Language of document : ECLI:EU:T:2007:3

ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

12 gennaio 2007 (*)

«Organizzazione comune dei mercati – Banane – Regime di importazione di banane originarie dei paesi ACP sul territorio dell’Unione europea – Regolamento (CE) n. 2015/2005 – Ricorso di annullamento – Legittimazione ad agire – Irricevibilità»

Nella causa T‑447/05,

Société des plantations de Mbanga SA (SPM), con sede in Douala (Camerun), rappresentata inizialmente dagli avv.ti P. Soler Couteaux e S. Cahn e, successivamente, dall’avv. B. Doré,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra F. Clotuche‑Duvieusart e dal sig. L. Visaggio, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto l’annullamento del regolamento (CE) della Commissione 9 dicembre 2005, n. 2015, relativo alle importazioni di banane originarie dei paesi ACP nell’ambito del contingente tariffario aperto dal regolamento (CE) del Consiglio n. 1964/2005 relativo alle aliquote tariffarie applicabili alle banane nei mesi di gennaio e febbraio 2006 (GU L 324, pag. 5),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),

composto dal sig. M. Vilaras, presidente, dalle sig.re E. Martins Ribeiro e K. Jürimäe, giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon,

ha pronunciato la seguente

Ordinanza

 Ambito giuridico

1        Il regolamento (CEE) del Consiglio 13 febbraio 1993, n. 404, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore della banana (GU L 47, pag. 1), ha istituito, al titolo IV, un regime comune per l’importazione di banane provenienti da paesi terzi all’interno della Comunità, applicabile al periodo 1° luglio – 31 dicembre 2005. Tale regime si basava sull’apertura di contingenti tariffari il cui volume era stato fissato in maniera da garantire l’approvvigionamento del mercato comunitario, per cui le importazioni effettuate nell’ambito dei suddetti contingenti beneficiavano dell’applicazione di dazi doganali ridotti o nulli. In tale contesto, le banane provenienti dagli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (in prosieguo: i «paesi ACP») godevano di un trattamento preferenziale che consisteva nell’esenzione dai dazi doganali per l’importazione di un quantitativo determinato di banane e nell’applicazione di una preferenza tariffaria per le importazioni oltre tale quantitativo.

2        Il regime comune d’importazione previsto dal titolo IV del regolamento n. 404/93 è stato più volte modificato. A partire dal 1° luglio 2001, le norme di base che disciplinano l’importazione di banane nella Comunità erano previste agli artt. 16‑20 del regolamento n. 404/93, nella versione modificata dai regolamenti (CE) del Consiglio 29 gennaio 2001, n. 216 (GU L 31, pag. 2) e 19 dicembre 2001, n. 2587 (GU L 345, pag. 13). A queste si aggiungevano le disposizioni di cui al regolamento (CE) della Commissione 7 maggio 2001, n. 896, recante modalità di applicazione del regolamento n. 404/93 in ordine al regime di importazione delle banane nella Comunità (GU L 126, pag. 6).

3        Il primo e secondo ‘considerando’ del regolamento n. 216/2001 indicano che, per porre fine alle contestazioni suscitate dal regime d’importazione delle banane di cui al titolo IV del regolamento n. 404/93, la disamina di tutte le possibilità presentate dalla Commissione porta a ritenere che «l’istituzione, a medio termine, di un regime d’importazione fondato sull’applicazione di un dazio doganale ad un tasso adeguato e l’applicazione di una preferenza tariffaria per le importazioni originarie dei paesi ACP costituirebbero il mezzo più idoneo per conseguire gli obiettivi dell’organizzazione comune dei mercati per quanto riguarda la produzione comunitaria e la domanda dei consumatori, come pure per rispettare le norme del commercio internazionale ed evitare nuove contestazioni». Il quarto ‘considerando’ del medesimo regolamento precisa che, «[f]ino all’entrata in vigore di tale regime, la Comunità deve essere approvvigionata mediante diversi contingenti tariffari, aperti per importazioni di qualsiasi origine (…)».

4        L’art. 16 del regolamento n. 404/93, come modificato dal regolamento n. 216/2001, recitava:

«1. Il presente articolo e gli articoli da 17 a 20 si applicano all’importazione di prodotti freschi che rientrano nel codice NC ex 0803 00 19 fino all’entrata in vigore del tasso della tariffa doganale comune per tali prodotti, al più tardi il 1° gennaio 2006, fissato secondo la procedura di cui all’articolo XXVIII dell’Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT).

2. Fino all’entrata in vigore del tasso di cui al paragrafo 1, l’importazione dei prodotti freschi di cui al suddetto paragrafo viene effettuata nell’ambito dei contingenti tariffari aperti dall’articolo 18».

5        L’art. 18, n. 1, del regolamento n. 404/93 prevedeva l’apertura di tre contingenti tariffari, indicati dalle lettere A, B e C, per un volume complessivo di 3 403 000 tonnellate. A seguito delle modifiche introdotte dal regolamento n. 2587/2001, il volume del contingente C è stato fissato, in conformità all’art. 18, n. 1, primo comma, lett. c), del regolamento n. 404/93, a 750 000 tonnellate e riservato, ai sensi dell’art. 18, n. 1, terzo comma, del regolamento n. 404/93, alle importazioni di banane originarie dei paesi ACP (in prosieguo: le «banane ACP»).

6        Parallelamente a questo regime, la Commissione ha adottato, a partire dal 2004, alcune misure transitorie a seguito dell’adesione alla Comunità di dieci nuovi Stati membri, per garantire l’approvvigionamento del mercato di tali Stati. Per quanto riguarda il 2005, tali misure sono state stabilite dal regolamento (CE) della Commissione 29 ottobre 2004, n. 1892, relativo a misure transitorie per il 2005 per l’importazione di banane nella Comunità a seguito dell’adesione della Repubblica ceca, dell'Estonia, di Cipro, della Lettonia, della Lituania, dell'Ungheria, di Malta, della Polonia, della Slovenia e della Slovacchia (GU L 328, pag. 50), che ha reso disponibile un quantitativo aggiuntivo di 460 000 tonnellate rispetto ai contingenti aperti dall’art. 18 del regolamento n. 404/93 per l’importazione di banane di qualsiasi origine.

7        L’art. 1 del regolamento (CE) del Consiglio 29 novembre 2005, n. 1964, relativo alle aliquote tariffarie applicabili alle banane (GU L 316, pag. 1), che ha istituito un regime unicamente tariffario, dispone:

«1. A decorrere dal 1° gennaio 2006, l’aliquota tariffaria applicabile alle banane (codice NC 08030019) è pari a 176 EUR/t.

2. Dal 1° gennaio di ogni anno, a partire dal 1° gennaio 2006, viene aperto un contingente tariffario autonomo di 775 000 tonnellate di peso netto a dazio zero per le importazioni di banane (codice NC 08030019) originarie dei paesi ACP».

8        L’entrata in vigore di questo nuovo diritto ha caducato il regime dei contingenti tariffari all’importazione previsti dal titolo IV del regolamento n. 404/93, secondo l’art. 16, n. 1, del suddetto regolamento.

9        L’art. 2 del regolamento n. 1964/2005 prevede che le misure necessarie per l’applicazione di tale regolamento e le misure transitorie per agevolare il passaggio dalle disposizioni attuali a quelle stabilite dal detto regolamento siano adottate secondo la procedura di comitologia (comitato di gestione).

10      Il regolamento (CE) della Commissione 9 dicembre 2005, n. 2015, relativo alle importazioni di banane originarie dei paesi ACP nell’ambito del contingente tariffario aperto dal regolamento n. 1964/2005 relativo alle aliquote tariffarie applicabili alle banane nei mesi di gennaio e febbraio 2006 (GU L 324, pag. 5, in prosieguo: il «regolamento impugnato»), è stato adottato per stabilire le modalità di gestione del contingente tariffario applicabili alle importazioni provenienti dai paesi ACP per i mesi di gennaio e febbraio 2006. Il secondo ‘considerando’ del suddetto regolamento precisa quanto segue:

«Manca il tempo materiale per mettere in atto entro il 1° gennaio 2006 gli strumenti necessari alla gestione del contingente tariffario all’importazione di banane originarie dei paesi ACP, previsto dal regolamento (…) n. 1964/2005. Occorre quindi che la Commissione adotti misure provvisorie per il rilascio di titoli d’importazione per i mesi di gennaio e febbraio 2006 onde garantire l’approvvigionamento della Comunità, assicurare la continuità degli scambi con i paesi ACP ed evitare perturbazioni dei flussi commerciali. Tali misure lasciano impregiudicate le modalità da definire successivamente, nel corso dell’anno 2006».

11      L’art. 2 del regolamento impugnato dispone:

«Per i mesi di gennaio e febbraio 2006:

–        un quantitativo di 135 000 tonnellate è disponibile per il rilascio di titoli d’importazione agli operatori di cui al titolo II; questo sottocontingente tariffario reca il numero d’ordine 09.4160,

–        un quantitativo di 25 000 tonnellate è disponibile per il rilascio di titoli d’importazione agli operatori di cui al titolo III; questo sottocontingente tariffario reca il numero d’ordine 09.4162».

12      Il titolo II del regolamento impugnato riguarda gli «[o]peratori registrati nell’ambito del contingente tariffario C di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (…) n. 404/93 per l’anno 2005». L’art. 3 prevede:

«Per i mesi di gennaio e febbraio 2006, ogni operatore tradizionale C e ogni operatore non tradizionale C, di cui rispettivamente all’articolo 3, punto 3, e all’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento (…) n. 896/2001 (…), può presentare una o più domande di titoli d’importazione fino a concorrenza massima, a seconda dei casi:

–        del quantitativo di riferimento stabilito e notificato per l’anno 2005, nell’ambito del contingente tariffario C, in applicazione dell’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento (…) n. 896/2001, per quanto riguarda l’operatore tradizionale C,

–        del quantitativo stabilito e notificato per l’anno 2005, nell’ambito del contingente tariffario C, in applicazione dell’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento (…) n. 896/2001, per quanto riguarda l’operatore non tradizionale C.

(…)».

13      Il titolo III del regolamento impugnato riguarda gli «[a]ltri operatori». L’art. 4, n. 1, di tale regolamento dispone:

«Gli operatori stabiliti nella Comunità, registrati nell’ambito dei contingenti A/B di cui all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento (…) n. 404/93 o del quantitativo aggiuntivo fissato dal regolamento (...) n. 1892/2004, che nel corso del 2005 hanno immesso in libera pratica banane originarie dei paesi ACP, possono presentare una sola domanda di titolo d’importazione nell’ambito del quantitativo fissato all’articolo 2, secondo trattino».

14      Il titolo IV del regolamento impugnato precisa le modalità di presentazione delle domande (art. 5) e di rilascio dei titoli d’importazione (art. 6). Il titolo V di tale regolamento, che raggruppa gli artt. 7‑9, contiene le disposizioni finali.

15      Il regolamento (CE) della Commissione 8 febbraio 2006, n. 219, recante apertura e modalità di gestione del contingente tariffario per l’importazione di banane del codice NC 08030019 originarie dei paesi ACP per il periodo dal 1° marzo al 31 dicembre 2006 (GU L 38, pag. 22), ha poi fissato le modalità di gestione del contingente tariffario applicabili alle importazioni provenienti dai paesi ACP a partire dal 1° marzo 2006. L’art. 2, lett. b), del suddetto regolamento prevede che un quantitativo di 468 150 tonnellate, ossia il 76% dei quantitativi disponibili, è da gestire in conformità alle disposizioni del capo III del medesimo regolamento. Quest’ultimo, all’art. 7, n. 2, rinvia al metodo del «primo arrivato-primo servito» previsto agli artt. 308 bis, 308 ter e 308 quater del regolamento (CEE) della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario (GU L 253, pag. 1).

16      I rapporti tra i paesi ACP e la Comunità sono attualmente regolati dall’accordo di partenariato tra gli appartenenti al gruppo dei paesi ACP, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall’altra, siglato a Cotonou il 23 giugno 2000 (GU 2000, L 317, pag. 3; in prosieguo: l’«accordo di Cotonou»).

17      Il regime generale degli scambi tra la Comunità e i paesi ACP è definito all’allegato V dell’accordo di Cotonou. Tale regime si applica durante il periodo transitorio delle trattative per nuovi accordi di partenariato economico, che va fino al 31 dicembre 2007. L’art. 1 di tale allegato precisa, in particolare:

«1. I prodotti originari degli Stati ACP sono ammessi all’importazione nella Comunità in esenzione da dazi doganali e tasse d’effetto equivalente.

a)      Nel caso dei prodotti originari degli Stati ACP:

–        enumerati nell’elenco dell’allegato II del trattato, che sono oggetto di un’organizzazione comune di mercato a norma dell’articolo 34 del trattato o che sono

–        soggetti, all’atto dell’importazione nella Comunità, ad una regolamentazione specifica introdotta in seguito all’attuazione della politica agricola comune

la Comunità prende le misure necessarie ad assicurare un trattamento più favorevole di quello riservato ai paesi terzi che beneficiano, per gli stessi prodotti, della clausola della nazione più favorita.

(...)

d)      Il regime di cui [al n. 1] lettera a) entra in vigore contemporaneamente al presente accordo e resta in applicazione per tutta la durata del periodo preparatorio previsto all’articolo 37, paragrafo 1 dell’accordo.

Se però, durante tale periodo, la Comunità:

(...)

–        modifica un’organizzazione comune di mercato o una regolamentazione specifica adottata nell’ambito dell’attuazione della politica agricola comune, essa si riserva di modificare, previa consultazione in sede di Consiglio dei ministri, il regime fissato per i prodotti originari [dei paesi] ACP. In tal caso la Comunità si impegna a mantenere a favore dei prodotti originari [dei paesi] ACP un vantaggio paragonabile a quello di cui essi beneficiavano in precedenza rispetto ai prodotti originari dei paesi terzi beneficiari della clausola della nazione più favorita».

18      L’art. 1 del protocollo n. 5 annesso all’allegato V dell’accordo di Cotonou, intitolato «secondo protocollo relativo alle banane», recita:

«Le parti riconoscono che le esportazioni di banane verso il mercato comunitario sono di capitale importanza economica per i fornitori ACP. La Comunità accetta di prendere in considerazione e, all’occorrenza, di attuare misure volte ad assicurare permanentemente la redditività delle loro industrie esportatrici di banane e il loro smercio sul mercato comunitario».

 Ricorrente

19      La ricorrente è stata costituita il 5 ottobre 1998 e ha quale oggetto principale, sia in Camerun che in altri paesi, la produzione, la trasformazione e la commercializzazione di banane destinate all’esportazione.

20      La ricorrente appartiene alla categoria dei produttori che non hanno la doppia qualifica di operatore e che non sono nemmeno inseriti in un gruppo europeo o multinazionale. Conseguentemente, non dispone della qualifica di operatore ai sensi del regolamento impugnato né può acquisirla, poiché il detto regolamento conserva il sistema di attribuzione dei titoli d’importazione fondato sui riferimenti storici istituiti dalla normativa vigente in precedenza.

 Procedimento e conclusioni delle parti

21      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 dicembre 2005, la ricorrente ha presentato il presente ricorso.

22      Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale in pari data, la ricorrente ha chiesto che la causa fosse trattata secondo il procedimento accelerato di cui all’art. 76 bis del regolamento di procedura del Tribunale.

23      Con decisione del Tribunale 26 gennaio 2006, l’istanza mirante a ottenere che la causa venisse trattata secondo il procedimento accelerato è stata respinta.

24      Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale in data 10 febbraio 2006, la Commissione, ai sensi dell’art. 114 del regolamento di procedura, ha sollevato un’eccezione di irricevibilità contro il presente ricorso.

25      La ricorrente ha presentato le proprie osservazioni su tale eccezione di irricevibilità il 28 marzo 2006, data in cui la fase scritta relativa alla ricevibilità si è conclusa.

26      Con il proprio ricorso, la ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare il regolamento impugnato;

–        condannare la Commissione alle spese.

27      Nella propria eccezione di irricevibilità, la Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile;

–        condannare la ricorrente alle spese.

28      Nelle proprie osservazioni sull’eccezione di irricevibilità, la ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione;

–        condannare la Commissione alle spese.

 In diritto

29      In forza dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura, se una parte ne fa richiesta, il Tribunale può pronunciarsi sull’irricevibilità senza impegnare la discussione nel merito. In conformità del n. 3 del medesimo articolo, il procedimento prosegue oralmente, salvo decisione contraria del Tribunale. Nella specie, il Tribunale ritiene di essere sufficientemente informato dagli atti del fascicolo per pronunciarsi sulla richiesta e che non occorra avviare la fase orale.

30      La Commissione eccepisce l’irricevibilità del ricorso sostenendo, da una parte, che la ricorrente non ha interesse ad agire contro il regolamento impugnato e, dall’altra, che il suddetto regolamento ha portata generale e non riguarda né direttamente né individualmente la ricorrente.

 Argomenti delle parti

31      La Commissione sostiene che, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, la ricevibilità di un ricorso d’annullamento presentato da una persona fisica o giuridica contro un regolamento è subordinata alla condizione che tale regolamento sia in realtà una decisione individuale che riguarda direttamente e individualmente tale persona. Aggiunge, inoltre, che siffatta disposizione ha come scopo quello di evitare che la semplice scelta della forma del regolamento possa escludere il ricorso di un singolo contro una decisione che lo riguardi direttamente e individualmente.

32      Nella specie, non solo il regolamento impugnato non riguarderebbe né direttamente né individualmente la ricorrente, ma non sarebbe nemmeno inteso a ricomprendere la situazione giuridica dei produttori, come quella della ricorrente, che si trovano al di fuori del territorio della Comunità europea, di tal che la ricorrente non avrebbe interesse ad agire per l’annullamento del suddetto regolamento.

33      In primo luogo, per quanto riguarda l’interesse ad agire, la Commissione rammenta che lo scopo del regolamento impugnato consiste nello stabilire le misure temporanee applicabili nei mesi di gennaio e febbraio 2006 per il rilascio dei titoli d’importazione nell’ambito del contingente tariffario applicabile alle banane ACP, previsto dal regolamento n. 1964/2005. L’adozione di tali misure si sarebbe dimostrata necessaria poiché, dopo l’adozione del regolamento n. 1964/2005, non vi era abbastanza tempo per consentirle di adottare e di fare pubblicare nuove modalità di gestione del contingente di banane ACP e per permettere in seguito agli Stati membri di procedere, sulla base di tali modalità, a una nuova registrazione degli operatori abilitati a partecipare alla ripartizione del contingente tariffario. La scelta di limitare, solo per i mesi di gennaio e febbraio 2006, il rilascio dei titoli di importazione agli operatori che avevano fornito il mercato comunitario di banane ACP nell’ambito del regime dei contingenti tariffari in vigore fino al 31 dicembre 2005 sarebbe stata compiuta allo scopo di garantire l’approvvigionamento della Comunità, assicurare la continuità degli scambi con i paesi ACP ed evitare perturbazioni nei flussi commerciali.

34      La Commissione afferma, altresì, che il regolamento impugnato definisce, a tal fine, due sottocontingenti destinati a tipologie differenti di operatori, il primo, di 135 000 tonnellate, aperto agli operatori stabiliti nella Comunità che, per il 2005, erano registrati nell’ambito del contingente tariffario C, di cui all’art. 18, n. 1, lett. c), del regolamento n. 404/93, e il secondo, di 25 000 tonnellate, aperto agli altri operatori, ossia agli operatori stabiliti nella Comunità, registrati con riferimento ai contingenti A e B di cui all’art. 18, n. 1, del regolamento n. 404/93 o con riferimento al quantitativo aggiuntivo fissato dal regolamento n. 1892/2004, che, durante il 2005, hanno immesso in libera pratica banane originarie dei paesi ACP. Pertanto, un tale sistema non potrebbe riguardare produttori, del tipo della ricorrente, stabiliti in un paese terzo e che non esercitano alcuna attività economica sul territorio degli Stati membri. Da ciò deriverebbe che la situazione giuridica della ricorrente non sarebbe modificata nell’ipotesi di annullamento del regolamento impugnato, a quest’ultima non applicabile, il che proverebbe che essa non avrebbe interesse ad agire per l’annullamento del suddetto regolamento.

35      In secondo luogo, quand’anche vi fosse un tale interesse, secondo la Commissione resta vero il fatto che il regolamento impugnato non riguarda la ricorrente né direttamente né individualmente, trattandosi di un atto avente portata generale. A tal riguardo, la Commissione precisa che il suddetto regolamento definisce talune categorie di operatori e le modalità di accesso ai vari sottocontingenti secondo criteri oggettivi, vale a dire, la partecipazione alla ripartizione dei contingenti tariffari previsti dall’art. 18 del regolamento n. 404/93 o del quantitativo aggiuntivo stabilito dal regolamento n. 1892/2004, da una parte, e l’origine delle banane importate a tale titolo nella Comunità, dall’altra. Pertanto, si tratterebbe di un regolamento che produce effetti giuridici nei confronti di persone considerate da un punto di vista generale e astratto, in base al principio che distingue un regolamento da una decisione, come riconosciuto dalla giurisprudenza (sentenze della Corte 6 ottobre 1982, causa 307/81, Alusuisse Italia/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 3463, punto 9, e 2 aprile 1998, causa C‑321/95 P, Greenpeace Council e a./Commissione, Racc. pag. I‑1651, punto 28; ordinanza del Tribunale 19 giugno 1995, causa T‑107/94, Kik/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑1717, punto 35, nonché sentenza del Tribunale 12 luglio 2001, cause riunite T‑198/95, T‑171/96, T‑230/97, T‑174/98 e T‑225/99, Comafrica e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, Racc. pag. II‑1975, punti 108‑110).

36      Poiché la ricorrente non ha la qualifica di operatore di cui al regolamento impugnato, tale atto la riguarderebbe solo in virtù della sua qualifica oggettiva di operatore economico non stabilito nella Comunità e non titolare di un riferimento storico nell’ambito del regime comunitario d’importazione applicabile fino al 31 dicembre 2005, come indicherebbe la ricorrente medesima nel proprio ricorso, e, dunque, come riguarda tutti gli operatori economici che si trovano in una situazione analoga. La Commissione aggiunge che il Tribunale ha già avuto occasione di confermare che i regolamenti recanti modalità di gestione dei contingenti tariffari per l’importazione hanno portata generale e astratta (ordinanze del Tribunale 25 settembre 2002, causa T‑178/01, Di Lenardo/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, e causa T‑179/01 Dilexport/Commissione, non pubblicata nella Raccolta). Peraltro, nessun altro elemento tipico della situazione della ricorrente la distinguerebbe rispetto a qualsiasi altro operatore economico.

37      In risposta all’argomentazione della ricorrente secondo cui il regolamento impugnato la priverebbe in concreto dei propri dazi all’importazione, la Commissione sostiene che questa non può essere privata di nessun dazio all’importazione, non disponendo – al pari di qualsiasi altro operatore economico – di alcun diritto acquisito a tal riguardo, tanto più che la ricorrente non aveva nemmeno la qualifica di operatore nel regime di importazione previgente. La situazione della ricorrente non sarebbe dunque diversa da quella di chiunque altro non soddisfi le condizioni di cui ai titoli II e III del regolamento impugnato.

38      La Commissione sostiene, altresì, che, anche se le misure contestate fossero tali da pregiudicare la prosecuzione delle attività della ricorrente, tale circostanza non sarebbe idonea ad identificarla. Infatti, secondo una giurisprudenza costante, il fatto che un atto possa produrre effetti concreti diversi rispetto a diversi soggetti di diritto ai quali si applica non può privare tale atto della propria natura regolamentare nei limiti in cui esso trova applicazione sulla base di una situazione oggettiva di diritto o di fatto definita dall’atto di cui trattasi (ordinanza della Corte 12 luglio 1993, causa C‑107/93, AEFMA/Commissione, Racc. pag. I‑3999, punti 14‑22; ordinanza del Tribunale 15 settembre 1999, causa T‑11/99, Van Parys e a./Commissione, Racc. pag. II‑2653, punti 50 e 51). Lo stesso vale per quanto riguarda la possibilità di determinare con maggiore o minore precisione il numero o persino l’identità dei soggetti di diritto ai quali si applica l’atto in questione (sentenza della Corte 14 febbraio 1989, causa 206/87, Lefebvre/Commissione, Racc. pag. 275, e ordinanza del Tribunale 28 febbraio 2005, causa T‑108/03, von Pezold/Commissione, Racc. pag. II‑655, punto 46).

39      In primo luogo, la ricorrente contesta la tesi della Commissione secondo la quale la ricorrente non avrebbe interesse ad agire contro il regolamento impugnato. A tal proposito, essa sostiene che, secondo una giurisprudenza costante, il luogo di stabilimento o di esercizio delle attività economiche di un ricorrente non influisce in alcun modo sulla ricevibilità di un ricorso d’annullamento, essendo rilevanti solo gli effetti giuridici dell’atto di cui trattasi sulla situazione giuridica del ricorrente medesimo (sentenza del Tribunale 14 settembre 1995, cause riunite T‑480/93 e T‑483/93, Antillean Rice Mills e a./Commissione (Racc. pag. II‑2305).

40      La ricorrente aggiunge che la ricevibilità di un ricorso d’annullamento proposto da un singolo è subordinata, secondo una giurisprudenza costante, unicamente alla condizione che quest’ultimo possa avvalersi di un interesse giuridicamente protetto, esistente ed effettivo. Nella specie, sarebbe innegabile che, se l’applicazione del regolamento impugnato produce l’effetto di privare i produttori domiciliati nei paesi ACP, che non sono operatori ai sensi del detto regolamento, di qualsiasi dazio relativo a qualunque esportazione verso il mercato comunitario, tali produttori hanno un interesse legittimo e giuridicamente protetto che li autorizza a contestare la legittimità del suddetto regolamento.

41      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che, se è vero che tale regolamento si applica alla totalità degli operatori economici interessati, è altrettanto vero che questo riguarda direttamente e individualmente taluni di essi. A tal proposito, la ricorrente rammenta che, secondo una giurisprudenza costante, poiché un regolamento non è nella sostanza una decisione individuale, occorre stabilire gli effetti giuridici che mira a produrre o che effettivamente produce (sentenze della Corte Alusuisse Italia/Consiglio e Commissione, cit. supra al punto 35, punto 8, e 22 novembre 2001, causa C‑451/98, Antillean Rice Mills/Consiglio, Racc. pag. I‑8949).

42      La natura normativa di un atto non osterebbe pertanto, come ammesso dalla giurisprudenza, al diritto da parte di un ricorrente di presentare un ricorso d’annullamento e, a tal fine, sarebbe sufficiente che quest’ultimo dimostri di essere direttamente e individualmente interessato da tale atto (sentenze della Corte 29 marzo 1979, causa 118/77, ISO/Consiglio, Racc. pag. 1277; 21 febbraio 1984, cause riunite 239/82 e 275/82, Allied Corporation e a./Commissione, Racc. pag. 1005; 14 marzo 1990, cause riunite C‑133/87 e C‑150/87, Nashua Corporation e a./Commissione e Consiglio, Racc. pag. I‑719; 16 maggio 1991, causa C‑358/89, Extramet Industrie/Consiglio, Racc. pag. I‑2501; 18 maggio 1994, causa C‑309/89, Codorníu/Consiglio, Racc. pag. I‑1853, nonché causa Antillean Rice Mills/Consiglio, cit. supra al punto 41).

43      In terzo luogo, la ricorrente sostiene che il regolamento impugnato la riguarda individualmente, come prevede la giurisprudenza, in virtù di talune caratteristiche che le sono proprie o di una situazione di fatto che la distingue da chiunque altro e che, pertanto, la identifica in maniera analoga a quella in cui sarebbe identificato il destinatario di una decisione (sentenze della Corte 15 luglio 1963, causa 25/62, Plaumann/Commissione, Racc. pag. 197, punto 223 e 25 luglio 2002, causa C‑50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, Racc. pag. I‑6677; ordinanza del Tribunale 6 luglio 2004, causa T‑370/02, Alpenhain-Camembert-Werk e a./Commissione, Racc. pag. II‑2097). A tal proposito, essa afferma di trovarsi non solo in una situazione di fatto del tutto diversa da quella degli operatori o degli altri produttori di banane ACP, ma altresì di essere in una situazione giuridica che consente di ritenere che essa debba essere parificata a un «destinatario» secondo quanto previsto dalla giurisprudenza. Infatti, in ragione del fatto che essa appartiene alla categoria dei produttori indipendenti stabiliti nei paesi ACP, che siano operatori o produttori non integrati, le risulterebbe impossibile commercializzare la propria produzione sul territorio dell’Unione.

44      Secondo la ricorrente, come risulta dall’art. 1 dell’allegato V dell’accordo di Cotonou e dall’art. 1 del protocollo n. 5 annesso all’allegato V del medesimo accordo, intitolato «secondo protocollo relativo alle banane», il diritto comunitario definisce la situazione giuridica del produttore stabilito in un paese ACP che esporta i propri prodotti verso il mercato comunitario distinguendola da quella degli altri produttori nonché da quella di tutti gli altri operatori del settore delle banane. Le suddette disposizioni consentirebbero di stabilire, senza possibilità di contestazioni, che le imprese produttrici di banane ACP si trovano in una situazione giuridica particolare rispetto alle regole della politica agricola comune, vale a dire la stessa situazione di cui alla sentenza Antillean Rice Mills e a./Commissione, cit. supra al punto 39.

45      La ricorrente precisa che essa potrebbe risultare individualizzata dal fatto che l’autore dell’atto prenda in considerazione (o sia obbligato a prendere in considerazione) la situazione giuridica o di fatto che le è propria, la quale corrisponderebbe a quella delle imprese interessate al momento dell’adozione del medesimo atto. Siffatta maniera di riconoscere il legame individuale sarebbe già stata accolta dalla Corte nella sentenza 17 gennaio 1985, causa 11/82, Piraiki‑Patraiki e a./Commissione (Racc. pag. 207), e ciò laddove le disposizioni dell’atto di adesione lo imponevano, nonché nella sentenza 26 giugno 1990, causa C‑152/88, Sofrimport/Commissione (Racc. pag. I‑2477), in cui la Corte avrebbe ritenuto che la normativa in discussione obbligasse la Commissione a tener conto della situazione dei ricorrenti al momento dell’adozione dell’atto controverso.

46      La situazione della ricorrente sarebbe inoltre assolutamente paragonabile a quella degli esportatori di riso delle Antille olandesi, di cui alla causa sfociata nella sentenza Antillean Rice Mills/Consiglio, cit. supra al punto 41, in cui è stato riconosciuto che i ricorrenti erano stati privati della facoltà di esportare verso la Comunità a seguito di una misura comunitaria. Secondo la ricorrente, è vero che, in quella sentenza, la Corte ha ritenuto, anzitutto, che i ricorrenti non potessero essere considerati come interessati dalla misura comunitaria unicamente in quanto esportatori di riso verso la Comunità, essendo tale attività commerciale esercitabile in qualsiasi momento da qualunque impresa, ma è vero anche che la Corte ha poi precisato che i ricorrenti erano interessati a priori solo in virtù della loro caratteristica oggettiva di operatori economici del settore controverso analogamente a qualsiasi altro operatore e che, infine, l’esiguo numero di operatori interessati non era sufficiente per concludere a favore di un legame individuale. Tuttavia, la Corte avrebbe inoltre considerato che la sussistenza dell’obbligo, per il Consiglio o la Commissione, in base a specifiche disposizioni, di tener conto delle conseguenze dell’atto che essi intendono adottare sulla situazione di determinati singoli può essere «tale da identificare questi ultimi» (sentenze della Corte Piraiki‑Patraiki e a./Commissione, cit. supra al punto 45, punti 28 e 31, e 11 febbraio 1999, causa C‑390/95 P, Antillean Rice Mills e a./Commissione, Racc. pag. I‑769, punto 25).

47      A parere della ricorrente, un ragionamento del tutto paragonabile potrebbe essere compiuto con riferimento all’obbligo che sussiste in capo alle istituzioni, quando queste adottano un regolamento nell’ambito della politica agricola comune (nella specie, l’organizzazione comune del mercato delle banane), non solo di tener conto della situazione dei produttori stabiliti nei paesi ACP, ma anche di garantire a questi ultimi uno smercio dei loro prodotti per lo meno altrettanto vantaggioso di quello esistente nella situazione precedente, in conformità al disposto dall’art. 1 dell’allegato V dell’accordo di Cotonou. La necessità di tener conto delle situazioni individuali sarebbe rafforzata, nella fattispecie, dal fatto che le istituzioni sarebbero tenute, in forza degli obblighi derivanti da impegni convenzionali costituenti parte integrante della legalità comunitaria, a mantenere i flussi commerciali tradizionali durante il periodo considerato.

48      Peraltro, la Commissione, al fine di escludere la ricevibilità del ricorso, non può validamente eccepire la tesi secondo la quale i ricorrenti non possono essere considerati, così come ha ritenuto la Corte nella sentenza Antillean Rice Mills/Consiglio, cit. supra al punto 41, come interessati dalla misura comunitaria per il semplice fatto di essere esportatori di riso verso la Comunità, essendo siffatta attività commerciale esercitabile in qualsiasi momento da qualunque impresa. Nella specie, il regolamento impugnato sarebbe destinato a essere applicato unicamente per un periodo di due mesi, così che la possibilità che altre imprese possano divenire produttori di banane, in un così breve termine, sarebbe puramente teorica.

49      In quarto luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione non deduce, a sostegno della propria eccezione di irricevibilità, alcun argomento tale da mettere in discussione il fatto che la ricorrente medesima sia direttamente interessata dal regolamento impugnato. A tal proposito, quest’ultima sottolinea che, data l’assenza di qualsiasi misura comunitaria o nazionale che applichi il regime di importazione stabilito dal regolamento impugnato, essa è direttamente interessata dal suddetto regolamento. In ogni caso, la Commissione non avrebbe senz’altro potuto ignorare, alla data di adozione del regolamento impugnato, che il sistema di commercializzazione sorto dal regime dei titoli comportava direttamente, per i produttori del tipo della ricorrente, l’impossibilità di mantenere i flussi commerciali tradizionali verso la Comunità.

50      In quinto e ultimo luogo, la ricorrente richiama la sentenza 3 maggio 2002, causa T‑177/01, Jégo-Quéré/Commissione (Racc. pag. II‑2365), in cui il Tribunale ha ritenuto che, in assenza di misure nazionali di attuazione di un atto comunitario, l’irricevibilità che colpisce un ricorso d’annullamento avrebbe quale effetto quello di privare i singoli del diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo, garantito dalle norme costituzionali nazionali, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), dai principi della Comunità di diritto e dalla carta dei diritti fondamentali. Parimenti, la ricorrente rammenta che la Corte, nella sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, cit. supra al punto 43, ha altresì statuito che la Comunità europea è una Comunità di diritto le cui istituzioni sono soggette al controllo di conformità dei rispettivi atti al Trattato e ai principi generali del diritto di cui fanno parte i diritti fondamentali, tra i quali figura il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

51      Poiché, nella specie, secondo la ricorrente, la questione della validità del suddetto regolamento non può essere sollevata dinanzi ad alcun giudice nazionale, ne consegue che solo l’ammissione della ricevibilità del ricorso è tale da evitare un diniego di tutela giurisdizionale che attribuirebbe al regolamento impugnato un’immunità dalla giurisdizione incompatibile con i principi della Comunità di diritto. Del resto, non ammettendo la ricevibilità di un tale ricorso, il giudice comunitario rinuncerebbe alla facoltà di esaminare gli eventuali profili di illegittimità che potrebbero viziare l’atto controverso, il quale sfuggirebbe in tal modo a qualsiasi controllo giurisdizionale, in spregio delle norme derivanti dal fatto che la Comunità è una Comunità di diritto (sentenza della Corte 23 aprile 1986, causa 294/83, Les Verts/Parlamento, Racc. pag. 1339). Al fine di sostenere questa posizione, la ricorrente rammenta che il progetto di Trattato del 18 luglio 2003, che adotta una Costituzione per l’Europa (art. II-47 e art. III-270, quarto punto), prevede la possibilità, per i singoli cittadini, di presentare ricorso contro gli atti normativi che li riguardano direttamente e che non richiedono misure d’attuazione.

 Giudizio del Tribunale

 Sull’interesse ad agire

52      Da una giurisprudenza costante risulta che la ricevibilità del ricorso d’annullamento presentato da una persona fisica o giuridica è subordinata alla condizione che questa dimostri un interesse ad agire (sentenza della Corte 31 marzo 1977, causa 88/76, Société pour l’exportation des sucres/Commissione, Racc. pag. 709, punto 19; sentenza 14 settembre 1995, Antillean Rice Mills e a./Commissione, cit. supra al punto 39, punto 59; ordinanze del Tribunale 29 aprile 1999, causa T‑78/98, Unione provinciale degli agricoltori di Firenze e a./Commissione, Racc. pag. II‑1377, punto 30, e 17 ottobre 2005, causa T‑28/02, First Data e a./Commissione, Racc. pag. II-4119, punto 34).

53      Peraltro, una persona fisica o giuridica ha un interesse a presentare un ricorso contro un atto solo qualora l’annullamento di tale atto possa produrre, di per sé, effetti giuridici (sentenza della Corte 24 giugno 1986, causa 53/85, AKZO Chemie/Commissione, Racc. pag. 1965, punto 21, e sentenza 14 settembre 1995, Antillean Rice Mills e a./Commissione, cit. supra al punto 39, punto 59).

54      Nella specie, secondo la Commissione, la ricorrente non avrebbe alcun interesse ad agire, per il fatto che il regolamento impugnato non è applicabile ai produttori, come la ricorrente, stabiliti in un paese terzo e che non esercitano alcuna attività economica sul territorio degli Stati membri. Ne conseguirebbe che l’annullamento del regolamento impugnato non avrebbe alcuna conseguenza sulla situazione giuridica della ricorrente.

55      Questo argomento non può essere accolto.

56      Infatti, la ricorrente contesta il regolamento impugnato proprio per il fatto che non terrebbe conto della situazione dei produttori indipendenti, come è la ricorrente stessa, privandola così della possibilità di esportare i propri prodotti sul mercato comunitario. In particolare, essa sostiene che tale regolamento, stabilendo, agli artt. 3 e 4, un regime di attribuzione di titoli d’importazione basato su riferimenti storici, viola le disposizioni convenzionali che regolano il mercato delle banane e i principi contenuti nelle disposizioni comunitarie in materia di politica agricola comune nonché in quelle sull’organizzazione comune dei mercati delle banane. Inoltre, il regolamento impugnato violerebbe il principio di non discriminazione, in quanto favorirebbe indebitamente taluni importatori di importanza storica, e il principio del legittimo affidamento.

57      A tale riguardo è sufficiente ricordare che, secondo l’art. 233 CE, l’istituzione da cui emana l’atto annullato è tenuta ad adottare i provvedimenti necessari che l’esecuzione della sentenza comporta. Tali provvedimenti non attengono alla scomparsa dell’atto in quanto tale dall’ordinamento giuridico comunitario, poiché questa è una naturale conseguenza dell’annullamento dell’atto da parte del giudice. Essi riguardano invece l’eliminazione degli effetti delle illegittimità accertate nella sentenza di annullamento. Tale annullamento implica, infatti, per l’istituzione da cui emana l’atto, l’obbligo di adottare i provvedimenti necessari per dare esecuzione alla sentenza. L’istituzione interessata può essere indotta, ad esempio, a ripristinare adeguatamente la situazione del ricorrente o ad evitare l’adozione di un atto identico (sentenza 14 settembre 1995, causa Antilleans Rice Mills e a./Commissione, cit. supra al punto 39, punto 60).

58      Per conformarsi a una sentenza di annullamento e dare ad essa piena esecuzione, l’istituzione interessata è tenuta, secondo una giurisprudenza costante, a rispettare non solo il dispositivo della sentenza, ma anche la motivazione da cui quest’ultimo discende e che ne costituisce il sostegno necessario, nel senso che è indispensabile per determinare il senso esatto di quanto è stato dichiarato nel dispositivo. È infatti questa motivazione che, in primo luogo, identifica la disposizione esatta considerata come illegittima e, in secondo luogo, evidenzia le ragioni esatte dell’illegittimità accertata nel dispositivo e che l’istituzione interessata deve prendere in considerazione nel sostituire l’atto annullato (sentenze della Corte 26 aprile 1988, cause riunite 97/86, 99/86, 193/86 e 215/86, Asteris e a./Commissione, Racc. pag. 2181, punto 27, e 6 marzo 2003, causa C‑41/00 P, Interporc/Commissione, Racc. p. I‑2125, punto 29; sentenza del Tribunale 2 febbraio 1995, causa T‑106/92, Frederiksen/Parlamento, Racc. PI pag. I‑A‑29 e II‑99, punto 31).

59      Pertanto, come emerge dalla giurisprudenza citata, l’istituzione interessata ha l’obbligo di evitare che qualsiasi atto destinato a sostituire l’atto annullato sia viziato soltanto dalle stesse irregolarità individuate dalla sentenza di annullamento. Ciò detto, l’annullamento di un atto per il fatto di non aver tenuto conto di una categoria determinata di operatori economici, che comporta per l’istituzione da cui emana l’atto l’obbligo di adottare i provvedimenti necessari per dare esecuzione alla sentenza, può produrre effetti sulla situazione giuridica della ricorrente.

60      Da quanto precede risulta che la ricorrente ha un interesse all’annullamento del regolamento impugnato.

 Se l’atto impugnato riguardi la ricorrente direttamente e individualmente

61      Secondo una giurisprudenza consolidata, l’art. 230, quarto comma, CE attribuisce ai singoli il diritto di impugnare, in particolare, qualsiasi decisione che, pur se emanata in forma di regolamento, li riguardi direttamente e individualmente. Scopo di tale disposizione è in particolare quello di evitare che, ricorrendo alla forma del regolamento, le istituzioni comunitarie possano impedire che il singolo impugni una decisione che lo tocca direttamente e individualmente e, quindi, di precisare che la scelta di una determinata forma non può modificare la natura di un atto (sentenza della Corte 17 giugno 1980, cause riunite 789/79 e 790/79, Calpak e Società Emiliana Lavorazione Frutta/Commissione, Racc. pag. 1949, punto 7; ordinanze del Tribunale 8 luglio 1999, causa T‑12/96, Area Cova e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑2301, punto 24, e 8 settembre 2005, causa T‑287/04, Lorte e a./Consiglio, Racc. pag. II-3125, punto 36).

62      Dalla giurisprudenza risulta altresì che il criterio di distinzione tra un regolamento e una decisione dev’essere ricercato nella portata generale o meno dell’atto controverso, valutando la natura dell’atto impugnato e, in particolare, gli effetti giuridici che mira a produrre o che produce effettivamente (sentenza della Corte 24 febbraio 1987, causa 26/86, Deutz und Geldermann/Consiglio, Racc. pag. 941, punto 7 e ordinanza della Corte 23 novembre 1995, causa C‑10/95 P, Asocarne/Consiglio, Racc. pag. I‑4149, punto 28; ordinanza Area Cova e a./Consiglio e Commissione, cit. supra al punto 61, punto 25, e sentenza del Tribunale 3 febbraio 2005, causa T‑139/01, Comafrica e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, Racc. pag. II‑409, punto 87).

63      Nella specie, occorre rilevare che l’oggetto del regolamento impugnato, redatto in termini generali e astratti, consiste nel definire le modalità di applicazione del regolamento n. 1964/2005 per i mesi di gennaio e febbraio 2006 per quanto riguarda il regime d’importazione di banane ACP all’interno della Comunità.

64      Il fatto che la ricorrente affermi che, non avendo la qualifica di operatore ai sensi del regolamento impugnato, non può importare i propri prodotti sul mercato comunitario, altro non è che una conseguenza dell’applicazione degli artt. 3 e 4 del suddetto regolamento alla sua situazione. Tuttavia, tali disposizioni del regolamento impugnato appaiono come misure di portata generale. Infatti, esse prevedono la creazione di due sottocontingenti destinati a diversi tipi di operatori, il primo, di 135 000 tonnellate, aperto agli operatori stabiliti nella Comunità che, per il 2005, erano registrati nell'ambito del contingente tariffario C, di cui all’art. 18, n. 1, lett. c), del regolamento n. 404/93, e il secondo, di 25 000 tonnellate, aperto agli altri operatori, ossia gli operatori stabiliti nella Comunità, registrati nell’ambito dei contingenti A e B di cui all’art. 18, n. 1, del regolamento n. 404/93 o del quantitativo aggiuntivo fissato dal regolamento n. 1892/2004, che, nel corso del 2005, hanno immesso in libera pratica banane originarie dei paesi ACP.

65      Il regolamento impugnato è pertanto un atto normativo di portata generale in quanto si applica a situazioni oggettivamente determinate e comporta effetti giuridici nei confronti di categorie di persone considerate in maniera generale e astratta. Infatti, siffatte misure riguardano la ricorrente solo in virtù della sua caratteristica di operatore economico non stabilito nella Comunità e privo di un riferimento storico nell’ambito del regime comunitario d’importazione applicabile fino al 31 dicembre 2005. A questo titolo, le misure di cui trattasi la riguardano così come riguarderebbero qualsiasi altro operatore economico a parità di situazione, vale a dire gli operatori stabiliti in un paese ACP che non esercitino alcuna attività economica sul territorio comunitario e non dispongano di un riferimento storico nell’ambito del regime comunitario d’importazione applicabile fino al 31 dicembre 2005 (v., in tal senso, ordinanze Di Lenardo/Commissione, cit. supra al punto 36, punto 47; Dilexport/Commissione, cit. supra al punto 36, punto 47, nonché sentenza 3 febbraio 2005, Comafrica e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, cit. supra al punto 62, punto 88).

66      Non si può escludere, tuttavia, che, in talune circostanze, le disposizioni di un atto normativo che si applicano a tutti gli operatori economici interessati possano riguardare individualmente alcuni tra loro (sentenze Extramet Industrie/Consiglio, cit. supra al punto 42, punto 13; Codorníu/Consiglio, cit. supra al punto 42, punto 19, nonché Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, cit. supra al punto 43, punto 36). In tale ipotesi, un atto comunitario potrebbe allora presentare, al contempo, carattere normativo e, nei confronti di determinati operatori economici interessati, carattere decisionale (sentenze del Tribunale 13 novembre 1995, cause riunite T‑481/93 e T‑484/93, Exporteurs in Levende Varkens e a./Commissione, Racc. pag. II‑2941, punto 50; 12 luglio 2001, Comafrica e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, cit. supra al punto 35, punto 101, nonché 3 febbraio 2005, Comafrica e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, cit. supra al punto 62, punto 107).

67      Secondo una giurisprudenza costante, una persona fisica o giuridica che non sia il destinatario di un atto può sostenere che tale atto la riguardi individualmente, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, soltanto qualora l’atto controverso la riguardi in ragione di determinate qualità personali, ovvero di una circostanza di fatto che la distingue da chiunque altro e la identifica in modo analogo al destinatario (sentenze della Corte Plaumann/Commissione, cit. supra al punto 43, a pag. 223; Codorníu/Consiglio, cit. supra al punto 42, punto 20; Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, cit. supra al punto 43, punto 36, e 1° aprile 2004, causa C‑263/02 P, Commissione/Jégo‑Quéré, Racc. pag. I‑3425, punto 45; sentenza 3 febbraio 2005, causa Comafrica e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, cit. supra al punto 62, punto 107). Qualora non ricorra tale condizione, nessuna persona fisica o giuridica è, comunque, legittimata a proporre un ricorso d’annullamento contro un regolamento (sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, cit. supra al punto 43, punto 37).

68      Alla luce di tale giurisprudenza, occorre verificare se, nella specie, il regolamento impugnato riguardi la ricorrente individualmente.

69      In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente basato sul fatto che il regolamento impugnato le impedisce l’accesso al mercato comunitario, occorre rilevare che il regolamento impugnato riguarda la ricorrente unicamente nella sua qualità oggettiva di impresa che produce e commercializza banane ACP, al pari di qualsiasi altro operatore indipendente stabilito in un paese ACP e che esercita la medesima attività. Orbene, come emerge dalla giurisprudenza, questa unica caratteristica non basta alla ricorrente per dimostrare di essere toccata in modo individuale dal regolamento impugnato (v., in tal senso, sentenze Piraiki‑Patraiki e a./Commissione, cit. supra al punto 45, punto 14, e Antillean Rice Mills/Consiglio, cit. supra al punto 41, punto 51, nonché ordinanza del Tribunale 30 aprile 2003, causa T‑154/02, Villiger Söhne/Consiglio, Racc. pag. II‑1921, punto 47).

70      Siffatta constatazione non è inficiata dall’affermazione della ricorrente secondo la quale il regolamento impugnato le impedirebbe qualsiasi attività d’importazione di banane e metterebbe pertanto in discussione la sua esistenza. Infatti, anche supponendo che tale affermazione sia fondata, la circostanza che un atto normativo possa avere effetti concreti diversi per i vari soggetti di diritto ai quali si applica non è tale da caratterizzarli in rapporto a tutti gli altri operatori interessati, allorché l’applicazione di tale atto si svolge in forza di una situazione determinata oggettivamente (ordinanza della Corte 18 dicembre 1997, causa C‑409/96 P, Sveriges Betodlares e Henrikson/Commissione, Racc. pag. I‑7531, punto 37; ordinanze del Tribunale Di Lenardo/Commissione, cit. supra al punto 36, punto 52; Dilexport/Commissione, cit. supra al punto 36, punto 52, nonché 13 dicembre 2005, causa T‑397/02, Arla Foods e a./Commissione (Racc. pag. II-5365, punto 70).

71      In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente che attiene al fatto che solo un numero ristretto di operatori economici sarebbe privato, dal regolamento impugnato, della possibilità di commercializzare le banane ACP sul territorio comunitario, va ricordato che, in base a una giurisprudenza costante, la possibilità di determinare, più o meno precisamente, il numero o addirittura l’identità dei soggetti ai quali si applica un provvedimento non implica affatto che detti soggetti debbano essere considerati individualmente interessati da tale provvedimento, purché sia certo che, come nel caso di specie, tale applicazione avviene in forza di una situazione obiettiva di diritto o di fatto definita dall’atto controverso (ordinanza della Corte 21 giugno 1993, causa C‑276/93, Chiquita Banana e a./Consiglio, Racc. pag. I‑3345, punto 8, e sentenza Antillean Rice Mills/Consiglio, cit. supra al punto 41, punto 52; ordinanza von Pezold/Commissione, cit. supra al punto 38, punto 46).

72      Siffatta conclusione non può essere inficiata dal fatto che il regolamento impugnato si applica solo per due mesi e che, conseguentemente, la possibilità che altre imprese possano diventare produttori di banane in così poco tempo sarebbe puramente teorica. A tal proposito, basti constatare che la ricorrente non subisce gli effetti del regolamento impugnato, il cui scopo o risultato non è quello di limitare la produzione dei prodotti di cui trattasi, se non per la sua caratteristica di esportatore verso la Comunità, e che, conseguentemente, il suddetto regolamento la riguarda alla stregua di qualsiasi altro operatore che si trovi, in atto o in potenza, in una situazione identica (v., in tal senso, sentenza Piraiki‑Patraiki e a./Commissione, cit. supra al punto 45, punti 12‑14).

73      In terzo luogo, la ricorrente afferma che il regolamento impugnato la riguarda individualmente per il fatto che la Commissione avrebbe dovuto tener conto della sua situazione specifica.

74      In proposito, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, il fatto che la Commissione abbia l’obbligo, in base a specifiche disposizioni, di tener conto delle conseguenze dell’atto che essa intende adottare sulla situazione di determinati singoli può essere tale da identificare questi ultimi (sentenze Piraiki‑Patraiki e a./Commissione, cit. supra al punto 45, punti 21 e 28‑31; Sofrimport/Commissione, cit. supra al punto 45, punti 11‑13; 11 febbraio 1999, Antillean Rice Mills e a./Commissione, cit. supra al punto 46, punto 25, nonché Antillean Rice Mills/Consiglio, cit. supra punto 41, punto 57; sentenze del Tribunale 14 settembre 1995, Antillean Rice Mills e a./Commissione, cit. supra al punto 39, punti 67‑78, e 17 gennaio 2002, causa T‑47/00, Rica Foods/Commissione, Racc. pag. II‑113, punto 41).

75      È indubbiamente vero che, così come la ricorrente ha sottolineato nelle sue osservazioni sull’eccezione di irricevibilità, l’art. 1 del protocollo n. 5, annesso all’allegato V dell’accordo di Cotonou e intitolato «secondo protocollo relativo alle banane», prevede che le parti riconoscano che le esportazioni di banane verso il mercato comunitario sono di capitale importanza economica per i fornitori ACP e, in particolare, che la Comunità accetti di valutare e, all’occorrenza, di prendere misure volte a garantire la vitalità delle imprese esportatrici di banane nonché il mantenimento degli sbocchi per le banane ACP sui mercati della Comunità.

76      Tuttavia, come emerge dalla giurisprudenza, la constatazione dell’esistenza di tale obbligo, ammesso che sia comprovata, non può bastare ad accertare che l’atto impugnato riguarda la ricorrente individualmente. Infatti, la Corte, dopo aver rilevato al punto 28 della sentenza Piraiki‑Patraiki e a./Commissione, cit. supra al punto 45, che la Commissione era tenuta a informarsi sulle ripercussioni negative che la sua decisione poteva provocare sull’economia dello Stato membro e nei confronti delle imprese interessate, non ha affatto dedotto da questa sola constatazione che tutte le imprese coinvolte fossero individualmente interessate dal provvedimento ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE. Al contrario, essa ha giudicato che solo le imprese in possesso di contratti già stipulati e il cui adempimento, che era previsto durante il periodo di applicazione della decisione controversa, era stato compromesso in tutto o in parte a causa di quest’ultima erano individualmente interessate ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE (sentenze della Corte Piraiki‑Patraiki e a./Commissione, cit. supra al punto 45, punti 28, 31 e 32; Antillean Rice Mills/Conseil, cit. supra al punto 41, punto 60, nonché 10 aprile 2003, causa C‑142/00 P, Commissione/Nederlandse Antillen, Racc. pag. I‑3483, punto 74).

77      Di conseguenza, l’aver constatato che la Commissione, nell’adottare il regolamento impugnato, doveva, nei limiti in cui le circostanze lo consentivano, tenere conto delle ripercussioni negative che il regolamento poteva provocare, in particolare, sulle imprese interessate non esime affatto la ricorrente dall’onere di provare che il regolamento la riguarda in ragione di una circostanza di fatto che la distingue rispetto a ogni altro soggetto (v., per analogia, sentenze Antillean Rice Mills/Consiglio, cit. supra al punto 41, punto 62, e Commissione/Nederlandse Antillen, cit. supra al punto 76, punto 76).

78      Orbene, la ricorrente non ha fatto valere alcun elemento che consenta di concludere che essa viene lesa dal regolamento in ragione di una situazione specifica.

79      Da quanto precede risulta che la ricorrente non si trova in una situazione che la distingue rispetto a qualsiasi altro operatore economico e che, pertanto, il regolamento impugnato non la riguarda individualmente.

80      In ultimo, la ricorrente sostiene che l’irricevibilità del presente ricorso costituisce una violazione del suo diritto fondamentale a un tutela giurisdizionale effettiva. L’effettività del sistema comunitario di tutela giurisdizionale richiederebbe che essa venisse considerata come individualmente interessata in quanto il diritto nazionale non le offrirebbe alcuna possibilità di ricorso tale da consentirle di contestare il regolamento impugnato dinanzi un giudice nazionale.

81      A tale proposito, dopo aver ricordato che il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva è uno dei principi generali del diritto che discendono dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri e che è stato altresì sancito dagli artt. 6 e 13 della CEDU, la Corte ha rilevato che il Trattato CE, con gli artt. 230 CE e 241 CE, da una parte, e con l’art. 234 CE, dall’altra, ha istituito un sistema completo di rimedi giurisdizionali e di procedure, destinato a garantire il controllo della legittimità degli atti delle istituzioni, affidandolo al giudice comunitario. In tale sistema, le persone fisiche o giuridiche che, in ragione delle condizioni di ricevibilità di cui all’art. 230, quarto comma, CE, non possono impugnare direttamente degli atti comunitari di portata generale hanno la possibilità, a seconda del caso, di far valere l’invalidità di tali atti vuoi, incidentalmente ai sensi dell’art. 241 CE, dinanzi al giudice comunitario, vuoi dinanzi ai giudici nazionali, e di indurre questi ultimi, ai quali non spetta constatare la validità dei suddetti atti, a interpellare a tal proposito la Corte mediante questioni pregiudiziali (sentenze Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, cit. supra al punto 43, punti 39 e 40, e Commissione/Jégo-Quéré, cit. supra al punto 67, punti 29 e 30, nonché ordinanza del Tribunale 29 giugno 2006, causa T‑311/03, Nürburgring/Parlamento e Consiglio (non pubblicata nella Raccolta, punto 69).

82      Contrariamente a quanto afferma la ricorrente, la circostanza secondo la quale nel caso di specie non sarebbe effettivo alcun mezzo di ricorso non può, ammesso che sia comprovata, giustificare una modifica, per via giurisdizionale, del sistema dei rimedi giuridici e dei procedimenti istituito dagli artt. 230 CE, 234 CE e 241 CE, come ricordato al punto 81. Secondo la giurisprudenza, la ricevibilità di un ricorso d’annullamento dinanzi al giudice comunitario non può dipendere dall’esistenza o meno di un rimedio giurisdizionale dinanzi ad un giudice nazionale che consenta l’esame della validità dell’atto di cui si chiede l’annullamento (v., in tal senso, sentenze Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, cit. supra al punto 43, punti 43 e 46, e Commissione/Jégo-Quéré, cit. supra al punto 67, punti 33 e 34; ordinanza Nürburgring/Parlamento e Consiglio, cit. supra al punto 81, punto 70). In nessun caso detta circostanza consente di dichiarare ricevibile un ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica che non soddisfa le condizioni prescritte dall’art. 230, quarto comma, CE (ordinanza della Corte 1° febbraio 2001, causa C‑301/99 P, Area Cova e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑1005, punto 47).

83      Peraltro, come la Corte ha dichiarato, il fatto che un singolo non possa proporre un ricorso di annullamento contro misure da lui contestate non implica che sia però privato dell’accesso al giudice, poiché resta aperta la via del ricorso per responsabilità extracontrattuale, previsto dagli artt. 235 CE e 288, secondo comma, CE se simili misure sono tali da far sorgere la responsabilità della Comunità (v. in tal senso, sentenza della Corte 12 settembre 2006, causa C‑131/03 P, Reynolds Tobacco e a./Commissione, Racc. pag. I-7795, punto 82).

84      Dalle precedenti considerazioni risulta che non si può ritenere che il regolamento impugnato riguardi la ricorrente individualmente. Poiché la ricorrente non soddisfa una delle condizioni di ricevibilità stabilite dall’art. 230, quarto comma, CE, non è necessario verificare se il suddetto regolamento la riguardi direttamente.

85      Da tutto quanto sopra esposto consegue che il ricorso dev’essere dichiarato irricevibile.

 Sulle spese

86      Ai sensi dell’ art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la parte ricorrente è rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese sostenute dalla Commissione, conformemente alle conclusioni di quest’ultima.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

così provvede:

1)      Il ricorso è irricevibile.

2)      Le spese sostenute dalla Commissione e dalla Société des plantations de Mbanga SA (SPM) sono a carico di quest’ultima.

Lussemburgo, 12 gennaio 2007

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       M. Vilaras


* Lingua processuale: il francese.