Language of document : ECLI:EU:T:1998:204

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

15 settembre 1998 (1)

«Agricoltura - Finanziamento delle misure d'intervento - Sospensione di qualsiasi pagamento dovuto per il magazzinaggio di una partita di olio d'oliva in attesa di una verifica delle sue caratteristiche - Ricorso di annullamento e per risarcimento danni»

Nella causa T-54/96,

Oleifici Italiani SpA, società di diritto italiano, con sede in Ostuni,

Fratelli Rubino Industrie Olearie SpA, società di diritto italiano, con sede in Bari,

con gli avv.ti Antonio Tizzano, Gian Michele Roberti e Francesco Sciaudone, del foro di Napoli, 36, place du Grand Sablon, Bruxelles,

ricorrenti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Eugenio de March, consigliere giuridico, in qualità di agente, assistito dall'avv. Alberto Dal Ferro, del foro di Vicenza, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

convenuta,

avente ad oggetto il ricorso diretto, da un lato, all'annullamento della lettera della Commissione 7 febbraio 1996, indirizzata, in particolare, alle autorità italiane e all'Azienda di Stato per gli Interventi nel Mercato Agricolo, organismo d'intervento italiano, con cui essa avrebbe assertivamente disposto il blocco di qualsiasi pagamento dovuto per il magazzinaggio degli oli d'oliva per le campagne 1991/1992 e 1992/1993 in attesa di una verifica del loro contenuto di cere, e, dall'altro, al risarcimento del danno assertivamente subito dalle ricorrenti in seguito al comportamento della Commissione,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

composto dai signori A. Kalogeropoulos, presidente, C.W. Bellamy e J. Pirrung, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 10 giugno 1998,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Contesto normativo

Il finanziamento delle misure d'intervento nel settore dell'olio d'oliva

1.
    Il regolamento (CEE) del Consiglio 22 settembre 1966, n. 136, relativo all'attuazione di un'organizzazione comune dei mercati nei settori dei grassi (GU 1966; pag. 3025, in prosieguo; il «regolamento base»), prevede, in particolare, un sostegno finanziario comunitario per la produzione dell'olio d'oliva (quarto 'considerando‘). A tal fine il regolamento istituisce un meccanismo attraverso il quale in ciascuno Stato membro produttore di olio d'oliva l'organismo d'intervento istituito in tal senso acquista, al prezzo d'intervento, l'olio d'oliva di origine comunitaria che gli è offerto. Il prezzo d'intervento varia in funzione della qualità dell'olio, che è determinata in base alle denominazioni e definizioni contenute nell'allegato del regolamento. Tale allegato contiene, in ordine decrescente di qualità, le seguente denominazioni:

1.    Olio d'oliva vergine

    a)    olio d'oliva vergine extra

    b)    olio d'oliva vergine fino

    c)    olio d'oliva vergine corrente

    d)    olio d'oliva vergine lampante

2.    ( ... )

3.    ( ... )

4.    Olio di sansa d'oliva

5.    ( ... )

6.    ( ... )

7.    ( ... ).

2.
    Il regolamento (CEE) del Consiglio 21 aprile 1970, n. 729, relativo al finanziamento della politica agricola comune (GU L 94, pag. 13; in prosieguo: il «regolamento n. 729/70»), prevede, all'art. 3, n. 1, che il Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (in prosieguo: il «FEAOG») finanzi, a norma dell'art. 1, n. 2, lett. b), gli interventi destinati a regolarizzare i mercati agricoli, adottati secondo le norme comunitarie nel quadro dell'organizzazione comune dei mercati agricoli.

3.
    Ai sensi dell'art. 4 del detto regolamento, gli Stati membri designano i servizi e gli organismi da essi autorizzati al pagamento delle spese per tali interventi (n. 1), mentre la Commissione mette a disposizione degli Stati membri i fondi necessari affinché gli organismi così designati procedano, in conformità delle norme comunitarie e nazionali, a tali pagamenti (n. 2).

4.
    A tenore dell'art. 5, n. 2, dello stesso regolamento, la Commissione decide, all'inizio di ogni anno, in merito ad un anticipo agli organismi designati e, nel corso dell'anno, in merito a versamenti supplementari per coprire le spese che deve sostenere un organismo [lett. a)]; prima della fine dell'anno successivo, la Commissione procede alla liquidazione dei conti degli stessi organismi [lett. b)].

5.
    In base al regolamento n. 729/70, il Consiglio ha adottato il regolamento (CEE) 2 agosto 1978, n. 1883, relativo alle norme generali per il finanziamento degli interventi da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, sezione «garanzia» (GU L 216, pag. 1), che prevede, per il settore degli oli d'oliva, che gli acquisti e le conseguenti operazioni, effettuati da un organismo d'intervento, in particolare i contratti di magazzinaggio, nonché le operazioni materiali occasionate dal magazzinaggio di prodotti per l'intervento possono essere finanziati in base al regolamento n. 729/70.

Il controllo della qualità degli oli d'oliva offerti in occasione dell'intervento

6.
    L'art. 8, n. 1, del regolamento n. 729/70 dispone che gli Stati membri adottano, in conformità alle proprie disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, le misure necessarie ad accertare se le operazioni finanziate dal FEAOG siano effettive e regolari nonché a prevenire e perseguire le irregolarità. Ai sensi dell'art. 9, n. 1, gli Stati membri mettono a disposizione della Commissione tutte le informazioni necessarie per il buon funzionamento del FEAOG e adottano tutte le misure atte ad agevolare i controlli che la Commissione ritenga utile intraprendere nell'ambito della gestione del finanziamento comunitario.

7.
    Con il regolamento (CEE) 10 dicembre 1985, n. 3472 (GU L 333, pag. 5; in prosieguo: il «regolamento n. 3472/85»), la Commissione ha precisato le modalità d'acquisto e di magazzinaggio dell'olio d'oliva da parte degli organismi d'intervento. L'art. 1 di tale regolamento, nella versione risultante dal regolamento (CEE) della Commissione 30 giugno 1988, n. 1859 (GU L 166, pag. 13), limita, in particolare, l'intervento all'olio d'oliva di cui al punto 1 dell'allegato del regolamento base - vale a dire l'olio d'oliva vergine (extra, fine, corrente, lampante) - il cui contenuto di acqua, di impurità nonché di acidi non superi una determinata percentuale.

8.
    Ai sensi dell'art. 2, n. 4, del regolamento n. 3472/85, l'olio d'oliva offerto è accettato soltanto se l'organismo d'intervento ha verificato, utilizzando taluni metodi di analisi comunitari, che l'olio non contiene alcune determinate sostanze. Tali analisi devono essere eseguite presso laboratori indipendenti. Qualora l'organismo d'intervento constati che l'olio offerto in occasione dell'intervento non corrisponde alla qualità dichiarata dall'offerente, l'offerta in questione può essere ritirata. In tal caso, le eventuali spese di entrata in magazzino, di magazzinaggio e di uscita dal magazzino dell'olio offerto sono a carico dell'offerente (n. 6).

9.
    L'11 luglio 1991 la Commissione ha adottato il regolamento (CEE) n. 2568, relativo alle caratteristiche degli oli d'oliva e degli oli di sansa d'oliva nonché ai metodi ad essi attinenti (GU L 248, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 2568/91»). Tale regolamento mira a permettere una migliore distinzione tra i diversi tipi di olio previsti nell'allegato del regolamento base e a garantire la purezza e la qualità dei prodotti di cui trattasi (secondo 'considerando‘). L'art. 1 dispone che sono considerati oli d'oliva, ai sensi del regolamento base, soltanto gli oli le cui caratteristiche rispettive sono conformi a quelle indicate nell'allegato I del regolamento. L'art. 2 prevede che tali caratteristiche siano determinate secondo i metodi di analisi riprodotti nei vari allegati del regolamento. In origine, il regolamento n. 2568/91 non prevedeva alcuna determinazione del contenuto di cere degli oli. Esso prevedeva, per contro, la determinazione del contenuto degli alcoli alifatici secondo un metodo riportato nel suo allegato IV.

10.
    In seguito, la Commissione ha adottato, il 29 gennaio 1993, il regolamento (CEE) n. 183, che modifica il regolamento n. 2568/91 (GU L 22, pag. 58; in prosieguo: il «regolamento n. 183/93»), il cui secondo 'considerando‘ precisa che, «alla lucedell'esperienza nel frattempo acquisita, i metodi d'analisi richiedono alcuni adeguamenti o precisazioni». Il criterio relativo agli alcoli alifatici è stato sostituito con quello della determinazione del contenuto di cere, indicando che tale metodo «può essere impiegato in particolare per differenziare l'olio d'oliva a spremitura da quello da estrazione (olio di sansa d'oliva)». Ai sensi del suo art. 2, il regolamento n. 183/93 è entrato in vigore il 20 febbraio 1993. Tuttavia, il nuovo metodo di determinazione del contenuto di cere è stato reso «applicabile a partire dal 1° luglio 1993 agli oli d'oliva condizionati a partire da tale data».

11.
    Per garantire un miglior controllo della qualità dell'olio offerto all'intervento e per completare i metodi d'analisi da utilizzare a tale scopo, la Commissione ha infine adeguato il regolamento n. 3472/85. Essa ha adottato infatti, il 29 giugno 1994, il regolamento (CE) n. 1509, che modifica il regolamento n. 3472/85 (GU L 162, pag. 31), nel senso che le verifiche dell'olio devono essere effettuate, in particolare, mediante il metodo della determinazione del contenuto di cere.

Fatti all'origine della controversia

12.
    Le società ricorrenti sono iscritte tra le imprese private alle quali l'Azienda di Stato per gli Interventi nel Mercato Agricolo (l'organismo d'intervento italiano, in prosieguo: l'«AIMA») affida il magazzinaggio e, in generale, l'esecuzione delle operazioni di intervento sul mercato italiano dell'olio d'oliva.

13.
    Durante le campagne 1991/1992 e 1992/1993 le ricorrenti hanno immagazzinato svariate migliaia di tonnellate d'olio d'oliva. Esse affermano, senza essere contraddette dalla Commissione su tali punti, quanto segue:

-    il magazzinaggio degli oli di cui trattasi ha avuto luogo anteriormente all'adozione del precitato regolamento 29 giugno 1994, n. 1509, e, in parte, a quella del regolamento n. 183/93,

-    l'AIMA, dopo aver effettuato controlli ed analisi, ha constatato la piena conformità degli oli offerti e ha proceduto essa stessa al normale pagamento degli importi corrispondenti ai proprietari degli oli,

-    i risultati di tali analisi e controlli sono stati portati a conoscenza della Commissione, che, all'epoca, non ha sollevato obiezioni.

14.
    Nel novembre 1993 il FEAOG ha avviato un'inchiesta, ai sensi dell'art. 9 del regolamento n. 729/70, sulla quantità e sulla qualità degli oli d'oliva offerti all'intervento in Italia. Nell'ambito di tale verifica, sono stati prelevati presso la ricorrente Oleifici Italiani SpA (in prosieguo: la «Oleifici italiani»), in presenza di rappresentanti delle autorità nazionali, campioni d'olio, uno dei quali è stato inviato ad un laboratorio di analisi dello Stato spagnolo.

15.
    Le analisi effettuate nel gennaio 1994 - in particolare in base al metodo relativo alla determinazione del contenuto di cere - hanno portato il laboratorio di analisi a constatare un «contenuto di cere superiore a quello consentito» e la «presenza d'olio di sansa», mentre gli oli esaminati erano peraltro conformi agli altri criteri stabiliti dalla normativa comunitaria in vigore.

16.
    La Commissione ne ha concluso che, contrariamente a ciò che era stato dichiarato, il 31,5% dei campioni non era costituito da oli di qualità vergine, il 46% era costituito da oli vergini lampanti e non da oli di qualità extravergine, come invece era stato dichiarato, e il 15,2% era sì costituito da oli di qualità vergine, ma sempre di una qualità inferiore a quella dichiarata inizialmente; soltanto il 4,8% dei campioni sarebbe stato classificato con una qualità uguale a quella dichiarata. Con lettera 1° marzo 1994 della direzione generale Agricoltura (DG VI) della Commissione tali risultati sono stati comunicati alle autorità italiane. Dopo aver rilevato le «lacune intollerabili [esistenti] in tutto il sistema di controllo dell'intervento pubblico [italiano] di olio d'oliva», la Commissione ha dichiarato che i suoi servizi «si [trovavano] nell'obbligo di rifiutare il finanziamento della totalità delle spese relative all'insieme delle quantità acquistate dall'AIMA, ad eccezione delle piccole quantità risultate di qualità identica a quella dichiarata».

17.
    Tuttavia, in seguito ad uno scambio di lettere e ad una riunione con l'AIMA tra il marzo 1994 e il gennaio 1995, la Commissione ha accolto la richiesta formulata dall'AIMA e si è dichiarata disposta, con lettera 27 febbraio 1995, a far effettuare un'analisi di appello presso un laboratorio italiano.

18.
    Tuttavia tale analisi, prevista per il mese di aprile 1995, non ha avuto luogo, dato che, alla fine del mese di marzo 1995, le autorità giudiziarie italiane hanno avviatoun'inchiesta sugli oli di cui trattasi e i servizi della Commissione hanno considerato opportuno mettere i campioni prelevati dal FEAOG a disposizione di dette autorità giudiziarie.

19.
    Inoltre, nel giugno 1995, la Oleifici Italiani, ricorrente, ha fatto analizzare dal summenzionato laboratorio spagnolo, di sua iniziativa, campioni di olio d'oliva che, secondo le ricorrenti, sarebbero gli stessi oli esaminati nel gennaio 1994. Tale analisi ha portato alla conclusione secondo la quale si trattava «di olio di oliva vergine lampante, senza nessun tipo di miscela fraudolenta, potendo gli alti contenuti di cere essere giustificati trattandosi di oli vecchi».

20.
    La consulenza tecnica stilata il 30 ottobre 1995 nell'ambito dell'inchiesta avviata dalle autorità giudiziarie italiane è pervenuta, in sostanza, al medesimo risultato, accertando quanto segue:

-    qualora si constati un contenuto troppo elevato per le sole cere e non per gli altri parametri - come si era verificato per gli oli nella fattispecie -, l'alterazione era riconducibile a reazioni chimiche naturali e non a operazioni di commistione,

-    in base ai valori analitici ottenuti, non si riscontrava alcun elemento indicante sostituzione o miscelazione degli oli.

21.
    Informata dalla Oleifici Italiani nel settembre 1995 della seconda relazione di analisi effettuata dal laboratorio spagnolo, la Commissione, con lettera 2 ottobre 1995 inviata all'AIMA, ha preso nota della detta relazione, secondo la quale l'eccesso di cere non era riconducibile ad alcun tipo di commistione fraudolenta, ma poteva spiegarsi con l'invecchiamento degli oli. Essa ne ha tratto la conclusione che «era arduo considerare che gli oli che erano stati oggetto di questa seconda analisi dovessero essere rifiutati all'intervento» e ha pregato l'AIMA di «comunicar[le] i quantitativi e i magazzini degli oli che [presentavano] dei risultati di analisi analoghi affinché potessero essere messi in vendita nei termini più brevi».

22.
    Con lettera 23 novembre 1995 indirizzata all'AIMA la Commissione ha fatto inoltre riferimento alla relazione redatta il 30 ottobre a seguito dell'inchiesta avviata dalle autorità giudiziarie italiane, secondo la quale - per quanto riguarda la Oleifici Italiani - nessuno degli elementi esaminati dava adito a supporre l'esistenza di una sostituzione degli oli in esame. La Commissione ha chiesto all'AIMA «pertanto di farle pervenire con la massima urgenza i rapporti relativi a tutte la partite esaminate, di annullare il fermo amministrativo e di procedere immediatamente al pagamento di tutti i compensi dovuti a tutti gli assuntori i cui rapporti di analisi comportino le stesse conclusioni di quello relativo alla Oleifici Italiani».

23.
    L'AIMA ha risposto alla domanda della Commissione con lettera 30 novembre 1995, a cui allegava la relazione 30 ottobre 1995 presentata nell'ambito dell'inchiesta giudiziaria italiana. L'AIMA ha inoltre informato la Commissione che, salvo parere contrario della stessa Commissione, avrebbe proceduto immediatamente al pagamento dei compensi dovuti agli assuntori, e ciò per il quantitativo complessivo di 17 639,291 tonnellate di olio per le quali non era stata accertata alcuna sostituzione.

24.
    In risposta a tale lettera, la Commissione, con fax 7 dicembre 1995 (rif. VI/046436), ha sostenuto di non avere alcuna obiezione da formulare quanto al pagamento immediato dei compensi di magazzinaggio per le 17 639,291 tonnellate indicate dall'AIMA. La Commissione ha chiarito la propria posizione dinanzi al Tribunale spiegando di aver ritenuto che le analisi in questione fossero state effettuate nel rispetto della normativa comunitaria in vigore e che le stesse potessero essere considerate affidabili. Orbene, alla luce della relazione stilata nell'ambito dell'inchiesta giudiziaria e trasmessa con lettera dell'AIMA 30 novembre 1995, essa avrebbe accertato che tale rapporto non indicava il contenuto di cere dei campioni di olio analizzati.

25.
    Al fine di accertare l'affidabilità della controanalisi chiesta dalla Oleifici Italiani al laboratorio spagnolo, la Commissione ha invitato del pari tale laboratorio, con lettera 6 febbraio 1996, a precisare la provenienza dell'olio analizzato (magazzino,proprietario) nonché la presentazione dei campioni (recipiente, etichettatura) e a indicare se la ricorrente avesse chiesto un'analisi completa o soltanto l'accertamento di talune caratteristiche degli oli.

26.
    Con lettera recante stessa data la Commissione si è altresì rivolta alla Oleifici Italiani e l'ha pregata di fornirle precisazioni sui campioni trasmessi al detto laboratorio e sulla portata delle analisi richieste.

27.
    In risposta ai quesiti della Commissione, il laboratorio spagnolo, con lettera 8 febbraio 1996, ha dichiarato che non era in grado di identificare la provenienza dei campioni, poiché questi ultimi erano stati forniti in un flacone di vetro con un tappo avvitato in plastica, non sigillato né etichettato; di conseguenza, sarebbe stato evidente che l'analisi poteva essere utilizzata esclusivamente a fini di informazione personale. Ha dichiarato inoltre che la domanda di analisi riguardava principalmente il contenuto di cere e che nessun esame era stato richiesto per quanto riguarda il parametro di acidità.

28.
    Nella lettera di risposta 9 febbraio 1996, la Oleifici Italiani ha sottolineato invece che i campioni analizzati dal laboratorio spagnolo erano quelli prelevati nel novembre 1993. Essa aggiungeva che, in ogni caso, non rilevava in particolar modo il fatto di verificare tale identità, ma si trattava piuttosto di prendere atto del fatto che il laboratorio aveva ritenuto di trovarsi nell'impossibilità di attestare che vi era stata commistione con l'olio di sansa in base al solo valore anomalo delle cere, in mancanza di indici anomali degli altri parametri analitici.

29.
    In tali circostanze, prima di aver ricevuto le due risposte summenzionate, il direttore generale della DG VI (Agricoltura) della Commissione ha indirizzato, il 7 febbraio 1996, una lettera alla rappresentanza permanente dell'Italia presso l'Unione europea e, per conoscenza, a diverse autorità ministeriali e giudiziarie italiane, nonché all'AIMA, così redatta:

«A seguito dei numerosi scambi di corrispondenza in merito, La prego di trovare qui di seguito una proposta tendente a chiudere il contenzioso instauratosi a seguito dell'indagine comunitaria.

Nella nostra lettera n. VI/009568 del 27 febbraio 1995 veniva proposta un'analisi in contraddittorio con tutte le parti interessate sui campioni in nostro possesso. Tutto era quasi pronto per effettuarla quando è avvenuta la messa sotto sequestro da parte della Guardia di Finanza di tutti gli oli contestati. Si è allora stimato opportuno sospendere la procedura amministrativa ed affidarsi alle analisi richieste dalla procura di Napoli ad un esperto di sua fiducia.

Questo esperto ha concluso che gli oli contestati erano di natura vergine e pertanto ammissibili all'intervento.

Da un'accurata analisi del problema si è potuto adesso constatare che l'esperto del Tribunale di Napoli non aveva ritenuto utile effettuare l'analisi delle cere su tutti i campioni contestati, affermando che la stessa non era determinante per stabilire la qualità reale degli oli in esame, contrariamente a quanto precisato nei regolamenti comunitari. A sostegno della sua argomentazione l'esperto si avvale del risultato di analisi effettuate dal Laboratorio Arbitral di Madrid, per conto della Oleifici Italiani, su tre non meglio precisati campioni, che giunge alla conclusione che, malgrado un contenuto alto di cere, l'olio analizzato era di natura vergine.

I servizi della Commissione non possono accettare la confusione creatasi con tutte queste analisi e ritengono opportuno riprendere il discorso sospeso nell'aprile 1995 con il sequestro degli oli.

Facendo astrazione dagli aspetti giudiziari che sono di stretta competenza dello Stato membro, è necessario pronunciarsi sull'ammissibilità di tali oli all'intervento. I servizi della Commissione ripropongono allo Stato membro di provvedere ad effettuare un'analisi di revisione sui campioni in possesso del FEAOG presso un laboratorio indipendente da scegliere di comune accordo, per stabilire la natura degli oli contestati. Lo Stato membro è pertanto pregato di organizzare detta revisione, di informarne le parti interessate e di bloccare nel frattempo ogni fidejussione e/o pagamento riguardante questi olii.

Per l'analisi di revisione riguardante soprattutto il contenuto di cere e la sua evoluzione nel tempo, i servizi della Commissione propongono il laboratorio delle materie grasse di Clichy (Francia)».

30.
    In risposta a tale lettera, l'AIMA ha segnalato alla Commissione, il 16 febbraio 1996, che, al termine dell'inchiesta giudiziaria che si era svolta in Italia, l'autorità giudiziaria penale, con decreto 15 novembre 1995, aveva disposto il dissequestro dell'olio e la consegna delle partite agli aventi diritto. A decorrere da quel momento, ogni ritardo ingiustificato dell'AIMA per conformarsi agli obblighi sottoscritti avrebbe potuto avere conseguenze penali per i suoi funzionari. Inoltre, il Consiglio di Stato italiano, con ordinanza 2 febbraio 1996, avrebbe respinto l'appello proposto dall'AIMA a proposito del rifiuto di rimborso dei compensi da corrispondere a titolo di spese di gestione, con la motivazione che la summenzionata inchiesta giudiziaria non aveva fatto emergere alcun elemento da cui risultasse che l'olio fosse stato sostituito o manipolato con altro di minore pregio. L'AIMA ne ha dedotto di non potersi esimere, allo stato dei fatti, dal procedere alla liquidazione delle somme dovute ai restanti aventi diritto.

31.
    Il 19 febbraio 1996 le ricorrenti hanno invitato la Commissione a revocare la lettera 7 febbraio 1996 e a confermare il loro diritto alla corresponsione delle somme dovute per gli oli di cui trattasi. Tale invito è rimasto senza risposta da parte della Commissione.

Procedimento e avvenimenti successivi all'avvio del procedimento davanti al Tribunale

32.
    Alla luce di quanto sopra, con atto registrato nella cancelleria del Tribunale il 17 aprile 1996, le ricorrenti hanno proposto il ricorso in esame.

33.
    Dopo la proposizione del ricorso, il direttore generale della DG VI si è di nuovo rivolto all'AIMA con lettera 23 aprile 1996 avente ad oggetto l'olio d'oliva consegnato all'intervento nel corso delle campagne 1991/1992 e 1992/1993, riguardo al quale il FEAOG aveva avviato l'inchiesta nel novembre 1993. In tale lettera, la Commissione

-    ha confermato il contenuto della lettera 1° marzo 1994 riguardo all'esattezza delle prime analisi effettuate dal laboratorio spagnolo, il che comportava che l'AIMA doveva procedere ai recuperi dei pagamenti non dovuti relativi agli acquisti di cui trattasi;

-    ha dichiarato che i quantitativi di olio in questione dovevano essere considerati come non sottoponibili all'intervento e quindi come non facenti parte della partita riguardante l'intervento. A partire da tale momento, gli oli sarebbero stati a disposizione dell'AIMA, la quale avrebbe potuto decidere della loro vendita;

-    ha fatto riferimento alla decisione del Consiglio di Stato italiano 2 febbraio 1996, precisando: «non ritorno sulla mia lettera 7.2.1995» [va letto: 7.12.1995] «rif. VI/046436, che autorizza il pagamento delle spese di magazzinaggio per la detenzione dell'olio d'oliva di cui trattasi fino alla data della presente lettera»; d'altra parte, l'AIMA è stata invitata a non effettuare più il pagamento delle spese di magazzinaggio a partire da tale data, per conto del FEAOG, in quanto gli oli d'oliva di cui trattasi erano a disposizione dell'AIMA.

34.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Seconda sezione) ha deciso di passare alla fase orale senza procedere ad istruttoria. Esso ha tuttavia disposto misure di organizzazione del procedimento, ai sensi dell'art. 64 del regolamento di procedura, invitando le parti a rispondere per iscritto, prima della data dell'udienza, a determinati quesiti; le parti hanno debitamente ottemperato.

35.
    Le parti hanno svolto osservazioni orali e risposto ai quesiti del Tribunale all'udienza 10 giugno 1998.

Conclusioni delle parti

36.
    Le ricorrenti concludono che il Tribunale voglia:

-    annullare la decisione della Commissione contenuta nella lettera del direttore generale della direzione generale agricoltura (DG VI) - direzione G, Fondo europeo agricolo d'orientamento e di garanzia (FEAOG) - signor Legras, 7 febbraio 1996 (n. prot. VI/000513), che ordina il blocco di qualsiasi pagamento dovuto per il magazzinaggio dell'olio d'oliva durante le campagne 1991/1992 e 1992/1993;

-    condannare la Commissione a risarcire i danni subiti dalle ricorrenti a causa del comportamento illegittimo della Commissione;

-    condannare la Commissione alle spese.

37.
    La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

-    respingere il ricorso;

-    condannare le ricorrenti alle spese.

Sulla ricevibilità della domanda d'annullamento

Argomenti delle parti

38.
    La Commissione ritiene, in primo luogo, che la lettera 7 febbraio 1996 non possa costituire oggetto di un ricorso di annullamento ai sensi dell'art. 173 del Trattato CE, dato che non ha prodotto effetti giuridici vincolanti tali da ledere gli interessi delle ricorrenti (ordinanza della Corte 8 marzo 1991, cause riunite C-66/91 e C-66/91 R, Emerald Meats/Commissione, Racc. pag. I-1143, punto 26, e ordinanza del Tribunale 21 ottobre 1993, cause riunite T-492/93 e T/492/93 R, Nutral/Commissione, Racc. pag. II-1023, punto 24). Detta lettera si collocherebbe infatti nell'ambito dei rapporti di cooperazione tra i servizi della Commissione e le autorità italiane incaricate di applicare la normativa comunitaria. La lettera impugnata sarebbe in realtà solo uno degli atti preparatori della decisione diliquidazione dei conti FEAOG, che stabilisce definitivamente le spese accettate a proprio carico da quest'ultimo. La Corte avrebbe esplicitamente affermato che la Commissione non può validamente esprimere la sua posizione riguardo agli interventi degli Stati membri nell'ambito delle attività del FEAOG prima della liquidazione dei conti annuali (sentenza della Corte 6 ottobre 1993, causa C-55/91, Italia/Commissione, Racc. pag. I-4813, punto 36).

39.
    La Commissione aggiunge che l'atto impugnato non crea, di per sé, alcun obbligo per lo Stato membro interessato, né a maggior ragione per le ricorrenti. L'obbligo per le autorità italiane di bloccare pagamenti non dovuti risulterebbe direttamente dall'art. 8 del regolamento n. 729/70. Peraltro, spetterebbe agli Stati membri garantire sul loro territorio l'attuazione delle normative comunitarie nell'ambito della politica agricola comune (sentenza della Corte 23 novembre 1995, causa C-476/93 P, Nutral/Commissione, Racc. pag. I-4125, punto 21, e la citata ordinanza Nutral/Commissione, punto 26). Pertanto, soltanto i provvedimenti adottati in materia dalle autorità nazionali potrebbero produrre effetti giuridici obbligatori, in grado di arrecare pregiudizio agli interessi delle ricorrenti (ordinanza Nutral/Commissione, citata, punto 28).

40.
    In secondo luogo, la Commissione considera che l'atto impugnato nella fattispecie non riguarda direttamente le ricorrenti ai sensi dell'art. 173, quarto comma, del Trattato. In realtà, solo l'atto di diritto interno con il quale le autorità nazionali competenti hanno bloccato il compenso delle spese di magazzinaggio potrebbe essere considerato come lesivo nei loro confronti. Al riguardo, la Commissione ribadisce che la normativa comunitaria nel settore della politica agricola comune prevede una separazione rigorosa tra la Commissione e gli Stati membri, da una parte, e tra gli Stati membri e gli operatori economici, dall'altra. Spetterebbe quindi alle autorità nazionali adottare le disposizioni adeguate per prevenire irregolarità, bloccando eventualmente i versamenti di somme non dovute.

41.
    La Commissione sostiene infine che, in ogni caso, l'atto impugnato non produce più alcun effetto giuridico dopo la sua lettera 23 aprile 1996. Anche seguendo il ragionamento delle ricorrenti, secondo il quale le differenti lettere inviate dai servizi della Commissione all'AIMA costituiscono altrettante decisioni che le riguardano direttamente e individualmente - quod non - la lettera 23 aprile avrebbe invalidato la lettera impugnata 7 febbraio 1996.

42.
    Le ricorrenti ribattono che la lettera della Commissione 7 febbraio 1996 ha prodotto effetti giuridici che hanno direttamente e individualmente leso i loro interessi. Il fatto che i regolamenti n. 729/70 e n. 3472/85 prevedano la possibilità per gli Stati membri di prevenire e di perseguire le irregolarità in materia di risorse del FEAOG non escluderebbe che gli atti adottati dalla Commissione nel settore siano idonei a produrre effetti diretti nella sfera giuridica dei singoli. Nella fattispecie la Commissione, lungi dal limitarsi a fornire semplici indicazioni all'organismo d'intervento nazionale, avrebbe adottato misure vincolanti riguardanti specificamente la situazione delle ricorrenti.

43.
    Ciò considerato, le ricorrenti si riferiscono più in particolare alle lettere 2 ottobre e 23 novembre 1995, con le quali la Commissione aveva ordinato all'AIMA di procedere ai pagamenti di cui trattasi, nonché alla lettera 7 febbraio 1996, con la quale essa ha intimato all'AIMA di bloccare qualsiasi pagamento riguardante gli oli di cui trattasi. Secondo le ricorrenti, è quindi evidente che, per quanto riguarda il pagamento corrispondente al magazzinaggio degli oli di cui trattasi, l'AIMA non disponeva di alcuna discrezionalità, ma doveva attenersi a ciò che le aveva prescritto la Commissione.

44.
    Le ricorrenti ne deducono che la giurisprudenza cui fa riferimento la Commissione non è trasponibile al caso di specie. Così, la citata sentenza Nutral/Commissione si pronuncerebbe soltanto su misure adottate dalle autorità nazionali, che eranolibere di conformarsi o meno alle indicazioni fornite dalla Commissione. Del pari, la citata ordinanza Emerald Meats/Commissione riguarderebbe una comunicazione della Commissione che si limitava ad annunciare l'intenzione dei suoi servizi di adottare determinate misure, e tale intenzione non poteva essere considerata come una decisione vincolante. Nella fattispecie, per contro, la situazione sarebbe del tutto diversa, per il fatto che l'atto impugnato non lasciava alcun margine di manovra alle autorità nazionali per quanto riguarda l'esecuzione dei pagamenti di cui trattasi.

45.
    Qualora la Commissione consideri che l'autonomia decisionale dell'AIMA sia provata dal fatto che quest'ultima non ha seguito le sue indicazioni del 23 novembre 1995, le ricorrenti ritengono che il semplice ritardo nell'esecuzione di una decisione non significhi affatto che l'autorità nazionale sia libera di decidere di eseguirla o meno. Peraltro, la circostanza che, malgrado detta lettera del 23 novembre 1995, il pagamento da parte dell'AIMA non sia stato immediato e completo dovrebbe essere proprio addebitato, con tutta probabilità, al clima di pesante incertezza dovuto alle indecisioni dei servizi della Commissione.

46.
    Poiché la Commissione sostiene che, in seguito alla sua lettera 23 aprile 1996, la controversia è ormai priva di oggetto, le ricorrenti prendono atto del fatto che, in tale fase, la Commissione insiste per qualificare quest'ultima lettera come atto finale e risolutivo di tutta la vertenza. Tuttavia, tenuto conto del fatto che la Commissione ha già cambiato parere più volte riguardo ai pagamenti controversi, le ricorrenti insistono sulla situazione di pesante incertezza nella quale si trovano tuttora. Nel loro ricorso per risarcimento danni le ricorrenti segnalano che la lettera 23 aprile 1996 sembra limitare a tale data l'accettazione a proprio carico delle spese di magazzinaggio da parte del FEAOG. Tale lettera potrebbe quindi dar luogo ad altre controversie quanto all'identificazione del responsabile dei costi connessi al prolungamento dei magazzinaggi.

47.
    Su tale ultimo punto la Commissione precisa, nella sua controreplica, che la limitazione di cui trattasi è giustificata dal fatto che, in base ai dati di cui essa disponeva, era ormai indubbio che l'olio di cui trattasi dovesse essere escluso dalle partite per cui vi era stato l'intervento a partire dal 23 aprile 1996.

Giudizio del Tribunale

48.
    Occorre esaminare, in primo luogo, se la lettera controversa 7 febbraio 1996 costituisca un atto che può essere oggetto di un ricorso di annullamento ai sensi dell'art. 173 del Trattato. Secondo una costante giurisprudenza della Corte, si deve esaminare, a tale scopo, se questa lettera - formalmente indirizzata alla rappresentanza permanente dell'Italia presso l'Unione europea e, per conoscenza, a diverse autorità italiane, tra cui l'AIMA, ma non alle ricorrenti - abbia prodotto effetti giuridici obbligatori idonei a incidere direttamente sugli interessi di queste ultime, modificandone in maniera rilevante la situazione giuridica (v., in particolare,la citata ordinanza Emerald Meats/Commissione, punto 26, la citata sentenza Nutral/Commissione, punto 28, e la sentenza della Corte 22 aprile 1997, causa C-395/95 P, Geotronics/Commissione, Racc. pag. I-2271, punto 10).

49.
    A questo proposito, il tenore di questa lettera dev'essere interpretato tenendo conto del contesto di fatto e di diritto nel quale essa è stata redatta e comunicata alle autorità italiane. Rileva, infatti, stabilire il significato obiettivo che la lettera poteva ragionevolmente avere, nel momento in cui è stata inviata, per un operatore economico diligente ed accorto, che agiva per conto di un organismo nazionale di intervento nel settore dell'olio d'oliva.

50.
    Si deve constatare che la lettera impugnata reca la firma del signor Legras, un direttore generale della Commissione, e si limita esplicitamente a esprimere il parere dei servizi della sola direzione generale VI. Si può infatti leggere, a mo' di esempio, che «i servizi della Commissione non possono accettare la confusione creatasi» e «ritengono opportuno riprendere il discorso sospeso nell'aprile 1995». Inoltre, la lettera comporta soltanto una «proposta tendente a chiudere il contenzioso instauratosi», e «i servizi della Commissione ripropongono allo Stato membro di provvedere ad effettuare un'analisi di revisione». In tali circostanze, lo Stato membro è invitato a bloccare «nel frattempo» qualsiasi pagamento relativo agli oli di cui trattasi. I termini impiegati nella lettera non sono quindi quelli di un atto vincolante che mira a ingiungere alle autorità italiane di procedere alla chiusura definitiva del caso e che incide, così, sulla situazione giuridica delle ricorrenti.

51.
    Il carattere non decisionale della lettera impugnata è confermato dal contesto giuridico nel quale essa si colloca. Infatti, secondo le norme che disciplinano le relazioni tra la Comunità e gli Stati membri, spetta a questi ultimi, in mancanza di una disposizione di diritto comunitario in senso contrario, garantire sul loro territorio l'attuazione della normativa comunitaria, soprattutto nell'ambito della politica agricola comune (sentenza della Corte 7 luglio 1987, cause riunite 89/86 e 91/86, Étoile Commerciale e CNTA/Commissione, Racc. pag. 3005, punto 11). Più in particolare, l'applicazione delle disposizioni comunitarie relative alle organizzazioni comuni dei mercati dipende dagli organi nazionali designati a tale effetto. I servizi della Commissione non hanno alcuna competenza ad adottare decisioni d'applicazione delle dette disposizioni, ma possono solamente esprimere la loro opinione, non vincolante per le autorità nazionali, inserendosi la manifestazione di tali opinioni nell'ambito della cooperazione interna tra la Commissione e gli organi nazionali incaricati di applicare la normativa comunitaria (v., in tal senso, in particolare le sentenze della Corte 27 marzo 1980, causa 133/79, Sucrimex e Westzucker/Commissione, Racc. pag. 1299, punti 16 e 22; 10 giugno 1982, causa 217/81, Interagra/Commissione, Racc. pag. 2233, punto 8, e 18 ottobre 1984, causa 109/83, Eurico/Commissione, Racc. pag. 3581, punto 20).

52.
    Lo stesso vale per il meccanismo di finanziamento specificamente instaurato dagli artt. 4 e 5 del regolamento n. 729/70. Sono infatti gli stessi Stati membri chedevono mobilitare, in base alle proprie risorse finanziarie e in funzione dei bisogni dei loro enti erogatori, i mezzi necessari al finanziamento della politica agricola comune, mentre la Commissione procede al solo rifinanziamento di tali spese mediante l'erogazione di anticipi forfettari e di versamenti complementari [v., in proposito, i chiarimenti apportati dal quinto 'considerando‘ del regolamento (CEE) del Consiglio 19 ottobre 1987, n. 3183, che definisce norme particolari relative al finanziamento della politica agricola comune (GU L 304, pag. 1), dal primo 'considerando‘ del regolamento (CEE) del Consiglio 24 giugno 1988, n. 2048, che modifica il regolamento n. 729/70 (GU L 185, pag. 1), dal primo 'considerando‘ del regolamento (CEE) della Commissione 7 settembre 1988, n. 2776, relativo ai dati che devono essere forniti dagli Stati membri per la contabilizzazione delle spese finanziate dal FEAOG, sezione «garanzia» (GU L 249, pag. 9), e dall'art. 4, n. 5, del regolamento n. 729/70 nella versione di cui al regolamento (CE) del Consiglio 22 maggio 1995, n. 1287 (GU L 125, pag. 1)].

53.
    Secondo il suddetto meccanismo di finanziamento è solo con la decisione di liquidazione dei conti annuali ai sensi dell'art. 5, n. 2, lett. b), del regolamento n. 729/70, che la Commissione decide, rispetto soltanto agli Stati membri, la sua posizione finale e definitiva sull'assunzione, da parte del FEAOG, delle spese sostenute dagli organi statali di intervento nell'ambito della politica agricola comune (v., in questo senso, la sentenza della Corte 29 gennaio 1998, causa C-61/95, Grecia/Commissione, Racc. pag. I-207, punto 39). Come precisato dalla Corte nella sentenza 6 ottobre 1993, Italia/Commissione (citata, punto 36), la Commissione non può validamente esprimere la sua posizione su tale finanziamento in una fase precedente a quella della liquidazione dei conti annuali.

54.
    Di conseguenza, e come giustamente ha rilevato la Commissione, lo scambio di corrispondenza oggetto della presente controversia, compresa la lettera impugnata, è intervenuto nell'ambito di una cooperazione interna e informale, priva di qualsiasi connotato decisionale, diretta a facilitare la gestione corrente dei conti finanziari e a preparare la redazione definitiva delle spese che possono essere prese a carico del FEAOG. Il Tribunale rileva che, considerato questo contesto normativo, le ricorrenti, in quanto operatori economici prudenti ed accorti, incaricati dall'AIMA dell'esecuzione delle operazioni di intervento nel settore in esame, non potevano ignorare la natura giuridica di tale scambio di corrispondenza e in particolare della lettera impugnata.

55.
    Le ricorrenti sostengono tuttavia che detta lettera le riguarda direttamente, in quanto l'AIMA non disponeva di alcuna discrezionalità, ma doveva attenersi alle istruzioni della Commissione dirette a bloccare i pagamenti di cui trattasi. All'udienza, esse hanno rinviato, su questo punto, alla sentenza della Corte 5 maggio 1998, causa C-386/96 P, Dreyfus/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta).

56.
    A questo proposito occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, un provvedimento comunitario può incidere direttamente sulla situazione giuridica di un singolo solo in quanto non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari incaricati della sua applicazione, fermo restando che quest'ultima deve avere carattere meramente automatico e discendere dalla sola normativa comunitaria (sentenza Dreyfus/Commissione, citata, punto 43, e la giurisprudenza citata). Lo stesso vale qualora la possibilità per i destinatari di non dare seguito all'atto comunitario sia puramente teorica, in quanto la loro volontà di trarre conseguenze conformi a quest'ultimo sia fuori dubbio (v. stessa sentenza, punto 44, e lagiurisprudenza ivi citata).

57.
    Ora, come si è sopra constatato, la lettera impugnata, che costituisce un semplice parere informale, non ha prodotto alcun effetto giuridico obbligatorio nei confronti dell'AIMA, la quale, di fronte alla proposta di bloccare i pagamenti controversi, era quindi libera di non tenere conto del parere dei servizi della Commissione e di procedere a tali pagamenti per reclamarne in seguito il rifinanziamento da parte del FEAOG, o di pagare le ricorrenti in base alle sole proprie obbligazioni contrattuali, senza reclamarne il rifinanziamento a livello comunitario, oppure di astenersi da qualsiasi pagamento in attesa che le ricorrenti adottassero le misure da esse ritenute opportune. Poiché l'AIMA ha scelto l'ultima alternativa, il suo comportamento, voluto e autonomo, non può quindi essere imputato alla Commissione.

58.
    La mancanza di influenza diretta della lettera impugnata sul comportamento dell'AIMA è confermata dal fatto che questa lettera non ha avuto alcuna conseguenza immediata sui normali rapporti finanziari tra il FEAOG e l'AIMA. Come ha confermato la Commissione all'udienza, senza essere contraddetta su questo punto dalle ricorrenti, il FEAOG ha continuato a versare fino al mese di maggio 1996, su richieste mensili dell'AIMA, gli anticipi mensili sulle spese di magazzinaggio degli oli di oliva controversi; il versamento di questi anticipi è cessato solo a seguito della lettera 23 aprile 1996 (v. supra, punto 33). Del resto, l'AIMA non si è neanche considerata vincolata da altre lettere dei servizi della Commissione che la invitavano a procedere ai pagamenti controversi e in cui si accettava l'assunzione a carico delle relative spese, vale a dire le lettere del 2 ottobre, del 23 novembre e del 7 dicembre 1995, nonché quella del 23 aprile 1996.

59.
    Si deve peraltro rilevare che, nella sua sentenza Étoile commerciale e CNTA/Commissione (punti 9, 13 e 14), la Corte ha dichiarato irricevibili i ricorsi d'annullamento proposti da soggetti privati contro la decisione della Commissione che stabiliva l'importo che doveva essere preso a carico dal FEAOG, nell'ambito della liquidazione dei conti presentati dalla Repubblica francese per le spese dell'esercizio 1981, e che aveva ad oggetto il rifiuto di riconoscere a carico del FEAOG gli aiuti richiesti da detti soggetti privati. Nel caso di specie, l'organismo nazionale di intervento aveva deciso, in base a detta decisione della Commissione, di fare uso della possibilità, che si era riservata in occasione della concessione degli aiuti suddetti, di esigerne la restituzione. La Corte ha dichiarato che la decisionesulla liquidazione dei conti riguardava unicamente i rapporti finanziari intercorrenti tra la Commissione e lo Stato membro interessato e che il recupero delle somme già pagate, pur essendo intervenuto sulla base di questa decisione, non ne era una conseguenza diretta, bensì era dovuto al fatto che l'organismo di intervento aveva collegato la definitiva concessione degli aiuti di cui trattavasi alla condizione che questi fossero, in definitiva, imputati al FEAOG. La Corte ne ha dedotto che la decisione impugnata non ledeva direttamente la posizione giuridica delle imprese ricorrenti. Il Tribunale rileva che tale giurisprudenza deve essere applicata, a maggior ragione, a semplici pareri emessi dai servizi della Commissione all'indirizzo delle autorità nazionali nel corso della fase informale precedente la liquidazione dei conti, che serve soltanto a preparare la decisione finale della Commissione.

60.
    Occorre infine ricordare che, nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza Dreyfus/Commissione, relativa ad aiuti urgenti della Comunità agli Stati dell'ex Unione Sovietica diretti a finanziare l'importazione di determinati prodotti, la Commissione aveva rifiutato di finanziare un contratto di vendita di grano concluso tra l'impresa ricorrente e un ente pubblico russo, rifiuto contro il quale l'impresa aveva proposto un ricorso d'annullamento. Anche se la Corte ha affermato che la decisione controversa, indirizzata al solo ente pubblico russo, aveva prodotto effetti diretti sulla situazione giuridica dell'impresa ricorrente, tale giudizio era tuttavia motivato dalla circostanza che, nel contesto socioeconomico specifico della fattispecie, il pagamento della fornitura poteva effettuarsi soltanto mediante le risorse finanziarie comunitarie, di modo che l'esistenza stessa del contratto di fornitura era subordinata alla concessione del finanziamento comunitario (punti 49-53 della sentenza). Ora, è sufficiente notare che, nel caso di specie, non ricorrono queste particolari condizioni di fatto.

61.
    Da tutto quanto precede risulta che la lettera impugnata 7 febbraio 1996 non ha prodotto effetti giuridici vincolanti atti a incidere direttamente sugli interessi delle ricorrenti. Di conseguenza, la domanda d'annullamento dev'essere dichiarata irricevibile.

Sulla domanda di risarcimento del danno

62.
    Il Tribunale rammenta, in primo luogo, che, secondo la giurisprudenza, l'azione di risarcimento ex artt. 178 e 215, secondo comma, del Trattato è stata istituita come azione autonoma con una particolare funzione nell'ambito del sistema dei rimedi giurisdizionali. Ne discende che l'irricevibilità, sopra dichiarata, della domanda di annullamento contro la lettera 7 febbraio 1996 non può comportare, di per sé, quella della domanda diretta al risarcimento del danno che le ricorrenti lamentano di avere subito a causa del comportamento illegittimo di cui la Commissione avrebbe dato prova, sin dall'inizio, nei loro confronti (v., in tal senso, ordinanza del Tribunale 3 febbraio 1998, causa T-68/96, Polyvios/Commissione, Racc. pag. II-153, punto 32).

63.
    Il Tribunale constata, in secondo luogo, che le ricorrenti hanno valutato il danno derivante, a loro avviso, dal blocco dei pagamenti controversi nella misura, rispettivamente, di 3 792 703 336 LIT e di 1 851 456 540 LIT in conto capitale, nel ricorso, e di 4 653 624 967 LIT e di 2 166 553 836 LIT in conto capitale, nella replica. Esse hanno aggiunto che tali somme dovevano essere maggiorate di interessi di mora al tasso annuo del 10%, di interessi legali al tasso del 10% per tenere conto della svalutazione monetaria nonché di diversi importi a titolo di lucro cessante secondo le diverse date di esigibilità dei loro rispettivi capitali.

64.
    In seguito, e in risposta a un quesito scritto del Tribunale, le ricorrenti hanno esposto che la società Oleifici Italiani aveva ricevuto, nell'agosto 1997, il capitale integrale dei compensi chiesti per il magazzinaggio degli oli di cui trattasi. All'udienza, esse hanno aggiunto che la società Fratelli Rubino Industrie Olearie aveva nel frattempo ottenuto un primo acconto sul capitale nonché la conferma da parte dell'AIMA che il saldo le sarebbe stato ben presto integralmente e definitivamente versato. Le ricorrenti ne hanno dedotto che il loro pregiudizio si era così ridotto, di modo che la loro domanda era ormai diretta, in realtà, soltanto ad ottenere l'importo destinato a risarcire il loro danno pecuniario causato dal ritardo nell'incasso dei pagamenti dovuti.

65.
    Il Tribunale considera che questa riduzione del quantum della domanda di risarcimento, intervenuta nel corso del procedimento, costituisce un adattamento di per sé ammissibile, in quanto si limita a tenere conto del cambiamento della portata del pregiudizio cui le ricorrenti fanno riferimento.

66.
    Occorre tuttavia ricordare che, secondo giurisprudenza costante, il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità presuppone il ricorrere di una serie di condizioni attinenti all'illegittimità del comportamento contestato alle istituzioni comunitarie, all'esistenza di un danno effettivo e certo nonché all'esistenza di un nesso causale diretto tra il comportamento dell'istituzione di cui trattasi e il danno asserito (v., ad esempio, le sentenze del Tribunale 28 aprile 1998, causa T-184/95, Dorsch Consult/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-667, punti 59 e 60, e la giurisprudenza ivi citata; 18 settembre 1995, causa T-168/94, Blackspur e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-2627, punti 38 e 40, e la giurisprudenza ivi citata, nonché la sentenza della Corte 4 ottobre 1979, cause riunite 64/76, 113/76, 167/78, 239/78, 27/79, 28/79 e 45/79, Dumortier Frères/Consiglio, Racc. pag. 3091, punto 21), incombendo alle ricorrenti l'onere di dimostrare l'effettiva sussistenza delle predette condizioni (sentenza del Tribunale 26 ottobre 1995, causa T-185/94, Geotronics/Commissione, Racc. pag. II-2795, punto 39).

67.
    Nel caso di specie, quanto all'esistenza di un nesso causale diretto tra il comportamento contestato alla Commissione e il danno asserito, occorre ricordare che il mancato compenso delle spese di magazzinaggio controverse è estraneo al comportamento dei servizi della Commissione nell'ambito della loro cooperazione informale con le autorità italiane, e costituisce una scelta deliberata e autonoma di queste ultime (v. supra, punti 54 e 57). Ciò considerato, il pregiudizio fatto valeredalle ricorrenti è imputabile alle dette autorità nazionali e non può quindi considerarsi causato direttamente dal comportamento contestato alla Commissione. Ora, come la Corte ha dichiarato nella citata sentenza Étoile commerciale e CNTA/Commissione (punti 16-21), il giudice comunitario non è competente a garantire, sul fondamento degli artt. 178 e 215, secondo comma, del Trattato, la riparazione di un pregiudizio del genere.

68.
    In merito al carattere effettivo del pregiudizio causato alle ricorrenti dal ritardo nel versamento dei pagamenti richiesti, si deve dichiarare che esse hanno omesso di quantificare le loro domande di risarcimento, adattate nel corso del procedimento.

69.
    D'altra parte, e in ogni caso, è solo con la sua decisione di liquidazione dei conti relativi agli anni 1991, 1992 e 1993 che la Commissione adotta la sua posizione definitiva sul se - e, in caso affermativo, fino a quale ammontare - il FEAOG si assuma le spese di magazzinaggio controverse (v. supra, punto 53). Di conseguenza, il carattere effettivo e certo del pregiudizio asserito dalle ricorrenti potrà essere determinato solo alla luce di tale decisione. Ora, come ha precisato la Commissione nella risposta ad un quesito scritto del Tribunale, le discussioni svolte con le autorità italiane sui conti relativi alle partite di olio controverse non sono ancora terminate, di modo che non esistono ancora decisioni sulla liquidazione di detti specifici conti. Ne consegue che, al momento attuale, deve considerarsi prematura l'asserzione di un pregiudizio assertivamente causato dal comportamento della Commissione. Di conseguenza, non può sussistere un pregiudizio effettivo e certo che, fin da ora, sarebbe stato causato alle ricorrenti.

70.
    Di conseguenza, anche la domanda di risarcimento del danno dev'essere respinta.

71.
    Da tutto quanto precede risulta che il ricorso dev'essere interamente respinto.

Sulle spese

72.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Le ricorrenti sono rimaste soccombenti e devono quindi essere condannate a sopportare le proprie spese, nonché, in solido, quelle sostenute dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1.
    Il ricorso è respinto.

2.
    Le ricorrenti sopporteranno le proprie spese, nonché, in solido, quelle     sostenute dalla Commissione.

Kalogeropoulos
Bellamy
Pirrung

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 settembre 1998.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

A. Kalogeropoulos


1: Lingua processuale: l'italiano.