Language of document : ECLI:EU:T:2024:336

Edizione provvisoria

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata)

29 maggio 2024 (*)

«Funzione pubblica – Funzionari – Procedimento disciplinare – Sanzione disciplinare – Nota di biasimo – Atti contrari alla dignità della funzione – Articoli 12 e 21 dello Statuto – Competenza dell’autore dell’atto – Obbligo di motivazione – Principio di buona amministrazione – Imparzialità – Articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali»

Nella causa T‑766/22,

Maria Canel Ferreiro, residente in Overijse (Belgio), rappresentata da N. Maes, avvocata,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Bauer e I. Demoulin, in qualità di agenti,

convenuto,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata),

composto da O. Porchia, presidente, M. Jaeger, L. Madise (relatore), P. Nihoul e S. Verschuur, giudici,

cancelliere: V. Di Bucci

vista la fase scritta del procedimento,

vista la mancata presentazione, ad opera delle parti, nel termine di tre settimane decorrente dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, di una domanda di fissazione di un’udienza, e avendo deciso, a norma dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza fase orale,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 270 TFUE, la sig.ra Maria Canel Ferreiro, ricorrente, chiede l’annullamento, anzitutto, dell’«indagine amministrativa EN‑2101» (in prosieguo: l’«indagine amministrativa») e della relazione di indagine amministrativa del Consiglio dell’Unione europea del 28 maggio 2021 (in prosieguo: la «relazione d’indagine»), in secondo luogo, della decisione del Consiglio del 25 novembre 2021 che le infligge la sanzione disciplinare della nota di biasimo (in prosieguo: la «decisione impugnata») e, in terzo luogo, della decisione del 1º settembre 2022 che rigetta il suo reclamo (in prosieguo: la «decisione di rigetto del reclamo»).

 Fatti

2        La ricorrente è stata assunta quale funzionario presso la Commissione europea nel 2006. Il 1º settembre 2013 è stata trasferita presso il Consiglio, dove è stata assegnata alla cancelleria del servizio giuridico.

3        Dal 1º aprile 2019 al 15 giugno 2021 la ricorrente ha occupato un posto di assistente quale agente verificatore in seno all’unità «Bilancio e finanze» del servizio medico-sociale del Consiglio.

4        Il 19 febbraio 2021 la sig.ra A, superiore gerarchico della ricorrente, ha inviato al sig. C, direttore generale dello Sviluppo organizzativo e servizi del segretariato generale del Consiglio, una bozza di valutazione manageriale che evidenziava, segnatamente, le difficoltà di comunicazione della ricorrente e le tensioni che ne risulterebbero nei suoi rapporti di lavoro con i colleghi e i superiori. Lo stesso giorno, la bozza di valutazione è stata trasmessa alla ricorrente affinché potesse formulare le sue osservazioni.

5        Il 23 febbraio 2021 la ricorrente ha inviato alla sig.ra A una e‑mail in cui contestava la correttezza delle considerazioni da quest’ultima formulate nella bozza di valutazione manageriale e osservava che detta bozza costituiva una prova delle molestie di cui ella sarebbe stata vittima da parte della sig.ra A. Il sig. C e la sig.ra B, direttrice dell’unità «Risorse umane» della DG «Sviluppo organizzativo e servizi», sono stati messi in copia in detta e‑mail.

6        Il 3 marzo 2021 la ricorrente ha inoltrato alla sig.ra A le sue osservazioni sulla bozza di valutazione manageriale.

7        Il 13 marzo 2021, dopo che la sig.ra A aveva invitato la ricorrente a ritirare le accuse di molestie contenute nella e‑mail del 23 febbraio 2021, quest’ultima le ha inviato una nuova e‑mail, in cui metteva in dubbio la veridicità delle dichiarazioni da lei formulate nella valutazione manageriale nonché le sue capacità manageriali.

8        Il 23 marzo 2021, nella sua veste di autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN»), il sig. C ha dato mandato all’unità «Consiglieri giuridici dell’amministrazione» di condurre un’indagine amministrativa relativa alla ricorrente, volta a stabilire se:

–        nell’organizzare il suo congedo ordinario nel 2020, ella avesse violato i suoi obblighi statutari, segnatamente quelli enunciati negli articoli 12 e 60 dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), e gli obblighi ad essa incombenti in forza della decisione n. 1/2014 del segretario generale del Consiglio, del 1º gennaio 2014, che definisce le modalità di applicazione delle disposizioni dello Statuto relative ai congedi per i funzionari in attività di servizio presso il segretariato generale del Consiglio;

–        per il suo comportamento nei confronti della sig.ra A, con le comunicazioni a mezzo posta elettronica del 2021, ella abbia violato gli obblighi a lei incombenti in forza dello Statuto, in particolare quelli enunciati all’articolo 12 di quest’ultimo.

9        Il 24 marzo 2021 la ricorrente è stata informata dell’apertura dell’indagine amministrativa.

10      L’8 aprile 2021 la ricorrente è stata sentita dagli inquirenti.

11      Il 26 aprile 2021 gli inquirenti hanno inoltrato alla ricorrente due quesiti scritti, invitandola a commentare due frasi tratte, rispettivamente, dalla sua e‑mail del 23 febbraio 2021 e dalla sua e‑mail del 13 marzo 2021, entrambe inviate alla sig.ra A, contenenti accuse di molestie. Con e‑mail dello stesso giorno, la ricorrente ha precisato di aver già illustrato la sua posizione al riguardo, senza aggiungere alcunché alle sue spiegazioni precedenti.

12      Dopo aver raccolto le osservazioni dei testimoni, il 5 maggio 2021 gli inquirenti hanno inviato alla ricorrente la parte «Fatti e circostanze» della bozza della relazione d’indagine. Non avendo ricevuto osservazioni da parte della ricorrente nel termine previsto, con nota del 25 maggio 2021, gli inquirenti hanno comunicato a quest’ultima che avrebbero inviato la relazione finale all’APN per la decisione.

13      Con nota interna del 28 maggio 2021, gli inquirenti hanno inviato al sig. C la relazione d’indagine, ivi concludendo, da un lato, che la ricorrente non aveva violato alcuna disposizione statutaria nell’organizzare il proprio congedo ordinario nel 2020 e, dall’altro, che, «alla luce degli atti in questione e, in particolare, delle comunicazioni inviate nel 2021 dalla [ricorrente] alla sig.ra [A] mediante posta elettronica, [la ricorrente] [aveva] violato – quantomeno – gli articoli 12 e 21 dello Statuto».

14      Il 10 giugno 2021 la ricorrente è stata informata della possibilità di consultare le conclusioni dell’indagine amministrativa riprese nella relazione d’indagine e i suoi allegati presso il segretariato del sig. C. Il 21 giugno 2021 la ricorrente ha consultato detti documenti e preso atto di tutti gli elementi del fascicolo.

15      Il 19 ottobre 2021 l’APN ha avviato un procedimento disciplinare nei confronti della ricorrente, senza consultazione della commissione di disciplina.

16      Il 25 novembre 2021 l’APN ha adottato la decisione impugnata, che è stata notificata alla ricorrente l’8 febbraio 2022.

17      Il 2 maggio 2022 la ricorrente ha presentato un reclamo contro la decisione impugnata, ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto.

18      Il 1º settembre 2022 l’APN ha adottato la decisione di rigetto del reclamo.

 Conclusioni delle parti

19      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        annullare la decisione di rigetto del reclamo;

–        «annullare l’indagine amministrativa e la relazione d’indagine»;

–        condannare il Consiglio alle spese.

20      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto in parte irricevibile e in parte infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulla ricevibilità del terzo capo delle conclusioni, diretto contro l’indagine amministrativa e la relazione d’indagine

21      Il Consiglio eccepisce l’irricevibilità della domanda di annullamento nella misura in cui si riferisce all’indagine amministrativa e alla relazione d’indagine.

22      Occorre ricordare che arrecano pregiudizio solo i provvedimenti che producono effetti giuridici vincolanti tali da pregiudicare direttamente e immediatamente gli interessi della parte ricorrente, modificando in modo rilevante la sua situazione giuridica. Quando si tratta di atti o di decisioni elaborati in più fasi, segnatamente in esito ad un procedimento interno, sono impugnabili, in linea di principio, solo i provvedimenti che stabiliscono definitivamente la posizione dell’amministrazione al termine di detto procedimento, ad esclusione dei provvedimenti intermedi aventi lo scopo di preparare la decisione finale. Gli atti preparatori di una decisione non arrecano pregiudizio e solo in occasione di un ricorso contro la decisione adottata al termine del procedimento la parte ricorrente può far valere l’irregolarità degli atti anteriori che sono ad essa strettamente connessi (v., in tal senso, sentenza del 2 febbraio 2022, LU/BEI, T‑536/20, non pubblicata, EU:T:2022:40, punti da 37 a 39 e giurisprudenza citata).

23      Nella specie, l’indagine amministrativa mirava a verificare l’esistenza di una mancanza agli obblighi gravanti sui funzionari in forza dello Statuto. La relazione che chiude l’indagine contiene, a tal riguardo, soltanto una raccomandazione diretta all’APN in merito alle conclusioni da trarre dall’indagine. Pertanto, sia l’indagine amministrativa quanto la relazione d’indagine costituiscono provvedimenti intermedi che non pregiudicano la posizione finale adottata dall’APN, come emerge peraltro dall’articolo 6, paragrafo 1, della decisione n. 73/2006 sulla conduzione delle indagini amministrative e la relativa procedura e sulla commissione di disciplina in seno al segretariato generale del Consiglio, adottata in applicazione del regime disciplinare previsto all’articolo 86 dello Statuto e delle norme e procedure fissate nell’allegato IX dello Statuto. Pertanto, né l’indagine amministrativa, né la relazione d’indagine possono essere considerate come atti che arrecano pregiudizio alla ricorrente.

24      Alla luce di quanto precede, occorre respingere in quanto irricevibile il terzo capo delle conclusioni diretto contro l’indagine amministrativa e la relazione d’indagine.

 Sul primo e sul secondo capo delle conclusioni, diretti all’annullamento della decisione impugnata e della decisione di rigetto del reclamo

 Considerazioni preliminari

25      A sostegno delle sue conclusioni di annullamento, la ricorrente deduce quattro motivi.

26      Nell’ambito del primo motivo, che si articola in due parti, la ricorrente sostiene, da un lato, che gli inquirenti hanno oltrepassato il mandato conferito loro dall’APN e, dall’altro, che essi hanno mancato di obiettività e di imparzialità nei suoi confronti.

27      Il secondo motivo verte su illegittimità inficianti l’adozione della decisione di rigetto del reclamo.

28      Con il suo terzo motivo, la ricorrente deduce la violazione dei suoi diritti della difesa.

29      La ricorrente formula altresì un quarto motivo, relativo alla mancata dimostrazione della violazione degli articoli 12 e 21 dello Statuto. Gli argomenti dedotti dalla ricorrente nell’ambito del quarto motivo possono essere raggruppati, sostanzialmente, in quattro parti. La ricorrente sostiene pertanto quanto segue:

–        in primo luogo, la decisione impugnata non contiene alcuna motivazione in merito ai fatti costitutivi della violazione dell’articolo 21 dello Statuto;

–        in secondo luogo, in ogni caso, la violazione dell’articolo 21 dello Statuto non è stata dimostrata;

–        in terzo luogo, la decisione impugnata non contiene alcuna motivazione indicante quale fosse la «comunicazione denigratoria» lesiva dell’articolo 12 dello Statuto;

–        in quarto luogo, in ogni caso, la violazione dell’articolo 12 dello Statuto non è stata dimostrata.

30      Nel caso di specie, occorre osservare che il secondo motivo dedotto dalla ricorrente verte specificamente su illegittimità che inficerebbero il procedimento di reclamo, quali l’incompetenza dell’autore della decisione di rigetto del reclamo ad adottare una siffatta decisione e la violazione del principio di imparzialità posto che tale decisione di rigetto è stata adottata dall’autore della decisione impugnata.

31      Orbene, dalla giurisprudenza si evince che la parte ricorrente deve poter sottoporre al sindacato del giudice dell’Unione europea la legittimità della decisione di rigetto del suo reclamo quando invoca un motivo vertente specificamente sul procedimento di reclamo. Infatti, se la parte ricorrente potesse, in un tal caso, contestare unicamente la decisione iniziale, sarebbe esclusa qualsiasi possibilità di contestazione relativa al procedimento precontenzioso, facendole così perdere il beneficio di un procedimento che ha lo scopo di consentire e favorire una composizione amichevole della controversia sorta fra l’agente e l’amministrazione e di obbligare l’autorità da cui dipende l’agente a riesaminare la propria decisione, nel rispetto delle norme, alla luce delle eventuali obiezioni di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 19 giugno 2015, Z/Corte di giustizia, T‑88/13 P, EU:T:2015:393, punti da 143 a 146).

32      In tali circostanze, il Tribunale ritiene che occorra esaminare, anzitutto, il secondo motivo, prima di pronunciarsi sui motivi diretti contro la decisione impugnata. Infatti, qualora detto motivo risultasse fondato e il Tribunale annullasse la decisione di rigetto del reclamo, competerebbe all’amministrazione riesaminare il reclamo avendo cura di vigilare sulla regolarità del procedimento contenzioso. In un caso del genere, le conclusioni dirette contro la decisione impugnata dovrebbero essere respinte in quanto irricevibili, essendo premature, poiché detta decisione può essere sottoposta al sindacato del giudice solo se è stata preliminarmente oggetto di riesame nell’ambito di un regolare procedimento precontenzioso (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2017, CW/Parlamento, T‑742/16 RENV, non pubblicata, EU:T:2017:338, punti da 59 a 61).

33      Il primo, terzo e quarto motivo sono diretti sia contro la decisione impugnata sia contro la decisione di rigetto del reclamo. Nell’ambito dell’esame delle domande di annullamento, nella parte in cui sono fondate su detti motivi, occorre muovere dal principio secondo cui un ricorso, ancorché formalmente diretto contro il rigetto del reclamo, produce l’effetto di investire il giudice della cognizione dell’atto pregiudizievole contro il quale il reclamo è stato presentato, tranne nel caso in cui il rigetto del reclamo abbia una portata diversa da quella dell’atto contro il quale il reclamo è stato proposto (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2020, WH/EUIPO, T‑138/19, EU:T:2020:316, punto 33 e giurisprudenza citata). Il rigetto del reclamo può, alla luce del suo contenuto, non avere carattere puramente confermativo dell’atto contestato dalla parte ricorrente, segnatamente quando l’amministrazione procede a un riesame della sua situazione in funzione di elementi di diritto o di fatto nuovi o quando essa modifica o completa la decisione iniziale. In questi casi, il rigetto del reclamo costituisce un atto soggetto al controllo del giudice, che ne tiene conto nella valutazione della legittimità dell’atto contestato o lo considera un atto lesivo che si sostituisce ad esso (v. sentenze del 10 ottobre 2019, Colombani/SEAE, T‑372/18, non pubblicata, EU:T:2019:734, punto 19 e giurisprudenza citata, e dell’8 luglio 2020, WH/EUIPO, T‑138/19, non pubblicata, EU:T:2020:316, punto 35 e giurisprudenza citata).

34      Nel caso di specie, la decisione di rigetto del reclamo conferma nel merito la decisione impugnata, senza modificarne il senso o la portata e senza compiere un riesame della situazione della ricorrente alla luce di elementi di diritto o di fatto nuovi.

35      Pertanto, la legittimità della decisione impugnata deve essere esaminata prendendo in considerazione la motivazione contenuta nella decisione di rigetto del reclamo (v., in tal senso, sentenza del 6 luglio 2022, MZ/Commissione, T‑631/20, EU:T:2022:426, punto 21 e giurisprudenza citata).

 Sul secondo motivo, vertente su illegittimità inficianti l’adozione della decisione di rigetto del reclamo

36      II secondo motivo è suddiviso in due parti. La prima parte verte sull’incompetenza dell’autore della decisione di rigetto del reclamo e, la seconda, sulla violazione dell’articolo 41, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

–       Sulla prima parte del secondo motivo, vertente sull’incompetenza dell’autore della decisione di rigetto del reclamo

37      La ricorrente afferma che il sig. C, direttore generale dello Sviluppo organizzativo e servizi del segretariato generale del Consiglio, non era competente ad adottare la decisione di rigetto del suo reclamo. A tal proposito, ella deduce, da un lato, che dall’articolo 1, lettera f), della decisione n. 16/2017 del segretario generale del Consiglio, che delega i poteri decisionali e di firma con riferimento all’applicazione dello Statuto e del regime applicabile agli altri agenti, si evince che le decisioni adottate in applicazione dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto erano escluse dalla delega di poteri decisionali disposta a favore del direttore generale dell’amministrazione, denominato ora direttore generale dello Sviluppo organizzativo e servizi del Consiglio.

38      Dall’altro, la ricorrente sostiene che non è dimostrato che, alla data della proposizione del suo reclamo, vale a dire il 2 maggio 2022, fosse in vigore la decisione n. 23/22 del segretario generale del Consiglio che modifica la decisione n. 16/2017 al fine di garantire la continuità in caso di vacanza del posto di segretario generale, delegando al direttore generale dello Sviluppo organizzativo e servizi del Consiglio la competenza ad adottare, in particolare, le decisioni in applicazione dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto.

39      Il Consiglio contesta gli argomenti della ricorrente.

40      Occorre ricordare che, in forza dell’articolo 2, paragrafo 1, dello Statuto, ogni istituzione determina le autorità che esercitano nel suo ambito i poteri demandati dallo Statuto all’APN.

41      In applicazione di detta disposizione, il Consiglio ha adottato la decisione (UE) 2017/262, del 6 febbraio 2017, relativa alla determinazione per il segretariato generale del Consiglio, dell’autorità che ha il potere di nomina e dell’autorità abilitata a concludere i contratti di assunzione, e che abroga la decisione 2013/811/UE (GU 2017, L 39, pag. 4). Dall’articolo 1, lettera c), della decisione n. 2017/262 emerge che i poteri demandati dallo Statuto all’APN sono esercitati dal segretario generale che, in conformità dell’articolo 1, paragrafo 2, della medesima decisione, è autorizzato a delegarli in tutto o in parte al direttore dello Sviluppo organizzativo e servizi.

42      Pertanto, con la decisione n. 16/2017, il segretario generale ha delegato i poteri decisionali che gli erano stati accordati con la decisione n. 2017/262 al direttore dello Sviluppo organizzativo e servizi, fatta eccezione, segnatamente, per quanto atteneva all’applicazione dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto [articolo 1, lettera f), della decisione n. 16/2017].

43      Tuttavia, in vista della cessazione delle sue funzioni, il segretario generale del Consiglio, sig. D, ha adottato la decisione n. 23/22, che ha modificato la decisione n. 16/2017 aggiungendovi l’articolo 1 bis, il quale così dispone: «[i]n caso di vacanza del posto di segretario generale, sino all’assunzione delle funzioni da parte del segretario generale nominato conformemente all’articolo 240, paragrafo 2,[ TFUE] a seguito di posto vacante, tutti i poteri conferiti al segretario generale dalla decisione [n. ]2017/262 (…) sono delegati al direttore generale dello Sviluppo organizzativo e servizi, fatta eccezione per i poteri di cui all’articolo 1, paragrafo 1, [lettera] g) (…)». Va precisato che i poteri previsti in detto articolo 1, paragrafo 1, lettera g), della decisione n. 16/2017, esclusi dall’ambito dei poteri delegati al direttore generale dello Sviluppo organizzativo e servizi, riguardavano l’adozione di decisioni relative alle «riassegnazioni e [ai] trasferimenti nell’interesse del servizio di cui all’articolo 2 nell’ambito di direzioni generali diverse dalla direzione generale dell’amministrazione».

44      La decisione n. 23/22 ha così modificato la portata dei poteri decisionali delegati dal segretario generale al direttore generale dello Sviluppo organizzativo e servizi, delegandogli, in una situazione eccezionale di vacanza del posto di segretario generale, la quasi totalità dei poteri di quest’ultimo, compresa l’adozione di decisioni in applicazione dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto.

45      Conformemente al suo articolo 2, la decisione n. 23/22 doveva entrare in vigore alla data della sua firma.

46      La ricorrente sostiene che la data di firma della decisione n. 23/22, cui, a norma del suo articolo 2, era subordinata la sua entrata in vigore, non sia stata dimostrata. A suo avviso, non sarebbe nemmeno dimostrato il soddisfacimento della condizione prevista per la sua applicazione, vale a dire la vacanza del posto di segretario generale.

47      Per quanto attiene alla data di firma della decisione n. 23/22, va osservato che, nella controreplica, il Consiglio ne ha depositato una versione firmata, accompagnata dalla tabella di marcia attestante che la decisione in parola era stata effettivamente sottoscritta dal segretario generale del Consiglio il 29 aprile 2022.

48      Con riferimento alla vacanza del posto di segretario generale del Consiglio, dal secondo punto della nota al Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) del 5 aprile 2022 risulta che le dimissioni del segretario generale del Consiglio, sig. D, sono divenute efficaci il 30 aprile 2022. D’altro canto, la nuova segretaria generale del Consiglio ha assunto le proprie funzioni solo il 1º novembre 2022.

49      Va ricordato che la ricorrente ha proposto il proprio reclamo il 2 maggio 2022 e l’APN l’ha respinto il 1º settembre 2022.

50      Ne consegue che, all’atto dell’adozione della decisione di rigetto del reclamo, la decisione n. 23/22 era in vigore e, di conseguenza, la decisione di rigetto del reclamo rientrava nella competenza del sig. C nella sua veste di direttore generale dello Sviluppo organizzativo e servizi.

51      Occorre pertanto respingere la prima parte del secondo motivo in quanto infondata.

–       Sulla seconda parte del secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 41, paragrafo 1, della Carta

52      La ricorrente sostiene che, quand’anche il sig. C fosse stato competente ad adottare la decisione di rigetto del reclamo in forza della subdelega formale, quest’ultimo avrebbe dovuto adottare i provvedimenti necessari al fine di soddisfare i requisiti di buona amministrazione e di imparzialità risultanti dall’articolo 41, paragrafo 1, della Carta, in particolare subdelegando l’esame del suo reclamo a un altro direttore generale. Il fatto che il sig. C non si sia astenuto dal pronunciarsi sul reclamo proposto avverso una sua decisione disciplinare avrebbe privato la ricorrente del suo diritto a un riesame imparziale della decisione adottata nei suoi confronti, garantito dall’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto.

53      Il Consiglio contesta gli argomenti della ricorrente.

54      Occorre ricordare che il diritto di una persona a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale dalle istituzioni dell’Unione, garantito dall’articolo 41, paragrafo 1, della Carta, costituisce un principio generale del diritto dell’Unione e che, secondo la giurisprudenza, il principio di buona amministrazione comprende, in particolare, l’obbligo per l’istituzione competente di esaminare, con cura e imparzialità, tutti gli elementi pertinenti del caso di specie (v. sentenza del 19 ottobre 2022, JS/CRU, T‑270/20, non pubblicata, EU:T:2022:651, punto 145 e giurisprudenza citata).

55      Orbene, l’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto enuncia che qualsiasi persona cui si applica lo Statuto può presentare all’APN un reclamo avverso un atto che le arrechi pregiudizio, sia che l’autorità abbia preso una decisione, sia che essa non abbia preso una misura imposta dallo Statuto.

56      Da un lato, in linea con il Consiglio, occorre osservare che l’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto non impone affatto che ad esaminare il reclamo proposto contro l’atto lesivo sia un’autorità diversa dall’APN che lo ha adottato. Al contrario, da detto articolo emerge che il legislatore dell’Unione ha ipotizzato la situazione in cui la medesima autorità adotta una decisione che arreca pregiudizio a un funzionario e si pronuncia poi sul reclamo proposto nei suoi confronti.

57      Dall’altro, per quanto attiene alla natura stessa del procedimento di reclamo, la Corte ha dichiarato, in particolare, che esso non costituiva un procedimento d’appello, ma aveva lo scopo di obbligare l’autorità da cui dipendeva il funzionario a riprendere in considerazione la propria decisione alla luce delle eventuali obiezioni di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 21 ottobre 1980, Vecchioli/Commissione, 101/79, EU:C:1980:243, punto 31). La Corte ha così ritenuto che l’autore della decisione che arreca pregiudizio al ricorrente poteva partecipare alla deliberazione dell’organo collegiale chiamato a pronunciarsi sul reclamo proposto avverso detta decisione. Inoltre, nelle conclusioni rese nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 21 ottobre 1980, Vecchioli/Commissione (101/79, EU:C:1980:243), l’avvocato generale Warner aveva sottolineato che il reclamo non aveva la natura di un appello diretto ad una autorità sovraordinata all’autorità da cui emanava l’atto contestato. Secondo l’avvocato generale, l’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto ha lo scopo di consentire al funzionario di chiedere che una decisione che gli reca pregiudizio venga riesaminata alla luce di quanto egli sostiene. Sempre secondo l’avvocato generale, è irrilevante a questo proposito che, in seguito a quanto l’istituzione ha stabilito con l’articolo 2 dello Statuto, l’autorità che deve riesaminare la questione sia o no la stessa che ha adottato la decisione (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Warner nella causa Vecchioli/Commissione, 101/79, EU:C:1980:212).

58      Inoltre, nella sentenza dell’8 luglio 2020, WH/EUIPO (T‑138/19, non pubblicata, EU:T:2020:316, punto 63), il Tribunale ha dichiarato che la persona che aveva adottato, in veste di APN, una decisione che recava pregiudizio a un funzionario non era tenuta ad astenersi dal partecipare al processo decisionale relativo al reclamo presentato da detto funzionario avverso la decisione di cui trattasi.

59      Dalle considerazioni che precedono si evince che, quand’anche l’esame non sia stato, nel caso di specie, rimesso a un organo collegiale, tenuto conto della natura del procedimento di reclamo, non si può ravvisare una violazione dell’articolo 41, paragrafo 1, della Carta in ragione del solo fatto che la decisione di rigetto del reclamo è stata adottata, conformemente alle regole di organizzazione interna del Consiglio, dalla medesima persona che aveva adottato la decisione oggetto di detto reclamo. La ricorrente non ha peraltro dedotto l’esistenza di ulteriori circostanze idonee a mettere in discussione l’imparzialità della persona che si è pronunciata sul suo reclamo.

60      Ne consegue che occorre respingere la seconda parte del secondo motivo e, di conseguenza, il secondo motivo nella sua interezza, nonché le domande di annullamento proposte contro la decisione di rigetto del reclamo sulla base di detto motivo.

 Sul quarto motivo, nelle sue parti prima e terza, relative a una violazione dell’obbligo di motivazione

61      Nell’ambito delle parti prima e terza del quarto motivo la ricorrente sostiene, in primo luogo, che, al di là di un rimando alle conclusioni formulate nella relazione d’indagine, la decisione impugnata non contiene alcuna motivazione relativa alla violazione dell’articolo 21 dello Statuto e, in secondo luogo, che detta decisione non indica nemmeno la comunicazione denigratoria che può integrare una violazione dell’articolo 12 dello Statuto.

62      Senza rispondere direttamente agli argomenti della ricorrente vertenti sulla violazione dell’obbligo di motivazione, il Consiglio replica che dai punti da 36 a 38 della relazione d’indagine emergerebbe che, nelle e‑mail del 23 febbraio e del 13 marzo 2021, la ricorrente ha formulato nei confronti della sig.ra A affermazioni ingiuriose ed aggressive. Tale condotta integrerebbe, da un lato, una violazione dell’articolo 21 dello Statuto e, dall’altro, una violazione dell’articolo 12 del medesimo, poiché le accuse di molestie rivolte dalla ricorrente alla sua superiore gerarchica, non supportate da alcun principio di prova, erano espressione di una forte aggressività lesiva dell’onore e dell’onorabilità professionale della sig.ra A.

63      Occorre ricordare che l’obbligo di motivazione è diretto, da un lato, a fornire all’interessato indicazioni sufficienti per valutare la fondatezza dell’atto che gli reca pregiudizio e l’opportunità di proporre ricorso dinanzi al giudice dell’Unione e, dall’altro, a consentire a quest’ultimo di esercitare il suo controllo sulla legittimità dell’atto (v. sentenza del 10 settembre 2019, DK/SEAE, T‑217/18, non pubblicata, EU:T:2019:571, punto 146 e giurisprudenza citata). Il carattere sufficiente della motivazione dev’essere valutato alla luce non soltanto della sua formulazione, ma anche del contesto di fatto e di diritto in cui si inserisce l’adozione dell’atto impugnato (v. sentenza del 10 settembre 2019, DK/SEAE, T‑217/18, non pubblicata, EU:T:2019:571, punto 147 e giurisprudenza citata).

64      Nel caso di specie, nel primo considerando della decisione impugnata, l’APN constata che, «in base alle conclusioni [dell’indagine amministrativa], con i suoi atti e, in particolare, con le comunicazioni da lei inviate nel 2021 a mezzo posta elettronica alla sig.ra [A], [la ricorrente] ha violato quantomeno gli articoli 12 e 21 dello Statuto».

65      A questo proposito, va osservato come l’esposizione dei fatti considerati dall’APN a carico della ricorrente si limiti a riprendere parzialmente il punto 105 della relazione d’indagine, contenuto nella parte denominata «Conclusioni finali» della suddetta relazione. Tuttavia, detto punto non è che una breve sintesi delle considerazioni degli inquirenti contenute nelle parti precedenti della relazione d’indagine. Citato al di fuori del suo contesto, il passaggio sopra riportato non illustra con esattezza i fatti considerati a carico della ricorrente.

66      Infatti, da un lato, un generico riferimento alle «comunicazioni (…) inviate nel 2021 a mezzo posta elettronica», non accompagnato da alcuna spiegazione in merito al contenuto di dette comunicazioni, non consente di comprendere quali affermazioni della ricorrente nei confronti della sig.ra A siano state considerate dall’APN come integranti una violazione dell’articolo 12 o dell’articolo 21 dello Statuto. Dall’altro, l’utilizzo dell’espressione «in particolare» lascia intendere che la decisione impugnata sanziona la ricorrente per comportamenti diversi dalle sole comunicazioni elettroniche inviate alla sig.ra A nel corso del 2021, senza fornire alcuna precisazione al riguardo.

67      L’APN non ha nemmeno fornito alla ricorrente spiegazioni in merito ai fatti considerati a suo carico nella decisione di rigetto del reclamo, benché, nel suo reclamo, la ricorrente abbia sostenuto, da un lato, di ignorare quale comportamento specifico potesse integrare la violazione dell’articolo 21 dello Statuto, posto che la qualità del suo lavoro non era mai stata messa in discussione dalla sig.ra A, e, dall’altro, che le sue domande in merito alle e‑mail il cui invio avrebbe leso l’articolo 12 dello Statuto erano rimaste senza risposta. Oltre al fatto che la decisione di rigetto del reclamo non affronta gli argomenti dedotti dalla ricorrente all’interno del reclamo circa il mancato adempimento dell’obbligo di motivazione con riferimento alla violazione degli articoli 12 e 21 dello Statuto, per quanto attiene ai fatti imputabili alla ricorrente, detta decisione si limita, anch’essa, al suo punto 7, a riproporre in parte la formulazione del punto 105 della relazione d’indagine.

68      Come emerge dal precedente punto 23, la relazione d’indagine enuncia una raccomandazione formulata all’APN quanto alle conclusioni da trarre dall’indagine amministrativa e non pregiudica la posizione finale adottata da quest’ultima. Infatti, l’APN è tenuta ad esaminare la relazione d’indagine e ad adottare i provvedimenti che essa reputa appropriati, motivando la propria decisione. Tuttavia, posto che la decisione impugnata rinvia alla suddetta relazione d’indagine, cui la ricorrente aveva accesso, occorre verificare se la decisione impugnata, unitamente a detta relazione d’indagine, contenga una motivazione che soddisfa i requisiti giurisprudenziali ricordati nel precedente punto 63.

69      A tal proposito, si deve osservare che, per quanto attiene alle comunicazioni inviate mediante posta elettronica nel 2021, nel suo controricorso il Consiglio deduce che, alla luce dei punti da 36 a 38 della relazione d’indagine, gli atti contestati alla ricorrente consistevano nell’invio delle e‑mail del 23 febbraio e del 13 marzo 2021, in cui ella aveva formulato affermazioni ingiuriose ed aggressive nei confronti della sig.ra A accusandola di molestie.

70      Occorre constatare che, al punto 36 della relazione d’indagine, gli inquirenti spiegano che «il tono, il contenuto, la forma e la natura delle comunicazioni del[la ricorrente] con la [sig.ra A] sono stati spesso inappropriati» e citano un passaggio dell’e‑mail del 23 febbraio 2021 (inviata alle ore 14:31) e un passaggio di quella del 13 marzo 2021 (inviata alle ore 11:49).

71      Ai punti 37 e 38 della relazione d’indagine, gli inquirenti spiegano inoltre che, a loro avviso, la ricorrente ha formulato a carico della sig.ra A gravi accuse di molestie e che dette accuse, se indebite, comporterebbero la comminazione di sanzioni disciplinari, conformemente all’articolo 3, paragrafo 4, della decisione 15/2015 del segretario generale relativa alle molestie psicologiche e sessuali sul luogo di lavoro in seno al segretariato generale del Consiglio.

72      Per quanto concerne la violazione dell’articolo 12 dello Statuto, dal punto 91 della relazione d’indagine emerge che il modo in cui la ricorrente comunicava con la sua superiore gerarchica nel 2021 era stato considerato come «sgarbato, vessatorio e umiliante», «rasentava l’insubordinazione» e integrava, quindi, una violazione del suddetto articolo 12.

73      Quanto alla violazione dell’articolo 21 dello Statuto, da una lettura congiunta dei punti 59 e 97 della relazione d’indagine risulta che, nella misura in cui detta disposizione impone al funzionario l’obbligo di assistere e consigliare i suoi superiori, è stato considerato «inaccettabile che [la ricorrente] accus[asse] la sig.ra [A], alla leggera, di molestie – senza fornire un reale principio di prova, supportato da una qualche evidenza; e [che] lo [era] anche il fatto che [la ricorrente] utilizz[asse] tali accuse come merce di scambio, proponendo di ritirarle qualora la sig.ra [A] [avesse] ritir[ato] la sua valutazione manageriale».

74      Tuttavia, malgrado queste varie osservazioni quanto al carattere inadeguato delle comunicazioni della ricorrente nel corso della sua collaborazione con la sig.ra A, dalla relazione d’indagine non risulta in maniera chiara quali elementi, contenuti specificamente nelle e‑mail del 23 febbraio e del 13 marzo 2021, abbiano fondato le conclusioni degli inquirenti sulla violazione degli articoli 12 e 21 dello Statuto. Pertanto, benché la decisione impugnata non sia stata adottata in un contesto del tutto ignoto alla ricorrente, quest’ultima sostiene correttamente che tale decisione, letta unitamente alla succitata relazione d’indagine, non contiene una motivazione sufficiente ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 63, con riferimento alle e‑mail da lei inviate alla sig.ra A nel 2021.

75      Inoltre, come emerge dal precedente punto 66, l’utilizzo nella decisione impugnata dell’espressione «in particolare» lascia intendere che detta decisione sanziona la ricorrente anche per comportamenti diversi dalle sole comunicazioni elettroniche dirette alla sig.ra A nel corso del 2021, senza fornire alcuna precisazione al riguardo.

76      Va osservato che, dal punto 105 della relazione d’indagine, contenuto nella sezione «Conclusioni finali», emerge che, «[a]lla luce degli atti in questione e, in particolare, delle comunicazioni inviate nel 2021 dalla [ricorrente] alla sig.ra [A] mediante posta elettronica, gli inquirenti concludono che [la ricorrente] ha violato – quantomeno – gli articoli 12 e 21 dello Statuto». In linea con la decisione impugnata, le conclusioni finali della relazione d’indagine lasciano quindi intendere che i comportamenti contestati alla ricorrente a titolo di violazione delle qui considerate disposizioni dello Statuto ricomprendono atti diversi dalle sole comunicazioni inviate dalla ricorrente alla sig.ra A nel 2021 a mezzo posta elettronica. Nel contempo, la lettura della relazione d’indagine nel suo insieme non consente di comprendere in cosa consistano gli «atti in questione» diversi dalle comunicazioni a mezzo posta elettronica menzionati al punto 105 di detta relazione che, in base alle conclusioni finali della relazione d’indagine, sono contestati alla ricorrente a titolo di violazione, da parte sua, degli obblighi statutari a lei incombenti.

77      Occorre osservare che, in base alla formulazione stessa della relazione d’indagine, agli inquirenti è stato affidato l’incarico di condurre un’indagine amministrativa volta a stabilire se, «nel rapportarsi con la sig.ra [A], con le comunicazioni a mezzo posta elettronica del 2021, [la ricorrente] [avesse] violato gli obblighi a lei incombenti in forza dello Statuto» (punti 1, 8 e 75 della relazione d’indagine). Al punto 36 di detta relazione d’indagine, viene sottolineato a tal proposito che «il mandato riguarda unicamente [l]a persona [della sig.ra A] e soltanto: [i] [le condotte tenute] nel 2021 (non nel 2020); e [ii] mediante le comunicazioni a mezzo e‑mail». Nel contempo, la relazione rimanda in più occasioni agli atteggiamenti e alle condotte aggressive della ricorrente verso altri colleghi e a comportamenti da lei tenuti nei confronti della sig.ra A diversi dalle e‑mail del 2021.

78      A titolo esemplificativo, ai punti 40 e 57 della relazione d’indagine, gli inquirenti si riferiscono alle critiche mosse dalla ricorrente alla gestione, da parte della sig.ra A, della sua unità e al modo in cui la ricorrente interagiva con lei in presenza. Essi sostengono, da un lato, che l’approccio della ricorrente «si trasforma molto velocemente in una contestazione aggressiva della gestione, da parte della sig.ra [A], della sua unità, accompagnata dal disprezzo delle decisioni, delle istruzioni, delle richieste e dei consigli di quest’ultima» e, dall’altro, che «[la ricorrente] ha alzato marcatamente la voce nei confronti della sig.ra [A] e, in varie occasioni, non le ha dato la possibilità di esprimere i propri punti di vista in modo sereno e posato», bensì, «[a]l contrario, l’ha giudicata a priori come una manager incapace di affrontare la sostanza dei problemi e propensa a trascurare la reale ragione dei malfunzionamenti che caratterizzano la sua unità».

79      Inoltre, nel suo punto 59, la relazione d’indagine rinvia alle valutazioni per il 2019 e il 2020 e conclude che è «intollerabile che [la ricorrente] abbia reagito con sdegno alle valutazioni per il 2019 e il 2020 e si sia presa la libertà di non lavorare più su determinati fascicoli (in quanto più adatti ad altri colleghi) o di negare la propria collaborazione (poiché le istruzioni non sarebbero chiare)».

80      Infine, al punto 62 della relazione d’indagine, gli inquirenti danno atto del fatto che la ricorrente «rende estremamente difficile il lavoro dei suoi colleghi» e che il fascicolo «contiene [un’]abbondante documentazione attestante come, a partire dal 2020, [la ricorrente] abbia sommerso le caselle di posta elettronica dei suoi superiori con messaggi (talvolta lunghi) che complica[va]no inutilmente la gestione dei fascicoli; o di messaggi in cui litiga[va] con interlocutori di diversi servizi».

81      Dai punti 59 e 60 della relazione d’indagine emerge che gli inquirenti ritenevano, «fort[i] del loro mandato», di poter valutare i comportamenti menzionati, segnatamente, al precedente punto 79. Alla luce dei punti 39 e 88 della relazione d’indagine, le considerazioni svolte nei diversi punti di detta relazione in merito alla portata del mandato possono effettivamente essere intese, in quanto tali, come espressione dell’idea che il fatto che il mandato fosse circoscritto alle comunicazioni mediante posta elettronica inviate dalla ricorrente alla sig.ra A nel corso del 2021 non impediva agli inquirenti di prendere in considerazione altre azioni e comunicazioni della ricorrente al fine di valutare correttamente il tenore delle e‑mail di cui trattasi. Tuttavia, la contraddizione tra, da un lato, i limiti al mandato così definiti e, dall’altro, le conclusioni finali della relazione, come illustrate nel precedente punto 76, lascia sussistere incertezze quanto alla determinazione degli atti considerati nelle conclusioni finali di detto rapporto e sanzionati poi con la decisione impugnata. La decisione impugnata non consente pertanto di distinguere chiaramente tra i comportamenti sanzionati e i fatti presi in considerazione quali elementi del contesto.

82      Per quanto attiene alla violazione dell’articolo 21 dello Statuto, è sì vero che il punto 97 della relazione d’indagine, letto congiuntamente con i punti 59 e 64 di detta relazione, fa riferimento ai comportamenti tenuti dalla ricorrente nei confronti «di altri soggetti nella catena gerarchica» o al fatto che la stessa «si è permes[sa] di sconvolgere le normali condizioni di svolgimento del lavoro» rifiutandosi, in particolare, «di eseguire determinare mansioni», e si è arrog[ata] il ruolo di «sceriffo» o che ha reagito con «sdegno» alle valutazioni relative al 2019 e al 2020. Tuttavia, queste formulazioni concise e generiche non consentono di individuare con precisione quali comportamenti fossero idonei a integrare una violazione dell’articolo 21 dello Statuto e per quali ragioni.

83      Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, occorre constatare che, posto che il giudice può esercitare il suo controllo sulla fondatezza della decisione impugnata solo a condizione che siano individuati i fatti considerati a carico di un funzionario quali violazioni dei suoi obblighi statutari, la mancata precisazione dei fatti contestati alla ricorrente impedisce al Tribunale di controllare la fondatezza della decisione impugnata.

84      Si devono pertanto accogliere le parti prima e terza del quarto motivo e annullare la decisione impugnata, senza che si renda necessario esaminare gli altri motivi dedotti dalla ricorrente avverso tale decisione.

 Sulle spese

85      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Il Consiglio, essendo rimasto sostanzialmente soccombente, dev’essere condannato alle spese, conformemente alla domanda formulata in tal senso dalla ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione del Consiglio dell’Unione europea del 25 novembre 2021 che infligge una nota di biasimo alla sig.ra Maria Canel Ferreiro è annullata.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      Il Consiglio è condannato alle spese.

Porchia

Jaeger

Madise

Nihoul

 

      Verschuur

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 maggio 2024.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.