SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)
15 ottobre 1998 (1)
«Antidumping Regolamento (CEE) n. 2423/88 Calcio-metallico Ripresa di
un'indagine antidumping Diritti della difesa Prodotto similare Danno
Interesse della Comunità Motivazione Sviamento di potere Inopponibilità
di un regolamento antidumping ad un importatore»
Nella causa T-2/95,
Industrie des poudres sphériques, società di diritto francese, con sede in
Annemasse (Francia), con l'avv. Chantal Momège, del foro di Parigi, con domicilio
eletto in Lussemburgo presso lo studio Alex Schmitt, 7, val Sainte-Croix,
contro
Consiglio dell'Unione europea, rappresentata inizialmente dai signori Ramón
Torrent e Jorge Monteiro, in seguito dai signori Torrent e Yves Cretien, consiglieri
giuridici, successivamente dai signori Torrent e Antonio Tanca, membro del servizio
giuridico, in qualità di agenti, assistiti dal signor Philip Bentley, barrister of
Lincoln's Inn, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Alessandro
Morbilli, direttore generale della direzione degli affari giuridici della Banca europea
per gli investimenti, 100, boulevard Konrad Adenauer,
sostenuto da
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori Nicholas Khan e
Xavier Lewis, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio
eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del
servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,
Péchiney électrométallurgie, società di diritto francese, con sede a Courbevoie
(Francia),
e
Chambre syndicale de l'électrométallurgie e de l'électrochimie, associazione di
diritto francese, con sede a Parigi,
rappresentati inizialmente dagli avv.ti Jacques-Philippe Gunther e Hubert de Broca,
del foro di Parigi, successivamente solo dall'avv. Gunther, con domicilio eletto in
Lussemburgo presso lo studio degli avv.ti Loesch e Wolter, 11, rue Goethe,
avente ad oggetto una domanda mirante all'annullamento del regolamento (CEE)
del Consiglio 19 ottobre 1994, n. 2557, che istituisce un dazio antidumping
definitivo sulle importazioni di calcio-metallico originario della Repubblica popolare
cinese e della Russia (GU L 270, pag. 27) e, in subordine, a che sia dichiarata
l'inopponibilità di tale regolamento alla ricorrente,
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE
(Quinta Sezione ampliata),
composto dai signori J. Azizi, presidente, B. Vesterdorf, R. García-Valdecasas,
R.M. Moura Ramos e M. Jaeger, giudici,
cancellieri: Blanca Pastor, amministratore principale e A. Mair, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 2
dicembre 1997,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Fatti all'origine della controversia
A La pratica Extramet
- 1.
- Nel luglio 1987, la Chambre syndicale de l'électrométallurgie e de l'électrochimie
(in prosieguo: la «Chambre syndicale»), associazione di diritto francese che opera
per conto della società Péchiney électrométallurgie (in prosieguo: la «PEM»),
società di diritto francese, ha presentato una denuncia presso la Commissione, con
cui chiedeva l'adozione di misure antidumping nei confronti delle importazioni di
calcio-metallico originarie della Repubblica popolare cinese e dell'Unione sovietica.
- 2.
- Il 26 gennaio 1988, la Commissione ha avviato una procedura antidumping in
applicazione del regolamento (CEE) del Consiglio 23 luglio 1984, n. 2175relativo
alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping o di sovvenzioni da parte di
paesi non membri della Comunità economica europea (GU L 201, pag. 1).
- 3.
- Con regolamento (CEE) della Commissione 17 marzo 1989, n. 707, che istituisce
un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di calcio-metallico originario
della Repubblica popolare cinese e dell'Unione Sovietica (GU L 78, pag. 10), la
Commissione ha imposto un dazio antidumping provvisorio del 10,7% sul prodotto
di cui è causa.
- 4.
- Dopo una proroga del dazio provvisorio, il Consiglio, con regolamento (CEE) 18
settembre 1989, n. 2808, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle
importazioni di calcio-metallico originario della Repubblica popolare cinese e
dell'Unione Sovietica e che decide la riscossione definitiva del dazio antidumping
provvisorio istituito su dette importazioni (GU L 271, pag. 1; in prosieguo: il
«regolamento n. 2808/89»), ha imposto dazi del 21,8% e del 22% sul prodotto di
cui trattasi.
- 5.
- Il 27 novembre 1989, la ricorrente, la cui ragione sociale era allora Extramet
Industrie SA, ha presentato un ricorso mirante all'annullamento di questo
regolamento.
- 6.
- Il ricorso è stato dichiarato ricevibile con sentenza della Corte 16 maggio 1991,
causa C-358/89, Extramet Industrie/Consiglio (Racc. pag. I-2501; in prosieguo la
«sentenza Extramet I»). Con sentenza 11 giugno 1992, causa C-358/89, Extramet
Industrie/Consiglio (Racc. pag. I-3813; in prosieguo: la «sentenza Extramet II»),
la Corte ha annullato il regolamento n. 2808/89con la motivazione che le istituzioni
comunitarie non avevano, da un lato, effettivamente esaminato la questione se il
produttore comunitario del prodotto cui si riferisce il regolamento di cui è causa,
cioè la PEM, non avesse esso stesso contribuito con il suo rifiuto di vendita al
danno subito e, dall'altro, non avevano provato che il danno rilevato non derivasse
dai fattori allegati dalla ricorrente, di modo che esse non avevano proceduto in
maniera corretta alla determinazione del danno (punti 19 e 20 della sentenza).
- 7.
- Con decisione 31 marzo 1992, il consiglio della concorrenza francese ha condannato
la PEM per un abuso di posizione dominante commesso tra l'ottobre 1982 e la fine
del 1984 da parte della Société électrométallurgique du Planet (SEMPS), società
rilevata dalla PEM nel dicembre 1985.
- 8.
- Con sentenza 14 gennaio 1993, la Cour d'appel di Parigi ha confermato questa
decisione, pur ritenendo che dagli elementi sottoposti alla sua valutazione non
risultava che, al di là del 1984, alla PEM fossero imputabili pratiche
anticoncorrenziali.
B Il prodotto
- 9.
- Il calcio-metallico primario è un elemento chimico fabbricato a partire dall'ossido
di calcio (calce), o dal cloruro di calcio, che si presenta sotto forma di pezzi e di
trucioli.
- 10.
- Esso viene prodotto in cinque paesi, in Francia (dalla PEM), in Cina, in Russia, in
Canada e negli Stati Uniti d'America. I produttori utilizzano due processi di
applicazione diversi: il processo elettrolitico e il processo alluminotermico.
- 11.
- Il processo elettrolitico, utilizzato in Cina e in Russia, comporta due fasi: l'elettrolisi
del cloruro di calcio, nel corso della quale il calcio si deposita su un catodo di
rame, formando una lega di rame-calcio, e la distillazione della lega rame-calcio,
che consente di separare questi due metalli.
- 12.
- Il processo alluminotermico comporta una sola fase di riduzione dell'ossido di
calcio (calce) mediante l'alluminio con condensazione dei vapori di calcio. Questo
processo, relativamente flessibile nella sua effettuazione, viene utilizzato da tutti i
produttori occidentali per i suoi costi ridotti di investimento e di gestione.
- 13.
- Nei due processi sopra indicati si ottiene un calcio-metallico primario che è
utilizzato in quanto tale dalle industrie del piombo, del piombo-calcio e del ferro-leghe (40% del consumo totale del calcio-metallico), mentre serve come materia
prima per la fabbricazione del calcio in granuli, da parte dell'industria siderurgica
(46% del consumo totale) e per le applicazioni nei trattamenti del calcio ad alta
temperatura (circa 11% del consumo totale).
- 14.
- La divisione del calcio-metallico primario viene effettuata con due processi:
la frantumazione meccanica a freddo dei trucioli o pezzi di calcio-metallico
primario, adottata dalla PEM e dagli altri trasformatori comunitari per
produrre il calcio-metallico in granuli;
il processo consistente in un forno di fusione unito ad un impianto di
granulazione mediante atomizzazione del metallo liquido, il tutto
funzionante sotto pressione di un gas inerte (argo), processo adottato dalla
ricorrente per produrre il calcio-metallico in polvere sotto forma di granuli
di metalli reattivi.
C La società ricorrente Industrie des poudres sphériques
- 15.
- La società Industrie des poudres sphériques (in prosieguo: la «IPS»), già
denominata Extramet Industrie, è un'impresa con sede ad Annemasse (Francia),
specializzata nella produzione di calcio-metallico in granuli di metalli reattivi a
partire dal calcio-metallico. Essa è stata creata nel 1982 in seguito alla scoperta nel
1980 di un procedimento di granulazione.
- 16.
- Al fine di rifornirsi di calcio-metallico essa si è rivolta, sin dall'inizio, al produttore
comunitario, cioè innanzitutto alla Société électrométallurgique du Planet,
successivamente, dopo la fusione, nel 1985, di questa impresa con la PEM, a
quest'ultima.
D. Il procedimento amministrativo
- 17.
- In seguito alla sentenza Extramet II, la PEM in data 1° luglio 1992 ha inviato alla
Commissione una memoria a sostegno di una riapertura dell'indagine e una nota
di natura tecnica sulla valutazione del danno subito dall'industria comunitaria.
- 18.
- Ritenendo che l'indagine «ricominci de jure», la Commissione, con lettera 17 luglio
1992, ha invitato la ricorrente, a formulare le sue osservazioni sulla valutazione del
danno subito dall'industria comunitaria. In questa lettera, essa ha precisato che
aveva chiesto alla PEM di presentare le sue osservazioni sulla stessa questione.
- 19.
- Con lettera 14 agosto 1992, la ricorrente ha contestato la fondatezza
dell'interpretazione accolta dalla Commissione circa la possibilità giuridica di
ricominciare l'indagine. Essa ha chiesto che le fosse indirizzata una decisione nella
debita forma, che potesse essere impugnata.
- 20.
- Con lettera 21 agosto 1992, essa ha confermato quest'ultima richiesta.
- 21.
- Il 14 ottobre 1992 essa ha ricevuto dalla Commissione la nota sul danno inviata a
quest'ultima dalla PEM il 1° luglio 1992.
- 22.
- Il 14 novembre 1992 la Commissione ha pubblicato una comunicazione relativa alla
procedura antidumping concernente l'importazione di calcio-metallico originario
della Repubblica popolare cinese e della Russia (GU C 298, pag. 3).
- 23.
- Con lettera 18 novembre 1992 la Commissione ha informato la ricorrente della
pubblicazione della comunicazione e le ha chiesto di rispedirle taluni questionari
entro 30 giorni. Essa ha indicato che il nuovo periodo d'indagine andava dal 1°
luglio 1991 al 31 ottobre 1992.
- 24.
- Con lettera 23 dicembre 1992 la ricorrente ha presentato alla Commissione le sue
osservazioni in merito alla nota sul danno depositata dalla PEM il 1° luglio 1992.
- 25.
- Con lettera 29 luglio 1993 la Commissione ha chiesto alla ricorrente di portare a
sua conoscenza tutti i fatti che potessero consentirle di formarsi un convincimento,
in particolare per quanto riguardava la questione del danno. Con lettera 12 agosto
1993 la ricorrente ha risposto che non aveva nuove informazioni da fornire su tale
questione, in quanto la situazione non aveva subito alcuna modifica dopo la sua
lettera del 23 dicembre 1992.
- 26.
- Il 21 aprile 1994 la Commissione ha adottato il regolamento (CE) n. 892, che
istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di calcio-metallico
originario della Repubblica popolare cinese e della Russia (GU L 104, pag. 5; in
prosieguo: il «regolamento provvisorio»). Il dazio imposto ammontava a 2 074
ECU/tonnellata per il calcio-metallico originario della Cina e a 2 120
ECU/tonnellata per quello originario della Russia.
- 27.
- Il 31 maggio 1994 la ricorrente ha presentato le sue osservazioni sul regolamento
provvisorio, facendo valere numerose riserve nei confronti di quest'ultimo. La
Commissione ha risposto a queste osservazioni con una lettera del 14 giugno 1994.
- 28.
- L'11 agosto 1994, la Commissione ha comunicato alla ricorrente i principali fatti
e considerazioni sulla base dei quali si intendeva proporre l'imposizione di un dazio
antidumping definitivo sulle importazioni di calcio-metallico originario della Cina
e della Russia.
- 29.
- Il 19 ottobre 1994, su proposta della Commissione, il Consiglio ha adottato ilregolamento (CE) n. 2557/94 che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle
importazioni di calcio-metallico originario della Repubblica popolare cinese e della
Russia (GU L 270, pag. 27; in prosieguo: il «regolamento controverso»). L'importo
del dazio era mantenuto allo stesso livello di quello fissato dal regolamento
provvisorio. Il Consiglio ha anche confermato i dazi antidumping istituiti con
regolamento provvisorio.
Procedimento dinanzi al Tribunale
- 30.
- Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 9 gennaio 1995, la ricorrente
ha proposto il presente ricorso.
- 31.
- Lo stesso giorno essa ha presentato una domanda di provvedimenti urgenti per
ottenere che fosse sospesa l'esecuzione del regolamento controverso. Questa
domanda è stata respinta con ordinanza del presidente del Tribunale 24 febbraio
1995, causa T-2/95, IPS/Consiglio (Racc. pag. II-485).
- 32.
- Con ordinanza 28 aprile 1995 il presidente della Quarta Sezione ampliata del
Tribunale ha ammesso la Commissione a intervenire a sostegno delle conclusioni
della convenuta.
- 33.
- Con ordinanza 28 novembre 1995 il presidente della Quinta Sezione ampliata del
Tribunale ha ammesso la PEM e la Chambre syndicale ad intervenire a sostegno
delle conclusioni della convenuta ed ha accolto una domanda di trattamento
riservato, nei confronti di tali intervenienti, dei dati indicati ai punti 9, 10, 14 e 15
della stessa ordinanza.
- 34.
- Il 16 aprile 1996, la PEM e la Chambre syndicale hanno presentato la loro
memoria d'intervento. Il 17 giugno 1996 la ricorrente ha presentato le sue
osservazioni sulla memoria di intervento della PEM e della Chambre syndicale.
- 35.
- Con ordinanza 20 novembre 1996 il presidente della Quinta Sezione ampliata del
Tribunale ha accolto una seconda domanda di trattamento riservato, nei confronti
delle stesse parti intervenienti, dei dati indicati al punto 4 dell'ordinanza.
- 36.
- Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione ampliata) ha deciso
di passare alla fase orale del procedimento.
- 37.
- Le parti hanno svolto le loro difese orali ed hanno risposto ai quesiti del Tribunale
all'udienza del 2 dicembre 1997.
Conclusioni delle parti
- 38.
- La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:
annullare il regolamento controverso;
in subordine dichiararlo inopponibile alla ricorrente;
condannare il Consiglio alle spese.
- 39.
- Il Consiglio conclude che il Tribunale voglia:
respingere il ricorso;
condannare la ricorrente alle spese.
- 40.
- La Commissione, interveniente, conclude che il Tribunale voglia:
respingere il ricorso;
condannare la ricorrente alle spese.
- 41.
- La PEM e la Chambre syndicale, intervenienti, concludono che il Tribunale voglia:
respingere il ricorso;
condannare la ricorrente alle spese causate dal loro intervento.
Sulla ricevibilità
Argomenti delle parti
- 42.
- Il Consiglio, nel suo controricorso, solleva un'eccezione d'irricevibilità. Esso rileva
che, secondo la giurisprudenza costante, non è in generale ricevibile il ricorso di un
importatore mirante all'annullamento di un regolamento che impone dazi
antidumping. Anche se ammette che, in taluni casi, la Corte ha dichiarato che un
regolamento che istituiva un dazio antidumping riguardava individualmente taluni
operatori economici, i quali erano pertanto legittimati a presentare un ricorso
d'annullamento, esso esprime i suoi dubbi circa la ricevibilità del presente ricorso,
in quanto la ricorrente chiede in subordine che il regolamento adottato sia
dichiarato ad essa inopponibile. Formulando questa domanda in subordine, la
ricorrente ammetterebbe che i singoli possono far valere l'art. 173 del Trattato CE
solo quando l'atto adottato ha il carattere di una decisione nei loro confronti.
- 43.
- Un regolamento che impone dazi antidumping non potrebbe avere la natura di
decisione nei confronti di un importatore, ma potrebbe averla nei confronti di un
esportatore, in quanto il dazio antidumping colpisce le importazioni del prodotto
di quest'ultimo. Formulando la sua domanda in subordine, la ricorrente
presupporrebbe che il Consiglio avrebbe potuto adottare una decisione che
l'escludesse dal campo di applicazione del regolamento controverso.
- 44.
- Ora, poiché questo regolamento non può creare un regime di deroga a favore della
ricorrente, esso non avrebbe natura di decisione nei suoi confronti. Ammettere la
ricevibilità della domanda in via principale significherebbe ammettere
erroneamente la possibilità di annullare una misura di portata generale su domanda
di un singolo che era interessato solo nella sua qualità obiettiva di importatore.
L'azione di un solo importatore impedirebbe così all'industria comunitaria di
ottenere il ripristino di condizioni di concorrenza leale nei confronti di tutti gli
operatori.
- 45.
- La Commissione sostiene che gli elementi costitutivi di una situazione particolare
che caratterizzi la ricorrente rispetto a qualsiasi altro operatore economico, così
come sono stati rilevati dalla sentenza Extramet I, non sussistano nella fattispecie.
Essa ritiene che la ricorrente non abbia dimostrato l'esistenza di una tale situazione
particolare.
- 46.
- La legittimazione ad agire di un importatore dipendente non sarebbe un diritto
spettante ad una persona o ad una società, bensì un diritto derivante da una
situazione specifica, come risulterebbe dalla sentenza Extramet I. La ricorrente non
potrebbe quindi limitarsi ad un semplice rinvio a questa sentenza. Infatti, la
circostanza che il ricorso dell'ex società Extramet rivolto contro il regolamento
n. 2808/89 sia stato dichiarato ricevibile nella causa C-358/89 non comporterebbe
automaticamente che il ricorso della IPS, che è succeduta alla Extramet, sia
ricevibile nella presente causa.
- 47.
- L'elemento che avrebbe distinto la situazione dell'Extramet rispetto a quella degli
importatori indipendenti ricorrenti in altre cause sarebbe stato che la Extramet, in
base alla formulazione della sentenza di cui trattasi (punto 17) «(incontrava)
difficoltà a rifornirsi presso l'unico produttore comunitario (PEM), il quale (era)
per giunta il suo principale concorrente per il prodotto finito». Ora, questo
elemento mancherebbe nella fattispecie. Infatti, dalla decisione del consiglio della
concorrenza francese del 31 marzo 1992 risulterebbe che nessun comportamento
anticoncorrenziale poteva essere imputato alla PEM dopo il 1994. La situazione
attuale si presenterebbe molto più come un rifiuto d'acquisto da parte della IPS
che come un rifiuto di vendere da parte della PEM.
- 48.
- La ricorrente ritiene che la ricevibilità del ricorso non possa essere messa in causa
dopo la sentenza Extramet I, la quale, per di più, sarebbe stata confermata
dall'ordinanza del presidente del Tribunale 24 febbraio 1995.
Giudizio del Tribunale
- 49.
- Il solo criterio di ricevibilità accolto dalla Corte nella sentenza Extramet I era che
l'atto riguardasse direttamente ed individualmente il ricorrente. La Corte ha
ricordato (punto 13 della sentenza) che, benché alla luce dei criteri dell'art. 173,
secondo comma, del Trattato i regolamenti istitutivi di dazi antidumping abbiano
effettivamente, per la loro natura e per la loro portata, carattere normativo, in
quanto si applicano a tutti gli operatori economici interessati, non è tuttavia escluso
che le loro disposizioni possano riguardare individualmente determinati operatori
economici. Ne consegue che i provvedimenti con cui sono istituiti dazi antidumping
possono, in determinate circostanze e senza perdere la propria natura
regolamentare, riguardare individualmente determinati operatori economici, i quali
hanno pertanto titolo per chiederne l'annullamento in giudizio (punto 14 della
sentenza). La Corte ha ritenuto che la ricorrente aveva fornito la prova
dell'esistenza di un complesso di elementi atti a dimostrare il ricorrere di una
situazione particolare che, in relazione al provvedimento di cui trattasi, la
contraddistingueva rispetto a qualsiasi altro operatore economico.
- 50.
- Pertanto, l'argomento del Consiglio, basato in sostanza sul carattere regolamentare
dell'atto impugnato rispetto agli importatori e sull'impossibilità di creare un regime
di deroga avente natura di decisione a favore di un importatore, deve essere
escluso.
- 51.
- Gli argomenti dedotti dalla Commissione a sostegno della sua eccezione di
irricevibilità non possono essere accolti.
- 52.
- Infatti, contrariamente a quanto è stato sostenuto da quest'ultima, la Corte, nella
causa C-358/89, non ha basato la ricevibilità del ricorso esclusivamente sulle
difficoltà incontrate dalla Extramet per rifornirsi presso il solo produttore
comunitario. Essa si è in realtà basata sui diversi elementi seguenti, costitutivi di
una situazione particolare che contraddistingueva la società Extramet, in relazione
al provvedimento in esame, rispetto a qualsiasi altro operatore economico (punto
17 della sentenza Extramet I): essa era la principale importatrice del prodotto
oggetto della misura antidumping e, nel contempo, l'utilizzatrice finale di questo
prodotto; inoltre, le sue attività economiche dipendevano in larghissima misura
dalle suddette importazioni e subivano gravi ripercussioni in conseguenza del
regolamento controverso, tenuto conto del ristretto numero di fabbricanti del
prodotto considerato nonché della circostanza che essa incontrava difficoltà a
rifornirsi presso l'unico produttore comunitario, il quale era per giunta il suo
principale concorrente per il prodotto finito.
- 53.
- Per il resto, la Commissione non contesta che la PEM non è in grado di fornire
calcio-metallico primario di qualità standard che presenti le caratteristiche volute
dalla ricorrente, il che dimostra che quest'ultima continua ad incontrare
effettivamente difficoltà nel rifornirsi presso la PEM.
- 54.
- Essendo tuttora attuali le circostanze che hanno giustificato la ricevibilità del
ricorso nella causa C-358/89 (v. supra punto 52) occorre dichiarare il presente
ricorso ricevibile.
Sul merito
I Sulla domanda di annullamento del regolamento controverso
- 55.
- A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce sette motivi relativi, il primo, ad
una violazione degli artt. 5 e 7, n. 9, del regolamento del Consiglio 11 luglio 1988
(GU L 209, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento di base», all'inosservanza
dell'autorità della cosa giudicata e delle condizioni di regolarizzazione di un atto
amministrativo, il secondo, ad una violazione degli artt. 7 e 8 del regolamento di
base nonché dei diritti della difesa, il terzo, ad una violazione degli artt. 4 e 2,
n. 12, del regolamento di base e ad un errore manifesto di valutazione per quanto
riguarda la similarità dei prodotti, il quarto, ad una violazione dell'art. 4 del
regolamento di base e ad un errore manifesto di valutazione del danno subito
dall'industria comunitaria, il quinto, ad una violazione dell'art. 12 del regolamento
di base e ad un errore manifesto di valutazione, il sesto, ad una violazione dell'art.
190 del Trattato, e il settimo, ad uno sviamento di potere.
Sul primo motivo relativo ad una violazione degli artt. 5 e 7, n. 9, del regolamento di
base, tale all'inosservanza dell'autorità della cosa giudicata e alle condizioni di
regolarizzazione di un atto amministrativo
Argomenti delle parti
- 56.
- Secondo la ricorrente, la sentenza Extramet II si opponeva ad una ripresa del
procedimento dichiarato illegittimo, tanto più che la Commissione intendeva
procedere ad una modifica del periodo d'indagine. Nessuna norma avrebbe vietato
alla Commissione di avviare, in seguito ad una nuova denuncia, un nuovo
procedimento di indagine sul mercato del calcio-metallico standard, relativamente
ad un periodo più recente. Per contro, nessuna disposizione avrebbe autorizzato
la Commissione a riprendere l'indagine così come essa ha fatto nella presente
causa.
- 57.
- La ricorrente articola il suo primo motivo in tre parti. Innanzitutto, la ripresa
dell'indagine non avrebbe un fondamento giuridico, poiché non è prevista nel
regolamento di base. In secondo luogo, essa pregiudicherebbe l'autorità della cosa
giudicata comportando, incompatibilmente con il principio della certezza del diritto,
la regolarizzazione di un procedimento annullato dalla Corte. In terzo luogo, anche
supponendo ammissibile in diritto comunitario il principio di una regolarizzazione,
le condizioni di una ripresa dell'indagine, cioè di una regolarizzazione, non
sarebbero state soddisfatte nella fattispecie.
Prima parte: violazione degli artt. 5 e 7, n. 9, del regolamento di base
- 58.
- La ricorrente sostiene da un lato che i poteri della Commissione nell'attuazione
della procedura antidumping possono essere esercitati solo nell'ambito normativostrettamente definito dal regolamento di base e dall'altro che la Commissione ha
ripreso l'indagine in mancanza di qualsiasi fondamento giuridico. Il regolamento di
base conterrebbe solo disposizioni relative da un lato all'avvio di un'indagine e
dall'altro alla chiusura di quest'ultima. Per quanto riguarda l'avvio di un'indagine,
la Commissione non avrebbe mai sostenuto che le sia stata presentata una
denuncia che giustificasse l'avvio di un nuovo procedimento. Per contro, la
comunicazione pubblicata il 14 novembre 1992 farebbe esplicitamente riferimento
alla sentenza Extramet II. Il documento depositato dalla PEM il 1° luglio 1992 non
sarebbe una denuncia, ma una memoria a sostegno della «riapertura»
dell'indagine.
- 59.
- L'art. 7, n. 9, lett. a), del regolamento di base riguarderebbe solo la chiusura di
un'indagine. Nella fattispecie, l'indagine iniziale sarebbe stata conclusa, in
applicazione di questa disposizione, con l'adozione del provvedimento definitivo che
costituiva il regolamento n. 2808/89, annullato successivamente dalla sentenza
Extramet II.
- 60.
- Infine, la Commissione non potrebbe basare la sua argomentazione sull'art. 14 del
regolamento di base, che prevede un riesame dei dazi antidumping definitivi
nell'ipotesi di un cambiamento sufficiente delle circostanze. Questa procedura di
riesame si concepirebbe solo nell'ambito dei dazi antidumping definitivi
regolarmente istituiti.
- 61.
- Basandosi sull'art. 176 del Trattato, il Consiglio osserva che l'annullamento del
regolamento n. 2808/89 implicava semplicemente un obbligo di rimborso dei dazi
riscossi in forza di quest'ultimo.
- 62.
- Esso fa presente che l'indagine è stata ripresa in seguito alla sentenza Extramet II
ed alla memoria della PEM del 1° luglio 1992. Nel condurre l'indagine, la
Commissione avrebbe voluto rispettare i diritti del produttore comunitario che
aveva presentato una denuncia contenente elementi di prova sufficienti e l'aveva
aggiornata mediante una memoria a sostegno di una riapertura dell'indagine,
accompagnata da una nota sul danno. La Commissione avrebbe poi inteso
rispettare i diritti degli altri interessati mettendoli in grado, da un lato, di
presentare i dati relativi alle importazioni e alla vendita di calcio-metallico nella
Comunità e, dall'altro, di far valere le loro osservazioni.
- 63.
- In tale situazione, essa avrebbe validamente ripreso l'indagine fin dall'inizio, in
quanto tale indagine non era stata chiusa per effetto dell'annullamento del
regolamento n. 2808/89. Nei confronti degli interessati, la procedura di ripresa si
sarebbe svolta come una nuova indagine, sulla base di una denuncia aggiornata
dalla memoria del 1° luglio 1992 e della nota ad essa allegata.
- 64.
- Basandosi sull'art. 7, n. 9, lett. a), del regolamento di base, il Consiglio aggiunge
che un'inchiesta è conclusa sia per chiusura sia per adozione di misure definitive.
Ora, nella presente fattispecie, non vi sarebbe stato un atto esplicito di chiusura.
Per quanto riguarda il primo provvedimento definitivo, che è stato annullato dalla
Corte, si presume che esso non sia mai esistito. L'indagine avrebbe potuto quindi
essere validamente ripresa.
Seconda parte: inosservanza dell'autorità della cosa giudicata
- 65.
- La ricorrente sostiene che, riprendendo l'indagine, la Commissione non ha tenuto
conto dell'autorità della cosa giudicata e ha snaturato la portata della sentenza
Extramet II.
- 66.
- Annullando il regolamento n. 2808/89, la Corte non avrebbe solo annullato
retroattivamente la fase finale della procedura antidumping, cioè il regolamento
che fissa i dazi definitivi. Essa avrebbe in realtà annullato tutta la procedura svolta
dalla Commissione sul mercato del calcio-metallico standard, per il periodo 1°
gennaio 1987-31 dicembre 1987, ivi comprese le fasi che hanno preceduto
l'adozione del regolamento definitivo. Poiché l'annullamento ha una portata
generale, l'indagine non sarebbe stata sospesa, ma si presume non sia mai esistita.
Di conseguenza, se la Commissione avesse voluto di nuovo occuparsi della
questione, avrebbe dovuto avviare una nuova procedura rispettando le forme
richieste. Nell'ipotesi in cui le pratiche di dumping fossero continuate dopo
l'adozione del regolamento annullato, che aveva chiuso la prima indagine, l'avvio
di una nuova indagine, sulla base di una nuova denuncia, sarebbe stata la sola
soluzione procedurale valida.
- 67.
- Secondo la ricorrente, se la Commissione potesse di volta in volta coprire le sue
irregolarità, le procedure potrebbero durare anni senza alcuna certezza del diritto
per le imprese.
- 68.
- Il Consiglio rileva che la Commissione ha consentito a tutti gli interessati di
esercitare i loro diritti alle stesse condizioni che se fosse stata avviata una nuova
procedura. Esso sottolinea che una comunicazione è stata pubblicata nella Gazzetta
ufficiale delle Comunità europee, che questionari sono stati inviati agli interessati e
che è stato utilizzato un nuovo periodo di riferimento. La Commissione avrebbe
condotto verifiche presso parti che hanno collaborato all'indagine, gli interessati
avrebbero potuto consultare il fascicolo non riservato e la Commissione avrebbe
sentito le parti che ne hanno fatto domanda.
- 69.
- I nuovi dazi definitivi imposti a decorrere dal 22 ottobre 1994, cioè il giorno
seguente la data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del regolamento
controverso, si baserebbero su una nuova indagine relativa ad un periodo
successivo alla data del regolamento annullato. Si tratterebbe in tal caso non di una
regolarizzazione ma di una rettifica di pratiche di dumping che sarebbero
continuate dopo l'adozione del regolamento annullato.
- 70.
- Il Consiglio osserva in subordine che tutti gli argomenti della ricorrente sono basati
sull'asserita falsa qualificazione di «ripresa» dell'indagine, mentre si sarebbe
trattato, secondo la Commissione, dell'«apertura» di una nuova indagine. Inoltre,
la ricorrente non avrebbe dimostrato come una qualificazione di «apertura» di
un'indagine avrebbe modificato lo svolgimento di quest'ultima nei suoi confronti
(sentenza della Corte 10 luglio 1980, causa 30/78, Distillers Company/Commissione,
Racc. pag. 2229, punto 26, e 27 giugno 1991, causa C-49/88, Al-Jubail Fertilizer e
Saudi Arabian Fertilizer/Consiglio, Racc. pag. I-3187, punti 23 e 24).
- 71.
- La PEM e la Chambre syndicale sostengono che, in un procedimento
amministrativo antidumping, la maggior parte degli atti che portano ad una
decisione che costituisce il termine formale del procedimento non producono effetti
giuridici e non possono quindi costituire oggetto di un ricorso d'annullamento.
Questo varrebbe in particolare per l'atto di apertura del procedimento. Non
essendo impugnabili, gli atti di cui trattasi non potrebbero, di conseguenza,
costituire oggetto di un annullamento.
- 72.
- La PEM e la Chambre syndicale osservano in subordine che, in forza dell'effetto
retroattivo che si ricollega alle sentenze di annullamento, la constatazione di
illegittimità risale alla data di decorrenza dell'efficacia di una norma annullata.
Nella fattispecie poiché la data di decorrenza dell'efficacia del regolamento
n. 2808/89 risale al 22 marzo 1989, data di entrata in vigore del regolamento 17
marzo 1989, n. 707, soprammenzionato, gli atti anteriori al 22 marzo 1989 non
sarebbero stati pregiudicati dalla sentenza Extramet II. Ciò riguarderebbe in
particolare la comunicazione di avvio dell'indagine del 26 gennaio 1988. La
sentenza della Corte non avrebbe quindi annullato il procedimento avviato con tale
comunicazione. Di conseguenza la Commissione avrebbe potuto riprendere
l'indagine nell'ambito di questo procedimento (v. in tal senso, sentenza della Corte
26 aprile 1988, cause riunite 97/86, 99/86, 193/86 e 215/86, Asteris e
a./Commissione, Racc. pag. 2181, punto 30).
- 73.
- La ricorrente ritiene che la PEM fraintenda completamente le conseguenze
dell'irricevibilità del ricorso intentato contro atti preparatori. La giurisprudenza non
avrebbe mai impedito ad un'impresa di contestare la legittimità degli atti
preparatori in un ricorso d'annullamento rivolto contro le decisioni definitive (v.
sentenze della Corte 31 marzo 1993, cause riunite C-89/85, C-104/85, C-114/85, C-116/85, C-117/85 e da C-125/85 a C-129/85, Ahlström Osakeyhtiö/Commissione,
Racc. pag. I-1307, e del Tribunale 23 febbraio 1994, cause riunite T-39/92 e T-40/92, CB e Europay/Commissione, Racc. pag. II-49). La ricorrente contesta poi
l'affermazione della PEM secondo cui il procedimento precedente all'atto annullato
continua a produrre i suoi effetti, in quanto l'annullamento decorre solo dal giorno
dell'adozione dell'atto impugnato. Essa ritiene che questa soluzione finisca per
ammettere regolarizzazioni in qualsiasi circostanza e per privare della loro portata
i ricorsi d'annullamento.
Terza parte: inosservanza delle condizioni di regolarizzazione di un atto
amministrativo
- 74.
- Secondo la ricorrente, la Commissione non ha tenuto conto delle condizioni in cui
un atto nullo può essere regolarizzato. Anche supponendo che i principi del diritto
comunitario non vietino che vi possa essere una regolarizzazione, sarebbe stato
necessario che le condizioni di quest'ultima fossero soddisfatte. Ora, tale non
sarebbe stato il caso nella fattispecie. Da un lato, non ci si sarebbe trovati in un
settore in cui la regolarizzazione è ammissibile; dall'altro, le modalità della
regolarizzazione non sarebbero state rispettate.
- 75.
- Nella presente causa, la regolarizzazione non sarebbe stata possibile, poiché la
Corte non ha annullato il regolamento n. 2808/89 per motivi di forma e di
procedura, ma per errori commessi nella valutazione del danno subito dall'industria
comunitaria. Si tratterebbe quindi di un annullamento per erronea valutazione nel
merito di una delle condizioni fondamentali che giustificano l'adozione di dazi
antidumping.
- 76.
- Certo, si potrebbe ricorrere ad una regolarizzazione di errori di procedura o di
forma. Per contro, una regolarizzazione in seguito ad una violazione delle norme
sostanziali sarebbe difficilmente ammissibile. Ora, nella fattispecie, la Corte non
avrebbe esaminato nella sua sentenza gli altri motivi dedotti dalla ricorrente,
benché questi ultimi incidessero sulle altre condizioni di merito del regolamento,
in particolare sull'assenza di similarità dei prodotti. In tale situazione nessuno,
neanche la Commissione, sarebbe autorizzato a dire come la Corte si sarebbe
pronunciata sugli altri motivi dedotti.
- 77.
- La Commissione non avrebbe inoltre nemmeno rispettato le modalità di una
regolarizzazione, poiché essa ha modificato il periodo d'indagine, che va dal 1°
luglio 1991 al 31 ottobre 1992 in seguito alla ripresa dell'indagine, mentre copriva
inizialmente il periodo 1° gennaio-31 dicembre 1987.
- 78.
- La ricorrente ritiene che, se l'obiettivo era di imporre nuovi dazi prendendo un
altro periodo di riferimento, s'imponeva una nuova procedura.
- 79.
- Essa contesta l'argomento del Consiglio, della PEM e della Chambre syndicale
secondo cui l'irregolarità procedurale non avrebbe avuto conseguenze, di modo che
essa non giustificherebbe l'annullamento. Il fatto che la Commissione abbia ripreso
l'indagine, invece di avviarne una nuova, avrebbe senz'altro inciso sulla situazione
della ricorrente. Non ci si potrebbe trincerare dietro la circostanza che la
Commissione avrebbe proceduto allo stesso modo di come avrebbe fatto se fosse
stata avviata una nuova procedura.
- 80.
- Sarebbe quindi erroneo sostenere che il rimedio procedurale della ripresa
dell'indagine non ha arrecato danno alla ricorrente. Infatti, l'avvio di una nuova
procedura sarebbe stato subordinato alla presentazione di una denuncia. Una
denuncia avrebbe potuto essere presentata solo dalla PEM, unico produttore
comunitario. Ora, la PEM non avrebbe presentato alcuna denuncia. Al momento
dei fatti, il consiglio della concorrenza francese aveva appena condannato la PEM
per abuso di posizione dominante, in data 31 marzo 1992, e contro questa decisione
pendevano alcuni ricorsi, nell'ambito dei quali la ricorrente sosteneva che la PEM
aveva abusato della sua posizione dominante presentando una denuncia
antidumping.
- 81.
- Di conseguenza, sarebbe stato particolarmente inopportuno, quando la prima
procedura antidumping si era appena conclusa con una sentenza della Corte che
annullava il regolamento definitivo, che la PEM presentasse immediatamente una
nuova denuncia, fornendo così alla Cour d'appel di Parigi elementi a favore della
tesi della IPS.
- 82.
- Il Consiglio osserva che non si trattava di una regolarizzazione di dazi annullati ma
dell'imposizione di nuovi dazi a decorre dall'entrata in vigore del regolamento
controverso. Esso non condivide la tesi della ricorrente secondo cui la Corte non
avrebbe annullato il regolamento n. 2808/89 per motivi di forma e di procedura. A
suo parere, risulta chiaramente dai punti 20 e 21 della sentenza Extramet II che si
trattava di un errore di forma e non di sostanza. Anche se si trattasse della
violazione di una regola di merito, la Commissione avrebbe ripreso l'indagine fin
dall'inizio e avrebbe potuto pertanto imporre nuovi dazi antidumping.
- 83.
- A tal riguardo, il Consiglio fa presente che la Corte non ha annullato né l'avvio
della procedura né l'avvio dell'indagine, ma solo il regolamento adottato dal
Consiglio nell'ambito della procedura.
- 84.
- La PEM e la Chambre syndicale chiariscono che, in forza dell'art. 176 del Trattato,
l'istituzione interessata è tenuta ad eliminare gli effetti giuridici dell'atto annullato.
Nella fattispecie questo requisito sarebbe stato soddisfatto in quanto, in seguito alla
sentenza della Corte, i dazi antidumping definitivi e provvisori che erano statiriscossi sono stati restituiti in applicazione dell'art. 16 del regolamento di base.
- 85.
- Basandosi sulla sentenza Asteris e a./Commissione, soprammenzionata, la PEM e
la Chambre syndicale ritengono che l'istituzione da cui proviene l'atto annullato
non debba limitarsi ad eliminare le conseguenze passate prodotte dall'atto
illegittimo. Essa dovrebbe tener conto della sentenza di annullamento nel suo
comportamento futuro controllando che l'illegittimità constatata dal giudice
comunitario sia assente dall'atto destinato a sostituirsi all'atto annullato. Ora, nella
presente causa, esaminando in maniera approfondita la questione del nesso di
causalità tra l'esistenza del dumping e quella del danno, l'istituzione competente
avrebbe assicurato la piena esecuzione della sentenza della Corte.
- 86.
- Un'irregolarità procedurale sarebbe motivo d'annullamento solo se, in mancanza
di questa irregolarità, la decisione impugnata avrebbe potuto avere un contenuto
diverso (sentenza della Corte 29 ottobre 1980, cause riunite da 209/78 a 215/78 e
218/78, Van Landewyck/Commissione, Racc. pag. 3125, punto 47 e 23 aprile 1986,
causa 150/84, Bernardi/Parlamento, Racc. pag. 1375, punto 28). Nella fattispecie
il fatto che la Commissione abbia continuato l'indagine nell'ambito della procedura
avviata il 26 gennaio 1988, senza avviare una nuova procedura, non avrebbe avuto
alcuna influenza sul contenuto della decisione finale delle istituzioni competenti, in
quanto la ricorrente sarebbe stata collocata nella stessa situazione, in cui si sarebbe
trovata qualora la Commissione avesse avviato una nuova procedura, se non
addirittura in una situazione migliore.
Giudizio del Tribunale
- 87.
- Dal regolamento di base risulta che la procedura antidumping comprende diverse
fasi, tra le quali l'inchiesta. Nell'ambito di una procedura, possono aver luogo una
o più inchieste.
- 88.
- Ai sensi dell'art. 7, n. 9, lett. b), del regolamento di base, una procedura viene
conclusa o per chiusura dell'inchiesta senza imposizione di dazi e senza
accettazione di impegni in base alle disposizioni dell'art. 9, del regolamento di base,
o per scadenza o revoca di tali dazi, ovvero per scadenza degli impegni,
conformemente agli artt. 14 e 15 del regolamento di base.
- 89.
- L'inchiesta avviata è conclusa solo se sono state adottate misure definitive o se
l'indagine viene chiusa, in conformità all'art. 7, n. 9, lett. a), del regolamento di
base senza che tuttavia la procedura cessi di esistere.
- 90.
- Mentre la procedura continua ad esistere, possono essere presentate domande di
restituzione in forza dell'art. 16 del regolamento di base, e l'inchiesta può essere
riaperta al fine di riesaminare i provvedimenti definitivi.
- 91.
- Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, l'assenza, nel regolamento di base,
di disposizioni specifiche relative alle conseguenze giuridiche di una sentenza di
annullamento non può essere interpretata nel senso che esclude ogni possibilità per
le istituzioni di riprendere sia l'inchiesta sia la procedura nell'ambito della quale i
provvedimenti definitivi annullati sono stati adottati. Infatti, ai sensi dell'art. 176 del
Trattato, spetta all'istituzione interessata trarre le opportune conseguenze da una
sentenza di annullamento. In tale situazione, l'annullamento di un atto che pone
fine ad un procedimento amministrativo comprendente varie fasi non comporta
necessariamente l'annullamento di tutto il procedimento precedente l'adozione
dell'atto impugnato indipendentemente dai motivi, di merito o procedurali, della
sentenza di annullamento (v. in tal senso, sentenze della Corte Asteris e
a./Commissione, già citata, punto 30, e 13 novembre 1990, causa C-331/88, Fedesa
e a., Racc. pag. I-4023, punto 34, e sentenze del Tribunale 14 febbraio 1990, causa
T-38/89, Hochbaum/Commissione, Racc. pag. II-43, punto 13 e 15 luglio 1993,
cause riunite T-17/90, T-28/91 e T-17/92, Camara Alloisio e a./Commissione, Racc.
pag. II-841, punto 79).
- 92.
- In relazione a questi principi, la soluzione consistente nel dedurre
dall'annullamento di un regolamento che istituisce dazi antidumping l'annullamento,
come conseguenza necessaria, di tutto il procedimento amministrativo che l'ha
preceduto, soluzione auspicata in via principale dalla ricorrente, è erronea in
diritto.
- 93.
- Per valutare la fondatezza del motivo dedotto dalla ricorrente occorre determinare
le conseguenze dell'illegittimità constatata dalla Corte nella sentenza Extramet II.
A tal riguardo occorre ricordare che, per conformarsi alla sentenza di annullamento
e dare ad essa piena esecuzione, l'istituzione è tenuta a rispettare non solo il
dispositivo della sentenza, ma anche la motivazione da cui quest'ultima discende
e che ne costituisce il sostegno necessario (sentenza Asteris e a./Commissione, già
citata, punto 27).
- 94.
- Nella sentenza Extramet II, la Corte ha annullato il regolamento n. 2808/89 in
quanto le istituzioni comunitarie non avevano effettivamente esaminato la
questione se il produttore comunitario, cioè la PEM, non avesse esso stessa
contribuito con il suo rifiuto di vendita al danno subito ed non avevano provato che
il danno rilevato non derivasse dagli elementi fatti valere allegati dalla Extramet.
La Corte ha dedotto dalle sue constatazioni che le istituzioni non avevano
proceduto in maniera corretta alla determinazione del danno (punto 19 della
sentenza). Pertanto l'illegittimità rilevata dalla Corte non ha inciso sui
provvedimenti preliminari preparatori dell'inchiesta, né in particolare sull'apertura
della procedura ai sensi dell'art. 7, n. 1, del regolamento di base.
- 95.
- Ne deriva che la Commissione poteva validamente riprendere la procedura
basandosi su tutti gli atti della procedura che non erano stati colpiti dalla nullità
pronunciata dalla Corte, cioè la denuncia della PEM del luglio 1987, la
consultazione del comitato consultivo e la decisione di apertura della procedura,
per condurre un'indagine sullo stesso periodo di riferimento di quello preso in
considerazione nel regolamento n. 2809/89 (annullato dalla sentenza Extramet II),
indagine limitata alla questione se la PEM non avesse essa stessa contribuito, con
il suo rifiuto di vendere, al danno subito dall'industria comunitaria. Tuttavia, avendo
la Commissione deciso di condurre una nuova indagine che riguardava un altro
periodo di riferimento, si pone la questione se nella fattispecie siano state rispettate
le condizioni derivanti dal regolamento di base.
- 96.
- In via preliminare occorre ricordare che le istituzioni dispongono di un ampio
potere discrezionale per determinare il periodo da prendere in considerazione ai
fini della constatazione del danno nell'ambito di una procedura antidumping
(sentenze della Corte 28 novembre 1989, causa C-121/86, Epicheiriseon
Metalleftikon Viomichanikon Kai Naftiliakon e a./Consiglio, Racc. pag. 3919, punto
20, e 7 maggio 1991, Nakajima/Consiglio, Racc. pag. I-2069, punto 86).
- 97.
- Dall'art. 7, n. 1, del regolamento di base deriva che l'esistenza di elementi che
dimostrano pratiche di dumping che causano un danno all'industria comunitaria è
la condizione sostanziale necessaria e sufficiente per un'azione della Comunità in
materia di dumping e in particolare per l'apertura dell'inchiesta.
- 98.
- Nella fattispecie, nessun elemento consentiva alla Commissione di supporre che le
pratiche di dumping fossero cessate né che l'industria comunitaria non subisse più
danni. Per contro, la Commissione ha ricevuto una memoria della PEM a sostegno
della riapertura dell'indagine nonché una nota sulla valutazione del danno subito
dall'industria comunitaria. Nella sua nota del 1° luglio 1992 la PEM ha attualizzato
i dati contenuti nella sua denuncia del luglio 1987 fornendo un'analisi dettagliata
dei vari elementi, che giustificano l'imposizione di misure antidumping, così il valore
normale, il prezzo all'esportazione, il confronto di prezzi, il margine di dumping e
il danno, per il periodo dal 1987 al 1991, cioè per il periodo più recente per il
quale erano disponibili dati numerici.
- 99.
- Sulla base di queste considerazioni, poiché la procedura iniziale non era stata
annullata dalla sentenza Extremet II e le politiche di dumping perduravano, la
Commissione non ha oltrepassato il suo potere discrezionale decidendo di
continuare la procedura già avviata nel 1989 e conducendo una nuova indagine
sulla base di un altro periodo di riferimento.
- 100.
- Pertanto, il motivo della ricorrente relativo al fatto che la Commissione, nel
riprendere l'indagine, avrebbe agito senza fondamento giuridico, non avrebbe
osservato l'autorità della cosa giudicata, avrebbe snaturato la portata della sentenza
della Corte e in ogni caso avrebbe violato le condizioni di regolarizzazione degli atti
amministrativi, non è fondato.
- 101.
- Inoltre, occorre rilevare come la modifica del periodo d'indagine non abbia
pregiudicato i diritti che l'IPS aveva tratto dall'avvio della procedura del 1989.
Infatti, la Commissione ha comunicato alla IPS la sua intenzione di riprendere
l'indagine e l'ha invitata, in data 17 luglio 1992, a comunicarle le sue osservazioni
sulla questione del danno. Successivamente la Commissione ha trasmesso alla IPS,
in data 14 ottobre 1992, la nota sul danno depositata dalla PEM e, dopo
consultazione del comitato consultivo, ha annunciato la continuazione della
procedura nella comunicazione pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 14 novembre
1992, nella quale ha indicato il prodotto e i paesi interessati, ha fornito una sintesi
delle informazioni ricevute ed ha precisato che ogni informazione utile doveva
esserle comunicata. Essa ha informato ufficialmente gli esportatori e importatori
notoriamente interessati ed ha anche fissato il termine entro il quale gli interessati
potevano far conoscere il loro punto di vista per iscritto e chiedere di essere sentiti
oralmente. Infine, risulta chiaramente dai punti 4-7 dei 'considerando del
regolamento provvisorio che l'indagine ha riguardato contemporaneamente il
dumping e il danno ed ha coperto il periodo 1° luglio 1991-31 ottobre 1992.
- 102.
- Di conseguenza, il primo motivo d'annullamento deve essere respinto.
Sul secondo motivo relativo ad una violazione degli artt. 7 e 8 del regolamento di base
- 103.
- La ricorrente articola il secondo motivo in tre parti. La prima si riferisce ad una
violazione dei diritti della difesa: la nota sul danno depositata dalla PEM il 1° luglio
1992 sarebbe stata comunicata alla ricorrente solo il 14 ottobre 1992. La seconda
parte si riferisce ad una violazione dell'art. 7, n. 4, del regolamento di base e
all'inosservanza dell'art. 8 dello stesso regolamento: la Commissione non avrebbe
trasmesso alla ricorrente taluni documenti presentati dalla PEM. La terza parte del
motivo si riferisce ad una violazione dell'art. 7, n. 4, del regolamento di base e dei
diritti della difesa: la Commissione avrebbe rifiutato di comunicare alla ricorrente
talune indicazioni essenziali, necessarie affinché essa potesse presentare
osservazioni utili.
Sulla prima parte relativa ad una violazione dei diritti della difesa, collegata ad una
comunicazione tardiva della nota depositata dalla PEM il 1° luglio 1992
Argomenti delle parti
- 104.
- La ricorrente rileva che, tra il 10 luglio 1992, data in cui le è stato comunicato che
l'indagine sarebbe stata ripresa, e il 18 novembre 1992, data in cui questa
informazione le è stata confermata in seguito alla pubblicazione di una
comunicazione in tal senso nella Gazzetta ufficiale, sono trascorsi tre mesi, durante
i quali la Commissione non ha rispettato i suoi diritti della difesa. Essa avrebbe
avuto conoscenza incidentalmente, il 10 luglio 1992, dell'esistenza della nota sul
danno depositata dalla PEM il 1° luglio 1992. Essa sarebbe stata pertanto invitata
a presentare le sue osservazioni sulla questione del danno entro il 17 agosto 1992,
senza che tale nota le fosse comunicata. Essa infine sarebbe stata destinataria di
questo documento solo il 14 ottobre 1992, cioè dopo la presentazione delle proprie
osservazioni.
- 105.
- La questione che sorge non sarebbe quella intesa ad accertare se la «ripresa» di
un'indagine necessitasse di una discussione in contraddittorio. Secondo la
ricorrente, se fosse esatta la tesi del Consiglio, della PEM e della Chambre
syndicale secondo cui l'inchiesta iniziata nel 1989 non era stata chiusa, sarebbe
dovuto logicamente derivarne che la fase che ha preceduto l'apertura dell'inchiesta
non aveva più ragione di esistere. Ci si sarebbe quindi ritrovati nella seconda fase
di cui all'art. 7 del regolamento di base. In tale situazione, fin dalla ripresa
dell'indagine, la procedura avrebbe dovuto essere in contraddittorio.
- 106.
- Il Consiglio osserva che, con lettera 17 luglio 1992, cioè due mesi prima della
pubblicazione della comunicazione nella Gazzetta ufficiale, la Commissione aveva
invitato la ricorrente a far conoscere le sue eventuali osservazioni sulla questione
del danno causato dalle importazioni del prodotto di cui trattasi, e che la ricorrente
le aveva risposto con lettera 14 agosto 1992. Esso rileva poi che la ricorrente non
sostiene che essa non ha potuto formulare le sue osservazioni sulla nota della PEM
del 1° luglio 1992. Il Consiglio fa presente che essa ha presentato le sue
osservazioni con lettera indirizzata alla Commissione il 23 dicembre 1992.
- 107.
- La questione se la Commissione debba continuare a portare avanti un'indagine non
sarebbe una questione sottoposta ad una discussione in contraddittorio, poiché il
fine di un'indagine sarebbe di determinare se siano soddisfatte le condizioni per
l'adozione di provvedimenti antidumping. Dalla giurisprudenza (sentenza della
Corte 11 novembre 1981, IBM/Commissione, Racc. pag. 2639) risulterebbe che la
ripresa di un'indagine non è un atto impugnabile, poiché non incide sulla posizione
delle parti in causa.
- 108.
- La PEM e la Chambre syndicale sostengono che proprio esponendo la sua
interpretazione, in particolare sulla questione del nesso di causalità, la ricorrente
avrebbe potuto eventualmente sperare di evitare la ripresa dell'indagine. Ora,
nonostante un invito esplicito contenuto nella lettera della Commissione del 17
luglio 1992, la ricorrente si sarebbe sempre rifiutata di far conoscere le sue
osservazioni sulla questione del danno prima della pubblicazione, in data 14
novembre 1992, della comunicazione che annunciava la ripresa dell'indagine. Essa
avrebbe quindi rinunciato ad opporsi a questa ripresa. La mancata comunicazione
della nota della PEM del 1° luglio 1992 non potrebbe pertanto costituire una
violazione dei diritti della difesa della ricorrente.
Giudizio del Tribunale
- 109.
- La lettera della Commissione del 17 luglio 1992 presentava due aspetti. Da un lato,
comunicava alla ricorrente, dopo la sentenza Extramet II che aveva annullato il
regolamento definitivo n. 2808/89, l'indagine riprendeva de jure, e dall'altro, la
invitava a presentare le sue osservazioni sulla questione del danno subito
dall'industria comunitaria.
- 110.
- Per quanto riguarda il primo aspetto, la ricorrente ha potuto contestare, nelle sue
lettere del 14 e 21 agosto 1992, la fondatezza della tesi della Commissione. A tal
riguardo, come è stato ammesso dalla ricorrente all'udienza in risposta al quesito
posto dal Tribunale, la conoscenza del contenuto della nota della PEM del 1° luglio
1992, di natura eminentemente tecnica, non era indispensabile e non le ha impedito
di far valere il suo punto di vista sulla questione se la Commissione potesse
giustamente riprendere l'indagine. Pertanto, la trasmissione della nota della PEM
il 14 ottobre 1992 non ha costituito una violazione dei suoi diritti procedurali.
- 111.
- Per quanto riguarda il secondo aspetto della lettera del 17 luglio 1992, la ricorrente
è stata in grado, quantomeno dopo il 17 luglio 1992, e in ogni caso dopo il 14
ottobre 1992, data in cui ha ricevuto la nota della PEM del 1° luglio 1992, e cioè
un mese prima della pubblicazione, in data 14 novembre 1992, della comunicazione
relativa alla procedura antidumping, di far valere il suo punto di vista circa
l'esistenza delle condizioni sostanziali che giustificavano la ripresa dell'indagine,
cosa che essa ha fatto una prima volta il 23 dicembre 1992, e, successivamente, nel
corso del procedimento amministrativo, fino alla consultazione del comitato
consultivo.
- 112.
- Di conseguenza, i diritti procedurali della ricorrente non sono stati violati per il
fatto che la nota depositata dalla PEM il 1° luglio 1992le sia stata trasmessa il 14
ottobre 1992.
- 113.
- Inoltre, dal fascicolo non risulta che la ricorrente abbia chiesto per iscritto alla
Commissione di prendere conoscenza della lettera della PEM del 1° luglio 1992,
benché essa abbia avuto conoscenza della sua esistenza fin dal 19 luglio 1992. In
mancanza di una tale richiesta, presentata in applicazione dell'art. 7, n. 4, lett. a),
del regolamento di base, la Commissione, in virtù di quest'ultima disposizione, non
aveva alcun obbligo di portare a conoscenza della ricorrente il contenuto della
lettera.
- 114.
- Pertanto la prima parte del motivo dev'essere respinta.
Sulla seconda parte relativa ad una violazione, da un lato, dell'art. 7, n. 4, del
regolamento di base in quanto la Commissione non avrebbe trasmesso alla
ricorrente taluni documenti depositati dalla PEM e, dall'altro, dell'art. 8 del
regolamento di base
Argomenti delle parti
- 115.
- La ricorrente sostiene che la Commissione ha proceduto ad una erronea
valutazione del carattere riservato di taluni documenti.
- 116.
- A causa di tale errore essa avrebbe poi opposto un rifiuto ingiustificato di
comunicazione dei seguenti documenti:
una lettera della PEM alla Commissione in data 19 agosto 1993, alla quale
erano allegati una lettera del 19 agosto 1993 della PEM al suo difensore,
avv. Rambaud, un verbale della visita in data 17 agosto 1993 del
rappresentante della PEM, signor Plasse, presso la fabbrica della ricorrente,
controfirmato dal presidente di quest'ultima, e cinque lettere scambiate tra
la PEM e la ricorrente tra il 10 e il 17 agosto 1993;
una lettera della PEM alla Commissione in data 11 agosto 1993 alla quale
era allegata una lettera della ricorrente alla PEM del 4 agosto 1993;
una lettera della PEM alla Commissione del 5 agosto 1993 alla quale erano
allegate tredici lettere scambiate tra la PEM e la ricorrente tra il 26 aprile
1993 e il 4 agosto 1993;
la nota concernente il lavoro tecnico effettuato presso la fabbrica PEM della
Roche de Rame allegata alla lettera della PEM alla Commissione del 5
agosto 1993.
- 117.
- Tutti questi documenti sarebbero stati presentati dalla PEM nel corso dell'indagine,
senza che, in nessun momento, la ricorrente ne fosse informata e senza che le
condizioni previste dall'art. 8, nn. 1 e 2, del regolamento di base fossero soddisfatte.
Solo il 29 settembre 1993 essa avrebbe appreso che un certo numero di documenti
riservati erano stati acquisiti agli atti. Essa avrebbe allora chiesto ripetutamente la
comunicazione di questi documenti.
- 118.
- Essa sottolinea che, contrariamente alla regola enunciata all'art. 8, n. 2, lett. b), del
regolamento di base, nessuna sintesi non riservata era allegata a tali documenti, ed
in particolare alla lettera dalla PEM alla Commissione del 5 agosto 1993
concernente il lavoro tecnico effettuato presso la sua fabbrica di La Roche de
Rame, alle note interne della PEM nonché alla lettera del 19 agosto 1993 della
PEM all'avv. Rambaud.
- 119.
- Per quanto riguarda in particolare la lettera del 5 agosto 1993 non si potrebbe
ritenere che le sue cinque righe introduttive costituissero un riassunto non riservato
ai sensi del regolamento di base, mentre il documento di cui trattavasi era una nota
tecnica di 18 pagine.
- 120.
- In ogni caso anche supponendo che questa nota tecnica o taluni suoi elementi non
potessero essere riassunti in maniera non riservata, il rispetto dei diritti della difesa
avrebbe imposto che alla detta lettera fosse unito un elenco degli allegati presentati
dalla PEM alla Commissione, con la menzione «riservato, non trasmesso».
- 121.
- Per il resto la comunicazione di questa nota tecnica alla ricorrente sarebbe stata
il risultato dell'ostinazione di quest'ultima e non risponderebbe a nessuno dei criteri
richiesti, che si tratti della data, dell'autore o della portata della comunicazione
stessa.
- 122.
- Anzitutto, solo in seguito a numerosi reclami sia presso la Commissione sia presso
la PEM e il suo avvocato la ricorrente avrebbe finito per ricevere la nota tecnica,
in data 21 maggio 1994, ossia il giorno della scadenza del termine per la
presentazione delle sue osservazioni sul regolamento provvisorio. La ricorrente
avrebbe allora dovuto protestare energicamente per ottenere dalla Commissione
un termine supplementare di alcuni giorni, il che spiegherebbe che la sua memoria
sia stata presentata il 27 maggio 1994.
- 123.
- Per quanto riguarda l'autore della trasmissione la ricorrente rileva che, benché
l'obbligo di comunicazione incombesse alla Commissione, è alla fine la PEM che,
nonostante il rifiuto del suo difensore, ha accettato di inviarle il documento. La
Commissione non avrebbe quindi per niente assolto il compito che le spettava di
valutare con tutta obiettività il carattere riservato o meno dei documenti.
- 124.
- Infine, per quanto riguarda il contenuto della trasmissione, la ricorrente sostiene
che tre elementi molto riservati non le sono stati comunicati: il programma del
forno della fabbrica, una corrispondenza circa il filo rafforzato e una fattura di un
artigiano locale.
- 125.
- La ricorrente ritiene che la comunicazione della nota tecnica fosse essenziale nel
contesto della causa, poiché consentiva di valutare la realtà degli sforzi compiuti
dalla PEM per rifornirla.
- 126.
- Il Consiglio osserva che la ricorrente era a conoscenza dell'esistenza dei documenti,
poiché ne ha presentato l'elenco all'allegato 53 del suo ricorso, elenco che la
Commissione le aveva comunicato.
- 127.
- Grazie al fascicolo non riservato, la ricorrente sarebbe stata sufficientemente
informata sul contenuto dei documenti per esercitare i suoi diritti della difesa. La
nota tecnica del 5 agosto 1993 sarebbe stata comunicata alla ricorrente il 21 maggio
1994, ad eccezione di tre elementi molto riservati, cioè il programma del forno
della fabbrica di La Roche de Rame, la corrispondenza relativa al filo rafforzato
e una fattura di un artigiano locale, elementi che non potevano essere riassunti in
maniera non riservata. Del resto la ricorrente avrebbe svolto osservazioni sulla nota
tecnica nella sua memoria del 27 maggio 1994, in occasione delle sue osservazioni
sul regolamento che imponeva dazi provvisori.
- 128.
- Per il resto la ricorrente non contesterebbe il carattere riservato dei documenti nei
confronti degli esportatori e degli altri importatori.
- 129.
- La PEM e la Chambre syndicale condividono gli argomenti del Consiglio.
Giudizio del Tribunale
- 130.
- La ricorrente addebita alla Commissione innanzi tutto di aver qualificato
ingiustamente come riservati, quantomeno nei suoi confronti, un certo numero di
documenti, in secondo luogo, di non averle comunicato un certo numero di atti che
figuravano nel fascicolo e, per quanto riguarda le modalità di accesso al fascicolo,
di averle comunicato in ritardo taluni documenti del fascicolo riservato e di non
averle trasmesso una versione o un riassunto non riservati di taluni di questi
documenti.
- 131.
- Queste tre censure riguardano essenzialmente i quattro documenti riportati
nell'elenco dei documenti riservati inviato dalla Commissione alla ricorrente e
menzionati sopra al punto 116.
- 132.
- Occorre rilevare che la ricorrente non sostiene che questi documenti non avessero
carattere riservato nei confronti dei terzi. Essa si limita a sottolineare che essi non
lo erano nei suoi confronti.
- 133.
- Per quanto riguarda la mancata comunicazione o il ritardo nella comunicazione di
taluni documenti nonché l'assenza di una versione non riservata dei documenti
classificati come riservati, occorre distinguere, da un lato, quelli che erano indicati
nell'elenco fornito dalla Commissione alla ricorrente, e che erano conosciuti da
quest'ultima e, dall'altro, quelli che, pur essendo indicati negli elenchi comunicati
alla IPS non erano conosciuti da essa.
- 134.
- I documenti seguenti erano conosciuti dalla ricorrente: il verbale della visita del
signor Plasse alla IPS il 17 agosto 1993, le cinque lettere scambiate tra PEM e IPS
tra il 10 e 17 agosto 1993 e allegate alla lettera della PEM alla Commissione del
19 agosto 1993, la lettera della IPS alla PEM del 4 agosto 1993 allegata alla lettera
della PEM alla Commissione dell'11 agosto 1993, le tredici lettere allegate alla
lettera della PEM alla Commissione del 5 agosto 1993 e la lettera della IPS alla
PEM del 19 novembre 1992.
- 135.
- Poiché la Commissione le aveva qualificate come riservate e ne aveva comunicato
un elenco alla ricorrente, e tenuto conto del fatto che quest'ultima disponeva degli
originali o di una copia di questa corrispondenza, la Commissione non era
obbligata né a comunicare una copia di questi documenti né a procedere
all'elaborazione di una versione non riservata, quantomeno nei confronti della
ricorrente. Infatti, fornendo l'elenco della corrispondenza tra la PEM e la
ricorrente, presentata dalla PEM alla Commissione, quest'ultima ha messo la
ricorrente in grado di far valere utilmente il suo punto di vista e di esercitare
pienamente i suoi diritti procedurali.
- 136.
- Per quanto riguarda i documenti non conosciuti dalla ricorrente, cioè la lettera del
19 agosto 1993 della PEM al suo difensore, avv. Rambaud, le lettere di
trasmissione della PEM alla Commissione del 5, 11 e 19 agosto 1993 e la lettera
della PEM del 5 agosto 1993 relativa al lavoro tecnico effettuato presso la sua
fabbrica di La Roche de Rame, la Commissione, in conformità all'art. 8, n. 4, del
regolamento di base era tenuta a chiedere alla PEM una versione non riservata,
a meno che l'elaborazione di un tale riassunto non fosse possibile.
- 137.
- Tuttavia, la mancata comunicazione di riassunti non riservati avrebbe potuto
costituire una violazione dei diritti procedurali tale da giustificare l'annullamento
del regolamento controverso solo se la ricorrente non avesse avuto una conoscenza
sufficiente del contenuto essenziale del o dei documenti di cui trattasi, e, per tale
motivo, non avesse potuto esprimere validamente il suo punto di vista sulla loro
realtà o sulla loro pertinenza.
- 138.
- Ora, tale non è stato il caso nella fattispecie.
- 139.
- Per quanto riguarda in particolare le lettere della PEM alla Commissione del 5, 11
e 19 agosto 1993, la ricorrente non ha presentato una domanda scritta di
comunicazione in conformità all'art. 7, n. 4, lett. c), del regolamento di base. Di
conseguenza, la Commissione non era tenuta a trasmetterle. Infatti, nella sua
lettera del 5 ottobre 1993 la ricorrente aveva indicato che aveva avuto conoscenzadell'elenco dei documenti inviati dalla PEM alla Commissione e che taluni di questi
documenti le erano noti, trattandosi di sua corrispondenza con la PEM. Essa aveva
quindi limitato la sua domanda di accesso al fascicolo riservato della Commissione
ai tre documenti seguenti: la lettera della PEM all'avv. Rambaud del 19 agosto
1993, il verbale della visita del signor Plasse presso la ricorrente del 17 agosto 1993
e la lettera del 5 agosto 1993 della PEM alla Commissione relativa al lavoro
tecnico effettuato dalla PEM nella sua fabbrica di La Roche de Rame.
- 140.
- Inoltre, la Commissione ha confermato all'udienza, in risposta ai quesiti posti dal
Tribunale, che le lettere del 5, 11 e 19 agosto 1993 della PEM alla Commissione
costituivano semplici lettere di trasmissione di corrispondenza scambiata tra la
ricorrente e la PEM. In tale situazione, anche supponendo che la Commissione
fosse tenuta a procedere alla comunicazione di questi documenti nonostante la
mancanza di una richiesta scritta esplicita in tal senso, l'assenza di comunicazione
non ha comportato nella fattispecie una violazione dei diritti procedurali della
ricorrente.
- 141.
- Per quanto riguarda la lettera della PEM al suo avvocato del 19 agosto 1993, la
ricorrente stessa ha riconosciuto all'udienza che essa era manifestamente riservata
ai sensi della alla sentenza della Corte 18 maggio 1982, causa 155/79, AM & S
Europe/Commissione (Racc. pag. 1575, punti 21-23; 25 e 28), relativa alla tutela
delle comunicazioni tra un cliente e il suo difensore.
- 142.
- Per quanto riguarda la nota della PEM del 5 agosto 1993 relativa al lavoro tecnico
effettuato presso la fabbrica PEM a La Roche de Rame, essa poteva giustamente
essere qualificata come documento riservato ai sensi dell'art. 8 del regolamento di
base, poiché conteneva informazioni riservate sui processi di fabbricazione della
PEM. Tuttavia, per quanto la riguarda, occorre constatare che la Commissione non
ha ottemperato ai suoi obblighi in materia di accesso al fascicolo. Infatti,
innanzitutto, essa ha risposto con un notevole ritardo alle domande legittime della
ricorrente. Inoltre, essa non ha fornito un vero riassunto non riservato della lettera
di cui trattasi. Infine, essa non dimostra di aver fatto gli sforzi necessari per
ottenere la comunicazione del documento di cui trattasi in una versione non
riservata. Infatti, quando, finalmente la PEM ha deciso di trasmettere alla IPS il
documento controverso in data 21 maggio 1994, lo ha fatto su domanda della
ricorrente e non della Commissione.
- 143.
- Tuttavia, nonostante tutte queste irregolarità, la ricorrente ha potuto presentare le
sue osservazioni sul suddetto documento in tempo utile il 27 maggio 1994, cioè
prima dell'adozione del regolamento controverso. In tale situazione, le menzionate
irregolarità non hanno impedito alla ricorrente di far valere il suo punto di vista
sulla realtà o la pertinenza del documento.
- 144.
- Per quanto riguarda i tre elementi riservati, contenuti nella nota tecnica della PEM
5 agosto 1993, che non sono stati comunicati alla ricorrente né riassunti per lei,
cioè, il piano del forno della fabbrica della PEM, una corrispondenza circa il filo
rafforzato e una fattura di un artigiano locale, occorre rilevare, da un lato, che la
ricorrente non contesta il loro carattere riservato e, dall'altro, che essa non contesta
nemmeno l'impossibilità, fatta valere dalla Commissione, di procedere
all'elaborazione di un riassunto non riservato. Infine, la ricorrente non fa valere di
non essere stata in grado di esprimere il suo punto di vista circa la nota tecnica a
causa della mancata comunicazione di questi tre elementi riservati.
- 145.
- Sulla base di queste considerazioni, la seconda parte del motivo deve essere
respinta.
Sulla terza parte relativa ad una violazione dell'art. 7, n. 4, del regolamento di base
e dei diritti della difesa, in quanto la Commissione avrebbe rifiutato di comunicare
alla ricorrente talune indicazioni essenziali affinché potesse presentare osservazioni
utili
Argomenti delle parti
- 146.
- La ricorrente sostiene che non è stata in grado di discutere taluni elementi
necessari per giustificare l'istituzione dei dazi controversi. Durante tutta l'indagine,
essa avrebbe contestato un certo numero di elementi presi in considerazione dalla
Commissione per istituire dazi antidumping, in particolare la scelta degli Stati Uniti
come paese di riferimento e la sottoutilizzazione delle capacità produttive della
PEM, senza aver mai disposto degli elementi sui quali si è basata la Commissione.
La ricorrente ritiene che questa violazione dei suoi diritti procedurali sarebbe
esistita anche se essa avesse potuto formalmente esprimere il suo punto di vista
sugli aspetti controversi del fascicolo.
- 147.
- Ripetutamente la ricorrente avrebbe chiesto alla Commissione di spiegare sulla
base di quali elementi avesse ritenuto che gli Stati Uniti costituivano il paese di
riferimento, in quanto nessun elemento figurava nel fascicolo. A tal riguardo essa
addebita alla Commissione non di averle rifiutato l'accesso al fascicolo, ma di non
averle fornito indicazioni che giustificassero la scelta degli Stati Uniti come paese
di riferimento. Queste indicazioni sarebbero state tanto più importanti in quanto,
adottando come base di calcolo i prezzi americani, la Commissione sarebbe
pervenuta a margini esorbitanti ed a dazi antidumping che potevano solo rafforzare
la posizione di monopolio del produttore comunitario. Già nel corso della prima
indagine, la ricorrente avrebbe rimesso in discussione la scelta di questo paese e
avrebbe chiesto che fosse preso in considerazione il valore costruito del prezzo del
calcio-metallico.
- 148.
- La ricorrente fa valere che la Commissione avrebbe potuto comunicarle l'elenco
dei clienti del produttore americano, affinché potesse verificare quale tipo di
prodotto rivendeva, oppure comunicarle il volume delle sue vendite rispetto a
quelle di filo rafforzato. Quest'ultimo elemento di per sé non avrebbe posto alcun
problema di riservatezza e avrebbe consentito alla IPS di verificare se, come
sosteneva la Commissione, il mercato americano potesse essere scelto come
mercato di riferimento.
- 149.
- Inoltre, la ricorrente afferma di aver contestato durante l'indagine il tasso di utilizzo
delle capacità produttive della PEM che, secondo questa impresa, si sarebbe
stabilizzato leggermente al di sopra del 50%. A tal riguardo, essa avrebbe appreso
durante l'inchiesta che, in realtà, taluni clienti non potevano esser riforniti dalla
PEM.
- 150.
- Essa ritiene che il Consiglio non possa addebitarle di non aver presentato dati
numerici per contestare il tasso del 50% determinato dalla Commissione. Infatti,
sarebbe spettato alla Commissione comunicarle le informazioni che le consentissero
di verificare che aveva proceduto ad una valutazione corretta dei fatti presi in
considerazione.
- 151.
- La Commissione non avrebbe fornito la minima informazione sui cosiddetti sforzi
fatti dalla PEM e sugli investimenti che essa avrebbe effettuato per tentare di
rifornire la ricorrente. Quest'ultima si chiede quindi come la Commissione abbia
potuto verificare essa stessa che la PEM aveva fornito elementi sufficienti
comprovanti gli investimenti effettuati in attrezzature, considerato il carattere
tecnico di questi dati, che sfuggiva perciò alla sua competenza.
- 152.
- Il Consiglio sostiene che la corrispondenza tra il difensore della ricorrente e la
Commissione, tra il 12 agosto e il 22 agosto 1994, dimostra che la ricorrente ha
effettivamente discusso gli elementi da essa indicati.
- 153.
- Esso aggiunge che la Commissione deve comunicare soltanto gli elementi che sono
chiesti da una parte interessata, e solo se sono pertinenti per la sua difesa e se è
possibile accogliere la richiesta senza pregiudicare il principio di riservatezza. In
ogni caso, la ricorrente avrebbe effettivamente condotto una discussione in
contraddittorio sugli elementi pertinenti per la sua difesa.
- 154.
- Per quanto riguarda la questione del paese di riferimento, la PEM e la Chambre
syndicale fanno presente che l'art. 8 del regolamento di base, relativo al
trattamento riservato delle informazioni, si applica anche alle informazioni fornite
dalle imprese del paese di riferimento. Per quanto riguarda le informazioni
utilizzate per la determinazione del valore normale, sarebbe ovvio che esse sono
essenzialmente di natura riservata.
Giudizio del Tribunale
- 155.
- Occorre verificare se la ricorrente sia stata informata con sufficiente precisione sui
fatti e considerazioni in base ai quali si intendeva proporre l'adozione di
provvedimenti definitivi per quanto riguardava le importazioni di calcio-metallico
originario della Cina e della Russia.
- 156.
- Il fascicolo non riservato della Commissione è stato consultato dalla ricorrente
cinque volte, il 27 aprile 1993, il 4 ottobre 1993, il 17 maggio 1994, l'8 luglio 1994
e il 26 luglio 1994.
- 157.
- Successivamente, con lettera 11 agosto 1994 (allegato 115 al ricorso) inviata in
conformità all'art. 7, n. 4, lett. b) e c), del regolamento di base, la Commissione ha
comunicato al difensore della ricorrente i principali fatti e considerazioni sulla base
dei quali intendeva proporre l'adozione di provvedimenti antidumping definitivi per
quanto riguardava le importazioni di calcio-metallico originario della Cina e della
Russia.
- 158.
- Quanto alla scelta degli Stati Uniti come paese di riferimento, occorre constatare
che, nel regolamento provvisorio, la Commissione ha indicato dettagliatamente, nei
'considerando 12-18, i motivi per cui riteneva che gli Stati Uniti costituissero una
scelta appropriata e non irragionevole ai sensi dell'art. 2, n. 5, del regolamento di
base.
- 159.
- D'altra parte, dal 'considerando 15 del regolamento controverso risulta che le
istituzioni hanno esaminato le critiche, da parte della IPS, della scelta del paese di
riferimento in termini di rappresentatività delle vendite del produttore degli Stati
Uniti preso in considerazione e di similarità dei prodotti.
- 160.
- In tale situazione, la ricorrente ha ricevuto dalla Commissione indicazioni sufficienti
circa i criteri presi in considerazione per procedere alla scelta degli Stati Uniti
come paese di riferimento.
- 161.
- La sola censura che potrebbe essere rivolta contro la Commissione sarebbe di non
aver fornito alla ricorrente gli elementi di prova atti a giustificare il carattere
rappresentativo delle vendite di calcio-metallico del produttore degli Stati Uniti
preso in considerazione ai fini del calcolo del valore normale sul suo mercato
nazionale.
- 162.
- Tuttavia, il volume delle vendite effettuate da questo produttore sul suo mercato
costituisce un dato riservato, cosa che non è contestata dalla ricorrente. Pertanto
la Commissione non era tenuta a comunicarlo a quest'ultima.
- 163.
- La Commissione non poteva nemmeno far ricorso alle due altre modalità di
comunicazione fatte valere dalla ricorrente (v. sopra punto 148), poiché non erano
mai state proposte precedentemente.
- 164.
- Inoltre, occorre constatare da un lato, che la comunicazione alla ricorrente
dell'elenco dei clienti del produttore degli Stati Uniti, al fine di consentirle di
verificare quale tipo di prodotti esso rivende, comporterebbe la comunicazione di
dati riservati, cosa che la ricorrente stessa ammette.
- 165.
- D'altra parte, la ricorrente non ha dimostrato che la comunicazione del volume
delle vendite del produttore americano rispetto alle vendite di filo rafforzato non
le avrebbe consentito, indirettamente, di conoscere il volume delle vendite di calcio-metallico del produttore di cui trattasi sul suo mercato nazionale.
- 166.
- Infine, essa non ha dimostrato che la mancata divulgazione di questi dati abbia
potuto incidere sulle sue possibilità di difesa o sull'esito del procedimento, tanto più
che, come sottolinea giustamente il Consiglio, essa non ha mai opposto una
proposta alternativa alla scelta degli Stati Uniti come paese di riferimento.
- 167.
- Pertanto, la censura concernente la scelta degli Stati Uniti come paese di
riferimento deve essere respinta.
- 168.
- Per quanto riguarda la mancata comunicazione da parte della Commissione delle
informazioni che dovevano consentire alla ricorrente di esaminare la fondatezza
della valutazione relativa al tasso di utilizzo delle capacità produttive della PEM,
dal regolamento provvisorio ('considerando 29-31) risultano i seguenti elementi:
a decorrere dal 1989, il produttore comunitario ha investito in nuovi forni
ed ha leggermente accresciuto la sua capacità produttiva (indice 103 nel
1990, 107 nel 1991 e 111 nel 1992, contro 100 nel 1989);
la produzione è stata stabile: indice 88 nel 1990, 94 nel 1991 e 101 nel 1992,
contro 100 nel 1989;
il tasso di utilizzo delle capacità ha riflesso l'effetto positivo dell'istituzione
di dazi antidumping nel 1989, poi si è stabilizzato a livello inferiore,
leggermente al di sopra del 50%.
- 169.
- Nel regolamento controverso (punto 20), il Consiglio precisa che ha esaminato i
dubbi espressi dalla IPS e i controlli ai quali la Commissione ha proceduto prima
di pervenire alla conclusione che il tasso di utilizzo della capacità della PEM è
rimasto basso, fluttuando tra il 50 e il 60% circa, nel corso del periodo in esame.
- 170.
- Da quanto precede risulta che la Commissione ha chiarito i parametri che essa ha
utilizzato per giungere alla conclusione che il tasso di utilizzo delle capacità della
PEM nel corso del periodo in esame, cioè il rapporto tra la produzione effettiva
e la capacità produttiva della PEM, fluttuava tra il 50 e il 60%. Risulta anche che
essa ha proceduto ad un riesame della questione quando, dopo l'adozione del
regolamento provvisorio, è stato sostenuto, senza alcun elemento di prova, che
taluni clienti non potevano essere riforniti dalla PEM.
- 171.
- In tale situazione, la censura della ricorrente relativa al fatto che la Commissione
non le avrebbe fornito alcuna informazione che le consentisse di esaminare la
fondatezza della valutazione che aveva fatto del tasso di utilizzo delle capacità
produttive della PEM deve essere respinta.
- 172.
- Per quanto riguarda i documenti che sono serviti come base per i calcoli
soprammenzionati, la Commissione non era tenuta a renderli accessibili alla
ricorrente in forza dell'art. 8 del regolamento di base, in quanto essi presentavano
un carattere riservato, non contestato dalla ricorrente, e un riassunto non riservato
delle informazioni non era possibile.
- 173.
- Inoltre, la ricorrente non ha dimostrato come la mancata divulgazione di questi
documenti abbia potuto incidere sulle sue possibilità di difesa o sulla conclusione
del procedimento, tanto più che essa non ha mai fornito elementi probatori intesi
a dimostrare che i calcoli della Commissione fossero errati.
- 174.
- Per quanto riguarda la censura relativa all'asserita mancanza di comunicazione
delle informazioni circa gli sforzi fatti dalla PEM e gli investimenti da essa
effettuati per cercare di rifornire la ricorrente, anch'essa dev'essere respinta per i
motivi sopra enunciati ai punti 142-144 nell'ambito della seconda parte del motivo.
- 175.
- In merito alla questione se la ricorrente sia stata in grado di pronunciarsi sui fatti
e considerazioni sulla base dei quali si intendeva proporre l'adozione di
provvedimenti definitivi concernenti le importazioni di calcio-metallico originario
della Cina e della Russia, occorre ricordare che la ricorrente ha chiesto di essere
sentita, in conformità all'art. 7, n. 5, del regolamento di base. Questa audizione è
avvenuta il 4 maggio 1993.
- 176.
- Inoltre, la ricorrente ha comunicato alla Commissione il suo punto di vista nel
corso dell'indagine, così come risulta dalla cronistoria della corrispondenza tra
l'avvocato della ricorrente e la Commissione, riassunta dal Consiglio nei seguenti
termini:
lettera del 31 maggio 1994 (allegato 40 al ricorso): la ricorrente comunica
le sue osservazioni non riservate sul regolamento provvisorio; in questo
documento essa contesta la scelta degli Stati Uniti come paese di
riferimento, il tasso di utilizzo del 50% delle capacità del produttore
comunitario, l'utilità degli investimenti effettuati dalla PEM e il criterio di
purezza del 96% preso in considerazione della Commissione; una risposta
della Commissione le è stata inviata con lettera 14 giugno 1994;
lettera dell'11 luglio 1994 (allegato 42 al ricorso): la ricorrente risponde alla
lettera della Commissione del 14 giugno 1994, confermando le critiche
esposte nella sua lettera del 31 maggio 1994;
lettera 22 agosto 1994 (allegato 62 al ricorso): la ricorrente invia le sue
osservazioni sulla lettera dell'11 agosto 1994 con la quale la Commissione
ha esposto i principali fatti e considerazioni sulla base dei quali si intendeva
proporre l'adozione di misure definitive; le osservazioni della ricorrente
riguardano in particolare la scelta del paese di riferimento, il tasso di
utilizzo delle capacità della PEM, il grado di purezza del calcio e gli sforzi
effettuati dalla PEM per cercare di fornire un prodotto conforme.
- 177.
- Risulta quindi che la ricorrente ha avuto ampiamente l'occasione di pronunciarsi
sulla scelta del paese di riferimento, sulla determinazione del tasso di utilizzo della
capacità produttiva della fabbrica della PEM, nonché sulle informazioni concernenti
gli investimenti effettuati dalla PEM al fine di rifornire la IPS.
- 178.
- Pertanto, la terza parte del motivo dev'essere anch'essa respinta.
- 179.
- Il motivo stesso quindi dev'essere respinto nel suo insieme.
Sul terzo motivo relativo ad una violazione degli artt. 4, n. 4, e 2, n. 12, del
regolamento di base e ad un errore manifesto di valutazione
Argomenti delle parti
- 180.
- La ricorrente sostiene che il Consiglio e la Commissione hanno giustamente
concluso che il calcio-metallico originario della Cina e della Russia, da un lato, e
quello fabbricato dalla PEM, dall'altro, siano sostituibili nel loro uso e pertanto
simili ai sensi dell'art. 2, n. 12, del regolamento di base. La nozione di similarità
sarebbe equivalente a quella di sostituibilità. E' quindi rispetto alle loro
caratteristiche fisiche e tecniche e al loro uso che occorrerebbe analizzare la
similarità dei prodotti di cui trattasi.
- 181.
- Secondo la ricorrente il calcio standard originario della Cina o della Russia e quello
prodotto dalla PEM non possiedono le stesse caratteristiche fisiche, il primo si
presenterebbe sotto forma di torniture (trucioli) brillanti ed omogenee, mentre il
secondo sarebbe un calcio in pezzi eterocliti, di aspetto fibroso e poroso, sempre
appannati in superficie.
- 182.
- Le caratteristiche tecniche dei prodotti sarebbero radicalmente diverse. Le analisi
chimiche che accertano il tenore di alluminio e di magnesio dimostrerebbero che
non si tratta degli stessi prodotti. Il calcio comunitario presenterebbe un tenore di
ossigeno molto più elevato del calcio di origine cinese o russa. Infatti, dai vari
tenori di ossigeno risulterebbe che il livello di ossidazione del calcio della PEM
sarebbe da 4 a 5 volte superiore.
- 183.
- Ora, precisamente a causa della sua forte ossidazione rispetto al calcio degli altri
produttori nel mondo, il calcio della PEM non potrebbe essere utilizzato dalla
ricorrente. Infatti, il tasso di ossigeno troppo elevato comporterebbe un deposito
di calce nei forni, che ostruirebbe gli impianti della ricorrente. Del resto la PEM
ammetterebbe che il suo calcio contiene un tasso di ossigeno molto più elevato.
- 184.
- Per la ricorrente questa caratteristica del calcio della PEM è fondamentale. Essa
lo sarebbe ancor di più per il fatto che, trattandosi di un prodotto industriale
destinato alla fabbricazione di un prodotto derivato, e non di un prodotto destinato
al consumatore finale, essa determinerebbe le condizioni di impiego del prodotto
e avrebbe un'incidenza considerevole sul processo e sui costi di produzione.
L'impatto economico della differenza fisica del contenuto di ossigeno sarebbe
elevato.
- 185.
- L'argomento della PEM secondo cui la differenza tra i due prodotti deriverebbe
non dal calcio stesso ma dal processo specifico utilizzato dalla ricorrente, non
potrebbe essere ammesso sia per motivi di diritto sia per motivi di fatto.
- 186.
- La circostanza che altri utilizzatori possono impiegare il calcio-metallico della PEM
proverebbe solo che uno stesso prodotto può essere usato per fini diversi e in
condizioni differenti. Il calcio-metallico standard potrebbe appartenere a mercati
differenti. Esso potrebbe essere utilizzato dalle industrie del piombo e del ferro-lega o come materia prima per la fabbricazione del calcio scomposto. Nel primo
caso, gli scarti di purezza sarebbero indifferenti, così come il tasso di ossigeno. Per
contro, il tasso di ossigeno sarebbe fondamentale nel secondo caso, il quale
rappresenterebbe una parte importante degli impieghi del calcio.
- 187.
- Il calcio-metallico sarebbe una materia prima trasformata per essere utilizzata nei
tre settori sopra indicati, cioè le industri del piombo (340 tonnellate, cioè 40% delle
applicazioni del calcio), il trattamento degli acciai (570 tonnellate, cioè 46% delle
applicazioni del calcio), la calciotermia (100 tonnellate, cioè 11% delle applicazioni
del calcio). Il calci standard della PEM potrebbe essere utilizzato senza difficoltà
dalle industrie del piombo, ma sarebbe invece inutilizzabile per la totalità della
calciotermia e per quasi la metà dei prodotti che servono al trattamento
dell'acciaio.
- 188.
- Il ragionamento della PEM sarebbe erroneo. Secondo la ricorrente, non si potrebbe
passare dal calcio-metallico materia prima agli usi finali del prodotto derivato dalla
materia prima, senza tener conto dell'utilizzazione nella fase intermedia per la
fabbricazione del calcio-metallico scomposto. Ora, solo rispetto a questo mercato
intermedio occorrerebbe esaminare le condizioni di impiego, poiché la discussione
riguarderebbe l'importazione del calcio-metallico standard e non del calcio
scomposto.
- 189.
- Tenuto conto di questi dati e della parte rilevante che rappresenterebbe il
trattamento dell'acciaio nell'impiego del calcio, non si potrebbe concludere che le
differenze di utilizzazione sono poco significative, se non marginali. Al contrario,
per una sola delle tre applicazioni le industri del piombo , il calcio standard
della PEM e il calcio standard di origine cinese o russa sarebbero simili. Per le
altre due applicazioni, la PEM sarebbe obbligata a far ricorso ad un calcio
ridistillato. Pertanto i due prodotti non potrebbero essere qualificati come simili
dalle autorità comunitarie.
- 190.
- In conclusione, essi non sarebbero intercambiabili.
- 191.
- Secondo il Consiglio, un operatore quale la ricorrente, che sviluppa un nuovo
processo al fine di ridurre un certo prodotto in granuli, non crea due prodotti
differenti, ai sensi del regolamento di base, semplicemente perché, a differenza dei
processi esistenti, il suo processo è particolarmente sensibile a talune impurità.
Differenze di qualità o di uso non sarebbero di per sé sole sufficienti a distinguere
due prodotti. Occorrerebbe esaminare se le differenze di qualità o di uso siano
percepite dal mercato in generale come elementi che distinguono due prodotti.
- 192.
- La ricorrente non sarebbe nell'impossibilità di utilizzare il prodotto PEM, ma per
far ciò dovrebbe affrontare costi supplementari.
- 193.
- La ricorrente non potrebbe far valere differenze di costo nell'uso che essa fa del
prodotto senza tener conto della circostanza che i prodotti cinese e russo sono
ottenuti con un processo di elettrolisi che, in un'economia di mercato,
comporterebbe costi di produzione più elevati.
- 194.
- Secondo il Consiglio, la questione dell'identità dell'elemento o composto chimico
non andrebbe confusa con quella della presenza di impurità. Una variazione del
livello d'impurità non inciderebbe necessariamente sulla similarità dei prodotti. Ora,
il calcio-metallico prodotto dalla PEM sarebbe, come elemento chimico, identico
al calcio-metallico prodotto dalla Cina e dalla Russia. Alle istituzioni non sarebbe
risultato che il livello di variazione delle impurità avesse un'influenza sull'uso del
prodotto standard della PEM da parte di trasformatori diversi dalla ricorrente.
- 195.
- Il calcio-metallico importato dalla Cina o dalla Russia sarebbe sostituibile al calcio-metallico fabbricato dalla PEM in tutti i settori, poiché, per l'86% dei consumatori
industriali del calcio-metallico (industria del piombo, delle ferro/leghe e dell'acciaio)
il calcio ottenuto mediante alluminotermia e, a fortiori, il calcio ottenuto mediante
elettrolisi, soddisferebbero le loro esigenze tecniche. Per l'11% dei consumatori
industriali (applicazioni in calciotermia), sarebbe preferibile un calcio elettrolitico,
che la PEM potrebbe fornire sottoponendo il suo prodotto standard ad una
distillazione. Per il 3% dei consumatori industriali (industria nucleare), sarebbe
richiesto un prodotto di alta purezza, che la PEM potrebbe anche fornire con il suo
calcio di qualità nucleare.
- 196.
- Basandosi sulla prassi decisionale della Commissione, la PEM e la Chambre
syndicale sostengono che, finché vi siano prodotti simili, è sufficiente che prodotti
comunitari e prodotti originari di paesi terzi presentino caratteristiche fisiche e
tecniche fondamentali comuni nonché le stesse funzioni e possibilità fondamentali
di impiego che li rendano ampiamente intercambiabili, anche se differenze di
caratteristiche, di aspetto o di qualità attenuino il grado di intercambiabilità.
- 197.
- Nella fattispecie il calcio-metallico comunitario e il calcio-metallico originario della
Cina o della Russia sarebbero prodotti simili.
- 198.
- Nonostante una lieve variazione del livello della purezza e, correlativamente, del
tenore di ossigeno in funzione del processo di produzione utilizzato, il calcio-metallico comunitario e il calcio-metallico cinese o russo avrebbero caratteristiche
fisiche e chimiche sufficientemente vicine per essere considerati prodotti simili.
- 199.
- I due prodotti avrebbero anche gli stessi utilizzatori finali.
- 200.
- Infine, i due processi di produzione consentirebbero di ottenere un calcio primario
detto «standard», che sarebbe utilizzato principalmente o sotto forma massiccia,
nell'industria del piombo e delle ferro/leghe, o sotto forma scomposta.
- 201.
- Per l'uso del calcio-metallico sotto forma massiccia (che rappresenta il 40% dei
bisogni), il calcio-metallico comunitario e il calcio-metallico cinese o russo
sarebbero del tutto intercambiabile. Per l'uso del calcio-metallico sotto forma
scomposta nella produzione di reazioni calciotermiche, sarebbe necessario utilizzare
calcio di purezza superiore. Tuttavia, questo calcio-metallico potrebbe provenire
sia da produttori stabiliti in Cina e in Russia, che utilizzano il processo elettrolitico,
sia da quelli che utilizzano il processo alluminotermico, tra cui la PEM. Infatti,
quest'ultimo processo consentirebbe anche di ottenere un calcio di altissima
purezza, con la sola differenza del prezzo, in quanto il calcio cinese o russo ha una
grande purezza ed è meno caro, grazie al dumping. Il calcio-metallico comunitario
e il calcio-metallico importato avrebbero infine le stesse funzioni e possibilità
fondamentali di utilizzazione per l'86% delle applicazioni, in quanto la purezza più
elevata del calcio-metallico impiegato, fino all'11% dei bisogni, in calciotermia
potrebbe riscontrarsi sia presso la PEM sia presso i produttori stabiliti in Cina e in
Russia. Questi prodotti sarebbero quindi simili ai sensi del regolamento di base.
Giudizio del Tribunale
- 202.
- L'art. 4, nn. 1 e 4, del regolamento di base stabilisce:
«Il pregiudizio è determinato soltanto se le importazioni oggetto di dumping o di
sovvenzioni costituiscono, per via degli effetti del dumping o della sovvenzione, la
causa del pregiudizio, ossia se arrecano o minacciano di arrecare un pregiudizio
notevole ad una industria stabilita nella Comunità, oppure ritardano sensibilmente
la creazione di siffatta industria (...)
(...)
L'effetto delle importazioni oggetto di dumping o di sovvenzioni è valutato in
rapporto alla produzione comunitaria del prodotto simile (...)».
- 203.
- L'art. 2, n. 12, dello stesso regolamento precisa:
«(...) per prodotto simile si intende un prodotto identico, cioè simile sotto ogni
riguardo al prodotto considerato o, in mancanza di tale prodotto, un altro prodotto
che presenti caratteristiche analoghe a quelle del prodotto considerato».
- 204.
- Occorre rilevare che le istituzioni dispongono di un ampio potere discrezionale
nell'analisi di situazioni economiche complesse (v., ad esempio, sentenza del
Tribunale 28 settembre 1995, causa T-164/94, Ferchimex/Consiglio, Racc. pag. II-2681, punto 66) e che la determinazione dei «prodotti simili» si inserisce in un tale
ambito (sentenza del Tribunale 25 settembre 1997, causa T-170/94, Shanghai
Bicycle/Consiglio, Racc. pag. II-1383, punto 63).
- 205.
- Alla luce di queste considerazioni occorre verificare se le istituzioni abbiano
commesso un errore di fatto o di diritto o un errore manifesto di accertamento dei
fatti che comporta un'erronea valutazione della similarità dei prodotti (v., in tal
senso, sentenza della Corte 14 luglio 1988, causa 188/95, Fediol/Commissione, Racc.
pag. 4193, punto 6).
- 206.
- Nella fattispecie il Consiglio, nell'esaminare la questione della similarità dei
prodotti, ha preso in considerazione sia le differenze fisiche sia le differenze
tecniche esistenti tra il prodotto della PEM e quello importato dalla Cina o dalla
Russia nonché la loro incidenza sui produttori intermedi quali la ricorrente.
- 207.
- Le istituzioni comunitarie possono ritenere che un prodotto comunitario e un
prodotto che costituisce oggetto di dumping siano simili, nonostante l'esistenza di
differenze fisiche o tecniche o di altro tipo che limitano le possibilità di impiego da
parte degli acquirenti finali. A tal riguardo la Corte ha dichiarato a proposito di
dazi antidumping su fotocopiatrici a carta comune originarie del Giappone (v., ad
esempio, sentenze della Corte 10 marzo 1992, causa C-171/87, Canon/Consiglio,
Racc. pag. I-1237, punti 47, 48 e 52, causa C-174/87, Ricoh/Consiglio, Racc. pag.
I-1335, punti 35, 36 e 40, e causa C-179/87, Sharp Corporation/Consiglio, causa C-179/87, Racc. pag. I-1635, punti 25, 26 e 30) che le istituzioni comunitarie non
avevano commesso alcun errore di valutazione ritenendo, ai fini della
determinazione del pregiudizio subito dall'industria comunitaria, che la «produzione
comunitaria del prodotto simile» fosse quella comprendente tutte le fotocopiatrici,
di tutte le categorie, escluse le macchine di cui non vi era produzione comunitaria,
nonostante l'esistenza di differenze tecniche tra le varie fotocopiatrici.
- 208.
- Nel regolamento controverso ('considerando 11 e 12), il Consiglio ha ritenuto,
senza essere contraddetto dalla ricorrente, che, per quanto riguarda le applicazioni
nelle industrie del piombo e delle ferro/leghe e nell'industria siderurgica, il calcio-metallico di qualità standard prodotto dalla PEM e quello importato dalla Cina o
dalla Russia sono completamente intercambiabili e quindi simili ai sensi dell'art. 2,
n. 12, del regolamento di base.
- 209.
- Questa similarità dei prodotti riguarda quindi l'86% del mercato comunitario del
calcio-metallico, in quanto le industrie del piombo e delle ferro leghe, da un lato,
e l'industria siderurgica, dall'altro, rappresentano rispettivamente il 40% e il 46%
di quest'ultimo.
- 210.
- Per quanto riguarda l'industria siderurgica, la ricorrente ritiene tuttavia in sostanza
che, per valutare la similarità dei prodotti, non occorra prendere in considerazione
gli acquirenti finali, bensì gli acquirenti intermedi, cioè le imprese trasformatrici del
calcio-metallico in calcio-metallico scomposto. Ora la ricorrente, in quanto impresa
che trasforma il calcio-metallico in calcio-metallico scomposto, non potrebbe
utilizzare il calcio-metallico di qualità standard prodotto dalla PEM. Questo
prodotto e quello che proviene dalla Cina o dalla Russia non potrebbero quindi
essere considerati simili.
- 211.
- Questo ragionamento è infondato.
- 212.
- Le istituzioni comunitarie Consiglio e Commissione , quando concludono che le
importazioni di cui trattasi costituiscono oggetto di dumping, devono, in conformità
all'art. 4, n. 4, del regolamento di base, determinare l'effetto di queste importazioni
sui prodotti simili nella Comunità.
- 213.
- Infatti, la similarità dei prodotti di base (materie prime), cioè la loro
intercambiabilità, dev'essere misurata tenendo conto, in particolare, delle
preferenze degli utilizzatori finali, dato che la domanda del prodotto di base da
parte delle imprese di trasformazione dipende dalla domanda degli utilizzatori
finali.
- 214.
- Per contro, non è sufficiente esaminare le preferenze delle imprese trasformatrici
che, per motivi tecnici o economici, possono preferire un prodotto di base piuttosto
che un altro.
- 215.
- Occorre anche esaminare se i prodotti che incorporano questo prodotto di base
siano o meno in concorrenza tra loro, in particolare quando, come nella fattispecie,
il valore aggiunto del processo di trasformazione del prodotto di base è
relativamente irrilevante rispetto al prezzo del prodotto finale.
- 216.
- Infatti, in un tale caso, un aumento della domanda del prodotto di base nella
fattispecie il calcio-metallico di origine cinese o russa , dovuto ad una pratica di
dumping, può comportare una diminuzione del prezzo del prodotto trasformato
il calcio scomposto prodotto dalla IPS . A sua volta, questa situazione può
comportare una diminuzione della domanda dell'altro prodotto trasformato, il
calcio scomposto della PEM, diminuzione che, da parte sua, è atta a è tale da
provocare una diminuzione della domanda dell'altro prodotto di base, il calcio-metallico prodotto dalla PEM.
- 217.
- Un pregiudizio viene quindi subito dai produttori di quest'ultimo prodotto di base,
il cui uso non pone problemi particolari per l'utilizzatore finale.
- 218.
- Le imprese trasformatrici che utilizzano il prodotto di base della PEM possono
infatti essere indotte a cessare di acquistare questo prodotto, per definizione più
caro rispetto al prodotto di base proveniente dalla Cina o dalla Russia. Esse
possono allora o rivolgersi ai produttori di questi paesi terzi, o, se sono integrate
verticalmente come la PEM, ridurre i loro prezzi diminuendo la loro redditività e
subendo probabilmente perdite, cioè un danno ai sensi dell'art. 4 del regolamento
di base (v. sentenza del Tribunale 14 luglio 1995, causa T-166/94, Koyo
Seiko/Consiglio, Racc. pag. II-2129, punti 32-42, e in particolare, punti 35 e 36).
- 219.
- Alla luce di queste considerazioni occorre concludere che le istituzioni non hanno
commesso né un errore di fatto, né una violazione degli artt. 4, nn. 1 e 4, e 2, n. 12,
del regolamento di base, né un errore manifesto di valutazione ritenendo che il
calcio-metallico prodotto dalla PEM e il calcio-metallico cinese e russo costituissero
prodotti simili ai sensi dell'art. 2, n. 2, del regolamento di base.
- 220.
- Per quanto riguarda le applicazioni in calciotermia, risulta che è necessario
utilizzare un calcio-metallico di una purezza superiore a quella del calcio-metallico
scomposto di qualità standard del produttore comunitario. Tuttavia, queste
applicazioni costituiscono solo una percentuale minore (11%) di tutte le
applicazioni per le quali il prodotto di cui trattasi viene utilizzato nella Comunità.
Pertanto, l'impossibilità di utilizzare il calcio-metallico scomposto di qualità
standard della PEM in questo settore non può rimettere in discussione la
fondatezza dell'analisi delle istituzioni circa la similarità del prodotto di cui trattasi.
- 221.
- Di conseguenza, il terzo motivo dev'essere respinto.
Sul quarto motivo relativo ad una violazione dell'art. 4, n. 1, del regolamento di base
e ad un errore manifesto di valutazione
- 222.
- Secondo la ricorrente, la PEM non poteva far valere un pregiudizio ai sensi dell'art.
4 del regolamento di base, per i seguenti motivi: innanzi tutto, essa non aveva fatto
nulla per tentare di rifornire la IPS; in secondo luogo, essa non poteva sostenere
che le importazioni a prezzo di dumping l'avessero costretta a ridurre i prezzi del
calcio scomposto; in terzo luogo, la maggior parte delle importazioni di cui trattasi
era dovuta al fatto che la IPS non perveniva a rifornirsi presso la PEM.
- 223.
- Senza negare l'esistenza di un pregiudizio per l'industria comunitaria, la ricorrente
si limita a contestare sia il nesso di causalità tra le importazioni che costituiscono
oggetto di dumping e questo pregiudizio, sia la rilevanza di quest'ultimo. Occorre
esaminare nell'ordine queste contestazioni.
1. Sul nesso di causalità
- 224.
- La ricorrente contesta l'esistenza di un nesso di causalità tra le importazioni che
costituiscono oggetto di dumping e il danno subito dall'industria comunitaria. A
sostegno della sua contestazione, essa afferma, da un lato, che la PEM non si è
impegnata per rifornirla di calcio-metallico primario di qualità standard e, dall'altro,
che la PEM era responsabile delle riduzioni dei prezzi del calcio-metallico primario
all'origine del danno subito dall'industria comunitaria.
a) Sulla censura relativa al fatto che la PEM non si sarebbe impegnata a rifornire
la ricorrente di calcio-metallico di qualità standard
Argomenti delle parti
- 225.
- Per quanto riguarda il primo punto, la ricorrente fa presente che, dopo due anni
di tentativi, la PEM era sempre nell'impossibilità di rifornirla di un prodotto
analogo al calcio-metallico cinese o russo, mentre:
essa conosceva fin dall'inizio della ripresa dei suoi rapporti la causa delle
difficoltà incontrate dalla IPS nell'impiego del calcio-metallico di qualità
standard da essa prodotto;
essa aveva dichiarato di essere in grado di rifornirla di un prodotto
soddisfacente;
i produttori canadesi avevano impiegato solo alcune settimane per risolvere
difficoltà tecniche analoghe;
la PEM sostiene di aver speso somme considerevoli in ricerche e in
investimenti per cercare di rifornire la IPS;
il gruppo Péchiney è un gruppo importante, dotato di mezzi di ricerca
considerevoli.
- 226.
- Questa impossibilità di fornire calcio standard sarebbe confermata dalla circostanza
che la PEM ha definitivamente rinunciato a farlo, poiché gli ultimi esperimenti
riguardavano calcio nucleare.
- 227.
- In realtà la PEM non avrebbe fatto nulla per cercare di rifornire la ricorrente, anzi
avrebbe deliberatamente deciso di non rifornirla, come dimostrerebbero, oltre alla
cronologia dei rapporti tra la IPS e la PEM e i fatti menzionati al punto
precedente, gli elementi seguenti:
pur sapendo dal dicembre 1992, che il suo prodotto non era conforme al
processo di fabbricazione dell'IPS a causa del suo elevato tenore di
ossigeno, la PEM ha scritto nell'agosto 1993 che sfornava i suoi lingotti (di
calcio) a caldo (il che contribuiva a ossidare il calcio);
la nota della PEM del 5 agosto 1993 sul lavoro tecnico effettuato nella sua
fabbrica di La Roche de Rame, che descriveva gli investimenti effettuati per
migliorare il suo prodotto, è rimasta a lungo riservata;
la PEM ha potuto procurarsi, nel corso degli esperimenti, informazioni
delicate sulla IPS, che le hanno consentito di ottenere dazi antidumping
fissati ad un importo tale da neutralizzare il suo concorrente sul mercato
(ciò sarebbe dimostrato dai passi compiuti dalla PEM alla vigilia
dell'imposizione dei dazi antidumping definitivi nonché dall'abuso di
posizione dominante commesso da questa impresa, consistente
principalmente in uno sviamento di procedura settimo motivo).
- 228.
- La ricorrente avrebbe chiesto ripetutamente nel corso dell'indagine che una perizia
fosse disposta al fine di accertare quali adattamenti fossero stati effettuati dalla
PEM e se essi potessero migliorare il suo prodotto. Questa perizia sarebbe sempre
stata rifiutata. La ricorrente avrebbe quindi chiesto il parere di un perito
indipendente, il signor Laurent, che avrebbe consegnato la sua relazione il 19
maggio 1995. Secondo quest'ultimo la PEM avrebbe conosciuto fin dall'origine
l'incidenza nefasta dell'ossigeno contenuto nel suo calcio. Inoltre, essa avrebbe
disposto, nelle proprie fabbriche, di tutti i mezzi idonei per porvi rimedio senza
essere obbligata a tentare, presso la ricorrente, esperimenti di cui si poteva
prevedere l'esito negativo. Infine, essa avrebbe complicato e ritardato le
constatazioni più evidenti, poiché una metodologia rigorosa, seguita all'occorrenza
da periti indipendenti, avrebbe consentito di evitare costosi esperimenti e di
pervenire in poco tempo a conclusioni chiare.
- 229.
- Secondo il Consiglio, la questione dell'impossibilità per la PEM di rifornire la
ricorrente comporta un elemento di fatto e un elemento di diritto. In effetti, si
tratterebbe di determinare se la PEM non era in grado di rifornire la ricorrente,
nel qual caso il punto di diritto sarebbe quello di accertare se, nonostante ciò, si
possa ammettere l'esistenza di un danno. Il Consiglio ammette che la PEM non ha
potuto fornire un prodotto di qualità standard adatto ai bisogni della ricorrente.
Tuttavia, la ricorrente non potrebbe sostenere che il suo atteggiamento, quale
risulta dal fascicolo, sia stato del tutto costruttivo.
- 230.
- Per quanto riguarda l'asserito rifiuto della PEM di effettuare gli adattamenti
necessari al fine di poter rifornire la ricorrente, il Consiglio sostiene che dal
fascicolo non risulta che la PEM non abbia adottato misure ragionevoli a tal fine.
Giudizio del Tribunale
- 231.
- L'argomento dalla ricorrente consiste nel sostenere che la PEM non ha fatto alcun
tentativo di fornire alla IPS un calcio-metallico adatto ai suoi bisogni. Occorre
esaminare l'insieme dei rapporti tra la ricorrente e la PEM per accertare se tale
argomento sia materialmente fondato.
- 232.
- I rapporti tra la Extramet, divenuta successivamente IPS e la PEM sono stati
interrotti dal 1985 al 1991, quantomeno per quanto riguarda il calcio.
- 233.
- Gli elementi del fascicolo consentono di ritracciare i rapporti tra la ricorrente e la
PEM nel corso del periodo che va dal 1991 al 1994.
- 234.
- Nel luglio 1991, la IPS ha trasmesso alla PEM un ordinativo di 500 kg di calcio. La
merce è stata fornita nello stesso mese, unitamente ad un campione di 50 kg di
calcio metallico in cristalli. La ricorrente stessa ammette che essa si è astenuta dal
continuare i rapporti commerciali in tale periodo per non influenzare il
procedimento dinanzi al Consiglio della concorrenza, tenuto conto del fatto che il
difensore della PEM si era servito di questo ordinativo per sostenere la sua
posizione. Il 19 novembre 1992, cinque giorni dopo la pubblicazione della
comunicazione del 14 novembre 1992 relativa alla procedura antidumping, essa ha
scritto alla PEM per criticare la qualità del calcio fornita nel luglio 1991.
- 235.
- Nella fattispecie, non si può quindi ritenere che, per il periodo d'indagine che va
dal 1° luglio 1991 al 31 ottobre 1992, la PEM fosse all'origine del proprio danno.
Infatti, durante questo periodo la ricorrente, da un lato, non ha ritenuto opportuno
riprendere i rapporti commerciali con la PEM e, dall'altro, si è rifornita di calcio-metallico proveniente dalla Cina e dalla Russia, nonostante l'imposizione di dazi
antidumping.
- 236.
- Tuttavia, risulta dalla giurisprudenza (sentenza del Tribunale 11 luglio 1996, causa
T-161/94, Sinochem Heilongjiang/Consiglio, Racc. pag. II-695, punto 88) che
l'esame dei dati che si riferiscono al periodo successivo a quello dell'indagine può
risultare necessario, qualora da essi emergano nuovi sviluppi che rendono
manifestamente inadeguata ma prevista istituzione del dazio antidumping.
- 237.
- Occorre quindi esaminare gli argomenti con cui la ricorrente intende dimostrare
che gli sviluppi successivi alla fine del periodo d'indagine erano tali da rendere
manifestamente inadeguata l'istituzione dei dazi controversi.
- 238.
- A tal fine, devono essere presi in considerazione solo i fatti anteriori al 19 ottobre
1994, data di adozione del regolamento controverso. Devono invece essere esclusi
i fatti successivi, indipendentemente dal fatto che confermino o sminuiscano la
fondatezza dell'analisi delle istituzioni circa il nesso di causalità.
- 239.
- Il 21 dicembre 1992 il responsabile del settore «calcio» della PEM ha incontrato
il presidente della IPS nella sede di quest'ultima.
- 240.
- Nel corso del colloquio, i due responsabili hanno raggiunto un accordo sui punti
seguenti:
si ammetteva che il tenore di ossigeno potesse essere la causa delle
difficoltà incontrate dalla IPS;
la PEM avrebbe offerto partite di calcio-metallico alla IPS per procedere
ad esperimenti allo scopo di ridurre il tenore di ossigeno;
si riconoscevano altresì la particolare delicatezza dell'ossigeno e della
campionatura nonché la scarsa affidabilità dei risultati ottenuti sino a quel
momento: due aspetti che richiedevano uno sviluppo particolare per poter
valutare in permanenza i progressi effettuati dalla PEM in termini di
riduzione della percentuale di ossigeno nel calcio.
- 241.
- Le due imprese hanno allora proceduto nel 1993 a diversi esperimenti. Con lettera
26 aprile 1993, in considerazione dei risultati del primo esperimento, un primo
progetto d'accordo commerciale è stato proposto dalla PEM alla IPS.
- 242.
- Con telex 3 maggio 1993, (allegato 15 alla memoria d'intervento della PEM), la IPS
ha indicato che il tenore massimo di ossigeno rilevato sui campioni della PEM era
dello 0,36% e non dello 0,4% e dello 0,5%, come risultava dalle prime analisi. Essa
ha sottolineato che lo 0,36% corrispondeva al massimo da essa accettabile. Secondo
la PEM, a quell'epoca, la purezza minima del calcio accettabile dalla IPS era del
97% e tutta la difficoltà consisteva nel determinare con molta precisione e senza
rischio di errore il tasso di ossigeno nel calcio.
- 243.
- Con lo stesso telex del 3 maggio 1993, la IPS ha raccomandato di sottoporre al
Centro europeo di ricerca in metallurgia delle polveri di Grenoble (in prosieguo:
il «Cermep»), laboratorio di analisi a cui essa abitualmente si rivolgeva, la messa
a punto di un metodo di analisi dell'ossigeno nel calcio. Il 4 giugno 1993, la PEM
e la IPS hanno visitato questo laboratorio. Il metodo di analisi allora proposto dalla
IPS è stato escluso. Diversi metodi di analisi sono stati presi in considerazione. La
PEM e la IPS hanno infine raggiunto un accordo su un metodo consistente
nell'ossidare tutto il calcio contenuto nel campione di metallo, al fine di
determinare la calce di origine e quindi il tenore di ossigeno.
- 244.
- Il 6 maggio 1993 è stato concluso un accordo per la fornitura di cinque tonnellate
di calcio in cristalli (piuttosto che in pezzi come nell'esperimento nell'aprile 1993).
Un secondo esperimento è stato effettuato nel giugno 1993 sulla partita di
5 tonnellate di cristalli. L'esperimento con il calcio in cristalli ha avuto esito
negativo, in quanto ha messo in rilievo un'incrostazione del recipiente doppia
rispetto a quella del primo esperimento.
- 245.
- Con lettera 2 luglio 1993 la PEM ha confermato alla IPS la sua volontà di
continuare i negoziati commerciali per pervenire ad un contratto di fornitura, pur
manifestando preoccupazioni circa il metodo di controllo dell'ossigeno nel calcio.
Essa ha anche manifestato l'intenzione di realizzare nella propria fabbrica progressi
tecnologici al fine di ridurre in maniera sensibile il tasso di calce nel suo calcio.
Questi progressi tecnologici sono consistiti nell'attrezzare i forni della fabbrica della
PEM con un sistema di raffreddamento ad argo.
- 246.
- In data 15 luglio 1993 il Cermep ha comunicato all'IPS i risultati delle sue analisi,
da cui emergeva che il calcio della PEM aveva un tenore di ossigeno dello stesso
ordine di quello del calcio cinese o russo. Dopo aver espresso dubbi circa
l'affidabilità del metodo utilizzato dal Cermep, la PEM ha proposto la fornitura di
una tonnellata di calcio raffreddato ad argo e non all'aria libera, per effettuare un
nuovo esperimento. Nella sua lettera alla PEM dell'11 agosto 1993, la IPS ha
condiviso lo scetticismo della PEM circa le analisi del Cermep e si è dichiarata
d'accordo per chiedere a questo laboratorio di analizzare un altro campione.
- 247.
- Dal 13 al 16 settembre 1993, un terzo esperimento si è svolto presso la IPS su un
quantitativo di 2 tonnellate di calcio raffreddato ad argo. L'esperimento è fallito.
Tuttavia, poiché le termocoppie di regolazione delle zone alte e basse del forno di
fusione erano state invertite dal personale della IPS al momento di svuotare gli
impianti, la PEM ha considerato che la regolazione di questi impianti poteva non
corrispondere a quanto necessario per accettare calcio di origine diversa da quello
cinese o russo. Pur ammettendo che si trattava di un errore, la IPS non ha ritenuto
che esso avesse inciso in alcun modo sul risultato.
- 248.
- Nel frattempo, e in seguito alla realizzazione da parte della IPS di analisi
comparative tra il calcio standard della PEM e quello del produttore canadese, che
tendevano a dimostrare che l'origine del problema di elevata ossidazione del calcio
della PEM era la sua mancanza di compattezza, la PEM ha fatto effettuare analisi
su questi due tipi di calcio. Pur avendo ottenuto i risultati contrari a quelli delle
analisi effettuate dalla IPS, essa ha tentato di aumentare la compattezza dei suoi
lingotti di calcio ed ha prodotto 6 tonnellate di calcio-metallico compatto fabbricato
mediante una condensazione a doppio cono. Alla fine, questo prodotto non è stato
offerto alla IPS poiché la caratterizzazione a posteriori del suo ossigeno dava da
0,4 a 0,5%, cioè una percentuale che superava ampiamente il livello di tolleranza
del forno della IPS.
- 249.
- Un quarto esperimento si è svolto il 15 e 16 novembre 1993 su 5 tonnellate di
calcio raffreddato ad argo, con l'accordo della IPS. Di fronte ad un nuovo
fallimento, la PEM ha ritenuto che esperimenti più fruttuosi potessero essere
effettuati presso la IPS a partire dal suo calcio nucleare (calcio N) [verbale della
visita alla fabbrica della PEM del 28 novembre 1993, allegati 28 c) e 35 alle
osservazioni della IPS sulla memoria d'intervento della PEM].
- 250.
- Essa ha quindi preparato per la IPS una partita di 5 tonnellate di calcio N di un
livello medio di 0,22% al fine di confermare la linearità del rapporto tra il tasso di
ossigeno e il tasso di incrostazione del forno della IPS. Questa partita è stata
accettata dalla IPS solo nel febbraio 1995, in occasione di esperimenti effettuati dal
28 febbraio al 3 marzo 1995, cioè dopo l'adozione del regolamento controverso.
- 251.
- Parallelamente, nel corso del periodo che va dal dicembre 1993 all'aprile 1994, la
PEM ha continuato la sua riflessione teorica su tutte le origini possibili
dell'ossidazione del calcio (tenuta dei forni, carbonati residui della calce, ossigeno
apportato da reazioni chimiche secondarie in funzione del vuoto e della
temperatura, effetto sull'ossigeno del livello di alluminio nel calcio). Senza
contestare la realtà di queste azioni, la IPS si è lamentata di non aver ricevuto
informazioni precise sulla portata e sui risultati di queste analisi e di questi
esperimenti.
- 252.
- Con lettera 21 luglio 1994 (allegato 113 al ricorso), la PEM ha fatto alla IPS una
nuova proposta commerciale. In sostanza, essa era disposta a partecipare alle spese
di un esperimento relativo a 5 tonnellate di calcio pronte dalla fine del 1993 e, in
caso di successo, si impegnava a consegnare alla IPS tra 100 e 150 tonnellate
all'anno per cinque anni. Tenuto conto di questi volumi, essa concedeva alla IPS
condizioni di prezzo particolarmente vantaggiose per un calcio nucleare N.
Tuttavia, secondo la IPS, tali prezzi erano ancora molto superiori a quelli del calcio
standard, e rischiavano di collocarla fuori dal mercato.
- 253.
- Alla fine del marzo 1994, la PEM ha investito, per tentare di soddisfare i bisogni
della IPS, 1,5 milioni di FF nei seguenti settori: investimenti/forni, 0,5 milioni di FF;
attrezzature per il dosaggio di ossigeno 0,1 milioni di FF; costi di ricerca e di
sviluppo fuori struttura, 0,9 milioni di FF. Secondo la PEM, la voce relativa ai costi
di ricerca e di sviluppo ha rappresentato, nel 1993, l'8% della voce annuale
«analisi» del laboratorio centrale di ricerca della PEM, mentre le altre spese hanno
rappresentato il 25% degli investimenti annuali della PEM nella sua fabbrica di La
Roche de Rame.
- 254.
- La ricorrente afferma del resto che, in base alle dichiarazioni verbali dei tecnici
della PEM, i costi di ricerca e di sviluppo erano equiparabili a costi generali e
ripartiti forfettariamente sulle varie attività della società. In proposito è sufficiente
constatare che essa non contesta la realtà di queste spese, ma contestasemplicemente, senza fornire alcuna prova, la loro imputazione all'uno o all'altra
voce di bilancio.
- 255.
- In considerazione di quanto precede è dimostrato che il produttore comunitario
PEM ha effettuato sforzi di adeguamento non trascurabili per soddisfare le
necessità tecniche della ricorrente.
- 256.
- Pertanto, le istituzioni non hanno commesso errori di fatto o errori manifesti di
valutazione dei fatti per quanto riguarda la volontà della PEM di rifornire la
ricorrente. Se si ritenesse che gli sforzi effettuati dalla PEM non dimostravano la
sua volontà di rifornire la IPS e che, di conseguenza, il nesso di causalità era
interrotto a causa del comportamento dell'industria europea, si finirebbe col
rendere impossibile l'imposizione di dazi antidumping sull'importazione delle
materie prime che costituiscono oggetto di dumping, quando l'industria comunitaria
non è in grado di rifornire taluni importatori a causa della specificità dei loro
processi di produzione. Una tale soluzione sarebbe incompatibile con la finalità del
regolamento di base, che mira a tutelare l'industria comunitaria contro le pratiche
di prezzo sleali dei paesi terzi.
- 257.
- Questa conclusione non è inficiata dagli argomenti dedotti dalla ricorrente.
- 258.
- Questa sostiene innanzi tutto che gli investimenti effettuati nella fabbrica della
PEM corrispondevano ad un bisogno particolare della PEM. Tuttavia si deve
constatare che tali investimenti erano anche destinati a soddisfare la domanda della
IPS. A tal riguardo, secondo le indicazioni della ricorrente stessa, la sfornatura a
caldo dei lingotti di calcio poteva contribuire all'ossidazione del calcio. Ora, anche
supponendo che la PEM avesse eventualmente potuto risolvere prima questo
problema, ciò non toglie che la sfornatura dei lingotti a freddo potesse risolvere,
come è stato suggerito dalla ricorrente stessa, il problema di ossidazione del calcio-metallico della PEM.
- 259.
- Essa menziona anche la relazione di un perito da essa incaricato, il signor Laurent,
da cui risultano incoerenze e diversioni inutili nella metodologia seguita per
giungere alla soluzione del problema e una volontà molto precisa da parte della
PEM di complicare e di ritardare constatazioni evidenti, quali la fonte del
problema. Tuttavia, questa relazione è stata elaborata dopo l'adozione del
regolamento controverso, di modo che le istituzioni non ne hanno potuto tenere
conto. Inoltre, essa non è determinante, in quanto le sue conclusioni sono
contraddette dalla relazione del prof. Winand, perito incaricato dalla PEM.
- 260.
- La ricorrente ritiene che il parere di quest'ultimo perito, in data 18 dicembre 1995,
sia basato sull'analisi di una sola lettera della PEM alla IPS, quella del 20 maggio
1994, mentre quello del signor Laurent sarebbe basato sull'esame di tutto il
fascicolo. A tal riguardo è sufficiente constatare che la lettera della PEM esaminata
dal prof. Winand riprende gli elementi essenziali dei rapporti tra le due società per
il periodo dal dicembre 1992 all'aprile 1994. Alla luce di queste considerazioni la
relazioni del prof. Winand non merita minor credito di quella del signor Laurent.
- 261.
- La ricorrente non può addebitare alla Commissione di non essersi rivolta, in tale
contesto, ad un perito indipendente al fine di accertare se la PEM si fosse
realmente data da fare per fornirle un prodotto adatto. Da un lato, il regolamento
di base non imponeva all'istituzione di ricorrere ad una tale misura prima di
proporre misure definitive. D'altra parte, gli elementi di fatto che figurano nel
fascicolo hanno costituito oggetto di verifiche da parte dei servizi della
Commissione e di un dibattito in contraddittorio tra la PEM e la ricorrente. Infine,
le istituzioni devono agire entro termini necessariamente limitati per l'adozione di
misure definitive ed è sempre loro compito valutare, in via definitiva, i fatti dedotti
dalle parti interessate in una procedura antidumping.
- 262.
- Alla luce di queste considerazioni, la Commissione non ha oltrepassato il potere
discrezionale di cui disponeva in materia.
- 263.
- Di conseguenza, occorre respingere la presente censura.
b) Sulla censura relativa alla responsabilità della PEM per riduzioni di prezzo del
calcio metallico scomposto che hanno causato il danno subito dall'industria
comunitaria
Argomenti delle parti
- 264.
- La ricorrente sostiene che, come risulta dalle informazioni da essa fornite alla
Commissione con lettera 25 agosto 1994, è la PEM, che, di propria iniziativa, ha
ridotto i prezzi senza esservi costretta, poiché i prezzi della IPS sono sempre stati
più elevati di quella della PEM contrariamente a quanto si afferma nel
'considerando 19 del regolamento controverso. Infatti, gli studi sui prezzi della
PEM comunicati alla Direzione generale della Commissione (DG IV)
dimostrerebbero per contro che questa impresa ha condotto una politica di evizione
della IPS allineando sistematicamente i suoi prezzi 10-15% al di sotto di quelli della
IPS senza tener conto in alcun momento dei suoi costi reali.
- 265.
- Il Consiglio sostiene che i prezzi della PEM non sono prezzi che la PEM ha
semplicemente comunicato, come avrebbe fatto la ricorrente alla DG IV, ma dati
contabili verificati dalla Commissione in loco, presso la PEM. Per contro la
ricorrente avrebbe rifiutato di fornire dati relativi ai suoi prezzi di rivendita e la
Commissione avrebbe dovuto utilizzare i dati disponibili, cioè il fatto che il prezzo
della PEM era diminuito del 17%. Così facendo, la Commissione avrebbe agito
sulla base dell'art. 7, n. 7, lett. b), del regolamento di base.
- 266.
- Quanto all'argomento secondo cui essa non avrebbe comunicato i suoi prezzi di
rivendita, la ricorrente sostiene che questi dati erano disponibili, poiché erano in
possesso della DG IV fin dalla presentazione della denuncia il 12 luglio 1994, e che
sono anche in possesso del Consiglio, essendo stati allegati al ricorso
d'annullamento. Ora, essa non avrebbe ancora letto nulla che dimostri l'inesattezza
di questi dati.
- 267.
- Per quanto riguarda la lettera della IPS alla DG IV del 25 agosto 1994, che la
ricorrente fa valere a sostegno della sua affermazione secondo cui la PEM avrebbe
per prima ridotto i prezzi, il Consiglio osserva che tale lettera è stata inviata alla
DG IV della Commissione, senza copia per la Direzione generale Relazioni
economiche esterne (DG I).
Giudizio del Tribunale
- 268.
- L'art. 7, n. 7, lett. b), del regolamento di base stabilisce:
«Qualora una parte interessata o un paese terzo rifiuti l'accesso alle informazioni
necessarie oppure non le comunichi entro un ragionevole arco di tempo o ostacoli
gravemente l'indagine, possono essere elaborate conclusioni finali o preliminari,
affermative o negative, in base ai dati disponibili. Se la Commissione constata che
una parte interessata o un paese terzo hanno fornito informazioni false o fuorvianti,
essa può non tener conto di tali informazioni e rigettare le eventuali richieste cui
esse si riferiscono».
- 269.
- A sostegno della sua affermazione secondo cui è la PEM che, per prima, ha ridotto
i prezzi e per tale motivo è causa del proprio danno, la ricorrente fa valere la sua
lettera del 25 agosto 1994 alla DG IV, alla quale era allegata una tabella
ricapitolativa dei prezzi praticati dalla ricorrente sul mercato del calcio scomposto.
- 270.
- Tuttavia, come il Consiglio giustamente, rileva, essa non ha trasmesso questa
tabella alla DG I, unica direzione generale incaricata dell'istruzione delle procedure
antidumping.
- 271.
- Ne risulta che la Commissione non è stata in grado di ottenere queste informazioni
presso la ricorrente, in quanto quest'ultima si è sempre rifiutata di fornire dati
relativi alle sue vendite sul mercato del calcio scomposto. Di conseguenza, la
ricorrente non può far valere tali dati nel corso del procedimento nei confronti del
regolamento controverso.
- 272.
- D'altra parte, la tabella di cui trattasi è stata fornita alla DG IV senza documenti
probatori a sostegno. Per contro, i prezzi praticati dalla PEM sul mercato del calcio
scomposto sono dati contabili verificati dalla Commissione in loco, presso la PEM.
In tale situazione, posta di fronte al rifiuto della ricorrente di fornire dati relativi
ai suoi prezzi di rivendita, la Commissione, in considerazione dei dati disponibili in
applicazione dell'art. 7, n. 7, lett. b), del regolamento di base, ha potuto
validamente ritenere che il prezzo della PEM fosse diminuito del 17% a causa delle
pratiche di dumping dei produttori russi e cinesi.
- 273.
- Pertanto la presente censura va respinta.
2. Sulla rilevanza del danno
Argomenti delle parti
- 274.
- La ricorrente sostiene che la maggior parte delle importazioni di cui trattasi era
dovuta al fatto che essa non riusciva a rifornirsi presso la PEM. Essa rileva che tra
il 1989 e il 1993 ha effettuato tra il 62% e il 97% delle importazioni dei prodotti
provenienti dalla Cina e dalla Russia nella Comunità, ossia il 70% in media, e, per
il periodo d'indagine, il 65,7%, e non il 50% come afferma il Consiglio nel
regolamento controverso. In tale situazione, la PEM non potrebbe far valere alcun
danno derivante da queste importazioni poiché essa non è in grado di produrre
calcio destinato allo stesso uso. Al massimo il danno eventualmente subito dalla
PEM potrebbe riguardare il 30% importato da altri utilizzatori della Comunità.
- 275.
- Il Consiglio rileva che il danno dev'essere determinato tenendo conto non solo delle
vendite di calcio-metallico importato, ma anche delle vendite di calcio trasformato
in granuli. Se così non fosse, si perverrebbe alla conclusione assurda che sarebbe
impossibile ripristinare condizioni di concorrenza leale nel caso in cui un prodotto
importato in dumping fosse sempre trasformato prima di essere rivenduto.
- 276.
- Anche supponendo che la PEM non sia in grado di rifornire la ricorrente con un
prodotto conforme, le importazioni fatte dalla ricorrente causerebbero tuttavia un
danno alla PEM, poiché il prodotto importato viene rivenduto sotto forma di
granuli in concorrenza con il calcio in granuli venduto dalla PEM. I prezzi di
dumping all'importazione si ripercuoterebbero sui prezzi di rivendita dei granuli
(sferici) di calcio e, per tale motivo, causerebbero un danno alla PEM, che
venderebbe anch'essa granuli di calcio (non sferici) sul mercato comunitario. A
torto la ricorrente affermerebbe quindi che il danno può riguardare solo le
importazioni effettuate da altri utilizzatori nella Comunità.
- 277.
- Per quanto riguarda l'affermazione della ricorrente secondo cui essa avrebbe
importato tra il 62 e il 97% dei prodotti provenienti dalla Cina e dalla Russia, e
non il 50% come indicato nel regolamento controverso, il Consiglio ritiene che,
anche supponendo questi dati esatti, quod non, il danno sarebbe di conseguenza
maggiore, poiché una maggiore quantità sarebbe rivenduta sotto forma di calcio in
granuli (sferici) sul mercato.
- 278.
- Per quanto riguarda il danno della PEM sul mercato del calcio granulato, il
Consiglio ritiene che la ricorrente non abbia dimostrato che esso ha commesso un
errore manifesto nella valutazione del danno subito dall'industria comunitaria.
Giudizio del Tribunale
- 279.
- L'argomento della ricorrente pone un problema di fatto, cioè quello del volume
esatto delle importazioni della ricorrente, e un problema di ordine giuridico, cioè
quello della fondatezza della tesi della ricorrente secondo cui le sue importazioni
non devono essere prese in considerazione per la determinazione del danno, a
causa dell'impossibilità nella quale si trovava la PEM di rifornirla di calcio-metallico
di qualità standard. Poiché il problema di fatto ha rilevanza per la soluzione della
controversia solo se la tesi giuridica della ricorrente risulta esatta, occorre
esaminare quest'ultima in primo luogo.
- 280.
- A tal riguardo, come risulta dal 'considerando 19 del regolamento controverso,
un'analisi esatta dell'impatto delle importazioni che costituiscono oggetto di
dumping deve tener conto non solo delle vendite di calcio-metallico importato, ma
anche delle vendite di calcio-metallico trasformato in granuli. Altrimenti, non
sarebbe infatti possibile, ad esempio, ripristinare una concorrenza leale qualora un
prodotto importato in dumping fosse trasformato prima di essere rivenduto.
- 281.
- Infatti, le importazioni effettuate dalla ricorrente sono tali da causare un danno alla
PEM, poiché il prodotto importato è trasformato e poi rivenduto sotto forma di
polveri in concorrenza con il calcio in granuli venduto dalla PEM. Ora, come è
stato dichiarato ai punti 212-219 sopra, i prezzi di dumping in tale importazione si
ripercuotevano sui prezzi di rivendita delle polveri (sferiche) di calcio prodotte
dalla ricorrente e, per tale motivo, causavano un danno alla PEM, che vende
granuli di calcio (non sferici) sul mercato comunitario utilizzando calcio-metallico
primario di origine comunitaria. La ricorrente ha quindi torto nell'affermare che
il danno non poteva essere in relazione con le sue importazioni nella Comunità.
- 282.
- Alla luce di queste considerazioni, la questione dell'esattezza dei dati numerici circa
le importazioni di calcio-metallico proveniente dalla Cina e dalla Russia non è
pertinente per la soluzione della controversia. Infatti, se per ipotesi i dati numericidella ricorrente fossero esatti, la quantità da essa importata sarebbe stata più
rilevante e il danno quantomeno della stessa entità, poiché la quantità importata
sarebbe stata rivenduta sotto forma di granuli di calcio (sferici) sul mercato
comunitario.
- 283.
- Ne deriva che anche la presente censura dev'essere respinta.
- 284.
- Pertanto il quarto motivo dev'essere respinto nel suo insieme.
Sul quinto motivo relativo ad una violazione dell'art. 12 del regolamento di base e ad
un errore manifesto di valutazione
A Introduzione
Argomenti delle parti
- 285.
- La ricorrente sostiene che il Consiglio ha erroneamente concluso che conveniva,
nell'interesse della Comunità adottare misure definitive, mentre, in realtà, questo
interesse non avrebbe richiesto l'istituzione di dazi antidumping, i quali erano tali
da creare o da rafforzare una posizione dominante della PEM sul mercato europeo
del calcio-metallico primario e del calcio metallico scomposto, facendo quasi
scomparire la ricorrente dal mercato europeo del calcio metallico scomposto.
- 286.
- La creazione o il rafforzamento della posizione dominante della PEM sul mercato
del calcio metallico risulterebbe dagli elementi seguenti:
impossibilità di procedere ad importazioni di calcio metallico cinese o russo,
tenuto conto in particolare dell'importo e del carattere specifico e non ad
valorem dei dazi istituiti;
impossibilità di rifornirsi presso produttori nordamericani;
costo proibitivo del calcio-metallico di qualità nucleare prodotto dalla PEM.
- 287.
- In tale situazione l'equilibrio degli interessi nella Comunità avrebbe richiesto,
secondo la ricorrente, che il Consiglio verificasse se gli effetti positivi delle misure
prevalessero sugli effetti negativi. Ora, comparati al rafforzamento reale della
posizione dominante della PEM sul mercato del calcio-metallico e all'eliminazione
anch'essa reale del suo principale concorrente IPS sul mercato del calcio
scomposto, gli effetti positivi rilevati nel regolamento controverso sarebbero stati
molto deboli.
- 288.
- Il Consiglio, richiamandosi ai criteri presi in considerazione nel regolamento
controverso, ritiene che occorresse, nell'interesse della Comunità, adottare misure
definitive antidumping.
- 289.
- A suo parere, l'esistenza di una posizione dominante del produttore comunitario
non è stata dimostrata e pertanto l'argomento della ricorrente non è fondato in
fatto.
- 290.
- La PEM e la Chambre syndicale condividono gli argomenti del Consiglio. Esse
sostengono che l'assenza di misure sarebbe molto grave per la Comunità, poiché
metterebbe direttamente in pericolo la sopravvivenza dell'unico produttore
comunitario. Questa assenza indurrebbe molto verosimilmente la PEM ad
acquistare il calcio-metallico in Cina e in Russia e cessare per tale motivo qualsiasi
produzione comunitaria di calcio-metallico. A breve termine ciò implicherebbe un
grave problema di impianto industriale per la PEM, che sarebbe costretta a
chiudere la sua fabbrica di La Roche de Rame, con conseguenze negative per tutta
una regione francese. A lungo termine, l'assenza di dazi antidumping darebbe via
libera ai produttori stabiliti in Cina e in Russia per imporre i loro prezzi sul
mercato comunitario del calcio-metallico. Costoro potrebbero pianificare una
rarefazione dell'offerta, che sarebbe accompagnata da un'impennata dei prezzi,
come avvenne per il molibdeno, il tungsteno e l'antimonio nel 1993/94. A più lunga
scadenza, la situazione così creatasi permetterebbe ai produttori stabiliti in Cina e
in Russia di impadronirsi del mercato del calcio-metallico scomposto, sul quale
sarebbero già presenti, con il risultato che i trasformatori e gli utilizzatori
comunitari di questo prodotto non potrebbero sfuggire ad uno stato di dipendenza.
Giudizio del Tribunale
- 291.
- Ai sensi dell'art. 12, n. 1, del regolamento di base, un dazio antidumping definitivo
può essere istituito solo «quando dalla constatazione definitiva dai fatti risulta
l'esistenza di dumping (...) e di un conseguente pregiudizio, e quando gli interessi
della Comunità esigono un'azione comunitaria».
- 292.
- Secondo la giurisprudenza, la questione di stabilire se gli interessi della Comunità
richiedono un'azione comunitaria presuppone la valutazione di situazioni
economiche complesse, e il controllo giurisdizionale di una siffatta valutazione deve
limitarsi alla verifica del rispetto delle norme procedurali, dell'esattezza materiale
dei fatti considerati nell'operare la scelta contestata, dell'assenza di errore
manifesto nella valutazione di tali fatti o di sviamento di potere (Sharp
Corporation/Consiglio, soprammenzionata, punto 58).
- 293.
- Occorre quindi esaminare, innanzi tutto, se le istituzioni abbiano commesso un
errore di fatto o un errore manifesto di valutazione dei fatti nell'analisi che le ha
indotte a ritenere che l'istituzione di dazi antidumping non abbia creato o
rafforzato una posizione dominante della PEM sul mercato del calcio metallico.
B Sulla posizione della PEM sul mercato del calcio metallico prima
dell'imposizione dei dazi controversi
- 294.
- Il Tribunale ritiene che la prima questione che si pone sia quella intesa ad
accertare se la PEM detenesse una posizione dominante prima dell'imposizione dei
dazi controversi.
- 295.
- A tal riguardo occorre constatare che, come ha rilevato la Commissione, senza
essere contraddetta dalla ricorrente, dal regolamento provvisorio (punti 26 e 32 dei
'considerando) risulta che le quote di mercato delle imprese che operavano sul
mercato del calcio-metallico primario nella Comunità erano le seguenti negli anni
1989-1992:
Anno Cina e Russia PEM Altri
1989 35,3 % 50,2 % 14,5 %
1990 40,7 % 44,0 % 15,3 %
1991 48,8 % 34,7 % 16,5 %
1992 52,8 % 31,7 % 15,5 %
- 296.
- I suddetti dati evidenziano che, nel periodo 1989-1992, la PEM ha perduto il 18,5%
del mercato comunitario, mentre le importazioni cinesi e russe hanno guadagnato
il 17,5% del mercato e le altre fonti l'1%. Durante questo periodo la PEM non ha
potuto quindi agire indipendentemente dai suoi concorrenti, poiché stava perdendo
una parte rilevante della sua quota del mercato comunitario, sebbene nel 1989
fossero stati istituiti dazi antidumping sulle importazioni cinesi e russe.
- 297.
- In tale situazione e in mancanza di altri elementi probatori, non si può ritenere che
il Consiglio abbia commesso un errore di fatto o un errore di valutazione quando
ha stimato che la PEM non detenesse una posizione dominante sul mercato del
calcio-metallico nella Comunità prima dell'introduzione dei dazi controversi.
C Sulla posizione della PEM sui mercati del calcio-metallico primario e del
calcio-metallico scomposto in seguito all'imposizione di dazi controversi
- 298.
- Il Tribunale ritiene che si ponga anche la questione se, in seguito all'istituzione dei
dazi antidumping controversi, la PEM sia stata messa in grado di acquisire una
posizione dominante non solo sul mercato del calcio-metallico primario, ma anche
sui mercati derivati del calcio scomposto.
- 299.
- Il regolamento controverso ('considerando 30 e 31) esclude il rischio di una forte
riduzione della concorrenza effettiva sul mercato comunitario basandosi sui
seguenti elementi:
possibilità per gli utilizzatori intermedi di continuare ad acquistare il calcio-metallico cinese o russo a prezzi equi;
possibilità di acquistare calcio-metallico presso i produttori nordamericani;
possibilità di riesaminare la situazione sei mesi o al massimo un anno dopo
l'istituzione dei dazi controversi.
1. Sulla posizione della PEM sul mercato del calcio metallico primario
a) Sulla possibilità per gli utilizzatori intermedi di rifornirsi di calcio metallico
importato dalla Cina o dalla Russia
Argomenti delle parti
- 300.
- La ricorrente sostiene che l'istituzione di un dazio antidumping «specifico» e non
«ad valorem», può solo rafforzare la posizione dominante della PEM, poiché ha
bloccato le importazioni di calcio-metallico cinese o russo nella Comunità. Del
resto, in seguito all'istituzione dei dazi controversi, le importazioni di calcio russo
sarebbero diminuite dell'84% (passando da 56,5 tonnellate al mese, nei primi
quattro mesi del 1994, a 8,9 tonnellate al mese, negli otto mesi seguenti). Per
quanto riguarda la Cina, la diminuzione delle importazioni sarebbe del 98% (da
29 tonnellate al mese a 5 tonnellate al mese).
- 301.
- Il Consiglio chiarisce che ha imposto i dazi sotto forma di dazi specifici al fine di
minimizzare i rischi di elusione dei dazi mediante manipolazioni del prezzo. Infatti,
in seguito all'adozione del regolamento n. 2808/89, i produttori stabiliti in Cina e
in Russia avevano ridotto i loro prezzi all'esportazione al fine di assorbire i dazi
imposti da questo regolamento. In caso di dazi specifici, se gli esportatori riducono
i loro prezzi, l'importo del dazio riscosso non è ridotto. I dazi non sarebbero stati
fissati in funzione di un prezzo limite all'importazione, il che avrebbe avuto come
conseguenza di garantire un prezzo minimo per il calcio nella Comunità.
- 302.
- Secondo il Consiglio sarebbe pura speculazione allegare un'interazione delle
importazioni di calcio-metallico cinese o russo, in quanto risulterebbe dalle
statistiche sulle importazioni che 71 tonnellate di calcio russo sarebbero state messe
in libera pratica durante il periodo che va dal maggio a dicembre 1994. Inoltre le
importazioni temporanee non sarebbero colpite dai dazi. Comprese le importazioni
temporanee, 298 tonnellate sarebbero state importate dalla Russia e 209 tonnellate
dalla Cina nel periodo dal maggio a dicembre 1994; dei suddetti quantitativi
219 tonnellate + 208 tonnellate = 427 tonnellate sarebbero importate in Francia.
- 303.
- Nonostante i dazi antidumping, la ricorrente rimarrebbe libera di continuare ad
approvvigionarsi in Cina e in Russia. Per effetto del calcolo del valore normale
sulla base dei prezzi interni praticati dal produttore americano, le fonti alternative
di approvvigionamento in Cina e in Russia sarebbero state in qualche modo
convertite, con l'imposizione dei dazi, in fonti provenienti da un paese ad economia
di mercato.
Giudizio del Tribunale
- 304.
- L'argomento della ricorrente relativo alle conseguenze dell'imposizione di dazi
specifici non può essere accolto. Infatti, come giustamente rileva il Consiglio,
l'imposizione di un dazio specifico, contrariamente alla fissazione di dazi in
funzione di un prezzo limite all'importazione, consente di minimizzare il rischio di
elusione dei dazi mediante manipolazione dei prezzi, poiché l'importo dei dazi
percepiti non è ridotto se gli esportatori riducono i loro prezzi. Questo modo di
procedere consente di garantire un prezzo minimo per il calcio nella Comunità, pur
rendendo possibili le importazioni a prezzi equi, cioè a prezzi che consentono al
produttore comunitario di realizzare un adeguato margine di utile.
- 305.
- Alla luce di queste considerazioni, il Consiglio ha potuto giustamente ritenere che
l'imposizione di un dazio specifico non avesse di per sé per l'effetto di impedire le
importazioni provenienti dalla Cina e dalla Russia.
- 306.
- Per quanto riguarda la questione se le istituzioni abbiano commesso un errore di
fatto o un errore manifesto di valutazione dei fatti circa la possibilità di continuare
ad approvvigionarsi in Cina e in Russia, non può essere preso in considerazione
quanto è effettivamente successo dopo l'imposizione dei dazi antidumping. Infatti,
si deve unicamente valutare se le istituzioni potessero ritenere, tenuto conto degli
elementi di cui disponevano all'atto dell'adozione del regolamento controverso, che
dopo l'istituzione dei dazi antidumping la Cina e la Russia sarebbero ancora
rimaste una fonte di approvvigionamento per gli utilizzatori europei.
- 307.
- Il solo argomento opposto ad una tale previsione si riferisce all'aumento dei prezzi
all'importazione dopo l'istituzione dei dazi controversi. Esso non è tuttavia tale da
rimettere in discussione la previsione iniziale del Consiglio. Infatti, è pacifico che
il livello dei dazi è stato calcolato sulla base del prezzo di produzione medio delproduttore comunitario, maggiorato di un margine di utile del 5%, il che significa
che le imprese trasformatrici concorrenti della PEM, ivi compresa la ricorrente,
dovevano poter continuare ad approvvigionarsi in Cina e in Russia senza dovere
pertanto subire uno svantaggio concorrenziale sui mercati dei prodotti trasformati,
a meno che, beninteso, i loro costi di produzione non fossero sostanzialmente più
elevati di quelli della PEM. Ora, poiché la ricorrente non ha comunicato i suoi costi
di produzione alla Commissione nel corso del procedimento amministrativo
preliminare all'adozione dei dazi controversi, non si può addebitare alle istituzioni
comunitarie di non aver tenuto conto di questo elemento nella valutazione
dell'interesse comunitario.
- 308.
- Inoltre, se si vuole mantenere una concorrenza non falsata nel mercato comune,
non si può rinunciare ad imporre dazi antidumping per il solo motivo che essi
causerebbero l'eliminazione delle imprese concorrenti che hanno i costi di
produzione più elevati. Infatti, poiché l'istituzione di un regime che assicuri che la
concorrenza non sia falsata nel mercato comune previsto all'art. 3, lett. g), del
Trattato ha come fine essenziale di rendere possibile una corretta allocazione delle
risorse economiche, non si può giustificare l'eliminazione di imprese
economicamente vitali per garantire la sopravvivenza di un'impresa che ha costi di
produzione più elevati.
- 309.
- Le istituzioni non hanno quindi commesso un errore di fatto né un errore
manifesto di valutazione ritenendo che gli utilizzatori intermedi di calcio-metallico
comunitario potessero continuare a rifornirsi in Cina e in Russia.
- 310.
- Di conseguenza, la presente censura dev'essere respinta.
b) Sulla possibilità per la IPS di approvvigionarsi presso i fornitori nordamericani
Argomenti delle parti
- 311.
- La ricorrente sostiene in sostanza che i fornitori nordamericani non potevano
costituire fonti di approvvigionamento alternative tenuto conto delle difficoltà che
essa avrebbe incontrato per approvvigionarsi presso di loro.
- 312.
- Infatti, il produttore americano fabbricherebbe essenzialmente per proprio uso e
importerebbe esso stesso quantitativi non trascurabili di calcio cinese o russo.
Sarebbe anche produttore di filo rafforzato prodotto contenente calcio senza
altro additivo ed esporterebbe una parte di questa produzione verso l'Europa.
Ora il filo rafforzato e il calcio in pezzi sarebbero classificati nello stesso codice
doganale, il che aumenterebbe anormalmente le statistiche di quest'ultimo
prodotto. Inoltre esisterebbero negli Stati Uniti tre altri produttori di filo rafforzato
che utilizzerebbero polvere di calcio e che riesporterebbero verso l'Europa prodotti
finiti sotto lo stesso codice doganale del calcio-metallico. Sarebbe quindi impossibile
analizzare concretamente le statistiche dei prodotti importati in Europa in
provenienza dagli Stati Uniti. Del resto, la disponibilità del calcio in pezzi
provenienti dagli Stati Uniti non avrebbe subito modifiche. Secondo la ricorrente
l'ordinativo che essa avrebbe trasmesso nel dicembre 1994 sarebbe stato onorato
solo nel dicembre 1995.
- 313.
- Il produttore canadese, dal canto suo, perseguirebbe una strategia volta a ricentrare
la sua attività sul suo prodotto guida, cioè sul magnesio. Inoltre, contrariamente a
quanto afferma il Consiglio, non si rileverebbe alcun aumento delle importazioni
rispetto agli anni che hanno preceduto l'introduzione dei dazi antidumping. Infatti,
47 su 126 tonnellate sarebbero state importate dal Canada, nel 1994, per far fronte
a un fabbisogno specifico di 700 tonnellate. Il surplus delle importazioni provenienti
dal Canada, cioè 79 tonnellate, sarebbe un dato comparabile alle 61 tonnellate
indicate dal Consiglio per il 1992. Questo produttore avrebbe poi sospeso le sue
forniture. Nel 1995 egli non avrebbe fatto alcuna offerta nonostante diverse
richieste della IPS. Nel 1996 avrebbe proposto 100 tonnellate, ma senza
menzionare il prezzo. Egli perseguirebbe quindi una strategia consistente nel
fornire solo quando gli conviene, e nel privilegiare il settore del magnesio rispetto
a quello del calcio. Tutti questi elementi sarebbero stati documentati ripetutamente
presso la DG IV.
- 314.
- Alla luce di queste considerazioni, gli utilizzatori e trasformatori di calcio-metallico
primario sarebbero del tutto dipendenti dal produttore europeo.
- 315.
- Il Consiglio osserva che le statistiche Eurostat dimostrano un netto aumento delle
importazioni provenienti dagli Stati Uniti. Per il 1994, una quantità di 76 tonnellate
sarebbe stata immessa in libera pratica, contro 18 tonnellate nel 1993, 49 tonnellate
nel 1992 e 60 tonnellate nel 1991. Le stesse statistiche dimostrerebbero anche un
netto aumento delle importazioni provenienti dal Canada. Per il 1994, un
quantitativo di 126 tonnellate di calcio-metallico sarebbe stato immesso in libera
pratica contro 61 tonnellate nel 1992, 30 tonnellate nel 1991 e 49 tonnellate nel
1988. Questi dati metterebbero in dubbio le affermazioni della ricorrente secondo
cui, da un lato, il produttore americano fabbricherebbe essenzialmente per proprio
uso e, dall'altro, il produttore canadese perseguirebbe attualmente una strategia di
ricentramento sul magnesio. Gli Stati Uniti e il Canada costituirebbero quindi due
delle altre fonti di approvvigionamento.
Giudizio del Tribunale
- 316.
- Il Tribunale ricorda che il Consiglio ha ritenuto ('considerando 30 del
regolamento controverso) che i trasformatori comunitari, ivi compresa la IPS,
potessero continuare ad approvvigionarsi negli Stati Uniti e nel Canada.
- 317.
- Come già detto sopra al punto 306, al fine di verificare se le istituzioni abbiano
commesso su tale punto un errore di fatto o un errore manifesto di valutazione dei
fatti, non si può tener conto di avvenimenti posteriori all'istituzione dei dazi
antidumping. Si deve invece tener conto dei soli elementi di cui le istituzioni
disponevano quando fu adottato il regolamento controverso.
- 318.
- A sostegno della sua censura, la ricorrente fa valere in sostanza un solo argomento,
relativo al fatto che, dopo l'istituzione dei dazi antidumping, essa avrebbe
incontrato difficoltà ad approvvigionarsi presso i produttori nordamericani. A tal
riguardo occorre constatare, da un lato, che la ricorrente non ha richiamato, nel
corso del procedimento amministrativo preliminare all'adozione del regolamento
controverso, né difficoltà relative alla qualità dei prodotti nordamericani né
difficoltà relative ai prezzi praticati dai produttori nordamericani, né problemi
relativi alle capacità produttive di questi ultimi e, dall'altro, in ogni caso, che i dati
numerici delle importazioni di calcio metallico proveniente dagli Stati Uniti e dal
Canada dopo l'istituzione dei primi dazi antidumping nel 1989, ma prima del
regolamento controverso, dimostrano, ad esempio, come è ammesso dalla
ricorrente stessa nell'allegato 18 alle sue osservazioni alla memoria d'intervento
della PEM che i quantitativi importati nel 1990 (78 tonnellate) sono aumentati nel
1991 (90 tonnellate) e nel 1992 (110 tonnellate), per diminuire poi nel 1993
(67 tonnellate), a causa delle esportazioni dei produttori russi e cinesi, che
costituivano oggetto di dumping, ma che non erano assoggettate, durante il 1993,
a dazi antidumping.
- 319.
- Alla luce di queste considerazioni le istituzioni potevano giustamente ritenere che
lo stesso processo di aumento delle importazioni si sarebbe sviluppato non appena
l'istituzione dei dazi antidumping specifici avesse ripristinato condizioni di
concorrenza leale nella Comunità.
- 320.
- Pertanto, la presente censura dev'essere respinta.
c) Sulla possibilità di riesaminare la situazione del mercato sei mesi o al massimo,
un anno dopo l'istituzione dei dazi controversi
Argomenti della ricorrente
- 321.
- La ricorrente mette in dubbio l'utilità della possibilità, considerata nel regolamento
controverso ('considerando 31), di riesaminare la situazione sei mesi dopo la sua
entrata in vigore, se le condizioni di concorrenza lo richiedessero, se tale non è il
caso, un anno dopo l'introduzione dei dazi controversi. Poiché le condizioni del
mercato sono a suo parere completamente diversa dopo l'adozione dei dazi
provvisori, essa non vede in quale situazione un riesame possa aver luogo.
Giudizio del Tribunale
- 322.
- Mediante il 'considerando che prevede il riesame di cui trattasi, il Consiglio ha
creato uno strumento che consente eventualmente di modificare, ossia di
sopprimere, i dazi controversi, se il loro mantenimento dovesse rischiare di
comportare un deterioramento sostanziale delle condizioni di concorrenza nella
Comunità. Lungi dall'essere inutile, la previsione di una revisione conferma che le
istituzioni comunitarie hanno tenuto conto dei timori concernenti un'eventuale
deterioramento delle condizioni di concorrenza nella Comunità dopo l'istituzione
dei dazi controversi e che, nel bilanciare gli interessi in causa, esse hanno
debitamente preso in considerazione gli obiettivi della politica comunitaria e della
concorrenza.
- 323.
- Ne deriva che la presente censura deve essere respinta.
d) Conclusione
- 324.
- Alla luce di queste considerazioni occorre concludere che le istituzioni non hanno
ecceduto il loro potere discrezionale quando hanno stimato che l'introduzione dei
dazi antidumping contestati non fosse tale da creare o rafforzare una posizione
dominante della PEM sul mercato del calcio-metallico primario nella Comunità.
2. Sulla posizione della PEM sul mercato del calcio metallico scomposto
Argomenti delle parti
- 325.
- La ricorrente sostiene che la PEM è il suo maggiore concorrente sul mercato del
calcio-metallico scomposto. Dopo l'imposizione dei dazi controversi, la ricorrente
avrebbe perso il 76% delle sue quote di mercato nella Comunità. L'introduzione
di questi dazi avrebbe quindi consentito alla PEM di acquisire su questo mercato
la stessa posizione dominante che aveva sul mercato del calcio primario, in quanto
il mercato europeo dev'essere considerato come il mercato geografico di
riferimento, tenuto conto delle barriere all'entrata che sarebbero state create con
l'istituzione dei dazi.
- 326.
- Il Consiglio osserva che non è anormale che un importatore perda quote di
mercato a causa dell'imposizione di dazi antidumping. Di fronte alle allegazioni
della ricorrente, la quale afferma di essere «quasi sparita dal mercato» e sostiene
ripetutamente che la PEM godrebbe di una posizione dominante, esso ribadisce le
sue precedenti osservazioni e rileva, inoltre, che una parte notevole dell'attività
della ricorrente consiste nella granulazione del calcio importato in regime di
importazione temporanea (senza pagamento di dazi), operazione che la PEM non
potrebbe effettuare con il suo calcio. Ora, secondo le statistiche Eurostat, questa
parte dell'attività della ricorrente non sarebbe stata ridotta a causa dell'imposizione
dei dazi, ma si sarebbe persino accresciuta.
Giudizio del Tribunale
- 327.
- La ricorrente non ha dimostrato che, tenuto conto delle possibilità di
approvvigionamento al di fuori della Comunità sottolineate nel regolamento
controverso, il Consiglio abbia potuto prevedere, in considerazione delle
informazioni allora disponibili, la creazione di un'eventuale posizione dominante
della PEM sul mercato del calcio scomposto in seguito all'istituzione dei dazi
antidumping.
- 328.
- Essa si limita a sostenere, senza presentare elementi di prova a sostegno della sua
affermazione, che dopo l'adozione del regolamento ha perduto il 76% della sua
quota di mercato nel settore del calcio scomposto. Essa non presenta nemmeno
elementi da cui risulti che l'asserita riduzione della sua quota di mercato sia dovuta
ai dazi antidumping controversi e non alla sua incapacità di produrre a prezzi
concorrenziali.
- 329.
- Alla luce di queste considerazioni, le istituzioni non hanno oltrepassato il loro
potere discrezionale ritenendo che l'istituzione dei dazi antidumping contestati non
fosse tale da creare o rafforzare una posizione dominante della PEM sul mercato
del calcio-metallico scomposto nella Comunità.
- 330.
- Pertanto la presente censura dev'essere respinta.
D Sulla presa in considerazione degli interessi degli utilizzatori intermedi, tra cui
la ricorrente, degli utilizzatori finali e del comportamento della PEM nell'esame
dell'interesse della Comunità a istituire i dazi controversi
- 331.
- La ricorrente sostiene che le istituzioni avrebbero dovuto bilanciare gli interessi, il
che avrebbe richiesto di verificare se gli effetti positivi delle misure antidumping
prevalessero sugli effetti negativi, cioè sull'asserita posizione dominante che la PEM
avrebbe acquisito. A tal riguardo essa critica gli argomenti dedotti dal Consiglio nel
regolamento controverso per giustificare l'interesse della Comunità ad istituire i
dazi antidumping, concernenti: a) la possibilità per la ricorrente di procedere a
vendite all'estero beneficiando del regime del perfezionamento attivo, b) la presa
in conto degli effetti sulla PEM delle importazioni che costituiscono oggetto di
dumping, c) l'effetto del dazio antidumping sugli utilizzatori finali e sugli utilizzatori
intermedi, d) l'incidenza dei dazi introdotti dal regolamento controverso sul
fatturato della PEM in relazione a quello della IPS, nonché e) la mancata presa in
considerazione del sottoutilizzo delle capacità produttive della PEM edell'imputabilità a quest'ultima delle riduzioni di prezzo.
- 332.
- Benché sia stato constatato che l'istituzione dei dazi antidumping non era tale da
creare o rafforzare una posizione dominante della PEM sul mercato del calcio-metallico primario e scomposto nella Comunità (v. sopra punti 324 e 329) occorre
esaminare le critiche formulate dalla ricorrente contro questi ultimi argomenti.
1. Sulla possibilità per la ricorrente di procedere a vendite all'estero beneficiando
del regime del perfezionamento attivo
- 333.
- Il regolamento controverso ('considerando 30) menziona la possibilità per la
ricorrente di procedere a vendite all'estero beneficiando del regime del
perfezionamento attivo. A tal riguardo, la ricorrente fa rilevare che essa è sempre
stata presente sui mercati esteri, ma che lo stesso vale per la PEM. Questo
argomento non potrebbe quindi essere utilizzato a favore di una delle parti e non
dell'altra.
- 334.
- A tal riguardo è sufficiente constatare che il regime del perfezionamento attivo si
applica per definizione solo alle importazioni di calcio-metallico e non alla
produzione comunitaria. Il fatto che la PEM sia presente sui mercati di
esportazione non rimette quindi in discussione la constatazione, effettuata dal
Consiglio nel regolamento controverso, che gli utilizzatori intermedi comunitari
potranno continuare non solo ad acquistare calcio-metallico cinese o russo a prezzi
equi per trasformarlo e rivenderlo nella Comunità, ma anche ad acquistare questo
calcio a prezzi di dumping senza l'imposizione di dazi antidumping, per
trasformarlo nell'ambito de regime di deposito doganale e per rivenderlo sui
mercati esteri. Questa parte non trascurabile dell'attività della ricorrente rimarrà
intatta dopo l'istituzione dei dazi controversi. Poiché la situazione della ricorrente,
considerata in qualità di importatore di calcio-metallico cinese o russo, e quella
della PEM, considerata in qualità di produttore comunitario di calcio metallico,
sono differenti dal punto di vista delle possibilità di sfruttamento del regime del
perfezionamento attivo, giustamente le istituzioni comunitarie hanno preso in
considerazione questa differenza nel valutare l'interesse della Comunità ad istituire
i dazi controversi.
- 335.
- Di conseguenza la presente censura dev'essere respinta.
2. Sulla presa in considerazione degli effetti sulla PEM delle importazioni che
costituiscono oggetto di dumping
- 336.
- Nel regolamento controverso ('considerando 28) il Consiglio ha ritenuto che i dazi
antidumping fossero tali da impedire la scomparsa della fabbrica della PEM. La
ricorrente sostiene che anch'essa è stabilita nella stessa regione francese, impiega
un numero di dipendenti comparabili a quello dell'unità della PEM che si dedica
al calcio, non ha mai fatto parte di un gruppo nazionalizzato, e si batte con tutte
le sue forze sviluppando nuovi prodotti per cercare di non scomparire.
- 337.
- A tal riguardo, occorre constatare che la ricorrente si limita a mettere in rilievo
l'esistenza di un certo numero di caratteristiche comuni alla sua fabbrica ed a
quella della PEM, nonché il fatto che essa non è integrata in un gruppo
nazionalizzato, senza dimostrare tuttavia che questi fattori non sono stati presi in
conto dalle istituzioni. Per contro, al 'considerando 30 del regolamento
controverso, il Consiglio rileva l'incidenza dei dazi controversi su diverse categorie
di utilizzatori, tra cui la ricorrente.
- 338.
- Pertanto, la presente censura dev'essere respinta.
3. Sull'effetto del dazio antidumping sugli utilizzatori finali e sugli utilizzatori
intermedi
- 339.
- Per quanto riguarda l'effetto del dazio antidumping sugli utilizzatori finali e sugli
utilizzatori intermedi ('considerando 30 del regolamento controverso) la ricorrente
si limita ad addebitare al Consiglio di aver fatto astrazione totale dell'esistenza dei
produttori intermedi di cui uno sarebbe quasi scomparso dal mercato europeo e
l'altro si sarebbe rafforzato a tal punto che controllerebbe attualmente da solo i
prezzi del calcio sul mercato europeo, sia che si tratti del calcio-metallico sia che
si tratti del calcio granulato.
- 340.
- Inoltre, la ricorrente ritiene che il Consiglio non potesse, senza fornire ulteriori
chiarimenti, limitarsi ad indicare che l'istituzione dei dazi avrebbe avuto solo un
effetto minimo sugli utilizzatori finali poiché il costo di una tonnellata di piombo
sarebbe aumentato solo dello 0,3% e il costo di una tonnellata di acciaio, prima
della laminatura, di meno dello 0,2%. Essa sostiene che il risultato netto della PEM
nel 1993 era lo 0,31% del suo fatturato. In tale situazione se si fosse applicata una
riduzione dello 0,3% su tutti i prezzi di vendita dei prodotti della PEM,
quest'ultima sarebbe stata in «rosso» nel 1993.
- 341.
- Per quanto riguarda gli utilizzatori intermedi, è sufficiente constatare che i loro
interessi sono stati presi in considerazione dal Consiglio, come è stato indicato ai
punti 304-310, 316-320 e 333-335, con riferimento alla loro possibilità
approvvigionarsi di calcio-metallico al di fuori della Comunità e di utilizzare il
regime del perfezionamento attivo.
- 342.
- Circa la riduzione dello 0,3% del prezzo di vendita dei prodotti della PEM occorre
rilevare che la ricorrente non ha dimostrato come essa rimettesse in discussione la
valutazione del Consiglio, secondo cui l'istituzione dei dazi controversi avrebbe
avuto solo un effetto minimo sugli utilizzatori finali poiché, a suo parere il costo di
una tonnellata di piombo sarebbe aumentato solo dello 0,3% e il costo di una
tonnellata di acciaio, prima della laminatura, di meno dello 0,2%.
- 343.
- Ne deriva che la presente censura dev'essere respinta.
4. Sull'incidenza dei dazi introdotti dal regolamento controverso sul fatturato della
PEM in relazione a quello della IPS
- 344.
- La ricorrente si chiede su quali criteri il Consiglio si sia basato per decidere che
fosse nell'interesse comunitario tutelare un produttore comunitario a danno di un
altro. Il calcio-metallico rappresenterebbe lo 0,05% del fatturato della PEM,
mentre il calcio granulato rappresenterebbe l'85% del fatturato della ricorrente.
- 345.
- Tuttavia, il Tribunale ritiene, da un lato, che non si possono giustificare pratiche
di dumping con la considerazione secondo cui solo il produttore comunitario può
sovvenzionare la sua produzione con i benefici che provengono dalla sua
produzione di altri prodotti e, dall'altro, che il fine della normativa antidumping è
di mantenere condizioni di concorrenza leale per i vari settori di produzione,
quando subiscono un danno dovuto alle importazioni in dumping.
- 346.
- Pertanto la presente censura dev'essere respinta.
5. Sulla mancata presa in considerazione del sottoutilizzo delle capacità produttive
della PEM e dell'imputabilità a quest'ultima delle riduzioni di prezzo
- 347.
- Secondo la ricorrente il 'considerando 28 del regolamento controverso, in cui si
parla di «già precaria situazione dell'industria comunitaria» e di «effetti negativi»
sulla concorrenza di un'eventuale interruzione della sua produzione, non può
giustificare l'imposizione dei dazi controversi, tenuto conto dello scarso impegno
e delle incoerenze della PEM nei suoi asseriti tentativi di rifornire la IPS, mentre
i quantitativi richiesti da quest'ultima avrebbero coperto ampiamente l'asserito
sottoutilizzo delle capacità produttive degli impianti della PEM.
- 348.
- Infine, essa sostiene che la PEM ha avviato una politica di guerra dei prezzi
praticando, negli anni '80, riduzioni sistematiche rispetto ai prezzi dei prodotti
provenienti dalla Cina e dalla Russia.
- 349.
- Sarebbe quindi perlomeno abusivo pretendere con tali argomenti che la bilancia
pendesse a favore dell'adozione dei dazi antidumping.
- 350.
- Queste censure devono essere respinte per le ragioni esposte nell'ambito del quarto
motivo relativo al danno subito dall'industria comunitaria (v. punti 231-263 e 268-273).
- 351.
- Da tutto quanto precede deriva che il quinto motivo dev'essere respinto nel suo
insieme.
Sul sesto motivo relativo ad una violazione dell'art. 190 del Trattato
Argomenti delle parti
- 352.
- La ricorrente ritiene che il Consiglio sia venuto meno al suo obbligo di motivazione
in relazione alla denuncia da essa presentata il 12 luglio 1994 presso la
Commissione nei confronti della PEM per abuso di posizione dominante. Nessun
riferimento a questa denuncia sarebbe stato fatto nel regolamento controverso.
Tale omissione, tenuto conto dei precedenti nella causa, sarebbe sufficiente a
comportare l'annullamento del regolamento per difetto di motivazione su un punto
essenziale. Il Consiglio avrebbe in effetti dovuto prendere posizione sulla denuncia.
- 353.
- La ricorrente fa presente che la sua denuncia era particolarmente documentata e
che essa aveva presentato la relazione di un perito sui rapporti tra la PEM e la IPS
negli anni 1992-1995. In questa relazione si troverebbero evidenziati le oscillazioni
di comportamento della PEM, l'assenza di un metodo rigoroso, la sistematica
diffusione in anticipo da parte della PEM di false aspettative di risultati, l'invio
precipitoso di un certo numero di proposte commerciali senza garanzia di
conformità né di capacità di fornitura, senza dubbio per provare ad un terzo la sua
capacità di soddisfare le richieste della IPS.
- 354.
- Infine, la DG IV avrebbe comunicato alla DG I le sue reticenze circa l'adozione
di misure antidumping, a causa delle questioni di concorrenza sollevate in tale
pratica.
- 355.
- Il Consiglio sostiene che avrebbe preso in considerazione fattori rientranti nella
politica della concorrenza e non sarebbe stato quindi tenuto a menzionare la
denuncia del 12 luglio 1994 nella motivazione del regolamento controverso, dato
che avrebbe previsto un riesame.
- 356.
- Secondo il Consiglio, l'esame della denuncia dimostra che la ricorrente non faceva
valere in essa alcun elemento che non avesse già dedotto nell'ambito dell'indagine
antidumping.
Giudizio del Tribunale
- 357.
- Risulta da una giurisprudenza costante che la motivazione prescritta dall'art. 190
del Trattato deve far apparire in forma chiara e non equivoca l'iter logico seguito
dall'autorità comunitaria da cui promana l'atto, onde consentire agli interessati di
conoscere le ragioni del provvedimento adottato per difendere i propri diritti, e
permettere al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo. Tuttavia, non
si può esigere che la motivazione dei regolamenti specifichi i vari elementi di fatto
o di diritto, talvolta molto numerosi e complessi, che costituiscono oggetto dei
regolamenti qualora questi siano in armonia con il contesto normativo di cui fanno
parte (sentenze della Corte 26 giugno 1986, causa 203/85, Nicolet Instrument, Racc.
pag. 2049, punto 10, 7 maggio 1987, causa 240/84, NTN Toyo Bearing e
a./Consiglio, Racc. pag. 1809, punto 31, e causa 255/84, Nachi Fujikoschi/Consiglio,
Racc. pag. 1861, punto 39, 13 ottobre 1992, cause riunite C-63/90 e C-67/90,
Portogallo e Spagna/Consiglio, Racc. pag. I-5073, punto 16, e sentenza del
Tribunale 13 luglio 1995, cause riunite T-466/93, T-469/93, T-473/93, T-474/93 e T-477/93, O'Dwyer e a./Consiglio, Racc. pag. II-2071, punto 67).
- 358.
- Per quanto riguarda più in particolare la motivazione dei regolamenti che
istituiscono dazi antidumping, le istituzioni non sono in via principio tenute a
rispondere a denunce presentate, ai sensi dell'art. 3, del regolamento del Consiglio
6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d'applicazione degli artt. 85 e 86 del
Trattato (GU 1962, 13, pag. 204), da importatori del prodotto che costituisce
oggetto dei dazi antidumping e fondate su un'eventuale violazione delle regole di
concorrenza del Trattato da parte dei produttori comunitari. E' sufficiente che l'iter
logico seguito dalle istituzioni nei regolamenti appaia in maniera chiara e non
equivoca.
- 359.
- Nel caso di specie occorre constatare inoltre che gli elementi essenziali della
denuncia del 12 luglio 1994 erano conosciuti dalle istituzioni comunitarie, poiché
erano stati fatti valere nell'ambito dell'indagine antidumping e sono stati trattati nel
regolamento controverso.
- 360.
- Infatti, in questa denuncia, la ricorrente si limita in sostanza a menzionare pratiche
abusive della PEM consistenti, da un lato, nel rifiuto di rifornirla di calcio-metallico
di qualità standard e, dall'altro, nella presentazione della denuncia antidumping e
nello sviamento della procedura antidumping.
- 361.
- Per quanto riguarda le asserite pratiche abusive della PEM consistenti nella
realizzazione di esperimenti volti a complicare inutilmente la ricerca di una
soluzione ai problemi tecnici della ricorrente e a ritardare così il suo
approvvigionamento di calcio-metallico di qualità standard, il Consiglio le ha
esaminate nei 'considerando 22-25 del regolamento controverso.
- 362.
- Con riferimento a questa parte della denuncia non sussiste quindi alcun difetto di
motivazione del regolamento controverso.
- 363.
- Per quanto riguarda l'asserito sviamento della procedura antidumping esso
andrebbe sostanzialmente ricercato nel fatto che la PEM avrebbe deliberatamente
ingannato la Commissione durante la procedura antidumping facendole credere che
subiva un pregiudizio e si sarebbe servita della procedura antidumping per
conoscere la posizione e i costi dei suoi concorrenti sui mercati di cui trattasi. Su
tale punto occorre constatare che sia dalla descrizione della procedura contenuta
nei punti 'considerando 1-17 del regolamento provvisorio e nei 'considerndo 2-5
del regolamento controverso, sia dalla struttura di quest'ultima nel suo insieme
risulta che il Consiglio non ha considerato né la presentazione della denuncia
antidumping né l'attivazione di un procedimento dinanzi alle istituzioni come atti
volti a creare o a rafforzare una posizione dominante sul mercato del calcio.
- 364.
- Infatti, la Commissione ha menzionato, nei 'considerando 1-7 del regolamento
provvisorio, la sua verifica dei dati forniti sia dalla PEM sia, nella misura del
possibile, dalla ricorrente, nonché l'audizione di tutte le parti interessate, ivi
compresa la ricorrente, durante tutto lo svolgimento della procedura, fino alla
consultazione del comitato consultivo.
- 365.
- Infine, poiché la ricorrente non ha fatto valere né una violazione delle regole
fissate dal regolamento di base in materia di riservatezza nei confronti dei dati che
essa aveva fornito nel corso del procedimento amministrativo né un errore
manifesto di valutazione nella determinazione del livello dei dazi controversi, il
Consiglio non era tenuto a pronunciarsi esplicitamente su questo aspetto della
denuncia.
- 366.
- Pertanto il regolamento controverso non è viziato da un difetto di motivazione in
relazione alla seconda parte della denuncia.
- 367.
- Di conseguenza, il sesto motivo dev'essere respinto.
Sul settimo motivo relativo ad uno sviamento di potere
Argomenti delle parti
- 368.
- La ricorrente sostiene che la Commissione si è resa complice dell'uso di una
procedura antidumping a fini anticoncorrenziali.
- 369.
- Sul mercato della materia prima, la PEM sarebbe il solo produttore comunitario
e rappresenterebbe quindi l'industria comunitaria. Essa interverrebbe anche
sull'insieme dei mercati derivati e in particolare sul mercato del calcio scomposto,
in cui la IPS sarebbe il suo maggiore concorrente. Ora, fin dalla prima comparsa
della ricorrente su questo mercato, la PEM avrebbe costantemente cercato di
allontanarla con qualsiasi mezzo.
- 370.
- La ricorrente afferma che, nella sua denuncia presentata il 12 luglio 1994 nonché
nelle sue osservazioni di risposta, ha dimostrato come la PEM abbia in effetti
utilizzato la procedura antidumping solo al fine di rafforzare la sua posizione
dominante e di eliminare un concorrente.
- 371.
- A causa del precedente costituito dalla sentenza Extramet II, in cui la Corte aveva
addebitato alle istituzioni di non aver preso in considerazione, nella valutazione del
danno, il comportamento anticoncorrenziale della PEM, la ricorrente sperava che,
in questa nuova procedura antidumping, la Commissione procedesse con maggiore
circospezione ed esaminasse con tutta obiettività i suoi argomenti. Tutto ciò non
è avvenuto, anzi il contrario. Il modo in cui sarebbe svolta questa procedura a
partire dal luglio 1992 proverebbe ampiamente la collusione della PEM e della
Commissione, e la complicità di quest'ultima in tale sviamento di procedura.
- 372.
- A sostegno del suo motivo la ricorrente fa valere le irregolarità di procedura
criticate nel primo e secondo motivo, cioè la ripresa irregolare dell'indagine, le
difficoltà incontrate per ottenere il rimborso dei dazi annullati e quella per avere
accesso al fascicolo. Essa fa valere poi gli errori commessi dalla Commissione nella
valutazione delle condizioni sostanziali, richiamate nel terzo e quarto motivo, in
particolare per quanto riguarda la possibilità per la IPS di utilizzare il calcio-metallico di qualità nucleare prodotto dalla PEM, gli sforzi intrapresi dalla PEM
per adattare i suoi impianti, la ripresa dei soli argomenti tecnici della PEM ed il
rifiuto di ordinare una perizia sugli sforzi compiuti dalla PEM per rifornire la IPS.
Infine, essa menziona la mancata presa in considerazione della denuncia che aveva
presentato il 12 luglio 1994 ai sensi dell'art. 86 del Trattato, circostanza denunciata
nel sesto motivo, nonché gli interventi personali che taluni funzionari della DG I
avrebbero compiuto, contemporaneamente alla PEM, presso taluni membri
influenti del comitato antidumping.
- 373.
- Il Consiglio osserva che nel settimo motivo la ricorrente fa una sintesi degli altri
motivi e ne deduce che la Commissione si è resa complice di uno sviamento di
procedura effettuato dalla PEM al solo fine di consolidare la sua asserita posizione
dominante. La ricorrente rivolgerebbe quindi gravi accuse alle istituzioni, senza
fornire alcuna prova.
- 374.
- La Commissione sottolinea che le insinuazioni della ricorrente sono insufficienti per
conferire una qualsiasi sostanza al suo motivo.
- 375.
- Essa fa presente che, in base alla lettera dell'art. 12, n. 1, del regolamento di base,
una proposta di imposizione di dazi definitivi deve essere fatta al Consiglio «previa
consultazione» del comitato consultivo e che, ai sensi dell'art. 6, n. 1, dello stesso
regolamento, il comitato consultivo è presieduto dalla Commissione. La ricorrente
avrebbe del resto presentato osservazioni al comitato. Per quanto riguarda il
riferimento a «interventi personali», con il quale la ricorrente potrebbe
sottintendere che funzionari della Commissione avrebbero ecceduto in taluni loro
comportamenti i limiti dell'esercizio normale dei loro compiti, la Commissione
sottolinea che è impossibile prendere posizione su insinuazioni vaghe, non
corredate di alcuna indicazione sulla data dei presunti interventi, sull'identità delle
persone in oggetto o sulla natura delle accuse.
Giudizio del Tribunale
- 376.
- Risulta dalla giurisprudenza costante che una decisione o un atto comunitario sono
viziati da sviamento di potere soltanto se risulta, sulla base di indizi obiettivi,
pertinenti e concordanti, che sono stati adottati per conseguire scopi diversi da
quelli in essi indicati (sentenze della Corte 11 luglio 1990, causa C-323/88, Sermes,
Racc. pag. I-3027, punto 33, e sentenza del Tribunale 18 settembre 1995, causa T-167/94, Nölle/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-2589, punto 66).
- 377.
- Come sottolinea giustamente il Consiglio, la ricorrente, nel suo settimo motivo, si
limita a fare una sintesi degli altri motivi d'annullamento senza fornire elementi
nuovi in relazione a quelli già svolti nell'ambito di questi ultimi. Le censure
contenute in questi motivi, essendo state escluse nell'ambito dell'esame degli stessi,
devono esserlo anche nell'ambito del presente motivo.
- 378.
- L'affermazione della ricorrente secondo cui taluni funzionari della DG I avrebbero
effettuato interventi personali, contemporaneamente alla PEM, presso taluni
membri influenti del comitato antidumping, non è accompagnata da alcuna
precisione in merito alla data dei presunti interventi, all'identità delle persone in
oggetto o alla natura delle accuse. Essa non dimostra che la Commissione si sia
resa complice dell'uso di una procedura antidumping a fini anticoncorrenziali e che
per tale motivo abbia commesso uno sviamento di potere.
- 379.
- Pertanto il settimo motivo dev'essere respinto.
II Sulla domanda in subordine intesa a dichiarare l'inopponibilità alla ricorrente del
regolamento controverso
Argomenti delle parti
- 380.
- La ricorrente chiede in subordine che il regolamento sia dichiarato ad essa
inopponibile per errore manifesto di valutazione in quanto il Consiglio ha istituito
dazi antidumping di portata generale nei confronti di tutte le importazioni di calcio
metallico originario della Cina e della Russia.
- 381.
- Infatti, essa non potrebbe utilizzare il calcio standard della PEM senza subire un
aumento dei suoi costi di produzione di più del 70%, il che comporterebbe che il
calcio-metallico del produttore comunitario e il calcio proveniente dalla Cina o
dalla Russia non sono simili. Inoltre il produttore comunitario non potrebbe far
valere un danno a causa delle importazioni della IPS, in quanto queste ultime
rappresentano tra il 62 e il 97% delle importazioni cinesi e russe tra il 1989 e il
1993. Anche supponendo che la PEM possa far valere un danno, quest'ultimo non
potrebbe in ogni caso provenire dalle importazioni della ricorrente.
- 382.
- La ricorrente interverrebbe, in quanto trasformatore, unicamente sul mercato del
calcio finemente scomposto. Ora la PEM deterrebbe il 48% di questo mercato. Da
parte loro, i trasformatori di calcio-metallico importato dalla Cina e dalla Russia
rappresenterebbero meno del 13% del mercato. Del resto, questi trasformatori
avrebbero la scelta del loro fornitore. Essi sarebbero liberi di rifornirsi presso la
PEM per evitare il pagamento dei dazi, il che rafforzerebbe maggiormente la
posizione di fornitore della PEM. Non si potrebbe pertanto concludere che la
ricorrente goda di un vantaggio anticoncorrenziale nei confronti di questi
trasformatori. Per contro, il pagamento dei dazi le conferirebbe uno svantaggio
nella concorrenza nei confronti della PEM, il che sarebbe precisamente il fine
perseguito da quest'ultima.
- 383.
- Il regolamento di base non conterrebbe alcuna disposizione che vieti esplicitamente
di sottrarre un importatore determinato al pagamento dei dazi antidumping.
- 384.
- Tenuto conto poi dell'ampio potere discrezionale riconosciuto dalla giurisprudenza
alle istituzioni comunitarie nell'attuazione della normativa antidumping, nulla si
opporrebbe a che la IPS costituisca oggetto di un trattamento specifico.
- 385.
- Secondo il Consiglio, se la domanda in subordine fosse fondata, quod non, la
ricorrente avrebbe essa stessa un vantaggio anticoncorrenziale nei confronti degli
altri trasformatori di calcio metallico importato dalla Cina e dalla Russia, che
dovrebbero pagare i dazi.
- 386.
- La domanda non sarebbe fondata poiché il regolamento di base non consentirebbe
al Consiglio di escludere un determinato importatore dal campo di applicazione di
un regolamento che istituisce dazi antidumping. La sola deroga possibile sarebbe
quella che esiste nell'ipotesi in cui un fornitore, cioè un esportatore, assuma un
impegno in forza dell'art. 10 del regolamento di base.
- 387.
- Anche se il regolamento di base non contiene alcuna disposizione che vieti di
sottrarre un determinato importatore al pagamento dei dazi antidumping, le
disposizioni dell'art. 8, n. 2, dell'accordo relativo all'attuazione dell'art. 6,
dell'accordo generale sulle tariffe doganali e il commercio (GATT) prevederebbero
che i dazi antidumping devono essere riscossi in maniera non discriminatoria.
L'ampio potere discrezionale di cui dispongono le istituzioni non potrebbe
dispensarle dal rispetto di questo principio.
Giudizio del Tribunale
- 388.
- Nessuna disposizione del regolamento di base vieta esplicitamente di sottrarre un
determinato imprenditore al pagamento dei dazi antidumping. Tuttavia, sia le
disposizioni dell'art. 8, n. 2, dell'accordo relativo all'attuazione dell'art. VI del
GATT (GU L 71, pag. 90) sia i principi generali di diritto comunitario si
oppongono a che i dazi antidumping siano percepiti in maniera discriminatoria.
L'ampio potere discrezionale di cui dispongono le istituzioni non può dispensarle
dal rispetto di questo principio.
- 389.
- Di conseguenza, l'argomento della ricorrente non può esser accolto. La mancata
imposizione di dazi antidumping alla ricorrente avrebbe avuto un effetto
discriminatorio nei confronti della PEM e degli altri trasformatori. Infatti, se la
ricorrente potesse procedere a importazioni che costituiscono oggetto di un
dumping senza essere sottoposta ai dazi antidumping, la fabbrica della PEM
potrebbe presto o tardi, come rileva il regolamento controverso senza essere
seriamente contestato dalla ricorrente, essere costretta a interrompere la sua
produzione. Ora, ciò sarebbe incompatibile con gli obiettivi della normativa
antidumping e dei dazi antidumping controversi, e collocherebbe la PEM e gli altri
trasformatori in una situazione svantaggiosa sul piano della concorrenza, in quanto
non potrebbero, contrariamente alla ricorrente, acquistare calcio-metallico cinese
o russo a prezzi di dumping al fine di potere far concorrenza alla ricorrente sul
mercato del calcio-metallico scomposto.
- 390.
- I due altri argomenti dedotti dalla ricorrente, relativi all'impossibilità di sfruttare
il calcio standard della PEM ed all'assenza di un danno subito da quest'ultima (v.
sopra punto 381) non possono, dal canto loro, essere accolti, per i motivi indicati
nell'esame del terzo e quarto motivo, nell'ambito del quale il Tribunale ha
dichiarato che le istituzioni non hanno commesso né un errore di fatto né un errore
di diritto né un errore manifesto di valutazione nella determinazione del prodotto
simile o nell'esame del danno subito dall'industria comunitaria (v. sopra punti 202-221, 231-263, 268-273 e 279-283).
- 391.
- Pertanto, la domanda in subordine dev'essere respinta.
- 392.
- In considerazione di tutto quanto precede il ricorso dev'essere respinto nel suo
insieme.
Sulle spese
- 393.
- Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, il soccombente è
condannato alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente è risultata
soccombente nelle sue conclusioni per cui occorre condannarla alle spese sostenute
dal Consiglio, ivi comprese quelle relative al procedimento sommario, in conformità
alle conclusioni in tal senso del convenuto.
- 394.
- Gli intervenienti, la PEM e la Chambre syndicale, hanno concluso per la condanna
della ricorrente alle spese collegate al loro intervento.
- 395.
- Nelle circostanze della fattispecie, occorre condannare la ricorrente a sostenere le
spese affrontate dalla PEM.
- 396.
- Per quanto riguarda la Chambre syndicale essa è intervenuta nel presente
procedimento solo in qualità di associazione che difende gli interessi generali
dell'industria comunitaria, e non in qualità di produttore comunitario direttamente
interessato dalle pratiche di dumping dei produttori russi e cinesi. Alla luce di
queste considerazioni non è giustificato che la ricorrente sopporti le spese collegate
al suo intervento. La Chambre syndicale sopporterà dunque le proprie spese.
- 397.
- Ai sensi dell'art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura le istituzioni
che sono intervenute nella controversia sopportano le proprie spese. La
Commissione sopporterà quindi le proprie spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)
dichiara e statuisce:
- 1.
- Il ricorso è respinto.
- 2.
- La ricorrente sopporterà le proprie spese e quelle sostenute dal Consiglio,
ivi comprese quelle relative al procedimento sommario, nonché le spese
sostenute dall'interveniente Péchiney électrométallurgie.
- 3.
- La Chambre syndicale de l'électrométallurgie et de l'électrochimie e la
Commissione sopporteranno le proprie spese.
AziziVesterdorf
García-Valdecasas
Moura-Ramos Jaeger
|
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 ottobre 1998.
Il cancelliere
Il presidente
H. Jung
J. Azizi
Indice
Fatti all'origine della controversia
II - 3
A La pratica Extramet
II - 3
B Il prodotto
II - 4
C La società ricorrente Industrie des poudres sphériques
II - 5
D. Il procedimento amministrativo
II - 5
Procedimento dinanzi al Tribunale
II - 6
Conclusioni delle parti
II - 7
Sulla ricevibilità
II - 8
Argomenti delle parti
II - 8
Giudizio del Tribunale
II - 9
Sul merito
II - 10
I Sulla domanda di annullamento del regolamento controverso
II - 10
Sul primo motivo relativo ad una violazione degli artt. 5 e 7, n. 9, del
regolamento di base, tale all'inosservanza dell'autorità della cosa giudicata
e alle condizioni di regolarizzazione di un atto amministrativo
II - 11
Argomenti delle parti
II - 11
Prima parte: violazione degli artt. 5 e 7, n. 9, del regolamento di
base
II - 11
Seconda parte: inosservanza dell'autorità della cosa giudicata
II - 12
Terza parte: inosservanza delle condizioni di regolarizzazione di un
atto amministrativo
II - 14
Giudizio del Tribunale
II - 16
Sul secondo motivo relativo ad una violazione degli artt. 7 e 8 del regolamento
di base
II - 19
Sulla prima parte relativa ad una violazione dei diritti della difesa,
collegata ad una comunicazione tardiva della nota depositata dalla
PEM il 1° luglio 1992
II - 19
Argomenti delle parti
II - 20
Giudizio del Tribunale
II - 21
Sulla seconda parte relativa ad una violazione, da un lato, dell'art. 7,
n. 4, del regolamento di base in quanto la Commissione non
avrebbe trasmesso alla ricorrente taluni documenti depositati dalla
PEM e, dall'altro, dell'art. 8 del regolamento di base
II - 22
Argomenti delle parti
II - 22
Giudizio del Tribunale
II - 24
Sulla terza parte relativa ad una violazione dell'art. 7, n. 4, del
regolamento di base e dei diritti della difesa, in quanto la
Commissione avrebbe rifiutato di comunicare alla ricorrente talune
indicazioni essenziali affinché potesse presentare osservazioni
utili
II - 26
Argomenti delle parti
II - 26
Giudizio del Tribunale
II - 28
Sul terzo motivo relativo ad una violazione degli artt. 4, n. 4, e 2, n. 12, del
regolamento di base e ad un errore manifesto di valutazione
II - 31
Argomenti delle parti
II - 32
Giudizio del Tribunale
II - 35
Sul quarto motivo relativo ad una violazione dell'art. 4, n. 1, del regolamento di
base e ad un errore manifesto di valutazione
II - 38
1. Sul nesso di causalità
II - 38
Argomenti delle parti
II - 38
Giudizio del Tribunale
II - 40
Argomenti delle parti
II - 45
Giudizio del Tribunale
II - 46
2. Sulla rilevanza del danno
II - 47
Argomenti delle parti
II - 47
Giudizio del Tribunale
II - 48
Sul quinto motivo relativo ad una violazione dell'art. 12 del regolamento di base
e ad un errore manifesto di valutazione
II - 49
A Introduzione
II - 49
Argomenti delle parti
II - 49
Giudizio del Tribunale
II - 50
B Sulla posizione della PEM sul mercato del calcio metallico prima
dell'imposizione dei dazi controversi
II - 50
C Sulla posizione della PEM sui mercati del calcio-metallico primario e
del calcio-metallico scomposto in seguito all'imposizione di dazi
controversi
II - 51
1. Sulla posizione della PEM sul mercato del calcio metallico primario
II - 52
a) Sulla possibilità per gli utilizzatori intermedi di rifornirsi di calcio
metallico importato dalla Cina o dalla Russia
II - 52
Argomenti delle parti
II - 52
Giudizio del Tribunale
II - 52
b) Sulla possibilità per la IPS di approvvigionarsi presso i fornitori
nordamericani
II - 54
Argomenti delle parti
II - 54
Giudizio del Tribunale
II - 55
c) Sulla possibilità di riesaminare la situazione del mercato sei mesi o
al massimo, un anno dopo l'istituzione dei dazi controversi
II - 56
Argomenti della ricorrente
II - 56
Giudizio del Tribunale
II - 56
d) Conclusione
II - 56
2. Sulla posizione della PEM sul mercato del calcio metallico scomposto
II - 56
Argomenti delle parti
II - 56
Giudizio del Tribunale
II - 57
D Sulla presa in considerazione degli interessi degli utilizzatori intermedi,
tra cui la ricorrente, degli utilizzatori finali e del comportamento della
PEM nell'esame dell'interesse della Comunità a istituire i dazi
controversi
II - 58
1. Sulla possibilità per la ricorrente di procedere a vendite all'estero
beneficiando del regime del perfezionamento attivo
II - 58
2. Sulla presa in considerazione degli effetti sulla PEM delle importazioni
che costituiscono oggetto di dumping
II - 59
3. Sull'effetto del dazio antidumping sugli utilizzatori finali e sugli
utilizzatori intermedi
II - 59
4. Sull'incidenza dei dazi introdotti dal regolamento controverso sul fatturato
della PEM in relazione a quello della IPS
II - 60
5. Sulla mancata presa in considerazione del sottoutilizzo delle capacità
produttive della PEM e dell'imputabilità a quest'ultima delle riduzioni
di prezzo
II - 60
Sul sesto motivo relativo ad una violazione dell'art. 190 del Trattato
II - 61
Argomenti delle parti
II - 61
Giudizio del Tribunale
II - 61
Sul settimo motivo relativo ad uno sviamento di potere
II - 63
Argomenti delle parti
II - 63
Giudizio del Tribunale
II - 65
II Sulla domanda in subordine intesa a dichiarare l'inopponibilità alla
ricorrente del regolamento controverso
II - 65
Argomenti delle parti
II - 65
Giudizio del Tribunale
II - 66
Sulle spese
II - 67