Language of document : ECLI:EU:C:2014:1320

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

5 giugno 2014 (*)

«Visti, asilo, immigrazione e altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone – Direttiva 2008/115/CE – Rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Articolo 15 – Trattenimento – Proroga del trattenimento – Obblighi dell’autorità amministrativa o giudiziaria – Sindacato giurisdizionale – Mancanza di documenti di un cittadino di un paese terzo – Ostacoli all’esecuzione della decisione di allontanamento – Diniego dell’ambasciata del paese terzo interessato di rilasciare un documento d’identità che consenta il rimpatrio del cittadino in tale paese – Rischio di fuga – Prospettiva ragionevole di esecuzione dell’allontanamento – Mancata cooperazione – Eventuale obbligo dello Stato membro interessato di rilasciare un documento temporaneo attestante lo status della persona»

Nella causa C‑146/14 PPU,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Administrativen sad Sofia‑grad (Bulgaria), con decisione del 28 marzo 2014, pervenuta in cancelleria il 28 marzo 2014, nel procedimento riguardante

Bashir Mohamed Ali Mahdi,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da M. Ilešič, presidente di sezione, C.G. Fernlund, A. Ó Caoimh (relatore), C. Toader e E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: M. Aleksejev, amministratore

vista la domanda del giudice del rinvio del 28 marzo 2014, pervenuta in cancelleria il 28 marzo 2014, di trattare il rinvio pregiudiziale con procedimento d’urgenza, come previsto dall’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte,

vista la decisione dell’8 aprile 2014 della Terza Sezione di accogliere la domanda,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 maggio 2014,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo bulgaro, da E. Petranova e D. Drambozova, in qualità di agenti;

–        per il direktor na Direktsia «Migratsia» pri Ministerstvo na vatreshnite raboti, da D. Petrov, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da M. Condou‑Durande e S. Petrova, in qualità di agenti,

sentito l’avvocato generale,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 15 della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU L 348, pag. 98).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento amministrativo avviato su iniziativa del direttore della Direktsia «Migratsia» pri Ministerstvo na vatreshnite raboti (direktor della Direzione dell’Immigrazione presso il Ministero dell’Interno; in prosieguo: il «direktor»), diretto ad ottenere la pronuncia d’ufficio da parte dell’Administrativen sad Sofia‑grad (Tribunale amministrativo di Sofia) in merito alla proroga del trattenimento del sig. Mahdi, cittadino sudanese, posto in trattenimento presso il Centro speciale di permanenza temporanea degli stranieri della suddetta Direzione, situato a Busmantsi (Bulgaria) (in prosieguo: il «Centro di trattenimento di Busmantsi»), nella circoscrizione di Sofia.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

3        La direttiva 2008/115 è stata adottata, segnatamente, sul fondamento dell’articolo 63, primo comma, punto 3, lettera b), CE, divenuto articolo 79, paragrafo 2, lettera c), TFUE. I considerando 6, 11, 12, 13, 16, 17 e 24 della suddetta direttiva enunciano quanto segue:

«(6)      È opportuno che gli Stati membri provvedano a porre fine al soggiorno irregolare dei cittadini di paesi terzi secondo una procedura equa e trasparente. In conformità dei principi generali del diritto dell’Unione europea, le decisioni ai sensi della presente direttiva dovrebbero essere adottate caso per caso e tenendo conto di criteri obiettivi, non limitandosi quindi a prendere in considerazione il semplice fatto del soggiorno irregolare. (...)

(...)

(11)      Occorre stabilire garanzie giuridiche minime comuni sulle decisioni connesse al rimpatrio per l’efficace protezione degli interessi delle persone interessate. Si dovrebbe garantire la necessaria assistenza legale a chi non disponga di risorse sufficienti. Gli Stati membri dovrebbero determinare nella legislazione nazionale i casi in cui l’assistenza legale è da ritenersi necessaria.

(12)      È necessario occuparsi della situazione dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare ma che non è ancora possibile allontanare. Le condizioni basilari per il loro sostentamento dovrebbero essere definite conformemente alla legislazione nazionale. Affinché possano dimostrare la loro situazione specifica in caso di verifiche o controlli amministrativi, tali persone dovrebbero essere munite di una conferma scritta della loro situazione. Gli Stati membri dovrebbero godere di un’ampia discrezionalità quanto al modello e al formato della conferma scritta e dovrebbero anche poterla includere nelle decisioni connesse al rimpatrio adottate ai sensi della presente direttiva.

(13)      L’uso di misure coercitive dovrebbe essere espressamente subordinato al rispetto dei principi di proporzionalità e di efficacia per quanto riguarda i mezzi impiegati e gli obiettivi perseguiti. Occorre stabilire garanzie minime per l’esecuzione del rimpatrio forzato (...)

(...)

(16)      Il ricorso al trattenimento ai fini dell’allontanamento dovrebbe essere limitato e subordinato al principio di proporzionalità con riguardo ai mezzi impiegati e agli obiettivi perseguiti. Il trattenimento è giustificato soltanto per preparare il rimpatrio o effettuare l’allontanamento e se l’uso di misure meno coercitive è insufficiente.

(17)      I cittadini di paesi terzi che sono trattenuti dovrebbero essere trattati in modo umano e dignitoso, nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e in conformità del diritto nazionale e internazionale. (...)

(...)

(24)      La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti in particolare nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea [(in prosieguo: la “Carta”)]».

4        L’articolo 1 della suddetta direttiva, intitolato «Oggetto», dispone quanto segue:

«La presente direttiva stabilisce norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, nel rispetto dei diritti fondamentali in quanto principi generali del diritto comunitario e del diritto internazionale, compresi gli obblighi in materia di protezione dei rifugiati e di diritti dell’uomo».

5        Ai sensi del successivo articolo 3, recante il titolo «Definizioni»:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(...)

7)      “rischio di fuga” la sussistenza in un caso individuale di motivi basati su criteri obiettivi definiti dalla legge per ritenere che un cittadino di un paese terzo oggetto di una procedura di rimpatrio possa tentare la fuga;

(...)».

6        L’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva medesima prevede quanto segue:

«In qualsiasi momento gli Stati membri possono decidere di rilasciare per motivi caritatevoli, umanitari o di altra natura un permesso di soggiorno autonomo o un’altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare a un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare. In tali casi non è emessa la decisione di rimpatrio. Qualora sia già stata emessa, la decisione di rimpatrio è revocata o sospesa per il periodo di validità del titolo di soggiorno o di un’altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare».

7        Ai sensi del successivo articolo 15, intitolato «Trattenimento»:

«1.      Salvo se nel caso concreto possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento, in particolare quando:

a)      sussiste un rischio di fuga o

b)      il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell’allontanamento.

Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile ed è mantenuto solo per il tempo necessario all’espletamento diligente delle modalità di rimpatrio.

2.      Il trattenimento è disposto dalle autorità amministrative o giudiziarie.

Il trattenimento è disposto per iscritto ed è motivato in fatto e in diritto.

Quando il trattenimento è disposto dalle autorità amministrative, gli Stati membri:

a)      prevedono un pronto riesame giudiziario della legittimità del trattenimento su cui decidere entro il più breve tempo possibile dall’inizio del trattenimento stesso,

b)      oppure accordano al cittadino di un paese terzo interessato il diritto di presentare ricorso per sottoporre ad un pronto riesame giudiziario la legittimità del trattenimento su cui decidere entro il più breve tempo possibile dall’avvio del relativo procedimento. In tal caso gli Stati membri informano immediatamente il cittadino del paese terzo in merito alla possibilità di presentare tale ricorso.

Il cittadino di un paese terzo interessato è liberato immediatamente se il trattenimento non è legittimo.

3.      In ogni caso, il trattenimento è riesaminato ad intervalli ragionevoli su richiesta del cittadino di un paese terzo interessato o d’ufficio. Nel caso di periodi di trattenimento prolungati il riesame è sottoposto al controllo di un’autorità giudiziaria.

4.      Quando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi o che non sussistono più le condizioni di cui al paragrafo 1, il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente rilasciata.

5.      Il trattenimento è mantenuto finché perdurano le condizioni di cui al paragrafo 1 e per il periodo necessario ad assicurare che l’allontanamento sia eseguito. Ciascuno Stato membro stabilisce un periodo limitato di trattenimento, che non può superare i sei mesi.

6.      Gli Stati membri non possono prolungare il periodo di cui al paragrafo 5, salvo per un periodo limitato non superiore ad altri dodici mesi conformemente alla legislazione nazionale nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l’operazione di allontanamento rischia di durare più a lungo a causa:

a)      della mancata cooperazione da parte del cittadino di un paese terzo interessato, o

b)      dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi».

 Diritto bulgaro

8        La direttiva 2008/115 è stata trasposta nell’ordinamento bulgaro per mezzo della legge sugli stranieri della Repubblica di Bulgaria (Zakon za chuzhdentsite v Republika Bulgaria, DV n. 153, del 23 dicembre 1998), nel testo applicabile ai fatti del procedimento principale (DV n. 108, del 17 dicembre 2013; in prosieguo: la «legge sugli stranieri»).

9        L’articolo 44, paragrafo 5, di detta legge prevede quanto segue:

«Nel caso in cui sussistano ostacoli che impediscano allo straniero di lasciare immediatamente il territorio o di entrare in un altro paese, questi è obbligato, in base a provvedimento dell’autorità che ha adottato la misura amministrativa coercitiva, a presentarsi settimanalmente dinanzi alla sezione locale del Ministero dell’Interno secondo le modalità previste dal regolamento di esecuzione della presente legge, salvo che siano venuti meno gli ostacoli all’esecuzione della misura di accompagnamento forzato alla frontiera o di espulsione e che siano state adottate misure in vista del suo imminente allontanamento».

10      A norma dell’articolo 44, paragrafo 6, della legge sugli stranieri, quando una misura amministrativa coercitiva non può essere applicata nei confronti di uno straniero di cui non sia stato possibile accertare l’identità e quest’ultimo ostacoli l’esecuzione del provvedimento per mezzo del quale la misura medesima è stata comminata, o laddove sussista un evidente rischio di fuga, l’autorità che ha adottato il provvedimento in questione può disporre il trattenimento di detto straniero in un centro per il trattenimento amministrativo degli stranieri al fine di predisporre il suo accompagnamento forzato alla frontiera della Repubblica di Bulgaria o la sua espulsione.

11      L’articolo 44, paragrafo 8, della legge medesima così recita:

«Il trattenimento amministrativo perdura fintantoché sussistono le condizioni enunciate al paragrafo 6, ma non può superare i sei mesi. Le autorità competenti (...) verificano d’ufficio, con cadenza mensile, unitamente al direktor (...), la sussistenza delle condizioni per l’assoggettamento alla misura di trattenimento. In casi eccezionali, quando la persona rifiuti di cooperare con le autorità competenti o quando vi siano ritardi nell’ottenimento della documentazione necessaria per l’accompagnamento forzato alla frontiera o l’espulsione, la durata del trattenimento può essere estesa a dodici mesi. Quando, alla luce delle circostanze concrete della fattispecie, risulti accertato che, per ragioni di ordine giuridico o tecnico, non sussiste più alcuna prospettiva ragionevole di esecuzione dell’allontanamento dello straniero, la persona interessata viene immediatamente rimessa in libertà».

12      A norma dell’articolo 46a, paragrafo 1, di detta legge, il provvedimento di collocamento nel centro di trattenimento amministrativo può essere oggetto di ricorso secondo le modalità previste nel codice di procedura amministrativa (Administrativnoprotsesualen kodeks), entro un termine di quattordici giorni a decorrere dall’effettivo collocamento.

13      Il paragrafo 2 del medesimo articolo 46a così recita:

«Il tribunale adito ai sensi del paragrafo che precede si pronuncia sul ricorso in udienza pubblica emanando una decisione entro il termine di un mese dall’avvio del procedimento. La presenza della persona interessata non è obbligatoria. La decisione del tribunale adito in primo grado può essere oggetto di ricorso dinanzi al Vărhoven administrativen sad, che si pronuncia entro un termine di due mesi».

14      I paragrafi 3 e 4 della legge sugli stranieri così dispongono:

«3.      Il direttore del centro di trattenimento amministrativo per cittadini stranieri presenta, con cadenza semestrale, l’elenco degli stranieri che vi hanno soggiornato per più di sei mesi a causa di ostacoli che ne impediscano l’allontanamento dal territorio. Tale elenco è trasmesso al tribunale amministrativo del circondario in cui si trova il centro di trattenimento amministrativo.

4.      Alla fine di ciascun periodo di sei mesi di collocamento in un centro di trattenimento, il tribunale dispone d’ufficio o su richiesta dello straniero interessato, a porte chiuse, la proroga del trattenimento o delle misure alla base di esso, ovvero il rilascio. L’ordinanza del tribunale può essere oggetto di ricorso secondo le modalità previste dal codice di procedura amministrativa».

15      Ai sensi del paragrafo 1, punto 4c, delle disposizioni complementari alla legge sugli stranieri, l’esistenza di «un rischio di fuga di uno straniero sottoposto a una misura amministrativa coercitiva» è riconosciuta quando, alla luce degli elementi di fatto, vi sia ragionevole motivo di sospettare che la persona possa sottrarsi all’esecuzione della misura ordinata. A tal proposito, le suddette disposizioni precisano che possono costituire elementi in tal senso l’irreperibilità della persona presso il suo domicilio dichiarato, l’esistenza di precedenti minacce all’ordine pubblico o di pregresse condanne a suo carico, malgrado la sua riabilitazione, il fatto che non abbia lasciato il paese nel termine impartitogli per la partenza volontaria, il fatto che il cittadino di cui trattasi abbia chiaramente dimostrato di non volersi conformare al provvedimento adottato nei suoi confronti, che sia in possesso di documenti falsi o sia sprovvisto di documenti, che abbia fornito informazioni errate, che sia già fuggito in passato e/o che non abbia rispettato un divieto di ingresso.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

16      Il 9 agosto 2013 il sig. Mahdi veniva fermato a un varco di frontiera a Bregovo in Bulgaria. Egli era sprovvisto di documenti di identità, ma si presentava con il nome di Bashir Mohamed Ali Mahdi, cittadino sudanese.

17      Con provvedimenti in pari data venivano disposte nei confronti del sig. Mahdi la misura amministrativa coercitiva di «accompagnamento forzato di uno straniero alla frontiera» e la misura amministrativa coercitiva di «divieto di ingresso di uno straniero nella Repubblica di Bulgaria».

18      L’indomani, il 10 agosto 2013, il sig. Mahdi veniva posto in trattenimento in conformità ai suddetti provvedimenti, nel centro di trattenimento di Busmantsi, in attesa che fosse possibile dare esecuzione alle misure amministrative coercitive, vale a dire sino all’ottenimento di documenti che gli consentissero di viaggiare al di fuori della Bulgaria.

19      Il 12 agosto 2013 il sig. Mahdi sottoscriveva, dinanzi alle autorità amministrative bulgare, una dichiarazione di disponibilità al rimpatrio volontario in Sudan.

20      Con lettera del 13 agosto 2013 il direktor comunicava all’ambasciata della Repubblica del Sudan le misure adottate nei confronti del sig. Mahdi e il suo collocamento nel centro di trattenimento di Busmantsi.

21      Successivamente, in un giorno non precisato negli atti, il sig. Mahdi incontrava un rappresentante dell’ambasciata medesima, incontro nel corso del quale tale rappresentante confermava l’identità dell’interessato negando, tuttavia, il rilascio a quest’ultimo di un documento di identità che gli permettesse di viaggiare al di fuori della Bulgaria. Tale diniego era apparentemente fondato sul fatto che il sig. Mahdi non intendeva tornare in Sudan. L’interessato dichiarava in seguito alle autorità bulgare che non intendeva ritornare volontariamente in Sudan. Sembra che il rappresentante dell’ambasciata della Repubblica del Sudan abbia affermato dinanzi al giudice del rinvio che, date le circostanze, non era possibile emettere un documento di viaggio se il sig. Mahdi non intendeva ritornare di sua spontanea volontà nel suo paese d’origine.

22      Il 16 agosto 2013 la sig.ra Ruseva, cittadina bulgara, rilasciava una dichiarazione notarile in base alla quale sarebbero stati assicurati al sig. Mahdi adeguati mezzi di sussistenza e un alloggio durante il suo soggiorno in Bulgaria e richiedeva al direktor il rilascio su cauzione del sig. Mahdi. Tale dichiarazione veniva confermata dalle autorità di polizia il 26 agosto 2013.

23      Il 27 agosto 2013 il direktor, sulla base della dichiarazione della sig.ra Ruseva, proponeva al proprio superiore gerarchico di revocare il provvedimento di trattenimento amministrativo del sig. Mahdi e di adottare nei suoi confronti una misura meno coercitiva, vale a dire il provvedimento di «comparizione con cadenza mensile dinanzi alla sezione locale del Ministero dell’Interno del luogo di residenza», sino al venir meno degli ostacoli all’esecuzione della decisione di accompagnamento alla frontiera adottata nei suoi confronti.

24      Il 9 settembre 2013 tale proposta veniva respinta in considerazione del fatto che il sig. Mahdi non era entrato in Bulgaria legalmente, che non possedeva un permesso di soggiorno per risiedere in Bulgaria, che l’agenzia nazionale per i rifugiati gli aveva negato, il 29 dicembre 2012, lo status di rifugiato e che, attraversando la frontiera nazionale tra la Bulgaria e la Serbia al di fuori dei valichi di frontiera allo scopo previsti, aveva commesso un reato.

25      Né il provvedimento di collocamento in trattenimento amministrativo, né il diniego di sostituzione del trattenimento con le misure meno coercitive proposte dal direktor sono stati oggetto di impugnazione.

26      Dalla decisione di rinvio risulta che l’Ambasciata della Repubblica del Sudan non ha rilasciato ad oggi nessun documento di identità atto a consentire al sig. Mahdi di viaggiare al di fuori della Bulgaria e che quest’ultimo si trova ancora nel centro di trattenimento di Busmantsi.

27      Il procedimento principale è stato avviato con la presentazione di una lettera del direktor, intorno al 9 febbraio 2014 e alla fine del periodo di sei mesi di trattenimento iniziale, con cui questi ha chiesto al giudice del rinvio di disporre d’ufficio, sulla base dell’articolo 46a, paragrafi 3 e 4, della legge sugli stranieri, la proroga del trattenimento del sig. Mahdi.

28      Il giudice del rinvio precisa che, in forza dell’articolo 46a, paragrafi 3 e 4, della legge sugli stranieri, l’elenco dei cittadini di paesi terzi che abbiano soggiornato in un centro di trattenimento per un periodo superiore ai sei mesi a causa di ostacoli che ne impediscano l’allontanamento dal territorio viene trasmesso, con cadenza semestrale, dal direktor del centro di trattenimento di cui trattasi al tribunale amministrativo del luogo in cui si trova il centro. Alla fine di ciascun periodo di sei mesi di collocamento in un centro di trattenimento, il tribunale medesimo dispone d’ufficio o su richiesta dello straniero interessato, a porte chiuse, la proroga del trattenimento o delle misure alla base di esso, o il rilascio di detta persona.

29      A tal proposito, il giudice del rinvio si interroga, in particolare, sulla compatibilità del procedimento amministrativo di riesame del collocamento in un centro di trattenimento previsto nel diritto bulgaro con il diritto dell’Unione e, segnatamente, con i requisiti stabiliti dalla direttiva 2008/115.

30      Secondo il giudice del rinvio, la natura del riesame che esso può compiere varia a seconda che agisca quale autorità giurisdizionale o quale autorità amministrativa. In particolare, nello statuire come autorità giurisdizionale, gli è preclusa una pronuncia nel merito della causa e la revisione della decisione iniziale di collocamento in un centro di trattenimento, dal momento che, in base al diritto processuale bulgaro, il suo ruolo è limitato al controllo dei motivi di proroga del trattenimento dell’interessato come esposti nella lettera del direktor che ha dato avvio a un procedimento come quello oggetto del procedimento principale. Il suddetto giudice solleva, inoltre, questioni vertenti sul rischio di fuga in un caso, come quello oggetto del procedimento principale, in cui l’interessato, privo di documenti d’identità, ha dichiarato alle autorità bulgare che non intendeva ritornare nel suo paese d’origine. Il giudice del rinvio s’interroga altresì sul comportamento di quest’ultimo. A tal proposito, esso si chiede se il fatto che l’interessato sia sprovvisto di documenti di identità possa integrare una mancata cooperazione nel quadro della procedura di allontanamento. Alla luce di tutte le suindicate circostanze, il giudice del rinvio dubita che la proroga del trattenimento del sig. Mahdi sia giustificata.

31      Ciò premesso, l’Administrativen sad Sofia‑grad ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 15, paragrafi 3 e 6, della direttiva 2008/115, in combinato disposto con gli articoli 6 e 47 della Carta, relativi al diritto al sindacato da parte di un giudice e ad un’effettiva tutela giurisdizionale, debba intendersi nel senso che:

a)      qualora l’amministrazione di uno Stato membro sia tenuta, in base alla normativa nazionale, a sottoporre mensilmente a riesame il trattenimento, senza che sia esplicitamente prevista l’adozione di un provvedimento amministrativo, e a presentare d’ufficio al giudice una lista con i nominativi dei cittadini di paesi terzi trattenuti, a causa della presenza di ostacoli all’allontanamento, oltre i termini di durata massima previsti dalla legge per il primo trattenimento, l’amministrazione medesima deve adottare uno specifico provvedimento di riesame della misura allo scadere del termine stabilito nella decisione individuale sul primo trattenimento, avendo riguardo alle disposizioni del diritto dell’Unione europea sui motivi di proroga della durata dello stesso, ovvero deve rimettere in libertà la persona interessata;

b)      qualora la normativa nazionale dello Stato membro conferisca al giudice il potere di disporre, allo scadere dei termini di durata massima del primo trattenimento ai fini dell’allontanamento previsti dal diritto nazionale, la proroga del trattenimento, la sostituzione della misura con altra meno coercitiva ovvero la liberazione del cittadino di paese terzo, il giudice, in un caso come quello oggetto del procedimento principale, deve verificare la legittimità di un provvedimento di riesame del trattenimento che indichi le motivazioni in diritto e in fatto a base della necessità della proroga del trattenimento e la durata della stessa, decidendo nel merito in ordine al mantenimento del trattenimento, alla sostituzione dello stesso o al rilascio della persona interessata;

c)      consente al giudice di verificare, alla luce dei motivi previsti dal diritto dell’Unione ai fini della proroga della durata del trattenimento, la legittimità di un provvedimento di riesame del trattenimento che indichi esclusivamente i motivi per cui la decisione di allontanare il cittadino di un paese terzo non possa essere eseguita, decidendo la controversia nel merito con pronuncia sul mantenimento, la sostituzione del trattenimento con altra misura o il rilascio della persona interessata unicamente sulla base dei fatti e delle prove addotti dall’amministrazione nonché delle eccezioni e dei fatti dedotti dal cittadino del paese terzo.

2)      Se l’articolo 15, paragrafi 1 e 6, della direttiva 2008/115, in un caso come quello oggetto del procedimento principale, debba intendersi nel senso che il fatto che la persona interessata non sia in possesso dei documenti d’identità, costituente di per sé un motivo di proroga del trattenimento ai sensi del diritto nazionale, è legittimamente riconducibile, dal punto di vista del diritto dell’Unione, ad entrambe le ipotesi previste dal suddetto paragrafo 6, allorquando, in base alla normativa nazionale dello Stato membro, sussista fondato motivo di ritenere, in ragione di tale circostanza, che la persona interessata tenterà di sottrarsi all’esecuzione della decisione di allontanamento, il che, a sua volta, configura il rischio di fuga ai sensi della normativa nazionale dello Stato medesimo.

3)      Se l’articolo 15, paragrafi 1, lettera a) e b), e 6, della direttiva 2008/115, in combinato disposto con i considerando 2 e 13 della direttiva medesima, concernenti il rispetto dei diritti fondamentali e della dignità dei cittadini di paesi terzi nonché l’applicazione del principio di proporzionalità, debba intendersi, in un caso come quello oggetto del procedimento principale, nel senso che consente di ritenere la sussistenza di un fondato rischio di fuga laddove la persona interessata non si trovi in possesso di documenti d’identità, abbia attraversato illegalmente la frontiera e dichiari di non voler far ritorno nel paese di origine, pur avendo in precedenza compilato una dichiarazione di disponibilità al rimpatrio volontario nel proprio paese e declinato correttamente le proprie generalità, considerando che tali circostanze, ai sensi della direttiva 2008/115, ricadono nella nozione di “rischio di fuga” del destinatario di una decisione di rimpatrio, nozione che nel diritto nazionale viene definita come situazione che ricorre allorché sussistono fatti che diano fondato motivo di ritenere che la persona interessata tenterà di sottrarsi all’esecuzione della decisione di rimpatrio.

4)      Se l’articolo 15, paragrafi 1, lettere a) e b), 4 e 6, della direttiva 2008/115, in combinato disposto con i considerando 2 e 13 della medesima direttiva, concernenti il rispetto dei diritti fondamentali e della dignità dei cittadini di paesi terzi nonché l’applicazione del principio di proporzionalità, debba intendersi, in un caso come quello oggetto del procedimento principale, nel senso che:

a)      il cittadino del paese terzo non mostra alcuna disponibilità a collaborare alla preparazione dell’esecuzione della decisione sul proprio rimpatrio laddove abbia dichiarato oralmente ad un dipendente dell’ambasciata del suo paese di non voler far ritorno nel paese d’origine, pur avendo precedentemente compilato una dichiarazione di disponibilità al rimpatrio volontario e declinato correttamente le proprie generalità, e nel senso che sussiste ritardo nell’invio di documenti da parte del paese terzo e ricorre una ragionevole prospettiva di esecuzione della decisione di rimpatrio qualora, in simili circostanze, l’ambasciata di quel paese non provveda al rilascio del documento necessario alla persona interessata per il viaggio di ritorno nel paese d’origine, pur avendo confermato l’identità della persona in questione;

b)      in caso di liberazione per insussistenza di ragionevoli prospettive di esecuzione della decisione di allontanamento del cittadino di un paese terzo che sia privo di documenti d’identità, abbia attraversato illegalmente la frontiera e dichiari di non voler far ritorno nel paese d’origine, può ritenersi che lo Stato membro sia tenuto al rilascio di un documento provvisorio attestante lo status giuridico della persona de qua, allorquando l’ambasciata del paese d’origine di quella persona non provveda, in simili circostanze, a rilasciarle il documento necessario per il viaggio di ritorno, pur avendo confermato l’identità della persona medesima».

 Sul procedimento d’urgenza

32      L’Administrativen sad Sofia-grad ha chiesto che il presente rinvio pregiudiziale venga trattato con procedimento d’urgenza ex articolo 107 del regolamento di procedura della Corte.

33      Il giudice del rinvio ha motivato tale richiesta sostenendo che il cittadino del paese terzo di cui al procedimento principale è in stato di trattenimento e la sua situazione rientra nell’ambito di applicazione delle disposizioni del titolo V del trattato FUE in materia di spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Alla luce della situazione del sig. Mahdi, la risposta della Corte alle questioni pregiudiziali avrà un’influenza determinante sul fatto se occorra trattenerlo nel centro di trattenimento di Busmantsi o rilasciarlo. Il suddetto giudice osserva che è opportuno che una decisione sulla proroga del trattenimento dell’interessato sia assunta al più presto.

34      A questo proposito, si deve anzitutto osservare che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2008/115, che rientra nella parte terza, titolo V, del trattato FUE. Essa può pertanto essere oggetto del procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto agli articoli 23 bis dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e 107 del suo regolamento di procedura.

35      In secondo luogo, si deve osservare, come sottolinea il giudice del rinvio, che il sig. Mahdi è attualmente privato della libertà e che la definizione della controversia principale può incidere sull’immediata cessazione della privazione della sua libertà.

36      Ciò considerato, la Terza Sezione della Corte ha deciso, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, di accogliere la richiesta del giudice remittente di trattare il rinvio pregiudiziale con procedimento d’urgenza.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione, sub a)

37      Con la sua prima questione, sub a), il giudice del rinvio chiede se l’articolo 15, paragrafi 3 e 6, della direttiva 2008/115, letto alla luce degli articoli 6 e 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che la decisione adottata da un’autorità competente, al termine del periodo massimo iniziale di trattenimento di un cittadino di un paese terzo, e vertente sull’opportunità di mantenere tale trattenimento deve rivestire la forma di un atto scritto contenente i motivi in fatto e in diritto che giustifichino tale decisione.

38      Si deve osservare, in limine, che, a norma dell’articolo 79, paragrafo 2, TFUE, l’obiettivo della direttiva 2008/115 è, come risulta anche dai considerando 2 e 11 di quest’ultima, l’istituzione di un’efficace politica in materia di allontanamento e rimpatrio basata su norme e garanzie giuridiche comuni affinché le persone siano rimpatriate in maniera umana e nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e della loro dignità.

39      Le procedure di rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare previste dalla suddetta direttiva rappresentano, quindi, norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati membri al rimpatrio di tali cittadini. Nell’attuazione delle disposizioni della suddetta direttiva, gli Stati membri dispongono, sotto vari aspetti, di un margine di discrezionalità, in considerazione delle peculiarità del diritto nazionale.

40      Ai sensi del considerando 6 della suddetta direttiva è opportuno che gli Stati membri provvedano a porre fine al soggiorno irregolare dei cittadini di paesi terzi secondo una procedura equa e trasparente. Sempre in base a tale considerando e in conformità dei principi generali del diritto dell’Unione, le decisioni ai sensi della direttiva 2008/115 dovrebbero essere adottate caso per caso e tenendo conto di criteri obiettivi, non limitandosi, quindi, a prendere in considerazione il semplice fatto del soggiorno irregolare.

41      A norma dell’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2008/115, il trattenimento iniziale di un cittadino di un paese terzo, che non può superare una durata massima di sei mesi, deve essere disposto dalle autorità amministrative o giudiziarie con atto scritto che indichi i motivi di fatto e di diritto posti a fondamento del provvedimento di trattenimento (v., in tal senso, sentenza G. e R., C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533, punto 29).

42      In virtù del successivo paragrafo 6 del medesimo articolo 15, tale trattenimento iniziale può essere prorogato per un periodo limitato non superiore ad altri dodici mesi conformemente alla legislazione nazionale ove siano soddisfatte determinate condizioni di merito. In base al paragrafo 5 del suddetto articolo, ogni trattenimento che superi i sei mesi deve essere considerato quale trattenimento prolungato ai fini del precedente paragrafo 3.

43      Peraltro, a termini dello stesso paragrafo 3 dell’articolo 15 della direttiva 2008/115, il trattenimento di un cittadino di un paese terzo è, in ogni caso, riesaminato ad intervalli ragionevoli su richiesta dell’interessato o d’ufficio. Nel caso di periodi di trattenimento prolungati, il riesame è sottoposto al controllo di un’autorità giudiziaria.

44      Dall’insieme delle suddette disposizioni deriva che il solo requisito previsto esplicitamente dall’articolo 15 della direttiva 2008/115 per quanto riguarda l’adozione di un atto scritto è quello indicato al paragrafo 2 dell’articolo medesimo, ossia che il trattenimento sia disposto per iscritto e sia motivato in fatto e in diritto. Tale requisito dell’adozione di una decisione scritta deve essere inteso come riferito necessariamente a tutte le decisioni sulla proroga del trattenimento, posto che, da una parte, il trattenimento e la sua proroga presentano una natura analoga, avendo entrambi per effetto di privare della libertà il cittadino del paese terzo interessato al fine di preparare il rimpatrio e/o procedere all’allontanamento, e, dall’altra, in entrambi i casi, tale cittadino deve poter conoscere i motivi della decisione assunta nei suoi confronti.

45      Orbene, dalla giurisprudenza della Corte risulta che l’osservanza di tale obbligo di comunicare detti motivi è necessaria sia per consentire al cittadino di un paese terzo interessato di difendere i propri diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se sia utile adire il giudice competente, sia per consentire pienamente a quest’ultimo di esercitare il controllo della legittimità della decisione di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze Heylens e a., 222/86, EU:C:1987:442, punto 15, nonché Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 337).

46      Ogni diversa interpretazione dell’articolo 15, paragrafi 2 e 6, della direttiva 2008/115 produrrebbe l’effetto di rendere più difficile, per un cittadino di un paese terzo, contestare la legittimità di una decisione di trattenimento prolungato adottata nei suoi confronti che non rimettere in discussione quella di una decisione iniziale di trattenimento, con conseguente lesione del diritto fondamentale ad un’effettiva tutela giurisdizionale.

47      Occorre tuttavia precisare che le disposizioni dell’articolo 15 di detta direttiva non impongono l’adozione di un «provvedimento di riesame» scritto secondo la terminologia impiegata dal giudice del rinvio nella sua prima questione, sub a). Le autorità che procedono al riesame del trattenimento di un cittadino di un paese terzo a intervalli ragionevoli, in applicazione di detto articolo 15, paragrafo 3, primo periodo, non sono quindi tenute ad adottare, per ciascun riesame, un atto esplicito in forma scritta recante gli elementi di fatto e di diritto che lo motivano.

48      Ciò premesso, occorre precisare che, laddove l’autorità adita nell’ambito di una procedura di riesame al termine del periodo massimo di trattenimento iniziale ex articolo 15, paragrafo 5, di detta direttiva si pronunci sul mantenimento di tale trattenimento, essa è tenuta ad adottare la sua decisione mediante atto scritto motivato. Infatti, in un caso del genere, il riesame del trattenimento e l’adozione della decisione sul mantenimento di tale trattenimento hanno luogo durante la medesima fase processuale. Tale decisione deve, quindi, soddisfare le condizioni previste all’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2008/115.

49      Orbene, né dalla domanda di pronuncia pregiudiziale né dalle osservazioni presentate dal governo bulgaro all’udienza emerge chiaramente se l’elenco del direktor inviato al giudice del rinvio al termine del periodo massimo iniziale di trattenimento contenesse una decisione sul seguito da riservare al trattenimento dell’interessato. Laddove risultasse che, con tale elenco, il direktor si fosse pronunciato, segnatamente, sulla proroga del trattenimento, l’elenco stesso dovrebbe soddisfare anche i requisiti indicati supra al punto 44. Spetta al giudice del rinvio effettuare le verifiche necessarie al riguardo. Una tale decisione deve, in ogni caso, essere oggetto di sindacato giurisdizionale ex articolo 15, paragrafo 3, della suddetta direttiva.

50      Occorre inoltre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, in mancanza di norme fissate dal diritto dell’Unione concernenti le modalità procedurali relative al provvedimento di riesame del trattenimento, gli Stati membri restano competenti, conformemente al principio dell’autonomia procedurale, per disciplinare tali modalità, garantendo al contempo il rispetto dei diritti fondamentali e la piena effettività delle disposizioni del diritto dell’Unione relative a tale atto (v., per analogia, sentenza N., C‑604/12, EU:C:2014:302, punto 41).

51      Ne consegue che il diritto dell’Unione non osta a che una normativa nazionale, nel rispetto di tali principi, preveda l’obbligo per l’autorità chiamata a riesaminare ad intervalli ragionevoli il trattenimento di un cittadino di un paese terzo, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, primo periodo, della direttiva 2008/115, di adottare, in esito a ciascun riesame, un atto esplicito corredato di motivazione in fatto e in diritto. Un siffatto obbligo deriverebbe soltanto dal diritto nazionale.

52      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla prima questione, sub a), dichiarando che l’articolo 15, paragrafi 3 e 6, della direttiva 2008/115, letto alla luce degli articoli 6 e 47 della Carta, deve essere interpretato nel senso che qualsiasi decisione adottata dalle autorità competenti al termine del periodo massimo iniziale di trattenimento di un cittadino di un paese terzo e vertente sull’esito da riservare al trattenimento stesso deve essere effettuata in forma scritta con esposizione della relativa motivazione in fatto e in diritto.

 Sulla prima questione, sub b) e c)

53      Con la sua prima questione, sub b) e c), il giudice del rinvio chiede, essenzialmente, se l’articolo 15, paragrafi 3 e 6, della direttiva 2008/115, letto in combinato disposto con gli articoli 6 e 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che il controllo cui è chiamata l’autorità giudiziaria adita con una domanda di proroga del trattenimento di un cittadino di un paese terzo deve consentire all’autorità medesima di statuire nel merito, vale a dire, caso per caso, sulla proroga del trattenimento, sulla possibilità di sostituire il trattenimento con una misura meno coercitiva ovvero sul rilascio di detto cittadino, laddove detta autorità è quindi legittimata a fondarsi sui fatti e sulle prove addotti dall’autorità amministrativa che l’ha adita e sulle osservazioni eventualmente presentate dal cittadino interessato.

54      Occorre osservare, in limine, che la Corte ha già avuto modo di affermare che l’articolo 15 della direttiva 2008/115 è incondizionato e sufficientemente preciso da non richiedere ulteriori specifici elementi perché gli Stati membri lo possano mettere in atto (v., in tal senso, sentenza El Dridi, C‑61/11 PPU, EU:C:2011:268, punto 47).

55      Come risulta anche dai considerando 13, 16, 17 e 24 della direttiva 2008/115, ogni trattenimento rientrante in tale direttiva è strettamente disciplinato dalle disposizioni del capo IV di detta direttiva così da garantire, da una parte, il rispetto del principio di proporzionalità con riguardo ai mezzi impiegati e agli obiettivi perseguiti e, dall’altra, il rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini dei paesi terzi interessati.

56      Come è già stato ricordato supra al punto 43, risulta inoltre chiaramente dal tenore dell’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva 2008/115 che il riesame di ogni trattenimento prolungato di un cittadino di un paese terzo deve poter costituire oggetto di sindacato giurisdizionale. Si deve così rilevare che l’autorità giudiziaria che si pronuncia sulla possibilità di prorogare il primo trattenimento deve necessariamente procedere a un controllo del trattenimento stesso, anche nel caso in cui detto controllo non sia esplicitamente richiesto dall’autorità che l’ha adita e anche qualora il trattenimento del cittadino interessato sia già stato oggetto di riesame da parte dell’autorità che ha disposto il primo trattenimento.

57      Tuttavia, l’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva 2008/115 non precisa la natura di tale controllo. Occorre quindi ricordare i principi che emergono dal medesimo articolo 15, che trovano applicazione in una procedura come quella oggetto del procedimento principale e che devono, quindi, essere presi in considerazione dall’autorità giudiziaria ai fini del proprio sindacato.

58      In primo luogo, dai requisiti di merito enunciati all’articolo 15, paragrafo 6, della direttiva de qua risulta che il periodo di trattenimento iniziale può essere prorogato soltanto quando, nonostante lo Stato membro interessato abbia compiuto ogni ragionevole sforzo, l’operazione di allontanamento rischia di durare più a lungo a causa o della mancata cooperazione da parte del cittadino di un paese terzo interessato, o dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi. Tale proroga deve essere decisa conformemente alla legislazione nazionale e non può, in nessun caso, essere superiore ad altri dodici mesi.

59      In secondo luogo, occorre leggere l’articolo 15, paragrafo 6, della direttiva medesima, in combinato disposto con il suo articolo 15, paragrafo 4, nel senso che, in assenza di qualsiasi ragionevole prospettiva di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi ovvero laddove siano venuti meno i requisiti previsti dal paragrafo 1 del medesimo articolo 15, il trattenimento del cittadino di un paese terzo interessato non è più giustificato e questi deve essere immediatamente rilasciato.

60      Per quanto attiene al primo dei requisiti stabiliti dal paragrafo 4 del menzionato articolo 15, la Corte ha già avuto modo di precisare che, per poter ritenere sussistente una «prospettiva ragionevole di allontanamento», ai sensi di detta disposizione, è necessario che, al momento del riesame della legittimità del trattenimento da parte del giudice nazionale, risulti l’esistenza di una concreta prospettiva di esecuzione dell’allontanamento, tenuto conto dei termini fissati all’articolo 15, paragrafi 5 e 6, della direttiva 2008/115 (v., in tal senso, sentenza Kadzoev, C‑357/09 PPU, EU:C:2009:741, punto 65).

61      Il paragrafo 4 dell’articolo 15 della direttiva 2008/115 impone, in secondo luogo, un riesame dei requisiti di merito elencati al paragrafo 1 dello stesso articolo 15 assunti a fondamento della decisione iniziale di trattenimento del cittadino di un paese terzo interessato. L’autorità chiamata a pronunciarsi sull’eventuale proroga del trattenimento di tale cittadino o sul suo eventuale rilascio deve quindi esaminare, in primo luogo, se, nel caso concreto, possano essere efficacemente applicate altre misure sufficienti, ma meno coercitive del trattenimento, in secondo luogo, se sussista un rischio di fuga del cittadino de quo e, in terzo luogo, se quest’ultimo eviti o impedisca la preparazione del suo rimpatrio o le operazioni di allontanamento.

62      Ne consegue che l’autorità giudiziaria chiamata a pronunciarsi su una domanda di proroga del trattenimento deve essere in grado di deliberare su tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti per stabilire se la proroga del trattenimento sia giustificata, alla luce dei requisiti indicati supra ai punti da 58 a 61, il che impone un esame approfondito delle specifiche circostanze del singolo caso. Laddove il trattenimento inizialmente disposto non risulti più giustificato alla luce di tali requisiti, l’autorità giudiziaria competente deve essere in grado di sostituire la propria decisione a quella dell’autorità amministrativa o, se del caso, a quella dell’autorità giudiziaria che ha disposto il trattenimento iniziale e di pronunciarsi sulla possibilità di disporre una misura sostitutiva o il rilascio del cittadino di un paese terzo interessato. A tal fine, l’autorità giudiziaria che si pronunci sulla domanda di proroga del trattenimento deve poter prendere in considerazione sia gli elementi di fatto e le prove assunti dall’autorità amministrativa che ha disposto il trattenimento iniziale sia tutte le osservazioni eventualmente formulate dal cittadino di un paese terzo interessato. Inoltre, essa deve poter ricercare, laddove lo ritenga necessario, tutti gli altri elementi di prova rilevanti ai fini della propria decisione. Ne consegue che i poteri di cui dispone l’autorità giudiziaria nell’ambito di un controllo non possono in nessun caso essere limitati ai soli elementi dedotti dall’autorità amministrativa interessata.

63      Qualsiasi diversa interpretazione dell’articolo 15 della direttiva 2008/115 avrebbe per effetto di privare i paragrafi 4 e 6 di tale articolo del loro effetto utile e svuoterebbe del suo contenuto il controllo giudiziario imposto dal paragrafo 3, secondo periodo, dell’articolo medesimo, compromettendo parimenti, in tal modo, la realizzazione degli obiettivi perseguiti da detta direttiva.

64      Occorre di conseguenza rispondere alla prima questione, sub b) e c), dichiarando che l’articolo 15, paragrafi 3 e 6, della direttiva 2008/115 deve essere interpretato nel senso che il riesame che è chiamata a compiere l’autorità giudiziaria cui sia sottoposta una domanda di proroga del trattenimento di un cittadino di un paese terzo deve consentire all’autorità medesima di pronunciarsi nel merito, caso per caso, sulla proroga del trattenimento del cittadino interessato, sulla possibilità di sostituire al trattenimento una misura meno coercitiva e sul rilascio di tale cittadino, laddove detta autorità è quindi legittimata a fondarsi sui fatti e sulle prove addotti dall’autorità amministrativa che l’abbia adita nonché sui fatti, sulle prove e sulle osservazioni eventualmente sottopostile nel corso del procedimento stesso.

 Sulla seconda e sulla terza questione

65      Con la sua seconda e terza questione, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, essenzialmente, se l’articolo 15, paragrafi 1 e 6, della direttiva 2008/115 debba essere interpretato nel senso che osta ad una disciplina nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo cui un periodo iniziale di trattenimento di sei mesi può essere prorogato già per il sol fatto che il cittadino di un paese terzo interessato sia privo di documenti di identità e che sussista, pertanto, il rischio di una sua fuga.

66      Occorre ricordare, in primo luogo, che la nozione di rischio di fuga è circoscritta dall’articolo 3, punto 7, della direttiva 2008/115, che la definisce nel senso della sussistenza, caso per caso, di motivi, basati su criteri obiettivi definiti dalla legge, per ritenere che un cittadino di un paese terzo oggetto di una procedura di rimpatrio possa tentare la fuga.

67      In secondo luogo, l’esistenza di tale rischio di fuga è una delle ragioni, espressamente elencate all’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, che giustificano il collocamento in trattenimento di un cittadino in un paese terzo soggetto a una procedura di rimpatrio, al fine di predisporre il rimpatrio stesso o di procedere all’allontanamento. Come già ricordato supra al punto 61, tale disposizione precisa che il trattenimento può soltanto aver luogo quando, nel caso concreto, non possano essere efficacemente applicate altre misure sufficienti, ma meno coercitive.

68      In terzo luogo, come già ricordato supra al punto 58, la proroga di un trattenimento può essere disposta, a norma dell’articolo 15, paragrafo 6, della suddetta direttiva, soltanto nei casi in cui l’operazione di allontanamento rischi di durare più a lungo a causa della mancata cooperazione da parte del cittadino di un paese terzo interessato, o di ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi, senza che sia indicato il fatto che la persona di cui trattasi è priva di documenti d’identità.

69      Inoltre, come già osservato supra al punto 61, ogni decisione sulla proroga del trattenimento del cittadino di un paese terzo e, pertanto, sull’esistenza delle circostanze di fatto di cui all’articolo 15, paragrafo 6, deve essere preceduta da un riesame delle circostanze di merito che sono state alla base del trattenimento iniziale del cittadino interessato, il che richiede che l’autorità giudiziaria, in occasione del controllo imposto dal paragrafo 3, secondo periodo, del menzionato articolo 15, valuti le circostanze che hanno portato alla contestazione iniziale dell’esistenza di un rischio di fuga.

70      Come la Corte ha già avuto modo di affermare, ogni valutazione del rischio di fuga deve peraltro fondarsi su un esame individuale della fattispecie in cui è coinvolto l’interessato (v. sentenza Sagor, C‑430/11, EU:C:2012:777, punto 41). Inoltre, conformemente al considerando 6 della direttiva 2008/115, le decisioni assunte ai sensi di detta direttiva dovrebbero essere adottate caso per caso e tenendo conto di criteri obiettivi.

71      Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che la normativa bulgara precisa, al paragrafo 1, punto 4c, delle disposizioni complementari della legge sugli stranieri, che la sussistenza di un rischio di fuga di un cittadino di un paese terzo sottoposto a una misura amministrativa coercitiva è riconosciuta quando, alla luce degli elementi di fatto, vi sia ragionevole motivo di sospettare che tale persona possa sottrarsi all’esecuzione della misura disposta. I criteri di fatto in presenza dei quali può presumersi l’esistenza di tale rischio sono indicati al punto 4c e includono, in particolare, la circostanza che l’interessato sia sprovvisto di documenti d’identità.

72      Spetta, quindi, al giudice del rinvio procedere a una valutazione delle circostanze di fatto che caratterizzano la situazione del cittadino interessato al fine di stabilire, in sede di riesame delle condizioni previste all’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, se, come proposto dal direktor nel procedimento principale, al cittadino medesimo possa essere efficacemente applicata una misura meno coercitiva e, nel caso in cui ciò non risulti possibile, al fine di stabilire se persista un rischio di fuga dello stesso. È unicamente nel quadro di quest’ultima ipotesi che detto giudice può prendere in considerazione la mancanza di documenti d’identità.

73      Dai suesposti rilievi risulta che il fatto che il cittadino di un paese terzo interessato non sia munito di documenti di identità non può, di per sé, giustificare una proroga del trattenimento prevista all’articolo 15, paragrafo 6, della direttiva 2008/115.

74      Occorre pertanto rispondere alla seconda e alla terza questione dichiarando che l’articolo 15, paragrafi 1 e 6, della direttiva 2008/115 deve essere interpretato nel senso che osta a una disciplina nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che consenta la proroga del periodo iniziale di trattenimento di sei mesi già per il solo fatto che il cittadino del paese terzo sia privo di documenti d’identità. Spetta al solo giudice del rinvio valutare, caso per caso, le circostanze di fatto della fattispecie in esame al fine di stabilire se a tale cittadino possa essere efficacemente applicata una misura meno coercitiva o se sussista un rischio di fuga di quest’ultimo.

 Sulla quarta questione, sub a)

75      Con la quarta questione, sub a), il giudice del rinvio chiede se l’articolo 15, paragrafo 6, lettera a), della direttiva 2008/115 debba essere interpretato nel senso che un cittadino di un paese terzo che, in circostanze come quelle del procedimento principale, non abbia ottenuto un documento d’identità che avrebbe consentito il suo allontanamento dallo Stato membro interessato dà prova di «mancata cooperazione», ai sensi della suddetta disposizione.

76      Per quanto attiene alla situazione del sig. Mahdi, è pacifico che quest’ultimo è privo di documenti d’identità e che l’ambasciata della Repubblica del Sudan gli ha negato il rilascio di tale documento, che avrebbe consentito di dare esecuzione alla decisione di allontanamento.

77      Con la quarta questione, sub a), la Corte è quindi chiamata a stabilire se il diniego dell’ambasciata della Repubblica del Sudan di rilasciare documenti d’identità al sig. Mahdi, a seguito della dichiarazione resa da quest’ultimo di non voler far ritorno nel suo paese d’origine, possa essere imputata all’interessato. In caso di risposta affermativa, si chiede alla Corte di precisare se il comportamento del sig. Mahdi possa essere qualificato come mancata cooperazione da parte sua, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 6, della direttiva 2008/118, il che giustificherebbe la proroga del periodo del suo trattenimento per un periodo ulteriore non superiore a dodici mesi.

78      A tal proposito occorre ricordare che spetta al giudice nazionale accertare i fatti che hanno dato origine alla causa e trarne le conseguenze ai fini della sua pronuncia (v., in particolare, sentenze WWF e a., C‑435/97, EU:C:1999:418, punto 32, nonché Danosa, C‑232/09, EU:C:2010:674, punto 33).

79      Infatti, nell’ambito della ripartizione delle competenze tra giudici dell’Unione e giudici nazionali spetta, in linea di massima, al giudice nazionale verificare che sussistano, nella causa dinanzi ad esso pendente, le condizioni di fatto tali da comportare l’applicazione di una norma dell’Unione, potendo la Corte, allorché si pronuncia su un rinvio pregiudiziale, ove necessario fornire precisazioni tese a guidare il giudice nazionale nella sua interpretazione (v., in tal senso, sentenze Haim, C‑424/97, EU:C:2000:357, punto 58; Vatsouras e Koupatantze, C‑22/08 e C‑23/08, EU:C:2009:344, punto 23, nonché Danosa, EU:C:2010:674, punto 34).

80      Ciò premesso, alla Corte spetta risolvere le questioni pregiudiziali relative all’interpretazione del diritto dell’Unione poste dal giudice del rinvio lasciando a quest’ultimo il compito di verificare gli elementi concreti della controversia dinanzi ad esso pendente e, segnatamente, di dirimere la questione se la mancanza di documenti d’identità tragga origine soltanto dal ritiro da parte del sig. Mahdi della sua dichiarazione di disponibilità al rimpatrio volontario (v., per analogia, sentenza Danosa, EU:C:2010:674, punto 36).

81      A tal proposito occorre osservare che, come risulta dalla domanda di pronuncia pregiudiziale, il sig. Mahdi ha cooperato con le autorità bulgare per quanto attiene alla diffusione della sua identità e alla procedura del suo allontanamento. Questi ha tuttavia ritirato la propria dichiarazione di disponibilità al rimpatrio volontario.

82      Orbene, occorre ricordare che la nozione di «mancata cooperazione», ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 6, della direttiva 2008/115, presuppone che l’autorità, chiamata a pronunciarsi su una domanda di proroga del trattenimento di un cittadino di un paese terzo, esamini, da una parte, il comportamento del cittadino medesimo nel corso del periodo di trattenimento iniziale al fine di stabilire se questi non abbia cooperato con le autorità competenti quanto all’attuazione delle operazioni di allontanamento e, dall’altra, la probabilità che l’operazione di allontanamento duri più a lungo del previsto a causa del comportamento di detto cittadino. Se l’allontanamento di quest’ultimo dura o è durato più a lungo di quanto previsto per un’altra ragione, non può essere individuato alcun nesso di causalità tra il comportamento del cittadino interessato e la durata dell’operazione considerata e, quindi, non può essere riscontrata alcuna mancata collaborazione da parte di quest’ultimo.

83      Inoltre, l’articolo 15, paragrafo 6, della direttiva 2008/115 impone, preliminarmente all’esame se il cittadino di un paese terzo interessato dia prova di mancata cooperazione, che l’autorità interessata sia in grado di dimostrare che l’operazione di allontanamento, nonostante ogni ragionevole sforzo, duri più a lungo del previsto, il che presuppone, nella fattispecie oggetto del procedimento principale, che lo Stato membro de quo abbia compiuto e continui a compiere attivamente sforzi per ottenere il rilascio dei documenti per detto cittadino.

84      Dai suesposti rilievi emerge che, per poter dichiarare che lo Stato membro interessato ha compiuto sforzi ragionevoli per realizzare l’operazione di allontanamento e che esiste una mancata cooperazione da parte del cittadino di un paese terzo interessato, è necessario un esame dettagliato degli elementi di fatto relativi all’insieme del periodo di trattenimento iniziale. Tale esame costituisce una questione di fatto che, come già ricordato, è sottratta alla competenza della Corte nell’ambito di un procedimento ex articolo 267 TFUE e compete al giudice nazionale (sentenza Merluzzi, 80/71, EU:C:1972:24, punto 10).

85      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla quarta questione, sub a), dichiarando che l’articolo 15, paragrafo 6, lettera a), della direttiva 2008/115 deve essere interpretato nel senso che può ritenersi che un cittadino di un paese terzo il quale, in circostanze come quelle del procedimento principale, non abbia ottenuto un documento d’identità che ne avrebbe consentito l’allontanamento dallo Stato membro interessato abbia dato prova di «mancata cooperazione», ai sensi di detta disposizione, soltanto qualora dall’esame del comportamento del cittadino medesimo nel corso del periodo di trattenimento emerga la sua mancata collaborazione all’esecuzione delle operazioni di allontanamento nonché la probabilità che, a causa di tale comportamento, dette operazioni durino più del previsto, aspetto questo che spetta al giudice del rinvio verificare.

 Sulla quarta questione, sub b)

86      Con la sua quarta questione, sub b), il giudice del rinvio si chiede se l’articolo 15 della direttiva 2008/115 debba essere interpretato nel senso che uno Stato membro può essere obbligato a rilasciare un permesso di soggiorno autonomo o altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare ad un cittadino di un paese terzo privo di documenti d’identità e che non abbia ottenuto tali documenti dal proprio paese d’origine, successivamente al rilascio del cittadino medesimo disposto dal giudice nazionale in considerazione dell’insussistenza di ragionevole prospettiva di allontanamento ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva stessa.

87      Come risulta dall’obiettivo della direttiva 2008/115, ricordato supra al punto 38, quest’ultima non mira a disciplinare le condizioni di soggiorno sul territorio di uno Stato membro dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare e nei cui confronti non sia possibile ovvero non sia stato possibile eseguire una decisione di rimpatrio.

88      Tuttavia, l’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2008/115 consente agli Stati membri di rilasciare per motivi caritatevoli, umanitari o di altra natura un permesso di soggiorno autonomo o un’altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare a un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio sia irregolare. Allo stesso modo, il considerando 12 della direttiva stessa prevede che gli Stati membri debbano rilasciare ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare e che non possano ancora essere soggetti ad allontanamento, una conferma scritta della loro situazione. Gli Stati membri godono di un’ampia discrezionalità quanto al modello e al formato della conferma scritta.

89      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla quarta questione, sub b), dichiarando che la direttiva 2008/115 deve essere interpretata nel senso che uno Stato membro non può essere obbligato al rilascio di un permesso di soggiorno autonomo o di altra autorizzazione che conferisca un diritto di soggiorno ad un cittadino di un paese terzo privo di documenti d’identità e che non abbia ottenuto tali documenti dal proprio paese d’origine, successivamente alla rimessione in libertà del cittadino medesimo disposta dal giudice nazionale in considerazione dell’insussistenza di ragionevole prospettiva di allontanamento ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva stessa. Tuttavia, tale Stato membro deve, in un caso del genere, rilasciare al cittadino di cui trattasi una conferma scritta della sua situazione.

 Sulle spese

90      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 15, paragrafi 3 e 6, della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, letto alla luce degli articoli 6 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che qualsiasi decisione adottata dalle autorità competenti, al termine del periodo massimo iniziale di trattenimento di un cittadino di un paese terzo, e vertente sull’esito da riservare al trattenimento stesso deve essere effettuata in forma scritta con esposizione della relativa motivazione in fatto e in diritto.

2)      L’articolo 15, paragrafi 3 e 6, della direttiva 2008/115 deve essere interpretato nel senso che il riesame che è chiamata a compiere l’autorità giudiziaria cui sia sottoposta una domanda di proroga del trattenimento di un cittadino di un paese terzo deve consentire all’autorità medesima di pronunciarsi nel merito, caso per caso, sulla proroga del trattenimento del cittadino interessato, sulla possibilità di sostituire al trattenimento una misura meno coercitiva e sul rilascio di tale cittadino, laddove detta autorità è quindi legittimata a fondarsi sui fatti e sulle prove addotti dall’autorità amministrativa che l’abbia adita nonché sui fatti, sulle prove e sulle osservazioni eventualmente sottopostile nel corso del procedimento stesso.

3)      L’articolo 15, paragrafi 1 e 6, della direttiva 2008/115 deve essere interpretato nel senso che osta ad una disciplina nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che consenta la proroga del periodo iniziale di trattenimento di sei mesi già per il sol fatto che il cittadino del paese terzo sia privo di documenti d’identità. Spetta al solo giudice del rinvio valutare, caso per caso, le circostanze di fatto della fattispecie in esame al fine di stabilire se a tale cittadino possa essere efficacemente applicata una misura meno coercitiva o se sussista un rischio di fuga di quest’ultimo.

4)      L’articolo 15, paragrafo 6, lettera a), della direttiva 2008/115 deve essere interpretato nel senso che può ritenersi che un cittadino di un paese terzo il quale, in circostanze come quelle del procedimento principale, non abbia ottenuto un documento d’identità che ne avrebbe consentito l’allontanamento dallo Stato membro interessato abbia dato prova di «mancata cooperazione», ai sensi di detta disposizione, soltanto qualora dall’esame del comportamento del cittadino medesimo nel corso del periodo di trattenimento emerga la sua mancata collaborazione all’esecuzione delle operazioni di allontanamento nonché la probabilità che, a causa di tale comportamento, dette operazioni durino più del previsto, aspetto questo che spetta al giudice del rinvio verificare.

5)      La direttiva 2008/115 deve essere interpretata nel senso che uno Stato membro non può essere obbligato al rilascio di un permesso di soggiorno autonomo o di altra autorizzazione che conferisca un diritto di soggiorno ad un cittadino di un paese terzo privo di documenti d’identità e che non abbia ottenuto tali documenti dal proprio paese d’origine, successivamente alla rimessione in libertà del cittadino medesimo disposta dal giudice nazionale in considerazione dell’insussistenza di ragionevole prospettiva di allontanamento ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva stessa. Tuttavia, tale Stato membro deve, in un caso del genere, rilasciare al cittadino di cui trattasi una conferma scritta della sua situazione.

Firme


* Lingua processuale: il bulgaro.