Language of document : ECLI:EU:T:2021:221

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

28 aprile 2021(*)

«Funzione pubblica – Personale del CESE – Agenti temporanei – Diniego di reinquadramento – Ricorso di annullamento – Termine per la presentazione del reclamo – Onere della prova del superamento del termine – Atto lesivo – Ricevibilità – Parità di trattamento – Certezza del diritto – Ricorso per risarcimento danni – Danno morale»

Nella causa T‑843/19,

Paula Correia, residente a Woluwe-Saint-Étienne (Belgio), rappresentata da L. Levi e M. Vandenbussche, avvocate,

ricorrente,

contro

Comitato economico e sociale europeo (CESE), rappresentato da M. Pascua Mateo, X. Chamodraka e K. Gambino, in qualità di agenti, assistiti da B. Wägenbaur, avvocato,

convenuto,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 270 TFUE diretta, da un lato, all’annullamento della decisione del CESE, che sarebbe stata adottata in data ignota alla ricorrente e di cui quest’ultima avrebbe preso conoscenza il 12 aprile 2019, con la quale le veniva negato il reinquadramento nel grado AST 7 per l’esercizio di reinquadramento 2019 e, dall’altro, al risarcimento del preteso danno morale subito dalla ricorrente a seguito di tale decisione,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto da S. Gervasoni, presidente, P. Nihoul e R. Frendo (relatrice), giudici,

cancelliere: L. Ramette, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 gennaio 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è un organo consultivo che rappresenta le organizzazioni europee di datori di lavoro, lavoratori subordinati e altri soggetti rappresentativi della società civile, in particolare nei settori socioeconomico, civico, professionale e culturale. Esso è composto da tre gruppi, e cioè il gruppo dei datori di lavoro (in prosieguo: il «gruppo I»), il gruppo dei lavoratori e il gruppo «Diversità Europa». Ciascuno di tali gruppi dispone di un proprio segretariato per il quale vengono assunti agenti temporanei ai sensi dell’articolo 2, lettera c), del Regime applicabile agli altri agenti dell’Unione europea (in prosieguo: il «RAA»).

2        L’11 luglio 2000, la ricorrente, sig.ra Paula Correia, è stata assunta in qualità di agente temporaneo in seno al gruppo I nel grado C 3 (divenuto AST 4) per entrare in servizio il 1° settembre 2000, con contratto a tempo indeterminato ai sensi dell’articolo 2, lettera c), del RAA.

3        Il 9 gennaio 2008, la ricorrente è stata reinquadrata dal grado AST 4, quinto scatto, al grado AST 5, primo scatto, con decorrenza 1° gennaio 2007. Il 18 gennaio 2016, ella è stata reinquadrata dal grado AST 5, terzo scatto, al grado AST 6, primo scatto, con decorrenza 1° gennaio 2016.

4        Il 26 marzo 2019, si teneva una riunione tra la ricorrente e il presidente del gruppo I (in prosieguo: la «riunione del 26 marzo 2019»). Il 28 marzo 2019, la ricorrente aveva un incontro con la direttrice ad interim della direzione E «Risorse umane e finanze» del CESE (in prosieguo, rispettivamente: la «riunione del 28 marzo 2019» e la «direzione del personale»).

5        Il 12 aprile 2019, la ricorrente partecipava ad un colloquio con il suo capo unità a proposito dell’esercizio di valutazione per l’anno 2018 (in prosieguo: la «riunione del 12 aprile 2019»).

6        Il 10 luglio 2019, la ricorrente presentava un reclamo (in prosieguo: il «reclamo»), ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), contro la decisione di non reinquadrarla nel grado AST 7 nel 2019 (in prosieguo: la «decisione impugnata»). In tale reclamo, ella asseriva, in particolare, di ignorare la data in cui tale decisione era stata adottata.

7        Il 21 ottobre 2019, il CESE inviava alla ricorrente una lettera al fine di informarla che l’autorità abilitata a concludere i contratti di assunzione del CESE (in prosieguo: l’«AACC») non sarebbe stata in grado di rispondere al suo reclamo entro il termine prescritto dall’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto.

8        Il 10 novembre 2019, il reclamo formava oggetto di un rigetto implicito.

9        Il 16 gennaio 2020, il CESE comunicava alla ricorrente che il suo reclamo era respinto (in prosieguo: la «decisione sul reclamo»).

 Procedimento e conclusioni delle parti

10      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 dicembre 2019, la ricorrente ha proposto il presente ricorso. Il controricorso, la replica e la controreplica sono stati depositati, rispettivamente, il 16 marzo, il 30 giugno e il 17 luglio 2020.

11      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare il CESE al risarcimento del danno morale causato da tale decisione, stimato ex aequo et bono in EUR 2 000;

–        condannare il CESE alle spese.

12      Il CESE chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

13      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 5 gennaio 2021, la ricorrente ha formulato due osservazioni sulla relazione d’udienza, una delle quali verteva sull’esistenza della riunione del 28 marzo 2019.

14      Le difese orali delle parti e le risposte di queste ultime ai quesiti loro rivolti dal Tribunale sono state sentite all’udienza del 13 gennaio 2021.

15      Relativamente alla lettera di cui al precedente punto 13, la ricorrente ha precisato, all’udienza, che essa rinunciava a contestare l’esistenza della riunione del 28 marzo 2019, ma contestava l’oggetto della detta riunione. In risposta alle osservazioni della ricorrente sulla relazione d’udienza, il CESE ha prodotto, all’udienza, un messaggio di posta elettronica del 15 marzo 2019, proveniente dal presidente del gruppo I e inviato al segretario generale del CESE (in prosieguo: il «segretario generale») al fine di dimostrare il tenore e il contenuto della riunione del 28 marzo 2019 (in prosieguo: il «messaggio di posta elettronica del 15 marzo 2019»). La ricorrente ha fatto valere l’irricevibilità di tale documento in quanto esso sarebbe stato prodotto tardivamente. Il Tribunale ha versato tale documento agli atti, lasciando impregiudicato l’esame della sua ricevibilità.

 In diritto

 Sulla ricevibilità del ricorso

16      Nel controricorso, il CESE solleva un’eccezione di irricevibilità, in quanto la ricorrente non ha presentato il reclamo contro la decisione impugnata entro il termine di tre mesi previsto all’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto. Esso sostiene al riguardo che, nella riunione del 26 marzo 2019, il presidente del gruppo I ha informato la ricorrente della sua decisione di non proporre il suo reinquadramento al segretario generale per l’esercizio 2019. Solo tale decisione costituirebbe un atto tale da arrecare pregiudizio alla ricorrente in quanto essa le avrebbe fatto perdere ogni possibilità di essere reinquadrata nel 2019, cosicché il reclamo presentato il 10 luglio 2019 sarebbe irricevibile, così come il presente ricorso.

17      La ricorrente si oppone all’eccezione di irricevibilità sollevata dal CESE facendo valere, in sostanza, che la riunione del 26 marzo 2019 verteva unicamente sulla ricostruzione della sua carriera, e non sulla decisione di non reinquadrarla. All’udienza, ella ha aggiunto che, trattandosi di una riunione a carattere informale, essa non poteva essere considerata come un’occasione per notificare una decisione individuale ai sensi dell’articolo 25, secondo comma, dello Statuto. Inoltre, poiché le decisioni relative al reinquadramento degli agenti temporanei dipendenti del CESE non formerebbero oggetto di pubblicazione, la ricorrente si troverebbe nell’impossibilità di sapere a quale data la decisione impugnata è stata adottata. Ella insiste sul fatto di averne preso conoscenza incidentalmente, nel corso della riunione del 12 aprile 2019, vertente sull’esercizio di valutazione 2018.

18      Pertanto, la ricorrente ritiene che il suo reclamo ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto contro la decisione impugnata, presentato il 10 luglio 2019, non possa essere considerato fuori termine, cosicché il suo ricorso sarebbe ricevibile.

19      Nella replica, la ricorrente sottolinea che, nella decisione sul reclamo, a lei comunicata il 16 gennaio 2020, ossia posteriormente alla proposizione del presente ricorso, il CESE non ha constatato l’irricevibilità del suo reclamo. Così facendo, il CESE avrebbe implicitamente ammesso che la ricorrente ha potuto essere informata dalla decisione impugnata solo nella riunione del 12 aprile 2019.

20      A tale riguardo, si deve innanzitutto rilevare che, malgrado l’eccezione di irricevibilità sollevata nel controricorso, il CESE ha espressamente ammesso, al punto 5, sesto comma, della decisione sul reclamo, che la decisione impugnata è stata portata a conoscenza della ricorrente in occasione della riunione del 12 aprile 2019, come sostiene l’interessata.

21      Tuttavia, conformemente ad una giurisprudenza costante, e come fatto valere dal CESE all’udienza, i termini di reclamo e di ricorso, di cui agli articoli 90 e 91 dello Statuto, sono di ordine pubblico e non possono essere rimessi alla disponibilità delle parti e del giudice, al quale spetta verificare, anche d’ufficio, se essi siano stati rispettati (v. sentenze dell’8 settembre 2008, Kerstens/Commissione, T‑222/07 P, EU:T:2008:314, punto 53 e giurisprudenza citata, e del 12 dicembre 2019, Feral/Comitato delle regioni, T‑529/16, non pubblicata, EU:T:2019:851, punto 34 e giurisprudenza citata).

22      A norma dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto, reso applicabile agli agenti temporanei dall’articolo 46 del RAA, i reclami devono essere presentati entro un termine di tre mesi decorrente «dal giorno della notifica della decisione al destinatario e comunque non oltre il giorno in cui l’interessato ne prende conoscenza, se si tratta di misura di carattere individuale», come nel caso di specie.

23      Inoltre, secondo una giurisprudenza consolidata, spetta alla parte che fa valere il superamento del termine, e cioè, nella fattispecie, il CESE, fornire la prova della data in cui il detto termine ha iniziato a decorrere (v. ordinanza del 7 settembre 2005, Krahl/Commissione, T‑358/03, EU:T:2005:301, punto 53, e sentenza del 9 luglio 2020, Commissione/HM, C‑70/19 P, non pubblicata, EU:C:2020:544, punto 123 e giurisprudenza citata).

24      Risulta parimenti da una giurisprudenza costante che la prova del momento in cui l’interessato ha preso conoscenza di una decisione individuale può risultare da circostanze diverse da una notifica formale della detta decisione. Al riguardo, anche se semplici indizi che facciano ritenere che una decisione sia stata ricevuta non possono bastare, tale prova può in particolare risultare da un messaggio di posta elettronica dell’interessato da cui risulti inequivocabilmente che quest’ultimo ha preso utilmente conoscenza della detta decisione prima della data asserita (v., in questo senso, sentenza del 15 febbraio 2012, AT/EACEA, F‑113/10, EU:F:2012:20, punto 39 e giurisprudenza citata).

25      Al riguardo, il CESE si basa, da una parte, su uno scambio di posta elettronica tra la ricorrente e la direzione del personale e, dall’altra, su un estratto del calendario elettronico di tale direzione. All’udienza, esso ha manifestato la sua volontà di far valere anche un altro elemento, e cioè un messaggio di posta elettronica del 15 marzo 2019.

26      Per quanto riguarda, in primo luogo, lo scambio di posta elettronica allegato al controricorso, risulta dal fascicolo che, il 26 marzo 2019, la ricorrente ha inviato alla direzione del personale una domanda formulata nei seguenti termini:

«[Il presidente del gruppo I] mi ha appena informato che, a seguito della vostra ultima conversazione, dovrei contattarvi per fissare un appuntamento. Il motivo di questa domanda è quello di cercare un mezzo per far avanzare la ricostruzione della mia carriera e il mio reinquadramento.»

27      Il CESE sostiene che la ricorrente non avrebbe chiesto tale colloquio urgente se non avesse appreso, lo stesso giorno, che la sua posizione non avrebbe formato oggetto di una proposta di reinquadramento per l’esercizio 2019.

28      Nella replica, la ricorrente ha precisato di aver inviato il detto messaggio di posta elettronica a seguito di una conversazione con il presidente del gruppo I, che era passato nel suo ufficio. In presenza di un altro collega, egli le avrebbe consigliato di contattare la direzione del personale riguardo alla ricostruzione della sua carriera. Quanto alla menzione del «reinquadramento» in tale messaggio di posta elettronica, la ricorrente ha fatto rilevare, all’udienza, che il procedimento di ricostruzione della carriera comporta necessariamente il reinquadramento in un grado.

29      Il 27 marzo 2019, la direzione del personale ha risposto al messaggio di posta elettronica della ricorrente di cui al precedente punto 26 nei seguenti termini:

«In seguito alla sua domanda, potrebbe indicarmi quando potremo incontrarci per discutere della situazione della sua carriera (…)»

30      Orbene, si deve necessariamente constatare, alla luce della giurisprudenza citata al precedente punto 24, che, di per se stesso, tale scambio di posta elettronica non comprova in nessun modo il contenuto della riunione del 26 marzo 2019. Pertanto, esso non è tale da attestare che, nel corso di tale riunione, la decisione impugnata sia stata portata a conoscenza della ricorrente, così come sostiene il CESE.

31      Infatti, come risulta dalla spiegazione fornita dalla ricorrente all’udienza (v. precedente punto 28), il semplice riferimento da lei fatto nel suo messaggio di posta elettronica del 26 marzo 2019 al suo reinquadramento non permette di concludere inequivocabilmente che ella avesse preso conoscenza della decisione impugnata alla data asserita dal CESE. Ciò vale tanto più in quanto, in tale messaggio di posta elettronica, la ricorrente si preoccupava soltanto di «fare avanzare» il suo reinquadramento, e non di un diniego di concederglielo, il che costituisce un modo di procedere del tutto comprensibile nel contesto di una domanda di ricostruzione di carriera.

32      In secondo luogo, a integrazione di tale scambio di posta elettronica, il CESE produce un estratto del calendario elettronico della direzione del personale attestante. a suo dire, una riunione del 28 marzo 2019 della durata di circa un’ora tra la ricorrente e tale direzione. Nel corso di tale riunione, quest’ultima avrebbe informato la ricorrente della motivazione della decisione impugnata, di cui la ricorrente avrebbe preso conoscenza il 26 marzo 2019. Tuttavia, occorre subito osservare che tale affermazione è in contraddizione con la decisione sul reclamo, come risulta dal precedente punto 20.

33      Inoltre, la detta affermazione non è suffragata da alcun elemento di prova. In particolare, l’estratto del calendario elettronico di cui al precedente punto 32, non contiene alcuna precisazione sull’oggetto della riunione del 28 marzo 2019 e il CESE non ha comunicato né un verbale di tale riunione e neppure una dichiarazione proveniente dalla direzione del personale che fornisca indicazioni sugli argomenti trattati nel corso di tale riunione.

34      In terzo luogo, il CESE fa valere il messaggio di posta elettronica del 15 marzo 2019, da esso prodotto nel corso dell’udienza, con il quale il presidente del gruppo I ha proposto il reinquadramento di due agenti in servizio presso il segretariato del detto gruppo. Secondo il CESE, ne discenderebbe che la ricorrente ha necessariamente preso conoscenza della decisione impugnata in occasione della riunione del 26 marzo 2019.

35      A questo proposito, occorre rilevare che l’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale dispone, in particolare, che le parti possono ancora produrre offerte di prova prima della chiusura della fase orale del procedimento, a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato.

36      Orbene, nella fattispecie, il CESE non ha giustificato il ritardo nella presentazione dell’offerta in prova di cui al precedente punto 34. Tale constatazione è tanto più necessaria in quanto, già in fase di replica, la ricorrente contestava l’asserzione del CESE contenuta nel controricorso per quanto riguarda il contenuto della riunione del 28 marzo 2019. Ne consegue che la produzione del messaggio di posta elettronica del 15 marzo 2019 dev’essere considerata tardiva, in applicazione dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura, cosicché tale documento dev’essere rigettato in quanto irricevibile.

37      In ogni caso, si deve necessariamente constatare che il messaggio di posta elettronica del 15 marzo 2019 costituisce una semplice proposta di reinquadramento proveniente dal presidente del gruppo I, la quale, in quanto atto preparatorio, non costituisce la decisione con la quale il segretario generale, in qualità di ACCC, ha negato il reinquadramento alla ricorrente.

38      A tale riguardo, si deve ricordare che costituiscono atti o decisioni impugnabili con ricorso di annullamento solo le misure che producono effetti giuridici vincolanti tali da incidere sugli interessi del ricorrente, modificando, in maniera sensibile, la situazione giuridica di quest’ultimo. Quando si tratta di atti o di decisioni la cui elaborazione avviene in più fasi, in particolare nel corso di una procedura interna, come quella relativa alla procedura in materia di reinquadramento degli agenti temporanei, costituiscono atti impugnabili solo le misure che fissano definitivamente la posizione dell’istituzione al termine di tale procedura. Per contro, le misure intermedie, il cui scopo è quello di preparare la decisione finale, non arrecano pregiudizio ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto e possono essere contestate solo in via incidentale in occasione di un ricorso contro gli atti annullabili (v., per analogia, sentenze del 5 marzo 2003, Staelen/Parlamento, T‑24/01, EU:T:2003:52, punto 32 e giurisprudenza citata, e del 21 settembre 2015, Anagnostu e a./Commissione, F‑72/11, EU:F:2015:103, punto 38).

39      Orbene, è giocoforza constatare che, anche supponendo che la mancata menzione della ricorrente nel messaggio di posta elettronica del 15 marzo 2019 possa interpretarsi come una decisione del presidente del gruppo I di non proporre il reinquadramento di quest’ultima al segretario generale, tale atto costituisce solo una delle fasi che si susseguono nel procedimento di reinquadramento che si conclude con la decisione di reinquadrare, se del caso, altri agenti temporanei – decisione che dovrebbe, peraltro, formare oggetto di pubblicazione ai sensi dell’articolo 25, terzo comma, dello Statuto applicabile agli agenti temporanei in forza dell’articolo 11 del RAA. Solo al momento della compilazione dell’elenco degli agenti temporanei reinquadrati debitamente pubblicato, la situazione giuridica degli agenti temporanei candidati ad un reinquadramento può essere pregiudicata. Ne consegue che le proposte del presidente del gruppo I costituiscono atti preparatori della decisione dell’AACC con cui viene compilato l’elenco degli agenti temporanei reinquadrati (v., in questo senso e per analogia, sentenze del 19 marzo 2003, Tsarnavas/Commissione, da T‑188/01 a T‑190/01, EU:T:2003:77, punto 73 e giurisprudenza citata, e del 21 settembre 2015, Anagnostu e a./Commissione, F‑72/11, EU:F:2015:103, punto 39).

40      Tuttavia, poiché è pacifico che le decisioni vertenti sul reinquadramento degli agenti temporanei adottate dal segretario generale non hanno formato oggetto di pubblicazione conformemente all’articolo 25, terzo comma, dello Statuto e poiché il CESE ha dichiarato nel corso dell’udienza che la data di adozione della decisione del segretario generale in qualità di AACC, relativa alle proposte di reinquadramento contenute nel messaggio di posta elettronica del 15 marzo 2019 gli era ignota, la ricorrente era ancor meno in grado di sapere quando la decisione impugnata fosse stata adottata. Il CESE non può quindi validamente sostenere che la ricorrente abbia utilmente preso conoscenza della detta decisione al più tardi il 26 marzo 2019, di talché il reclamo non era tardivo.

41      Di conseguenza, si deve rigettare l’eccezione di irricevibilità sollevata dal CESE e dichiarare ricevibile il presente ricorso.

 Sulla domanda di annullamento

42      A sostegno della sua domanda di annullamento, la ricorrente fa valere quattro motivi. Alla luce del contenuto del ricorso, occorre tuttavia enumerarne cinque. Il primo è relativo, sostanzialmente, alla violazione dell’obbligo di motivazione della decisione impugnata. Gli altri quattro motivi sono rispettivamente relativi, il secondo, alla violazione del principio di parità di trattamento, il terzo, alla violazione del principio di certezza del diritto, il quarto, ad un errore manifesto di valutazione e, il quinto, alla violazione del dovere di sollecitudine.

43      Nelle circostanze del caso di specie, il Tribunale ritiene opportuno esaminare, innanzitutto e in maniera concomitante, il secondo e il terzo motivo, relativi, rispettivamente, alla violazione dei principi di parità di trattamento e di certezza del diritto.

44      In sostanza, la ricorrente contesta al CESE di aver violato il principio di parità di trattamento, in forza del quale quest’ultimo sarebbe stato tenuto a fissare criteri obiettivi e trasparenti che consentissero agli agenti temporanei di conoscere le modalità del loro reinquadramento, e sostiene che la mancanza di una procedura chiara, precisa, prevedibile e trasparente in tale materia lede il principio di certezza del diritto.

 Sulla ricevibilità del secondo e del terzo motivo

45      Il CESE solleva un’eccezione di irricevibilità per quanto riguarda il secondo e il terzo motivo, in quanto la ricorrente non spiegherebbe in che modo la mancanza di norme scritte in materia di reinquadramento degli agenti temporanei le arrecherebbe personalmente pregiudizio, cosicché gli argomenti addotti nell’ambito di tali motivi sarebbero invocati nel solo interesse della legge e, di conseguenza, dovrebbero essere considerati irricevibili.

46      Al riguardo, si deve rilevare che sebbene secondo una giurisprudenza costante un funzionario non è legittimato ad agire nell’interesse della legge o delle istituzioni e può far valere, a sostegno di un ricorso di annullamento, solo le censure e lui personali, basta tuttavia che la pretesa illegittimità abbia avuto conseguenze sulla sua situazione giuridica perché la censura che il ricorrente deduce al riguardo sia considerata come una censura personale (sentenza del 10 novembre 2011, Merhzaoui/Consiglio, F‑18/09, EU:F:2011:180, punto 63). Orbene, la ricorrente asserisce appunto, nella fattispecie, che la sua situazione giuridica personale è stata pregiudicata per la mancanza di criteri chiari e precisi in materia di reinquadramento degli agenti temporanei nell’esercizio di reinquadramento 2019, in violazione dei principi di parità di trattamento e di certezza del diritto. Ne consegue che il secondo e il terzo motivo sono ricevibili.

 Sulla fondatezza del secondo e del terzo motivo

47      Il principio di certezza del diritto mira a garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici rientranti nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione (sentenza del 3 luglio 2019, PT/BEI, T‑573/16, EU:T:2019:481, punto 233) ed esige che qualsiasi atto dell’amministrazione produttivo di effetti giuridici sia chiaro e preciso, affinché gli interessati possano conoscere inequivocabilmente i loro diritti e obblighi e regolarsi di conseguenza (v., in questo senso, sentenza del 27 gennaio 2016, DF/Commissione, T‑782/14 P, EU:T:2016:29, punto 45 e giurisprudenza citata). Tale esigenza si impone, in particolare, quando l’atto di cui trattasi può comportare conseguenze sfavorevoli in capo agli interessati (v., in questo senso, sentenza dell’11 maggio 2017, Deza/ECHA, T‑115/15, EU:T:2017:329, punto 135).

48      In tale contesto, si deve rilevare che il CESE, con la decisione no 114/16A recante adozione delle norme in materia di promozione, ha fissato regole scritte e codificate in materia di reinquadramento degli agenti contrattuali e dei funzionari.

49      Per contro, è pacifico che il CESE non ha adottato alcuna decisione di tale natura in materia di reinquadramento degli agenti temporanei. Non esiste quindi alcun atto vincolante né alcun altro documento che precisi gli elementi di analisi alla luce dei quali tali agenti possono beneficiare di un reinquadramento o il collegamento eventuale tra il meccanismo di valutazione degli agenti temporanei istituito dal CESE e le possibilità di reinquadramento o ancora le garanzie che accompagnano l’esame delle situazioni individuali prima dell’adozione delle decisioni in tale materia.

50      Il CESE fa nondimeno valere l’esistenza di una prassi consolidata in materia di reinquadramento degli agenti temporanei, che sarebbe nota a questi ultimi e soddisferebbe i requisiti previsti dal RAA e dalla giurisprudenza. La ricorrente contesta l’esistenza di una prassi del genere e, in ogni caso, ritiene che essa non sia conforme né al principio di parità di trattamento, né al principio di certezza del diritto.

51      L’articolo 80, paragrafo 3, del regolamento interno del CESE precisa che i poteri dell’AACC quanto all’applicazione in particolare dell’articolo 10, paragrafo 3, del RAA che disciplina il reinquadramento degli agenti temporanei sono esercitati dal segretario generale, sulla base delle proposte presentate dai presidenti dei tre gruppi del CESE. Tali proposte sono a loro volta il frutto delle proposte formulate dai capi unità per gli agenti temporanei in servizio presso la loro unità e dipendono, inoltre, dalle disponibilità di bilancio.

52      Risulta dalle precisazioni apportate dal CESE all’udienza che la prassi di cui esso si avvale riguarda in particolare lo svolgimento procedurale dell’esercizio di reinquadramento, mentre, sotto un profilo sostanziale, il reinquadramento degli agenti temporanei avverrebbe in base al raffronto dei meriti e nel rispetto del principio di parità di trattamento. Tuttavia, il CESE ha sottolineato che la sua specificità, in particolare il carattere «eminentemente politico» della sua composizione, osta a che esso possa dotarsi di un sistema di reinquadramento degli agenti temporanei fondato sulla valutazione dei meriti, analogo a quello applicabile ai funzionari a norma dell’articolo 45 dello Statuto. Esso ha aggiunto al riguardo che i criteri rilevanti per l’esercizio di reinquadramento degli agenti temporanei sono «fondamentalmente diversi» da quelli da prendere in considerazione nel contesto della promozione dei funzionari.

53      Nei suoi scritti, il CESE sostiene altresì che, per il reinquadramento degli agenti temporanei in seno ai tre gruppi che lo compongono, esso prende in considerazione, in particolare, la disponibilità di posti previsti in bilancio nonché le percentuali di promozione fissate all’allegato I.B dello Statuto, al fine di tener conto dell’anzianità degli agenti nel rispettivo grado (anzianità la cui durata media è di quattro anni in un grado).

54      Secondo la giurisprudenza, le istituzioni godono di una libertà di scelta in materia di organizzazione e di gestione del personale, e in particolare, di conseguenza, non hanno l’obbligo di adottare uno specifico sistema di valutazione e di reinquadramento anziché un altro (v., in questo senso, sentenza del 14 febbraio 2007, Simões Dos Santos/UAMI, T‑435/04, EU:T:2007:50, punto 132 e giurisprudenza citata), purché rispettino i principi generali del diritto dell’Unione, segnatamente il principio di parità di trattamento.

55      Inoltre, il RAA non prevede alcuna disposizione specifica vertente sul reinquadramento degli agenti temporanei, al pari di quelle di cui all’articolo 45 dello Statuto applicabile ai funzionari. Al riguardo, il CESE fa valere, giustamente, che le norme applicabili al reinquadramento di agenti temporanei non possono essere identiche a quelle applicabili ai funzionari. Infatti, gli agenti temporanei non hanno, rispetto ai funzionari, la stessa aspettativa di carriera in seno alla loro istituzione (sull’aspettativa di carriera dei funzionari, v. sentenza del 2007, Silva/Commissione, F‑21/06, EU:F:2007:116, punti 70, 71 e 76). Allo stesso modo, la valutazione dei meriti professionali degli agenti temporanei assunti, come la ricorrente, sul fondamento dell’articolo 2, lettera c), del RAA può basarsi su elementi di analisi che prendano in considerazione la specificità del rapporto di impiego che li vincola all’istituzione, in particolare l’esistenza di un rapporto di fiducia di natura particolare, e, eventualmente, il contesto politico nel quale vengono svolte le loro mansioni.

56      Nondimeno, ogni esercizio di reinquadramento deve svolgersi nel rispetto dei principi generali del diritto quali il principio di parità di trattamento, sancito anche dall’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che si impongono a tutti gli organi, organismi e istituzioni dell’Unione, nonché quello di certezza del diritto (v. sentenze del 13 luglio 2018, K. Chrysostomides & Co. e a./Consiglio e a., T‑680/13, EU:T:2018:486, punto 440, e del 3 luglio 2019, PT/BEI, T‑573/16, EU:T:2019:481, punto 233 e giurisprudenza citata). Il CESE non lo ha, peraltro, contestato.

57      Al riguardo, secondo costante giurisprudenza, la parità di trattamento costituisce un principio generale e fondamentale del diritto dell’Unione che impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che una differenziazione non sia obiettivamente giustificata. Si configura una violazione del principio di parità di trattamento quando a due categorie di persone, le cui situazioni di fatto e di diritto non presentino differenze sostanziali, viene applicato un trattamento diverso o quando situazioni diverse sono trattate in maniera identica (v., in questo senso, sentenza del 20 febbraio 2009, Commissione/Bertolete e a., da T‑359/07 P a T‑361/07 P, EU:T:2009:40, punti 37 e 38 e giurisprudenza citata).

58      Il rispetto del detto principio esige che l’istituzione, l’organo o l’organismo dell’Unione si doti di un complesso di elementi di analisi, come i rapporti informativi, per fondare la loro valutazione dei meriti, al fine di evitare il rischio di arbitri e di garantire un pari trattamento tra i candidati idonei alla promozione (v., in questo senso e per analogia, sentenza del 15 dicembre 2015, Bonazzi/Commissione, F‑88/15, EU:F:2015:150, punto 61 e giurisprudenza citata).

59      Poi, anche se, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 54, le istituzioni godono di un potere discrezionale, spetta tuttavia al giudice dell’Unione verificare se l’istituzione, l’organo o l’organismo dell’Unione di cui trattasi, nella fattispecie il CESE, ha rispettato i principi di parità di trattamento e di certezza del diritto nel contesto dell’organizzazione dell’esercizio di reinquadramento degli agenti temporanei e, in particolare, nel contesto dell’esame comparativo da cui procede tale esercizio (v., in questo senso, sentenze del 13 luglio 2018, K. Chrysostomides & Co. e a./Consiglio e a., T‑680/13, EU:T:2018:486, punto 440, e del 3 luglio 2019, PT/BEI, T‑573/16, EU:T:2019:481, punto 233 e giurisprudenza citata).

60      Orbene, come risulta dal precedente punto 49, relativamente al reinquadramento degli agenti temporanei, il CESE non ha predisposto elementi di analisi che consentano di procedere ad un raffronto dei meriti che sia conforme al principio di parità di trattamento. Le sole condizioni enunciate al precedente punto 53 non possono bastare a selezionare gli agenti temporanei candidati ad un reinquadramento. La prassi seguita in questo ambito dal CESE non garantisce pertanto che le proposte di reinquadramento siano formulate su basi comuni da tutti i capi unità e i presidenti di gruppo e che le decisioni del segretario generale in qualità di AACC siano conformi al principio di parità di trattamento.

61      Tale mancanza di elementi di analisi è tanto più censurabile in quanto, come si è rilevato al precedente punto 40, le decisioni in materia di reinquadramento non formano oggetto di pubblicazione in seno al CESE conformemente all’articolo 25, terzo comma, dello Statuto, il che viola altresì il principio di certezza del diritto.

62      Al riguardo, si deve ricordare che l’obbligo di trasparenza è il corollario del principio di parità di trattamento, poiché esso è diretto a garantire un grado di pubblicità adeguato che consenta il controllo dell’imparzialità e dell’assenza di arbitri da parte dell’amministrazione (v., in questo senso e per analogia, sentenza del 15 aprile 2011, IPK International/Commissione, T‑297/05, EU:T:2011:185, punto 124).

63      Ne consegue che la mancanza di pubblicazione da parte del CESE delle decisioni di reinquadramento è non soltanto in contrasto con le disposizioni statutarie, ma anche tale da pregiudicare i diritti degli agenti temporanei alle dipendenze dei segretariati dei vari gruppi del CESE, in quanto impedisce il controllo dell’imparzialità da parte dell’amministrazione in occasione di un esercizio di reinquadramento.

64      La ricorrente fa valere al riguardo che, contrariamente ai suoi colleghi anch’essi alle dipendenze dei segretariati dei tre gruppi del CESE, la sua carriera è progredita con particolare lentezza. Infatti, in 19 anni, il suo inquadramento sarebbe stato modificato solo a due riprese, con decorrenza, rispettivamente, 1° gennaio 2007 e 1° gennaio 2016.

65      A sostegno del suo ragionamento, ella produce una tabella comparativa, da lei redatta, diretta a dimostrare che i suoi colleghi agenti temporanei in servizio in seno ai tre gruppi del CESE hanno avuto una progressione di carriera più rapida della sua.

66      Orbene, l’applicazione del criterio di quattro anni di anzianità in materia di reinquadramento degli agenti temporanei, così come l’applicazione del principio di parità di trattamento, su cui il CESE cerca di far leva (v. precedente punto 53), non risultano dalla tabella comparativa redatta dalla ricorrente. Infatti, tale tabella fa emergere l’esistenza di differenze significative per quanto riguarda il ritmo di reinquadramento tra vari agenti temporanei alle dipendenze dei segretariati dei tre gruppi del CESE. A mo’ d’esempio, per quanto riguarda il gruppo I, al quale è assegnata la ricorrente, risulta da tale tabella che un agente temporaneo è avanzato di tre gradi (da AST 2 a AST 5) in due anni appena, mentre un altro agente ha ottenuto un avanzamento analogo (da AST 3 a AD 6) in quasi sei anni. Lo stesso vale per quanto riguarda gli agenti temporanei alle dipendenze del segretariato del gruppo dei lavoratori, per i quali le differenze nella progressione di carriera sono ancora più significative. A titolo indicativo, in quest’ultimo gruppo, risulta che un agente temporaneo è avanzato di due gradi (da AST 4 a AST 6) in sei anni, mentre un altro agente è avanzato di tre gradi (da AST 4 a AST 7) in diciannove anni.

67      Il CESE non adduce alcun argomento tale da confutare il contenuto di tale tabella o gli argomenti della ricorrente relativi alle differenze per quanto riguarda il ritmo di progressione di carriera tra gli agenti temporanei assegnati ai segretariati dei gruppi del CESE, in particolare al segretariato del gruppo I. In particolare, il CESE non fornisce alcuna indicazione che consenta di concludere che l’applicazione dei criteri alla luce dei quali esso sostiene di procedere al reinquadramento degli agenti temporanei, e cioè, in particolare, la disponibilità dei posti e la regola di anzianità nel grado, avviene nel rispetto del principio di parità di trattamento.

68      In presenza di un insieme di indizi sufficientemente concordanti che vengono a corroborare gli argomenti della parte ricorrente, spetta all’istituzione convenuta fornire la prova dell’esistenza di una prassi conforme al detto principio, attraverso elementi oggettivi che possano formare oggetto di controllo giurisdizionale (v., in questo senso e per analogia, sentenza dell’8 novembre 2018, RA/Corte dei conti, T‑874/16, non pubblicata, EU:T:2018:757, punto 56).

69      Orbene, si deve rilevare che il CESE descrive come è stato organizzato l’esercizio di reinquadramento 2019 indicando solo in maniera evasiva quale sia stato il metodo seguito dall’AACC per operare il raffronto dei meriti degli agenti temporanei candidati al reinquadramento. Infatti, le spiegazioni fornite dal CESE non consentono di stabilire né in che modo né su quale base l’AACC, ossia il presidente del gruppo I, avrebbe effettivamente operato tale raffronto dei meriti in relazione a elementi di analisi che siano riflesso della struttura, delle esigenze e dell’organizzazione specifica del CESE (v., in questo senso e per analogia, sentenza dell’8 novembre 2018, RA/Corte dei conti, T‑874/16, non pubblicata, EU:T:2018:757, punto 57).

70      Queste considerazioni non sono inficiate dagli altri argomenti addotti dal CESE.

71      In primo luogo, il CESE fa valere che non gli è possibile istituire un regime di reinquadramento degli agenti temporanei analogo al regime di promozione dei funzionari, fondato unicamente su un regime di raffronto di meriti, in quanto il reinquadramento degli agenti temporanei in seno al CESE avviene in relazione a considerazioni diverse. Al riguardo, esso adduce varie esigenze di carattere organizzativo.

72      In primo luogo, secondo il CESE, il reinquadramento di agente temporaneo presuppone una modifica sensibile delle mansioni svolte da quest’ultimo. In secondo luogo, esso fa rilevare che gli agenti temporanei in servizio presso il CESE rientrano in una voce di bilancio diversa da quella dei funzionari, dato che essi occupano posti non permanenti. Per questo motivo, ogni inquadramento sarebbe subordinato alla disponibilità di uno stanziamento assegnato annualmente. In terzo luogo, e di conseguenza, poiché il numero di posti previsti per gli agenti temporanei sarebbe tassativamente fissato a causa dei vincoli di bilancio, il reinquadramento di un agente temporaneo potrebbe avvenire solo se un posto vacante corrispondente al nuovo grado si rendesse disponibile. Al riguardo, il CESE osserva, in particolare, che un regime di reinquadramento fondato sul raffronto di meriti, come quello relativo alla promozione dei funzionari, non consente di garantire una ripartizione omogenea delle funzioni corrispondenti ai gradi da AST 1 a AST 9 in seno al CESE, in particolare nelle unità che operano con organici molto ridotti, come i segretariati dei gruppi che lo compongono.

73      Nondimeno, si deve necessariamente constatare che le esigenze fatte valere dal CESE non sono, in quanto tali, né specifiche della struttura e dell’organizzazione dei segretariati dei detti gruppi, né insormontabili, e non possono essere considerate tali da impedire l’introduzione di elementi di analisi comparativi chiari, oggettivi e trasparenti nell’ambito dell’esercizio di reinquadramento degli agenti temporanei che consentano di garantire il rispetto dei principi di certezza del diritto e di parità di trattamento.

74      Quanto alle considerazioni di ordine finanziario invocate dal CESE, si deve sottolineare che esse non possono giustificare di per sé la mancanza di procedure o di norme interne chiare, precise e non discriminatorie in materia di reinquadramento degli agenti temporanei (v., in questo senso e per analogia, sentenza del 20 luglio 2016, RN/Commissione, F‑104/15, EU:F:2016:163, punto 72).

75      In secondo luogo, all’udienza, il CESE ha sostenuto che, costituendo esso un organo a carattere «eminentemente politico», i meriti da prendere in considerazione nell’ambito del reinquadramento dei suoi agenti temporanei sono diversi da quelli di cui tener conto nell’ambito della promozione dei funzionari disciplinata dall’articolo 45 dello Statuto.

76      È vero che, come risulta dai precedenti punti 54 e 59, le istituzioni sono libere di definire gli elementi di analisi secondo le loro specifiche esigenze di servizio e le loro rispettive particolarità organizzative e non sono tenute a trasporre le norme applicabili alla promozione dei funzionari al reinquadramento degli agenti temporanei.

77      A questo proposito, il CESE rileva che, benché l’articolo 16, primo comma, del RAA renda le disposizioni dell’articolo 45 dello Statuto applicabili agli agenti temporanei assegnati a gruppi politici del Parlamento europeo, e non agli agenti temporanei assegnati ai gruppi del CESE, i criteri del detto articolo 45, diretti all’esame comparativo dei meriti e alla presa in considerazione dell’anzianità nel grado, costituiscono principi inerenti a tutte le direttive interne applicabili al personale del CESE.

78      Tuttavia, in primo luogo, tale affermazione di ordine generale non permette né di comprendere come i criteri sanciti all’articolo 45 dello Statuto siano applicati al reinquadramento degli agenti temporanei del CESE, né di verificare se essi siano stati effettivamente applicati nel caso di specie.

79      In secondo luogo, e in ogni caso, tale affermazione appare in contrasto con l’argomento addotto dal CESE all’udienza secondo il quale il suo carattere «eminentemente politico» osterebbe alla possibilità di introdurre un regime di reinquadramento degli agenti temporanei fondato sul raffronto dei meriti, analogo al sistema di promozione previsto all’articolo 45 dello Statuto. Inoltre, basta osservare che, poiché tale disposizione, letta congiuntamente all’articolo 16, primo comma, del RAA, prevede un sistema di promozione fondato sui meriti in particolare per gli agenti temporanei assegnati a gruppi politici del Parlamento, i quali costituiscono gruppi politici per eccellenza, il CESE non può legittimamente sostenere che la natura politica dei gruppi che lo compongono gli impedisce di dotarsi di un sistema per il raffronto dei meriti degli agenti temporanei assegnati ai detti gruppi.

80      Spetta alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione, nell’ambito dell’esercizio della loro libertà organizzativa considerata ai precedenti punti 54 e 59, definire preventivamente gli elementi di analisi comparativi, al fine di rispettare il principio di parità di trattamento e di certezza del diritto tenendo conto, nel contempo, delle loro specifiche esigenze di servizio. Ne consegue che il CESE non può legittimamente far valere l’impossibilità, che gli sarebbe peculiare, di adottare elementi di analisi di meriti trasparenti, prevedibili e non discriminatori, al fine di consentire al suo personale di valutare la legittimità delle decisioni di reinquadramento e al Tribunale di sindacare tale legittimità alla luce dei principi della certezza del diritto e di parità di trattamento

81      Pertanto, si debbono accogliere i motivi secondo e terzo e, di conseguenza, si deve annullare la decisione impugnata dal momento che essa viola i principi di parità di trattamento e di certezza del diritto, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi dedotti dalla ricorrente nell’ambito della sua domanda di annullamento.

 Sulla domanda risarcitoria

82      La ricorrente ritiene di aver subito un danno morale a seguito della situazione di incertezza in cui ella si trova quanto all’evoluzione della sua carriera, che sarebbe una conseguenza della mancata adozione da parte del CESE di criteri chiari, trasparenti e non discriminatori in materia di reinquadramento degli agenti temporanei. Ella considera che sussisterà sempre un dubbio quanto alla valutazione dei meriti di cui ella avrebbe potuto dare prova se fossero stati preventivamente fissati criteri chiari e precisi. Ella chiede, di conseguenza, la condanna del CESE a versarle un risarcimento danni stimato, ex aequo et bono, in EUR 2000.

83      Il CESE ritiene che gli argomenti addotti dalla ricorrente nell’ambito della domanda risarcitoria siano infondati. In primo luogo, il CESE non avrebbe commesso un illecito tale da causare un danno alla ricorrente. In secondo luogo, poiché la decisione impugnata sarebbe stata emanata in un contesto noto alla ricorrente, quest’ultima non potrebbe far valere l’esistenza di un’incertezza quanto alla sua progressione di carriera per fondare la sua domanda di risarcimento danni.

84      In via preliminare, occorre ricordare che l’insorgere della responsabilità di un’istituzione, di un organo o di un organismo dell’Unione è subordinato al concorso di un insieme di condizioni, e cioè l’illiceità del comportamento ad esso addebitato, l’effettiva esistenza del danno asserito e l’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento contestato e il danno lamentato, condizioni – queste tre – cumulative (v. sentenza del 3 ottobre 2019, DQ e a./Parlamento, T‑730/18, EU:T:2019:725, punto 47 e giurisprudenza citata).

85      Nella fattispecie, le tre condizioni cumulative di cui al precedente punto 84, e cioè l’illecito commesso dal CESE, il danno subito dalla ricorrente e il nesso di causalità tra questi due elementi, sono soddisfatte.

86      Secondo la giurisprudenza, l’annullamento di un atto viziato da illegittimità, come la decisione impugnata, costituisce di per sé il risarcimento adeguato e, in linea di principio, sufficiente di ogni danno morale che tale atto possa aver causato, a meno che il ricorrente non dimostri di aver subito un danno morale separabile dall’illegittimità su cui si basa l’annullamento e che non possa essere integralmente riparato attraverso tale annullamento (v. sentenze del 19 maggio 2015, Brune/Commissione, F‑59/14, EU:F:2015:50, punto 80 e giurisprudenza citata, e del 16 luglio 2015, Murariu/AEAPP, F‑116/14, EU:F:2015:89, punto 150 e giurisprudenza citata).

87      Nella fattispecie, tuttavia, l’annullamento della decisione impugnata non è in quanto tale idoneo a compensare integralmente il danno morale subito dalla ricorrente.

88      Certo, in forza dell’articolo 266 TFUE, il CESE è tenuto a dare esecuzione alla presente sentenza fondando l’esercizio di reinquadramento degli agenti temporanei sulla base di elementi di analisi chiari, trasparenti e non discriminatori. Tuttavia, l’illecito relativo alla mancanza dei detti elementi prima della proposizione del presente ricorso non potrà essere facilmente corretto in maniera retroattiva. Infatti, è impossibile prevedere le caratteristiche degli elementi di analisi che il CESE potrebbe adottare ed è difficile stabilire come le prestazioni della ricorrente potrebbero essere valutate in relazione a questi ultimi. Pertanto, a prescindere dal carattere dei meccanismi adottati dal CESE, rimarrà un dubbio quanto alla prospettiva di reinquadramento della ricorrente in maniera retroattiva come pure, se del caso, quanto alle prestazioni di cui la ricorrente avrebbe potuto dare prova se gli elementi di analisi in materia di reinquadramento fossero stati fissati all’inizio. Tale dubbio configura un pregiudizio derivante direttamente dall’illecito commesso dal CESE e l’incertezza percepita dalla ricorrente quanto alla sua progressione di carriera non può essere risarcita attraverso le misure di esecuzione della sentenza che saranno adottate dal CESE (v., in questo senso e per analogia, sentenza del 12 maggio 2011, AQ/Commissione, F‑66/10, EU:F:2011:56, punto 110).

89      Di conseguenza, il Tribunale, quantificando ex æquo et bono il danno così subito dalla ricorrente, considera, conformemente alle conclusioni di quest’ultima, che una somma di EUR 2 000 costituisce un risarcimento adeguato del danno morale subito a seguito dell’illecito commesso dal CESE.

 Sulle spese

90      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Essendo rimasto soccombente, il CESE dev’essere condannato alle spese, conformemente alle conclusioni della ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione del Comitato economico e sociale europeo (CESE) con cui è stato negato il reinquadramento della sig.ra Paula Correia per l’esercizio di reinquadramento 2019 è annullata.

2)      Il CESE è condannato a versare alla sig.ra Correia una somma di EUR 2 000 a titolo di risarcimento del danno morale da lei subito.

3)      Il CESE è condannato alle spese.

Gervasoni

Nihoul

Frendo

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 28 aprile 2021.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.