Language of document : ECLI:EU:T:2022:67

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata)

9 febbraio 2022 (*)

«Concorrenza – Abuso di posizione dominante – Mercato dei servizi di trasporto ferroviario di merci – Decisione di rigetto di una denuncia – Articolo 7 del regolamento (CE) n. 773/2004 – Termine ragionevole – Interesse dell’Unione a proseguire l’esame di una denuncia – Determinazione dell’autorità nella posizione migliore per esaminare una denuncia – Criteri – Errore manifesto di valutazione – Carenze sistemiche o generalizzate per quanto riguarda il rispetto dello Stato di diritto – Rischio di violazione dei diritti di un denunciante in caso di rigetto di una denuncia – Obbligo di motivazione»

Nella causa T‑791/19,

Sped-Pro S.A., con sede in Varsavia (Polonia), rappresentata da M. Kozak, avvocata,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da J. Szczodrowski, L. Wildpanner e P. van Nuffel, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Repubblica di Polonia, rappresentata da B. Majczyna, in qualità di agente,

interveniente,

avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione C(2019) 6099 final della Commissione, del 12 agosto 2019 (caso AT.40459 – Spedizione di merci per ferrovia in Polonia – PKP Cargo), recante rigetto della denuncia presentata dalla ricorrente riguardante asserite infrazioni all’articolo 102 TFUE nel mercato dei servizi di trasporto ferroviario di merci in Polonia,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata),

composto da M. van der Woude, presidente, A. Kornezov (relatore), E. Buttigieg, G. Hesse e D. Petrlík, giudici,

cancelliere: M. Zwozdziak-Carbonne, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 17 settembre 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La Sped-Pro S.A., ricorrente, è una società con sede in Varsavia (Polonia), attiva nel settore della prestazione di servizi di spedizione. Nell’ambito di tali attività, essa si è avvalsa dei servizi di trasporto ferroviario di merci forniti dalla PKP Cargo S.A., società controllata dallo Stato polacco.

2        Il 4 novembre 2016 la ricorrente ha presentato una denuncia nei confronti della PKP Cargo presso la Commissione europea (in prosieguo: la «denuncia»), ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1). Nella denuncia, la ricorrente ha sostenuto, in particolare, che la PKP Cargo aveva abusato della propria posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE nel mercato dei servizi di trasporto ferroviario di merci in Polonia in quanto avrebbe, in sostanza, rifiutato di concludere con essa un contratto di cooperazione pluriennale alle condizioni del mercato. Il 24 agosto 2017 la ricorrente ha presentato un’integrazione di denuncia.

3        Con lettera del 13 settembre 2017 (in prosieguo: la «lettera di orientamento»), la Commissione ha informato la ricorrente della sua intenzione di respingere la denuncia, conformemente all’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18).

4        La ricorrente ha presentato osservazioni e informazioni supplementari il 19 ottobre, il 19 dicembre e il 21 dicembre 2017 nonché l’8 gennaio, il 29 giugno e il 4 ottobre 2018. Inoltre, si sono svolte due riunioni tra la ricorrente e la Commissione il 5 dicembre 2017 e il 26 aprile 2018.

5        Con la decisione C(2019) 6099 final, del 12 agosto 2019 (caso AT.40459 – Spedizione di merci per ferrovia in Polonia – PKP Cargo) (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione ha respinto la denuncia, conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 773/2004, con la motivazione, in sostanza, che il Prezes Urzędu Ochrony Konkurencji i Konsumentów (presidente dell’Ufficio per la tutela della concorrenza e dei consumatori, Polonia; in prosieguo: l’«autorità polacca garante della concorrenza») era in una posizione migliore per esaminarla.

 Procedimento e conclusioni delle parti

6        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 novembre 2019, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

7        Il 30 gennaio 2020 la Commissione ha depositato il controricorso presso la cancelleria del Tribunale.

8        La replica e la controreplica sono state depositate presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 7 aprile e il 26 giugno 2020.

9        Con decisione del 25 maggio 2020, il presidente della Decima Sezione del Tribunale ha ammesso l’intervento della Repubblica di Polonia a sostegno delle conclusioni della Commissione. La Repubblica di Polonia ha depositato una memoria di intervento il 30 agosto 2020 e la ricorrente ha fatto pervenire osservazioni su detta memoria il 29 settembre 2020. Tuttavia, l’8 ottobre 2020, il presidente della Decima Sezione del Tribunale ha deciso di non versare agli atti tali osservazioni, per il motivo che erano state depositate fuori termine.

10      Su proposta della Decima Sezione, il Tribunale ha deciso, in applicazione dell’articolo 28 del suo regolamento di procedura, di rimettere la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

11      A causa dell’impedimento di un membro della Decima Sezione ampliata a partecipare al procedimento, il presidente del Tribunale ha designato sé stesso, il 20 luglio 2021, in applicazione dell’articolo 17, paragrafo 2, del regolamento di procedura, per integrare la Sezione nella presente causa. Conformemente all’articolo 10, paragrafo 5, di detto regolamento, egli ha altresì assunto la presidenza della Sezione in tale causa.

12      Le parti hanno svolto le loro osservazioni orali e hanno risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza del 17 settembre 2021.

13      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

14      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

15      La Repubblica di Polonia sostiene le conclusioni della Commissione.

 In diritto

16      La ricorrente deduce tre motivi. Il primo si suddivide in due parti, vertenti, in sostanza, rispettivamente, la prima, sulla violazione del diritto della ricorrente a che il suo caso sia trattato entro un termine ragionevole e, la seconda, su un difetto di motivazione della decisione impugnata. Il secondo motivo verte su una violazione del principio dello Stato di diritto in Polonia. Il terzo motivo riguarda l’interesse dell’Unione a proseguire l’esame della denuncia.

17      Occorre esaminare, anzitutto, la prima parte del primo motivo, poi il terzo motivo e, infine e congiuntamente, il secondo motivo e la seconda parte del primo motivo.

 Sulla prima parte del primo motivo, vertente su una violazione del diritto della ricorrente a che il suo caso sia trattato entro un termine ragionevole

18      La ricorrente fa valere che la Commissione ha violato il principio del termine ragionevole in quanto ha adottato la decisione impugnata quasi tre anni dopo la presentazione della denuncia e quasi due anni dopo la notifica della lettera di orientamento alla ricorrente. Così facendo, la Commissione avrebbe violato l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1/2003 e l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004, in combinato disposto con l’articolo 41, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

19      La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

20      In primo luogo, occorre ricordare che l’osservanza di un termine ragionevole nell’espletamento dei procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale di diritto dell’Unione del quale i giudici dell’Unione assicurano il rispetto (v. sentenza del 19 dicembre 2012, Heineken Nederland e Heineken/Commissione, C‑452/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:829, punto 97 e giurisprudenza ivi citata).

21      Il principio del termine ragionevole di un procedimento amministrativo è stato riaffermato dall’articolo 41, paragrafo 1, della Carta, a norma del quale ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione (v. sentenza del 15 luglio 2015, HIT Groep/Commissione, T‑436/10, EU:T:2015:514, punto 239 e giurisprudenza ivi citata).

22      Conformemente all’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004, quando la Commissione ritiene che, sulla base delle informazioni in suo possesso, non sussistano motivi sufficienti per agire a seguito della denuncia, informa il denunciante dei relativi motivi e stabilisce il termine entro il quale questi può presentare osservazioni scritte. Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del medesimo regolamento, se il denunciante presenta osservazioni scritte entro il termine fissato dalla Commissione e tali osservazioni non inducono ad una diversa valutazione del caso, la Commissione respinge la denuncia con decisione.

23      Pertanto, un denunciante ha il diritto di ricevere una decisione di rigetto della sua denuncia e la Commissione ha l’obbligo di statuire su quest’ultima entro un termine ragionevole (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2013, BVGD/Commissione, T‑104/07 e T‑339/08, non pubblicata, EU:T:2013:366, punto 127).

24      È vero che, nella sentenza del 28 gennaio 2021, Qualcomm e Qualcomm Europe/Commissione (C‑466/19 P, EU:C:2021:76), la Corte ha indicato, al punto 32, che la violazione del principio del termine ragionevole poteva soltanto giustificare l’annullamento di una decisione di accertamento di infrazioni adottata in esito ad un procedimento amministrativo fondato sull’articolo 101 o 102 TFUE, qualora fosse stato dimostrato che tale violazione aveva pregiudicato i diritti della difesa delle imprese interessate. Tuttavia, tale affermazione della Corte deve essere letta alla luce delle circostanze della causa che ha dato luogo a detta sentenza. A tale riguardo, occorre sottolineare che la decisione controversa in tale causa era una decisione di richiesta di informazioni adottata conformemente all’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, quale strumento di indagine nell’ambito di un procedimento amministrativo in corso. È in tale contesto che la Corte ha concluso, in sostanza, al punto 33 di detta sentenza, che l’argomentazione vertente sull’eccessiva durata del procedimento amministrativo era rilevante non già nell’ambito di un ricorso avente ad oggetto una siffatta decisione, bensì nell’ambito di un ricorso avente ad oggetto la decisione della Commissione che pone fine a tale procedimento amministrativo mediante l’accertamento di un’infrazione all’articolo 101 o 102 TFUE.

25      Orbene, benché la decisione della Commissione di respingere una denuncia non sia certamente una «decisione di accertamento di infrazioni», essa pone tuttavia fine al procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione, a differenza della decisione controversa nel caso citato al precedente punto 24. In tali circostanze, negare l’obbligo della Commissione di rispettare il principio del termine ragionevole nell’ambito del suo esame delle denunce che le sono sottoposte equivarrebbe, in violazione dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, a svuotare del suo contenuto essenziale il diritto del denunciante a che le questioni che lo riguardano siano trattate entro un termine ragionevole, come richiesto dall’articolo 41, paragrafo 1, della Carta.

26      In secondo luogo, il Tribunale constata che, nel caso di specie, sono trascorsi circa due anni e nove mesi tra la presentazione della denuncia e l’adozione della decisione impugnata.

27      Benché la Commissione tenti di giustificare tale durata con la complessità delle questioni di fatto e di diritto contenute nella denuncia e con il fatto che la ricorrente ha presentato un’integrazione di denuncia nonché altre osservazioni e informazioni supplementari, resta il fatto che, nella decisione impugnata, che contiene solo 31 punti su meno di 7 pagine in totale, la Commissione si è limitata ad affermare, in sostanza, che l’autorità polacca garante della concorrenza era in una posizione migliore per esaminare la denuncia. Orbene, come sostiene la ricorrente, una siffatta conclusione non richiedeva la realizzazione di una complessa valutazione di fatto o di diritto delle pratiche anticoncorrenziali censurate nella denuncia.

28      Inoltre, occorre rilevare che la Commissione non ha rispettato il suo impegno di informare il denunciante del corso che essa intendeva dare alla denuncia entro un termine indicativo di quattro mesi a decorrere dalla ricezione di quest’ultima, conformemente ai punti 61 e 62, in combinato disposto con i punti 55 e 56, del progetto di comunicazione della Commissione sulla procedura applicabile alle denunce presentate alla Commissione ai sensi degli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2004, C 101, pag. 65). Benché si tratti di un termine indicativo, come risulta dal punto 61 di detto progetto di comunicazione, resta il fatto che sono trascorsi circa dieci mesi tra il deposito della denuncia e la notifica alla ricorrente della lettera di orientamento, il che supera ampiamente tale termine indicativo.

29      In ogni caso, e senza che sia necessario pronunciarsi definitivamente sulla questione se la Commissione abbia violato il suo obbligo di trattare la denuncia entro un termine ragionevole, dalla giurisprudenza risulta che la violazione del principio del termine ragionevole può giustificare l’annullamento di una decisione adottata dalla Commissione solo qualora essa abbia potuto avere un’incidenza sull’esito del procedimento. Ciò si verifica in particolare qualora detta violazione sia idonea a pregiudicare i diritti della difesa dell’impresa interessata (v., in tal senso, sentenza del 21 settembre 2006, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, C‑105/04 P, EU:C:2006:592, punti da 42 a 52).

30      Tale giurisprudenza si applica mutatis mutandis alle decisioni di rigetto di una denuncia ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 773/2004, fermo restando, tuttavia, che il denunciante non è un convenuto nell’ambito di un siffatto procedimento. Ne consegue che, nell’ipotesi di un ricorso contro una siffatta decisione, la violazione di tale principio può comportare l’annullamento di detta decisione solo qualora il ricorrente dimostri che il superamento del termine ragionevole ha avuto un’incidenza sulla possibilità di difendere la sua posizione nel corso di tale procedimento. Ciò avverrebbe in particolare se il superamento del termine ragionevole gli avesse impedito di raccogliere o di far valere dinanzi alla Commissione elementi di fatto o di diritto relativi alle pratiche anticoncorrenziali denunciate o all’interesse dell’Unione ad istruire il caso.

31      Orbene, la ricorrente non ha fornito alcun elemento idoneo a dimostrare che tale condizione sia soddisfatta nel caso di specie.

32      Infatti, da un lato, la ricorrente si limita ad affermare, in sostanza, che la durata del procedimento amministrativo sarebbe stata «cruciale», dato che il termine di prescrizione per esperire un’azione per il risarcimento del danno non sarebbe stato sospeso, né interrotto dal deposito della denuncia o dall’adozione della decisione impugnata, conformemente all’articolo 10, paragrafo 4, della direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell’Unione europea (GU 2014, L 349, pag. 1).

33      Tuttavia, la possibilità per la ricorrente di far valere i propri diritti ai sensi dell’articolo 102 TFUE proponendo dinanzi ai giudici nazionali un’azione per il risarcimento del danno o qualsiasi altra azione in applicazione diretta di tale disposizione nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività (v., in tal senso, sentenze del 19 giugno 1990, Factortame e a., C‑213/89, EU:C:1990:257, punto 19 e giurisprudenza ivi citata, e del 6 giugno 2013, Donau Chemie e a., C‑536/11, EU:C:2013:366, punto 27 e giurisprudenza ivi citata) non dipendeva in alcun modo dall’esito del procedimento dinanzi alla Commissione relativo alla sua denuncia, e in particolare, dal mancato avvio di un procedimento formale da parte di quest’ultima. Di conseguenza, l’eventuale superamento del termine ragionevole da parte della Commissione non influiva sul diritto della ricorrente di proporre una siffatta azione dinanzi ai giudici nazionali, prima della scadenza del termine di prescrizione e senza attendere la decisione della Commissione che statuisse sulla sua denuncia.

34      Dall’altro lato, la ricorrente fa valere, in sostanza, che talune misure adottate dalla Repubblica di Polonia nel corso del procedimento amministrativo avrebbero rimesso in discussione il rispetto del principio dello Stato di diritto in tale Stato membro. Tuttavia, la ricorrente non deduce alcun elemento idoneo a dimostrare che il deterioramento dello Stato di diritto in Polonia le avrebbe impedito di raccogliere o di far valere dinanzi alla Commissione elementi di fatto o di diritto relativi alle pratiche anticoncorrenziali denunciate o all’interesse dell’Unione ad istruire il caso.

35      Ne consegue che la prima parte del primo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

 Sul terzo motivo, riguardante linteresse dellUnione a proseguire lesame della denuncia

36      La ricorrente sostiene che la Commissione ha violato l’articolo 102 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 17, paragrafo 1, seconda frase, TUE, l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 773/2004 e l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1/2003. In particolare, essa fa valere che, nella decisione impugnata, la Commissione è incorsa in errori manifesti nella valutazione dell’interesse dell’Unione a proseguire l’esame della denuncia, il che avrebbe avuto la conseguenza di privare l’articolo 102 TFUE di qualsiasi effetto utile.

37      La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

38      In via preliminare, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, la Commissione, investita dall’articolo 105, paragrafo 1, del TFUE del compito di vigilare sull’applicazione degli articoli 101 e 102 del TFUE, è responsabile dell’orientamento e dell’attuazione della politica della concorrenza dell’Unione e dispone a tal fine di un potere discrezionale nel trattare le denunce. Al fine di svolgere efficacemente tale compito, essa ha quindi il diritto di attribuire un diverso grado di priorità alle denunce con cui viene adita. Così facendo, la Commissione può non soltanto stabilire l’ordine in cui le denunce saranno esaminate, ma anche respingere una denuncia per mancanza di interesse dell’Unione sufficiente alla prosecuzione dell’esame del caso (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2017, Agria Polska e a./Commissione, T‑480/15, EU:T:2017:339, punti 34 e 35 e giurisprudenza ivi citata).

39      Tuttavia, il potere discrezionale di cui dispone la Commissione al riguardo non è illimitato. Infatti, la Commissione è tenuta ad esaminare con attenzione tutti gli elementi di fatto e di diritto portati a sua conoscenza dai denuncianti (v. sentenza del 17 dicembre 2014, Si.mobil/Commissione, T‑201/11, EU:T:2014:1096, punto 82 e giurisprudenza ivi citata).

40      Dalla giurisprudenza risulta, inoltre che, quando la Commissione adotta regole di condotta e annuncia con la loro pubblicazione che esse verranno da quel momento in avanti applicate ai casi a cui si riferiscono, la Commissione si autolimita nell’esercizio del suo potere discrezionale e non può discostarsi da tali regole, pena una sanzione, eventualmente, a titolo di violazione di principi generali del diritto, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2017, H&R ChemPharm/Commissione, C‑95/15 P, non pubblicata, EU:C:2017:125, punto 57). Nel caso di specie, la Commissione si è autolimitata nell’esercizio del suo potere discrezionale nel trattamento delle denunce mediante l’adozione della sua comunicazione sulla cooperazione nell’ambito della rete delle autorità garanti della concorrenza (GU 2004, C 101, pag. 43), la quale contiene orientamenti volti a chiarire, in particolare, a quali condizioni si possa ritenere che o la Commissione, o un’unica autorità nazionale garante della concorrenza, o più autorità nazionali garanti della concorrenza sono in una posizione migliore per esaminare una denuncia.

41      Il controllo giurisdizionale delle decisioni di rigetto di denuncia non deve indurre il Tribunale a sostituire la sua valutazione dell’interesse dell’Unione a quella della Commissione, ma mira a verificare che la decisione controversa non si basi su fatti materialmente inesatti e che essa non sia viziata da alcun errore di diritto, né da alcun errore manifesto di valutazione o da sviamento di potere (v. sentenza dell’11 gennaio 2017, Topps Europe/Commissione, T‑699/14, non pubblicata, EU:T:2017:2, punto 66 e giurisprudenza ivi citata)

42      Nella decisione impugnata, la Commissione ha respinto la denuncia con la motivazione, in sostanza, che l’autorità polacca garante della concorrenza era in una posizione migliore per esaminarla, in quanto, da un lato, l’asserita infrazione era limitata, essenzialmente, al mercato polacco e, dall’altro, detta autorità aveva acquisito una conoscenza dettagliata del mercato dei servizi di trasporto ferroviario di merci in Polonia e delle pratiche della PKP Cargo, formatasi a seguito di diverse indagini da essa condotte e delle decisioni adottate in tale settore a partire dal 2004.

43      La ricorrente fa valere, da un lato, che la valutazione della Commissione è viziata da errori manifesti di valutazione per quanto riguarda la definizione del mercato interessato dalle pratiche anticoncorrenziali denunciate e, dall’altro, che la Commissione avrebbe dovuto tener conto anche di altri fattori idonei a dimostrare l’esistenza di un interesse dell’Unione a proseguire l’esame della denuncia.

44      In primo luogo, per quanto riguarda la definizione del mercato interessato dalle pratiche anticoncorrenziali denunciate, occorre rilevare, innanzitutto, che la ricorrente fa valere che le pratiche asseritamente abusive della PKP Cargo avrebbero prodotto effetti al di fuori del mercato nazionale, di modo che la Commissione sarebbe stata in una posizione migliore per esaminarle.

45      A tale riguardo, occorre ricordare che, quando le conseguenze delle infrazioni denunciate si esplicano essenzialmente solo sul territorio di uno Stato membro e sono stati aditi con controversie relative a tali infrazioni i giudici e le autorità amministrative competenti del detto Stato membro, la Commissione è legittimata a respingere la denuncia per mancanza di interesse dell’Unione, purché tuttavia i diritti del denunciante possano essere salvaguardati in modo soddisfacente dalle autorità nazionali, il che presuppone che queste ultime siano in grado di riunire gli elementi di fatto necessari per stabilire se le dette pratiche integrino un’infrazione agli articoli 101 e 102 TFUE (v. sentenza del 3 luglio 2007, Au Lys de France/Commissione, T‑458/04, non pubblicata, EU:T:2007:195, punto 83 e giurisprudenza ivi citata, e ordinanza del 19 marzo 2012, Associazione «Giùlemanidallajuve»/Commissione, T‑273/09, EU:T:2012:129, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).

46      Il paragrafo 10 della comunicazione sulla cooperazione nell’ambito della rete delle autorità garanti della concorrenza precisa che in genere un’unica autorità nazionale garante della concorrenza è nella posizione idonea per trattare gli accordi o le pratiche che pregiudicano in maniera sensibile la concorrenza nell’ambito del proprio territorio, mentre, ai sensi del paragrafo 14 della stessa, la Commissione è nella posizione più idonea per trattare un caso, in particolare, quando uno o più accordi o pratiche, ivi comprese le reti di accordi o di pratiche simili, incidono sulla concorrenza in più di tre Stati membri (mercati transfrontalieri che coprono più di tre Stati membri o diversi mercati nazionali).

47      Nel caso di specie, dalla decisione impugnata risulta che le pratiche asseritamente abusive denunciate sarebbero imputabili ad un’impresa con sede in Polonia, vale a dire la PKP Cargo, e pregiudicherebbero un’altra impresa anch’essa con sede in Polonia, vale a dire la ricorrente. Inoltre, nella sua denuncia, la ricorrente ha affermato che, anche se gli effetti di dette pratiche erano avvertiti in vari Stati membri, la PKP Cargo deteneva una posizione dominante «nel mercato polacco» e che, in linea di principio, l’abuso di posizione dominante contestato alla PKP Cargo aveva luogo «nel mercato polacco». Peraltro, le quote di mercato detenute dalla PKP Cargo, quali presentate nella denuncia, riguardavano solo il mercato polacco, atteso che la ricorrente non ha affermato, né tanto meno dimostrato, che la PKP Cargo avrebbe detenuto una posizione dominante in altri mercati geografici. Parimenti, nella sua lettera del 4 ottobre 2018, la ricorrente ha reiterato alla Commissione la sua domanda di avviare un’indagine nei confronti della PKP Cargo al fine di esaminare il suo presunto abuso di posizione dominante «nel mercato del trasporto ferroviario di merci in Polonia».

48      Il fatto, invocato dalla ricorrente, che il mercato dei servizi di trasporto ferroviario di merci in Polonia era aperto alla concorrenza delle imprese stabilite in altri Stati membri non può rimettere in discussione l’analisi della Commissione. Infatti, anche supponendo che le pratiche asseritamente abusive della PKP Cargo abbiano potuto incidere anche su altri mercati geografici, nessuna informazione contenuta nel fascicolo lasciava apparire, né esplicitamente, né implicitamente, che la PKP Cargo detenesse una posizione dominante in siffatti mercati. Inoltre, il semplice fatto che la PKP Cargo operasse e avesse filiali in diversi Stati membri neppure significa che tale impresa o una delle sue filiali detenessero una posizione dominante su altri mercati geografici.

49      Poi, il fatto, invocato dalla ricorrente, che l’asserita infrazione poteva pregiudicare il commercio tra Stati membri, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, è irrilevante. Infatti, il pregiudizio per il commercio fra gli Stati membri è una condizione per l’applicazione dell’articolo 102 TFUE, e non per l’individuazione dell’autorità nella posizione migliore per esaminare una denuncia.

50      Infine, non può essere accolto neanche l’argomento della ricorrente secondo cui, al paragrafo 25, punto iv), della decisione impugnata, la Commissione avrebbe erroneamente concluso che il mercato rilevante di servizi fosse il «mercato ferroviario», mentre esso sarebbe il «mercato del trasporto ferroviario di merci». Infatti, il paragrafo summenzionato deve essere letto alla luce dei paragrafi 3, 21 e 26 della medesima decisione, da cui risulta che il mercato rilevante di servizi era il mercato dei servizi di trasporto ferroviario di merci. Pertanto, il riferimento al «mercato ferroviario», contenuto nel paragrafo 25, sub iv), della decisione impugnata, costituisce tutt’al più un’imprecisione che non ha alcuna incidenza sulla legittimità di detta decisione.

51      In tali circostanze, la Commissione poteva legittimamente ritenere che le pratiche asseritamente abusive della PKP Cargo riguardavano principalmente il mercato dei servizi di trasporto ferroviario di merci in Polonia.

52      In secondo luogo, occorre rilevare che la ricorrente non contesta l’affermazione della Commissione secondo cui l’autorità polacca garante della concorrenza aveva acquisito una conoscenza dettagliata del mercato dei servizi di trasporto ferroviario di merci in Polonia e delle pratiche della PKP Cargo, a seguito di diverse indagini da essa condotte e delle decisioni adottate in tale settore dal 2004.

53      Pertanto, la Commissione non è incorsa in alcun errore manifesto di valutazione nel considerare che le pratiche denunciate riguardavano principalmente il mercato dei servizi di trasporto ferroviario di merci in Polonia, che l’autorità polacca garante della concorrenza aveva acquisito una conoscenza dettagliata del settore e che, sulla base di tali fattori, detta autorità era in una posizione migliore per esaminare la denuncia.

54      In terzo luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione avrebbe dovuto tener conto anche di altri criteri ai fini della valutazione dell’interesse dell’Unione ad istruire il caso.

55      Sotto un primo aspetto, essa fa riferimento alla giurisprudenza secondo la quale, quando la Commissione esamina l’interesse dell’Unione ad istruire il caso, essa deve, da un lato, valutare la gravità delle asserite violazioni della concorrenza e la persistenza dei loro effetti, tenendo conto della durata e dell’importanza delle infrazioni denunciate nonché della loro incidenza sulla situazione della concorrenza nell’Unione (sentenza del 23 aprile 2009, AEPI/Commissione, C‑425/07 P, EU:C:2009:253, punto 53), e, dall’altro, mettere a confronto l’importanza dell’asserita infrazione per il funzionamento del mercato interno, la probabilità di poterne accertare l’esistenza e la portata delle misure istruttorie necessarie (sentenza del 18 settembre 1992, Automec/Commissione, T‑24/90, EU:T:1992:97, punto 86). La ricorrente fa valere, in sostanza, che la Commissione ha omesso di esaminare e di mettere a confronto tutti questi criteri, il che, a suo avviso, sarebbe giuridicamente erroneo e contrario all’obbligo di motivazione della Commissione.

56      È vero, come osserva la ricorrente, che, nella decisione impugnata, la Commissione ha limitato la sua valutazione dell’interesse dell’Unione ai criteri menzionati al precedente punto 42, senza esaminare esplicitamente la gravità o l’importanza dell’asserita infrazione, la persistenza dei suoi effetti, la probabilità di poterne accertare l’esistenza e la portata delle misure istruttorie necessarie.

57      Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante, poiché la valutazione dell’interesse dell’Unione rappresentato da una denuncia varia in rapporto alle circostanze di ciascun caso di specie, non si deve né limitare il numero dei criteri di valutazione cui la Commissione può riferirsi né, viceversa, imporle il ricorso esclusivo a determinati criteri. Tenendo conto del fatto che, in un settore come quello del diritto della concorrenza, il contesto fattuale e giuridico può variare considerevolmente da un caso all’altro, è possibile applicare criteri non presi in considerazione sino ad allora o dare la priorità a un solo criterio per valutare tale interesse dell’Unione (v. sentenze del 19 settembre 2013, EFIM/Commissione, C‑56/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:575, punto 85 e giurisprudenza ivi citata, e del 20 settembre 2018, Agria Polska e a./Commissione, C‑373/17 P, EU:C:2018:756, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

58      La Corte ha già avuto occasione di precisare che gli insegnamenti derivanti da tale giurisprudenza non possono essere rimessi in discussione dalla giurisprudenza citata al precedente punto 55 (v., in tal senso, sentenze del 17 maggio 2001, IECC/Commissione, C‑449/98 P, EU:C:2001:275, punti 44, 46 e 47, e del 20 settembre 2018, Agria Polska e a./Commissione, C‑373/17 P, EU:C:2018:756, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

59      Infatti, può darsi che, indipendentemente dalla gravità o dall’importanza dell’asserita infrazione, dalla persistenza dei suoi effetti, dalla probabilità di poterne accertare l’esistenza o ancora dalla portata delle misure istruttorie necessarie, l’interesse dell’Unione non impone alla Commissione di istruire una denuncia qualora un’autorità nazionale garante della concorrenza si trovi, in particolare a causa della sua vicinanza rispetto agli elementi di prova pertinenti, dell’estensione dei mercati interessati dalle pratiche denunciate o, ancora, delle conoscenze acquisite in passato per quanto riguarda tali mercati, in una posizione migliore della Commissione per indagare sull’asserita infrazione in parola.

60      Pertanto, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la Commissione non era obbligata ad esaminare e a mettere a confronto tutti i criteri di cui alla giurisprudenza citata al precedente punto 55.

61      Sotto un secondo aspetto, la ricorrente fa valere, in sostanza, che la denuncia sollevava una nuova questione giuridica, non ancora risolta nel diritto della concorrenza dell’Unione, vale a dire se il diniego di concedere l’accesso a un’infrastruttura essenziale (essential facility), a condizioni non discriminatorie, giustificato dall’esistenza di un debito non pagato, la cui esistenza è tuttavia contestata dall’impresa che chiede l’accesso a detta infrastruttura, costituisse un abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE.

62      A tale riguardo, occorre rilevare che, ai sensi del paragrafo 15 della comunicazione sulla cooperazione nell’ambito della rete delle autorità garanti della concorrenza, la Commissione è in una posizione particolarmente idonea per trattare i casi nei quali la tutela dell’interesse dell’Unione richiede l’adozione di una decisione da parte sua per adeguare la politica di concorrenza dell’Unione a problemi di concorrenza nuovi o per assicurare il rispetto effettivo delle regole.

63      Tuttavia, anche supponendo che la questione sollevata al precedente punto 61 costituisse un nuovo problema di concorrenza rilevante per adeguare la politica di concorrenza dell’Unione, ai sensi del paragrafo 15 della comunicazione sulla cooperazione nell’ambito della rete delle autorità garanti della concorrenza, ciò non significa tuttavia che la Commissione fosse automaticamente tenuta ad esaminare la denuncia. Infatti, la questione «nuova» sollevata dalla ricorrente sarebbe, in sostanza, se le pratiche asseritamente abusive della PKP Cargo avrebbero potuto essere considerate oggettivamente giustificate. Un siffatto esame implicherebbe non solo di verificare se la PKP Cargo detenesse una posizione dominante nel mercato rilevante, ma anche l’esistenza, contestata, del debito in questione, nonché i possibili effetti preclusivi di dette pratiche. Orbene, la ricorrente non ha dimostrato che la Commissione sarebbe stata in una posizione migliore per effettuare un siffatto esame, nonostante il fatto che dette pratiche riguardassero principalmente il mercato polacco e che l’autorità polacca garante della concorrenza avesse già una conoscenza dettagliata del settore.

64      Pertanto, la ricorrente non ha dimostrato che, nel caso di specie, il criterio relativo all’esistenza di un nuovo problema di concorrenza rilevante per adeguare la politica di concorrenza dell’Unione dovesse prevalere sui criteri menzionati al precedente punto 42.

65      In quarto luogo, si deve respingere l’argomento della ricorrente secondo cui, nella decisione impugnata, la Commissione avrebbe dovuto verificare se la PKP Cargo applicasse un sistema di sconti discriminatorio e se la medesima detenesse un credito nei suoi confronti idoneo a giustificare il suo rifiuto di concludere un contratto con essa. Infatti, la Commissione non ha respinto la denuncia per il motivo che gli elementi messi a sua disposizione non consentivano di concludere che le pratiche denunciate erano contrarie all’articolo 102 TFUE, ma che l’autorità polacca garante della concorrenza era in una posizione migliore per esaminarle. Pertanto, non spettava alla Commissione prendere posizione su tali questioni.

66      In quinto luogo, il fatto, denunciato dalla ricorrente, che l’autorità polacca garante della concorrenza abbia rifiutato, con lettere del 21 agosto e del 7 ottobre 2019, di dare seguito alla denuncia è irrilevante, poiché tale rifiuto è intervenuto solo dopo l’adozione della decisione impugnata (v., in tal senso, sentenza del 28 gennaio 2021, Qualcomm e Qualcomm Europe/Commissione, C‑466/19 P, EU:C:2021:76, punto 82).

67      In sesto luogo, la circostanza, non contestata, che, conformemente al diritto polacco, le decisioni di rigetto di una denuncia dell’autorità polacca garante della concorrenza non possono essere oggetto di ricorso giurisdizionale non è tale da imporre alla Commissione un obbligo di esaminare la denuncia. Infatti, spetta agli Stati membri, in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare ai singoli il rispetto del loro diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione e non alla Commissione ovviare, attraverso l’avvio di un’indagine, alle possibili lacune della tutela giurisdizionale a livello nazionale. Inoltre, e in ogni caso, la ricorrente aveva la possibilità di intentare dinanzi ai giudici nazionali azioni per il risarcimento dei danni asseritamente subiti a causa dei comportamenti oggetto della denuncia al fine di ottenere il rispetto dell’articolo 102 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2018, Agria Polska e a./Commissione, C‑373/17 P, EU:C:2018:756, punti 83 e 87).

68      Infine, nei limiti in cui la ricorrente deduce altresì una violazione dell’articolo 17, paragrafo 1, seconda frase, TUE, è sufficiente rilevare che essa non ha sollevato alcun argomento autonomo vertente su una violazione di tale disposizione.

69      Ne consegue che il terzo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

70      Occorre poi esaminare gli argomenti dedotti dalla ricorrente nell’ambito del secondo motivo e della seconda parte del primo motivo, relativi all’esistenza di carenze sistemiche e generalizzate dello Stato di diritto in Polonia e diretti a dimostrare l’esistenza di un rischio reale che i suoi diritti in quanto denunciante non siano salvaguardati in modo soddisfacente a livello nazionale.

 Sul secondo motivo e sulla seconda parte del primo motivo, riguardanti il rispetto del principio dello Stato di diritto in Polonia

71      Nell’ambito del suo secondo motivo, la ricorrente sostiene che la Commissione ha violato il suo diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, garantito dall’articolo 2 TUE, in combinato disposto con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e con l’articolo 47 della Carta. A tale riguardo, essa fa valere che la Commissione era in una posizione migliore per esaminare la denuncia, tenuto conto delle carenze sistemiche o generalizzate dello Stato di diritto in Polonia e, in particolare, della mancanza di indipendenza dell’autorità polacca garante della concorrenza e dei giudici nazionali competenti in materia.

72      In particolare, la ricorrente deduce diversi elementi idonei a dimostrare, a suo avviso, che, da un lato, l’autorità polacca garante della concorrenza era subordinata al potere esecutivo e che, dall’altro, i giudici nazionali chiamati a controllare la legittimità delle sue decisioni, vale a dire il Sąd Ochrony Konkurencji i Konsumentów – XVII Wydział Sądu Okręgowego w Warszawie (Tribunale per la protezione della concorrenza e dei consumatori, XVII Divisione del Tribunale regionale di Varsavia, Polonia) e la Izba Kontroli Nadzwyczajnej i Spraw Publicznych (Sezione per il controllo straordinario e le questioni pubbliche) del Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia), non disponevano di tutte le garanzie di indipendenza, come risulterebbe in particolare dalla giurisprudenza della Corte. Inoltre, essa deduce diversi indizi specifici relativi alle circostanze del caso di specie, alla natura della presunta infrazione e al contesto di fatto in cui si inserisce, idonei a dimostrare, a suo avviso, l’esistenza di motivi seri e comprovati per ritenere che essa corresse un rischio reale di violazione dei suoi diritti se il suo caso dovesse essere esaminato dalle autorità nazionali. Nell’ambito della seconda parte del primo motivo, la ricorrente fa valere che la Commissione ha omesso di prendere in considerazione tali elementi e di motivare la decisione impugnata in modo giuridicamente adeguato al riguardo.

73      La Commissione e la Repubblica di Polonia contestano gli argomenti della ricorrente.

74      Nella decisione impugnata, la Commissione ha verificato se carenze sistemiche o generalizzate dello Stato di diritto in Polonia ostassero a che essa respingesse la denuncia con la motivazione che l’autorità polacca garante della concorrenza era in una posizione migliore per esaminarla, applicando per analogia la sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586).

75      La Repubblica di Polonia contesta tuttavia l’applicazione per analogia di tale giurisprudenza al caso di specie, in particolare per il motivo che essa si riferisce alla cooperazione tra giudici nazionali in materia penale e, più in particolare, all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo, e non alle decisioni di rigetto di una denuncia in materia di diritto della concorrenza. Inoltre, tale Stato membro rileva che la sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586), riguardava il principio della tutela giurisdizionale effettiva previsto all’articolo 19, paragrafo 1, TUE, nonché il rischio di violazione del diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice indipendente, quale sancito all’articolo 47, secondo comma, della Carta, mentre tali disposizioni non sarebbero applicabili alle autorità amministrative quali l’autorità polacca garante della concorrenza.

76      Occorre, dunque, esaminare, in primo luogo, se la Commissione potesse correttamente applicare per analogia gli insegnamenti derivanti dalla sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586), nel caso di specie.

77      A tale riguardo, occorre ricordare che, in detta sentenza, la Corte ha considerato che, qualora la persona oggetto di un mandato d’arresto europeo facesse valere, per opporsi alla propria consegna all’autorità giudiziaria emittente, l’esistenza di carenze sistemiche o, quanto meno, generalizzate che, a suo avviso, erano idonee a incidere sull’indipendenza del potere giudiziario nello Stato membro emittente e a pregiudicare così il contenuto essenziale del suo diritto fondamentale a un equo processo, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione era tenuta a valutare, quando doveva decidere in merito alla consegna dell’interessato alle autorità di detto Stato, l’esistenza di un rischio reale che egli subisse una violazione di tale diritto fondamentale [v. sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 60 e giurisprudenza ivi citata].

78      A tal fine, secondo la Corte, l’autorità giudiziaria di esecuzione deve procedere ad un’analisi in due fasi.

79      In un primo momento, essa deve valutare, in base a elementi oggettivi, attendibili, precisi e debitamente aggiornati riguardanti il funzionamento del sistema giudiziario nello Stato membro emittente, l’esistenza di un rischio reale di violazione del diritto fondamentale a un equo processo, connesso a una mancanza di indipendenza dei giudici di detto Stato membro, a causa di carenze sistemiche o generalizzate in quest’ultimo Stato [v. sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 61 e giurisprudenza ivi citata].

80      Se l’autorità giudiziaria dell’esecuzione accerta la sussistenza delle condizioni relative a questa prima fase di analisi, essa deve, in un secondo momento, valutare, in modo concreto e preciso, se, nelle circostanze del caso di specie, esistano motivi seri e comprovati per ritenere che, in seguito alla sua consegna allo Stato membro emittente, il ricercato corra tale rischio [v. sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 68 e giurisprudenza ivi citata].

81      La Corte ha altresì precisato che, in taluni casi molto circoscritti, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione sarebbe tenuta a rifiutare automaticamente l’esecuzione di ogni mandato d’arresto europeo emesso da detto Stato membro, senza dover svolgere alcuna valutazione concreta del rischio reale, corso dall’interessato, di lesione del contenuto essenziale del suo diritto fondamentale a un equo processo [sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 72].

82      Per quanto riguarda la questione se la giurisprudenza richiamata al precedente punto 81 potesse essere applicata al caso di specie, occorre ricordare che la legittimità della decisione impugnata deve essere valutata in funzione degli elementi di fatto e di diritto esistenti al momento in cui tale decisione è stata adottata, vale a dire il 12 agosto 2019 (v. la giurisprudenza citata al precedente punto 66). Pertanto, anche supponendo che eventi verificatisi successivamente a tale data permettano di discostarsi dalla seconda fase dell’analisi in applicazione di tale giurisprudenza, occorre rilevare che, al momento dell’adozione della decisione impugnata, le condizioni della sua applicazione non erano soddisfatte.

83      Ciò precisato, occorre ammettere, con la Repubblica di Polonia, che esistono certamente evidenti differenze tra le circostanze all’origine della sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586), e quelle all’origine della presente causa. Tuttavia, diverse considerazioni di principio giustificano l’applicazione per analogia degli insegnamenti derivanti da detta sentenza ai fini della determinazione dell’autorità garante della concorrenza nella posizione migliore per esaminare una denuncia relativa a un’infrazione agli articoli 101 e 102 TFUE.

84      Sotto un primo aspetto, infatti, occorre ricordare che la premessa fondamentale secondo cui ciascuno Stato membro condivide con tutti gli altri Stati membri, e riconosce che questi condividono con esso, i valori comuni di cui all’articolo 2 TUE implica e giustifica l’esistenza della fiducia reciproca tra gli Stati membri e, in particolare, i loro organi giurisdizionali nel riconoscimento di tali valori sui quali l’Unione si fonda, tra cui quello dello Stato di diritto, e, dunque, nel rispetto del diritto dell’Unione che li attua [sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema), C‑619/18, EU:C:2019:531, punti 42 e 43].

85      Tale premessa fondamentale vale anche nei rapporti tra la Commissione, le autorità nazionali garanti della concorrenza e i giudici nazionali nel contesto dell’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE. Infatti, tanto le norme riguardanti lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, oggetto della causa che ha dato luogo alla sentenza citata al precedente punto 76 [v. sentenze del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punti 35 e 36, e del 25 luglio 2018, Generalstaatsanwaltschaft (Condizioni di detenzione in Ungheria), C‑220/18 PPU, EU:C:2018:589, punto 104], quanto quelle relative alla rete europea della concorrenza e alla cooperazione tra la Commissione e i giudici nazionali ai fini dell’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE, oggetto della presente causa (v. in particolare i considerando 15, 21 e 28, l’articolo 11, paragrafo 1, e l’articolo 15 del regolamento n. 1/2003, nonché il paragrafo 2, in fine, della comunicazione sulla cooperazione nell’ambito della rete delle autorità garanti della concorrenza), istituiscono un sistema di stretta cooperazione tra le autorità competenti basato sui principi di riconoscimento reciproco, di fiducia reciproca e di leale cooperazione.

86      Ai sensi degli articoli 4 e 5 del regolamento n. 1/2003, infatti, la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri dispongono di competenze parallele per l’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE, mentre l’impianto sistematico del regolamento n. 1/2003 poggia su una stretta cooperazione tra le stesse (sentenza del 16 ottobre 2013, Vivendi/Commissione, T‑432/10, non pubblicata, EU:T:2013:538, punto 26). Inoltre, secondo l’articolo 35, paragrafo 1, del medesimo regolamento, le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri devono garantire l’applicazione effettiva degli articoli 101 e 102 TFUE nell’interesse generale, fermo restando che tra le autorità garanti della concorrenza designate dagli Stati membri possono figurare organi giurisdizionali (v., in tal senso, sentenza del 7 dicembre 2010, VEBIC, C‑439/08, EU:C:2010:739, punti 56 e 62). Inoltre, conformemente all’articolo 4 della direttiva (UE) 2019/1 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che conferisce alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri poteri di applicazione più efficace e che assicura il corretto funzionamento del mercato interno (GU 2019, L 11, pag. 3), dette autorità devono essere dotate di garanzie di indipendenza e di imparzialità. Se è vero che il termine di trasposizione di tale direttiva non era ancora scaduto al momento dell’adozione della decisione impugnata, ciò non toglie che gli Stati membri devono astenersi dall’adottare, in pendenza di tale termine, disposizioni che possano compromettere gravemente il risultato prescritto da quest’ultima (v. sentenze del 18 dicembre 1997, Inter-Environnement Wallonie, C‑129/96, EU:C:1997:628, punto 45, e del 2 giugno 2016, Pizzo, C‑27/15, EU:C:2016:404, punto 32).

87      Inoltre, l’articolo 101, paragrafo 1, e l’articolo 102 TFUE producono effetti diretti nei rapporti tra i singoli e attribuiscono direttamente a questi ultimi diritti che i giudici nazionali devono tutelare. L’applicazione delle dette disposizioni rientra nella competenza tanto della Commissione quanto dei giudici nazionali. Tale attribuzione di competenze è caratterizzata dall’obbligo di leale cooperazione tra la Commissione e i giudici nazionali (sentenza del 18 settembre 1992, Automec/Commissione, T‑24/90, EU:T:1992:97, punto 90). Ciò è confermato dal paragrafo 15 della comunicazione della Commissione relativa alla cooperazione tra la Commissione e le giurisdizioni degli Stati membri dell’UE ai fini dell’applicazione degli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2004, C 101, pag. 54), ai sensi del quale la Commissione e i giudici nazionali sono soggetti a un dovere reciproco di leale collaborazione.

88      Ne consegue che, al pari dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, la cooperazione tra la Commissione, le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri e i giudici nazionali, ai fini dell’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE, si fonda sui principi di riconoscimento reciproco, di fiducia reciproca e di leale cooperazione, i quali impongono a ciascuna di tali autorità e giudici di ritenere, tranne che in circostanze eccezionali, che tutte le altre autorità e i giudici rispettino il diritto dell’Unione e, in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultimo.

89      Sotto un secondo aspetto, dalla giurisprudenza citata al precedente punto 45 risulta che, quando le conseguenze delle infrazioni denunciate si esplicano, essenzialmente solo sul territorio di uno Stato membro e sono stati aditi con controversie relative a tali infrazioni i giudici o le autorità amministrative competenti del detto Stato membro, la Commissione è legittimata a respingere la denuncia per mancanza di interesse dell’Unione, a condizione tuttavia che i diritti del denunciante possano essere salvaguardati in modo soddisfacente dalle autorità nazionali.

90      La giurisprudenza impone quindi già alla Commissione, prima di respingere una denuncia per mancanza di interesse dell’Unione, di assicurarsi che le autorità nazionali siano in grado di salvaguardare in modo soddisfacente i diritti del denunciante. Tale giurisprudenza, nella parte in cui fa riferimento, in modo ampio, alle «autorità nazionali», riguarda al contempo le autorità nazionali garanti della concorrenza e i giudici nazionali competenti in materia. Orbene, se nello Stato membro interessato esistessero carenze sistemiche o generalizzate tali da compromettere l’indipendenza di dette autorità, nonché motivi seri e comprovati per ritenere che, se la Commissione respingesse la denuncia e se quest’ultima fosse presentata dinanzi a dette autorità, il denunciante correrebbe un rischio reale di violazione dei suoi diritti, allora dette autorità nazionali non sarebbero in grado di salvaguardare in modo soddisfacente i diritti del denunciante ai sensi della giurisprudenza richiamata al precedente punto 45.

91      Sotto un terzo aspetto, anche il diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice indipendente garantito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta riveste un’importanza altrettanto particolare per l’efficace applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE. Infatti, i giudici nazionali sono chiamati, da un lato, a controllare la legittimità delle decisioni delle autorità nazionali garanti della concorrenza e, dall’altro, ad applicare direttamente gli articoli 101 e 102 TFUE. La Corte ha già sottolineato, a tale riguardo, che spettava agli Stati membri, in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare ai singoli il rispetto del loro diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, ivi compreso nel settore del diritto della concorrenza (v., a tal fine, la giurisprudenza citata al precedente punto 67).

92      Da tutto quanto precede discende che il rispetto dei requisiti dello Stato di diritto è un fattore rilevante di cui la Commissione deve tener conto, ai fini della determinazione dell’autorità garante della concorrenza nella posizione migliore per esaminare una denuncia e che, a tal fine, la Commissione poteva, nel caso di specie, applicare per analogia la sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586).

93      In secondo luogo, dalla decisione impugnata risulta che la Commissione si è limitata a indicare, in sostanza, che le condizioni relative alla seconda fase di analisi individuata nella sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586), non erano soddisfatte nel caso di specie, evitando al contempo di prendere posizione sulla questione se le condizioni relative alla prima fase di analisi individuata nella medesima sentenza fossero soddisfatte.

94      Orbene, poiché queste due fasi di analisi sono cumulative, non si può addebitare alla Commissione di essersi limitata, per ragioni di economia processuale, all’esame di tale seconda fase.

95      Pertanto, gli argomenti dedotti dalla ricorrente diretti a dimostrare, in maniera generale, l’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate in Polonia tali da compromettere l’indipendenza dell’autorità polacca garante della concorrenza e dei giudici nazionali competenti in materia sono inoperanti.

96      In terzo luogo, occorre esaminare i motivi esposti nella decisione impugnata per i quali la Commissione ha ritenuto che le condizioni relative alla seconda fase dell’analisi non fossero soddisfatte nel caso di specie.

97      A tale riguardo, dalla giurisprudenza risulta che, nell’ambito di questa seconda fase dell’analisi, spetta anzitutto alla persona interessata, nella fattispecie la ricorrente, fornire indizi dell’esistenza di motivi seri e comprovati per ritenere che essa corresse un rischio reale di violazione dei suoi diritti se il suo caso dovesse essere esaminato dalle autorità nazionali. Spetta poi alla Commissione, alla luce delle specifiche preoccupazioni espresse dalla ricorrente e delle informazioni eventualmente fornite da quest’ultima, valutare, in modo concreto e preciso, se, nelle circostanze del caso di specie, sussistessero motivi di tal genere, tenuto conto della situazione personale di detta ricorrente, della natura dell’asserita infrazione e delle circostanze di fatto [v., in tal senso per analogia, sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punti 60, 68 e 75].

98      Nel caso di specie, la ricorrente ha fatto valere, nel corso del procedimento amministrativo, un complesso di indizi concreti e di informazioni specifiche tali, a suo avviso, da dimostrare, considerati nel loro insieme, che sussistevano motivi seri e comprovati per ritenere che essa corresse un rischio reale di violazione dei suoi diritti se il suo caso dovesse essere esaminato dalle autorità nazionali. Orbene, secondo la ricorrente, la Commissione ha omesso di prendere in considerazione tali indizi e informazioni e di motivare la decisione impugnata in modo giuridicamente adeguato al riguardo.

99      In particolare, innanzitutto, la ricorrente ha attirato l’attenzione della Commissione sul fatto che la PKP Cargo era un’impresa controllata dallo Stato e che, a causa degli stretti legami tra la stessa e il governo, l’autorità polacca garante della concorrenza poteva mostrarsi clemente, se non addirittura parziale nei confronti di tale impresa. Infatti, secondo la ricorrente, da un lato, il presidente dell’autorità polacca garante della concorrenza dipende interamente dal potere esecutivo, in quanto viene nominato e revocato dal Primo ministro, senza che la legge precisi la durata del suo mandato e i motivi della sua revoca. Il fatto che il Primo ministro abbia revocato il presidente di tale autorità a più riprese dal 2014 sarebbe indicativo di tale dipendenza. Dall’altro lato, la PKP S.A., che sarebbe la società madre della PKP Cargo, farebbe parte dei membri della Fondazione nazionale polacca, un’associazione creata e finanziata, sempre secondo la ricorrente, dalle maggiori società pubbliche della Polonia, la quale avrebbe l’obiettivo di difendere e di promuovere, mediante campagne mediatiche, la riforma del sistema giudiziario in Polonia.

100    Poi, la ricorrente ha fatto più volte riferimento al fatto che, nell’aprile 2007, il procuratore generale dell’epoca, il sig. Z. Ziobro, aveva proposto opposizione contro la decisione dell’autorità polacca garante della concorrenza del 17 giugno 2004 nel caso DOK 50/04, con la quale tale autorità constatava un abuso di posizione dominante della PKP Cargo e sanzionava quest’ultima a tale titolo. Secondo la ricorrente, tale circostanza dimostra «la volontà politica di proteggere una delle principali società dell’Erario» e poteva rimettere in discussione l’indipendenza dell’autorità polacca garante della concorrenza, poiché quest’ultima «occupa[va] una posizione molto più debole» di quella del procuratore generale.

101    Inoltre, secondo la ricorrente, la politica clemente dell’autorità polacca garante della concorrenza nei confronti della PKP Cargo è dimostrata dal fatto, da un lato, che le sanzioni inflitte a quest’ultima in passato sono state blande, non dissuasive e inefficaci, come dimostra il fatto che, nonostante queste ultime, la PKP Cargo persiste nelle sue pratiche anticoncorrenziali, e, dall’altro, che detta autorità ha rifiutato di adottare una qualsiasi misura nei confronti della PKP Cargo dal 2015, benché la ricorrente l’abbia adita a tale riguardo a varie riprese. Quest’ultima circostanza rivelerebbe un cambiamento nella politica della suddetta autorità nei confronti della PKP Cargo dal 2015, il quale si spiegherebbe con la sua mancanza di indipendenza.

102    Infine, la ricorrente ha rilevato, in sostanza, che i giudici nazionali competenti in materia di diritto della concorrenza non erano in grado di ovviare alle carenze dell’autorità polacca garante della concorrenza a causa della loro mancanza di indipendenza.

103    Nella decisione impugnata, la Commissione si è limitata, al paragrafo 25, lettera v), ad affermare che gli argomenti presentati dalla ricorrente relativi alla seconda fase dell’analisi, ricordata al precedente punto 80, contenevano «esclusivamente affermazioni non comprovate» e che il fatto che il presidente dell’autorità polacca garante della concorrenza sia nominato dal Primo ministro non pregiudicava l’indipendenza delle sue decisioni nei confronti della PKP Cargo. Nessun altro passaggio della decisione impugnata lascia emergere una qualsivoglia valutazione sostanziale del complesso di indizi dedotti dalla ricorrente a tal fine, né peraltro le ragioni per le quali la Commissione ha ritenuto che tutti questi indizi fossero «esclusivamente» «non comprovati».

104    Pertanto, dalla decisione impugnata non risulta che la Commissione abbia esaminato in modo concreto e preciso i diversi indizi prodotti dalla ricorrente nel corso del procedimento amministrativo. Orbene, conformemente alla giurisprudenza richiamata al precedente punto 97, la Commissione doveva valutare, in modo concreto e preciso, alla luce delle specifiche preoccupazioni espresse dalla ricorrente e delle informazioni eventualmente fornite da quest’ultima, se, nelle circostanze del caso di specie, esistessero motivi seri e comprovati per ritenere che la ricorrente corresse un rischio concreto di violazione dei suoi diritti se il suo caso dovesse essere esaminato dalle autorità nazionali.

105    La motivazione sommaria della decisione impugnata su tale punto non consente né alla ricorrente di conoscere le ragioni per le quali la Commissione ha escluso gli indizi concreti da essa dedotti e relativi alla seconda fase dell’analisi ricordata al precedente punto 80, né al Tribunale di esercitare un controllo effettivo sulla legittimità di tale decisione e di valutare se sussistessero motivi seri e comprovati per ritenere che la ricorrente corresse un rischio effettivo di violazione dei suoi diritti (v., in tal senso, sentenza del 14 settembre 2017, Contact Software/Commissione, T‑751/15, non pubblicata, EU:T:2017:602, punti 39 e 40 e giurisprudenza ivi citata).

106    Pertanto, occorre accogliere il secondo motivo nonché la seconda parte del primo motivo di ricorso e, di conseguenza, annullare la decisione impugnata, senza che sia necessario esaminare gli altri argomenti dedotti dalla ricorrente a sostegno della seconda parte del primo motivo.

 Sulle spese

107    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione è rimasta soccombente, deve essere condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla ricorrente, conformemente alle conclusioni di quest’ultima.

108    La Repubblica di Polonia sopporterà le proprie spese, in applicazione dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione C(2019) 6099 final della Commissione, del 12 agosto 2019 (caso AT.40459 – Spedizione di merci per ferrovia in Polonia – PKP Cargo), è annullata.

2)      La Commissione è condannata a sopportare le proprie spese, nonché quelle sostenute dalla Sped-Pro S.A.

3)      La Repubblica di Polonia sopporterà le proprie spese.

Van der Woude

Kornezov

Buttigieg

Hesse

 

      Petrlík

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 febbraio 2022.

Firme


*      Lingua processuale: il polacco.