Language of document : ECLI:EU:T:2010:15

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

19 gennaio 2010 (*)

«Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Documenti relativi al mercato europeo d’importazione delle banane – Diniego implicito d’accesso seguito da un diniego esplicito – Ricorso di annullamento – Ricevibilità – Eccezione relativa alla protezione degli interessi commerciali di un terzo – Rispetto dei termini – Previo accordo dello Stato membro – Obbligo di motivazione»

Nelle cause riunite T‑355/04 e T‑446/04,

Co-Frutta Soc. coop., con sede in Padova, rappresentata dagli avv.ti W. Viscardini e G. Donà,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente dai sigg. L. Visaggio e P. Aalto, successivamente dai sigg. P. Aalto e L. Prete, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto, nella causa T‑355/04, la domanda di annullamento della decisione della Commissione 28 aprile 2004 che respinge una domanda iniziale di accesso ai dati relativi agli operatori registrati nella Comunità per l’importazione delle banane e una domanda di annullamento della decisione implicita della Commissione che respinge la domanda confermativa di accesso nonché, nella causa T‑446/04, la domanda d’annullamento della decisione esplicita della Commissione 10 agosto 2004 che nega l’accesso a tali dati,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto dalle sig.re I. Pelikánová, presidente, K. Jürimäe e dal sig. S. Soldevila Fragoso (relatore), giudici,

cancelliere: sig.ra K. Pocheć, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2 dicembre 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

1.     Normativa comunitaria in tema di accesso ai documenti

1        Ai sensi dell’art. 255, n. 1, CE:

«Qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio o della Commissione, secondo i principi e alle condizioni da definire a norma dei paragrafi 2 e 3».

2        Tali principi e condizioni sono stati fissati con regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 30 maggio 2001, n. 1049, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43).

3        L’art. 2, n. 3, del regolamento n. 1049/2001 dispone quanto segue:

«3.      Il presente regolamento riguarda tutti i documenti detenuti da un’istituzione, vale a dire i documenti formati o ricevuti dalla medesima e che si trovino in suo possesso concernenti tutti i settori d’attività dell’Unione europea».

4        L’art. 4 del regolamento n. 1049/2001, relativo alle eccezioni al diritto d’accesso, prevede quanto segue:

«2.      Le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:

–       gli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale,

(…)

a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.

(…)

4.      Per quanto concerne i documenti di terzi, l’istituzione consulta il terzo al fine di valutare se sia applicabile una delle eccezioni di cui ai paragrafi 1 o 2, a meno che non sia chiaro che il documento può o non deve essere divulgato.

5.      Uno Stato membro può chiedere all’istituzione di non comunicare a terzi un documento che provenga da tale Stato senza il suo previo accordo.

6.      Se solo alcune parti del documento richiesto sono interessate da una delle eccezioni, le parti restanti del documento sono divulgate.

7.      Le eccezioni di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 si applicano unicamente al periodo nel quale la protezione è giustificata sulla base del contenuto del documento. Le eccezioni sono applicabili per un periodo massimo di 30 anni. Nel caso di documenti coperti dalle eccezioni relative alla vita privata o agli interessi commerciali e di documenti sensibili, le eccezioni possono continuare ad essere applicate anche dopo tale periodo, se necessario».

5        L’art. 7 del regolamento n. 1049/2001, relativo all’esame delle domande iniziali, stabilisce quanto segue:

«1.      Le domande di accesso ai documenti sono trattate prontamente. Al richiedente viene inviato un avviso di ricevimento. Entro 15 giorni lavorativi dalla registrazione della domanda, l’istituzione concede l’accesso al documento richiesto e fornisce l’accesso ai sensi dell’articolo 10 entro tale termine, oppure, con risposta scritta, motiva il rifiuto totale o parziale e informa il richiedente del suo diritto di presentare una domanda di conferma ai sensi del paragrafo 2 del presente articolo.

2.      Nel caso di un rifiuto totale o parziale, il richiedente può, entro 15 giorni lavorativi dalla ricezione della risposta dell’istituzione, chiedere alla stessa di rivedere la sua posizione, presentando una domanda di conferma.

3.      In casi eccezionali, per esempio nel caso di una domanda relativa a documenti molto voluminosi o a un numero elevato di documenti, il termine di 15 giorni lavorativi di cui al paragrafo 1 può essere prorogato di altri 15 giorni lavorativi, purché il richiedente ne sia previamente informato mediante comunicazione motivata in modo circostanziato».

6        L’art. 8 del regolamento n. 1049/2001, concernente il trattamento delle domande di conferma, recita:

«1.      Le domande confermative sono trattate prontamente. Entro 15 giorni lavorativi dalla loro registrazione, l’istituzione concede l’accesso al documento richiesto e gli fornisce l’accesso ai sensi dell’articolo 10 entro tale termine oppure, con risposta scritta, motiva il rifiuto totale o parziale. In caso di rifiuto totale o parziale, l’istituzione è tenuta ad informare il richiedente dei mezzi di cui questi dispone, vale a dire l’avvio di un ricorso giurisdizionale contro l’istituzione e/o la presentazione di una denuncia presso il Mediatore, a norma degli articoli 230 [CE] e 195 [CE].

2.      In via eccezionale, per esempio nel caso di una domanda relativa a un documento molto voluminoso o ad un numero elevato di documenti, il termine di cui al paragrafo 1 può essere prorogato di 15 giorni lavorativi, purché il richiedente ne sia previamente informato mediante comunicazione motivata in modo circostanziato.

3.      In assenza di risposta nei termini da parte dell’istituzione, la domanda s’intende respinta e il richiedente ha il diritto di ricorrere in giudizio nei confronti dell’istituzione e/o presentare una denuncia al Mediatore a norma dei pertinenti articoli del Trattato CE».

7        In attuazione del regolamento n. 1049/2001, la Commissione europea ha adottato la decisione 5 dicembre 2001, 2001/937/CE, CECA, Euratom, che modifica il suo regolamento interno (GU L 345, pag. 94), il cui allegato contiene le disposizioni che regolano l’accesso del pubblico ai documenti detenuti dalla Commissione e riproduce in sostanza le citate disposizioni del regolamento n. 1049/2001.

2.     Normativa comunitaria in materia di importazione di banane

8        Il regolamento (CEE) del Consiglio 13 febbraio 1993, n. 404, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore della banana (GU L 47, pag. 1), ha instaurato, a partire dal 1° luglio 1993, un regime comune di importazioni provenienti dai paesi terzi.

9        Nell’ambito del detto regime, come viene applicato, a partire dal 1° gennaio 1999, dal regolamento (CE) della Commissione 28 ottobre 1998, n. 2362, recante modalità d’applicazione del regolamento (CEE) n. 404/93 del Consiglio, con riguardo al regime d’importazione delle banane nella Comunità (GU L 293, pag. 32), le autorità competenti degli Stati membri sono tenute a comunicare annualmente alla Commissione gli elenchi degli operatori registrati presso di esse con dati relativi ai quantitativi smerciati da ciascuno di essi nel corso di un periodo determinato, ai volumi delle domande formulate dagli operatori per l’anno in corso e ai quantitativi effettivamente smerciati con l’indicazione dei numeri dei titoli d’importazione utilizzati [v., in particolare, art. 4 del regolamento (CEE) della Commissione 10 giugno 1993, n. 1442, recante modalità d’applicazione del regime d’importazione delle banane nella Comunità (GU L 142, pag. 6), e artt. 6, n. 2, e 28, n. 2, del regolamento n. 2362/98], nonché determinate informazioni statistiche ed economiche trimestrali relative, in particolare, ai titoli di importazione (v., in particolare, art. 21 del regolamento n. 1442/93 e art. 27 del regolamento n. 2362/98).

10      Ogni operatore tradizionale ha accesso ai contingenti tariffari nei limiti di un quantitativo individuale di riferimento determinato dalle autorità competenti degli Stati membri sulla base delle importazioni effettuate in un dato periodo. La trasmissione degli elenchi di cui trattasi permette alla Comunità di verificare i dati a disposizione delle autorità nazionali competenti e, per quanto necessario, di comunicare gli elenchi agli Stati membri per individuare o prevenire dichiarazioni abusive degli operatori. Sulla base dei dati trasmessi, la Commissione fissa, se del caso, un coefficiente di adattamento, che gli Stati membri dovevano applicare ai quantitativi di riferimento degli operatori, conformemente all’art. 4 del regolamento n. 1442/93 e agli artt. 6 e 28 del regolamento n. 2362/98.

 Fatti

11      La Co-Frutta Soc. coop., ricorrente, è una società italiana di maturatori di banane. Da notizie apparse sulla stampa italiana, essa è venuta a conoscenza del fatto che, tra il marzo 1998 e il giugno 2000, alcuni quantitativi di banane sarebbero stati importati fraudolentemente nella Comunità a dazio ridotto, sulla base di falsi titoli di importazione.

12      La ricorrente ritiene di essere stata danneggiata da dette importazioni, in considerazione delle gravi distorsioni sui prezzi provocate dall’immissione sul mercato comunitario di quantitativi supplementari che ha comportato un superamento del contingente tariffario, e considera che il danno subìto sarebbe ancora maggiore nell’eventualità che le importazioni non siano state effettuate con certificati falsi, ma con certificati regolarmente rilasciati sulla base di quantitativi di riferimento falsi o errati, con la conseguente riduzione dei quantitativi di riferimento della ricorrente.

13      Con sentenza 16 ottobre 2003, causa T‑47/01, Co‑Frutta/Commissione (Racc. pag. II‑4441; in prosieguo: la «sentenza Co‑Frutta I»), il Tribunale ha respinto il ricorso proposto dalla ricorrente nei confronti di una prima decisione della Commissione che le aveva parzialmente negato l’accesso a taluni documenti relativi al regime comunitario di importazione delle banane.

14      La ricorrente ha chiesto, con lettera del 20 gennaio 2004 indirizzata alla direzione generale (DG) «Agricoltura» della Commissione, registrata il 21 gennaio 2004, di avere accesso all’elenco degli operatori tradizionali registrati durante gli anni 1998, 1999 e 2000, con l’indicazione, per ciascun operatore:

a)      del quantitativo di banane importato durante il periodo 1994‑1996;

b)      del quantitativo di riferimento provvisorio attribuito a ciascun operatore per gli anni 1998, 1999 e 2000;

c)      dei titoli (quantitativi) rilasciati a ciascun operatore negli anni 1998, 1999 e 2000 e dei relativi utilizzi.

15      Con lettera datata 10 febbraio 2004, il capo dell’unità B 1 della DG «Agricoltura» ha informato la ricorrente della decisione di prorogare di quindici giorni lavorativi il termine previsto per l’invio della risposta alla citata domanda, rilevando altresì l’impossibilità di trasmettere i documenti di cui al punto 14, lett. c), supra, poiché si trattava di «documenti dell’istituzione nazionale non trasmessi all’istituzione europea».

16      Con lettera del 16 febbraio 2004, la ricorrente esprimeva alla Commissione le proprie perplessità in relazione alla legittimità della proroga del termine e la invitava a provvedere immediatamente sulla domanda iniziale di accesso ai documenti.

17      Non avendo ricevuto alcuna risposta alla scadenza del termine prorogato, il 13 aprile 2004 la ricorrente ha presentato al segretario generale della Commissione una domanda di conferma, in applicazione dell’art. 7, n. 4, del regolamento n. 1049/2001.

18      In data 28 aprile 2004, la ricorrente ha ricevuto una risposta negativa alla domanda iniziale di accesso ai documenti da parte del direttore generale della DG «Agricoltura».

19      Il 3 maggio 2004, la ricorrente ha inviato al segretario generale della Commissione una nuova domanda di conferma, precisando che, con tale nuova domanda, veniva ritirata la sua precedente domanda del 13 aprile 2004.

20      Con lettera del 27 maggio 2004 del capo dell’unità B 2 del segretariato generale della Commissione, il termine previsto per l’invio della risposta alla domanda di conferma del 3 maggio 2004 è stato prorogato di quindici giorni lavorativi.

21      Il 18 giugno 2004, data in cui scadeva il termine prorogato per fornire una risposta alla domanda di conferma del 3 maggio 2004, il capo dell’unità B 2 ha informato la ricorrente, per posta elettronica, dell’impossibilità di rispondere alla sua richiesta entro il termine prescritto, promettendole tuttavia una risposta imminente.

22      Il 30 agosto 2004, la ricorrente ha ricevuto una lettera del segretario generale della Commissione datata 10 agosto 2004 (in prosieguo: la «decisione del 10 agosto 2004»), che confermava sostanzialmente la decisione iniziale del direttore generale della DG «Agricoltura» del 28 aprile 2004, pur accordando un accesso parziale ai documenti menzionati al punto 14 supra, allegando l’elenco degli operatori tradizionali registrati per gli anni 1999 e 2000.

 Procedimento e conclusioni delle parti

23      Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale in data 27 agosto (causa T‑355/04) e 9 novembre 2004 (causa T‑446/04), la ricorrente ha proposto i ricorsi in esame.

24      Con ordinanza del presidente della Seconda Sezione del Tribunale 15 ottobre 2007, è stata disposta la riunione delle due cause ai fini della fase orale del procedimento e della sentenza.

25      Le difese delle parti, nonché le loro risposte ai quesiti del Tribunale, sono state sentite all’udienza del 2 dicembre 2008.

26      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la risposta alla domanda iniziale di accesso ai documenti del 28 aprile 2004, la decisione implicita di rigetto, redatta il 18 giugno 2004, della domanda di conferma del 3 maggio 2004 (causa T‑355/04) e la decisione 10 agosto 2004 (causa T‑446/04);

–        a titolo di misura istruttoria, ordinare alla Commissione di produrre in giudizio tutte le risposte ottenute dagli Stati membri in seguito alla consultazione da essa effettuata a proposito della sua domanda di accesso (causa T‑446/04);

–        condannare la Commissione alle spese (cause T‑355/04 e T‑446/04).

27      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere i ricorsi;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

1.     Sulla ricevibilità

 Argomenti delle parti

28      Senza sollevare formalmente un’eccezione di irricevibilità, come rilevato in udienza, la Commissione sostiene, riferendosi al punto 31 della sentenza Co‑Frutta I, che il ricorso proposto avverso qualsiasi atto diverso dalla decisione del 10 agosto 2004 è irricevibile in quanto non si tratta di un atto impugnabile ai sensi dell’art. 230 CE.

29      La ricorrente ritiene che la sua domanda di annullamento della decisione menzionata nella lettera del direttore generale della DG «Agricoltura» che respingeva la domanda iniziale debba essere considerata ricevibile. La risposta fornita dal direttore generale della DG «Agricoltura», a proposito della domanda iniziale, non può essere considerata un atto meramente preparatorio, distinto dalla decisione finale, dato che quest’ultima è costituita dalla risposta fornita alla domanda iniziale e dal silenzio che ha seguito la domanda di conferma.

30      Inoltre, la ricorrente ritiene che i due ricorsi, nelle cause T‑355/04 e T‑446/04, debbano essere considerati ricevibili. Infatti, a suo avviso, se una risposta esplicita alla domanda di conferma fosse stata adottata entro i termini o, comunque, se le fosse giunta con sufficiente anticipo rispetto alla scadenza del termine per proporre ricorso avverso il rigetto implicito, essa avrebbe certamente impugnato solo ed esclusivamente la misura esplicita.

 Giudizio del Tribunale

31      Occorre distinguere i tre atti che formano oggetto di una domanda di annullamento da parte della ricorrente. Il primo atto è la risposta alla domanda iniziale di accesso ai documenti, datata 28 aprile 2004 (in prosieguo: la «lettera del 28 aprile 2004); il secondo è la decisione implicita di rigetto della domanda di conferma (in prosieguo: la «decisione implicita»); il terzo è la decisione del 10 agosto 2004.

 Sulla lettera del 28 aprile 2004

32      Si deve rammentare che, secondo una costante giurisprudenza, non è sufficiente che una lettera sia stata inviata da un’istituzione comunitaria al suo destinatario, in risposta ad una domanda formulata da quest’ultimo, perché tale lettera possa essere qualificata come decisione ai sensi dell’art. 230 CE, impugnabile con ricorso di annullamento (v. sentenza del Tribunale 28 ottobre 1993, causa T‑83/92, Zunis Holding e a./Commissione, Racc. pag. II‑1169, punto 30 e la giurisprudenza ivi citata). Costituiscono atti o decisioni che possono formare oggetto di un’azione di annullamento, ai sensi dell’art. 230 CE, i soli provvedimenti che producono effetti giuridici obbligatori idonei ad incidere sugli interessi del ricorrente, modificando in misura rilevante la sua situazione giuridica (sentenza del Tribunale 27 novembre 2007, cause riunite T‑3/00 e T‑337/04, Pitsiorlas/Consiglio e BCE, Racc. pag. II‑4779, punto 58).

33      Per quanto riguarda, più in particolare, atti o decisioni elaborati in più fasi, in particolare al termine di un procedimento interno, costituiscono atti impugnabili solo i provvedimenti che stabiliscono in modo definitivo la posizione dell’istituzione al termine di tale procedimento. Ne discende che le misure preliminari o di natura meramente preparatoria non possono formare oggetto di un ricorso di annullamento (sentenza della Corte 11 novembre 1981, causa 60/81, IBM/Commissione, Racc. pag. 2639, punto 10; ordinanze del Tribunale 21 novembre 2005, causa T‑426/04, Tramarin/Commissione, Racc. pag. II‑4765, punto 25, e 17 giugno 2008, causa T‑312/06, FMC Chemical/EFSA, non pubblicata nella Raccolta, punto 43).

34      La procedura di accesso ai documenti della Commissione, disciplinata dagli artt. 6‑8 del regolamento n. 1049/2001 nonché dagli artt. 2‑4 dell’allegato alla decisione 2001/937, si svolge in due fasi. In un primo momento, il richiedente deve rivolgere alla Commissione una domanda iniziale di accesso ai documenti. In linea di principio, la Commissione deve rispondere alla domanda iniziale entro un termine di quindici giorni lavorativi a decorrere dalla registrazione di detta domanda. In un secondo momento, in caso di rifiuto totale o parziale, il richiedente può presentare, entro un termine di quindici giorni lavorativi successivi alla ricezione della risposta iniziale della Commissione, una domanda di conferma presso il segretario generale della Commissione, domanda alla quale quest’ultimo, in linea di principio, deve rispondere entro un termine di quindici giorni lavorativi a decorrere dalla registrazione di detta domanda. In caso di rifiuto totale o parziale, il richiedente può proporre un ricorso giurisdizionale contro l’istituzione e/o presentare una denuncia al Mediatore, alle condizioni previste rispettivamente agli artt. 230 CE e 195 CE.

35      Secondo la giurisprudenza, risulta chiaramente dall’applicazione combinata degli artt. 3 e 4 dell’allegato alla decisione 2001/937 nonché dell’art. 8 del regolamento n. 1049/2001 che la risposta alla domanda iniziale costituisce solo una prima presa di posizione, che attribuisce ai ricorrenti la possibilità di invitare il segretario generale della Commissione a riesaminare la posizione di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 6 luglio 2006, cause riunite T‑391/03 e T‑70/04, Franchet e Byk/Commissione, Racc. pag. II‑2023, punto 47).

36      Di conseguenza, solo la misura adottata dal segretario generale della Commissione, che ha la natura di una decisione e sostituisce integralmente la presa di posizione precedente, può produrre effetti giuridici tali da incidere sugli interessi del richiedente e, pertanto, formare oggetto di un ricorso di annullamento ai sensi dell’art. 230 CE (v., in tal senso, sentenze Franchet e Byk/Commissione, cit., punti 47 e 48; v. altresì, in tal senso e per analogia, sentenza Co‑Frutta I, punti 30 e 31). Ne consegue che la risposta alla domanda iniziale non produce effetti giuridici e non può essere considerata un atto impugnabile. 

37      Il ricorso proposto nella causa T‑355/04 deve quindi essere dichiarato irricevibile per la parte di cui è diretto contro la risposta del 28 aprile 2004.

 Sulla decisione implicita di rigetto

38      Per quanto riguarda la domanda di annullamento della decisione implicita, la ricorrente sostiene giustamente che tale decisione ha avuto luogo successivamente alla scadenza del termine per la risposta. Infatti, la domanda di conferma è stata presentata dalla ricorrente il 3 maggio 2004 e registrata dalla Commissione il 4 maggio 2004. Il termine per la risposta di quindici giorni lavorativi è stato prorogato di quindici giorni lavorativi dalla Commissione con lettera del 27 maggio 2004. Tale nuovo termine è scaduto il 18 giugno 2004. Pertanto, conformemente all’art. 8, n. 3, del regolamento n. 1049/2001, si deve considerare che l’assenza di risposta da parte della Commissione ha dato luogo, alla scadenza del termine, ad una risposta negativa che può formare oggetto di un ricorso di annullamento. 

39      A tal proposito, va rammentato che la mancanza di interesse ad agire costituisce un motivo di improcedibilità di ordine pubblico che il giudice comunitario può esaminare d’ufficio (v. sentenza del Tribunale 28 settembre 2004, causa T‑310/00, MCI/Commissione, Racc. pag. II‑3253, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata).

40      Va altresì rammentato che, in base ad una giurisprudenza costante, un ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile solo ove il ricorrente abbia un interesse all’annullamento dell’atto impugnato (v. sentenza MCI/Commissione, cit., punto 44 e la giurisprudenza ivi citata).

41      L’interesse ad agire di un ricorrente, alla luce dell’oggetto del ricorso, deve sussistere, a pena di irricevibilità, al momento della proposizione di tale ricorso.

42      Poiché la Commissione non è in grado di provare, segnatamente mediante la produzione di una ricevuta di ritorno, il giorno di ricezione, da parte della ricorrente, della lettera contenente la decisione del 10 agosto 2004, si deve constatare che, al momento della proposizione del ricorso nella causa T‑355/04, la ricorrente aveva un interesse ad agire e che, in tale data, il ricorso era ricevibile.

43      Orbene, l’interesse ad agire deve permanere fino alla pronuncia della decisione del giudice, pena il non luogo a provvedere, il che presuppone che il ricorso possa procurare, con il suo esito, un beneficio alla parte che l’ha proposto (sentenza della Corte 7 giugno 2007, causa C‑362/05 P, Wunenburger/Commissione, Racc. pag. I‑4333, punto 42; v. altresì, in tal senso, ordinanza del Tribunale 17 ottobre 2005, causa T‑28/02, First Data e a./Commissione, Racc. pag. II‑4119, punti 35‑38).

44      Se l’interesse ad agire del ricorrente viene meno nel corso del procedimento, una decisione del Tribunale sul merito non gli può procurare alcun beneficio (sentenza Wunenburger/Commissione, cit., punto 43).

45      Nel caso di specie, si deve considerare che non vi è più luogo a provvedere sul ricorso nella causa T‑355/04 per la parte in cui esso è diretto contro la decisione implicita, in quanto la ricorrente non ha più un interesse ad agire nei suoi confronti in seguito all’adozione della decisione del 10 agosto 2004, di cui essa chiede l’annullamento nella causa T‑446/04. Infatti, con l’adozione della decisione esplicita del 10 agosto 2004, la Commissione ha di fatto proceduto alla revoca della decisione implicita formatasi precedentemente.

46      Orbene, un eventuale annullamento per vizio di forma della decisione implicita, e l’annullamento della decisione del 10 agosto 2004 per incompetenza, condurrebbero solo ad una nuova decisione, identica nel merito alla decisione del 10 agosto 2004 [v., per analogia, sentenza della Corte 6 luglio 1983, causa 117/81, Geist/Commissione, Racc. pag. 2191, punto 7; sentenze del Tribunale 18 dicembre 1992, causa T‑43/90, Díaz García/Parlamento, Racc. pag. II‑2619, punto 54, e 3 dicembre 2003, causa T‑16/02, Audi/UAMI (TDI), Racc. pag. II‑5167, punti 97 e 98]. Inoltre, l’esame del ricorso contro la decisione implicita non è giustificato né dall’obiettivo di evitare che si riproduca l’illegittimità contestata, ai sensi del punto 50 della citata sentenza Wunenburger/Commissione, né da quello di facilitare un eventuale ricorso per risarcimento, in quanto tali obiettivi possono essere realizzati con l’esame del ricorso nella causa T‑446/04.

47      Risulta da quanto precede che non vi è più luogo a provvedere sul ricorso nella causa T‑355/04.

2.     Nel merito

48      A sostegno del suo ricorso nella causa T‑446/04, contro la decisione del 10 agosto 2004, la ricorrente deduce sostanzialmente quattro motivi: il primo riguarda l’incompetenza della Commissione ad adottare la decisione del 10 agosto 2004 a causa della violazione dei termini procedurali previsti dal regolamento n. 1049/2001 e dalla decisione 2001/937; il secondo motivo riguarda il difetto di motivazione quanto al fatto che la Commissione si sia allineata sulla posizione di taluni Stati membri e la contraddittorietà della motivazione della risposta del 28 aprile 2004, che configura una violazione delle norme concernenti la consultazione dei terzi; il terzo motivo attiene al difetto di motivazione ed all’errata applicazione dell’eccezione relativa alla protezione degli interessi commerciali di cui all’art. 4, n. 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, nonché all’erroneità e contraddittorietà della motivazione in relazione al diniego di accesso parziale a taluni documenti; il quarto riguarda l’omessa decisione per quanto riguarda i documenti menzionati al punto 14, lett. c), supra.

 Sul primo motivo, attinente all’incompetenza della Commissione ad adottare la decisione del 10 agosto 2004 ed alla violazione dei termini procedurali previsti dal regolamento n. 1049/2001 e dalla decisione 2001/937

 Sulla prima parte, attinente all’incompetenza della Commissione ad adottare la decisione del 10 agosto 2004

–       Argomenti delle parti

49      La ricorrente sostiene che la decisione del 10 agosto 2004 è stata adottata sebbene la Commissione avesse perduto il potere di esaminare la domanda di conferma. La ricorrente fa riferimento all’art. 8, n. 3, del regolamento n. 1049/2001.

50      Poiché la domanda di conferma della ricorrente è stata presentata il 3 maggio 2004 e la Commissione ha prorogato il termine per la risposta con la lettera del 27 maggio 2004, tale termine è scaduto il 18 giugno 2004. Orbene, la ricorrente sottolinea che la decisione del segretario generale della Commissione reca la data del 10 agosto 2004 e che essa l’ha ricevuta solo il 30 agosto 2004.

51      La ricorrente ritiene che, nei casi in cui una norma attribuisca al silenzio della Commissione un preciso significato di rigetto della domanda, contro cui può essere proposto un ricorso, tale rigetto implicito costituisce la decisione definitiva della Commissione e la priva della sua competenza a proseguire l’esame della domanda, senza che sia necessario che una norma preveda espressamente la perdita di tale facoltà.

52      Secondo la ricorrente, ammettere che la Commissione ha sempre la possibilità di adottare una decisione esplicita, dopo l’adozione di una decisione implicita di rigetto, incoraggerebbe la Commissione ad ignorare i termini perentori fissati dalla normativa sull’accesso ai documenti, il che costituirebbe, ad avviso della ricorrente, un manifesto pregiudizio al principio di certezza del diritto ed obbligherebbe i cittadini a proporre due ricorsi di annullamento, uno contro la decisione implicita e l’altro contro la decisione esplicita, situazione in cui si è ritrovata la ricorrente.

53      La Commissione sostiene che i termini procedurali previsti dal regolamento n. 1049/2001 hanno il solo obiettivo di garantire uno svolgimento per quanto possibile spedito del procedimento, consentendo al richiedente di ottenere, entro un termine ragionevole, una decisione definitiva sulla sua domanda di accesso. Se tali termini fossero perentori, qualsiasi decisione adottata tardivamente su una domanda di conferma sarebbe invalida per incompetenza dell’istituzione, anche nell’ipotesi in cui quest’ultima accordasse infine l’accesso ai documenti richiesti.

54      La Commissione precisa che un eventuale danno causato da un superamento dei termini può essere preso in considerazione ai fini della valutazione della responsabilità extracontrattuale dell’istituzione. In ogni caso, il superamento dei termini non può incidere sulla validità della decisione adottata.

–       Giudizio del Tribunale

55      Nel corso del procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione, quest’ultima è tenuta ad osservare le garanzie procedurali previste dal diritto comunitario (sentenze del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑348/94, Enso Española/Commissione, Racc. pag. II‑1875, punto 56, e 18 giugno 2008, causa T‑410/03, Hoechst/Commissione, Racc. pag. II‑881, punto 128).

56      Il termine di quindici giorni lavorativi prorogabile entro il quale l’istituzione deve rispondere alla domanda di conferma, previsto all’art. 8, nn. 1 e 2, del regolamento n. 1049/2001, è perentorio. Tuttavia, la scadenza di tale termine non ha l’effetto di privare l’istituzione del potere di adottare una decisione.

57      Infatti, se il legislatore avesse voluto ricollegare una simile conseguenza al silenzio delle istituzioni, la normativa di cui trattasi recherebbe in proposito una specifica menzione. La Commissione fa valere al riguardo, a giusto titolo, l’art. 4, nn. 3 e 4, e l’art. 5, n. 6, della decisione del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/468/CE, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 184, pag. 23). Disposizioni del genere sono assenti nel regolamento n. 1049/2001.

58      Nel settore dell’accesso ai documenti il legislatore ha previsto le conseguenze di un superamento del termine stabilito all’art. 8, nn. 1 e 2, del regolamento n. 1049/2001, disponendo, all’art. 8, n. 3, di detto regolamento, che la sua violazione da parte dell’istituzione comporta il diritto a proporre un ricorso giurisdizionale.

59      In tale contesto, le conseguenze che la ricorrente vorrebbe attribuire al superamento, da parte della Commissione, del termine previsto all’art. 8, nn. 1 e 2, del regolamento n. 1049/2001 devono essere considerate sproporzionate. Infatti, nessun principio giuridico fa perdere all’amministrazione la sua competenza a rispondere a una domanda, anche al di fuori dei termini impartiti a tal fine. Il meccanismo di una decisione implicita di rigetto è stato introdotto per ovviare al rischio che l’amministrazione scelga di non rispondere ad una domanda di accesso a documenti e sfugga a qualsiasi controllo giurisdizionale, e non per rendere illegale qualsiasi decisione tardiva. Al contrario, l’amministrazione ha, in linea di principio, l’obbligo di fornire, anche tardivamente, una risposta motivata a qualsiasi domanda di un amministrato. Una soluzione siffatta è conforme alla funzione del meccanismo della decisione implicita di rigetto, che consiste nel permettere agli amministrati di impugnare l’inerzia dell’amministrazione per ottenere da quest’ultima una risposta motivata.

60      Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, una siffatta interpretazione non incide sull’obiettivo della tutela dei diritti degli amministrati perseguito dall’art. 253 CE e non consente alla Commissione di ignorare i termini perentori fissati dal regolamento n. 1049/2001 e dalla decisione 2001/937. Infatti, dinanzi al Tribunale potrà essere richiesto, con la proposizione di un ricorso, il risarcimento di un eventuale danno causato dall’inosservanza dei termini per la risposta.

61      Alla luce di tutte queste considerazioni, la prima parte del primo motivo dev’essere disattesa.

 Sulla seconda parte, attinente alla violazione dei termini procedurali imposti dal regolamento n. 1049/2001 e dalla decisione 2001/937

–       Argomenti delle parti

62      La ricorrente ritiene che la Commissione abbia violato i termini procedurali che disciplinano l’accesso ai documenti.

63      Inoltre, la proroga di quindici giorni lavorativi del termine per la risposta della Commissione alla domanda di conferma, considerata la necessità di consultare terzi a proposito di taluni dei documenti ai quali si chiedeva di accedere, comunicata alla ricorrente con la lettera del 27 maggio 2004, sarebbe illegittima.

64      Infatti, secondo la ricorrente, la possibilità di proroga del termine di quindici giorni lavorativi è prevista solo nel caso di domande complesse o relative a documenti voluminosi, ai sensi dell’art. 2, secondo comma, dell’allegato della decisione 2001/937. Tale disposizione non menzionerebbe affatto la possibilità di prorogare il termine nel caso in cui la Commissione debba consultare un terzo a proposito della domanda di accesso.

65      Inoltre, la ricorrente fa valere l’art. 5, n. 5, dell’allegato della decisione 2001/937, secondo cui « [l]’autore terzo consultato dispone di un termine di risposta che non può essere inferiore a cinque giorni lavorativi ma che deve permettere alla Commissione di rispettare i suoi termini di risposta». La ricorrente ritiene che la Commissione sia obbligata a pronunciarsi, anche qualora l’autore dei documenti di cui trattasi risponda tardivamente. Peraltro, la Commissione avrebbe proceduto ad una seconda consultazione presso gli Stati membri interessati, in violazione della normativa comunitaria di accesso ai documenti.

66      Nella sua replica, la ricorrente sottolinea che i termini indicati nelle disposizioni sopra menzionate rappresentano veri e propri obblighi per la Commissione. 

67      La Commissione non contesta l’obbligatorietà dei termini previsti dal regolamento n. 1049/2001 e dalla decisione 2001/937, ma sostiene che l’inosservana di tali termini comporta conseguenze di natura puramente procedurale e non sostanziale.

68      Per quanto riguarda l’argomento relativo all’inosservanza dell’art. 5, n. 5, dell’allegato della decisione 2001/937, la Commissione sottolinea che la consultazione era particolarmente importante nel caso di specie, dato che gli autori terzi erano Stati membri e che il regolamento n. 1049/2001 accorda loro un trattamento particolare.

69      La Commissione sottolinea altresì, quanto alla legittimità della decisione del 10 agosto 2004, che il segretario generale non ha proceduto ad una nuova consultazione degli Stati membri dopo la registrazione della domanda di conferma. Al fine di preparare la risposta a tale domanda, gli agenti dei servizi competenti del segretariato generale hanno solo discusso nuovamente l’insieme del fascicolo, segnatamente i risultati della consultazione organizzata dalla DG «Agricoltura».

–       Giudizio del Tribunale

70      L’istituzione investita di una domanda di accesso ad un documento proveniente da uno Stato membro e quest’ultimo devono, dal momento in cui tale domanda è stata notificata dall’istituzione allo Stato membro, avviare senza indugio un dialogo leale sull’eventuale applicazione delle eccezioni previste dall’art. 4, nn. 1‑3, del regolamento n. 1049/2001, prestando particolare attenzione alla necessità di consentire all’istituzione di esprimersi nei termini entro i quali gli artt. 7 e 8 del regolamento le impongono di pronunciarsi sulla domanda di accesso (sentenza della Corte 18 dicembre 2007, causa C‑64/05 P, Svezia/Commissione, Racc. pag. I‑11389; in prosieguo: la «sentenza IFAW della Corte», punto 86). L’art. 8 del regolamento n. 1049/2001 impone quindi alla Commissione di rispettare il termine imperativo di quindici giorni lavorativi, eventualmente prorogato, anche nel caso di consultazione di terzi.

71      Tuttavia, il superamento dei termini previsti da tale disposizione non comporta un annullamento automatico della decisione adottata oltre i termini (v., per analogia, sentenza del Tribunale 3 aprile 2003, cause riunite T‑44/01, T‑119/01 e T‑126/01, Vieira e a./Commissione, Racc. pag. II‑1209, punti 167‑170). Infatti, l’annullamento di una decisione a causa del solo superamento dei termini previsti dal regolamento n. 1049/2001 e dalla decisione 2001/937 avrebbe l’unico effetto di riaprire il procedimento amministrativo di accesso ai documenti. In ogni caso, il risarcimento di un eventuale danno derivante dal ritardo nella risposta fornita dalla Commissione può essere chiesto attraverso un ricorso per risarcimento danni.

72      Per quanto riguarda la legittimità della proroga del termine per la risposta, l’art. 2, secondo comma, dell’allegato della decisione 2001/937 prevede la possibilità di prorogare il termine nell’ipotesi di una domanda complessa. Il numero dei documenti richiesti e la molteplicità dei loro autori, come nella causa in esame, sono fattori da prendere in considerazione per qualificare come complessa una domanda di accesso a documenti. A tale titolo, la Commissione ha informato la ricorrente della necessità di prorogare il termine, conformemente alla normativa vigente. L’argomento relativo all’illegittimità della proroga del termine per la risposta deve quindi essere disatteso.

73      Peraltro, quanto all’argomento relativo ad una seconda consultazione degli Stati membri da parte della Commissione, la ricorrente non fornisce alcuna prova che la Commissione abbia proceduto ad una consultazione siffatta tra il rigetto della domanda iniziale ed il rigetto esplicito della domanda confermativa. Tale argomento deve quindi essere disatteso.

74      Ne consegue che il primo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul secondo motivo, attinente al difetto di motivazione quanto al fatto che la Commissione si sia allineata sulla posizione di taluni Stati membri ed alla violazione delle norme concernenti la consultazione dei terzi

 Sulla prima parte, attinente al difetto di motivazione quanto al fatto che la Commissione si sia allineata sulla posizione di taluni Stati membri

–       Argomenti delle parti

75      La ricorrente sostiene che, secondo l’art. 5 dell’allegato della decisione 2001/937, per quanto riguarda i documenti detenuti dalla Commissione, ma provenienti da un terzo, spetta a quest’ultima verificare l’applicabilità delle eccezioni previste all’art. 4 del regolamento n. 1049/2001. La Commissione avrebbe dovuto indicare gli argomenti da essa fatti valere e ripresi dai rilievi svolti dai terzi consultati e, nel caso in cui se ne fosse discostata, avrebbe dovuto sviluppare critiche pertinenti. Secondo la ricorrente, gli Stati membri non possono limitarsi a comunicare il loro rifiuto di divulgare i documenti, ma devono prendere esplicitamente posizione sulle eccezioni di cui si avvalgono.

76      La ricorrente chiede al Tribunale, affinché si possa esaminare la portata delle dichiarazioni formulate dagli Stati membri e la corrispondente valutazione fattane dalla Commissione, di ordinare a quest’ultima, a titolo di misura istruttoria, la produzione, ai sensi dell’art. 65, lett. b), del regolamento di procedura del Tribunale, di tutte le risposte fornite dagli Stati membri sulle quali essa ha fondato la sua decisione.

77      La Commissione afferma, per quanto riguarda il fatto che essa si sia allineata sul rifiuto di divulgazione da parte della maggioranza degli Stati membri, che, conformemente alla giurisprudenza IFAW del Tribunale (sentenza del Tribunale 30 novembre 2004, causa T‑168/02, IFAW Internationaler Tierschutz-Fonds/Commissione, Racc. pag. II‑4135; in prosieguo: la «sentenza IFAW del Tribunale», punti 58 e 59), l’opposizione di uno Stato membro, anche non motivata, «costituisce un’ingiunzione a tale istituzione di non divulgare il documento di cui trattasi».

78      La Commissione considera quindi che le domande istruttorie formulate dalla ricorrente sono inutili, dato che i rifiuti di divulgazione espressi dagli Stati membri non presentano alcun interesse, in quanto non devono essere motivati e vincolano la Commissione.

–       Giudizio del Tribunale

79      Nella sentenza IFAW della Corte è stata annullata la decisione che negava l’accesso a documenti detenuti dalla Commissione, adottata sulla sola base del rifiuto di divulgazione opposto dagli Stati membri.

80      Con l’adozione del regolamento n. 1049/2001, il legislatore comunitario ha segnatamente abolito la regola dell’autore, vigente fino ad allora. In un contesto siffatto, è giocoforza riconoscere che interpretare l’art. 4, n. 5, del regolamento n. 1049/2001 nel senso che esso conferirebbe allo Stato membro un diritto di veto generale e incondizionato per opporsi, in modo puramente discrezionale e senza dover motivare la propria decisione, alla divulgazione di ogni documento in possesso di un’istituzione comunitaria per il solo fatto che il documento in questione proviene da tale Stato membro non è compatibile con gli obiettivi del regolamento n. 1049/2001 (sentenza della Corte IFAW, punto 58).

81      L’istituzione non può infatti accogliere l’opposizione manifestata da uno Stato membro alla divulgazione di un documento da esso proveniente qualora tale opposizione sia priva di qualunque motivazione, o qualora la motivazione dedotta non sia articolata con riferimento alle eccezioni indicate all’art. 4, nn. 1-3, del regolamento n. 1049/2001. Nel caso in cui, nonostante l’invito esplicito in tal senso indirizzato dall’istituzione allo Stato membro interessato, quest’ultimo continui a non fornire tale motivazione, l’istituzione deve, qualora ritenga che non sia applicabile alcuna delle eccezioni in parola, concedere l’accesso al documento richiesto (sentenza della Corte IFAW, punto 88).

82      Pertanto, qualora l’opposizione manifestata da uno o più Stati membri alla divulgazione di un documento non soddisfi tale requisito di motivazione, la Commissione può autonomamente ritenere che ai documenti oggetto della domanda di accesso si applichino una o più eccezioni previste all’art. 4, nn. 1‑3, del regolamento n. 1049/2001.

83      Nel caso in esame, se è vero che la Commissione ha effettivamente fatto valere il rifiuto di taluni Stati membri di divulgare taluni documenti richiesti, essa si è basata, dal canto suo, sull’eccezione di cui all’art. 4, n. 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001 per negare la loro divulgazione, come menzionato al punto 4 della decisione del 10 agosto 2004. Pertanto, il presunto difetto di motivazione quanto al fatto che la Commissione si sarebbe allineata sul rifiuto opposto da taluni Stati membri non può comportare l’annullamento della decisione del 10 agosto 2004.

84      Di conseguenza, la parte attinente al difetto di motivazione quanto al fatto che la Commissione si sarebbe allineata sulla posizione di taluni Stati membri dev’essere disattesa.

 Sulla seconda parte, attinente alla violazione delle norme concernenti la consultazione dei terzi

–       Argomenti delle parti

85      Secondo la ricorrente, il direttore generale della DG «Agricoltura» ha indicato nella decisione menzionata nella lettera del 28 aprile 2004, dopo aver prorogato il termine per la risposta a causa di un’asserita necessità di consultare gli Stati membri ed aver motivato il rifiuto di accesso con l’opposizione esplicita di diversi Stati membri, che la risposta sarebbe comunque stata negativa, in quanto i documenti richiesti facevano parte di quelli ai quali l’accesso non poteva essere autorizzato a causa dell’eccezione di cui all’art. 4, n. 2, del regolamento n. 1049/2001. La ricorrente osserva che, se la Commissione era convinta fin dall’inizio del procedimento che non avrebbe potuto consentire l’accesso ai documenti in questione a causa dell’eccezione di cui all’art. 4, n. 2, del regolamento n. 1049/2001, essa non avrebbe dovuto consultare gli Stati membri.

86      La ricorrente fa riferimento al punto 56 della sentenza del Tribunale IFAW, secondo cui «l’obbligo a carico della Commissione di consultare il terzo in forza dell’art. 4, n. 4, del regolamento non incide sul suo potere di decidere se si applichi una delle eccezioni di cui all’art. 4, nn. 1 e 2, del [detto] regolamento», per affermare che l’art. 4, n. 4, del regolamento n. 1049/2001 vieta la consultazione del terzo qualora sia chiaro che il documento debba, o non debba, essere divulgato.

87      La Commissione precisa che la decisione impugnata indica chiaramente che il rifiuto di accesso risulta da due ragioni cumulative, cioè il rifiuto opposto dagli Stati membri e, comunque, l’eccezione relativa alla protezione degli interessi commerciali degli operatori.

88      La Commissione sostiene che non vi è stata erronea applicazione delle norme relative alla consultazione dei terzi. Essa osserva che il Tribunale ha rilevato a più riprese che gli Stati membri godono di un trattamento particolare per quanto riguarda il regime istituito dal regolamento n. 1049/2001, poiché, conformemente al suo art. 4, n. 5, le istituzioni comunitarie sono tenute a divulgare documenti provenienti da uno Stato membro solo con il previo accordo di quest’ultimo. Secondo la Commissione, non può esserle contestato di aver consultato gli Stati membri autori dei documenti ai quali la ricorrente chiedeva di accedere, sebbene essa ritenesse, dal canto suo, di non dover divulgare i documenti in questione, in forza dell’eccezione relativa alla protezione degli interessi commerciali degli operatori tradizionali.

89      La Commissione sostiene che, anche qualora si dovesse considerare che gli Stati membri sono stati consultati illegittimamente, ciò non sarebbe una ragione sufficiente per invalidare il rifiuto di accesso che è stato opposto, dato che tale rifiuto resterebbe pienamente fondato alla luce dell’altra eccezione applicata, relativa alla tutela degli interessi commerciali degli operatori.

–       Giudizio del Tribunale

90      Emerge da una giurisprudenza costante che la Commissione può congiuntamente consultare gli Stati membri e far valere una delle eccezioni di cui all’art. 4 del regolamento n. 1049/2001 (sentenze del Tribunale WWF UK/Commissione, cit., punto 61; 17 giugno 1998, causa T‑174/95, Svenska Journalistförbundet/Consiglio, Racc. pag. II‑2289, punto 114, e 13 settembre 2000, causa T‑20/99, Denkavit Nederland/Commissione, Racc. pag. II‑3011, punto 40).

91      Nella sua sentenza IFAW, la Corte ha considerato che, anche in presenza di un’opposizione degli Stati membri alla divulgazione di un documento, la Commissione deve far valere una delle eccezioni di cui all’art. 4, nn. 1‑3, del regolamento n. 1049/2001 per rifiutare l’accesso ai documenti richiesti (sentenza della Corte IFAW, punti 68 e 99).

92      Anche supponendo che la consultazione degli Stati membri da parte della Commissione sia stata illegittima, tale circostanza è irrilevante alla luce della fondatezza dell’eccezione fatta valere circa la protezione degli interessi commerciali dei terzi, che forma peraltro oggetto del terzo motivo.

93      Ne consegue che le due motivazioni dedotte dalla Commissione non possono essere ritenute contraddittorie e la seconda parte del motivo in esame dev’essere considerata infondata.

94      Il motivo in esame deve quindi essere respinto in quanto infondato.

 Sul terzo motivo, attinente ad un difetto di motivazione ed all’erronea applicazione dell’eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali di cui all’art. 4, n. 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, nonché all’erroneità e contraddittorietà della motivazione in relazione al diniego di accesso parziale a taluni documenti

 Sulla prima parte, attinente al difetto di motivazione per quanto riguarda l’applicazione dell’art. 4, n. 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001

–       Argomenti delle parti

95      La ricorrente osserva che la decisione impugnata si limita a parafrasare l’art. 4, n. 2, del regolamento n. 1049/2001, senza spiegare il motivo per cui la Commissione ritiene che la divulgazione dei documenti richiesti arrechi pregiudizio agli interessi commerciali degli operatori interessati. La ricorrente afferma che ciò integra una violazione dell’art. 2, quarto comma, dell’allegato della decisione 2001/937 e, più in generale, dell’obbligo di motivazione imposto dall’art. 253 CE.

96      Facendo riferimento alla giurisprudenza della Corte e del Tribunale, la ricorrente sostiene che la motivazione richiesta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. Essa ne deduce che la Commissione deve indicare in modo analitico le ragioni in base alle quali ritiene applicabile l’eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali e non può limitarsi ad invocare immotivatamente l’eccezione medesima. Ad avviso della ricorrente, la giurisprudenza impone alla Commissione di indicare, quanto meno per ciascuna categoria dei documenti richiesti, i motivi specifici destinati a consentire al destinatario di una decisione di rifiuto di accesso di valutarne la fondatezza.

97      La Commissione sostiene che la decisione impugnata menziona espressamente il motivo di rifiuto, indicando che la divulgazione dei documenti di cui trattasi potrebbe «pregiudicare gli interessi commerciali degli operatori, poiché renderebbe pubblici i quantitativi di riferimento assegnati ad ogni singolo operatore, nonché i quantitativi che ognuno di loro ha effettivamente importato», senza che sia possibile identificare un qualsivoglia interesse generale connesso alla divulgazione di detti documenti.

98      La Commissione afferma che i quantitativi di banane importati da ciascun operatore consentono di determinare il reale volume di attività di ciascun operatore e le previsioni di evoluzione della loro attività. La Commissione considera tale tipo di dati attinente ai rapporti commerciali delle imprese e non pubblico. Essa ritiene che la ricorrente, che opera professionalmente sul mercato delle banane, non può ragionevolmente asserire di ignorare il motivo per cui viene menzionato il pregiudizio commerciale degli operatori interessati. La Commissione fa valere, a titolo di prova, il fatto che la ricorrente ha abbondantemente argomentato nel merito, facendo valere un’erronea applicazione di tale eccezione. 

–       Giudizio del Tribunale

99      Secondo una giurisprudenza costante, la motivazione richiesta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo (sentenza del Tribunale 30 gennaio 2008, causa T‑380/04, Terezakis/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 70).

100    La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto la questione se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’art. 253 CE del Trattato va risolta alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenza della Corte 6 marzo 2003, causa C‑41/00 P, Interporc/Commissione, Racc. pag. I‑2125, punto 55 e la giurisprudenza ivi citata, e sentenza Terezakis/Commissione, cit., punto 70).

101    Nel caso di una domanda di accesso ai documenti, qualora l’istituzione interessata rifiuti tale accesso, essa deve dimostrare in ciascun caso di specie, sulla base delle informazioni di cui dispone, che i documenti ai quali era stato richiesto l’accesso rientrino effettivamente nell’ambito delle eccezioni menzionate dal regolamento n. 1049/2001. Tuttavia, può risultare impossibile indicare le ragioni che giustificano la riservatezza rispetto a ciascun documento senza divulgare il contenuto di quest’ultimo e, di conseguenza, privare l’eccezione della sua finalità essenziale (sentenza Terezakis/Commissione, cit., punto 71).

102    Nel caso in esame, la Commissione ha chiaramente indicato che, indipendentemente dalla posizione degli Stati membri, l’eccezione su cui essa fonda il suo rifiuto è quella dell’art. 4, n. 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Tale pratica è conforme alla sentenza della Corte IFAW (punti 68 e 99).

103    Peraltro, come giustamente rilevato dalla ricorrente, la Commissione ha effettivamente adottato una motivazione succinta, vicina al tenore letterale dell’art. 4, n. 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

104    Tuttavia, la decisione del 10 agosto 2004, adottata in risposta alla domanda confermativa di accesso ai documenti, è un documento di cinque pagine, che comprende un’analisi chiara. Infatti, al punto 4 di tale decisione, la Commissione sostiene di aver costantemente considerato nella sua prassi decisionale che i quantitativi di riferimento ed i quantitativi effettivamente importati dagli operatori rappresentano dati non disponibili, in quanto la loro divulgazione potrebbe arrecare pregiudizio agli interessi commerciali di detti operatori. La Commissione precisa che tali informazioni rientrano quindi nell’ambito di applicazione dell’art. 4, n. 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Al punto 5 di tale stessa decisione, la Commissione chiarisce di aver voluto confermare la propria analisi consultando gli Stati membri autori dei documenti in questione. Poiché la grande maggioranza di essi ha confermato l’analisi della Commissione circa il rischio di pregiudizio agli interessi commerciali degli operatori interessati, quest’ultima ha rifiutato l’accesso ai documenti richiesti provenienti dagli Stati membri contrari alla divulgazione, conformemente all’art. 4, n. 5, del regolamento n. 1049/2001. La Commissione ha inoltre considerato, al punto 7 della decisione del 10 agosto 2004, che l’interesse della ricorrente ad ottenere l’accesso ai documenti richiesti non poteva essere considerato un interesse pubblico superiore.

105    Poiché la decisione del 10 agosto 2004 ha fatto emergere il ragionamento seguito dalla Commissione, sarebbe eccessivo esigere una motivazione specifica per ciascuna delle valutazioni su cui si basa tale ragionamento. Occorre d’altra parte osservare che taluni dati non possono essere comunicati senza rimettere in discussione l’effettiva tutela degli interessi commerciali degli altri operatori (v., per analogia, sentenza della Corte 1° luglio 2008, cause riunite C‑341/06 P e C‑342/06 P, Chronopost e La Poste/UFEX e a., Racc. pag. I‑4777, punti 108 e 109).

106    La ricorrente, operatore tradizionale sul mercato di importazione di banane nella Comunità, ha chiesto l’accesso a documenti molto precisi relativi all’attività di importazione di suoi concorrenti. Come risulta dall’elenco degli operatori al quale la Commissione ha accordato l’accesso per gli anni 1999 e 2000, la ricorrente chiede la diffusione di dati relativi alle importazioni di 622 imprese concorrenti con sedi in quindici Stati membri. La Commissione ha indicato, al punto 4 della decisione del 10 agosto 2004, che la diffusione dei documenti in questione potrebbe «pregiudicare gli interessi commerciali degli operatori, poiché renderebbe pubblici i quantitativi di riferimento assegnati ad ogni singolo operatore, nonché i quantitativi che ognuno di loro ha effettivamente importato». Orbene, è evidente che i quantitativi importati attengono all’essenza stessa dell’attività delle imprese operanti sul mercato dell’importazione di banane.

107    Ne consegue che la ricorrente è stata pienamente posta in grado di comprendere le ragioni del rifiuto oppostole ed il Tribunale di svolgere il suo controllo. Pertanto, la decisione del 10 agosto 2004 non è viziata da una violazione dell’obbligo di motivazione.

108    La prima parte del terzo motivo deve quindi essere disattesa.

 Sulla seconda parte, relativa all’erronea applicazione dell’eccezione menzionata all’art. 4, n. 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001

–       Argomenti delle parti

109    La ricorrente sostiene che non sono soddisfatte le condizioni per l’applicazione dell’art. 4, n. 2, del regolamento n. 1049/2001.

110    Essa sottolinea che il principio generale consistente nell’accordare al pubblico il più ampio accesso possibile ai documenti detenuti dalla Commissione, riconosciuto dalla giurisprudenza del Tribunale, impone che qualsiasi eccezione sia interpretata restrittivamente.

111    La ricorrente ritiene che, nel settore delle banane, la Commissione non svolga il ruolo tradizionale di autorità di controllo che protegge la concorrenza, bensì determini essa stessa, mediante il controllo e la comparazione dei dati trasmessi dagli Stati membri, la quota di mercato spettante a ciascun operatore. La Commissione sarebbe quindi tenuta ad una maggiore trasparenza rispetto ad altri settori.

112    Secondo la ricorrente, la divulgazione dei documenti richiesti non può pregiudicare gli interessi commerciali degli altri operatori, in quanto il settore del commercio delle banane costituisce un mercato strettamente regolamentato nell’ambito dell’organizzazione comune del mercato delle banane e, di conseguenza, nessun pregiudizio relativo alla riservatezza dei dati commerciali può essere fatto valere dagli altri operatori.

113    La ricorrente afferma che la conoscenza delle informazioni richieste non potrebbe rappresentare uno strumento per ottenere un indebito vantaggio commerciale, bensì le consentirebbe semplicemente di ottenere gli strumenti necessari alla tutela dei propri interessi.

114    Essa sostiene inoltre che l’applicabilità delle eccezioni alla divulgazione trova qui il suo limite, in quanto l’art. 4, n. 7, del regolamento n. 1049/2007 dispone che «le eccezioni di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 si applicano unicamente al periodo nel quale la protezione è giustificata sulla base del contenuto del documento». La ricorrente osserva quindi che non potrebbe trarre alcun vantaggio concorrenziale dai documenti in questione, dato che essi riguardano un periodo precedente da quattro a dieci anni rispetto alla data di presentazione della sua domanda.

115    La ricorrente fa valere inoltre un interesse pubblico superiore ai sensi dell’art. 4, n. 2, del regolamento n. 1049/2001, per giustificare la divulgazione di documenti che sarebbero altrimenti coperti dell’eccezione. Tale interesse risiederebbe nell’importanza della scoperta di un abuso da parte dei suoi concorrenti, al fine di garantire il buon funzionamento dell’organizzazione comune del mercato delle banane.

116    Essa considera che l’eccezione su cui si fonda il rifiuto della Commissione non può essere fatta valere: il solo operatore che subisce un pregiudizio è la ricorrente, la quale, senza la possibilità di accedere ai documenti richiesti, si trova nell’impossibilità di dimostrare l’eventuale esistenza di frodi relative alle importazioni di banane.

117    La Commissione sostiene che le informazioni richieste dalla ricorrente sono direttamente legate all’attività di ciascun operatore e rientrano quindi incontestabilmente nella nozione di interessi commerciali menzionata all’art. 4, n. 2, primo trattino, del regolamento. Il fatto di operare nell’ambito di contingenti tariffari non esclude che la divulgazione delle attività commerciali di ciascun operatore possa arrecare pregiudizio a queste ultime.

118    La Commissione afferma che il suo ruolo si limita a stabilire un coefficiente di adattamento applicabile all’insieme dei quantitativi di riferimento determinati dagli Stati membri qualora la somma di detti quantitativi superi il totale dei quantitativi disponibili nell’ambito dei contingenti tariffari. Di conseguenza, su di essa non grava alcun obbligo specifico.

119    La Commissione sostiene che non era necessario fornire una motivazione specifica per ciascuna categoria dei documenti con riferimento ai quali era richiesto l’accesso, dato che non vi erano motivi di rifiuto diversi.

120    Peraltro, la Commissione ritiene che il carattere risalente dei documenti richiesti non incida affatto sulla natura estremamente sensibile degli interessi commerciali tutelati e menziona, a titolo di esempio, la protezione offerta agli archivi storici delle Comunità, che può essere superiore ai 30 anni. Essa aggiunge che i dati dal 1994 al 1996 sono serviti come base per determinare il quantitativo di riferimento degli operatori tradizionali nell’ambito del regime di importazione delle banane attualmente in vigore e che i dati del 1999 e del 2000 sono troppo recenti per non beneficiare di una protezione siffatta. 

121    La Commissione fa valere che è impossibile considerare di interesse pubblico la divulgazione dei documenti richiesti. Essa sottolinea che la ricorrente può costituirsi parte civile nei procedimenti penali in corso per presunte frodi e precisa che, nell’ambito di un procedimento giudiziario, essa sarebbe pronta a fornire alle competenti autorità l’insieme dei documenti che le fossero richiesti.

–       Giudizio del Tribunale

122    Secondo una giurisprudenza costante, le deroghe all’accesso ai documenti devono essere interpretate ed applicate restrittivamente, in modo da non vanificare l’applicazione del principio generale consistente nel fornire al pubblico il più ampio accesso possibile ai documenti di cui dispone la Commissione (sentenza della Corte 1° luglio 2008, cause riunite C‑39/05 P e C‑52/05 P, Svezia e Turco/Consiglio, Racc. pag. I‑4723, punto 36; v. altresì, per analogia, sentenza del Tribunale 11 dicembre 2001, causa T‑191/99, Petrie e a./Commissione, Racc. pag. II‑3677, punto 66).

123    Inoltre, l’esame previsto per il trattamento di una domanda di accesso a documenti deve avere un carattere concreto. Infatti, la mera circostanza che un documento riguardi un interesse tutelato da un'eccezione non può essere sufficiente per giustificare l’applicazione di quest’ultima (v., in tal senso e per analogia, sentenza Denkavit Nederland/Commissione, cit., punto 45). Una siffatta applicazione può essere giustificata, in linea di principio, solo nel caso in cui l’istituzione abbia precedentemente valutato, in primo luogo, se l’accesso al documento arrechi concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato e, in secondo luogo, nelle ipotesi previste dall’art. 4, nn. 2 e 3, del regolamento n. 1049/2001, se non sussista un interesse pubblico superiore che giustifichi la divulgazione del documento in questione.

124    Un esame concreto e specifico di ciascun documento è altresì necessario dal momento che, anche qualora sia chiaro che una domanda di accesso riguarda documenti coperti da un’eccezione, solo un esame siffatto può consentire all’istituzione di valutare la possibilità di accordare un accesso parziale al richiedente, conformemente all’art. 4, n. 6, del regolamento n. 1049/2001. Nell’ambito dell’applicazione del codice di condotta relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Consiglio e della Commissione (GU 1993, L 340, pag. 41), il Tribunale ha peraltro già considerato insufficiente una valutazione relativa a documenti svolta per categorie piuttosto che con riferimento ai concreti elementi di informazione contenuti in tali documenti. L’esame richiesto ad un’istituzione deve quindi consentirle di valutare concretamente se un’eccezione sollevata si applichi effettivamente all’insieme delle informazioni contenute in detti documenti (sentenze del Tribunale 12 ottobre 2000, causa T‑123/99, JT’s Corporation/Commissione, Racc. pag. II‑3269, punto 46; 13 aprile 2005, causa T‑2/03, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, Racc. pag. II‑1121, punto 73, e Franchet e Byk/Commissione, cit., punto 117).

125    È alla luce di tali principi che occorre esaminare l’applicazione che la Commissione ha fatto dell’art. 4 del regolamento n. 1049/2001 per rifiutare l’accesso ai documenti richiesti.

126    Conformemente all’art. 4, n. 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela degli interessi commerciali di una determinata persona fisica o giuridica, a meno che un interesse pubblico superiore giustifichi la divulgazione del documento in questione.

127    Nel caso di specie, la Commissione ha fatto valere l’eccezione relativa al pregiudizio agli interessi commerciali degli operatori per rifiutare l’accesso ad elenchi contenenti l’indicazione, per ciascun operatore, del quantitativo di banane importato durante il periodo 1994‑1996 e del quantitativo di riferimento provvisorio attribuito a ciascun operatore per gli anni 1999 e 2000, sottolineando anche, al punto 3, ultimo paragrafo, della decisione del 10 agosto 2004, che non esiste, ai sensi del regolamento n. 2362/98, un elenco degli operatori tradizionali per il 1998.

128    In primo luogo, occorre constatare che tali documenti contengono informazioni riservate relative alle società importatrici di banane ed alle loro attività commerciali e devono quindi essere considerati rientranti nell’ambito di applicazione dell’eccezione prevista all’art. 4, n. 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

129    In secondo luogo, per quanto riguarda il fatto che la Commissione abbia o meno esaminato la possibilità che la divulgazione dei documenti in questione arrechi concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato, il che è contestato dalla ricorrente, deducendo la genericità della giustificazione riportata nella decisione del 10 agosto 2004, occorre rammentare che la Commissione, al punto 4 di detta decisione, ha indicato che la diffusione di tali documenti avrebbe potuto «pregiudicare gli interessi commerciali degli operatori, poiché [avrebbe reso] pubblici i quantitativi di riferimento assegnati ad ogni singolo operatore, nonché i quantitativi che ognuno di loro ha effettivamente importato».

130    La Commissione può, in linea di principio, basarsi su presunzioni di carattere generale che si applicano a determinate categorie di documenti, in quanto a domande di divulgazione riguardanti documenti della stessa natura possono applicarsi considerazioni di ordine generale analoghe. È suo obbligo tuttavia verificare in ogni singolo caso se le considerazioni di ordine generale normalmente applicabili a un determinato tipo di documenti possano essere effettivamente applicate ad un particolare documento di cui sia chiesta la divulgazione (v., per analogia, sentenza Svezia e Turco/Consiglio, cit., punto 50).

131    I documenti di cui trattasi nel caso di specie riguardano due elementi precisi dell’organizzazione del mercato comune delle banane: i quantitativi di banane importati e quelli la cui importazione è autorizzata per ciascun operatore tradizionale. Tali indicazioni consentono di determinare l’attività commerciale delle imprese importatrici di banane nella Comunità. È difficile immaginare come la Commissione avrebbe potuto esporre un esame concreto e specifico di ciascun documento senza rivelare le cifre in questione. Occorre peraltro sottolineare, come risulta dall’elenco degli operatori al quale la Commissione ha consentito l’accesso, che, per gli anni 1999 e 2000, la ricorrente chiede la diffusione di dati relativi alle importazioni di 622 imprese concorrenti con sede in quindici Stati membri. Un esame concreto e specifico attinente a ciascuna di tali cifre, o anche a ciascun elenco inviato da ciascuno Stato membro, non potrebbe consentire di indicare le ragioni che giustifichino la riservatezza riguardante ciascun documento senza divulgare il contenuto di quest’ultimo e, di conseguenza, senza privare l’eccezione della sua finalità essenziale (v., per analogia, sentenza WWF UK/Commissione, cit., punto 65).

132    Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui la divulgazione dei documenti richiesti non può pregiudicare gli interessi commerciali degli altri operatori, poiché il settore del commercio della banana non costituirebbe un mercato aperto alla libera concorrenza, va constatato che una siffatta argomentazione escluderebbe qualsiasi documento relativo ad un’organizzazione comune di mercato dall’ambito di applicazione dell’art. 4, n. 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Inoltre, anche nel contesto di un’organizzazione comune di mercato, la divulgazione dei quantitativi di riferimento provvisorio e della loro reale utilizzazione può pregiudicare gli interessi commerciali delle imprese interessate, in quanto tali dati consentono di valutare al contempo il massimo volume teorico ed il volume reale dell’attività degli operatori e la loro posizione concorrenziale nonché il successo delle loro strategie commerciali.

133    Si deve inoltre verificare se tale rischio debba essere ponderato, come ritiene la ricorrente, alla luce di un interesse pubblico superiore (sentenza Svezia e Turco/Consiglio, cit., punto 67, e sentenza del Tribunale 11 marzo 2009, causa T‑166/05, Borax Europe/Commissione, Racc. pag. II‑28, punto 51; v. altresì punti 124 e 135 supra). La domanda di accesso ai documenti è diretta a controllare l’esistenza di pratiche fraudolente da parte dei concorrenti della ricorrente. La ricorrente persegue quindi, tra gli altri obiettivi, la tutela dei propri interessi commerciali. Orbene, non è possibile qualificare gli interessi commerciali della ricorrente come un «interesse pubblico superiore» alla protezione degli interessi commerciali degli operatori tradizionali, obiettivo perseguito con il rifiuto di accesso ad una parte dei documenti richiesti. Peraltro, il perseguimento dell’interesse pubblico che consiste nell’identificare le frodi al fine di garantire il buon funzionamento del mercato delle banane non spetta agli operatori stessi, bensì alle competenti autorità pubbliche, nazionali e comunitarie, eventualmente in seguito ad una domanda presentata da un operatore.

134    Inoltre, la ricorrente fa valere l’art. 4, n. 7, del regolamento n. 1049/2001 e considera che i quantitativi importati tra il 1994 ed il 1996 e tra il 1998 ed il 2000 non dovrebbero più godere di protezione.

135    L’art. 4, n. 7, del regolamento n. 1049/2001 recita:

«Le eccezioni di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 si applicano unicamente al periodo nel quale la protezione è giustificata sulla base del contenuto del documento. Le eccezioni sono applicabili per un periodo massimo di 30 anni. Nel caso di documenti coperti dalle eccezioni relative alla vita privata o agli interessi commerciali e di documenti sensibili, le eccezioni possono continuare ad essere applicate anche dopo tale periodo, se necessario».

136    Emerge da tale disposizione che i documenti la cui divulgazione pregiudicherebbe taluni interessi commerciali godono di una speciale protezione, in quanto il loro accesso può essere vietato per un periodo superiore ai trenta anni. Tuttavia, una siffatta protezione deve in ogni caso essere giustificata alla luce del contenuto di tali documenti.

137    I documenti ai quali si richiede di poter accedere riguardano l’oggetto stesso dell’attività commerciale di importazione, poiché indicano le quote di mercato, la strategia commerciale e la politica di vendita di tali imprese. Il contenuto di tali documenti giustifica quindi un termine di protezione.

138    Occorre constatare che dagli artt. 3 e 4 del regolamento n. 2362/98 e dall’art. 1 del regolamento (CE) della Commissione 1° febbraio 2000, n. 250, relativo all’importazione di banane nel quadro dei contingenti tariffari e delle banane ACP tradizionali e che fissa le quantità indicative per il secondo trimestre del 2000 (GU L 26, pag. 6), risulta che, per gli operatori tradizionali, le importazioni realizzate tra il 1994 ed il 1996 sono servite da base per la determinazione dei quantitativi di riferimento per gli anni 1999 e 2000. Pertanto, finanche le importazioni realizzate nel 1994 hanno avuto un’incidenza diretta sui quantitativi di riferimento del 2000.

139    La data che deve essere presa in considerazione per svolgere il controllo della legittimità della decisione della Commissione è quella della sua adozione. Il 10 agosto 2004, l’esame della Commissione riguardava documenti anteriori di quattro anni. In tal senso, un periodo di quattro anni, considerato che le cifre del 1994 incidono su quelle del 2000 e che il rifiuto di accesso è del 2004, dev’essere considerato un periodo durante il quale la tutela degli interessi commerciali in questione è giustificata.

140    L’applicazione, da parte della Commissione, dell’eccezione prevista all’art. 4, n. 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001 deve quindi essere considerata giustificata.

141    Di conseguenza, la seconda parte del terzo motivo dev’essere disattesa.

 Sulla terza parte, attinente all’erroneità e alla contraddittorietà della motivazione in relazione al diniego di accesso parziale a taluni documenti

–       Argomenti delle parti

142    La ricorrente sostiene che la decisione del 10 agosto 2004 è illegittima anche alla luce del principio di proporzionalità, secondo cui le istituzioni hanno l’obbligo di garantire un accesso parziale ai documenti richiesti qualora non sia possibile l’accesso integrale.

143    Essa fa altresì riferimento all’art. 4, n. 6, del regolamento n. 1049/2001, il quale prevede espressamente che, se solo alcune parti del documento richiesto sono interessate da una delle eccezioni, le parti restanti del documento sono divulgate. Essa ritiene che tale principio di accesso parziale sia applicabile anche nel caso di una domanda relativa a più documenti.

144    La ricorrente ne deduce che la Commissione avrebbe comunque dovuto accordarle l’accesso ai documenti provenienti dagli Stati membri che non hanno sollevato obiezioni alla divulgazione dei documenti richiesti, cioè la Repubblica d’Austria, la Repubblica ellenica, il Regno di Svezia, il Regno di Danimarca ed il Granducato di Lussemburgo. Essa contesta alla Commissione di aver trattato la questione in modo superficiale, in quanto non ha precisato che al momento del controricorso tali ultimi due Stati membri erano favorevoli alla divulgazione dei documenti.

145    La Commissione osserva che la sua decisione del 10 agosto 2004 garantiva in effetti alla ricorrente l’accesso parziale ai documenti richiesti trasmettendole l’elenco degli operatori tradizionali registrati nella Comunità per il 2000, identica a quella relativa al 1999. Di conseguenza, la parte in esame sarebbe ormai priva di oggetto.

146    Per quanto riguarda la domanda della ricorrente di ottenere, a titolo di accesso parziale, i documenti provenienti dagli Stati membri che non si sono opposti alla divulgazione, la Commissione osserva che tali documenti, come indicato nella decisione del 10 agosto 2004, rientrano nell’eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali degli operatori e che essi non possono quindi essere divulgati. La mancata opposizione da parte degli Stati membri autori dei documenti in questione non sarebbe, di per sé, una ragione sufficiente affinché la Commissione ne autorizzi la divulgazione.

–       Giudizio del Tribunale

147    Occorre sottolineare che la Commissione ha effettivamente dato accesso alla ricorrente ad una parte dei documenti menzionati al punto 14 supra, cioè l’elenco degli operatori tradizionali registrati per il 2000, identico a quello relativo al 1999, senza tuttavia specificare i quantitativi importati da ciascun operatore tradizionale tra il 1994 ed il 1996. La Commissione considera che non vi è un elenco di operatori tradizionali per il 1998.

148    Per quanto riguarda i documenti provenienti da Stati membri che non si sono opposti alla loro divulgazione, va rammentato che la Commissione ha applicato, autonomamente, l’eccezione dell’art. 4, n. 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001. A tal riguardo, ed alla luce dell’esame del secondo motivo, la decisione del 10 agosto 2004 si spiega con il fatto che la natura delle informazioni contenute nei documenti richiesti è identica, indipendentemente dallo Stato membro di origine del documento, e consiste in cifre relative ai quantitativi importati nel periodo tra il 1994 ed il 1996 e al quantitativo di riferimento provvisorio assegnato a ciascun operatore per gli anni 1998, 1999 e 2000. La constatazione secondo cui la divulgazione di tali dati pregiudicherebbe gli interessi commerciali delle altre imprese importatrici di banane è quindi valida per l’insieme dei documenti provenienti dagli Stati membri.

149    La terza parte del terzo motivo deve quindi essere disattesa ed occorre quindi respingere il terzo motivo nel suo insieme.

 Sul quarto motivo, attinente all’omessa decisione quanto ai certificati

 Argomenti delle parti

150    La ricorrente contesta il punto 2 della decisione del 10 agosto 2004, ai sensi del quale la Commissione rifiuta esplicitamente l’accesso ai documenti menzionati al punto c) della domanda iniziale.

151    La ricorrente contesta il fatto che la Commissione sostenga di non essere in possesso dei certificati di importazione rilasciati a ciascun operatore durante gli anni 1998, 1999 e 2000 e della prova del loro utilizzo. Essa fa riferimento alla sentenza Co-Frutta I (punti 44 e 45), la quale, a suo avviso, afferma che almeno i documenti relativi al periodo dal 1998 al 1999 sono stati trasmessi dagli Stati membri alla Commissione.

152    La Commissione sostiene di non disporre dei documenti menzionati al punto c) della domanda iniziale. Essa precisa che gli Stati membri le hanno comunicato, conformemente al regolamento n. 2362/98, solo dati globali sull’impiego dei certificati di importazione degli anni 1998, 1999 e 2000 e non dati a carattere individuale per ciascun operatore. Inoltre, per il 1998 non esisterebbe alcun dato, in quanto la definizione di operatore tradizionale non esisteva ai sensi del regolamento n. 1442/93, allora vigente.

153    La Commissione afferma che non si può dedurre dalla sentenza Co-Frutta I che essa sia in possesso dei documenti menzionati al punto c) della domanda iniziale.

 Giudizio del Tribunale

154    Occorre rilevare che la Commissione ha costantemente affermato di non essere in possesso dei documenti menzionati al punto c) della domanda iniziale, vale a dire i certificati rilasciati a ciascun operatore durante gli anni 1998, 1999 e 2000, né della prova del loro utilizzo.

155    Conformemente alla giurisprudenza del Tribunale, qualsiasi dichiarazione delle istituzioni relativa all’inesistenza di documenti richiesti gode di una presunzione di legalità. Si tratta nondimeno di una presunzione semplice, che il ricorrente può confutare con tutti i mezzi, in base a indizi pertinenti e concordanti (v. sentenze del Tribunale 26 aprile 2005, cause riunite T‑110/03, T‑150/03 e T‑405/03, Sison/Consiglio, Racc. pag. II‑1429, punto 29 e la giurisprudenza ivi citata, e Terezakis/Commissione, cit., punto 155). Tale presunzione deve essere applicata per analogia nell’ipotesi in cui l’istituzione dichiari di non essere in possesso dei documenti richiesti.

156    Per quanto riguarda l’unico indizio fatto valere dalla ricorrente, attinente alla sentenza Co-Frutta I, va anzitutto constatato che i dati ivi menzionati riguardano esclusivamente gli anni 1998 e 1999. Quanto al 1998, il punto 46 di tale sentenza afferma che dall’art. 4, nn. 4 e 5, e dall’art. 21 del regolamento n. 1442/93 risulta che gli Stati membri comunicano alla Commissione gli elenchi di tutti gli operatori registrati, nonché dei dati globali riguardanti i quantitativi attinenti ai certificati di importazione rilasciati e quelli attinenti ai certificati utilizzati, raccolti su base nazionale, trimestrale e per categoria di operatori. I dati individuali non sono quindi forniti, a tale titolo, alla Commissione. Per quanto riguarda il 1999, la sentenza Co-Frutta I, al punto 46, fa riferimento al regolamento n. 2362/98. Orbene, in merito agli operatori tradizionali, l’art. 28, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2362/98 stabilisce che gli Stati membri comunicano alla Commissione gli elenchi separati degli operatori, con l’indicazione, per ogni operatore tradizionale, del quantitativo di banane importate durante gli anni del periodo 1994‑1996 e del rispettivo quantitativo di riferimento provvisorio. Ne discende che tali documenti non contengono le informazioni menzionate al punto c) della domanda iniziale della ricorrente.

157    Ne consegue che, in mancanza di indizi pertinenti e concordanti in senso contrario, l’affermazione della Commissione secondo cui essa non è in possesso dei documenti menzionati al punto c) della domanda iniziale deve essere considerata esatta (v., in tal senso e per analogia, sentenza Terezakis/Commissione, cit., punti 162‑167).

158    Il motivo deve quindi essere respinto in quanto infondato così come, di conseguenza, il ricorso nel suo complesso.

159    Per quanto riguarda infine i provvedimenti istruttori richiesti dalla ricorrente, risulta, da un lato, dagli elementi agli atti, dall’altro, da quanto precede che tali provvedimenti non presentano alcuna utilità per la soluzione della controversia. Pertanto, devono essere respinte le domande dirette a che il Tribunale disponga provvedimenti istruttori.

 Sulle spese

160    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere pertanto condannata alle spese, conformemente alle domande della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Non vi è più luogo a provvedere sul ricorso nella causa T‑355/04.

2)      Il ricorso nella causa T‑446/04 è respinto.

3)      La Co-Frutta Soc. coop. è condannata alle spese.

Pelikánová

Jürimäe

Soldevila Fragoso

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 gennaio 2010.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.