Language of document : ECLI:EU:C:2022:431

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NICHOLAS EMILIOU

presentate il 2 giugno 2022 (1)

Causa C72/22 PPU

M.A.

con l’intervento di

Valstybės sienos apsaugos tarnyba

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Lietuvos vyriausiasis administracinis teismas (Corte amministrativa suprema di Lituania)]

«Rinvio pregiudiziale – Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica d’asilo – Diritto di un cittadino di un paese terzo che è entrato illegalmente nel territorio di uno Stato membro di chiedere la protezione internazionale in tale Stato – Modalità di accesso alle procedure di riconoscimento di tale protezione – Direttiva 2013/32/UE – Articolo 6 e articolo 7, paragrafo 1 – Possibilità di trattenere tale richiedente per il solo fatto che questi ha attraversato illegalmente la frontiera nazionale – Direttiva 2013/33/UE – Articolo 8, paragrafo 3 – Incompatibilità – Articolo 72 TFUE – Responsabilità incombenti agli Stati membri per il mantenimento dell’ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna – Facoltà di uno Stato membro di derogare alle direttive 2013/32 e 2013/33 in caso di afflusso massiccio di migranti alle sue frontiere»






I.      Introduzione

1.        In diritto internazionale è sempre esistita una certa tensione tra, da un lato, il diritto sovrano di cui godono gli Stati di controllare l’ingresso e il soggiorno degli stranieri nel loro territorio e, dall’altro, il diritto, conferito a coloro che, tra tali stranieri (2), temono di essere perseguitati nel paese di cui hanno la cittadinanza, di chiedere asilo (3). Il primo autorizza tali Stati a controllare rigorosamente l’attraversamento delle loro frontiere – e ad adottare misure severe in caso di ingresso illegale – mentre il secondo richiede un approccio tollerante alla questione.

2.        Tale tensione si acuisce in modo particolare quando si verifica ciò che viene comunemente chiamato un «afflusso massiccio» di cittadini di paesi terzi alle frontiere. Questo fenomeno, la cui frequenza è aumentata in Europa in questi ultimi vent’anni a causa delle guerre e delle altre tensioni che agitano varie regioni del mondo, complica il controllo delle frontiere in questione. In effetti, molti di questi cittadini tentano – riuscendovi talvolta – di attraversarle illegalmente. Tali ingressi incontrollati sono spesso percepiti, dagli Stati interessati, come una minaccia alla loro sicurezza interna. Ciò premesso, quando questi stessi cittadini sono richiedenti asilo, essi devono, in linea di principio, essere ammessi nel territorio di tali Stati ed essere autorizzati a soggiornarvi per la durata dell’esame della loro domanda.

3.        Dall’estate del 2021, la Lettonia, la Lituania e la Polonia stanno affrontando un «afflusso massiccio» alle frontiere comuni con la Bielorussia – uno dei punti d’ingresso nello spazio Schengen – e il numero di casi di attraversamento illegale di queste frontiere è aumentato drasticamente. Tale «afflusso» si inserisce, inoltre, in un contesto geopolitico particolare. Come constatato dalle istituzioni politiche dell’Unione europea, esso è stato infatti orchestrato dalle autorità bielorusse.

4.        Per far fronte a queste circostanze, detti Stati membri hanno dichiarato lo stato di emergenza, al fine di rafforzare le loro frontiere e garantire così l’ordine pubblico e la sicurezza interna nel loro territorio. In questo contesto, essi hanno attuato disposizioni che derogano al diritto comune, anche in materia di asilo. Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale, formulata dal Lietuvos vyriausiasis administracinis teismas (Corte amministrativa suprema di Lituania), si chiede alla Corte di chiarire se alcune di queste disposizioni, applicate dalla Repubblica di Lituania, siano conformi al diritto dell’Unione.

5.        Le questioni sollevate da detto giudice riguardano, più in particolare, il trattamento che gli Stati membri possono riservare, conformemente alla direttiva 2013/32/UE recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (4) (in prosieguo: la «direttiva “procedure”») e alla direttiva 2013/33/UE recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (5) (in prosieguo: la «direttiva “accoglienza”»), ai cittadini di paesi terzi che cercano di ottenere protezione internazionale dopo essere entrati illegalmente nel loro territorio. Con tali questioni si intende accertare, in sostanza, se dette direttive ostino a una normativa nazionale che, nel contesto di un afflusso massiccio, da un lato, limita notevolmente le possibilità di tali cittadini di accedere alle procedure di riconoscimento della suddetta protezione e, dall’altro, consente di trattenere i richiedenti asilo per il solo fatto che essi hanno attraversato illegalmente la frontiera nazionale.

6.        Nelle presenti conclusioni, spiegherò che siffatte norme non sono effettivamente compatibili con le direttive «procedure» e «accoglienza». Tuttavia, non mi fermerò qui e tratterò la questione se, in circostanze come quelle affrontate dalla Lituania alla sua frontiera, uno Stato membro sia autorizzato, ai sensi del diritto primario dell’Unione, a derogare a dette direttive in nome dell’ordine pubblico e della sicurezza interna. Su tale aspetto, spiegherò che, sebbene alcune deroghe siano, in teoria, possibili, le norme nazionali in questione vanno oltre quanto consentito a tale riguardo.

II.    Contesto normativo

A.      Convenzione di Ginevra

7.        L’articolo 31 della convenzione relativa allo status dei rifugiati (6) (in prosieguo: la «Convenzione di Ginevra»), intitolato «Rifugiati che soggiornano irregolarmente nel paese ospitante», prevede al suo paragrafo 1:

«Gli Stati contraenti non applicheranno sanzioni penali, per ingresso o soggiorno irregolare, a quei rifugiati che, provenienti direttamente dal territorio in cui la loro vita o la loro libertà era minacciata nel senso previsto dall’articolo 1, entrano o si trovano sul loro territorio senza autorizzazione, purché si presentino senza indugio alle autorità ed espongano ragioni ritenute valide per il loro ingresso o la loro presenza irregolari».

B.      Diritto dell’Unione

1.      Direttiva «procedure»

8.        L’articolo 6 della direttiva «procedure», intitolato «Accesso alla procedura», così dispone:

«1.      Quando chiunque presenti una domanda di protezione internazionale a un’autorità competente a norma del diritto nazionale a registrare tali domande, la registrazione è effettuata entro tre giorni lavorativi dopo la presentazione della domanda.

Se la domanda di protezione internazionale è presentata ad altre autorità preposte a ricevere tali domande ma non competenti per la registrazione a norma del diritto nazionale, gli Stati membri provvedono affinché la registrazione sia effettuata entro sei giorni lavorativi dopo la presentazione della domanda.

Gli Stati membri garantiscono che tali altre autorità preposte a ricevere le domande di protezione internazionale quali la polizia, le guardie di frontiera, le autorità competenti per l’immigrazione e il personale dei centri di trattenimento abbiano le pertinenti informazioni e che il loro personale riceva il livello necessario di formazione adeguato ai loro compiti e alle loro responsabilità e le istruzioni per informare i richiedenti dove e in che modo possono essere inoltrate le domande di protezione internazionale.

2.      Gli Stati membri provvedono affinché chiunque abbia presentato una domanda di protezione internazionale abbia un’effettiva possibilità di inoltrarla quanto prima. Qualora il richiedente non presenti la propria domanda, gli Stati membri possono applicare di conseguenza l’articolo 28.

3.      Fatto salvo il paragrafo 2, gli Stati membri possono esigere che le domande di protezione internazionale siano introdotte personalmente e/o in un luogo designato.

4.      In deroga al paragrafo 3, una domanda di protezione internazionale si considera presentata quando un formulario sottoposto dal richiedente o, qualora sia previsto nel diritto nazionale, una relazione ufficiale è pervenuta alle autorità competenti dello Stato membro interessato.

5.      Qualora le domande simultanee di protezione internazionale da parte di un numero elevato di cittadini di paesi terzi o apolidi rendano molto difficile all’atto pratico rispettare il termine di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono stabilire che tale termine sia portato a dieci giorni lavorativi».

9.        L’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva prevede che «[g]li Stati membri provvedono affinché ciascun adulto con capacità di agire abbia il diritto di presentare una domanda di protezione internazionale per proprio conto».

10.      L’articolo 31 della suddetta direttiva, intitolato «Procedura di esame», al paragrafo 8 prevede quanto segue:

«Gli Stati membri possono prevedere [conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II] che una procedura d’esame sia accelerata e/o svolta alla frontiera o in zone di transito a norma dell’articolo 43 se:

(...)

h)      il richiedente è entrato illegalmente nel territorio dello Stato membro o vi ha prolungato illegalmente il soggiorno e, senza un valido motivo, non si è presentato alle autorità o non ha presentato la domanda di protezione internazionale quanto prima possibile rispetto alle circostanze del suo ingresso; o

(...)».

11.      L’articolo 43 della stessa direttiva, intitolato «Procedure di frontiera», così dispone:

«1.      Gli Stati membri possono prevedere procedure, conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II, per decidere alla frontiera o nelle zone di transito dello Stato membro:

a)      sull’ammissibilità di una domanda, ai sensi dell’articolo 33, ivi presentata; e/o

b)      sul merito di una domanda nell’ambito di una procedura a norma dell’articolo 31, paragrafo 8.

2.      Gli Stati membri provvedono affinché la decisione nell’ambito delle procedure di cui al paragrafo 1 sia presa entro un termine ragionevole. Se la decisione non è stata presa entro un termine di quattro settimane, il richiedente è ammesso nel territorio dello Stato membro, affinché la sua domanda sia esaminata conformemente alle altre disposizioni della presente direttiva.

3.      Nel caso in cui gli arrivi in cui è coinvolto un gran numero di cittadini di paesi terzi o di apolidi che presentano domande di protezione internazionale alla frontiera o in una zona di transito, rendano all’atto pratico impossibile applicare ivi le disposizioni di cui al paragrafo 1, dette procedure si possono applicare anche nei luoghi e per il periodo in cui i cittadini di paesi terzi o gli apolidi in questione sono normalmente accolti nelle immediate vicinanze della frontiera o della zona di transito».

2.      Direttiva «accoglienza»

12.      L’articolo 8 della direttiva «accoglienza», intitolato «Trattenimento», ai paragrafi 2 e 3 prevede quanto segue:

«2.      Ove necessario e sulla base di una valutazione caso per caso, gli Stati membri possono trattenere il richiedente, salvo se non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive.

3.      Un richiedente può essere trattenuto soltanto:

(...)

c)      per decidere, nel contesto di un procedimento, sul diritto del richiedente di entrare nel territorio;

(...)

e)      quando lo impongono motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico;

(...)».

C.      Diritto lituano

1.      Legge sugli stranieri

13.      Il Lietuvos Respublikos įstatymas «Dėl užsieniečių teisinės padėties» (legge della Repubblica di Lituania sullo status giuridico degli stranieri) (TAR, 2021, n. 2021-27706), nella versione risultante dalla legge n. XIV-816 del 23 dicembre 2021 (in prosieguo: la «legge sugli stranieri») dispone, al suo articolo 2, paragrafo 20, che è considerato richiedente asilo lo straniero che abbia presentato una domanda di asilo secondo le modalità previste dalla medesima legge e nei confronti del quale non sia ancora intervenuta una decisione definitiva.

14.      Il capo X2 della legge sugli stranieri regola l’applicazione di tale legge in caso di dichiarazione dello stato di guerra o dello stato di emergenza nonché in caso di proclamazione di una situazione di emergenza dovuta a un afflusso massiccio di stranieri.

15.      All’interno di questo capo, l’articolo 14012 di detta legge prevede, al paragrafo 1, che «uno straniero può presentare domanda di asilo 1) ai valichi di frontiera o nelle zone di transito: presso il [Valstybės sienos apsaugos tarnyba prie Lietuvos Respublikos vidaus reikalų ministerijos (Servizio nazionale per la protezione delle frontiere presso il Ministero dell’Interno della Repubblica di Lituania) (in prosieguo: il «VSAT»)]; 2) nel territorio della Repubblica di Lituania in caso di ingresso legale in tale territorio: presso il [dipartimento per la migrazione]; 3) in uno Stato estero: presso le missioni diplomatiche o consolari della Repubblica di Lituania designate dal Ministro degli Affari esteri». Il paragrafo 2 di detto articolo stabilisce che «la domanda di asilo presentata da uno straniero in modo non conforme alle modalità di cui al paragrafo 1 del presente articolo non sarà accettata, e dovranno essere forniti [al richiedente] chiarimenti sulla procedura di presentazione della domanda di asilo». Questa disposizione prevede anche che il VSAT, in considerazione della vulnerabilità dello straniero o di altre circostanze specifiche, può accettare una domanda di asilo presentata da uno straniero che ha attraversato illegalmente la frontiera della Repubblica di Lituania (7).

16.      L’articolo 14017 della legge sugli stranieri, che disciplina i motivi di trattenimento di un richiedente asilo in caso di dichiarazione dello stato di guerra o dello stato di emergenza e in caso di proclamazione di una situazione di emergenza dovuta a un afflusso massiccio di stranieri, prevede, nella parte iniziale e al punto 2, che un richiedente asilo può essere trattenuto qualora sia entrato nel territorio della Repubblica di Lituania attraversando illegalmente la frontiera di tale Stato membro.

2.      Descrizione della procedura

17.      La descrizione della procedura di riconoscimento e revoca dell’asilo nella Repubblica di Lituania, approvata con decreto del Ministro dell’Interno della Repubblica di Lituania n. 1V-131 del 24 febbraio 2016 (nella versione risultante dal decreto del Ministro dell’Interno della Repubblica di Lituania n. 1V-626 del 27 luglio 2021), (in prosieguo: la «descrizione della procedura»), prevede, al punto 22, che «una domanda di asilo si considera presentata quando lo straniero l’ha depositata presso un’autorità o un’istituzione indicata nell’articolo 67, paragrafo 1, della legge sugli stranieri (...), conformemente ai requisiti di cui al paragrafo 2 del medesimo articolo. In caso di attraversamento illegale della frontiera della Repubblica di Lituania, la domanda di asilo deve essere presentata immediatamente. Dal momento della presentazione della domanda di asilo, la persona che l’ha presentata gode dei diritti e delle garanzie previsti per i richiedenti asilo».

18.      Il punto 23 della descrizione della procedura prevede che, se la domanda di asilo è stata presentata a un’autorità non indicata nell’articolo 67, paragrafo 1, della legge sugli stranieri o senza soddisfare i requisiti stabiliti dal paragrafo 2 del medesimo articolo o dal punto 22 della descrizione della procedura, essa deve essere restituita allo straniero entro due giorni lavorativi dal momento in cui è stato accertato che la domanda ricevuta dall’autorità è una domanda di asilo, informandolo in merito alla procedura di presentazione delle domande d’asilo.

III. Procedimento principale e questioni pregiudiziali

19.      Dalla decisione di rinvio e dagli elementi del fascicolo risulta che, il 2 luglio 2021, nella Repubblica di Lituania è stata proclamata una «situazione di emergenza a livello nazionale su tutto il territorio a causa di un afflusso massiccio di stranieri». Tale proclamazione è stata seguita, il 10 novembre 2021, da una dichiarazione di «stato di emergenza» su una parte del territorio lituano (8). Lo scopo di detta proclamazione e di tale dichiarazione era quello di rispondere a un massiccio e improvviso afflusso di migranti alla frontiera tra Lituania e Bielorussia.

20.      Successivamente, MA, cittadino di un paese terzo, entrava illegalmente in Lituania dalla Bielorussia. Il 17 novembre 2021, nell’ambito di un controllo, veniva arrestato in territorio polacco, insieme ad altri 21 cittadini di paesi terzi, dopo aver lasciato il territorio lituano in minibus. L’interessato non era in grado di presentare alle guardie di frontiera polacche i documenti di viaggio, i visti o i permessi necessari per soggiornare in Lituania o, più in generale, nell’Unione europea. Di conseguenza, è stato trattenuto.

21.      Il 19 novembre 2021, MA veniva consegnato agli agenti del VSAT. Tale servizio, da un lato, ha trattenuto l’interessato per un periodo massimo di 48 ore e, dall’altro, ha presentato all’Alytaus apylinkės teismas (Tribunale distrettuale di Alytus, Lituania), sezione di Alytus (in prosieguo: il «giudice di primo grado»), un’istanza di trattenimento oltre le 48 ore, fino alla pronuncia sullo status giuridico di MA, ma, in ogni caso, per non più di 6 mesi.

22.      A sostegno di tale istanza, il VSAT indicava, tra l’altro, di non disporre di alcuna informazione relativa ai vari attraversamenti di frontiera di MA. Il servizio ha inoltre sottolineato che l’interessato era entrato ed era rimasto illegalmente in Lituania, dove non disponeva di un luogo di residenza né di legami familiari, sociali, economici o di altro tipo con questo Stato, né disponeva di mezzi di sostentamento. Pertanto, secondo il VSAT, era ragionevole ritenere che, se non fosse stato trattenuto, MA sarebbe potuto fuggire per evitare l’eventuale espulsione.

23.      All’udienza dinanzi al giudice di primo grado, MA ha dichiarato di voler avvalersi della protezione internazionale. Pertanto, conformemente all’articolo 2, paragrafi 184 e 20, della legge sugli stranieri, e alla luce della sentenza Ministerio Fiscal (Autorità preposta a ricevere una domanda di protezione internazionale) (9), detto giudice ha considerato l’interessato come un richiedente asilo. In tali circostanze, esso ha ritenuto che fosse necessario trattenerlo per il motivo previsto dall’articolo 113, paragrafo 4, punto 2, della legge sugli stranieri (10). Infatti, tenuto conto in particolare del fatto che MA era entrato illegalmente in Lituania e che, secondo le sue stesse dichiarazioni, la sua destinazione era la Germania, era ragionevole credere che, se non fosse stato trattenuto, sarebbe fuggito per evitare di essere rinviato in un paese terzo o espulso dalla Lituania.

24.      Così, con decisione del 20 novembre 2021, il giudice di primo grado ha ordinato il trattenimento di MA in un centro del VSAT, in attesa di una decisione sul suo status giuridico in Lituania, ma in ogni caso per un massimo di tre mesi, ossia fino al 18 febbraio 2022 al più tardi.

25.      In seguito, MA ha interposto appello avverso tale decisione dinanzi al Lietuvos vyriausiasis administracinis teismas (Corte amministrativa suprema di Lituania). A suo avviso, il giudice di primo grado gli ha erroneamente imposto la misura più coercitiva, che eccede quanto necessario. MA ha chiesto che gli venisse invece applicata una misura alternativa al trattenimento, ossia l’obbligo di presentarsi regolarmente presso il VSAT.

26.      Nella sua difesa, il VSAT ha sottolineato che, dopo essere arrivato in Lituania dalla Bielorussia, MA non si era rivolto alle autorità nazionali e aveva continuato il suo viaggio attraversando illegalmente la frontiera polacca. A questo proposito, il ricorrente avrebbe dichiarato di aver pagato un’altra persona che lo avrebbe trasportato in Germania attraversando la Polonia. Durante la sua audizione da parte di tale servizio, MA avrebbe evitato, sin dall’inizio, di rispondere direttamente alle domande che gli venivano poste, dando solo risposte vaghe. Tale condotta non costituirebbe una cooperazione adeguata. Infatti, il VSAT ha sostenuto che, in caso di adozione della misura alternativa al trattenimento chiesta dall’interessato, sia altamente probabile che egli fugga prima che sia adottata una decisione sul suo status giuridico.

27.      In una prima udienza dinanzi al giudice del rinvio, MA ha reiterato la propria domanda di protezione internazionale e ha dichiarato di aver già presentato tale domanda per iscritto a un funzionario VSAT non identificato il 20 novembre 2021, ma di non avere informazioni sull’esito di detta domanda. In risposta, il rappresentante di tale servizio ha dichiarato che non constavano dati relativi alla registrazione di una domanda d’asilo riguardante MA, poiché nessuna domanda di questo tipo era stata presentata in conformità con la normativa lituana. Lo stesso rappresentante ha tuttavia chiesto a tale giudice di ingiungere all’autorità competente, vale a dire il dipartimento per la migrazione, di ammettere la domanda di MA per l’esame.

28.      Il 24 gennaio 2022, MA ha presentato una domanda scritta di protezione internazionale al VSAT, che veniva trasmessa al dipartimento per la migrazione. Il 27 dello stesso mese, quest’ultima autorità ha respinto detta domanda con la motivazione che essa non era stata presentata conformemente all’articolo 14012, paragrafo 1, della legge sugli stranieri e ai punti 22 e 23 della descrizione della procedura e che, inoltre, non era stata presentata tempestivamente.

29.      Il 1° febbraio 2022, in una nuova udienza dinanzi al giudice del rinvio, il rappresentante del VSAT e la rappresentante di MA hanno chiesto a detto giudice di ordinare al dipartimento per la migrazione di esaminare la domanda di protezione internazionale dell’interessato.

30.      In tali circostanze, il Lietuvos vyriausiasis administracinis teismas (Corte amministrativa suprema di Lituania) ha deciso innanzitutto di modificare temporaneamente la situazione di MA e di adottare nei suoi confronti una misura «diversa dal trattenimento», vale a dire «l’alloggio in un centro del VSAT o in un altro luogo idoneo, con limitazione della sua libertà di movimento al territorio del luogo di alloggio», valida fino al 18 febbraio 2022. Rilevando che MA è «evidentemente un richiedente protezione internazionale», tale giudice ha poi ordinato al dipartimento per la migrazione di non rinviarlo in un paese terzo né di espellerlo dalla Lituania fino all’adozione di una decisione definitiva nel procedimento principale. Infine, il suddetto giudice ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 7, paragrafo 1, della [direttiva “procedure”], in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 1, della [direttiva 2011/95/UE recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (11)], debba essere interpretato nel senso che esso osta a norme di diritto nazionale, come quelle applicabili nel caso di specie, che, in caso di dichiarazione dello stato di guerra, dello stato di emergenza o anche di una dichiarazione di emergenza dovuta a un afflusso massiccio di stranieri, non consentono in linea di principio allo straniero entrato e rimasto illegalmente nel territorio di uno Stato membro di presentare una domanda di protezione internazionale.

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione: se l’articolo 8, paragrafi 2 e 3, della [direttiva “accoglienza”], debba essere interpretato nel senso che esso osta a norme di diritto nazionale ai sensi delle quali, in caso di dichiarazione dello stato di guerra, dello stato di emergenza o anche di una dichiarazione di emergenza dovuta a un afflusso massiccio di stranieri, un richiedente asilo può essere trattenuto per il solo fatto di essere entrato nel territorio della Repubblica di Lituania attraversandone illegalmente la frontiera di Stato».

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte

31.      La domanda di pronuncia pregiudiziale, datata 2 febbraio 2022, è stata depositata presso la cancelleria della Corte il giorno 4 dello stesso mese.

32.      Il giudice del rinvio ha inoltre chiesto di trattare il presente rinvio con il procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto all’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte.

33.      A sostegno di tale domanda, detto giudice ha sottolineato che MA era stato posto in stato di trattenimento dal 17 novembre 2021 al 2 febbraio 2022 e che era sottoposto, da quest’ultima data e fino al 18 febbraio 2022, a una misura di «alloggio in un centro del VSAT o in un altro luogo idoneo, con limitazione della sua libertà di movimento al territorio del luogo di alloggio» (12).

34.      Il 21 febbraio 2022, la Prima Sezione della Corte ha disposto la trasmissione di una richiesta di chiarimenti al giudice del rinvio sulla situazione di MA dopo il 18 febbraio 2022. Nella sua risposta, tale giudice ha chiarito che, dall’11 febbraio 2022, l’interessato era sottoposto a una nuova misura di alloggio in un centro del VSAT, da cui non aveva diritto di uscire senza autorizzazione, fino all’adozione di una decisione sul suo status giuridico in Lituania, ma in ogni caso per un periodo non superiore a tre mesi, vale a dire fino all’11 maggio 2022 al massimo.

35.      Alla luce di tale risposta, il 3 marzo 2022 la Prima Sezione della Corte ha deciso di accogliere la domanda del giudice del rinvio di trattare il presente rinvio pregiudiziale con procedimento pregiudiziale d’urgenza.

36.      MA, il governo lituano e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte alla Corte. Detto governo e la Commissione sono inoltre stati rappresentati all’udienza tenutasi il 7 aprile 2022.

V.      Analisi

37.      Nel procedimento principale, il giudice del rinvio è chiamato a pronunciarsi sulla legalità e sulla fondatezza di una misura di trattenimento. Tale misura era stata imposta a MA, un cittadino di un paese terzo entrato illegalmente in Lituania (13) dalla Bielorussia.

38.      Per decidere sulla misura in questione, detto giudice deve in primo luogo stabilire se il cittadino interessato rientri nell’ambito di applicazione delle norme applicabili ai richiedenti protezione internazionale, comprese le garanzie di cui questi ultimi devono beneficiare in relazione al trattenimento, come armonizzate nelle direttive «procedure» e «accoglienza».

39.      In questo contesto, esso si chiede se sia compatibile con il diritto dell’Unione una disposizione del diritto lituano, ossia l’articolo 14012 della legge sugli stranieri. Come ho indicato nell’introduzione, detta disposizione ha la particolarità di applicarsi solo in caso di dichiarazione di «stato di guerra» o di «stato di emergenza» o in caso di proclamazione di una «situazione di emergenza a livello nazionale su tutto il territorio a causa di un afflusso massiccio di stranieri», situazioni durante le quali, in varia misura, il diritto comune è temporaneamente sospeso o limitato per permettere allo Stato lituano di salvaguardare l’ordine pubblico e la sicurezza interna di fronte alle «circostanze eccezionali» in questione. Nella fattispecie, all’epoca dei fatti, sia il regime dello «stato di emergenza» che quello della «situazione di emergenza» erano stati attuati in Lituania per far fronte all’«afflusso massiccio» di migranti alla frontiera che questo Stato condivide con la Bielorussia.

40.      In queste circostanze, l’articolo 14012 della legge sugli stranieri ha sostituito le norme ordinarie sulle modalità di accesso dei cittadini di paesi terzi alle procedure di riconoscimento della protezione internazionale in Lituania, rendendo in tal modo più severe tali modalità. Infatti, diversamente da quanto consentito dal diritto lituano in tempi «normali», detto articolo prevede, in sostanza, che un cittadino di un paese terzo non può, in linea di principio, presentare validamente una domanda di protezione internazionale sul territorio lituano dopo esservi entrato irregolarmente – mentre, nel caso di specie, MA ha ripetutamente manifestato la sua volontà di ottenere tale protezione.

41.      Orbene, il giudice del rinvio dubita che ciò sia conforme al diritto dell’Unione. Pertanto, con la sua prima questione, esso invita la Corte a precisare se le norme della direttiva «procedure» (14) ostino a una disposizione nazionale che comporti siffatte conseguenze.

42.      Supponendo che questo sia il caso e che un cittadino di un paese terzo come MA rientri nell’ambito di applicazione delle norme applicabili ai richiedenti asilo, data la sua volontà espressa di ottenere una protezione internazionale, il giudice del rinvio deve, in un secondo momento, esaminare la misura di trattenimento imposta a tale persona alla luce delle garanzie previste in materia dalle direttive «procedure» e «accoglienza».

43.      In tale contesto, detto giudice s’interroga sulla compatibilità con tali direttive di una seconda disposizione della legge sugli stranieri, vale a dire l’articolo 14017, punto 2. Anche questa disposizione si applica in Lituania in conseguenza della dichiarazione dello «stato di emergenza» e della proclamazione di una «situazione di emergenza» sopra menzionate. In tali circostanze, la suddetta disposizione si è aggiunta alle norme ordinarie sul trattenimento dei richiedenti protezione internazionale (15) e ha anch’essa inasprito il trattamento che può essere riservato a coloro che entrano illegalmente nel territorio lituano.

44.      Infatti, mentre in tempi «normali» un cittadino di un paese terzo che ha chiesto asilo in Lituania non può essere trattenuto per il solo fatto di aver attraversato illegalmente la frontiera di detto Stato, l’articolo 14017, punto 2, della legge sugli stranieri lo consente in tempi «eccezionali».

45.      Orbene, il giudice dubita, ancora una volta, che ciò sia compatibile con il diritto dell’Unione. Pertanto, con la sua seconda questione, detto giudice chiede alla Corte di chiarire se le norme della direttiva «accoglienza» ostino a una siffatta disposizione nazionale.

46.      Per ottenere la maggior chiarezza di esposizione possibile, dividerò la mia analisi in due parti. Da un lato, spiegherò perché disposizioni come l’articolo 14012 e l’articolo 14017, punto 2, della legge sugli stranieri non sono compatibili con le direttive «procedure» e «accoglienza», a prescindere dal fatto che dette disposizioni si applichino esclusivamente in «circostanze eccezionali» al fine di farvi fronte (sezioni B e C). Dall’altro lato, esaminerò la questione se, ed eventualmente in che misura, uno Stato membro sia autorizzato, ai sensi del diritto primario dell’Unione, a derogare a tali direttive al fine di salvaguardare l’ordine pubblico e la sicurezza interna quando affronta siffatte circostanze (sezione D). Preliminarmente, mi soffermerò sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali (sezione A).

A.      Sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali

47.      Pur non avendo formalmente sollevato un’eccezione di irricevibilità, il governo lituano ha presentato due argomenti in tal senso.

48.      In primo luogo, detto governo ha suggerito che la seconda questione fosse, fin dall’inizio, irrilevante per la risoluzione della controversia di cui al procedimento principale, poiché il trattenimento di MA è stato disposto dal giudice di primo grado sulla base non dell’articolo 14017, punto 2, della legge sugli stranieri, ma dell’articolo 113, paragrafo 4, punto 2, della stessa legge, in considerazione del rischio di fuga (16).

49.      A mio parere, la seconda questione è invece assolutamente rilevante per la risoluzione della controversia di cui al procedimento principale. Infatti, il giudice del rinvio ha spiegato di essere stato chiamato a decidere sia sulla legalità che sulla fondatezza della decisione originaria di trattenere MA. Si tratta pertanto di verificare non solo se tale decisione avesse una base giuridica, ma anche la sua opportunità. In tale contesto, il fatto che il giudice di primo grado si sia basato sul rischio di fuga dell’interessato non sembra impedire al giudice del rinvio di prendere in considerazione altri motivi giuridici in grado di giustificare tale decisione. Quest’ultimo giudice ha peraltro sottolineato che una risposta a tale questione gli consentirà di «statuire in modo inequivocabile e chiaro (…) sul motivo preciso del trattenimento [di MA] o sull’adozione di una misura diversa dal trattenimento».

50.      In secondo luogo, il governo lituano ha suggerito che, in ogni caso, non sarebbe più necessario rispondere alle questioni pregiudiziali. Infatti, per quanto riguarda la prima questione, tale governo ha dichiarato in udienza che, il 18 marzo 2022, il dipartimento per la migrazione avrebbe registrato la domanda di protezione internazionale di MA, di cui starebbe attualmente esaminando la fondatezza. Per quanto riguarda la seconda questione, il suddetto governo ha precisato che MA non è più detenuto al momento, poiché il trattenimento ordinato dal giudice di primo grado il 20 novembre 2021 è stato sostituito il 2 febbraio 2022 da una misura «diversa dal trattenimento», che è stata rinnovata fino all’11 maggio 2022 (17).

51.      A mio parere, si dovrebbe comunque rispondere alle questioni sollevate.

52.      A tal riguardo, per come ho inteso la decisione di rinvio, al fine di statuire sulla misura di trattenimento inizialmente inflitta a MA, il giudice nazionale dovrà, in particolare, collocarsi alla data in cui tale misura è stata disposta. Di conseguenza, da un lato, anche supponendo che la domanda di protezione internazionale dell’interessato sia stata definitivamente registrata il 18 marzo 2022 – informazione che, peraltro, il giudice del rinvio non ha confermato – la controversia di cui al procedimento principale manterrebbe il suo oggetto e la prima questione sarebbe ancora rilevante per la sua risoluzione. Infatti, resterebbe da stabilire se MA avrebbe dovuto essere considerato soggetto alle norme applicabili ai richiedenti asilo, comprese quelle in materia di trattenimento, a partire dal 20 novembre 2021, data in cui la misura controversa è stata disposta e nella quale, peraltro, l’interessato ha manifestato, per la prima volta, la sua volontà di avvalersi di una protezione internazionale (18).

53.      Per lo stesso motivo, dall’altro lato, il fatto che la misura di trattenimento inizialmente imposta a MA sia stata successivamente sostituita da una misura «diversa dal trattenimento» non inficia la rilevanza della seconda questione. Inoltre, il fatto che la prima misura sia stata successivamente abrogata non ha eliminato gli effetti che essa aveva ormai prodotto. MA è stato privato della sua libertà almeno dal 20 novembre 2021 al 2 febbraio 2022. Egli mantiene quindi l’interesse all’accertamento in giudizio dell’eventuale illegittimità di tale misura. Tale accertamento potrebbe servirgli come base per una futura richiesta di risarcimento (19).

B.      Sull’accesso a una procedura di riconoscimento della protezione internazionale conformemente alla direttiva «procedure» (prima parte della prima questione)

54.      Come ho indicato, l’articolo 14012 della legge sugli stranieri prevede per la presentazione delle domande di protezione internazionale in Lituania modalità «eccezionali», introdotte in risposta all’«afflusso massiccio» menzionato in precedenza. Mi sembra opportuno, in questa fase della mia analisi, esporne dettagliatamente il funzionamento e le implicazioni.

55.      Secondo detta disposizione, un cittadino di un paese terzo può presentare tale domanda solo 1) ai valichi di frontiera o nelle zone di transito, presso il VSAT, o 2) nel territorio della Repubblica di Lituania in caso di ingresso legale, presso il dipartimento per la migrazione, o 3) all’estero, presso le missioni diplomatiche o consolari del suddetto Stato.

56.      Tale richiesta è considerata, in base al diritto lituano, validamente presentata soltanto se è stata presentata in modo conforme alle modalità previste da tale disposizione (20). In questo caso, il cittadino interessato è considerato come un richiedente asilo – conformemente alla definizione di tale nozione di cui all’articolo 2, paragrafo 20, della legge sugli stranieri (21) – e gode dei diritti e delle garanzie connessi a tale status (22).

57.      Al contrario, se un cittadino di un paese terzo non rispetta le modalità in questione, la sua domanda non è, ai sensi dell’articolo 14012, paragrafo 2, della legge sugli stranieri, e salvo eccezioni (23), accettata ai fini dell’esame e viene restituita all’interessato (24).

58.      Da quanto precede risulta che, in pratica, i cittadini di paesi terzi che non soddisfano le condizioni d’ingresso nello spazio Schengen possono validamente chiedere asilo in Lituania solo dall’estero o presso la frontiera di tale Stato. Tali cittadini non possono, con alcune eccezioni, farlo all’interno del territorio della Lituania dopo esservi entrati illegalmente. In linea di principio, quando cercano di farlo, la loro domanda non viene presa in considerazione dalle autorità nazionali, e quindi non vengono considerati come richiedenti asilo.

59.      Nel caso di specie, sembra che MA abbia tentato quattro volte di chiedere la protezione internazionale sul territorio lituano dopo esservi entrato illegalmente (25). Almeno una delle sue domande scritte è stata trasmessa all’autorità lituana competente, vale a dire il dipartimento per la migrazione, che ha rifiutato di esaminare tale domanda perché la stessa non era stata presentata nel rispetto delle modalità di cui all’articolo 14012, paragrafo 1, della legge sugli stranieri (26). Secondo il giudice del rinvio, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 20, di detta legge, MA non dovrebbe quindi essere trattato come un richiedente asilo (27).

60.      Orbene, come MA e la Commissione, ritengo che tali modalità di accesso alla procedura di riconoscimento di una protezione internazionale, e le relative implicazioni, non siano compatibili con le norme della direttiva «procedure».

61.      A questo proposito, occorre ricordare, in primo luogo, che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, il cittadino di un paese terzo o apolide (28) ha, conformemente all’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 1, della stessa, il diritto di chiedere la protezione internazionale nel territorio di uno Stato membro. Si tratta di un’attuazione pratica del diritto di asilo garantito dall’articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») (29).

62.      Sempre secondo questa giurisprudenza, tale cittadino può, in forza delle summenzionate disposizioni, esercitare il suo diritto di chiedere asilo non solo alle frontiere o nelle zone di transito di uno Stato membro, ma anche all’interno del territorio di tale Stato, anche qualora egli si trovi in una situazione di soggiorno irregolare in detto territorio (30). Lo stesso vale, per analogia, nel caso in cui tale cittadino sia entrato illegalmente in tale territorio.

63.      Una lettura di altre disposizioni della direttiva «procedure» conferma questa interpretazione. In primo luogo, il fatto che un cittadino di un paese terzo sia entrato o abbia prolungato il suo soggiorno illegalmente nel territorio dello Stato membro ospitante non rientra tra i motivi di inammissibilità delle domande di asilo, enumerati esaustivamente all’articolo 33, paragrafo 2, di tale direttiva. D’altra parte, l’articolo 31, paragrafo 8, lettera h), della direttiva autorizza, come spiegherò più avanti (31), le autorità nazionali, in alcuni casi (32), a esaminare una domanda presentata in tali circostanze in modo accelerato e secondo una procedura specifica – il che implica necessariamente che essi devono, a monte, accettarla per l’esame.

64.      In secondo luogo, ricordo che per permettere ai cittadini di paesi terzi di esercitare il loro diritto di chiedere asilo, gli Stati membri sono tenuti a offrire loro un accesso effettivo, facile e rapido a una procedura di riconoscimento di tale protezione sul loro territorio.

65.      A questo proposito, l’articolo 6 della direttiva «procedure» distingue, ai suoi paragrafi da 1 a 4, da un lato, la «presentazione» di una domanda di asilo da parte di un cittadino di un paese terzo e, dall’altro, l’«inoltro» di tale domanda. Il legislatore dell’Unione ha inteso in tal modo distinguere nettamente due fasi, vale a dire, in primo luogo, la manifestazione informale da parte di tale cittadino della sua volontà di usufruire della protezione internazionale e, in secondo luogo, il deposito formale di una domanda a tal fine.

66.      Per quanto riguarda la prima fase, dal paragrafo 1 di detto articolo risulta che un cittadino di un paese terzo «presenta» una domanda di protezione internazionale quando manifesta, in qualsiasi modo, tale intenzione di beneficiare di siffatta protezione all’«autorità competente a norma del diritto nazionale a registrare tali domande» o a qualsiasi «altra autorità» con cui può entrare in contatto nel corso del suo viaggio, come «la polizia, le guardie di frontiera, le autorità competenti per l’immigrazione e il personale dei centri di trattenimento» (33).

67.      Sottolineo a tal proposito che, conformemente alle spiegazioni fornite al paragrafo 62 delle presenti conclusioni, un cittadino di un paese terzo entrato o che soggiorna illegalmente nel territorio di uno Stato membro, come MA, può senz’altro «presentare» una domanda di protezione internazionale mentre si trova in stato di trattenimento, se del caso nell’ambito di una procedura di espulsione ai sensi della cosiddetta direttiva «rimpatrio» (34). Come ho indicato al paragrafo precedente, tale disposizione include proprio il «personale dei centri di trattenimento» tra le «altre autorità» dinanzi alle quali tale cittadino può validamente manifestare la propria volontà di beneficiare di tale protezione. Inoltre, la Corte ha già constatato che un cittadino di un paese terzo può «presentare» una domanda d’asilo dinanzi al giudice chiamato a pronunciarsi sulla legittimità del suo trattenimento, il quale deve essere considerato anch’esso come una siffatta «altra autorità» (35).

68.      Qualora un cittadino di un paese terzo abbia così manifestato, al pari di MA, la propria volontà di beneficiare di una protezione internazionale presso «autorità» come il VSAT e il giudice di primo grado, queste ultime non possono scegliere di ignorare tale circostanza adducendo che le modalità previste dal diritto nazionale per l’inoltro – vale a dire, lo ricordo, il deposito formale – di una domanda di asilo non sono state rispettate. Al contrario, esse devono trarne determinate conseguenze.

69.      In primo luogo, a partire dal momento in cui tale cittadino ha «presentato» la propria domanda, egli deve essere considerato dalle autorità nazionali come «richiedente» ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della direttiva «procedure» e dell’articolo 2, lettera b), della direttiva «accoglienza» (36), e godere dei diritti e delle garanzie annessi a tale status, come previsti da dette direttive (37). In particolare, fino alla decisione sulla domanda in prima istanza, detto cittadino, anche se è entrato o ha prorogato illegalmente il soggiorno nel territorio dello Stato membro ospitante, non deve essere, o non deve più essere, considerato in situazione irregolare in tale territorio e, pertanto, soggetto alle norme applicabili ai migranti illegali, compresa la direttiva «rimpatrio». Infatti, l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva «procedure» gli conferisce il diritto di rimanere in detto Stato durante tale periodo (38). Inoltre, il suo trattenimento – o, se del caso, la prosecuzione del suo trattenimento – deve essere conforme alle norme stabilite in materia nelle direttive «procedure» e «accoglienza».

70.      Ne consegue che, contrariamente a quanto sembra prevedere, nel caso di specie, l’articolo 2, paragrafo 20, della legge sugli stranieri, le autorità nazionali non possono adottare un approccio formalistico nei riguardi di detto status e limitare il beneficio dei diritti e delle garanzie ad esso associati alle persone che abbiano depositato una domanda secondo le modalità previste nel diritto nazionale: diversamente, questi stessi diritti e garanzie sarebbero privati di una parte sostanziale del loro effetto utile.

71.      In secondo luogo, al fine di assicurare che il cittadino di un paese terzo interessato benefici effettivamente delle garanzie e dei diritti previsti dalle direttive «procedure» e «accoglienza», le autorità nazionali sono tenute a registrare, entro il breve termine fissato dall’articolo 6, paragrafo 1 (39), della prima direttiva, il cittadino di un paese terzo interessato come «richiedente» nelle banche dati pertinenti (40).

72.      Infine, tale cittadino deve avere, conformemente all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «procedure», l’effettiva possibilità di «inoltrare» la sua domanda – vale a dire, come ho indicato al paragrafo 65 delle presenti conclusioni, di depositarla formalmente – quanto prima.

73.      Per quanto riguarda questa seconda fase, che segna la fine della fase di accesso alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale e l’apertura della fase di esame propriamente detta della domanda (41), dall’articolo 6, paragrafo 4, della suddetta direttiva risulta che essa richiede, in linea di principio, che il cittadino di un paese terzo interessato compili un formulario previsto a tal fine. Inoltre, conformemente al paragrafo 3 di detto articolo, gli Stati membri possono esigere che tale formulario sia introdotto personalmente e/o in un luogo designato.

74.      Come sostiene il governo lituano, la Repubblica di Lituania poteva quindi, in linea di principio, prevedere nel proprio diritto nazionale una disposizione come l’articolo 14012, paragrafo 1, della legge sugli stranieri, che impone ai cittadini di paesi terzi di introdurre la loro domanda di asilo in luoghi specifici e presso autorità designate.

75.      Tuttavia, gli Stati membri non possono esercitare la facoltà di cui dispongono ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «procedure» in modo da impedire in pratica a questi cittadini, o anche solo ad alcuni di essi, di inoltrare la loro domanda «quanto prima» – o, a maggior ragione, in modo da impedirglielo del tutto. In caso contrario, l’obiettivo di detta direttiva di garantire un accesso effettivo, facile e rapido alla procedura di riconoscimento di tale protezione sarebbe rimesso in discussione, e l’effetto utile del diritto di chiedere asilo, che l’articolo 7, paragrafo 1, di detta direttiva conferisce a tutti i cittadini di un paese terzo, sarebbe seriamente compromesso (42).

76.      Orbene, come sostenuto da MA e dalla Commissione, l’articolo 14012, paragrafo 1, della legge sugli stranieri sembra problematico a tal riguardo. Infatti, secondo l’interpretazione data dal giudice del rinvio, un cittadino come MA, che è entrato illegalmente nel territorio della Lituania ed è ivi trattenuto, non ha alcuna possibilità concreta di introdurre la sua domanda conformemente alle modalità previste da tale disposizione: da un lato, non è autorizzato, in linea di principio, a farlo nel territorio lituano; dall’altro, non può nemmeno recarsi a tal fine alla frontiera di tale Stato, in una zona di transito o in un’ambasciata o consolato di tale Stato all’estero.

77.      Su questo punto, oltre a quanto ho già indicato al paragrafo 75 delle presenti conclusioni, sottolineo che il trattenimento di un richiedente protezione internazionale, ammesso che sia conforme alle regole previste nelle direttive «procedure» e «accoglienza», non può, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della prima direttiva, impedire all’interessato di inoltrare la propria domanda e quindi di esercitare il suo diritto di chiedere asilo (43). Al contrario, tale direttiva prevede varie garanzie intese a facilitare l’accesso alla procedura di riconoscimento di tale protezione nei centri di trattenimento (44).  Come ha sostenuto la Commissione in udienza, le modalità che gli Stati membri scelgono di attuare per l’introduzione delle domande, ai sensi del paragrafo 3 dello stesso articolo, devono dunque consentire a un richiedente in tale situazione di procedere in tal senso.

78.      Contrariamente a quanto sostiene il governo lituano, il potere discrezionale conferito al VSAT dall’articolo 14012, paragrafo 2, della legge sugli stranieri di accettare, in via eccezionale, la domanda di protezione internazionale di un cittadino di un paese terzo entrato illegalmente in Lituania, tenuto conto della sua vulnerabilità o di altre circostanze specifiche, anche quando è trattenuto in uno dei suoi centri, non è sufficiente a questo proposito. Infatti, conformemente all’articolo 6, paragrafo 2, e all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva «procedure», tutti i cittadini di paesi terzi in una situazione del genere – e non solo alcuni di essi – devono poter chiedere una siffatta protezione e, a tal fine, inoltrare la loro domanda quanto prima (45).

79.      Infine, preciso che la direttiva «procedure» non autorizza uno Stato membro a derogare agli obblighi che ho appena esposto quando affronta, come la Repubblica di Lituania, un «afflusso massiccio» di cittadini di paesi terzi alle sue frontiere.

80.      Infatti, sebbene detta direttiva consenta alle autorità nazionali, in tali circostanze, segnatamente, di prorogare i termini per la registrazione (46) e l’esame delle domande di asilo (47), essa non autorizza tali autorità a privare, in termini di diritto o di fatto, alcuni cittadini di paesi terzi dell’accesso effettivo a una procedura di riconoscimento di tale protezione.

81.      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere alla prima parte della prima questione dichiarando che una disposizione nazionale che, salvo eccezioni, non consente ai cittadini di paesi terzi di accedere a una procedura di riconoscimento della protezione internazionale nel territorio dello Stato membro in questione in caso di ingresso illegale non è compatibile con l’articolo 6, paragrafi 1 e 2, e con l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva «procedure».

C.      Sui motivi di trattenimento dei richiedenti asilo, quali previsti nella direttiva «accoglienza» (prima parte della seconda questione)

82.      Dall’analisi che precede risulta che un cittadino di un paese terzo, come MA, deve, a partire dal momento in cui ha «presentato» una domanda d’asilo presso un’autorità come il VSAT o il giudice di primo grado, e fino alla decisione definitiva su tale domanda, essere considerato un «richiedente» ai sensi delle direttive «procedure» e «accoglienza». Ciò implica, in particolare, che egli può essere posto o mantenuto in stato di trattenimento solo conformemente alle norme previste, in materia, da tali direttive.

83.      Passo ora a esaminare la prima parte della seconda questione e a determinare se una disposizione nazionale, come l’articolo 14017, punto 2, della legge sugli stranieri, che permette di trattenere un richiedente asilo per il solo fatto che questi ha attraversato illegalmente la frontiera nazionale, sia compatibile con le suddette direttive (sezione 2). Ritengo necessario un chiarimento preliminare della nozione di «trattenimento» (sezione 1).

1.      Sulla nozione di «trattenimento»

84.      A mio avviso, il giudice del rinvio ha sollevato la sua seconda questione al solo scopo di valutare la legittimità e la fondatezza della misura di trattenimento imposta a MA dal giudice di primo grado con la decisione del 20 novembre 2021.

85.      Ciò premesso, MA ha sostenuto dinanzi alla Corte che la misura alternativa impostagli a partire dal 2 febbraio 2022, ossia l’«alloggio in un centro del VSAT (…), con limitazione della sua libertà di movimento al territorio del luogo di alloggio», pur essendo considerata dal diritto lituano un’alternativa al trattenimento (48), costituisce in realtà un trattenimento di fatto.

86.      Se questo è effettivamente il caso, questa seconda misura dovrà, a mio avviso, essere valutata anche alla luce delle norme sul trattenimento previste dalle direttive «procedure» e «accoglienza». Infatti, l’ambito di applicazione di tali norme dipende non dalla qualificazione data, nel diritto nazionale, a una determinata misura, bensì dalla questione se essa corrisponda alla definizione autonoma di «trattenimento», di cui all’articolo 2, lettera h), della seconda direttiva.

87.      A questo proposito, la Corte ha dichiarato, alla luce di tale definizione, che costituisce un siffatto «trattenimento» qualsiasi misura coercitiva che «priva [il] richiedente della sua libertà di circolazione e lo isola dal resto della popolazione, imponendogli di soggiornare in modo permanente in un perimetro circoscritto e ristretto» (49). Nel presente caso, spetterà al giudice del rinvio verificare se la misura dell’«alloggio in un centro del VSAT (...)» soddisfi questi criteri.

88.      Ritengo tuttavia opportuno fornirgli precisazioni utili a tal proposito. In sostanza, dalle spiegazioni fornite da tale giudice sembra emergere che il «territorio» nel quale l’interessato è obbligato a rimanere in modo permanente è limitato al perimetro del centro di accoglienza, dal quale egli non può uscire senza autorizzazione, fatto che il governo lituano ha confermato in udienza dinanzi alla Corte. Tale perimetro appare quindi «circoscritto e ristretto». Inoltre, MA sembra essere «isolato dal resto della popolazione», con possibilità molto limitate di contatto con il mondo esterno. Con riserva di verifica da parte del suddetto giudice, la misura in questione sembra quindi privarlo della sua libertà di movimento e costituire così un «trattenimento» ai sensi delle direttive «procedure» e «accoglienza» (50).

2.      Sulla legalità della misura (o delle misure) di trattenimento in questione

89.      Fatta tale precisazione, occorre ricordare che le direttive «procedure» e «accoglienza» disciplinano la facoltà delle autorità nazionali di trattenere un richiedente asilo. A questo proposito, dall’articolo 26, paragrafo 1, della prima direttiva risulta che i motivi e le condizioni di tale misura devono essere conformi, in particolare, all’articolo 8 della seconda direttiva.

90.      Detto articolo 8 sottolinea, al paragrafo 2, che il trattenimento dei richiedenti asilo deve costituire non già la regola, bensì un’eccezione. Secondo detta disposizione, infatti, un tale richiedente può essere trattenuto soltanto quando, dopo una valutazione caso per caso, ciò si rivela necessario e salvo se non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive. Inoltre, il paragrafo 3 del suddetto articolo enumera esaustivamente (51) i vari motivi tali da giustificare siffatta misura.

91.      Orbene, il motivo di trattenimento previsto all’articolo 14017, punto 2, della legge sugli stranieri, vale a dire l’attraversamento illegale della frontiera, semplicemente non figura, in quanto tale, all’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva «accoglienza». Contrariamente a quanto afferma il governo lituano, questo motivo non coincide, nella sostanza, con nessuno dei motivi elencati in detta disposizione.

92.      A questo proposito, nelle sue osservazioni scritte, tale governo ha essenzialmente sostenuto che il motivo previsto dall’articolo 14017, punto 2, della legge sugli stranieri è coerente con quello che figura all’articolo 8, paragrafo 3, lettera e), della direttiva «accoglienza». Ricordo che, conformemente a tale lettera, un richiedente protezione internazionale può essere trattenuto «quando lo impongono motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico». Orbene, la possibilità di trattenere un richiedente che ha attraversato illegalmente la frontiera nazionale risponderebbe, secondo detto governo, alle esigenze della sicurezza nazionale. Si tratterebbe, infatti, di una delle misure adottate dalla Repubblica di Lituania al fine di proteggere la frontiera che condivide con la Bielorussia e, più precisamente, di arginarne l’attraversamento illegale da parte dei migranti, nel contesto di «afflusso massiccio» che tale Stato membro sta attualmente affrontando e, quindi, di garantire la sicurezza interna nel suo territorio e nello spazio Schengen nel suo insieme.

93.      A mio avviso, il fatto che una persona faccia parte di un flusso migratorio che uno Stato membro cerca di arginare per salvaguardare la sicurezza interna – intesa in senso lato come «ordine» – nel suo territorio (52) non può giustificare il trattenimento della stessa sulla base del motivo previsto dall’articolo 8, paragrafo 3, lettera e), della direttiva «accoglienza».

94.      Infatti, secondo una giurisprudenza costante della Corte, un pregiudizio alla «sicurezza nazionale» o all’«ordine pubblico» ai sensi di detta disposizione può giustificare, in considerazione del requisito di necessità, il trattenimento di un richiedente per tale motivo soltanto a condizione che «il suo comportamento individuale costituisca una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave nei confronti di un interesse fondamentale della società o la sicurezza interna (...) dello Stato membro interessato», ad esempio perché tale persona è un pericoloso criminale. In tal caso, il trattenimento del richiedente serve a «tutelare il pubblico dal pericolo che può costituire il [suo] comportamento» (53).

95.      Pertanto, il trattamento ai sensi del predetto articolo 8, paragrafo 3, lettera e), implica una valutazione della pericolosità della persona interessata, non limitandosi, quindi, a prendere in considerazione il solo fatto dell’eventuale attraversamento illegale della frontiera, in quanto tale reato non è, di per sé, idoneo a caratterizzare una minaccia come quella di cui al paragrafo precedente (54). In questo contesto, le autorità nazionali non possono nemmeno presumere che chiunque sia entrato illegalmente nel territorio sia pericoloso (55). Al contrario, esse devono fornire, prima dell’adozione di una siffatta misura nei confronti di un richiedente, elementi concordanti, oggettivi e precisi che dimostrino tale pericolosità (56).

96.      Del resto, il governo lituano ha ammesso, all’udienza dinanzi alla Corte, che tale medesimo articolo 8, paragrafo 3, lettera e), riguarda unicamente l’ipotesi particolare che ho appena descritto e che l’articolo 14017, punto 2, della legge sugli stranieri va, in realtà, al di là di quanto consentito dalla suddetta disposizione (57) – o dalla direttiva «accoglienza» in generale. In questa occasione, tuttavia, esso ha cercato di giustificare tale superamento con il fatto che una possibilità di trattenimento limitata a questa sola ipotesi non è sufficiente a rispondere efficacemente all’«afflusso massiccio» che si trova ad affrontare. Tratterò questo aspetto nella sezione D delle presenti conclusioni.

3.      Conclusione intermedia

97.      Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere alla prima parte della seconda questione nel senso che una disposizione nazionale che consente di trattenere un richiedente protezione internazionale per il solo fatto che questi ha attraversato illegalmente la frontiera dello Stato membro interessato non è compatibile con l’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva «accoglienza».

D.      Sulla possibilità di derogare alle direttive «procedure» e «accoglienza» (seconda parte delle due questioni)

98.      Ho esposto nelle sezioni precedenti le ragioni per cui, a mio avviso, disposizioni come l’articolo 14012 e l’articolo 14017, punto 2, della legge sugli stranieri non sono compatibili con le direttive «procedure» e «accoglienza». Resta quindi da esaminare la seconda parte delle questioni pregiudiziali, relativa alla questione se uno Stato membro debba essere autorizzato a derogare a tali direttive, attuando siffatte disposizioni, al fine di salvaguardare l’ordine pubblico e la sicurezza interna a fronte di «circostanze eccezionali» come quelle di cui trattasi nel procedimento principale.

99.      Inizierò ricordando il contesto in cui si inserisce la presente causa (sezione 1), prima di esaminare le disposizioni del Trattato FUE che possono, teoricamente, autorizzare uno Stato membro a derogare al diritto dell’Unione in nome dell’ordine pubblico e della sicurezza interna (sezione 2), poi le condizioni che disciplinano una siffatta possibilità di deroga (sezione 3).

1.      Sulle «circostanze eccezionali» in questione

100. Come ho indicato nell’introduzione delle presenti conclusioni, gli Stati hanno, nell’ordinamento giuridico internazionale, il «diritto sovrano inalienabile» di controllare l’ingresso e il soggiorno degli stranieri nel loro territorio (58). Inoltre, gli Stati membri le cui frontiere coincidono, in parte, con le frontiere esterne dello spazio Schengen, come la Lituania, hanno obblighi in materia a norma del diritto dell’Unione. Questi Stati sono obbligati dal codice frontiere Schengen a «proteggere» le frontiere in questione. Essi devono effettuare controlli nonché sorvegliare tali frontiere (59), nonché adottare altre misure per contrastare il loro attraversamento irregolare (60).

101. Come indicato nel considerando 6 del codice frontiere Schengen, il controllo alle frontiere esterne di tale spazio è nell’interesse di tutti gli Stati membri che hanno abolito il controllo di frontiera interno. Esso contribuisce fra l’altro alla lotta contro l’immigrazione clandestina nonché alla prevenzione di qualunque minaccia per la sicurezza interna e l’ordine pubblico all’interno di tale spazio.

102. Da quanto precede consegue, a mio avviso, che la protezione delle frontiere esterne dell’Unione da parte degli Stati membri interessati rientra fra le responsabilità ad essi incombenti per il mantenimento dell’ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna, non solo nel loro territorio, ma anche nell’intero spazio Schengen.

103. In questo contesto, come il governo lituano ha sostenuto dinanzi alla Corte, l’«afflusso massiccio» di migranti che la Lituania sta affrontando alla frontiera con la Bielorussia costituisce innegabilmente una situazione critica. Tale «afflusso» ha comportato un drastico aumento dei casi di attraversamento illegale della frontiera lituana (61). Non si deve neppure perdere di vista il contesto geopolitico in cui si inserisce questo fenomeno. Le istituzioni dell’Unione, tra cui il Parlamento europeo, il Consiglio europeo e la Commissione (62), hanno in effetti constatato che tale «afflusso massiccio» è stato orchestrato dal governo bielorusso. Quest’ultimo avrebbe fatto arrivare cittadini di paesi terzi per via aerea dai loro paesi d’origine, per poi spingerli alle frontiere esterne degli Stati membri. Tali varie istituzioni hanno qualificato le condotte in questione come «strumentalizzazione dei migranti a fini politici», vale a dire una forma di «attacco ibrido» volta a destabilizzare gli Stati membri direttamente interessati e l’Unione nel suo insieme.

104. Non spetta a me tornare su tali valutazioni di ordine politico. Mi limito a osservare che la Lituania poteva legittimamente ritenere di trovarsi di fronte a una minaccia «eccezionale» per l’ordine pubblico e la sicurezza interna nel suo territorio e in tutto lo spazio Schengen.

105. Le autorità lituane hanno così potuto ritenere necessario rafforzare la protezione delle frontiere esterne dell’Unione con misure straordinarie e temporanee volte a frenare questi flussi migratori «massicci» (63).

106. La valutazione di dette autorità sulla necessità di tali misure straordinarie e provvisorie sembra, del resto, essere condivisa dalle istituzioni dell’Unione. Infatti, il 1° dicembre 2021, la Commissione ha presentato, sulla base dell’articolo 78, paragrafo 3, TFUE, una proposta di decisione del Consiglio relativa a misure temporanee di emergenza a beneficio di Lettonia, Lituania e Polonia (64), misure ritenute «necessarie» per far fronte alla «minaccia reale (…) per la sicurezza dell’Unione» rappresentata dall’«attacco ibrido» subito in particolare dalla Lituania (65), e sulle quali tornerò. Inoltre, il 14 dicembre 2021, la Commissione ha presentato una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio volto ad affrontare le situazioni di strumentalizzazione nel settore della migrazione e dell’asilo (66), che tende a istituzionalizzare la maggior parte delle misure contenute nella proposta precedente (67). Tuttavia, queste proposte legislative non sono ancora state adottate.

2.      Sulle disposizioni che consentono di derogare al diritto dellUnione in nome dellordine pubblico e della sicurezza interna

107. Ciò premesso, quando uno Stato membro adotta misure straordinarie e temporanee con l’obiettivo legittimo di salvaguardare l’ordine pubblico e la sicurezza interna a fronte di «circostanze eccezionali», ciò non vuol dire che tali misure esulino da qualsiasi regime giuridico. Quando incidono sulla normale applicazione del diritto dell’Unione, siffatte misure sono compatibili con tale diritto solo nella misura in cui esso permette una tale deroga (68).

108. A tale riguardo, il Trattato FUE prevede, agli articoli 36, 45, 52, 65, 72, 346 e 347, deroghe espresse applicabili in situazioni che possono compromettere l’ordine pubblico o la sicurezza interna, anche in caso di «circostanze eccezionali».

109. Curiosamente, nella presente causa, il governo lituano non ha fatto riferimento a nessuno di questi articoli a sostegno della sua posizione. Ciò premesso, alla luce del tenore degli argomenti addotti da tale governo, e tenuto conto delle discussioni svoltesi dinanzi alla Corte, devono essere esaminate, a mio avviso, due deroghe.

110. Farò in primo luogo un breve riferimento all’articolo 347 TFUE, che riguarda le misure che uno Stato membro può essere indotto a prendere in particolare nell’eventualità di «gravi agitazioni interne che turbino l’ordine pubblico» e in caso di «guerra o di grave tensione internazionale che costituisca una minaccia di guerra».

111. Finora la Corte non si è mai pronunciata sulle condizioni di applicazione di tale «clausola di salvaguardia». Essa ha precisato soltanto che tale deroga si riferisce a situazioni «affatto eccezionali» (69). Tuttavia, vari avvocati generali si sono soffermati più dettagliatamente sui suoi contorni.

112. Dalle loro analisi risulta che l’articolo 347, collocato alla fine del Trattato FUE, consente, in teoria, di derogare al complesso delle norme di tale Trattato e quelle adottate sulla base dello stesso (70). Come sostenuto dal governo lituano in udienza – senza tuttavia, lo ripeto, fare espresso riferimento al predetto articolo – nei casi previsti da tale articolo, uno Stato membro potrebbe quindi, teoricamente, disapplicare, su tale fondamento, e in una certa misura, le direttive «procedure» e «accoglienza» (71).

113. Ciò premesso, le circostanze estreme di cui all’articolo 347 TFUE non sono in discussione nel caso di specie. In particolare, senza voler minimizzare la gravità della situazione affrontata dalla Lituania alla sua frontiera, una tale situazione non rientra, a mio avviso, fra le «gravi agitazioni interne che turbino l’ordine pubblico» evocate da tale articolo. Il fatto che detto Stato membro abbia dichiarato lo stato di emergenza in una parte del suo territorio non è di per sé decisivo a questo riguardo – altrimenti la sua applicazione varierebbe a seconda delle condizioni previste dal diritto nazionale di ciascuno Stato membro per l’attuazione di un tale regime. A mio avviso, poiché qualsiasi deroga deve essere interpretata restrittivamente (72), e poiché l’articolo 347 TFUE mette l’eventualità delle «agitazioni interne» sullo stesso piano della guerra, le circostanze in questione devono presentare una soglia di gravità simile, cioè devono costituire vere e proprie crisi, che si pongono al limite di un completo crollo della sicurezza interna, il cui verificarsi mette in serio pericolo l’esistenza stessa dello Stato (73).

114. In secondo luogo, vorrei passare all’articolo 72 TFUE, che sembra più pertinente. Ai sensi di detto articolo, le disposizioni contenute nel titolo V della terza parte del Trattato FUE, relativo allo spazio di sicurezza, libertà e giustizia, «non osta[no] all’esercizio delle responsabilità incombenti agli Stati membri per il mantenimento dell’ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna». Nel caso di specie, le direttive «procedure» e «accoglienza» rientrano nell’ambito di applicazione di tale articolo, in quanto sono state adottate sulla base dell’articolo 78 TFUE, ricompreso in tale titolo V.

115. Questa volta, la Corte si è pronunciata sul predetto articolo 72 in diverse sentenze. Essa ha stabilito il principio secondo cui detto articolo costituisce una deroga che può consentire a uno Stato membro di non ottemperare, in determinate circostanze, agli obblighi che tali direttive gli impongono, sebbene finora abbia sistematicamente respinto le difese dedotte dagli Stati membri a questo proposito, per non aver soddisfatto le condizioni richieste in materia. Tratterò queste condizioni nella prossima sezione.

3.      Sulle condizioni che gli Stati membri devono soddisfare perché una tale deroga sia compatibile con larticolo 72 TFUE

116. Poiché l’articolo 72 TFUE deve, come ogni deroga, essere interpretato restrittivamente, la Corte ha ripetutamente dichiarato che esso non conferisce agli Stati membri il potere di derogare alle disposizioni del diritto dell’Unione mediante un mero richiamo a responsabilità che incombono sui medesimi per il mantenimento dell’ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna (74). Essi, al contrario, devono soddisfare determinate condizioni.

117. Innanzitutto, secondo la Corte, è onere dello Stato membro che invoca il beneficio dell’articolo 72 TFUE dimostrare la necessità di avvalersi della deroga prevista da tale articolo al fine di esercitare le responsabilità in questione (75).

118. Poi, a mio avviso, oltre a questo requisito di necessità, esiste una condizione di proporzionalità in senso stretto. Infatti, le misure nazionali controverse, anche laddove siano necessarie, non possono, a mio parere, essere giustificate ai sensi dell’articolo 72 TFUE se gli inconvenienti da esse causati sono sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (76). In tale contesto, si deve tener conto, in particolare, dell’impatto di tali misure sui diritti fondamentali di cui la Corte garantisce il rispetto, in particolare di quelli previsti dalla Carta (77).

119. Infine, queste condizioni sostanziali sono, a mio avviso, integrate da una condizione procedurale. In considerazione del principio di leale cooperazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, uno Stato membro non può adottare unilateralmente misure derogatorie, straordinarie e temporanee, senza aver prima consultato debitamente le istituzioni dell’Unione nonché gli altri Stati membri, e cercato una soluzione comune al problema (78). Ove opportuno, qualora e a partire dal momento in cui l’Unione si doti essa stessa di tali misure comuni, sulla base dell’articolo 78, paragrafo 3, TFUE, qualsiasi possibilità di deroga ai sensi dell’articolo 72 TFUE è, a mio avviso, esclusa.

120. Nel caso di specie, mi sembra che la Repubblica di Lituania abbia soddisfatto tale requisito procedurale (79), e al momento attuale non sono state adottate misure comuni di questo tipo. Per contro, a mio avviso, disposizioni quali l’articolo 14012 e l’articolo 14017, punto 2, della legge sugli stranieri non soddisfano nessuna delle due condizioni sostanziali sopra elencate, come spiegherò nelle seguenti sezioni.

a)      Sul requisito della necessità

121. Per valutare se per uno Stato membro sia necessario derogare ad uno strumento del diritto dell’Unione al fine di esercitare le proprie responsabilità in materia di ordine pubblico e di sicurezza interna in un determinato caso, la Corte non solo tiene conto delle «circostanze eccezionali» in questione, ma verifica altresì se il legislatore dell’Unione abbia previsto, nello strumento in questione, meccanismi che consentano agli Stati membri di reagirvi con efficacia (80).

122. Pertanto, per soddisfare questo requisito di necessità, lo Stato membro che intende avvalersi dell’articolo 72 TFUE deve dimostrare che l’atto normativo dell’Unione in questione non gli consente, né per il suo contenuto stesso né per le condizioni concrete della sua attuazione, di garantire l’esercizio delle responsabilità in questione a fronte delle circostanze oggetto di causa (81).

123. Nel caso di specie, il governo lituano sostiene, in sostanza, che il rigoroso rispetto delle norme delle direttive «procedure» e «accoglienza» non gli ha consentito di garantire l’esercizio effettivo di tali responsabilità nell’ambito del controllo delle frontiere esterne dell’Unione, di fronte a un «afflusso massiccio» come quello di cui trattasi nel procedimento principale. In sostanza, l’argomentazione di questo governo rinvia alla tensione evocata nell’introduzione delle presenti conclusioni: da un lato, gli Stati membri situati a queste frontiere dovrebbero di norma impedirne l’attraversamento da parte di cittadini di paesi terzi che non soddisfano le condizioni di ingresso previste dal codice frontiere Schengen (82); dall’altro, se detti cittadini presentano una domanda di protezione internazionale, hanno il diritto di rimanere nel territorio di tali Stati durante l’esame della loro domanda, e quindi devono esservi ammessi, a prescindere da tali condizioni, se non vi sono già entrati, se del caso illegalmente (83).

124. In una situazione di afflusso massiccio, ciò porterebbe, secondo il governo lituano, a un gran numero di abusi, in quanto solo una piccola parte dei migranti sarebbero rifugiati in buona fede, mentre molti altri presenterebbero domande d’asilo nella consapevolezza che esse sono manifestamente infondate al solo scopo di usufruire temporaneamente delle garanzie legate allo status di «richiedente», o anche semplicemente di essere ammessi nello spazio Schengen o, se vi si trovano già illegalmente, di ritardare la loro espulsione.

125. Ciò premesso, rilevo che la direttiva «procedure» contiene una disposizione volta a consentire agli Stati membri di garantire il controllo delle frontiere esterne dell’Unione, rispettando il diritto dei cittadini dei paesi terzi di chiedere asilo, ossia l’articolo 43 di tale direttiva.

126. Il paragrafo 1 di detto articolo autorizza gli Stati membri a prevedere, alle loro frontiere o zone di transito, procedure specifiche per decidere sull’ammissibilità, ai sensi dell’articolo 33 della direttiva procedure, delle domande d’asilo ivi presentate, e persino sul merito di tali domande, nei casi di cui all’articolo 31, paragrafo 8, della stessa direttiva – che riguardano, in sostanza, varie ipotesi in cui il comportamento o le dichiarazioni del richiedente lasciano intendere che la sua domanda è manifestamente infondata e abusiva. Ai sensi del paragrafo 2 del predetto articolo 43, dette procedure specifiche devono tuttavia svolgersi entro un termine ragionevole, fermo restando che, se non viene presa alcuna decisione entro quattro settimane, lo Stato membro deve concedere ai richiedenti interessati il diritto di entrare nel suo territorio e la loro domanda deve allora essere trattata secondo la procedura di diritto comune.

127. Tali procedure permettono agli Stati membri, innanzitutto, di effettuare una «prima cernita» delle domande di protezione internazionale, alla frontiera o in una zona di transito, prima di autorizzare l’ingresso dei cittadini interessati nel loro territorio. Detti Stati possono quindi rifiutare tale ingresso alle persone, menzionate dal governo lituano, che presentano domande manifestamente infondate e abusive.

128. In secondo luogo, per la durata di tali procedure specifiche, gli Stati membri sono autorizzati, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, lettera c), della direttiva «accoglienza», a trattenere i richiedenti interessati alla frontiera o in una zona di transito qualora, ai sensi del paragrafo 2 di tale articolo, tale misura sia necessaria. Orbene, ciò avviene, a mio avviso, quando le autorità nazionali hanno fondati motivi per ritenere che un richiedente, qualora fosse lasciato in libertà, attraverserebbe o tenterebbe di attraversare senza autorizzazione la frontiera in questione.

129. Infine, per quanto riguarda i cittadini di paesi terzi che hanno già attraversato illegalmente la frontiera nazionale e che presentano domande di asilo all’interno del territorio dello Stato membro interessato, ricordo che l’articolo 31, paragrafo 8, lettera h), della direttiva «procedure» autorizza gli Stati membri, nei casi previsti da tale disposizione (84), al fine di combattere eventuali abusi, a esaminare tale domanda in modo accelerato e secondo una procedura di frontiera, quale prevista dall’articolo 43 della stessa direttiva. In tali casi, le autorità nazionali possono pertanto, a quanto sembra, condurre le presone in questione alla frontiera ai fini di detta procedura. Se del caso, il fatto che esse siano entrate illegalmente nel territorio nazionale una prima volta potrebbe, a mio avviso, tendere a dimostrare la necessità di trattenerle per la durata della predetta procedura sulla base dell’articolo 8, paragrafo 3, lettera c), della direttiva «accoglienza».

130. Non si può quindi, a mio parere, ritenere che il contenuto delle direttive «procedure» e «accoglienza» non consenta di per sé agli Stati membri di esercitare, alle frontiere esterne dell’Unione, le loro responsabilità in materia di ordine pubblico e di sicurezza interna.

131. Per quanto riguarda le condizioni pratiche di attuazione di tali strumenti, posso ammettere che, nel caso di un afflusso massiccio come quello in questione nella presente causa, che mi sembra presentare una natura e un’ampiezza particolari, è difficile per le autorità di uno Stato membro effettuare, nell’ambito di procedure specifiche di frontiera, la «prima cernita» delle domande di asilo presentate contemporaneamente da un numero considerevole di cittadini di paesi terzi entro il termine di quattro settimane previsto dall’articolo 43, paragrafo 2, della direttiva «procedure». Se il paragrafo 3 di detto articolo consente, in siffatte circostanze, di proseguire tali procedure oltre tale termine, ciò comporta, tuttavia, l’ammissione di tutti i cittadini interessati nel territorio nazionale, che siano in buona fede o che abusino del sistema (85). Peraltro, anche la Commissione, nella sua proposta di decisione del Consiglio, suggerisce che la direttiva «procedure» non è del tutto adeguata a siffatte circostanze.

132. Pertanto, potrei ammettere che sia necessario, per uno Stato membro, fino all’adozione di tale proposta, derogare, ai sensi dell’articolo 72 TFUE, a talune disposizioni dell’articolo 43 della direttiva «procedure». A mio avviso, uno Stato membro potrebbe, come suggerito nella suddetta proposta, estendere le procedure di frontiera, prevedendo che tutte le domande d’asilo di cittadini fermati o trovati in prossimità della frontiera in questione, dopo un ingresso irregolare, o dopo essersi presentati ai valichi di frontiera, siano esaminate nell’ambito di tali procedure (86) e, in tale contesto, derogare, in misura ragionevole, al termine di quattro settimane previsto al paragrafo 2 di detto articolo, per dare alle autorità nazionali il tempo sufficiente per effettuare questa «prima cernita» delle domande d’asilo (87).

133. Per contro, ritengo che non sia necessario per uno Stato membro derogare agli articoli 6 e 7 della direttiva «procedure» e all’articolo 8 della direttiva «accoglienza» attuando disposizioni nazionali come l’articolo 14012 e l’articolo 14017, punto 2, della legge sugli stranieri, al fine di esercitare efficacemente le sue responsabilità in materia di ordine pubblico e sicurezza interna in caso di «afflusso massiccio» di migranti alla sua frontiera – quali che siano la natura e la portata di tale afflusso. Come ho appena spiegato, le procedure specifiche per l’esame delle domande d’asilo alla frontiera, previste dall’articolo 43 della prima direttiva, e la possibilità di trattenere alcuni richiedenti in questo contesto, conformemente all’articolo 8, paragrafo 3, lettera c), della seconda direttiva, permettono già di far fronte a tale situazione, con alcuni adattamenti ove necessario.

b)      Sul rispetto dei diritti fondamentali

134. Quando si esamina la compatibilità con il diritto dell’Unione di qualsiasi misura derogatoria straordinaria e temporanea, non possono essere persi di vista i diritti fondamentali degli interessati. Infatti, sebbene, in caso di «circostanze eccezionali», tali diritti possono teoricamente essere soggetti a limitazioni per salvaguardare l’ordine pubblico e la sicurezza interna, resta il fatto, in primo luogo, che deve sempre essere mantenuto un equilibrio tra detti diritti e tali imperativi, inoltre, che talune limitazioni sono talmente gravi da non essere mai accettabili in una società democratica e, infine, che taluni diritti non ammettono alcuna limitazione, a prescindere dalle circostanze.

135.  In tale contesto, occorre, a mio avviso, tener conto non soltanto della Carta, ma anche della CEDU, che stabilisce una soglia minima di protezione al di sotto della quale l’Unione non può scendere. Lo stesso vale per la convenzione di Ginevra. Benché l’Unione non sia parte contraente di tale convenzione, l’articolo 78, paragrafo 1, TFUE e l’articolo 18 della Carta le impongono nondimeno il rispetto delle norme in essa contenute. Di conseguenza, la Corte deve assicurarsi, nell’ambito della sua interpretazione dell’articolo 72 TFUE e delle deroghe al diritto dell’Unione che questa disposizione può giustificare, che tale interpretazione rispetti il livello di protezione garantito da detta convenzione (88).

1)      Sul fatto di non permettere a un cittadino di un paese terzo di accedere a una procedura di riconoscimento di protezione internazionale

136. In primo luogo, una disposizione come l’articolo 14012 della legge sugli stranieri, che non permette, nella pratica e salvo eccezioni, a un cittadino di un paese terzo di accedere a una procedura di riconoscimento della protezione internazionale quando è entrato illegalmente nel territorio lituano, non è, a mio avviso, compatibile con i diritti fondamentali garantiti dalla Carta, anche in caso di «afflusso massiccio» di migranti.

137. Infatti, da un lato, tale disposizione è, a mio parere, contraria al diritto d’asilo, garantito, in quanto tale, dall’articolo 18 della Carta. Sottolineo, a tal proposito, che l’effettività di tale diritto dipende dall’accesso a una procedura in materia (89). Naturalmente, detto diritto può essere limitato, alle condizioni previste dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta (90). Tuttavia, a mio avviso, impedire, in pratica, a un cittadino di un paese terzo di chiedere protezione internazionale viola il «contenuto essenziale» di tale diritto (91).

138. D’altra parte, rifiutare di accettare l’esame di una domanda d’asilo presentata da un cittadino di un paese terzo in situazione irregolare sul territorio nazionale sarebbe anche contrario al principio del non respingimento, come previsto dall’articolo 19, paragrafo 2, della Carta.

139. In effetti, questo diritto fondamentale, che è direttamente connesso alla proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, contenuta nell’articolo 4 della Carta e nell’articolo 3 della CEDU, non ammette limitazioni. Esso vieta in ogni caso agli Stati membri di allontanare, espellere o estradare una persona verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposta a trattamenti del genere (92).

140. Orbene, uno Stato membro non può escludere tale rischio e, pertanto, adempiere i suoi obblighi in materia di non respingimento, nel caso di un cittadino di un paese terzo in situazione irregolare sul suo territorio, qualora non esamini, prima di espellere l’interessato, una domanda nella quale questi sostiene proprio di temere di essere perseguitato nel suo paese d’origine (93).

141. La suesposta interpretazione non è messa in discussione dall’argomento del governo lituano secondo cui, in sostanza, un cittadino di un paese terzo che entra illegalmente nel territorio di uno Stato nel contesto di un «afflusso massiccio» tiene un comportamento abusivo che giustifica la privazione del suo diritto di chiedere asilo, e secondo cui il principio di non respingimento non può essere considerato assoluto in una tale situazione.

142. Infatti, da un lato, ricordo che i redattori della convenzione di Ginevra hanno riconosciuto che, nell’esercizio del loro diritto d’asilo, i rifugiati – compresi i richiedenti asilo, nella misura in cui la loro domanda non sia stata respinta (94) – sono spesso indotti a entrare illegalmente nel territorio degli Stati in cui cercano protezione. Lungi dal permettere agli Stati di privare dette persone del loro diritto di chiedere asilo per questo motivo, tali medesimi redattori hanno, al contrario, definito, all’articolo 31 della suddetta convenzione, il potere degli Stati di imporre loro sanzioni penali in caso di ingresso o soggiorno irregolare nel loro territorio (95) – aspetto su cui tornerò. D’altro canto, gli obblighi degli Stati di rispettare il principio di non respingimento, sancito dall’articolo 19, paragrafo 2, della Carta, si impongono a prescindere dal comportamento dell’interessato (96).

143. La sentenza N.D. e N.T. c. Spagna (97), invocata dal governo lituano, non dimostra, a mio avviso, il contrario. Detta sentenza non riguarda il principio di non respingimento, tutelato dall’articolo 3 della CEDU, e verte, inoltre, su circostanze molto specifiche – i ricorrenti avevano preso parte a un assalto collettivo per cercare di entrare nel territorio spagnolo forzando, con la violenza, la recinzione di confine – significativamente diverse da quelle del caso in questione. In ogni caso, anche supponendo che tale sentenza debba essere intesa nel senso che, secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo, il fatto che un richiedente asilo sia entrato illegalmente nel territorio di uno Stato, nell’ambito di un afflusso massiccio di migranti, autorizza tale Stato a non prendere in considerazione la sua domanda di asilo, circostanza di cui dubito fortemente, ne conseguirebbe semplicemente che il diritto dell’Unione assicurerebbe allora, all’articolo 18 e all’articolo 19, paragrafo 2, della Carta, una protezione più estesa rispetto a quella concessa dalla CEDU, come consentito espressamente dall’articolo 52, paragrafo 3, della stessa Carta.

2)      Sulla possibilità di trattenere un richiedente per il solo fatto che questi ha attraversato illegalmente la frontiera nazionale

144. In secondo luogo, una disposizione come l’articolo 14017, punto 2, della legge sugli stranieri, che permette di trattenere un richiedente asilo per il solo fatto che questi ha attraversato illegalmente la frontiera nazionale, non è conforme, a mio avviso, ai diritti fondamentali garantiti dalla Carta e da altri strumenti pertinenti, anche in caso di «afflusso massiccio» di migranti.

145. Da un lato, detta disposizione, prevedendo una tale misura di trattenimento, comporta un’ingerenza particolarmente grave nel diritto alla libertà sancito dall’articolo 6 della Carta. A questo proposito, ricordo che, secondo la giurisprudenza costante della Corte, tenuto conto dell’importanza di tale diritto fondamentale, a fronte di un’ingerenza di tale gravità, le limitazioni all’esercizio dello stesso sono ammissibili solo se operano entro i limiti dello stretto necessario (98).

146. Interrogato dalla Corte in udienza su come l’articolo 14017, punto 2, della legge sugli stranieri contribuisce nonché è necessario per il mantenimento dell’ordine pubblico e della sicurezza interna nel territorio della Lituania e, in particolare, sulla precisa finalità di una misura di trattenimento imposta ai sensi di tale disposizione, il governo lituano ha segnatamente spiegato che, qualora i migranti riuscissero ad entrare illegalmente nel territorio nazionale, il loro eventuale trattenimento avrebbe lo scopo di evitare movimenti secondari illegali all’interno dello spazio Schengen, poiché, in mancanza di tale misura, secondo detto governo, la maggioranza di queste persone verosimilmente non resterebbe in Lituania e continuerebbe il suo viaggio verso altri Stati membri.

147. Orbene, in tale ottica, una siffatta misura di trattenimento eccede, a mio parere, quanto necessario per tutelare l’ordine pubblico e la sicurezza interna.

148. Certo, il fatto che un richiedente sia entrato illegalmente nel territorio nazionale può, in certi casi, costituire un indizio di un rischio di fuga (eventualmente verso altri Stati membri) di quest’ultimo. Supponendo che sia suffragato da altri elementi, tale rischio potrebbe validamente rendere necessario il trattenimento dell’interessato per un determinato periodo di tempo, come peraltro consentito dall’articolo 8, paragrafo 3, lettera b), della direttiva «accoglienza» (99). Tuttavia, in assenza di tali elementi, una misura di trattenimento motivata dal mero ingresso irregolare è molto vicina all’arbitrarietà (100)

149. Una misura come quella prevista dall’articolo 14017, punto 2, della legge sugli stranieri è, d’altra parte, a mio avviso, contraria all’articolo 31, paragrafo 1, della convenzione di Ginevra. Ricordo che, conformemente a tale disposizione, gli Stati parti di detta convenzione non devono infliggere «sanzioni penali», a motivo della loro entrata o del loro soggiorno illegali, contro i «rifugiati» – ivi compresi, ricordo, i richiedenti asilo – a determinate condizioni.

150. La suddetta disposizione mira a impedire che tali persone vengano penalizzate per il loro ingresso o la loro presenza irregolare nel territorio di uno Stato (101). Tenuto conto di tale obiettivo, è generalmente accettato che la nozione di «sanzione penale» ai sensi di tale medesima disposizione debba essere intesa in modo autonomo e esteso, nel senso di ricomprendere qualsiasi misura di natura non solo cautelare, ma anche punitiva o dissuasiva, comunque qualificata nel diritto nazionale (102).

151. Orbene, se, come indicato dal governo lituano in udienza, una misura di trattenimento ai sensi dell’articolo 14017, punto 2, della legge sugli stranieri non costituisce una sanzione penale nel diritto lituano, detto governo ha tuttavia riconosciuto, in tale occasione, che un siffatto trattenimento è parimenti destinato, in una certa misura, a punire i richiedenti che abbiano attraversato irregolarmente la frontiera nazionale e a dissuadere gli altri migranti che potrebbero essere tentati dal comportarsi allo stesso modo.

152. Pertanto, tale misura di trattenimento costituisce, a mio avviso, una «sanzione penale» ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 1, della convenzione di Ginevra. Poiché l’articolo 14017, punto 2, della legge sugli stranieri è rivolto esclusivamente ai richiedenti asilo, potrebbe, a mio avviso, essere compatibile con tale disposizione fondamentale solo se riguardasse esclusivamente coloro che non soddisfano le condizioni previste dalla suddetta disposizione (103), circostanza che non sembra verificarsi.

4.      Conclusione intermedia

153. Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere alla seconda parte delle due questioni dichiarando che l’articolo 72 TFUE non autorizza uno Stato membro ad applicare disposizioni come l’articolo 14012 e l’articolo 14017, punto 2, della legge sugli stranieri, in deroga alle direttive «procedure» e «accoglienza», in presenza di «circostanze eccezionali» caratterizzate da un «afflusso massiccio» di migranti alla sua frontiera.

VI.    Conclusione

154. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni sollevate dal Lietuvos vyriausiasis administracinis teismas (Corte amministrativa suprema di Lituania):

1)      Una disposizione nazionale che, salvo eccezioni, non consente ai cittadini di paesi terzi di accedere a una procedura di riconoscimento della protezione internazionale nel territorio dello Stato membro in questione in caso di ingresso illegale non è compatibile con l’articolo 6, paragrafi 1 e 2, e con l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale.

2)      Una disposizione nazionale che consente di trattenere un richiedente protezione internazionale per il solo fatto che questi ha attraversato illegalmente la frontiera dello Stato membro interessato non è compatibile con l’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale.

3)      L’articolo 72 TFUE non autorizza uno Stato membro ad applicare siffatte disposizioni nazionali, in deroga alle direttive 2013/32 e 2013/33, in caso di «circostanze eccezionali» caratterizzate da un «afflusso massiccio» di migranti alla sua frontiera.


1      Lingua originale: il francese.


2      Nelle presenti conclusioni utilizzerò il concetto più preciso di «cittadino di paese terzo» che si riferisce, ai sensi dell’articolo 2, punto 6, del regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU 2016, L 77, pag. 1) (in prosieguo: il «codice frontiere Schengen»), a «chi non è cittadino dell’Unione ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, TFUE e non [gode del diritto alla libera circolazione ai sensi del diritto dell’Unione]».


3      Nelle presenti conclusioni utilizzerò indifferentemente i termini «protezione internazionale» e «asilo».


4      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 (GU 2013, L 180, pag. 60, e rettifica GU 2020, L 423, pag. 68).


5      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 (GU 2013, L 180, pag. 96, e rettifica GU 2015, L 100, pag. 81).


6      Convenzione firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)], entrata in vigore il 22 aprile 1954, completata dal protocollo relativo allo status dei rifugiati, concluso a New York il 31 gennaio 1967, entrato in vigore il 4 ottobre 1967.


7      Tra il 10 agosto 2021 e il 1° gennaio 2022, le stesse disposizioni erano contenute nell’articolo 67, paragrafi 11 e 12, della legge sugli stranieri (nella versione risultante dalla legge n. XIV-515 del 10 agosto 2021). Tenuto conto del periodo oggetto dei fatti di cui al procedimento principale, questi due articoli sono quindi applicabili ratione temporis. Tuttavia, mi limiterò a fare riferimento al suddetto articolo 14012.


8      Dalle osservazioni del governo lituano risulta che lo stato di emergenza è stato in vigore dal 10 novembre 2021 al 14 gennaio 2022 compresi, mentre il regime di «situazione di emergenza» è ancora in vigore.


9      Sentenza del 25 giugno 2020 (C‑36/20 PPU, in prosieguo: la «sentenza Ministerio Fiscal», EU:C:2020:495)


10      Secondo tale disposizione, un richiedente asilo può essere trattenuto al fine di individuare i motivi soggiacenti alla sua domanda di asilo (qualora non sia possibile ottenere informazioni relative a tali motivi senza trattenere il richiedente asilo) e, tenuto conto di talune circostanze previste dalla legge, vi siano motivi per ritenere che l’interessato possa fuggire al fine di evitare di essere rinviato in uno Stato terzo o espulso dalla Lituania.


11      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011 (GU 2011, L 337, pag. 9).


12      V. paragrafi 24 e 30 delle presenti conclusioni.


13      Con tale espressione, mi riferisco al fatto che MA ha attraversato la frontiera che separa la Lituania dalla Bielorussia senza rispettare le condizioni d’ingresso elencate nell’articolo 6, paragrafo 1, del codice frontiere Schengen. Sembra inoltre che l’interessato abbia attraversato la frontiera in modo «non autorizzato», ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, di detto codice, vale a dire al di fuori dei valichi di frontiera e degli orari di apertura stabiliti (v. paragrafi 20 e 22 delle presenti conclusioni).


14      Sebbene il giudice del rinvio abbia fatto riferimento, nella formulazione della sua prima questione, all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2011/95, tale articolo tratta degli elementi che motivano una domanda di protezione internazionale e, pertanto, non disciplina la questione sollevata. Per contro, come illustrerò in prosieguo, sono pertinenti a tal riguardo varie disposizioni della direttiva «procedure».


15      Previste, in particolare, dall’articolo 113, paragrafo 4, della legge sugli stranieri.


16      V. paragrafo 23 delle presenti conclusioni.


17      V. paragrafi 30 e 34 delle presenti conclusioni.


18      V. paragrafo 23 delle presenti conclusioni.


19      Del resto, MA sostiene che la misura «diversa dal trattenimento» che gli è stata inflitta costituisce un trattenimento di fatto. La seconda questione mantiene la sua rilevanza anche in questo senso (v. paragrafi da 84 a 88 delle presenti conclusioni).


20      V. altresì punto 22, prima frase, della descrizione della procedura.


21      V. paragrafo 13 delle presenti conclusioni.


22      V. altresì punto 22, terza frase, della descrizione della procedura.


23      Eccezione che sarà trattata al paragrafo 78 delle presenti conclusioni.


24      V. altresì punto 23 della descrizione della procedura.


25      V. paragrafi 23, 27 e 28 delle presenti conclusioni.


26      Tale rifiuto era altresì fondato sul fatto che MA non ha presentato la sua domanda nel più breve tempo possibile dopo aver attraversato illegalmente la frontiera nazionale. Questo aspetto sarà discusso nella nota 33 delle presenti conclusioni.


27      Semplifico ai fini dell’analisi. In realtà, a livello nazionale la questione dello status giuridico di MA dà luogo a un ginepraio: il giudice di primo grado e il giudice del rinvio lo considerano un richiedente asilo (v. paragrafi 23 e 30 delle presenti conclusioni); il VSAT invece ha inizialmente rifiutato di accettare la sua domanda, prima di chiedere infine a quest’ultimo giudice di ordinare al dipartimento per la migrazione di esaminarla (v. paragrafo 27) – esercitando in tal modo, a quanto sembra, il potere discrezionale discusso al paragrafo 78; infine, mentre il predetto dipartimento aveva restituito la domanda di MA (v. paragrafo 28), esso avrebbe infine deciso di esaminarla (v. paragrafo 51). È evidente che tutte queste autorità non hanno interpretato allo stesso modo il diritto nazionale o il diritto dell’Unione.


28      Nel prosieguo delle presenti conclusioni, per comodità farò riferimento solo ai cittadini di paesi terzi.


29      V., segnatamente, sentenza del 16 novembre 2021, Commissione/Ungheria (Configurazione come reato degli aiuti ai richiedenti asilo) (C‑821/19, EU:C:2021:930, punti 132 e 136, nonché giurisprudenza ivi citata).


30      V., in particolare, sentenza del 16 novembre 2021, Commissione/Ungheria (Configurazione come reato degli aiuti ai richiedenti asilo) (C‑821/19, EU:C:2021:930, punto 136 e giurisprudenza ivi citata).


31      V. paragrafo 129 delle presenti conclusioni.


32      Vale a dire quando l’interessato, senza un valido motivo, non si è presentato alle autorità o non ha presentato la domanda di protezione internazionale quanto prima possibile rispetto alle circostanze del suo ingresso. Pertanto, se, contrariamente a quanto ritenuto dal dipartimento per la migrazione (v. paragrafo 28 delle presenti conclusioni), tali circostanze non possono privare l’interessato del diritto di chiedere asilo (v. anche, per l’ammissibilità delle domande tardive, l’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva «procedure»), esse possono avere conseguenze sul modo in cui la sua domanda viene esaminata dalle autorità nazionali (v. altresì paragrafo 129 delle presenti conclusioni).


33      V. considerando 27 della direttiva «procedure» e sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione / Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale) (C‑808/18, EU:C:2020:1029, punto 97 e giurisprudenza ivi citata).


34      Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2008, L 348, pag. 98; in prosieguo: la «direttiva “rimpatrio”»). Infatti, un cittadino di un paese terzo che entri illegalmente nel territorio di uno Stato membro e che non disponga di un permesso di soggiorno si trova ivi in «soggiorno irregolare» ai sensi di tale direttiva. Dovrebbe quindi, in linea di principio, essere sottoposto a una procedura di allontanamento ai sensi della citata direttiva.


35      V. sentenza Ministerio Fiscal (punti da 59 a 68). Il che, nel caso di specie, è stato debitamente rilevato dal giudice di primo grado (v. paragrafo 23 delle presenti conclusioni).


36      Infatti, tali disposizioni definiscono il «richiedente» come «il cittadino di un paese terzo o apolide che abbia presentato una domanda di protezione internazionale sulla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva».


37      V. considerando 27 della direttiva «procedure» nonché, in particolare, sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione / Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale) (C‑808/18, EU:C:2020:1029, punto 100 e giurisprudenza ivi citata).


38      V. considerando 9 della direttiva «rimpatrio» e sentenza Ministerio Fiscal (punto 99).


39      Questa disposizione impone agli Stati membri, in linea di principio, di registrare la domanda al più tardi tre o sei giorni lavorativi dopo la sua «presentazione», a seconda che la domanda sia stata presentata all’autorità competente a norma del diritto nazionale a registrarla o a un’«altra autorità».


40      V. considerando 27 della direttiva «procedure».


41      V. articolo 31, paragrafo 3, della direttiva «procedure» e sentenza del 16 novembre 2021, Commissione/Ungheria (Configurazione come reato degli aiuti ai richiedenti asilo) (C‑821/19, EU:C:2021:930, punto 81).


42      A tal proposito, sottolineo che se un richiedente non presenta la sua domanda, gli Stati membri possono, in linea di principio, applicare di conseguenza l’articolo 28 della direttiva «procedure» e quindi ritenere che vi abbia implicitamente rinunciato.


43      V., nello stesso senso, raccomandazione Rec(2003)5 1 del Comitato dei ministri agli Stati membri sulle misure di detenzione dei richiedenti asilo, adottata dal Comitato dei ministri il 16 aprile 2003 nel corso della 837a riunione dei delegati dei ministri, punto 8, e Corte EDU, 25 giugno 1996, Amuur c. Francia, CE:ECHR:1996:0625JUD001977692, § 43.


44      V. articolo 8, paragrafo 1, della direttiva «procedure».


45      Il governo lituano ha altresì sostenuto che un cittadino di un paese terzo entrato illegalmente nel territorio lituano potrebbe anche, in conformità con la sentenza Ministerio Fiscal, presentare una domanda d’asilo al giudice competente sul suo trattenimento. Se del caso, la domanda sarebbe trasmessa all’autorità competente per la registrazione e il richiedente avrebbe poi una possibilità concreta di introdurla e a questo punto sarebbe esaminata. Del resto, ciò è quanto si sarebbe verificato nel procedimento principale (v. paragrafo 50 delle presenti conclusioni). In risposta ai quesiti della Corte, detto governo ha spiegato che si tratta di un mezzo per presentare domanda d’asilo che, sebbene non sia previsto dall’articolo 14012 della legge sugli stranieri, non è nemmeno vietato da tale articolo. Ciò premesso, oltre al fatto che il giudice del rinvio non ha fornito la stessa interpretazione di detto articolo, osservo semplicemente che uno Stato membro non garantisce un accesso effettivo, facile e rapido a una procedura di riconoscimento della protezione internazionale qualora taluni cittadini siano obbligati a rivolgersi a un giudice per chiedere tale protezione.


46      V. articolo 6, paragrafo 5, della direttiva «procedure», che consente di prorogare tale termine fino a dieci giorni.


47      V. articolo 31, paragrafo 3, lettera b), della direttiva «procedure», che consente, in tali circostanze, di prorogare il termine di sei mesi normalmente applicabile per un periodo massimo di ulteriori nove mesi.


48      V., a tal riguardo, l’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva «accoglienza».


49      Sentenza del 14 maggio 2020, Országos Idegenrendeszeti Főigazgatóság Dél-alföldi Regionális Igazgatóság (C‑924/19 PPU e C‑925/19 PPU, EU:C:2020:367, punto 223).


50      V., per analogia, sentenza del 14 maggio 2020, Országos Idegenrendeszeti Főigazgatóság Dél-alföldi Regionális Igazgatóság (C‑924/19 PPU e/19 PPU, EU:C:2020:367, punti 226 e 227). MA ha anche sostenuto che le condizioni di vita nel centro VSAT in questione sono tali da costituire un trattamento inumano o degradante, vietato, tra l’altro, dall’articolo 4 della Carta e dall’articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»). Anche in questo caso, sarà compito del giudice del rinvio verificarlo alla luce della pertinente giurisprudenza [v., in particolare, sentenza del 25 luglio 2018 Generalstaatsanwaltschaft (Condizioni di detenzione in Ungheria) (C‑220/18 PPU, EU:C:2018:589)].


51      V., in particolare, sentenza Ministerio Fiscal (punto 104 e giurisprudenza ivi citata).


52      V., per questo punto di vista, paragrafi 100 e segg. delle presenti conclusioni.


53      Sentenza del 15 febbraio 2016, N. (C‑601/15 PPU, EU:C:2016:84, punti 55 e 67).


54      V., per analogia, sentenza dell’11 giugno 2015, Zh. e O. (C‑554/13, EU:C:2015:377, punti 49, 50, 57 e 61). Ciò vale, a maggior ragione, quando la persona interessata è entrata illegalmente nello Stato membro ospitante solo ai fini del transito verso un secondo Stato (v. punto 63 di tale sentenza).


55      V., per analogia, sentenza dell’11 giugno 2015, Zh. e O. (C‑554/13, EU:C:2015:377, punto 50).


56      V., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale) (C‑808/18, EU:C:2020:1029, punto 172).


57      Ciò è confermato dal fatto che, nel diritto lituano, la suddetta disposizione si trova già recepita nell’articolo 113, paragrafo 4, punto 5, della legge sugli stranieri.


58      V., in particolare, Corte EDU, 29 gennaio 2008, Saadi c. Regno Unito, CE:ECHR:2008:0129JUD001322903, § 64.


59      V., in particolare, articoli 8 e 13 del codice frontiere Schengen.


60      V., in particolare, articolo 5, paragrafo 3, del codice frontiere Schengen.


61      Il governo lituano ha riferito che, tra il 1° luglio 2021 e il 10 marzo 2022, 3 695 cittadini di paesi terzi avrebbero attraversato illegalmente le frontiere della Lituania.


62      V., rispettivamente, Parlamento europeo, risoluzione del 7 ottobre 2021 sulla situazione in Bielorussia a un anno dalle proteste e dalla loro violenta repressione (2021/2881(RSP)), § 16; Consiglio europeo, conclusioni della riunione del 21 e 22 ottobre 2021 (EUCO 17/21), § 19, e conclusioni della riunione del 16 dicembre 2021 (EUCO 22/21), §§ 18 e 21; 2021 State of the Union Address by President von der Leyen, Strasburgo, 15 settembre 2021.


63      V. paragrafo 92 delle presenti conclusioni.


64      COM(2021)752 final (in prosieguo: la «proposta di decisione del Consiglio»).


65      Proposta di decisione del Consiglio, relazione, punto 1.


66      COM(2021) 890 final.


67      Lo stesso giorno, la Commissione ha inoltre presentato una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del [codice frontiere Schengen] [(COM(2021) 891 final)], che mira in particolare a permettere agli Stati membri di agire prontamente in caso di «strumentalizzazione dei migranti». In sostanza, questa proposta prevede che in un caso del genere gli Stati membri potrebbero limitare il numero dei valichi di frontiera e intensificare la sorveglianza alle frontiere.


68      V., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale) (C‑808/18, EU:C:2020:1029, punto 214 e giurisprudenza ivi citata).


69      V. sentenza del 15 maggio 1986, Johnston (222/84, EU:C:1986:206, punto 27).


70      V. conclusioni dell’avvocato generale Darmon nella causa Johnston Johnston (222/84, non pubblicate, EU:C:1986:44, paragrafo 5), e conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Commissione/Grecia (C‑120/94, EU:C:1995:109, paragrafo 46).


71      Tuttavia, anche in questi casi, s’imporrebbero limiti, sulla base di alcuni diritti fondamentali inderogabili (v. paragrafi 138 e 139 delle presenti conclusioni).


72      V. in particolare, sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale) (C‑808/18, EU:C:2020:1029, punto 215).


73      V. conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Commissione/Grecia (C‑120/94, EU:C:1995:109, paragrafo 47) e conclusioni dell’avvocato generale La Pergola nella causa Sirdar (C‑273/97, EU:C:1999:246, paragrafo 21).


74      V., in particolare, sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale) (C‑808/18, EU:C:2020:1029, punto 215).


75      V., in particolare, sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale) (C‑808/18, EU:C:2020:1029, punto 216).


76      V., per analogia, sentenza del 17 dicembre 2020, Centraal Israëlitisch Consistorie van België e altri. (C‑336/19, EU:C:2020:1031, punto 64).


77      V., per analogia, sentenza del 21 maggio 2019, Commissione/Ungheria (Usufrutti su terreni agricoli) (C‑235/17, EU:C:2019:432, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).


78      Rilevo che una tale procedura è esplicitamente prevista dagli articoli 347 e 348 TFUE in caso di attuazione della prima disposizione.


79      Osservo, su tale punto, che la Repubblica di Lituania ha consultato i propri partner europei e ha invitato la Commissione a proporre misure temporanee sulla base dell’articolo 78, paragrafo 3, TFUE (v. proposta di decisione del Consiglio, relazione).


80      V., in tal senso, sentenza del 2 aprile 2020, Commissione/Polonia, Ungheria e Repubblica ceca (Meccanismo temporaneo di ricollocazione dei richiedenti protezione internazionale) (C‑715/17, C‑718/17 e, C‑719/17, EU:C:2020:257, punto 171).


81      V. conclusioni dell’avvocato generale Pikamäe nella causa Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale) (C‑808/18, EU:C:2020:493, paragrafo 103).


82      V. paragrafo 100 delle presenti conclusioni.


83      V. paragrafo 69 delle presenti conclusioni e articolo 9, paragrafo 1, della direttiva «procedure».


84      Vale a dire, ricordo, quando la persona interessata, senza un valido motivo, non si è presentata alle autorità o non ha presentato la domanda di protezione internazionale quanto prima possibile rispetto alle circostanze del suo ingresso.


85      Le autorità nazionali possono limitare la libertà di movimento di tali richiedenti solo ad un’area vicina alle frontiere o alle zone di transito di quello Stato membro, in conformità con l’articolo 7 della direttiva «accoglienza».


86      V. articolo 2, paragrafo 2, della proposta di decisione del Consiglio.


87      L’articolo 2, paragrafo 5, della proposta di decisione del Consiglio consente infatti di estendere a 16 settimane il termine che precede la concessione dell’accesso al territorio.


88      V., in particolare, sentenza del 14 maggio 2019, M e a. (Revoca dello status di rifugiato) (C‑391/15, C‑77/15 e C‑78/15, EU:C:2019:403, punti 74 e 75).


89      V., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale) (C‑808/18, EU:C:2020:1029, punto 102).


90      Conformemente a tale disposizione, qualsiasi limitazione all’esercizio di un diritto garantito dalla Carta è ammissibile solo a condizione che essa, in primo luogo, sia «prevista dalla legge», in secondo luogo, rispetti il «contenuto essenziale» di tale diritto e, in terzo luogo, rispetti il principio di proporzionalità.


91      A una tale privazione occorre, a mio avviso, contrapporre la possibilità di sottoporre l’esame della domanda a una procedura accelerata o a una procedura specifica alla frontiera.


92      V., in particolare, sentenza del 14 maggio 2019, M e a. (Revoca dello status di rifugiato) (C‑391/15, C‑77/15 e C‑78/15, EU:C:2019:403, punti da 94 a 96). V. altresì articolo 15 della CEDU, che permette, al suo paragrafo 1, agli Stati membri di derogare agli obblighi previsti da tale Convenzione in tempo di guerra o di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione, ma precisa, al suo paragrafo 2, che non autorizza alcuna deroga all’articolo 3 della convenzione medesima.


93      United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR), Observations on draft Amendments to the Law of the Republic of Lithuania on Legal Status of Aliens (No 21-29207), 27 settembre 2021, § 17.


94      V. Goodwin-Gill, G.S., «L’article 31 de la convention de 1951 relative au statut des réfugiés: l’absence de sanctions pénales, la détention et la protection», Feller, E., Türk, V., e Nicholson, F., (dir.) La Protection des réfugiés en droit international, Larcier, Bruxelles, 2008, pagg. da 232 a 234.


95      UNHCR, Observations on draft Amendments to the Law of the Republic of Lithuania on Legal Status of Aliens, op. cit., §§ 11 e 14 nonché riferimenti ivi citati. Inoltre, il legislatore dell’Unione ha già previsto misure meno drastiche per lottare contro eventuali abusi in materia (v. paragrafi 63 e 129 delle presenti conclusioni).


96      V. sentenza del 14 maggio 2019, M e a. (Revoca dello status di rifugiato) (C‑391/15, C‑77/15 e C‑78/15, EU:C:2019:403, punto 94).


97      Corte EDU, 13 febbraio 2020, ECLI:CE:ECHR:2020:0213JUD000867515. In tale sentenza, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato che la Spagna poteva, in deroga al principio del divieto di espulsioni collettive di cui all’articolo 4 del protocollo n. 4 della CEDU, respingere, senza esaminare le loro circostanze specifiche, i migranti che avevano tentato di attraversare illegalmente la sua frontiera, basandosi, da un lato, sul comportamento degli interessati e, dall’altro, sul fatto che tale Stato offriva possibilità effettive di ingresso regolare (§§ 201, 218, 222 e 231).


98      V. sentenza del 15 febbraio 2016, N. (C‑601/15 PPU, EU:C:2016:84, punto 56).


99      V. altresì, nella fattispecie, paragrafo 23 e nota 16 delle presenti conclusioni.


100      V., per analogia, Comitato per i diritti umani, A. c. Australia, 1997, paragrafo 9.4. V. anche UNHCR, Linee Guida sui criteri e gli standard applicabili relativamente alla detenzione dei richiedenti asilo e sulle misure alternative alla detenzione, 2012, punti 31 e 32.


101      Infatti, sebbene l’articolo 5, paragrafo 3, del codice frontiere Schengen preveda che gli Stati membri impongono sanzioni in caso di attraversamento non autorizzato delle frontiere esterne, tale obbligo è imposto a tali Stati «[f]att[i] salv[i] (…) i loro obblighi in materia di protezione internazionale», giacché tali sanzioni non possono, in linea di principio, essere inflitte ai rifugiati.


102      V. Goodwin-Gill, G.S., op. cit., pagg. da 232 a 234.


103      Su questo punto, preciserò semplicemente, per quanto riguarda la condizione secondo cui i rifugiati devono «giung[ere] direttamente da un territorio in cui la loro vita o la loro libertà erano minacciate», che è generalmente ammesso che tale espressione non va intesa letteralmente, e che essa ricomprende anche le situazioni in cui gli interessati durante il loro viaggio transitano attraverso un altro paese nel quale non era loro garantita alcuna protezione effettiva (v. Goodwin-Gill, G.S., op. cit., pag. 232), categoria nella quale la Bielorussia sembra poter essere classificata con ogni verosimiglianza. Pertanto, il semplice fatto che un richiedente asilo, provenendo dal suo paese d’origine, abbia soggiornato brevemente in Bielorussia prima di entrare in Lituania, non gli fa perdere il beneficio della protezione di cui all’articolo 31, paragrafo 1, della convenzione di Ginevra.