudizio del Tribunale

            – Sul verbale [A]

            – Sulle dichiarazioni della Commerzbank e della Bayerische Landesbank

            – Sul comportamento dei partecipanti sul mercato

Sulle spese



1
Lingua processuale: il tedesco.