Language of document : ECLI:EU:C:2017:800

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

25 ottobre 2017 (*)

«Impugnazione – Risorse proprie dell’Unione europea – Decisione 2007/436/CE – Responsabilità finanziaria degli Stati membri – Perdita di determinati dazi all’importazione – Obbligo di versare alla Commissione europea l’importo corrispondente alla perdita – Ricorso di annullamento – Ricevibilità – Lettera della Commissione europea –Nozione di “atto impugnabile”»

Nelle cause riunite C‑593/15 P e C‑594/15 P,

aventi ad oggetto due impugnazioni ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposte il 13 novembre 2015,

Repubblica slovacca, rappresentata da B. Ricziová, in qualità di agente,

ricorrente,

sostenuta da:

Repubblica ceca, rappresentata da M. Smolek, J. Vláčil e T. Müller, in qualità di agenti,

Repubblica federale di Germania, rappresentata da T. Henze e K. Stranz, in qualità di agenti,

Romania, rappresentata da R.‑H. Radu, M. Chicu e A. Wellman, in qualità di agenti,

intervenienti in sede d’impugnazione,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata da A. Caeiros, A. Tokár, G.‑D. Balan e Z. Malůšková, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da T. von Danwitz, presidente di sezione, C. Vajda, E. Juhász, K. Jürimäe (relatore) e C. Lycourgos, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: M. Aleksejev, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 23 marzo 2017,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 giugno 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con le sue impugnazioni, la Repubblica slovacca chiede l’annullamento delle ordinanze del Tribunale dell’Unione europea del 14 settembre 2015, Slovacchia/Commissione (T‑678/14, non pubblicata; in prosieguo: la «prima ordinanza impugnata», EU:T:2015:661), e Slovacchia/Commissione (T‑779/14, non pubblicata; in prosieguo: la «seconda ordinanza impugnata», EU:T:2015:655) (in prosieguo, congiuntamente: le «ordinanze impugnate»), con le quali detto giudice ha respinto per manifesta irricevibilità i suoi ricorsi diretti all’annullamento delle decisioni della Direzione generale del Bilancio della Commissione europea asseritamente contenute nella lettera BUDG/B/03MV D (2014) 2351197, del 15 luglio 2014 (in prosieguo: la «prima lettera controversa»), e nella lettera BUDG/B/03MV D (2014) 3139078, del 24 settembre 2014 (in prosieguo: la «seconda lettera controversa» (in prosieguo, congiuntamente: le «lettere controverse»).

 Contesto normativo

2        La decisione 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee (GU 2007, L 163, pag. 17) abroga, con effetto dal 1o gennaio 2007, la decisione 2000/597/CE, Euratom del Consiglio, del 29 settembre 2000, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee (GU 2000, L 253, pag. 42).

3        Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2000/597 e dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione 2007/436, costituiscono risorse proprie iscritte nel bilancio generale dell’Unione europea le entrate provenienti, in particolare, dai «dazi della tariffa doganale comune e [da] altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni [dell’Unione] sugli scambi con paesi terzi» (in prosieguo: le «risorse proprie»).

4        A norma dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (CE, Euratom) n. 1150/2000 del Consiglio, del 22 maggio 2000, recante applicazione della decisione 2007/436/CE (GU 2000, L 130, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE, Euratom) n. 105/2009 del Consiglio, del 26 gennaio 2009 (GU 2009, L 36, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 1150/2000»), un dazio dell’Unione sulle risorse proprie è accertato non appena ricorrono le condizioni previste dalla normativa doganale per quanto riguarda la registrazione dell’importo del dazio e la comunicazione del medesimo al soggetto passivo.

5        L’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, del regolamento n. 1150/2000 dispone quanto segue:

«Secondo le modalità definite dall’articolo 10, le risorse proprie vengono accreditate da ogni Stato membro sul conto aperto a tale scopo a nome della Commissione presso il Tesoro o l’organismo da esso designato».

6        Conformemente all’articolo 10, paragrafo 1, di detto regolamento, l’iscrizione delle risorse proprie ha luogo entro il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello in cui il dazio è stato accertato a norma dell’articolo 2 di detto regolamento.

7        Ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 1150/2000, ogni ritardo nelle iscrizioni sul conto di cui all’articolo 9, paragrafo 1, dà luogo al pagamento, da parte dello Stato membro in questione, di interessi di mora.

 Fatti all’origine della controversia

8        Nel corso degli anni 2006 e 2007, talune società hanno reso, in qualità di obbligate principali, dichiarazioni doganali in Germania per vincolare merci con destinazione in Slovacchia al regime del transito comunitario esterno previsto agli articoli 91 e seguenti del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (GU 1992, L 302, pag. 1).

9        Con tali operazioni di transito, le autorità doganali slovacche hanno, entro i termini richiesti e mediante il nuovo sistema di transito informatizzato (NCTS), comunicato alle autorità tedesche la presentazione delle merci all’ufficio doganale di destinazione nonché l’esito del controllo effettuato. Le operazioni in questione sono state quindi appurate e la garanzia finanziaria fornita dalle obbligate principali è stata svincolata.

10      Tuttavia, da un’indagine svolta in Slovacchia è emerso che, presso l’ufficio doganale di destinazione slovacco, talune operazioni di transito erano state irregolarmente dichiarate concluse a seguito di un’introduzione illecita nel NCTS.

11      Con le lettere controverse, il direttore della Direzione «Risorse proprie e programmazione finanziaria» della Direzione generale del Bilancio della Commissione europea (in prosieguo: il «direttore») ha ricordato che, con decisione C (2011) 9750 definitivo, del 5 gennaio 2012 (fascicolo REM 03/2010), la Commissione, a seguito di una domanda delle autorità tedesche, aveva accertato la correttezza di uno sgravio dei dazi all’importazione, in applicazione dell’articolo 239 del regolamento n. 2913/92, con riferimento a una società tedesca che aveva depositato, in qualità di obbligata principale, varie dichiarazioni a nome dei suoi clienti per il trasporto, nel corso degli anni 2006 e 2007, di merci in regime di transito esterno con destinazione in Slovacchia. A tale riguardo, la Commissione ha sottolineato che la chiusura irregolare delle operazioni di transito configurava delle manovre fraudolente che potevano trovare una ragionevole spiegazione solo nell’attiva complicità di un agente doganale dell’ufficio di destinazione slovacco o in una carenza organizzativa di tale ufficio che aveva permesso a un terzo di accedere al NCTS.

12      Il direttore ha altresì indicato, in sostanza, che le autorità tedesche avevano, per motivazioni analoghe, concesso sgravi doganali in altri casi. Vengono in tal senso menzionati, nella prima lettera controversa, il caso di un’altra società e, nella seconda lettera controversa, sei altre vicende.

13      Nelle lettere controverse, il direttore ha esposto che, a parere dei servizi della Commissione, la Repubblica slovacca era considerata finanziariamente responsabile, dal momento che la conferma dell’appuramento sui documenti di transito restituiti all’ufficio tedesco di partenza aveva impedito alle autorità tedesche di riscuotere o di recuperare dazi doganali, che costituiscono risorse proprie tradizionali. Egli ha precisato che, sebbene la Repubblica slovacca non fosse incaricata di riscuotere i dazi doganali dovuti per l’importazione all’interno dell’Unione, uno Stato membro rimaneva finanziariamente responsabile per le perdite di risorse proprie in caso di errori o frodi da parte delle sue autorità o dei loro rappresentanti.

14      Il direttore ha inoltre sottolineato che le autorità slovacche non avevano potuto garantire che le disposizioni doganali dell’Unione fossero state correttamente applicate. Da questa errata applicazione del diritto dell’Unione sarebbe derivata una perdita di risorse proprie tradizionali, dal momento che le autorità tedesche non avevano potuto riscuotere dazi doganali e metterli a disposizione della Commissione. Il direttore ne ha dedotto che la Repubblica slovacca doveva risarcire il bilancio dell’Unione per la perdita così inflitta. A tale riguardo, egli ha fatto riferimento, per analogia, al punto 44 della sentenza dell’8 luglio 2010, Commissione/Italia (C‑334/08, EU:C:2010:414).

15      Il direttore ha spiegato, in sostanza, che un eventuale rifiuto della Repubblica slovacca di mettere a disposizione tali risorse proprie tradizionali sarebbe stato contrario al principio di leale cooperazione tra gli Stati membri e all’interno dell’Unione e avrebbe rappresentato un ostacolo al buon funzionamento del sistema delle risorse proprie.

16      Di conseguenza, egli ha invitato le autorità slovacche a mettere a disposizione della Commissione due importi lordi di risorse proprie pari, rispettivamente, a EUR 1 602 457,33 e a EUR 1 453 723,12, da cui occorreva detrarre il 25% a titolo di spese di riscossione, entro e non oltre il primo giorno feriale dopo il diciannovesimo giorno del secondo mese successivo all’invio delle lettere controverse. Ha aggiunto che ogni ritardo avrebbe dato luogo al pagamento di interessi in applicazione dell’articolo 11 del regolamento n. 1150/2000.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e ordinanze impugnate

17      Con atti introduttivi depositati nella cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 22 settembre e il 26 novembre 2014, la Repubblica slovacca ha proposto ricorsi diretti all’annullamento delle decisioni asseritamente contenute nelle lettere controverse.

18      Con atti separati, depositati nella cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 5 dicembre 2014 e il 12 febbraio 2015, la Commissione ha sollevato eccezioni di irricevibilità ai sensi dell’articolo 114, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991. Tali eccezioni si basavano, in entrambe le cause, sull’assenza di atti impugnabili con un ricorso di annullamento e, nella causa T‑678/14, sul carattere meramente confermativo della prima lettera controversa.

19      La Repubblica slovacca ha depositato osservazioni su tali eccezioni di irricevibilità.

20      Con atti depositati nella cancelleria del Tribunale rispettivamente l’8 e il 23 gennaio 2015, la Repubblica federale di Germania e la Romania hanno chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica slovacca nella causa T‑678/14. Con atti depositati nella cancelleria del Tribunale rispettivamente il 10 aprile e il 4 maggio 2015, tali Stati membri hanno chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica slovacca nella causa T‑779/14.

21      Con le ordinanze impugnate, il Tribunale si è pronunciato sulle eccezioni di irricevibilità della Commissione in applicazione dell’articolo 130 del suo regolamento di procedura.

22      Per valutare l’impugnabilità delle lettere controverse, il Tribunale ha esaminato, ai punti da 27 a 37 e 39 della prima ordinanza impugnata nonché ai punti da 26 a 36 e 38 della seconda ordinanza impugnata, la ripartizione dei poteri tra la Commissione e gli Stati membri in materia di accertamento delle risorse proprie ai sensi delle disposizioni della decisione 2007/436 e del regolamento n. 1150/2000. Esso ha concluso, al punto 41 della prima ordinanza impugnata e al punto 40 della seconda ordinanza impugnata, che, dal momento che nessuna disposizione legittima la Commissione a emettere un atto giuridico che obblighi uno Stato membro a mettere a disposizione risorse proprie, doveva ritenersi che le lettere controverse avessero valore informativo e costituissero un mero invito rivolto alla Repubblica slovacca.

23      A questo proposito, il Tribunale ha precisato, ai punti da 42 a 44 della prima ordinanza impugnata e da 41 a 43 della seconda ordinanza impugnata, che un’opinione espressa dalla Commissione, come quella contenuta in tali lettere, non vincola le autorità nazionali e, ai punti da 45 a 47 della prima ordinanza impugnata nonché ai punti da 44 a 46 della seconda ordinanza impugnata, che essa non può costituire, analogamente a quanto avviene per i pareri motivati emessi nell’ambito della fase precontenziosa di un procedimento per inadempimento, un atto impugnabile.

24      Infine, il Tribunale ha respinto gli argomenti dedotti dalla Repubblica slovacca. In particolare, ai punti 54 e 55 della prima ordinanza impugnata e 53 e 54 della seconda ordinanza impugnata, esso ha respinto perché inconferenti gli argomenti relativi alle circostanze che la Commissione avrebbe proceduto a un’errata interpretazione della normativa rilevante, che le lettere controverse sarebbero prive di fondamento giuridico o che le somme ivi menzionate non potrebbero essere qualificate come «risorse proprie», con la motivazione che tali argomenti avevano ad oggetto la fondatezza del contenuto delle suddette lettere. Ai punti da 56 a 59 della prima ordinanza impugnata e da 55 a 58 della seconda ordinanza impugnata, il Tribunale, inoltre, ha risposto ad argomenti attinenti al sistema completo di rimedi giurisdizionali, alla tutela giurisdizionale effettiva e all’urgenza del caso specifico che deriverebbe, in particolare, dal rischio di dover pagare interessi di mora considerevoli.

25      Sulla base di tali elementi, il Tribunale ha accolto le eccezioni di irricevibilità sollevate dalla Commissione e ha respinto i ricorsi della Repubblica slovacca per irricevibilità, in quanto erano diretti contro atti non impugnabili, senza pronunciarsi sulle istanze di intervento della Repubblica federale di Germania e della Romania.

 Conclusioni delle parti del giudizio d’impugnazione e procedimento dinanzi alla Corte

26      Con le sue impugnazioni, la Repubblica slovacca chiede che la Corte voglia:

–        annullare integralmente le ordinanze impugnate;

–        pronunciarsi essa stessa sulla ricevibilità dei suoi ricorsi e rinviare la causa al Tribunale perché decida sulla fondatezza dei medesimi o, in subordine, rinviare le cause dinanzi al Tribunale perché statuisca sulla ricevibilità e sulla fondatezza dei ricorsi, e

–        condannare la Commissione alle spese.

27      Con la sua comparsa di risposta, la Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere le impugnazioni e

–        condannare la Repubblica slovacca alle spese.

28      Nelle loro memorie d’intervento, la Repubblica federale di Germania e la Romania chiedono, in sostanza, alla Corte di accogliere le impugnazioni.

29      Con decisione del presidente della Corte del 12 gennaio 2016, le cause C‑593/15 P e C‑594/15 P sono state riunite ai fini delle fasi scritta ed orale del procedimento nonché della sentenza.

 Sulle impugnazioni

30      A sostegno delle sue impugnazioni, la Repubblica slovacca deduce due motivi vertenti, il primo, su errori di diritto e, il secondo, dedotto in via subordinata, su una violazione dell’obbligo di motivazione gravante sul Tribunale.

 Sul primo motivo

 Argomenti delle parti

31      Con il suo primo motivo, la Repubblica slovacca censura il Tribunale per aver commesso vari errori di diritto nella valutazione della natura e degli effetti delle lettere controverse. Tale motivo è suddiviso in tre serie di argomenti.

32      In primo luogo, la Repubblica slovacca deduce, in sostanza, che il Tribunale è incorso in errore sulla natura degli importi reclamati nelle lettere controverse qualificandoli, quanto meno implicitamente, come «risorse proprie» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della decisione 2007/436. Il Tribunale avrebbe quindi erroneamente applicato disposizioni normative e giurisprudenziali relative alle risorse proprie al fine di pronunciarsi sui poteri decisionali della Commissione. Dal momento che la corretta qualificazione giuridica di tali importi assumeva rilevanza per la valutazione della ricevibilità dei ricorsi, il Tribunale non avrebbe peraltro potuto, senza incorrere in errori di diritto, limitarsi ad affermare, ai punti 54 e 55 della prima ordinanza impugnata nonché ai punti 53 e 54 della seconda ordinanza impugnata, che gli argomenti da essa esposti al riguardo attenevano alla valutazione sul merito.

33      In ogni caso, la giurisprudenza citata dal Tribunale ai punti da 28 a 34 della prima ordinanza impugnata e ai punti da 27 a 33 della seconda ordinanza impugnata non sarebbe pertinente nella fattispecie, dato che essa enuncia gli obblighi degli Stati membri in materia di risorse proprie nelle relazioni bilaterali tra la Commissione e lo Stato membro incaricato di mettere a disposizione tali risorse. Le presenti vicende, infatti, implicherebbero una relazione tripartita tra la Commissione, la Repubblica federale di Germania quale Stato membro incaricato di mettere a disposizione risorse proprie, nonché la Repubblica slovacca, che non era responsabile della messa a disposizione di tali risorse.

34      Nelle sue osservazioni sulle memorie di intervento, la Repubblica slovacca sottolinea altresì l’incertezza giuridica e il rischio di conseguenze finanziarie gravi che deriverebbero dai dubbi sul fondamento giuridico del prospettato obbligo di mettere a disposizione gli importi reclamati. Essa nega l’esistenza stessa di un obbligo siffatto ai sensi del diritto dell’Unione. Dato che, con le lettere controverse, la Commissione ha fissato un obbligo e delle conseguenze non previsti da detto diritto, queste lettere produrrebbero chiaramente effetti giuridici tali da incidere sui suoi interessi. In ogni caso, sarebbe utile che la Corte chiarisse le problematiche legate al suddetto fondamento giuridico nelle presenti cause.

35      In secondo luogo, la Repubblica slovacca fa valere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto elevando, in sostanza, al punto 41 della prima ordinanza impugnata e al punto 40 della seconda ordinanza impugnata, il criterio del potere dell’autore dell’atto impugnato al rango di condicio sine qua non per l’esistenza di un atto impugnabile. È pur vero che la Corte ha dichiarato, al punto 55 della sentenza del 13 febbraio 2014, Ungheria/Commissione (C‑31/13 P, EU:C:2014:70), che gli effetti di un atto devono essere valutati anche in funzione dei poteri dell’istituzione da cui emanano. Tuttavia, tale giurisprudenza non può essere interpretata nel senso che la mancanza di potere avrebbe come conseguenza ineludibile che un atto di un’istituzione dell’Unione non potrebbe in alcun caso costituire un atto che produce effetti giuridici vincolanti, impugnabile con un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE. Un approccio del genere renderebbe del tutto irrilevante il motivo di illegittimità vertente sull’incompetenza dell’autore dell’atto.

36      In terzo luogo, la Repubblica slovacca ritiene che, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale al punto 59 della prima ordinanza impugnata e al punto 58 della seconda ordinanza impugnata, la sua possibilità di procedere a un pagamento in via provvisoria non è idonea né a ovviare all’insufficienza della tutela giurisdizionale e dell’accesso alla giustizia né a rimediare all’urgenza della situazione in un caso come quello di cui alle presenti cause. Infatti, l’irricevibilità dei ricorsi promossi dinanzi al Tribunale avrebbe effetti negativi inaccettabili sulla sua situazione, dato che essa potrebbe contestare le rivendicazioni della Commissione solo in occasione di un eventuale ricorso per inadempimento, e dovrebbe quindi correre il rischio di pagare interessi di mora elevati. Orbene, la scelta di procedere al pagamento in via provvisoria, pagamento che non sarebbe previsto da alcun atto giuridico dell’Unione e la cui ripetizione non sarebbe garantita dalla giurisprudenza, non le assicurerebbe affatto un accesso alla giustizia.

37      La Commissione contesta la fondatezza di tutti questi argomenti e ritiene che il primo motivo debba essere respinto in quanto infondato.

38      In primo luogo, tale istituzione fa valere che gli argomenti relativi alla natura degli importi reclamati, al loro versamento da parte della Repubblica slovacca nonché all’esistenza di un obbligo a carico di detto Stato membro di procedere alla loro messa a disposizione attengono alla valutazione della fondatezza dei ricorsi, e non della loro ricevibilità. Quanto alla valutazione della ricevibilità, la Commissione ritiene che il Tribunale abbia esaminato il contenuto delle lettere controverse in modo conforme alla giurisprudenza e abbia correttamente dichiarato che, alla luce di tale contenuto, dette lettere contengono un mero invito a mettere a disposizione risorse proprie, dichiarazione di cui né la Repubblica slovacca né gli Stati membri intervenienti hanno dimostrato l’invalidità. Correttamente, dunque, il Tribunale ha valutato i ricorsi alla luce delle disposizioni e della giurisprudenza relative alle risorse proprie.

39      A tale riguardo, da un lato, sarebbe pacifico che gli importi in questione costituiscono dazi doganali e, pertanto, risorse proprie tradizionali. Dall’altro, procedendo all’analisi di tali disposizioni in sede di valutazione della ricevibilità, il Tribunale non si sarebbe affatto pronunciato su un eventuale obbligo della Repubblica slovacca di mettere a disposizione gli importi considerati. Orbene, dall’insieme delle medesime disposizioni, come interpretate dalla giurisprudenza, nonché dalle norme che disciplinano il procedimento per inadempimento, emergerebbe che la Commissione non sarebbe investita di alcuna competenza a stabilire in modo vincolante l’importo delle risorse proprie, a fissare il termine per il loro versamento e a decidere sugli interessi di mora.

40      In ogni caso, la Commissione è del parere che, anche ove si dovesse ritenere che le lettere controverse non avessero ad oggetto il pagamento di risorse proprie, queste lettere non siano idonee a produrre effetti giuridici vincolanti. Infatti, non sarebbe stata individuata alcuna base giuridica per l’adozione di un simile atto giuridico vincolante.

41      In secondo luogo, la Commissione sostiene, in sostanza, che l’esame della portata dei suoi poteri si inserisce, nelle presenti cause, in un esame complesso volto a determinare se le lettere controverse siano impugnabili, alla luce della loro natura, del contesto della loro adozione e dei poteri del loro autore. A suo avviso, occorre distinguere, da un lato, gli atti che producono effetti giuridici e che sono stati adottati da un’istituzione incompetente e, dall’altro, gli atti che non producono effetti del genere e che non potrebbero quindi costituire oggetto di ricorso di annullamento.

42      In terzo luogo, la Commissione ritiene che dalle caratteristiche del sistema delle risorse proprie emerga inevitabilmente che essa non dispone di competenza a adottare decisioni vincolanti in materia. L’assenza di tale competenza non potrebbe quindi essere assimilata a una negazione del diritto della Repubblica slovacca a una tutela giurisdizionale effettiva. Lo stesso sarebbe a dirsi per l’obbligo a carico di tale Stato membro di versare interessi di mora, che discenderebbe direttamente dall’articolo 11 del regolamento n. 1150/2000. Inoltre, il pagamento in via provvisoria sarebbe destinato non già a garantire una tutela giurisdizionale effettiva, ma ad attenuare l’eventuale onere finanziario che l’obbligo di versare interessi di mora può rappresentare per uno Stato membro. Il rischio, poi, che sorgano interessi di mora sarebbe legato all’inadempimento dell’obbligo di mettere le risorse proprie a sua disposizione, e non al fatto che le lettere controverse contenevano un invito in tal senso.

43      L’incompetenza a adottare decisioni vincolanti in materia di risorse proprie sarebbe peraltro confermata dal rigetto, da parte del Consiglio, di una proposta di modifica dell’articolo 17 del regolamento n. 1150/2000, che avrebbe investito la Commissione del potere di esaminare la questione e di adottare una decisione debitamente motivata in caso di importo dei dazi accertati superiore a EUR 50 000.

44      Inoltre, la Commissione rileva che un ricorso di annullamento può essere proposto solo se la controversia ha ad oggetto la validità di un atto che produce effetti giuridici. Se, invece, l’oggetto della controversia è l’esistenza di un obbligo di uno Stato membro derivante dal diritto dell’Unione, il solo mezzo di ricorso disponibile è il ricorso per inadempimento. I Trattati, infatti, non prevedono alcun procedimento esperibile da uno Stato membro per determinare se esso stesso abbia soddisfatto gli obblighi che gli incombono in forza del diritto dell’Unione.

45      La Repubblica ceca, la Repubblica federale di Germania e la Romania ritengono che il primo motivo debba essere accolto.

 Giudizio della Corte

46      Per costante giurisprudenza, sono considerati «atti impugnabili» ai sensi dell’articolo 263 TFUE tutti i provvedimenti, a prescindere dalla loro forma, adottati dalle istituzioni dell’Unione e intesi alla produzione di effetti giuridici vincolanti (sentenza del 13 febbraio 2014, Ungheria/Commissione, C‑31/13 P, EU:C:2014:70, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

47      Per stabilire se un atto impugnato produca simili effetti, occorre tener conto della sua sostanza (sentenza del 22 giugno 2000, Paesi Bassi/Commissione, C‑147/96, EU:C:2000:335, punto 27 e giurisprudenza ivi citata). Tali effetti devono essere valutati in funzione di criteri obiettivi, quali il contenuto di tale atto, tenendo conto, eventualmente, del contesto in cui quest’ultimo è stato adottato nonché dei poteri dell’istituzione emanante (sentenza del 13 febbraio 2014, Ungheria/Commissione, C‑31/13 P, EU:C:2014:70, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

48      Nelle ordinanze impugnate, il Tribunale si è pronunciato sulle eccezioni di irricevibilità della Commissione senza avviare la discussione nel merito. Come esposto ai punti 22 e 23 della presente sentenza, in esito a un esame della ripartizione dei poteri tra la Commissione e gli Stati membri in materia di accertamento delle risorse proprie ai sensi delle disposizioni della decisione 2007/436 e del regolamento n. 1150/2000, il Tribunale ha concluso, al punto 41 della prima ordinanza impugnata e al punto 40 della seconda ordinanza impugnata, che, dal momento che nessuna disposizione legittima la Commissione a emettere un atto giuridico che obblighi uno Stato membro a mettere a disposizione risorse proprie, doveva ritenersi che le lettere controverse avessero valore informativo e costituissero un mero invito rivolto alla Repubblica slovacca.

49      A tale riguardo, il Tribunale ha precisato che un’opinione espressa dalla Commissione, come quella contenuta in tali lettere, non vincola le autorità nazionali e che detta opinione non può costituire, analogamente a quanto avviene per i pareri motivati emessi nell’ambito della fase precontenziosa di un procedimento per inadempimento, un atto impugnabile.

50      Da un lato, è pur vero che risulta che il Tribunale ha essenzialmente basato la propria valutazione circa l’impugnabilità delle lettere controverse su un esame dei poteri della Commissione alla luce delle disposizioni della decisione 2007/436 e del regolamento n. 1150/2000. Così operando, contrariamente a quanto dedotto dalla Repubblica slovacca, esso non ha tuttavia né valutato la natura dei fondi reclamati né qualificato tali fondi come «risorse proprie».

51      Il Tribunale si è infatti limitato, nelle ordinanze impugnate, a esplicitare astrattamente gli obblighi e i poteri incombenti rispettivamente agli Stati membri e alla Commissione nel settore delle risorse proprie dell’Unione. Orbene, dato che, come emerge dai punti da 4 a 10 della prima ordinanza impugnata e dai punti da 4 a 10 della seconda ordinanza impugnata, la Commissione aveva emesso le lettere controverse in tale settore, il Tribunale poteva, senza incorrere in errore di diritto, valutare tali obblighi e poteri alla luce della normativa relativa alle risorse proprie, ai soli fini dell’esame dell’impugnabilità di tali lettere e senza pregiudicare le questioni, attinenti al merito, della sua applicabilità alle circostanze del caso di specie e della qualificazione degli importi considerati.

52      Occorre inoltre considerare che, in tali circostanze, correttamente il Tribunale ha respinto in quanto inconferenti, al punto 55 della prima ordinanza impugnata e al punto 54 della seconda ordinanza impugnata, gli argomenti dedotti dalla Repubblica slovacca e vertenti sulla fondatezza del contenuto delle lettere controverse.

53      Occorre dall’altro lato osservare, in senso contrario, che, come correttamente dedotto dalla Repubblica slovacca, il Tribunale si è limitato a esaminare i poteri dell’autore dell’atto, senza neppure procedere a un’analisi del contenuto stesso delle lettere controverse, contrariamente a quanto richiesto dalla giurisprudenza richiamata al punto 47 della presente sentenza.

54      Conseguentemente, il Tribunale ha commesso un errore di diritto.

55      Occorre tuttavia ricordare che se dalla motivazione di una sentenza del Tribunale risulta una violazione del diritto dell’Unione, ma il dispositivo della medesima sentenza appare fondato per altri motivi di diritto, una violazione siffatta non è idonea a determinare l’annullamento di tale sentenza e occorre procedere a una sostituzione della motivazione (v., in tal senso, sentenze del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 150, nonché del 5 marzo 2015, Commissione e a./Versalis e a., C‑93/13 P e C‑123/13 P, EU:C:2015:150, punto 102 e giurisprudenza ivi citata).

56      È quanto avviene nel caso di specie.

57      Alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti 46 e 47 della presente sentenza, emerge, infatti, da un’analisi del contenuto delle lettere controverse, tenendo conto del contesto della loro emissione nonché dei poteri della Commissione, che tali lettere non possono essere qualificate come «atti impugnabili».

58      In primo luogo, per quanto riguarda il contenuto di tali lettere, occorre rilevare che, dopo un richiamo dei fatti controversi, il direttore vi ha espresso il punto di vista della suddetta Direzione secondo cui la Repubblica slovacca era considerata responsabile delle perdite di risorse proprie avvenute in Germania. Egli ha ritenuto che la Repubblica slovacca dovesse risarcire tali perdite e che, in caso di negata messa a disposizione degli importi considerati, quest’ultima avrebbe violato il principio di leale cooperazione e avrebbe messo in pericolo il funzionamento del sistema delle risorse proprie. Alla luce di tali elementi, l’ha invitata a mettere a sua disposizione gli importi corrispondenti alle perdite in questione e ha precisato che il mancato pagamento entro il termine fissato da queste stesse lettere avrebbe dato luogo al pagamento di interessi di mora in applicazione dell’articolo 11 del regolamento n. 1150/2000.

59      Da tale richiamo emerge che, con le lettere controverse, la Commissione ha essenzialmente esposto alla Repubblica slovacca il suo parere quanto alle conseguenze giuridiche delle perdite di risorse proprie avvenute in Germania e agli obblighi che, a suo avviso, ne sarebbero derivati per la Repubblica slovacca. Alla luce di tale parere, essa ha invitato detto Stato membro a mettere a disposizione gli importi considerati.

60      Orbene, si deve ritenere che né l’esposizione di un mero parere giuridico né un semplice invito a mettere a disposizione gli importi considerati possano essere idonei a produrre effetti giuridici.

61      Il solo fatto che le lettere controverse fissino un termine per la messa a disposizione di tali importi e indichino, al contempo, che un ritardo può dar luogo a interessi di mora non consente, alla luce del contenuto complessivo di tali lettere, di ritenere che la Commissione abbia voluto, anziché esprimere il proprio parere, adottare atti che producono effetti giuridici vincolanti né, pertanto, conferire a tali lettere natura di atti impugnabili.

62      In secondo luogo, quanto al contesto, si deve precisare che, nel corso dell’udienza, la Commissione, senza essere stata contraddetta sul punto né dalla Repubblica slovacca né dagli Stati membri intervenienti, ha osservato che l’invio di lettere simili alle lettere controverse costituiva una prassi comune di tale istituzione e destinata ad avviare discussioni informali sul rispetto del diritto dell’Unione da parte di uno Stato membro, discussioni che potrebbero essere seguite dal lancio della fase precontenziosa di un procedimento per inadempimento. Tale contesto trova un riflesso nelle lettere controverse, le quali espongono chiaramente le ragioni per cui la Commissione ritiene che la Repubblica slovacca potrebbe essere venuta meno a disposizioni del diritto dell’Unione. Inoltre, emerge senza ambiguità dai ricorsi depositati da quest’ultima dinanzi al Tribunale che detto contesto le era noto, e che l’intenzione della Commissione di avviare contatti informali è stata ben compresa.

63      Orbene, dalla giurisprudenza emerge che, in considerazione del potere discrezionale della Commissione quanto all’avvio di un procedimento per inadempimento, un parere motivato non può produrre effetti giuridici vincolanti (v., in tal senso, sentenza del 29 settembre 1998, Commissione/Germania, C‑191/95, EU:C:1998:441, punto 46 e giurisprudenza ivi citata). Questo vale a maggior ragione nel caso di lettere che, al pari delle lettere controverse, possono essere considerate mere prese di contatto informali che preludono all’avvio della fase precontenziosa di un ricorso per inadempimento.

64      In terzo luogo, quanto ai poteri della Commissione, è pacifico tra le parti che, in ogni caso, tale istituzione non dispone di alcuna competenza a adottare atti vincolanti che ingiungano a uno Stato membro di mettere a disposizione somme come quelle discusse nelle presenti cause. Infatti, da un lato, anche supponendo che, come osservato dalla Repubblica slovacca, tali importi non possano essere qualificati come «risorse proprie», la Commissione ha indicato dinanzi alla Corte che non poteva essere individuata alcuna base giuridica per l’adozione di un atto vincolante. Dall’altro, anche nell’ipotesi in cui tali importi debbano essere qualificati come «risorse proprie» in senso contrario agli argomenti della Repubblica slovacca, occorre osservare che l’argomentazione della Commissione secondo cui essa non è investita di alcun potere decisionale né dalla decisione 2007/436 né dal regolamento n. 1150/2000 non è stata contraddetta da tale Stato membro.

65      Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, occorre concludere che le lettere controverse non costituiscono «atti impugnabili» ai sensi dell’articolo 263 TFUE, senza che sia necessario pronunciarsi sulle questioni, attinenti al merito, relative all’applicabilità della decisione 2007/436 e del regolamento n. 1150/2000 e alla qualificazione giuridica degli importi reclamati.

66      Tale conclusione non è rimessa in discussione dagli argomenti della Repubblica slovacca vertenti sul diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, sull’inutile prolungamento della controversia che la contrappone alla Commissione e sul rischio di interessi di mora. Infatti, sebbene il requisito relativo agli effetti giuridici vincolanti debba essere interpretato alla luce del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva garantito dall’articolo 47, primo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, è sufficiente ricordare che tale diritto non è inteso a modificare il sistema di controllo giurisdizionale previsto dai Trattati, e in particolare le norme relative alla ricevibilità dei ricorsi proposti direttamente dinanzi al giudice dell’Unione europea, come si evince altresì dalle spiegazioni relative a tale articolo 47, le quali, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, TUE e all’articolo 52, paragrafo 7, della Carta, devono essere prese in considerazione ai fini dell’interpretazione di quest’ultima (sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 97 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, l’interpretazione della nozione di «atto impugnabile» alla luce di tale articolo 47 non può condurre a escludere questo requisito senza eccedere le competenze attribuite dal Trattato ai giudici dell’Unione [v., per analogia, sentenza del 12 settembre 2006, Reynolds Tobacco e a./Commissione, C‑131/03 P, EU:C:2006:541, punto 81, nonché ordinanza del 14 maggio 2012, Sepracor Pharmaceuticals (Ireland)/Commissione, C‑477/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:292, punto 54].

67      Di conseguenza, il dispositivo delle ordinanze impugnate, nella parte in cui respinge i ricorsi proposti dalla Repubblica slovacca in quanto irricevibili, è fondato, ragion per cui occorre respingere il primo motivo.

 Sul secondo motivo

 Argomenti delle parti

68      Con il suo secondo motivo, dedotto in via subordinata, la Repubblica slovacca fa valere che il Tribunale ha violato il proprio obbligo di motivazione.

69      In primo luogo, il Tribunale non avrebbe affatto motivato la conclusione secondo cui gli importi reclamati costituivano risorse proprie. L’esposizione di una motivazione a sostegno di tale conclusione risultava a maggior ragione importante nelle presenti cause in quanto, da un lato, detta conclusione costituisce la premessa del giudizio del Tribunale, peraltro errato, sulla ricevibilità dei ricorsi e, dall’altro, la qualificazione di tali importi come «risorse proprie» era da essa contestata nelle sue osservazioni sulle eccezioni di irricevibilità. Nello stesso senso, il Tribunale avrebbe dovuto illustrare le ragioni che giustificavano l’applicabilità, a sua volta da essa contestata dinanzi a detto giudice, della giurisprudenza relativa agli obblighi degli Stati membri in materia di risorse proprie nelle relazioni bilaterali a una relazione tripartita come quella del caso di specie.

70      In secondo luogo, il Tribunale avrebbe omesso di motivare la propria conclusione secondo cui il concetto di pagamento in via provvisoria sarebbe idoneo a risolvere il complesso problema di accesso alla giustizia e l’urgenza della situazione che caratterizzano le presenti cause.

71      In terzo luogo, la Repubblica slovacca osserva che la motivazione delle ordinanze impugnate è quasi identica a quella di varie ordinanze emesse dal Tribunale in pari data, seppure in contesti fattuali differenti. Essa fa riferimento, in particolare, all’ordinanza del 14 settembre 2015, Slovenia/Commissione (T‑585/14, EU:T:2015:662), che, a suo avviso, riguardava un caso di perdita di risorse proprie tradizionali a causa del rilascio di un certificato di importazione per lo zucchero e implicava, a differenza delle presenti cause, una relazione bilaterale tra lo Stato membro e la Commissione.

72      La Commissione contesta la fondatezza di tutti questi argomenti.

 Giudizio della Corte

73      Occorre ricordare che l’obbligo di motivazione delle sentenze discende dall’articolo 36 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al Tribunale in virtù dell’articolo 53, primo comma, del medesimo Statuto e dall’articolo 117 del regolamento di procedura del Tribunale. Secondo costante giurisprudenza, la motivazione di una sentenza deve far apparire in modo chiaro e non equivoco il ragionamento del Tribunale, in modo tale da consentire agli interessati di conoscere le ragioni della decisione adottata e alla Corte di esercitare il proprio sindacato giurisdizionale (sentenza del 19 dicembre 2012, Deutsche Mitteldeutsche Flughafen e Flughafen Leipzig-Halle/Commissione, C‑288/11 P, EU:C:2012:821, punto 83 e giurisprudenza ivi citata).

74      Inoltre, da costante giurisprudenza risulta che l’obbligo di motivazione che incombe al Tribunale non impone a quest’ultimo di fornire una spiegazione che segua esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia. È sufficiente che la motivazione consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale non ha accolto i loro argomenti e alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo sindacato (v. in particolare, in tal senso, ordinanza del 12 luglio 2016, Pérez Gutiérrez/Commissione, C‑604/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:545, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

75      Nel caso di specie, il Tribunale ha illustrato chiaramente, nelle ordinanze impugnate, le ragioni che lo hanno condotto a concludere che le lettere controverse non potevano essere oggetto di un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE. Dall’esame del primo motivo di ricorso dedotto dalla Repubblica slovacca emerge che le motivazioni di tali ordinanze hanno posto tale Stato membro in condizione di comprendere il ragionamento che ha portato alla dichiarazione di irricevibilità e di contestarne la fondatezza, e che tali motivazioni hanno permesso alla Corte di esercitare il proprio sindacato.

76      Ne consegue che le ordinanze impugnate non sono viziate da una violazione dell’obbligo di motivazione.

77      Questa conclusione non è messa in discussione dagli argomenti addotti dalla Repubblica slovacca.

78      In primo luogo, per la parte in cui tale Stato membro fa valere che il Tribunale avrebbe dovuto esporre le ragioni per cui riteneva di poter fare applicazione della decisione 2007/436 e del regolamento n. 1150/2000 al fine di valutare l’impugnabilità delle lettere controverse, occorre osservare che il Tribunale ha risposto agli argomenti dinanzi ad esso dedotti e vertenti sull’inapplicabilità di tale normativa dichiarando che questi argomenti attenevano alla valutazione della fondatezza del ricorso.

79      Ciò considerato, in secondo luogo, è altresì irrilevante, anche a volerlo considerare assodato, il fatto che la motivazione delle ordinanze impugnate sia quasi identica a quella di ordinanze emesse in altre cause riguardanti altre fattispecie concrete.

80      In terzo luogo, ricordando correttamente che, sebbene il requisito relativo agli effetti giuridici obbligatori debba essere interpretato alla luce del principio di una tutela giurisdizionale effettiva, tale interpretazione non può condurre ad escludere questo requisito senza eccedere le competenze attribuite dal Trattato ai giudici dell’Unione, il Tribunale ha risposto in modo giuridicamente adeguato agli argomenti della Repubblica slovacca vertenti su un’asserita insufficienza della tutela giurisdizionale effettiva in considerazione della prospettata urgenza della situazione.

81      Alla luce di tutte le considerazioni sopra esposte, occorre respingere il secondo motivo e, pertanto, le impugnazioni nel loro insieme.

 Sulle spese

82      Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

83      Poiché la Commissione ne ha fatto domanda e la Repubblica slovacca è rimasta soccombente, quest’ultima deve essere condannata a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dalla Commissione.

84      L’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, anch’esso applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, stabilisce che le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico.

85      Pertanto, le spese sostenute dalla Repubblica ceca, dalla Repubblica federale di Germania e dalla Romania restano a loro carico.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Le impugnazioni sono respinte.

2)      La Repubblica slovacca è condannata a farsi carico delle proprie spese e di quelle sostenute dalla Commissione europea.

3)      Le spese sostenute dalla Repubblica ceca, dalla Repubblica federale di Germania e dalla Romania restano a loro carico.

Firme


*      Lingua processuale: lo slovacco.