Language of document : ECLI:EU:T:2015:497

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

15 luglio 2015 (*)

«Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Documenti relativi all’iscrizione di taluni membri del Parlamento europeo al regime pensionistico complementare – Diniego di accesso – Eccezione relativa alla protezione della vita privata e dell’integrità dell’individuo – Articolo 8, lettera b), del regolamento (CE) n. 45/2001 – Trasferimento di dati personali – Condizioni relative alla necessità del trasferimento dei dati e al rischio di pregiudizio agli interessi legittimi della persona coinvolta»

Nella causa T‑115/13,

Gert-Jan Dennekamp, residente in Giethoorn (Paesi Bassi), rappresentato da O. Brouwer, T. Oeyen e E. Raedts, avvocati,

ricorrente,

sostenuto da

Repubblica di Finlandia, rappresentata da H. Leppo, in qualità di agente,

dal

Regno di Svezia, rappresentato inizialmente da A. Falk, C. Meyer‑Seitz, S. Johannesson e U. Persson, successivamente da A. Falk, C. Meyer‑Seitz, U. Persson, E. Karlsson, L. Swedenborg, C. Hagerman e F. Sjövall, in qualità di agenti,

e dal

Garante europeo della protezione dei dati (GEPD), rappresentato da A. Buchta e U. Kallenberger, in qualità di agenti,

intervenienti,

contro

Parlamento europeo, rappresentato da N. Lorenz e N. Görlitz, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione A (2012) 13180 del Parlamento europeo, dell’11 dicembre 2012, che ha negato al ricorrente l’accesso a determinati documenti relativi all’iscrizione di taluni membri del Parlamento europeo al regime pensionistico complementare,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto da A. Dittrich, presidente, J. Schwarcz (relatore) e V. Tomljenović, giudici,

cancelliere: L. Grzegorczyk, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19 novembre 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il sig. Gert-Jan Dennekamp, ricorrente, è un giornalista impiegato presso la Nederlandse Omroep Stichting (Associazione di radiotelevisione olandese).

2        Il 25 novembre 2005 il ricorrente presentava, in forza del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43), una domanda di accesso a «tutti i documenti» relativi al regime pensionistico integrativo dei membri del Parlamento (in prosieguo: il «regime»). Veniva accordato al ricorrente l’accesso a una nota del segretario generale dell’Ufficio di presidenza del Parlamento (in prosieguo: l’«Ufficio di presidenza»), ai «Conti e relazioni annuali» relativi a vari esercizi, nonché al verbale di una riunione dell’Ufficio di presidenza. Successivamente veniva archiviata la denuncia presentata dal ricorrente presso il Mediatore europeo a motivo del rifiuto di accordargli l’accesso all’elenco dei membri del Parlamento europeo partecipanti al regime.

3        Con lettera del 20 ottobre 2008, il ricorrente presentava una domanda di accesso a tutti i documenti che indicavano i membri del Parlamento (in prosieguo: i «membri») partecipanti al regime, all’elenco dei membri che partecipavano al regime al 1° settembre 2005 e all’elenco dei partecipanti alla data della domanda di accesso per i quali il Parlamento versava un contributo mensile. Con decisione del 17 dicembre 2008, il Parlamento respingeva la domanda confermativa di accesso ai suddetti documenti.

4        Il Tribunale respingeva il ricorso di annullamento proposto contro la decisione del 17 dicembre 2008 con sentenza del 23 novembre 2011, Dennekamp/Parlamento (T‑82/09, EU:T:2011:688). In sostanza, il Tribunale considerava che il ricorrente non aveva tenuto conto, nella sua domanda di accesso ai documenti, del principio stabilito dalla sentenza del 29 giugno 2010, Commissione/Bavarian Lager (C‑28/08 P, Racc., EU:C:2010:378, punto 63), secondo cui, qualora una domanda di accesso abbia ad oggetto dati personali, occorre applicare integralmente il regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU 2001, L 8, pag. 1). Più precisamente, il Tribunale constatava che il ricorrente non aveva dimostrato la necessità del trasferimento di dati personali richiesta dall’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 (sentenza Dennekamp/Parlamento, cit., EU:T:2011:688, punti da 31 a 35).

5        Con lettera del 10 settembre 2012, il ricorrente chiedeva al presidente del Parlamento di accordargli l’accesso a quattro categorie di documenti: tutti i documenti da cui risulta quali siano, tra i membri attuali, quelli iscritti al regime; l’elenco nominativo dei membri iscritti al regime dopo il settembre 2005; l’elenco nominativo dei membri attualmente iscritti al regime e per i quali il Parlamento versa un contributo annuo, nonché tutti i documenti relativi alla situazione finanziaria del regime a partire dal 2009 (in prosieguo: la «domanda iniziale»).

6        Nella domanda iniziale, il ricorrente faceva valere, da un lato, che sussisteva una necessità oggettiva, ai sensi dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, di trasferire i dati personali e, dall’altro, che non vi era alcun rischio che gli interessi legittimi delle persone coinvolte subissero un pregiudizio a causa della divulgazione dei dati in questione.

7        Per quanto riguarda la necessità del trasferimento dei dati personali, il ricorrente, basandosi sull’esistenza di un interesse pubblico sostanziale alla trasparenza, riconosciuto dal regolamento n. 1049/2001, faceva valere l’esigenza del pubblico di comprendere meglio come venissero adottate le decisioni e il fatto che, a tale scopo, poteva essere avviato un dibattito attraverso reportage giornalistici. Nella specie, egli sottolineava che era fondamentale per i cittadini europei sapere quali fossero i membri che avevano un interesse personale nel regime, tenuto conto, principalmente, della circostanza che il Parlamento pagava due terzi dei contributi dei membri partecipanti al regime, aveva coperto a più riprese il disavanzo del regime e si era impegnato a compensare tutte le perdite subite dallo stesso, assicurando così ai membri che vi partecipano il mantenimento dei diritti pensionistici acquisiti, il che comportava, secondo il ricorrente, un notevole dispendio di fondi pubblici.

8        Quanto alla mancanza di pregiudizio agli interessi legittimi dei membri, il ricorrente sosteneva che era difficile capire quale pregiudizio sarebbe derivato dalla divulgazione dei nomi dei membri iscritti al regime, in quanto essi avrebbero potuto continuare a parteciparvi e a goderne i vantaggi, e che in tal modo non sarebbero stati divulgati i loro investimenti privati. Per il caso in cui fosse stato ritenuto che la divulgazione dei nomi dei membri che partecipavano al regime avrebbe leso i loro interessi privati, il ricorrente affermava che non si tratta di interessi privati legittimi, in quanto, tenuto conto del fatto che il regime è stato istituito e influenzato da rappresentanti eletti per conto di rappresentanti eletti ed eroga vantaggi finanziati con fondi pubblici, tali interessi privati non dovrebbero essere trattati allo stesso modo di quelli inerenti al carattere privato dei contributi a un normale regime pensionistico. Secondo il ricorrente, una reazione negativa del pubblico alla partecipazione di alcuni membri al regime non avrebbe potuto essere considerata un pregiudizio alla vita privata che il regolamento n. 1049/2001 è inteso ad evitare.

9        Infine, nella domanda iniziale, il ricorrente, dopo avere richiamato la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), sosteneva che, con la sua domanda, non intendeva interferire con il domicilio o la vita familiare dei membri, bensì avviare un dibattito pubblico sull’esercizio delle funzioni pubbliche al quale i cittadini europei dovevano essere autorizzati a partecipare.

10      Con lettera del 17 ottobre 2012, il segretario generale del Parlamento ha negato l’accesso alle prime tre categorie di documenti, a motivo del fatto che si trattava di documenti che contenevano dati personali per i quali l’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 esigeva che il richiedente dimostrasse che il trasferimento era necessario e che non sussistevano ragioni per presumere che esso potesse arrecare pregiudizio agli interessi legittimi delle persone coinvolte. Orbene, il segretario generale riteneva che il ricorrente, riferendosi esclusivamente all’interesse pubblico alla trasparenza, non avesse dimostrato la necessità del trasferimento dei dati in questione. Pertanto, il segretario generale riteneva che non occorresse esaminare se sussistesse un rischio di pregiudizio agli interessi legittimi dei membri. Infine, per quanto riguarda la quarta categoria di documenti richiesti dal ricorrente, il segretario generale indicava i documenti relativi alla situazione finanziaria del regime a partire dal 2009 e forniva i riferimenti per trovare tali documenti sul sito Internet del Parlamento.

11      Con lettera dell’8 novembre 2012, il ricorrente presentava, in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, una domanda confermativa di accesso alle prime tre categorie di documenti citati al precedente punto 5 (in prosieguo: la «domanda confermativa»). Il ricorrente insisteva sui motivi per i quali riteneva necessario il trasferimento dei dati personali in questione, basandosi sul diritto di accesso alle informazioni e sul diritto alla libertà di espressione. Egli sottolineava il fatto che Parlamento non aveva ponderato la necessità del trasferimento di tali dati con il diritto al rispetto della vita privata dei membri interessati e che non era stato spiegato in qual modo l’accesso richiesto potesse arrecare concretamente e specificamente pregiudizio alla vita privata di detti membri. Inoltre, il ricorrente spiegava dettagliatamente, da un lato, perché fosse necessario divulgare i documenti richiesti, ossia per poter realizzare un reportage sul modo in cui venivano spesi i fondi pubblici, sulla possibile incidenza degli interessi privati sui voti dei membri e sul funzionamento dei meccanismi di controllo e, dall’altro, per quali motivi gli eventuali interessi privati dei membri interessati dai documenti richiesti non potessero prevalere sulla libertà di espressione e sull’interesse del pubblico ad essere informati sul modo in cui venivano spesi i fondi pubblici e sulle decisioni politiche adottate.

12      Con decisione A (2012) 13180, dell’11 dicembre 2012, il Parlamento respingeva la domanda confermativa (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

13      Nella decisione impugnata, il Parlamento ha fondato il diniego di accesso ai documenti richiesti sull’eccezione relativa al rischio di pregiudizio alla vita privata e all’integrità dell’individuo prevista dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001, in quanto tali documenti contenevano dati personali ai sensi dell’articolo 2, lettera a), del regolamento n. 45/2001, la cui divulgazione sarebbe contraria a detto regolamento, che deve essere applicato integralmente nel caso in cui i documenti richiesti contengano simili dati.

14      Nella decisione impugnata, per quanto riguarda la condizione della necessità prevista all’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, in primo luogo, il Parlamento ha considerato che essa doveva essere interpretata restrittivamente al pari di qualsiasi eccezione a un diritto fondamentale. In secondo luogo, ha ammesso che il ricorrente era stato molto preciso quanto alle sue intenzioni riguardo ai dati personali in questione, ma ha affermato che i suoi argomenti non dimostravano la necessità del trasferimento. Infatti, il Parlamento ha ritenuto che accettare come argomento valido, nel contesto dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, l’invocazione di un interesse del pubblico e dei media ad esercitare un controllo sulle spese pubbliche consentirebbe la divulgazione di dati personali al di là di ogni limite ragionevole e violerebbe le norme intese a tutelare tali dati. Più precisamente, il Parlamento ha osservato che il ricorrente non aveva dimostrato un nesso tra le sue intenzioni e i dati specifici ai quali chiedeva di accedere. Orbene, non sarebbe né necessario né proporzionato chiedere i nomi di tutti i membri che partecipano al regime, in quanto le decisioni relative a quest’ultimo sono state adottate dall’Ufficio di presidenza. In terzo luogo, il Parlamento ha rilevato che il rischio di conflitto di interessi è inerente alla situazione di un parlamento, cui spetta sempre deliberare in materia di retribuzione dei suoi membri, e che tale fatto non può giustificare di per sé la divulgazione di dati personali. In quarto luogo, il Parlamento ha considerato che l’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 deve essere interpretato in modo da salvaguardare la ratio e l’effetto utile di detto regolamento e che la sua applicazione non può condurre a svuotarlo di contenuto, il che avverrebbe se, come nella fattispecie, il trasferimento dei dati personali fosse finalizzata unicamente alla loro divulgazione immediata al pubblico. Orbene, poiché l’applicazione dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 presuppone che il richiedente dimostri la necessità del trasferimento dei dati personali, lo scopo perseguito dal ricorrente consentirebbe a persone che non abbiano dimostrato tale necessità di accedere ai dati in questione, in contrasto con la regola enunciata dalla sentenza Commissione/Bavarian Lager, punto 4 supra (EU:C:2010:378, punto 63).

15      Per quanto riguarda la ponderazione tra la necessità del trasferimento dei dati personali in questione e gli interessi legittimi delle persone coinvolte, il Parlamento ha considerato, alla luce del regolamento n. 45/2001, che questi ultimi siano prevalenti, in quanto non sarebbe proporzionato ammettere tale trasferimento. In primo luogo, il Parlamento ha ammesso che gli interessi legittimi dei membri sono meno estesi di quelli di un privato che non ricopre incarichi pubblici e che, pertanto, il grado di tutela dei loro dati è inferiore. In secondo luogo, il Parlamento ha rilevato tuttavia che il finanziamento pubblico del regime non implica che la tutela dei dati personali dei membri non debba essere applicata o che questi ultimi non abbiano interessi legittimi da far valere contro la divulgazione di tali dati. In siffatto contesto, il Parlamento ha affermato che occorre distinguere fra i dati rientranti nella sfera pubblica, soggetti a una grado minore di tutela, e quelli rientranti nella sfera privata, tutelati dalla nozione di interessi legittimi. Orbene, secondo il Parlamento, i dati personali in questione rientrano nella sfera privata dei membri, per cui esiste un interesse legittimo alla tutela delle informazioni ivi contenute. Si tratterebbe di dati relativi alla situazione finanziaria personale dei membri interessati, vale a dire i contributi versati a un regime pensionistico e i diritti a pensione che ne derivano, che sono questioni di natura privata. Il Parlamento ha rilevato che, in effetti, l’esistenza di un mandato di membro costituisce la conditio sine qua non dell’accesso al regime, ma la pensione viene erogata solo alla fine del mandato e i contributi personali sono significativi. In terzo luogo, il Parlamento ha fatto valere che, se il finanziamento mediante fondi pubblici è sufficiente per escludere la natura di dati personali, ciò varrebbe anche per qualsiasi agente di una pubblica amministrazione. In quarto luogo, il Parlamento ha concluso, nella ponderazione degli interessi, che, tenuto conto in particolare del carattere generale dell’interesse dei media e del pubblico alla situazione personale dei membri, non sarebbe proporzionato divulgare i dati richiesti, salvo ammettere che sia possibile accedere a tutti i dati personali dei membri o perfino di qualsiasi funzionario pubblico che implichino spese pubbliche. Secondo il Parlamento, tale approccio svuoterebbe di significato l’articolo 16 TFUE, mentre, per conseguire i suoi scopi, il ricorrente avrebbe potuto limitarsi a chiedere i dati aggregati relativi alla situazione finanziaria del regime. In quinto luogo, il Parlamento ha osservato che esistono misure più appropriate per raggiungere gli scopi perseguiti dal ricorrente, il che garantirebbe a sufficienza il controllo delle spese pubbliche e fornirebbe informazioni al pubblico.

 Procedimento e conclusioni delle parti

16      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 febbraio 2013, il ricorrente ha proposto il presente ricorso.

17      Con atti depositati rispettivamente il 29 e 30 maggio e l’11 giugno 2013, il Garante europeo della protezione dei dati (GEPD), il Regno di Svezia e la Repubblica di Finlandia hanno chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni del ricorrente.

18      Con ordinanze del presidente della Seconda Sezione del Tribunale dell’11 settembre 2013, il GEPD, da un lato, nonché il Regno di Svezia e la Repubblica di Finlandia, dall’altro, sono stati autorizzati ad intervenire.

19      A seguito della modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Quinta Sezione, alla quale la causa è stata di conseguenza attribuita.

20      Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare il Parlamento alle spese, comprese quelle delle parti intervenienti.

21      La Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia e il GEPD concludono che il Tribunale voglia accogliere la domanda del ricorrente e, pertanto, annullare la decisione impugnata.

22      Il Parlamento conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare il ricorrente alle spese.

23      Con misura di organizzazione del procedimento, il Tribunale ha sottoposto un quesito alle parti principali. Le parti hanno risposto con lettere depositate il 16 ottobre 2014, per il Parlamento, e il 17 ottobre 2014, per il ricorrente.

24      Al termine dell’udienza, sono stati sottoposti vari quesiti scritti al Parlamento, la cui risposta è pervenuta al Tribunale il 7 gennaio 2015. Il ricorrente ha presentato le sue osservazioni sulla risposta del Parlamento. La fase orale del procedimento si è conclusa il 2 febbraio 2015.

 In diritto

1.     Sulla portata della controversia

25      Nella sua risposta alla misura di organizzazione del procedimento, il ricorrente ha indicato che 64 membri partecipanti al regime si erano opposti alle modifiche apportate al medesimo dall’Ufficio di presidenza nelle riunioni del 9 marzo e del 1° aprile 2009 e avevano presentato un ricorso dinanzi al Tribunale, respinto con ordinanza del 15 dicembre 2010, Albertini e a. e Donnelly/Parlamento (T‑219/09 e T‑326/09, Racc., EU:T:2010:519).

26      Inoltre, un altro membro partecipante al regime ha parimenti presentato un ricorso dinanzi al Tribunale contro la decisione del Parlamento che gli ha negato un vitalizio integrativo sotto forma di capitale (sentenza del 18 ottobre 2011, Purvis/Parlamento, T‑439/09, Racc., EU:T:2011:600).

27      Si deve quindi constatare che i nomi di 65 membri partecipanti al regime erano stati resi pubblici alle date in cui il Tribunale si è pronunciato nelle tre cause citate ai precedenti punti 25 e 26, vale a dire prima che fosse proposto il presente ricorso.

28      Entro tali limiti, il presente ricorso è privo di oggetto (v., in tal senso, ordinanza dell’11 dicembre 2006, Weber/Commissione, T‑290/05, EU:T:2006:381, punto 42).

29      Di conseguenza, non occorre statuire su tale aspetto della controversia.

2.     Sulla fondatezza del ricorso

30      Per contestare la decisione impugnata, il ricorrente deduce due motivi. Il primo verte sulla violazione degli articoli 11 e 42 della Carta dei diritti fondamentali e su un errore di diritto nell’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001, in combinato disposto con l’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001. Il secondo motivo verte su un difetto di motivazione.

 Sul primo motivo, concernente la violazione degli articoli 11 e 42 della Carta dei diritti fondamentali e un errore di diritto nell’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001, in combinato disposto con l’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001

31      Con la prima parte del motivo, il ricorrente sostiene di avere fornito nella domanda confermativa, conformemente all’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, giustificazioni espresse e legittime della necessità del trasferimento dei dati personali contenuti nei documenti richiesti, basandosi sul diritto all’informazione dei cittadini europei. Con la seconda parte, il ricorrente fa valere che, nella ponderazione degli interessi, i membri non hanno alcun interesse legittimo alla tutela della loro vita privata ai sensi dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001.

32      La prima parte del motivo si articola in quattro censure, con le quali il ricorrente sostiene, in primo luogo, di avere dimostrato la necessità del trasferimento dei dati personali, criterio previsto dall’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 e interpretato alla luce delle sentenze Commissione/Bavarian Lager, punto 4 supra (EU:C:2010:378, punto 63), e Dennekamp/Parlamento, punto 4 supra (EU:T:2011:688, punti da 31 a 35), in secondo luogo, che il criterio della necessità non deve essere interpretato restrittivamente, in terzo luogo, di avere espressamente collegato l’obiettivo perseguito con la sua domanda alla necessità di divulgare tutti i nomi richiesti, che costituirebbe il mezzo più appropriato per conseguire tale obiettivo, e, in quarto luogo, che la decisione impugnata non tiene sufficientemente conto della struttura e dell’obiettivo del regolamento n. 1049/2001.

33      La seconda parte del motivo si articola in tre censure. In primo luogo, il ricorrente sostiene che i membri non hanno alcun interesse legittimo alla tutela della loro vita privata ai sensi dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, in quanto il loro comportamento è soggetto a un livello elevato di controllo pubblico. In secondo luogo, egli ritiene che, nella decisione impugnata, il Parlamento non abbia dimostrato che la divulgazione dei documenti richiesti avrebbe leso gli interessi legittimi dei membri. Con la terza censura sostiene che, quand’anche il Parlamento avesse fondatamente considerato che le informazioni richieste rientravano nella sfera privata dei membri, ciò non sarebbe stato sufficiente per tutelare quest’ultima in quanto interesse legittimo ai sensi dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, che richiede una ponderazione degli interessi in gioco.

34      Occorre anzitutto esaminare le condizioni alle quali l’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 consente il trasferimento di dati personali, rispondendo in particolare alla seconda e alla quarta censura della prima parte del motivo, dirette a contestare il modo in cui il Parlamento ha applicato congiuntamente i regolamenti n. 1049/2001 e n. 45/2001. Si deve, poi, accertare se il Parlamento abbia valutato correttamente le giustificazioni fornite dal ricorrente quanto alla necessità del trasferimento dei dati personali, rispondendo alla prima e alla terza censura della prima parte del motivo. Infine, occorrere esaminare se il Parlamento abbia ponderato correttamente gli interessi legittimi dei membri alla tutela della loro vita privata e l’interesse al trasferimento dei dati personali, rispondendo alle tre censure della seconda parte del motivo, che coincidono in larga parte.

 Sull’applicazione congiunta dei regolamenti n. 1049/2001 e n. 45/2001 e sull’interpretazione delle condizioni di applicazione dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001

35      Preliminarmente, si deve ricordare che, a norma dell’articolo 15, paragrafo 3, TFUE, qualsiasi cittadino dell’Unione europea e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti delle istituzioni dell’Unione, secondo i principi e alle condizioni da definire conformemente al procedimento di cui all’articolo 294 TFUE (v. sentenza del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, Racc., EU:C:2014:112, punto 61 e giurisprudenza ivi citata). Conformemente al suo considerando 1, il regolamento n. 1049/2001 è riconducibile all’intento espresso all’articolo 1, secondo comma, TUE, inserito dal Trattato di Amsterdam, di segnare una nuova tappa nel processo di creazione di un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano prese nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini. Come ricorda il considerando 2 di detto regolamento, il diritto di accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni è connesso al carattere democratico di queste ultime (sentenze del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, Racc., EU:C:2008:374, punto 34, e del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, Racc., EU:C:2011:496, punto 72).

36      A tal fine, il regolamento n. 1049/2001 mira, come precisato dal suo considerando 4 e dal suo articolo 1, a conferire al pubblico un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni che sia il più ampio possibile (sentenze Svezia e Turco/Consiglio, punto 35 supra, EU:C:2008:374, punto 33, e Svezia/MyTravel e Commissione, punto 35 supra, EU:C:2011:496, punto 73).

37      Indubbiamente tale diritto è comunque sottoposto a determinate limitazioni fondate su motivi di interesse pubblico o privato. Più specificamente, e in conformità al suo considerando 11, tale regolamento prevede, al suo articolo 4, un regime di eccezioni che autorizza le istituzioni a rifiutare l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio a uno degli interessi tutelati dall’articolo stesso (sentenza Svezia/MyTravel e Commissione, punto 35 supra, EU:C:2011:496, punto 74).

38      Tuttavia, tali eccezioni, in quanto deroganti al principio dell’accesso più ampio possibile del pubblico ai documenti, devono essere interpretate ed applicate restrittivamente (sentenze Svezia e Turco/Consiglio, punto 35 supra, EU:C:2008:374, punto 36, e Svezia/MyTravel e Commissione, punto 35 supra, EU:C:2011:496, punto 75).

39      Pertanto, quando l’istituzione interessata decide di negare l’accesso a un documento di cui le è stata chiesta la divulgazione, essa deve spiegare, in linea di principio, come l’accesso a tale documento possa arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato da un’eccezione prevista dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, che tale istituzione invoca (sentenza Svezia/MyTravel e Commissione, punto 35 supra, EU:C:2011:496, punto 76). Inoltre, il rischio di un siffatto pregiudizio dev’essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico (sentenze Svezia e Turco/Consiglio, punto 35 supra, EU:C:2008:374, punto 43, e Svezia/MyTravel e Commissione, punto 35 supra, EU:C:2011:496, punto 76).

40      Va altresì ricordato come dalla giurisprudenza emerga che, nell’esaminare la relazione esistente tra i regolamenti n. 1049/2001 e n. 45/2001 al fine di applicare al caso di specie l’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001, bisogna ricordare che i loro obiettivi, vale a dire la tutela della vita privata e dell’integrità dell’individuo, sono distinti. Il primo intende garantire la maggiore trasparenza possibile del processo decisionale delle pubbliche autorità, nonché delle informazioni sulle quali le loro decisioni si basano. Intende pertanto facilitare al massimo l’esercizio del diritto di accesso ai documenti, nonché promuovere una prassi amministrativa corretta. Il secondo è volto a garantire la tutela delle libertà e dei diritti fondamentali delle persone fisiche, in particolare della loro vita privata, nel trattamento di dati personali (sentenze Commissione/Bavarian Lager, punto 4 supra, EU:C:2010:378, punto 49, e Dennekamp/Parlamento, punto 4 supra, EU:T:2011:688, punto 23).

41      I regolamenti n. 45/2001 e n. 1049/2001 non contengono disposizioni che prevedono espressamente la prevalenza di uno dei regolamenti sull’altro. In linea di principio, è necessario garantire la loro piena applicazione (sentenze Commissione/Bavarian Lager, punto 4 supra, EU:C:2010:378, punto 56, e Dennekamp/Parlamento, punto 4 supra, EU:T:2011:688, punto 24).

42      L’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001, su cui il Parlamento ha fondato nella sua decisione il diniego di accesso ai documenti richiesti, prevede che «[l]e istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue: (…) la vita privata e l’integrità dell’individuo, in particolare in conformità con la legislazione [dell’Unione] sulla protezione dei dati personali (…)». Dalla giurisprudenza emerge che si tratta di una disposizione indivisibile la quale esige che l’eventuale pregiudizio alla vita privata e all’integrità dell’individuo sia sempre esaminato e valutato in conformità con la normativa dell’Unione sulla protezione dei dati personali, in particolare con il regolamento n. 45/2001. Tale disposizione prevede quindi un regime specifico e rafforzato di tutela di una persona i cui dati personali possano, eventualmente, essere comunicati al pubblico (sentenze Commissione/Bavarian Lager, punto 4 supra, EU:C:2010:378, punti 59 e 60, e Dennekamp/Parlamento, punto 4 supra, EU:T:2011:688, punto 25).

43      Qualora una domanda fondata sul regolamento n. 1049/2001 sia diretta a ottenere l’accesso a documenti che contengono dati personali, le disposizioni del regolamento n. 45/2001, compreso il suo articolo 8, sono integralmente applicabili (sentenze Commissione/Bavarian Lager, punto 4 supra, EU:C:2010:378, punto 63, e Dennekamp/Parlamento, punto 4 supra, EU:T:2011:688, punto 26).

44      È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare l’argomento del ricorrente, sostenuto dalla Repubblica di Finlandia, dal Regno di Svezia e dal GEPD.

45      Il ricorrente sostiene che la decisione impugnata non tiene sufficientemente conto della struttura e dell’obiettivo del regolamento n. 1049/2001, vale a dire migliorare l’assunzione di responsabilità e la legittimità del processo decisionale pubblico avvicinandolo al cittadino attraverso la trasparenza. Egli afferma che, conformemente alla sentenza Commissione/Bavarian Lager, punto 4 supra (EU:C:2010:378), non si può privare il regolamento n. 1049/2001 del suo effetto utile attraverso un’interpretazione delle disposizioni pertinenti secondo cui una divulgazione legittima non potrebbe in alcun caso perseguire l’obiettivo di una divulgazione completa al pubblico. Inoltre, siffatto risultato non terrebbe conto delle condizioni in base alle quali la Corte europea dei diritti dell’uomo ritiene che l’interesse del pubblico a ricevere informazioni prevalga sul diritto al rispetto della vita privata di una personalità pubblica, vale a dire che il reportage riguarda fatti che possono contribuire a un dibattito in una società democratica in relazione a dette personalità quando esercitano le loro funzioni ufficiali. Il ricorrente afferma che il Parlamento contravviene all’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali, letto alla luce dell’articolo 10 della CEDU, laddove asserisce, nella decisione impugnata, che sarebbe contrario all’obiettivo dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 che la divulgazione pubblica dei dati costituisse un obiettivo legittimo.

46      Nella replica, il ricorrente fa valere che il criterio della necessità previsto dall’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 non deve essere interpretato restrittivamente; ciò porterebbe a un’interpretazione estensiva di una deroga al diritto fondamentale di accesso ai documenti, a una restrizione illegittima di tale diritto e a contraddire la giurisprudenza dell’Unione.

47      La tesi del ricorrente si basa sull’idea secondo cui l’applicazione congiunta dei regolamenti n. 1049/2001 e n. 45/2001, conformemente alla sentenza Commissione/Bavarian Lager, punto 4 supra (EU:C:2010:378), non deve condurre a neutralizzare completamente le disposizioni del primo regolamento e, pertanto, il diritto fondamentale di accesso ai documenti delle istituzioni dell’Unione di cui godono tutti i cittadini europei. Peraltro, la Repubblica di Finlandia sostiene nella sua memoria di intervento che si dovrebbero applicare il contenuto di base e i principi fondamentali dei due regolamenti, affinché l’applicazione dell’uno sia compatibile e coerente con quella dell’altro. Fra detti principi, essa ritiene che occorra tenere conto, in particolare, della regola enunciata dal regolamento n. 1049/2001 riguardo alla mancanza di giustificazione delle domande di accesso ai documenti. In tale contesto, non si potrebbe adottare un’interpretazione restrittiva della nozione di necessità del trasferimento dei dati personali, prevista all’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, che limiterebbe o escluderebbe qualsiasi possibilità di accesso ai documenti nei casi in cui la domanda sia fondata su un interesse generale quale il diritto all’informazione.

48      Per rispondere a tale argomento, che mira a stabilire un equilibrio tra il diritto di accesso ai documenti detenuti dalle istituzioni, derivante dal regolamento n. 1049/2001, e gli obblighi risultanti dal regolamento n. 45/2001 per quanto riguarda il trasferimento dei dati personali da parte delle medesime istituzioni, occorre precisare l’articolazione delle regole fissate dai due regolamenti.

49      In primo luogo, si deve ricordare che, nel contesto di una domanda di accesso ai documenti, il regolamento n. 45/2001 si applica solo se l’istituzione adita rifiuta l’accesso ai documenti opponendo al richiedente l’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001. Tale disposizione esige che l’eventuale pregiudizio alla vita privata e all’integrità dell’individuo sia sempre esaminato e valutato in conformità con la normativa dell’Unione sulla protezione dei dati personali, in particolare con il regolamento n. 45/2001 (v., in tal senso, sentenza Commissione/Bavarian Lager, punto 4 supra, EU:C:2010:378, punto 59).

50      Se i documenti richiesti contengono dati personali ai sensi dell’articolo 2, lettera a), del regolamento n. 45/2001, l’istituzione deve, in linea di principio, garantire la piena applicazione dei due regolamenti alla domanda di accesso (sentenze Commissione/Bavarian Lager, punto 4 supra, EU:C:2010:378, punto 56, e Dennekamp/Parlamento, punto 4 supra, EU:T:2011:688, punto 24). Tuttavia, va rilevato che il regolamento n. 45/2001 prevede un regime specifico e rafforzato di tutela di una persona i cui dati personali possano essere comunicati al pubblico e che, nell’esame della domanda di accesso, le sue disposizioni, compreso il suo articolo 8, sono integralmente applicabili (sentenze Commissione/Bavarian Lager, punto 4 supra, EU:C:2010:378, punti 60 e 63, e Dennekamp/Parlamento, punto 4 supra, EU:T:2011:688, punti 25 e 26). Peraltro, i considerando 7 e 14 del regolamento n. 45/2001, letti congiuntamente, indicano che le disposizioni di tale regolamento sono vincolanti e si applicano a tutti i trattamenti di dati personali effettuati dalle istituzioni dell’Unione, in qualsiasi contesto.

51      Pertanto, quando una domanda di accesso ai documenti può comportare, nel caso in cui sia accolta, la divulgazione di dati personali, l’istituzione adita deve applicare tutte le disposizioni del regolamento n. 45/2001, senza che le diverse regole e i diversi principi del regolamento n. 1049/2001 possano avere l’effetto di limitare la pienezza della tutela accordata a detti dati. Siffatto principio di azione delle istituzioni deriva, secondo il considerando 12 del regolamento n. 45/2001, dall’importanza riconosciuta ai diritti conferiti agli interessati per la loro tutela con riguardo al trattamento di tali dati.

52      In tale contesto generale, è certamente vero che, come sottolineato dal ricorrente e dalla Repubblica di Finlandia, il diritto di accesso ai documenti non è subordinato, a norma dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, alla dimostrazione, da parte del richiedente, dell’esistenza di un interesse alla divulgazione dei documenti di cui trattasi. Tale diritto rappresenta un’espressione concreta dei principi di apertura e di trasparenza che devono animare l’azione delle istituzioni dell’Unione, nonché del carattere democratico di queste ultime.

53      Orbene, si deve constatare che, obbligando le istituzioni ad esaminare il rischio di pregiudizio alla tutela della vita privata e dell’integrità dell’individuo attraverso il regolamento n. 45/2001 e le restrizioni e limitazioni da esso imposte al trattamento dei dati personali, in particolare mediante l’articolo 8, lettera b), l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001 esige, indirettamente, che il richiedente dimostri, con una o più giustificazioni espresse e legittime, la necessità del trasferimento dei dati personali contenuti nei documenti ai quali egli chiede di accedere (v., in tal senso, sentenze Commissione/Bavarian Lager, punto 4 supra, EU:C:2010:378, punto 78, e Dennekamp/Parlamento, punto 4 supra, EU:T:2011:688, punto 30).

54      Infatti, l’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 richiede che l’istituzione adita proceda, in un primo tempo, ad una valutazione della necessità, e quindi proporzionalità, del trasferimento dei dati personali tenendo conto dell’obiettivo perseguito dal richiedente (v., in tal senso, sentenza Dennekamp/Parlamento, punto 4 supra, EU:T:2011:688, punto 34). Il medesimo articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 impone all’istituzione adita di esaminare, in un secondo tempo, se il trasferimento di dati personali possa arrecare pregiudizio agli interessi legittimi delle persone coinvolte, determinando, nel corso di tale esame, se lo scopo perseguito dal richiedente possa comportare una simile conseguenza (v., in tal senso, sentenze Commissione/Bavarian Lager, punto 4 supra, EU:C:2010:378, punto 78, e Dennekamp/Parlamento, punto 4 supra, EU:T:2011:688, punto 30). Così facendo, l’istituzione deve valutare la giustificazione fornita dal richiedente per il trasferimento dei dati personali e quindi per l’accesso ai documenti.

55      Pertanto, l’applicazione del requisito della necessità del trasferimento dei dati personali previsto dall’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 porta a riconoscere l’esistenza di una deroga alla regola stabilita dall’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001. Tale conseguenza è giustificata dall’effetto utile che occorre conferire alle disposizioni del regolamento n. 45/2001, poiché una soluzione diversa dall’esame della necessità del trasferimento dei dati personali in base allo scopo perseguito dalla persona che chiede l’accesso ai documenti condurrebbe necessariamente a disapplicare l’articolo 8, lettera b), di detto regolamento.

56      In secondo luogo, occorre tenere conto in particolare delle caratteristiche fondamentali del sistema di protezione accordato dal regolamento n. 45/2001 alle persone fisiche con riguardo al trattamento dei loro dati personali, poiché l’applicazione della deroga al diritto di accesso prevista dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001 implica la piena applicazione del regolamento n. 45/2001, il cui articolo 1 precisa che esso ha per oggetto, segnatamente, la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche, in particolare della loro vita privata.

57      Nel capo II, sezione 2, del regolamento n. 45/2001, l’articolo 5 precisa i motivi per i quali un trattamento di dati personali è considerato lecito. Gli articoli 7, 8 e 9 del regolamento n. 45/2001 fissano le condizioni per effettuare un trasferimento di dati personali, rispettivamente, tra istituzioni o organismi dell’Unione o al loro interno, a destinatari diversi da istituzioni e da organismi comunitari e soggetti alla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281, pag. 31), e a destinatari diversi da istituzioni e da organismi comunitari e non soggetti alla direttiva 95/46.

58      Sebbene nessuno degli articoli 7, 8 e 9 del regolamento n. 45/2001 stabilisca un principio accompagnato da eccezioni, ciascuno di essi limita precisamente le possibilità di trasferimento di dati personali in modo da assoggettarlo a condizioni rigorose, che, ove non siano soddisfatte, lo vietano. Fra tali condizioni figura sempre la necessità del trasferimento alla luce di obiettivi di natura diversa.

59      Orbene, il regolamento n. 45/2001 è inteso, conformemente al suo considerando 5, ad accordare alle persone da esso definite come interessate diritti giuridicamente tutelati e a stabilire gli obblighi dei responsabili del trattamento dei dati in seno alle istituzioni e agli organismi dell’Unione in materia di trattamento dei dati. Per conseguire tale scopo, le condizioni cui è subordinata la possibilità per un’istituzione o un organismo dell’Unione di trasferire dati personali devono essere interpretate restrittivamente, salvo mettere a rischio i diritti riconosciuti a tali persone dal regolamento n. 45/2001 in quanto diritti fondamentali, come indicato al suo considerando 12. Infatti, il rispetto della condizione della necessità implica che si debba dimostrare che il trasferimento dei dati personali è la misura più appropriata tra quelle possibili per conseguire lo scopo perseguito dal richiedente e che essa è proporzionata a tale scopo, il che obbliga il richiedente a presentare giustificazioni espresse e legittime in tal senso (v., in tal senso, sentenze Commissione/Bavarian Lager, punto 4 supra, EU:C:2010:378, punto 78, e Dennekamp/Parlamento, punto 4 supra, EU:T:2011:688, punti 30 e 31).

60      Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la condizione della necessità prevista dall’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, così interpretata, non può essere considerata un’interpretazione estensiva di una deroga al diritto fondamentale di accesso ai documenti, che comporterebbe una restrizione illegittima di tale diritto, in contrasto con la giurisprudenza dell’Unione. Tale interpretazione non porta a creare un’eccezione di «categoria» al principio dell’accesso ai documenti in favore dei dati personali, bensì a conciliare i due diritti fondamentali contrapposti quando una domanda di accesso ai documenti abbia ad oggetto dati personali, protetti dal regolamento n. 45/2001, come risulta dai precedenti punti da 56 a 59. Nell’articolazione delle disposizioni che tutelano tali diritti antagonisti tra loro, il diritto di accesso ai documenti è parimenti protetto, in quanto l’applicazione obbligatoria, come nel caso di specie, dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 conduce solo, in un primo tempo, ad esigere che il richiedente dimostri la necessità di ottenere il trasferimento dei dati personali, ossia dimostri che si tratta del mezzo proporzionato più appropriato per raggiungere lo scopo perseguito (v., in tal senso, sentenza Dennekamp/Parlamento, punto 4 supra, EU:T:2011:688, punto 34), e, in un secondo tempo, ad imporre all’istituzione di esaminare se il trasferimento di dati personali possa arrecare pregiudizio agli interessi legittimi delle persone coinvolte, tenuto conto dello scopo perseguito dal richiedente (v., in tal senso, sentenze Commissione/Bavarian Lager, punto 4 supra, EU:C:2010:378, punto 78, e Dennekamp/Parlamento, punto 4 supra, EU:T:2011:688, punto 30). Pertanto, l’interpretazione restrittiva delle condizioni poste dall’articolo 8, lettera b), non conduce affatto a creare un’eccezione che impedirebbe in generale qualsiasi accesso ai documenti che contengono dati personali.

61      Tuttavia, l’interpretazione restrittiva della condizione della necessità, prevista all’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, non significa che non si possa tenere conto di una giustificazione del trasferimento di dati personali di carattere generale, quale il diritto del pubblico di essere informato sul comportamento tenuto dai membri nell’esercizio delle loro funzioni. In realtà, come risulta già dal precedente punto 54, la natura generale della giustificazione del trasferimento non incide direttamente sulla questione se il trasferimento sia necessario per raggiungere lo scopo perseguito dal richiedente.

62      È vero che, come rilevato dal Parlamento, le disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001 non prevedono la ponderazione tra l’interesse pubblico relativo alla vita privata e all’integrità dell’individuo e un interesse pubblico superiore. Tuttavia, ad eccezione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 45/2001, secondo cui i dati personali non possono essere trattati in modo incompatibile con le finalità per le quali vengono raccolti, nessuna disposizione di detto regolamento limita l’ambito delle giustificazioni che il richiedente può fornire per il trasferimento richiesto. Nulla impedisce di invocare una giustificazione di carattere generale come quella fatta valere nel caso di specie, in sostanza il diritto del pubblico di essere informato.

63      Sebbene l’eccezione al diritto di accesso ai documenti prevista dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001 obblighi le istituzioni ad esaminare il rischio di pregiudizio alla tutela della vita privata e dell’integrità dell’individuo attraverso il regolamento n. 45/2001, e più in particolare il suo articolo 8, lettera b), essa dev’essere applicata in modo da conferire un effetto utile alle altre disposizioni del regolamento n. 1049/2001. Ciò non avverrebbe se l’istituzione adita con una domanda di accesso a documenti che contengono dati personali potesse vietare al richiedente, sul fondamento dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001, di giustificare il trasferimento di dati richiesto con un obiettivo di carattere generale, come, nella specie, il diritto del pubblico di essere informato.

64      Pertanto, non si può sostenere che la giustificazione di carattere generale fornita dal richiedente per il trasferimento di dati personali al fine di soddisfare la condizione della necessità di cui all’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 equivalga a reintrodurre un criterio di interesse pubblico superiore ai sensi del regolamento n. 1049/2001.

65      In terzo luogo, nonostante quanto constatato al precedente punto 51, si deve respingere l’argomento del Parlamento secondo cui un’interpretazione restrittiva della condizione della necessità posta dall’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 sarebbe tanto più necessaria in quanto, nella specie, il richiedente mira espressamente ed esclusivamente a comunicare al pubblico, senza indugio, i dati personali che gli verrebbero trasmessi, il che costituirebbe un’ingerenza massima nel diritto alla protezione di tali dati. Secondo il Parlamento, il regolamento n. 45/2001 non è inteso a consentire la divulgazione erga omnes di dati personali.

66      Il ricorrente ha manifestato, in effetti, la volontà di comunicare al pubblico i dati personali di cui chiede il trasferimento. Tuttavia, occorre rammentare il contesto giuridico in cui si colloca l’applicazione dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001. Come chiarito ai precedenti punti 49 e 50, le disposizioni del regolamento n. 45/2001 sono integralmente applicabili in quanto è stata presentata una domanda di accesso a documenti detenuti dal Parlamento in forza del regolamento n. 1049/2001 e a tale domanda è stata opposta l’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), di detto regolamento.

67      Anche in tale contesto, una domanda di accesso ha per oggetto e per effetto, ove riceva una risposta positiva, la divulgazione dei documenti richiesti, il che implica, in virtù dell’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento n. 1049/2001, che l’istituzione o l’organismo adito renda tali documenti accessibili al pubblico. Orbene, non si possono interpretare le condizioni cui il regolamento n. 45/2001 subordina il trasferimento dei dati personali, in particolare quelle stabilite dall’articolo 8, lettera b), in modo che l’applicazione di una di esse comporti che, per principio, l’accesso ai documenti che contengono tali dati sia accordato solo al richiedente e vietato al pubblico, rendendo così impossibile l’applicazione del regolamento n. 1049/2001. Poiché la persona che chiede l’accesso ai documenti che contengono i dati personali ha dimostrato la necessità del trasferimento di tali dati e l’istituzione adita ha ritenuto che non sussistessero ragioni per presumere che tale trasferimento potesse arrecare pregiudizio agli interessi legittimi delle persone coinvolte, i dati possono essere trasferiti e, salvo che si applichi un’eccezione prevista dal regolamento n. 1049/2001 diversa da quella relativa al pregiudizio alla tutela della vita privata e dell’integrità dell’individuo, il documento o i documenti che contengono i dati vengono divulgati e, pertanto, resi accessibili al pubblico.

68      Dai precedenti punti da 49 a 67 risulta che il criterio della necessità previsto all’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 deve essere interpretato restrittivamente, che la condizione della necessità del trasferimento dei dati personali implica che l’istituzione od organismo cui è stata presentata la richiesta debba valutare la necessità alla luce dello scopo perseguito dalla persona che chiede l’accesso ai documenti, il che riduce la portata della regola della mancanza di giustificazione di una domanda di accesso, che la giustificazione della necessità del trasferimento di tali dati invocata dal richiedente può essere di carattere generale e che il regolamento n. 1049/2001 non deve essere privato del suo effetto utile attraverso un’interpretazione delle disposizioni pertinenti secondo cui una divulgazione legittima non può mai perseguire lo scopo di una divulgazione completa al pubblico.

 Sulla valutazione delle giustificazioni della necessità del trasferimento dei dati personali

69      In sostanza, il ricorrente ritiene di avere dimostrato la necessità del trasferimento dei dati personali, criterio previsto dall’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, come interpretato alla luce delle sentenze Commissione/Bavarian Lager, punto 4 supra (EU:C:2010:378, punto 63) e Dennekamp/Parlamento, punto 4 supra (EU:T:2011:688, punti da 31 a 35), e di avere espressamente collegato lo scopo perseguito con la sua domanda alla necessità di divulgare tutti i nomi richiesti.

70      Per rispondere alle censure del ricorrente, si devono esporre, anzitutto, le giustificazioni della necessità del trasferimento dei dati personali in questione fornite in occasione del procedimento amministrativo e l’analisi svolta al riguardo dal Parlamento nella decisione impugnata, nonché, successivamente, le valutazioni del Tribunale relative agli argomenti dedotti dinanzi ad esso.

–       Valutazione effettuata dal Parlamento nella decisione impugnata in ordine alla necessità del trasferimento dei dati personali

71      Si deve constatare che, per quanto riguarda la necessità del trasferimento dei dati personali, la domanda iniziale sottolineava l’esigenza del pubblico di comprendere meglio come venivano adottate le decisioni e il fatto che, a tale scopo, poteva essere avviato un dibattito attraverso reportage giornalistici. Nella specie, sarebbe stato della massima importanza per i cittadini europei sapere quali fossero i membri che avevano un interesse personale nel regime allorché erano chiamati a prendere decisioni sulla sua gestione.

72      Nella domanda confermativa, il ricorrente ha sostenuto che il trasferimento dei dati personali era necessario, basandosi sul diritto all’informazione e sul diritto alla libertà di espressione. Egli ha spiegato che era necessario divulgare i documenti richiesti per poter realizzare un reportage sul modo in cui venivano spesi i fondi pubblici, sull’eventuale incidenza degli interessi privati sui voti dei membri e sul funzionamento dei meccanismi di controllo. A tale scopo, egli ha indicato che, per realizzare il suo reportage, era indispensabile conoscere i nomi dei membri interessati, al fine di esercitare la sua libertà di espressione e trasmettere tali informazioni al pubblico, il quale, essendo costituito da cittadini e contribuenti, aveva interesse a conoscerle. A suo parere, la divulgazione dei nomi dei membri iscritti al regime consentirebbe di evitare che essi utilizzino i loro voti per influire sullo stesso affinché li avvantaggi in un modo non conforme alla volontà dei loro elettori. Secondo il ricorrente, il pubblico non disporrebbe di altri mezzi per sapere in quale modo i membri utilizzino le loro prerogative pubbliche in relazione al regime.

73      Nella decisione impugnata, il Parlamento ha considerato, principalmente, che il ricorrente non aveva dimostrato la necessità del trasferimento dei dati personali, basandosi su due motivi distinti per respingere le giustificazioni addotte. In primo luogo, il Parlamento ha identificato, quale giustificazione della domanda, l’interesse del pubblico e dei media per le spese pubbliche, tra le quali rientrano i vantaggi finanziari dei membri, nel contesto della libertà di informazione e della libertà di espressione. A tal riguardo, esso ha ritenuto che l’interesse pubblico fatto valere fosse astratto e molto generico e che, qualora costituisse un argomento valido nel contesto dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, consentirebbe la divulgazione di dati personali al di là di qualsiasi limite ragionevole e condurrebbe a un risultato non conforme alle norme dell’Unione in materia di protezione dei dati personali. In secondo luogo, il Parlamento ha rilevato che il ricorrente non aveva fornito un nesso tra gli scopi perseguiti e i dati personali specifici di cui chiedeva il trasferimento, e che non erano chiari i motivi per i quali il trasferimento sarebbe stato necessario. Il Parlamento ha poi osservato che, per esercitare un controllo pubblico, non era necessario né proporzionato chiedere i nomi di tutti i membri che partecipano al regime, in quanto le decisioni relative a quest’ultimo venivano adottate dall’Ufficio di presidenza, e ha rilevato che, per dimostrare la necessità del trasferimento, il ricorrente avrebbe dovuto individuare un rischio particolare e specifico di conflitto di interessi.

–       Argomenti delle parti

74      Con la prima censura, il ricorrente fa valere di avere giustificato la necessità del trasferimento dei dati personali con il fatto che si trattava di informazioni di interesse pubblico, che egli, in quanto giornalista, avrebbe potuto presentare ai cittadini europei affinché sapessero come venivano spesi i fondi pubblici, come si comportavano i loro rappresentanti eletti e se il voto di questi ultimi in relazione al regime fosse stato influenzato dai loro interessi finanziari. Con la seconda censura, il ricorrente sostiene di avere espressamente collegato lo scopo perseguito dalla sua domanda alla necessità di divulgare tutti i nomi richiesti, che è l’unico mezzo attraverso il quale il pubblico possa considerare i suoi rappresentanti responsabili per gli atti compiuti in relazione al regime. Egli non avrebbe dovuto essere più preciso nella sua domanda quanto ai membri che facevano parte dell’Ufficio di presidenza.

75      Secondo la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia e il GEPD, la divulgazione delle informazioni richieste è giustificata dall’interesse pubblico generale alla trasparenza, che deve permettere di fornire al pubblico una valutazione pertinente dei fatti relativi al regime, come il comportamento di voto dei membri, ed offrire la possibilità di interrogare o sentire questi ultimi, dal fatto che il limite per stabilire la necessità del trasferimento dei dati personali deve essere basso quando si tratta di interpretare l’eccezione al diritto di accesso previsto all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001 e dal fatto che può sussistere una necessità ai sensi di tale disposizione per ragioni relative all’interesse pubblico, come il ricorrente ha fatto valere in modo preciso e concreto nella sua domanda di accesso.

76      In via principale, il Parlamento sostiene che il ricorrente non ha rispettato gli imperativi di proporzionalità risultanti dalla giurisprudenza dell’Unione per dimostrare la necessità del trasferimento dei dati personali in questione. Esso ricorda che tale interpretazione della nozione di necessità è conforme all’articolo 15 TUE e al regolamento n. 1049/2001. Ciò varrebbe a maggior ragione quando, come nella fattispecie, lo scopo della domanda di trasferimento dei dati personali sia la loro comunicazione al pubblico, che costituisce un’ingerenza massima nel diritto alla protezione di tali dati. Secondo il Parlamento, il regolamento n. 45/2001 non è inteso a permettere una divulgazione erga omnes, bensì ad autorizzare il trasferimento di dati personali esclusivamente a destinatari precisi. Esso rileva inoltre che il ricorrente non ha fornito, prima dell’adozione della decisione impugnata, alcun argomento atto a dimostrare oggettivamente l’asserito interesse pubblico, in particolare che esista attualmente un dibattito sul regime o che il comportamento di un membro dia luogo a dubbi, come indicato nella sentenza Dennekamp/Parlamento, punto 4 supra (EU:T:2011:688).

–       Giudizio del Tribunale

77      Come si è constatato al precedente punto 59, affinché sia soddisfatta la condizione della necessità prevista dall’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, che deve essere interpretato restrittivamente, occorre dimostrare che il trasferimento dei dati personali è la misura più appropriata, tra quelle possibili, per raggiungere lo scopo perseguito dal richiedente e che essa è proporzionata a tale scopo. Nella specie, occorre rispondere congiuntamente alle due censure secondo cui il trasferimento dei dati in questione sarebbe la misura più appropriata per raggiungere gli scopi perseguiti.

78      Tra gli scopi in base ai quali il ricorrente ha sostenuto, nella domanda confermativa, che era necessario che il Parlamento procedesse al trasferimento dei dati personali in questione, occorre distinguere tra, da un lato, il controllo pubblico, attraverso l’esercizio del diritto all’informazione, del modo in cui vengono spesi i fondi pubblici e, dall’altro, l’eventuale incidenza degli interessi dei membri sui loro voti relativi al regime, vale a dire l’individuazione dei potenziali conflitti di interessi in capo ai membri.

79      In primis, il ricorrente afferma di voler presentare informazioni sul regime attraverso articoli di stampa e reportage televisivi, per consentire al pubblico di partecipare a una legittima discussione sul regime, e sottolinea in particolare il suo ruolo di giornalista in una società democratica.

80      In quest’ottica, il ricorrente ha sostenuto in udienza che la necessità del trasferimento dei dati personali doveva essere valutata alla luce dell’articolo 9 della direttiva 95/46, che prevede regole specifiche per il caso in cui il trattamento di tali dati venga effettuato a fini giornalistici, in quanto l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001 rinvia alla normativa dell’Unione in materia di protezione dei dati personali senza ulteriori precisazioni. Tuttavia, dal combinato disposto degli articoli 76, lettera d), e 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, nella versione in vigore a decorrere dal 1° luglio 2015 (GU L 105, pag. 1), risulta che l’atto introduttivo del procedimento deve indicare l’oggetto della controversia e contenere un’esposizione sommaria dei motivi dedotti e che è vietata la produzione di mezzi o argomenti nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto o di fatto emersi durante il procedimento (sentenza del 21 ottobre 2010, Umbach/Commissione, T‑474/08, EU:T:2010:443, punto 60) o costituiscano l’ampliamento di un motivo già enunciato, direttamente o implicitamente, nell’atto introduttivo del procedimento e strettamente connesso con questo (v. sentenza del 29 novembre 2012, Thesing e Bloomberg Finance/BCE, T‑590/10, EU:T:2012:635, punto 24 e giurisprudenza ivi citata). Ciò non avviene nel caso di specie e tale argomento, presentato tardivamente, deve essere dichiarato irricevibile.

81      Nei limiti in cui il ricorrente si è basato, nella sua domanda confermativa, sul diritto all’informazione e sul diritto alla libertà di espressione per giustificare la necessità del trasferimento dei dati personali in questione, si deve constatare che ciò non può essere sufficiente a dimostrare che la trasmissione dei nomi dei membri che partecipano al regime sia la misura più appropriata tra quelle possibili per conseguire il suo scopo e che essa sia proporzionata a tale scopo.

82      È vero che, con la sua argomentazione, il ricorrente ha chiaramente specificato gli scopi che perseguiva e i motivi per i quali riteneva necessario il trasferimento dei dati: in sostanza, poter realizzare un reportage sul regime per consentire al pubblico europeo di conoscerne il funzionamento e di esercitare un controllo sui membri che lo rappresentano. Tuttavia, egli non ha spiegato perché la trasmissione dei nomi dei membri iscritti al regime fosse la misura più appropriata per conseguire lo scopo che si era prefissato, contrariamente all’esigenza che risulta dall’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, come interpretato dalla sentenza Dennekamp/Parlamento, punto 4 supra (EU:T:2011:688, punti 30 e 34).

83      Infatti, il ricorrente si è limitato ad affermare, nella domanda confermativa, che le misure intese a consentire il controllo del pubblico sulle spese pubbliche sostenute nell’ambito del regime, quale la procedura di discarico di bilancio, non tutelavano i diritti fondamentali da lui invocati, vale a dire il diritto di informare e di comunicare al pubblico le informazioni raccolte, e che dette misure non potevano quindi giustificare la mancata divulgazione dei dati di cui trattasi. È giocoforza constatare che tali elementi non consentono di stabilire perché la trasmissione dei nomi dei membri che partecipano al regime costituisca la misura più appropriata per raggiungere lo scopo perseguito dal ricorrente, né perché essa sia proporzionata a tale scopo. La mera affermazione che la trasmissione garantirebbe maggiormente la tutela dei diritti fondamentali non può essere considerata il risultato di un’analisi, anche limitata, degli effetti e delle implicazioni delle diverse misure che possono essere adottate per raggiungere gli scopi del ricorrente.

84      Per quanto riguarda l’argomento con cui il ricorrente sostiene che un dibattito sul regime esisterebbe già, tenuto conto della controversia relativa alla sua creazione e al suo finanziamento, o che, anche in mancanza di tale dibattito, occorrerebbe accedere ai nomi dei membri per promuoverlo, il ricorrente si limita a dedurre argomenti relativi allo scopo perseguito con la sua domanda di accesso ai documenti. Tali argomenti non consentono di dimostrare la necessità di ottenere il trasferimento dei dati in questione, dato che non vi si può ravvisare alcun nesso con l’adeguatezza e la proporzionalità della misura richiesta, come richiesto dalla giurisprudenza dell’Unione (v., in tal senso, sentenza Dennekamp/Parlamento, punto 4 supra, EU:T:2011:688, punto 34). Inoltre, l’esistenza di un dibattito sul regime, e più precisamente sui vantaggi che il medesimo conferisce ai membri a detrimento delle finanze pubbliche, nonché i diversi elementi di fatto menzionati dal ricorrente tendono a dimostrare che quest’ultimo dispone già di informazioni precise sulle regole e sul funzionamento del regime, che possono consentirgli di avviare o sviluppare il dibattito pubblico che egli intende promuovere in merito alla corretta gestione del regime e ai rischi finanziari che ne derivano per il bilancio dell’Unione. A parte la mancanza di prove della necessità del trasferimento dei dati personali in questione, si deve constatare che tali diversi elementi, presentati dal ricorrente stesso, non militano a favore della tesi secondo cui sarebbe necessario conoscere i nomi dei membri che partecipano al regime per denunciare i suoi presunti effetti negativi sui fondi pubblici.

85      Si deve trarre la medesima conclusione per quanto riguarda la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, la quale avrebbe dichiarato che il diniego di accesso ad informazioni costituite dai dati personali di un rappresentante eletto non era necessario in una società democratica, tenuto conto del diritto dei giornalisti di ricevere e comunicare informazioni di interesse pubblico. Tale constatazione, infatti, non consente affatto di stabilire se la misura richiesta dal ricorrente sia la più appropriata per conseguire lo scopo da lui perseguito e se sia proporzionata a tale scopo.

86      Infine, sono parimenti privi di incidenza sulla conclusione esposta al precedente punto 82 gli argomenti secondo cui il ricorrente avrebbe espressamente collegato lo scopo perseguito con la sua domanda alla necessità di divulgare tutti i nomi richiesti e non avrebbe dovuto essere più preciso nella sua domanda, in particolare per quanto riguarda i membri che fanno parte dell’Ufficio di presidenza, considerata la possibilità di divulgazione parziale prevista dall’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001. Nessuno di tali argomenti consente di dimostrare la necessità del trasferimento dei nomi dei membri che partecipano al regime, come richiesto dall’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001.

87      Pertanto, si deve respingere l’argomento del ricorrente relativo alla necessità del trasferimento dei nomi dei membri che partecipano al regime in considerazione dello scopo di informare il pubblico e di renderlo partecipe a un dibattito sulla legittimità del regime, in quanto non sussiste una violazione degli articoli 11 e 42 della Carta dei diritti fondamentali, che riguardano rispettivamente la libertà di espressione e il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni e degli organismi dell’Unione.

88      In secundis, il ricorrente ritiene che il trasferimento dei dati personali in questione sia necessario per poter stabilire se il voto dei membri relativo al regime sia influenzato dai loro interessi finanziari, dato che la divulgazione di tutti i nomi dei membri che partecipano al regime è l’unico modo per il pubblico di considerare i suoi rappresentanti responsabili dei loro atti relativi al regime.

89      L’argomento del ricorrente si fonda, sia nella sua domanda confermativa che nelle sue memorie processuali, sulla necessità di mettere in luce gli eventuali conflitti di interessi dei membri.

90      In primo luogo, si deve rilevare che il Parlamento, in risposta a un quesito posto in udienza, ha sostenuto che la divulgazione dei conflitti di interessi non poteva essere considerato, sotto il profilo giuridico, come uno scopo legittimo di un trattamento di dati personali ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 45/2001, riprendendo così un argomento che aveva dedotto nel controricorso senza collegarlo a tale disposizione. Orbene, è giocoforza constatare che il Parlamento non ha fatto valere, nella decisione impugnata, che il trasferimento dei nomi dei membri che partecipano al regime sarebbe un trattamento di dati incompatibile con gli scopi legittimi per i quali i dati erano stati raccolti. Pertanto, tale argomento deve comunque essere respinto in quanto infondato in fatto, dato che la decisione impugnata non è minimamente basata su una simile affermazione.

91      In secondo luogo, l’articolo 3, paragrafo 1, del codice di condotta dei deputati al Parlamento europeo in materia di interessi finanziari e conflitti di interessi dispone quanto segue:

«Si configura un conflitto d’interessi qualora un [membro] abbia un interesse personale che potrebbe influenzare indebitamente l’esercizio delle sue funzioni in qualità di deputato. Non si configura conflitto di interessi qualora un deputato tragga un vantaggio soltanto in qualità di semplice cittadino o di membro di un’ampia categoria di persone».

92      Si può inoltre osservare che, secondo il Consiglio d’Europa, un conflitto di interessi trae origine da una situazione in cui un funzionario pubblico ha un interesse personale che può influire, o sembra influire, sull’esercizio imparziale e obiettivo delle sue funzioni pubbliche, e detto interesse personale comprende qualsiasi vantaggio per il medesimo o per la sua famiglia, parenti, amici o congiunti, ovvero persone o organizzazioni con le quali egli ha o ha avuto rapporti d’affari o politici, nonché qualsiasi obbligo finanziario o civile cui il funzionario pubblico sia soggetto [v. articolo 13 della raccomandazione R (2000) 10 del comitato dei ministri del Consiglio d’Europa agli Stati membri sui codici di condotta dei funzionari pubblici, adottato l’11 maggio 2000].

93      Pertanto, nel caso di un rappresentante eletto, il conflitto di interessi implica, come sostenuto dal ricorrente, che, in occasione di un voto su una determinata materia, il comportamento del rappresentante possa essere influenzato dal suo interesse personale. Nella specie, il conflitto di interessi potenziale consiste nel fatto che i membri possono, con il loro voto, modificare il regime o esprimere la loro posizione su di esso in modo da favorire i loro interessi in quanto beneficiari del medesimo.

94      Orbene, per poter mettere in luce i potenziali conflitti di interessi dei membri allorché si esprimono in merito al regime, è necessario conoscere i nomi di coloro che vi partecipano, indipendentemente dall’incidenza che, sulla valutazione della necessità del trasferimento dei dati personali, può avere il fatto che il conflitto di interessi in questione sia, come sostiene il Parlamento, inerente alla funzione di membro di un’assemblea elettiva. Tale circostanza, di per sé, non consente affatto di dimostrare che il trasferimento richiesto non sia necessario. Detto trasferimento costituisce quindi l’unica misura che consente di raggiungere lo scopo perseguito dal ricorrente, dato che nessun’altra è idonea ad assicurare l’identificazione dei membri che si trovano in una situazione di potenziale conflitto di interessi. Pertanto, si deve ritenere, ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, che la trasmissione dei nomi dei membri che partecipano al regime sia la misura più appropriata e che essa sia proporzionata per stabilire se gli interessi dei membri nel regime possano influire sul loro comportamento di voto (v., in tal senso, sentenza Dennekamp/Parlamento, punto 4 supra, EU:T:2011:688, punti 30 e 34).

95      Tuttavia, in questa fase occorre rilevare che nella situazione in esame, in cui il potenziale conflitto di interessi risiede nel comportamento di voto dei membri, la sola rivelazione dell’identità dei partecipanti al regime non è idonea di per sé a mettere in luce il conflitto. È necessario altresì stabilire quali membri siano stati chiamati ad esprimersi sul regime in occasione di un voto, poiché il Parlamento sostiene che solo i membri che partecipano al regime e fanno parte dell’Ufficio di presidenza – organismo che, secondo il Parlamento, stabilisce le modalità di gestione del regime – possono trovarsi in una situazione di potenziale conflitto di interessi.

96      Orbene, nella domanda confermativa il ricorrente non ha fatto riferimento solo alle votazioni con cui sono state modificate le modalità di gestione del regime, bensì a qualsiasi votazione con cui il Parlamento o uno dei suoi organismi si sia pronunciato sul regime in un modo o nell’altro. Egli ha infatti menzionato la possibile influenza degli interessi privati sul comportamento di voto dei membri, la posizione dei membri attraverso la quale essi possono influire sul modo in cui i fondi pubblici vengono utilizzati a loro favore e la mancanza di mezzi diversi dalla divulgazione dei nomi dei membri che partecipano al regime per rivelare come i rappresentanti eletti utilizzino le loro prerogative pubbliche in relazione al regime.

97      In risposta alla misura di organizzazione del procedimento (v. supra, punto 23), il ricorrente ha presentato al Tribunale gli atti adottati a decorrere dal 1° ottobre 2005 con i quali, a suo parere, l’assemblea plenaria del Parlamento, la commissione per il controllo dei bilanci del Parlamento e l’Ufficio di presidenza avevano modificato il regime o si erano pronunciati sulla sua gestione. Nel caso dell’assemblea plenaria, si tratta della decisione 2008/497/CE, Euratom del Parlamento europeo, del 24 aprile 2007, sul discarico relativo all’esecuzione del bilancio generale dell’Unione europea per l’esercizio 2005, Sezione I – Parlamento europeo (GU 2008, L 187, pag. 1), della decisione 2009/185/CE, Euratom del Parlamento europeo, del 22 aprile 2008, sul discarico per l’esecuzione del bilancio generale dell’Unione europea per l’esercizio 2006, sezione I – Parlamento europeo (GU 2009, L 88, pag. 1), della decisione 2009/628/CE, Euratom del Parlamento europeo, del 23 aprile 2009, sul discarico relativo all’esecuzione del bilancio generale dell’Unione europea per l’esercizio 2007, sezione I – Parlamento europeo (GU L 255, pag. 1), e della decisione 2012/544/UE, Euratom del Parlamento europeo, del 10 maggio 2012, sul discarico per l’esecuzione del bilancio generale dell’Unione europea per l’esercizio 2010, sezione I – Parlamento europeo (GU L 286, pag. 1). Per quanto riguarda la commissione per il controllo dei bilanci, si tratta del progetto di relazione dell’8 marzo 2007 sugli emendamenti da 1 a 21 concernenti il discarico per l’esecuzione del bilancio generale dell’Unione per l’esercizio 2005, sezione I – Parlamento europeo, di un documento di informazione sul parere della commissione sul discarico di bilancio per l’esercizio 2006 e di un verbale relativo a lavori della commissione sul discarico di bilancio per l’esercizio 2010. Per quanto riguarda l’Ufficio di presidenza, si tratta della decisione del 30 novembre 2005 sulla gestione del regime, della decisione del 19 maggio e del 9 luglio 2008 recante misure di attuazione dello statuto dei deputati al Parlamento europeo (GU 2009, C 159, pag. 1), della decisione del 9 marzo 2009 concernente il fondo pensionistico volontario e della decisione del 1° aprile 2009 concernente il fondo pensionistico volontario.

98      Anzitutto, si deve escludere la decisione 2005/684/CE, Euratom del Parlamento, del 28 settembre 2005, che adotta lo statuto dei deputati del Parlamento europeo (GU L 262, pag. 1), in quanto detta decisione si colloca al di fuori dell’ambito della domanda di accesso ai documenti presentata dal ricorrente, che riguarda, in particolare, l’elenco nominativo dei membri che partecipano al regime dal settembre 2005. Lo stesso vale per il documento di informazione sul parere della commissione per il controllo dei bilanci relativo al discarico di bilancio per l’esercizio 2006 e il verbale di lavori della medesima commissione sul discarico di bilancio per l’esercizio 2010, che si limitano a rinviare indirettamente a decisioni o voti che non sono individuati in modo preciso.

99      Si deve inoltre constatare, in base alla lettura delle risposte delle parti principali alla misura di organizzazione del procedimento, che le quattro decisioni dell’assemblea plenaria menzionate al precedente punto 97, ciascuna delle quali contiene una decisione che concede il discarico al presidente del Parlamento per l’esecuzione del bilancio e le osservazioni contenute in una risoluzione, sono state oggetto di votazione sulle decisioni di discarico stesse e sulle risoluzioni. Interrogato in udienza, il Parlamento non è stato in grado di precisare se, per ciascuna di tali decisioni e risoluzioni, i voti fossero stati espressi globalmente o separatamente su paragrafi o proposte di modifica di taluni paragrafi.

100    I quesiti scritti posti al Parlamento al termine dell’udienza vertevano quindi, in particolare, sull’individuazione delle specifiche modalità di voto delle quattro decisioni di discarico di bilancio sopra citate e delle quattro risoluzioni che le accompagnavano, adottate dall’assemblea plenaria.

101    Orbene, dalla risposta del Parlamento risulta che, sebbene ciascuna delle quattro decisioni di discarico menzionate al precedente punto 97 e ciascuna delle risoluzioni che le accompagnavano siano state adottate con un voto globale dell’assemblea plenaria, il voto sulle risoluzioni concernenti il discarico per l’esercizio 2005, che ha avuto luogo il 24 aprile 2007, il voto su quello per l’esercizio 2006, che ha avuto luogo il 22 aprile 2008, e il voto su quello per l’esercizio 2010, che ha avuto luogo il 10 maggio 2012, sono stati tutti preceduti da votazioni separate su emendamenti e paragrafi specifici dei progetti di risoluzione. Per quanto riguarda la risoluzione concernente il discarico per l’esercizio 2005, i paragrafi da 74 a 84 del progetto di risoluzione, che vertono sul regime, sono stati oggetto di votazioni separate, durante le quali i membri si sono espressi. Per quanto riguarda la risoluzione relativa al discarico per l’esercizio 2006, i paragrafi da 70 a 73, che vertono sul regime, sono stati adottati allo stesso modo. Ciò vale anche per la risoluzione relativa al discarico per l’esercizio 2010 e per i paragrafi 98 e 99 del progetto di risoluzione, che riguardavano il regime.

102    Da quanto precede risulta che tutti i membri che facevano parte dell’assemblea plenaria erano legittimati a pronunciarsi sul regime il 24 aprile 2007, il 22 aprile 2008 e il 10 maggio 2012.

103    Pertanto, per consentire al ricorrente di raggiungere il suo scopo di mettere in luce potenziali conflitti di interessi dei membri, il Parlamento avrebbe dovuto procedere alla trasmissione dei nomi dei membri iscritti al regime che erano parimenti membri dell’assemblea plenaria alle date menzionate al precedente punto 102, e che hanno effettivamente partecipato alle votazioni svoltesi in tali date, senza limitarsi ai nomi di quelli che hanno partecipato alle votazioni organizzate secondo la procedura di votazione per appello nominale, prevista dall’articolo 180 del regolamento del Parlamento, come potrebbero indurre a ritenere i rilievi svolti dal ricorrente nelle sue osservazioni depositate il 2 febbraio 2015. Infatti, a prescindere dalla procedura di voto utilizzata nelle votazioni concernenti il regime, tutti i membri che hanno effettivamente votato e che partecipavano al regime potevano essere stati influenzati dal loro interesse personale al riguardo (v. precedente punto 102).

104    Da quanto precede risulta che non occorre esaminare le modalità precise di voto della commissione per il controllo dei bilanci e dell’Ufficio di presidenza, dato che i loro membri sono parimenti membri dell’assemblea plenaria.

105    In terzo luogo, il Parlamento afferma che è impossibile, per natura, stabilire se i membri, allorché sono stati chiamati a pronunciarsi sul regime, siano stati realmente influenzati dai loro personali interessi finanziari o per altri motivi, legittimi o meno, in quanto l’individuazione dei membri che partecipano al regime non fornirebbe alcuna informazione sui motivi soggettivi dei loro voti sul regime.

106    Orbene, la nozione di conflitto di interessi non rinvia solo a una situazione in cui un funzionario pubblico abbia un interesse personale che potrebbe avere effettivamente influito sull’esercizio imparziale e obiettivo delle sue funzioni ufficiali, nella specie quello di rappresentante eletto al Parlamento, ma anche ad una situazione in cui l’interesse individuato possa apparire, agli occhi del pubblico, tale da influire sull’esercizio imparziale ed obiettivo delle funzioni ufficiali. Peraltro, la divulgazione di potenziali conflitti di interessi non mira solo a rivelare i casi in cui il funzionario pubblico ha esercitato le sue funzioni con l’obiettivo di soddisfare i suoi interessi personali, ma altresì ad informare il pubblico dei rischi di conflitti di interessi in capo ai funzionari pubblici, affinché questi ultimi, nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali, agiscano con imparzialità, ossia dopo avere dichiarato, alla luce delle circostanze in cui si trovano, la situazione di potenziale conflitto di interessi che li riguarda e dopo avere adottato o proposto misure per risolvere o evitare tale conflitto. Pertanto, l’argomento del Parlamento è infondato e deve essere respinto, dato che le ragioni soggettive di un voto espresso da un rappresentante eletto sono per loro natura indeterminabili.

107    In quarto luogo, per le stesse ragioni esposte al precedente punto 106, si deve respingere l’argomento del Parlamento secondo cui il ricorrente non avrebbe dimostrato l’esistenza di un dibattito sui potenziali conflitti di interessi dei membri in relazione al regime o sul comportamento di un determinato membro.

108    In quinto luogo, dal ragionamento svolto ai precedenti punti da 91 a 106, risulta altresì che la regola secondo cui dal regolamento n. 45/2001, quale interpretato dalla sentenza Dennekamp/Parlamento, punto 4 supra (EU:T:2011:688, punti 34 e 35), deriva che spetta alla persona che chiede il trasferimento dei dati personali fornire gli elementi precisi che consentano di concludere per la necessità di tale trasferimento non può portare alle conseguenze che gli argomenti del Parlamento comportano.

109    Anzitutto, contrariamente a quanto sostenuto da quest’ultimo, è giocoforza constatare che il ricorrente ha esposto i motivi per i quali doveva sapere quali membri fossero iscritti al regime, in particolare per quanto riguarda la possibilità di rivelare così i potenziali conflitti di interessi che potevano influire sull’esercizio delle loro funzioni.

110    Inoltre, se il Parlamento intende sostenere che il ricorrente, per dimostrare la necessità del trasferimento, avrebbe dovuto illustrare dettagliatamente tutti gli elementi che dimostrano l’esistenza di conflitti di interessi, si deve constatare che, per mettere in luce i potenziali conflitti di interessi dei membri che partecipano alle votazioni sul regime, il ricorrente poteva legittimamente limitarsi a dimostrare che essi si trovavano in una tale situazione, a motivo della loro duplice qualità di membri e di iscritti al regime. Infatti, la nozione di conflitto di interessi rinvia alla situazione in cui l’interesse individuato possa apparire, agli occhi del pubblico, tale da influire sull’esercizio imparziale e obiettivo delle funzioni ufficiali (v. punto 106 supra) e pertanto non richiede che sia dimostrata la mancanza di esercizio imparziale delle funzioni in questione. Più in particolare, non si può addebitare al ricorrente di non avere individuato egli stesso l’organismo interno al Parlamento chiamato a pronunciarsi sul regime e, quindi, il gruppo dei membri interessati, prima di chiedere la trasmissione dei nomi dei membri in questione.

111    Una diversa interpretazione condurrebbe ad imporre al ricorrente di chiedere, in un primo tempo, l’accesso ai documenti che dimostrano quali siano gli organismi nel cui ambito ha avuto luogo una votazione sul regime e, alla luce del risultato ottenuto, di chiedere, in un secondo tempo, l’accesso ai documenti che individuano i membri che hanno effettivamente partecipato a tale votazione nonché, in seguito, ai documenti che identificano i membri iscritti al regime. Nessuna disposizione del regolamento n. 1049/2001 impone alla persona che chiede accesso ai documenti detenuti da un’istituzione o da un organismo dell’Unione di seguire tale iter, che non risulta nemmeno dall’applicazione del regolamento n. 45/2001 in relazione a documenti che contengono dati personali.

112    In sesto luogo, il Parlamento sostiene che l’interesse a chiedere la trasmissione dei nomi dei membri che partecipano al regime si fonda unicamente sulla valutazione del giornalista che chiede l’accesso ai documenti, nella specie il ricorrente, e non su ragioni oggettive. Orbene, così argomentando, il Parlamento non tiene conto del fatto che il ricorrente si è basato sull’esistenza di potenziali conflitti di interessi in capo ai membri che partecipano al regime in occasione di votazioni sullo stesso, il che non costituisce una valutazione soggettiva su una determinata situazione, bensì la constatazione di un rischio per l’esercizio imparziale e obiettivo delle funzioni ufficiali dei membri in questione.

113    Pertanto, dai precedenti punti da 88 a 112 risulta che il Parlamento ha commesso un errore manifesto di valutazione considerando che il ricorrente non aveva dimostrato la necessità della trasmissione dei nomi dei membri iscritti al regime che avevano effettivamente partecipato, in qualità di membri dell’assemblea plenaria, alle votazioni sul regime che hanno avuto luogo il 24 aprile 2007, il 22 aprile 2008 e il 10 maggio 2012, tenuto conto dell’obiettivo perseguito di mettere in luce potenziali conflitti di interessi.

114    Occorre, tuttavia, proseguire l’esame del ricorso analizzando gli argomenti relativi all’applicazione della seconda condizione cumulativa del trasferimento dei dati personali, enunciata all’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, ossia che non sussistano ragioni per presumere che la trasmissione dei nomi dei membri dell’assemblea plenaria iscritti al regime che hanno partecipato alla votazione sullo stesso possa arrecare pregiudizio ai loro interessi legittimi.

 Sull’applicazione della condizione di cui all’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 relativa alla mancanza di un interesse legittimo alla tutela della vita privata dei membri

115    La seconda parte del motivo si articola in tre censure, che si sovrappongono. Con la prima censura, il ricorrente sostiene che i membri non hanno un interesse legittimo alla protezione della loro vita privata ai sensi dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, in quanto il loro comportamento è soggetto a un livello elevato di controllo pubblico. Con la seconda censura, il ricorrente deduce che, nella decisione impugnata, il Parlamento non ha dimostrato che la divulgazione dei documenti richiesti arrecherebbe pregiudizio agli interessi legittimi dei membri. Con la terza censura sostiene che, quand’anche il Parlamento avesse considerato fondatamente che le informazioni richieste rientravano nella sfera privata dei suoi membri, ciò non sarebbe sufficiente per tutelare quest’ultima in quanto interesse legittimo ai sensi dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, che impone di ponderare gli interessi in gioco.

116    Preliminarmente, occorre rammentare che, secondo la giurisprudenza, una volta dimostrata la necessità del trasferimento dei dati personali, l’istituzione o l’organismo dell’Unione cui venga presentata una domanda di accesso a documenti che contengono tali dati deve soppesare i diversi interessi delle parti coinvolte e verificare se sussistano ragioni per presumere che tale trasferimento possa arrecare pregiudizio agli interessi legittimi delle persone coinvolte, come richiesto dall’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 (v., in tal senso, sentenze Commissione/Bavarian Lager, punto 4 supra, EU:C:2010:378, punto 78, e Dennekamp/Parlamento, punto 4 supra, EU:T:2011:688, punto 30).

117    Tale esigenza deve indurre l’istituzione o l’organismo dell’Unione cui è stata presentata la domanda a negare il trasferimento dei dati personali qualora constati che sussistono ragioni per presumere che il trasferimento arrecherebbe pregiudizio agli interessi legittimi delle persone coinvolte.

118    In primo luogo, tutti gli argomenti dedotti dal ricorrente a sostegno della seconda parte del primo motivo si fondano sul presupposto che, in ragione della natura pubblica delle funzioni dei membri e del loro status, i loro interessi legittimi non possano godere dello stesso grado di tutela previsto per quelli delle persone che non sono personalità pubbliche. Tra gli interessi dei membri si dovrebbero distinguere quelli che rientrano nella sfera pubblica, che devono ricevere una protezione minore al momento della ponderazione con un interesse al trasferimento dei dati personali, da quelli che rientrano nella sfera privata, che devono essere tutelati.

119    Come riconosciuto dal Parlamento, la distinzione operata dal ricorrente per le personalità pubbliche tra sfera pubblica e sfera privata è pertinente per stabilire il grado di tutela dei dati personali ai quali esse hanno diritto nel sistema del regolamento n. 45/2001, anche se quest’ultimo non contiene alcuna disposizione in tal senso. Infatti, sarebbe del tutto inopportuno valutare allo stesso modo una domanda di trasferimento di dati personali a prescindere dall’identità dell’interessato. Una personalità pubblica ha scelto di esporsi ai terzi, in particolare ai media e, attraverso gli stessi, a un pubblico più o meno vasto a seconda del suo settore di attività, anche se tale scelta non implica affatto che si debba ritenere che gli interessi legittimi di tale persona non possano in alcun caso essere lesi per adottare una decisione in merito al trasferimento dei dati che la riguardano. Generalmente, infatti, una personalità pubblica ha già accettato che alcuni dei suoi dati personali siano rivelati al pubblico, o ha addirittura incitato ad agire o agito in tal senso. Occorre quindi tenere conto di tale contesto per valutare il rischio di pregiudizio agli interessi legittimi delle personalità pubbliche nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 e per ponderare tali interessi con la necessità del trasferimento dei dati personali richiesto.

120    In tale contesto, al fine di valutare nel caso di specie il rischio di pregiudizio agli interessi legittimi dei membri, nei quali rientrano incontestabilmente alcuni aspetti delle attività professionali, quali gli elementi della retribuzione, occorre prendere in considerazione segnatamente il nesso esistente tra i dati personali in questione, vale a dire i nomi dei membri iscritti al regime che hanno partecipato alle votazioni sullo stesso, e il mandato di tali membri. Orbene, solo i membri possono partecipare al regime. Pertanto, l’esistenza del mandato di membro del Parlamento costituisce la condizione principale e necessaria per godere della pensione complementare prevista dal regime. È principalmente per tale motivo che i dati personali in questione rientrano nella sfera pubblica dei membri.

121    Alla luce di tale caratteristica, che limita ai soli membri l’ambito di applicazione del regime, le circostanze che la partecipazione al regime sia facoltativa e consegua a un’adesione volontaria, e quindi non derivi automaticamente dal mandato, e che la pensione integrativa venga percepita dopo la scadenza del mandato, il che peraltro è insito nella natura stessa di qualsiasi pensione, non sono determinanti per far rientrare i dati personali in questione nella sfera privata dei membri. Occorre altresì prendere in considerazione non solo il nesso con il mandato di membro, ma anche tutte le informazioni fornite dal ricorrente e non contestate dal Parlamento, o confermate dagli elementi del fascicolo, concernenti il funzionamento del regime, vale a dire il finanziamento da parte del Parlamento dei due terzi dei contributi pagati, il ripianamento del disavanzo del regime da parte del Parlamento e l’impegno di quest’ultimo a compensare tutte le perdite subite dal regime, fattori che, secondo il ricorrente, garantirebbero ai membri che partecipano al regime il mantenimento dei diritti pensionistici acquisiti. Si tratta di elementi che avvalorano la tesi secondo cui i dati personali in questione attengono alla sfera pubblica dei membri, in quanto indicano che il Parlamento ha assunto considerevoli impegni finanziari e giuridici in relazione al regime.

122    Occorre inoltre tenere conto della giurisprudenza secondo cui, da un lato, il regime rientra nelle disposizioni di legge il cui oggetto, nell’interesse generale, è garantire l’indipendenza economica dei membri e, dall’altro, le decisioni adottate in proposito dagli organi competenti del Parlamento devono essere considerate misure di organizzazione interna destinate a garantire il buon funzionamento dello stesso e, in quanto tali, rientrano nelle prerogative dei poteri pubblici di cui esso è investito per poter esercitare il suo compito, così che i diritti e gli obblighi che derivano da tale regime sono di diritto pubblico (v., in tal senso, sentenze Purvis/Parlamento, punto 26 supra, EU:T:2011:600, punti 60 e 61, e del 13 marzo 2013, Inglewood e a./Parlamento, T‑229/11 e T‑276/11, Racc., EU:T:2013:127, punto 61).

123    Quanto all’argomento del Parlamento secondo cui i contributi al regime riguarderebbero la situazione finanziaria privata dei membri, esso dev’essere respinto, tenuto conto del nesso ravvisabile tra gli elementi finanziari del regime, in cui rientrano i contributi, e la sfera pubblica dei membri. Tale ragionamento vale anche per l’argomento del Parlamento secondo cui occorrerebbe distinguere il comportamento di voto dei membri, che farebbe sempre parte della loro sfera pubblica, dalla loro partecipazione al regime, che rientrerebbe, a suo avviso, nella loro sfera privata. Inoltre, la trasmissione dei nomi dei membri che partecipano al regime consente solo di rivelare la loro iscrizione allo stesso, senza che siano divulgate informazioni sulla loro situazione finanziaria, in particolare sul loro patrimonio, i loro risparmi o gli strumenti nei quali vengono investiti i fondi versati al regime.

124    Alla luce di quanto precede, si deve quindi considerare che, nella ponderazione degli interessi in gioco, gli interessi legittimi dei membri iscritti al regime riconducibili alla sfera pubblica di tali membri devono essere oggetto di un grado di tutela meno elevato rispetto a quello di cui godrebbero, secondo la logica del regolamento n. 45/2001, gli interessi riconducibili alla loro sfera privata.

125    In secondo luogo, si deve ricordare che, anche in tale contesto, i dati personali vengono trasferiti solo se non sussistono ragioni per presumere che tale trasferimento possa arrecare pregiudizio agli interessi legittimi delle persone coinvolte. Tuttavia, il minore grado di tutela dei nomi dei membri che partecipano al regime ha l’effetto di attribuire un peso maggiore agli interessi rappresentati dall’obiettivo perseguito dal trasferimento.

126    Come sostenuto dal ricorrente, la messa in luce dei potenziali conflitti di interessi dei membri, che è l’obiettivo del trasferimento dei dati richiesto, consente di assicurare un migliore controllo sull’operato dei membri e sul funzionamento di un’istituzione dell’Unione che rappresenta i popoli degli Stati membri, nonché di migliorare la trasparenza della sua azione. Contrariamente a quanto affermato dal Parlamento in udienza, tali interessi possono essere legittimamente presi in considerazione nella ponderazione da effettuare in applicazione dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 (v. supra, punti da 61 a 63). Pertanto, considerata l’importanza degli interessi invocati nella fattispecie, che mirano a garantire il buon funzionamento dell’Unione rafforzando la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, si deve constatare che gli interessi legittimi dei membri che partecipano al regime, quali delimitati ai precedenti punti 120 e 121, non possono essere pregiudicati dal trasferimento dei dati personali in questione.

127    La ponderazione degli interessi in gioco avrebbe quindi dovuto condurre ad ammettere la trasmissione dei nomi dei membri iscritti al regime che hanno partecipato alle votazioni sullo stesso, dato che il Parlamento non può legittimamente sostenere che esista un presunzione giuridicamente vincolante a favore degli interessi legittimi delle persone alle quali si riferiscono i dati personali da trasferire. Nulla nel testo dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 milita a favore del riconoscimento di tale presunzione, dato che l’esame di una domanda di trasferimento di dati personali richiede che siano ponderati gli interessi in gioco, una volta che il richiedente abbia dimostrato l’esistenza di una necessità di trasferire tali dati (v., in tal senso, sentenze Commissione/Bavarian Lager, punto 4 supra, EU:C:2010:378, punto 79, e Dennekamp/Parlamento, punto 4 supra, EU:T:2011:688, punto 34), condizione che deve essere interpretata restrittivamente e impone al richiedente di fornire giustificazioni espresse e legittime della necessità invocata. Inoltre, il Parlamento si basa erroneamente sul regolamento n. 1049/2001 per dimostrare l’esistenza di tale presunzione, osservando che detto regolamento consente di derogare al diritto alla trasparenza. Se pure il regolamento n. 1049/2001 prevede effettivamente un’eccezione al diritto di accesso ai documenti nel caso in cui la divulgazione rischi di arrecare pregiudizio alla vita privata o all’integrità dell’individuo, rendendo così applicabile il regolamento n. 45/2001, ciò non ha assolutamente l’effetto di creare una presunzione a favore degli interessi legittimi delle persone i cui dati personali sono protetti da quest’ultimo regolamento.

128    Tra gli altri argomenti dedotti dal Parlamento, la critica relativa al carattere sproporzionato delle misure richieste dal ricorrente è inoperante. Con tale argomento, il Parlamento rimette in discussione la necessità del trasferimento dei nomi dei membri che partecipano al regime per conseguire gli scopi perseguiti dal ricorrente, e non la ponderazione degli interessi in gioco.

129    Altri argomenti del Parlamento devono essere respinti in quanto infondati. Ciò vale per la sua affermazione secondo cui, se si accogliesse la tesi del ricorrente, i membri non disporrebbero più del diritto al rispetto della loro vita privata e per quella secondo cui il trasferimento dei dati personali comprometterebbe l’indipendenza del loro mandato. Tali affermazioni non sono sostenute da elementi seri, mentre occorre sottolineare la portata limitata delle informazioni rivelate con il trasferimento dei dati in questione e il fatto che nulla consente di comprendere perché l’indipendenza del mandato del membro verrebbe pregiudicata qualora il pubblico fosse a conoscenza della sua partecipazione al regime. Lo stesso può dirsi per l’argomento secondo cui i membri potrebbero subire critiche da parte del pubblico in relazione a un presunto conflitto di interessi. Dal momento che tale conflitto è inerente alla funzione di membro del Parlamento, le eventuali critiche possono già essere formulate da chiunque conosca i problemi del regime, anche senza conoscere esattamente i nomi dei membri potenzialmente portatori di un simile conflitto di interessi. Inoltre, si deve constatare che il ricorrente si fa portavoce di tale critica attraverso le sue varie memorie processuali.

130    Pertanto, si deve constatare che il Parlamento ha commesso un errore manifesto di valutazione nel considerare che la trasmissione dei nomi dei membri iscritti al regime che hanno partecipato alle votazioni sullo stesso arrecherebbe pregiudizio ai loro interessi legittimi.

131    Occorre proseguire l’esame del ricorso, in quanto l’errore di valutazione commesso dal Parlamento nell’applicazione delle due condizioni cumulative di cui all’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 riguarda solo i membri dell’assemblea plenaria che hanno partecipato alle votazioni del 24 aprile 2007, 22 aprile 2008 e 10 maggio 2012, e non i membri che in tali occasioni si sono astenuti né quelli che non erano più o non erano ancora in carica, a motivo, in particolare, del fatto che il loro mandato era già scaduto, compresi quelli che avevano già esercitato i loro diritti pensionistici.

 Sul secondo motivo, vertente su un difetto di motivazione

132    In sostanza, il ricorrente sostiene che la conclusione della decisione impugnata secondo cui l’obbligo di protezione della vita privata con riguardo ai dati personali prevale sull’imperativo di trasparenza è viziata da un difetto di motivazione. Il Parlamento non avrebbe spiegato perché la divulgazione dei documenti richiesti arrecherebbe concretamente ed effettivamente pregiudizio alla vita privata dei membri i cui nomi figuravano in tali documenti.

133    Si deve ricordare che, quando l’istituzione interessata decide di negare l’accesso a un documento di cui le è stata chiesta la divulgazione, essa deve spiegare, in linea di principio, come l’accesso a tale documento possa arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato da un’eccezione prevista dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, che tale istituzione invoca (sentenze Svezia/MyTravel e Commissione, punto 35 supra, EU:C:2011:496, punto 76, e del 28 marzo 2012, Egan e Hackett/Parlamento, T‑190/10, EU:T:2012:165, punto 90). Pertanto, tale spiegazione non può consistere nella mera affermazione che l’accesso a taluni documenti arrecherebbe pregiudizio alla vita privata ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001 (sentenza Egan e Hackett/Parlamento, cit., EU:T:2012:165, punto 90).

134    Occorre inoltre rammentare che, qualora una domanda fondata sul regolamento n. 1049/2001 sia diretta a ottenere l’accesso a documenti che contengono dati personali, le disposizioni del regolamento n. 45/2001, compreso il suo articolo 8, sono integralmente applicabili (sentenze Commissione/Bavarian Lager, punto 4 supra, EU:C:2010:378, punto 63, e Dennekamp/Parlamento, punto 4 supra, EU:T:2011:688, punto 26).

135    Pertanto, quando, come nella specie, l’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 si applica a una domanda di accesso a taluni documenti, l’esame del carattere concreto ed effettivo del pregiudizio all’interesse protetto dall’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001 si confonde con la valutazione del rischio di pregiudizio agli interessi legittimi della persona alla quale si riferiscono i dati personali, in quanto gli interessi legittimi di cui all’articolo 8, lettera b), si sovrappongono con la vita privata e l’integrità dell’individuo, menzionati da quest’ultima disposizione, alle quali il trasferimento di tali dati può arrecare pregiudizio rivelando al pubblico alcuni loro aspetti.

136    Peraltro, risulta dalla giurisprudenza che la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE dev’essere adeguata alla natura dell’atto e deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. L’obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone, che il detto atto riguardi direttamente e individualmente, possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto la questione di decidere se la motivazione di un atto soddisfi le prescrizioni di cui al citato articolo 296 dev’essere risolta alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenza del 1° febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, Racc., EU:C:2007:75, punto 80 e giurisprudenza ivi citata).

137    Secondo il ricorrente, la decisione impugnata non spiegherebbe in qual modo la divulgazione dei documenti richiesti arrecherebbe concretamente ed effettivamente pregiudizio alla vita privata dei membri che partecipano al regime.

138    Nella decisione impugnata, il Parlamento ha ritenuto che non sarebbe proporzionato accordare il trasferimento dei dati personali in questione, tenuto conto dell’importanza degli interessi legittimi delle persone coinvolte. Esso ha riconosciuto che la portata degli interessi legittimi dei membri era sicuramente meno ampia di quella degli interessi dei privati che non rivestono incarichi pubblici, ma ha sostenuto che nella fattispecie si applicavano i meccanismi di tutela previsti dal regolamento n. 45/2001 e che i membri avevano un interesse legittimo a che i dati in questione non fossero divulgati, poiché tali dati rientravano nella loro sfera privata e sussisteva quindi un interesse legittimo a tutelarli in quanto dati relativi alla loro situazione finanziaria personale. A suo parere, i contributi e i diritti pensionistici che ne derivano costituiscono sempre questioni private, e il nesso con il mandato di membro o con le modalità di finanziamento del regime non avrebbe alcuna rilevanza. Il Parlamento ha inoltre osservato che, se così non fosse, la tesi del ricorrente si applicherebbe a tutti i dipendenti della pubblica amministrazione. Esso ha ribadito il suo argomento secondo cui il trasferimento dei dati in questione, fondato sull’interesse generale dei media e del pubblico per la situazione finanziaria personale dei membri, non sarebbe proporzionato, salvo ritenere che i media e il pubblico abbiano accesso a tutti i dati privati dei membri e perfino dei funzionari pubblici che implichino spese pubbliche. Il Parlamento ha contestato la tesi del ricorrente secondo cui la divulgazione dei documenti richiesti sarebbe più appropriata delle misure intese a garantire un controllo pubblico sulle spese pubbliche. Il Parlamento ha concluso, sulla base di tali elementi, che gli interessi legittimi dei membri dovevano prevalere sull’asserita necessità del trasferimento dei dati in questione.

139    Dalla decisione impugnata risulta che il rischio di pregiudizio agli interessi legittimi dei membri e, pertanto, alla loro vita privata risiede nel fatto che i dati personali in questione, dal momento che rientrano nella sfera privata dei membri, costituiscono un interesse legittimo da tutelare, in quanto riguardano la situazione finanziaria personale dei membri, e i contributi e diritti pensionistici che ne derivano sono questioni di natura privata. Le altre considerazioni svolte dal Parlamento nella ponderazione degli interessi in gioco, riportate al precedente punto 138, non riguardano la valutazione del rischio di pregiudizio agli interessi legittimi o alla vita privata dei membri.

140    Orbene, poiché l’esame del carattere concreto ed effettivo del pregiudizio all’interesse tutelato dall’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001 è inscindibile dalla valutazione del rischio di pregiudizio agli interessi legittimi della persona coinvolta previsto dall’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, si deve constatare che il Parlamento ha proceduto a quest’ultima valutazione, sottolineando che i dati personali in questione rientrano nella sfera privata dei membri, sono soggetti a un grado di tutela più elevato in applicazione di tale regolamento e devono quindi essere protetti in quanto interessi legittimi. Esso ha rilevato che i contributi a un regime pensionistico e i diritti a pensione che ne derivano sono questioni private, a prescindere dal regime considerato e dalle sue modalità di finanziamento, che la pensione derivante dal regime viene percepita dopo la scadenza del mandato e che i membri devono versare un contributo finanziario personale significativo, che non viene rimborsato dal Parlamento.

141    È vero che il ragionamento svolto dal Parlamento nella decisione impugnata è relativamente succinto; tuttavia, esso consente sia al destinatario della decisione che al Tribunale di comprendere i motivi per i quali il Parlamento conclude che vi sarebbe un rischio di pregiudizio agli interessi legittimi dei membri qualora il trasferimento dei dati personali in questione fosse autorizzato. Poiché tale valutazione ingloba necessariamente quella del rischio di un pregiudizio concreto ed effettivo alla vita privata e all’integrità dei membri, l’argomento scarsamente dettagliato del ricorrente deve essere disatteso.

142    Pertanto, il secondo motivo di ricorso deve essere respinto.

143    Da quanto precede risulta che il ricorso è privo di oggetto nella parte in cui viene chiesto l’accesso ai nomi dei 65 membri iscritti al regime e ricorrenti nelle cause che hanno dato luogo all’ordinanza Albertini e a. e Donnelly/Parlamento, punto 25 supra (EU:T:2010:519), e alla sentenza Purvis/Parlamento, punto 26 supra (EU:T:2011:600), che la decisione impugnata deve essere annullata nella parte in cui il Parlamento ha negato l’accesso ai nomi dei membri partecipanti al regime che, in quanto membri dell’assemblea plenaria, hanno effettivamente partecipato alle votazioni sul regime del 24 aprile 2007, del 22 aprile 2008 e del 10 maggio 2012, e che il ricorso deve essere respinto per il resto.

 Sulle spese

144    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, a termini dei paragrafi 2 e 3 del medesimo articolo, il Tribunale può ripartire le spese o decidere che le spese siano compensate qualora le parti soccombano rispettivamente su uno o più capi.

145    Poiché il Parlamento è rimasto sostanzialmente soccombente, deve essere condannato a sopportare le proprie spese e tre quarti di quelle del ricorrente. Quest’ultimo sopporterà un quarto delle proprie spese.

146    Conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico. Nella specie, il GEPD, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia sopporteranno ciascuno le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Non vi è luogo a statuire sulla domanda diretta all’annullamento della decisione A (2012) 13180 del Parlamento, dell’11 dicembre 2012, che rifiuta di accordare al sig. Gert-Jan Dennekamp l’accesso a taluni documenti relativi all’iscrizione di alcuni membri del Parlamento al regime pensionistico complementare, nella parte in cui nega l’accesso ai nomi dei 65 membri del Parlamento ricorrenti nelle cause che hanno dato luogo all’ordinanza del 15 dicembre 2010, Albertini e a. e Donnelly/Parlamento (T‑219/09 e T‑326/09, Racc., EU:T:2010:519), e alla sentenza del 18 ottobre 2011, Purvis/Parlamento (T‑439/09, Racc., EU:T:2011:600).

2)      La decisione A (2012) 13180 è annullata nella parte in cui nega l’accesso ai nomi dei membri partecipanti al regime pensionistico complementare del Parlamento che, in quanto membri dell’assemblea plenaria del Parlamento, hanno effettivamente partecipato alle votazioni su tale regime del 24 aprile 2007, del 22 aprile 2008 e del 10 maggio 2012.

3)      Il ricorso è respinto per il resto.

4)      Il Parlamento sopporterà le proprie spese e tre quarti di quelle sostenute dal sig. Dennekamp.

5)      Il sig. Dennekamp sopporterà un quarto delle proprie spese.

6)      Il Garante europeo della protezione dei dati (GEPD), la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia sopporteranno ciascuno le proprie spese.

Dittrich

Schwarcz

Tomlejnović

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 luglio 2015.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.