Language of document : ECLI:EU:T:2023:651

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

18 ottobre 2023 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato del modafinil – Decisione che accerta un’infrazione all’articolo 101 TFUE – Accordo di transazione stragiudiziale di controversie in materia di brevetti – Restrizione della concorrenza per oggetto – Qualificazione – Restrizione della concorrenza per effetto – Condizioni di esenzione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE – Ammenda»

Nella causa T‑74/21,

Teva Pharmaceutical Industries Ltd, con sede in Petah Tikva (Israele),

Cephalon Inc., con sede in West Chester, Pennsylvania (Stati Uniti),

rappresentate da D. Tayar, S. Ortoli e A. Richard, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da G. Conte, T. Franchoo e C. Sjödin, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata),

composto da F. Schalin (relatore), presidente, M. Jaeger, P. Škvařilová-Pelzl, I. Nõmm e D. Kukovec, giudici,

cancelliere: M. Zwozdziak-Carbonne, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 14 dicembre 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il loro ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, la Teva Pharmaceutical Industries Ltd (in prosieguo: la «Teva») e la Cephalon Inc., ricorrenti, chiedono l’annullamento della decisione C(2020) 8153 final, della Commissione europea, del 26 novembre 2020, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso AT.39686-CEPHALON) (in prosieguo: la «decisione impugnata») e, in subordine, l’annullamento o la riduzione dell’importo delle ammende.

I.      Fatti

2        La Cephalon è una società biofarmaceutica con sede negli Stati Uniti che fornisce prodotti farmaceutici sia originali che generici in tutto il mondo. Le attività principali della Cephalon comprendono la ricerca e lo sviluppo e l’immissione sul mercato di medicinali, con particolare attenzione ai disturbi del sistema nervoso centrale, compresi i disturbi del sonno, il dolore, l’oncologia, le malattie infiammatorie e la medicina rigenerativa.

3        La Teva è una multinazionale farmaceutica attiva nello sviluppo, nella produzione e nella commercializzazione di farmaci generici, nonché di prodotti farmaceutici innovativi e specializzati, di ingredienti farmaceutici attivi e di prodotti in libera vendita.

4        Nell’ottobre 2011, dopo l’approvazione della concentrazione notificata da parte della Commissione, con decisione C(2011) 7435 final (caso COMP/M. 6258) del 13 ottobre 2011, sulla base dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese (il «regolamento comunitario sulle concentrazioni») (GU 2004, L 24, pag. 1), la Cephalon è stata acquistata dalla Teva.

A.      Prodotto in questione e brevetti che lo riguardano

5        Il prodotto interessato dalla presente causa corrisponde ai medicinali contenenti il principio farmaceutico attivo (in prosieguo: l’«API») denominato modafinil. Il modafinil è un agente stimolante a lungo termine di riscaldamento utilizzato per la cura di alcuni disturbi del sonno.

6        Il modafinil è stato scoperto dal laboratorio Lafon, un’impresa farmaceutica francese, nel 1976. La Lafon ha inizialmente registrato il suo prodotto modafinil con il marchio Modiodal, il 24 giugno 1992 in Francia, poi con i marchi Provigil, Vigil o Modasomil in altri paesi.

7        Nel 1993 la Cephalon ha ottenuto i diritti esclusivi sul modafinil presso la Lafon e, nel 2001, ha infine acquisito l’intera società Lafon. Nel 1997 la Cephalon ha iniziato a vendere il modafinil con il marchio Provigil nel Regno Unito. Nel 2005 vendeva il modafinil in diversi paesi dello Spazio economico europeo (SEE).

8        Per quanto riguarda il SEE, i diversi brevetti nazionali di molecola di Cephalon per l’API del modafinil sono scaduti al più tardi nel 2003, mentre la protezione dei dati relativi a tale API è scaduta al più tardi nel 2005.

9        Sebbene i brevetti sulla molecola del modafinil fossero scaduti, la Cephalon era ancora titolare di brevetti secondari sulle dimensioni delle particelle e di altri brevetti relativi al modafinil con scadenza nel 2015 nel SEE.

10      Il medicinale Provigil era il prodotto più importante del portafoglio della Cephalon in termini di vendite. In vista dell’arrivo sul mercato di prodotti generici nel prossimo futuro e al fine di proteggere le proprie attività nel settore in questione, la Cephalon ha lavorato a un prodotto di seconda generazione, denominato Nuvigil, basato sull’API del modafinil, che prevedeva di immettere sul mercato per sostituire gradualmente il Provigil a partire dal 2006, inizialmente negli Stati Uniti e poi nel SEE. Inoltre, la Cephalon aveva previsto il lancio di un altro medicinale a base di modafinil, denominato Sparlon. Infine, la Cephalon non ha lanciato né il Nuvigil né il Sparlon nel SEE. Peraltro, quest’ultimo non ha ricevuto alcuna autorizzazione negli Stati Uniti.

11      Alla fine del 2002, quando quattro società del settore dei medicinali generici, tra cui la Teva, hanno chiesto un’autorizzazione regolamentare per commercializzare i loro prodotti generici del modafinil negli Stati Uniti, la Cephalon ha avviato una procedura per contraffazione di brevetto negli Stati Uniti.

12      Nel giugno 2005 la Teva ha lanciato il suo prodotto generico del modafinil nel Regno Unito.

13      Il 6 luglio 2005, a seguito di uno scambio di lettere, la Cephalon ha avviato un procedimento giudiziario in materia di brevetti contro la Teva dinanzi alla High Court of Justice (England Wales) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), Regno Unito] e ha chiesto un provvedimento ingiuntivo provvisorio per impedire alla Teva di vendere il suo prodotto generico del modafinil nel Regno Unito. La Teva ha successivamente depositato una domanda riconvenzionale di nullità.

14      Prima dell’udienza sulla domanda di ingiunzione provvisoria prevista per l’11 luglio 2005, la Teva ha accettato di cessare la vendita di prodotti generici del modafinil nel Regno Unito. Quale contropartita, la Cephalon ha accettato di fornire una garanzia di 2,1 milioni di lire sterline (GBP) (ossia circa EUR 3,07 milioni) nel caso in cui la Teva fosse risultata vittoriosa nel corso del procedimento giudiziario e avesse avuto il diritto di chiedere il risarcimento dei danni per il lucro cessante.

15      I negoziati per un accordo di transazione stragiudiziale sono iniziati alla fine di novembre 2005.

B.      Accordo controverso

16      L’8 dicembre 2005 la Cephalon e la Teva hanno concluso un accordo di transazione stragiudiziale (in prosieguo: l’«accordo di transazione stragiudiziale»). L’accordo di transazione stragiudiziale è stato concluso anche per i loro aderenti ed è entrato in vigore il 4 dicembre 2005.

17      Ai sensi dell’accordo di transazione stragiudiziale, è previsto, segnatamente, che, ai sensi dell’articolo 2, la Teva si impegni a non entrare in modo indipendente o in concorrenza con la Cephalon sul mercato del modafinil (in prosieguo, la «clausola di non concorrenza») e a non contestare i brevetti del modafinil della Cephalon (in prosieguo, la «clausola di non contestazione») (in prosieguo, congiuntamente, le «clausole restrittive»).

Gli articoli da 2.2 a 2.6 dell’accordo di transazione stragiudiziale contengono un insieme di operazioni aventi ad oggetto:

–        una licenza della Teva alla Cephalon per i diritti di proprietà intellettuale della Teva;

–        una licenza della Cephalon alla Teva per utilizzare i dati CEP1347 cosviluppati dalla Cephalon nel quadro di studi sul trattamento del morbo di Parkinson;

–        l’approvvigionamento dell’API del modafinil da parte della Teva alla Cephalon;

–        pagamenti da parte della Cephalon alla Teva per le spese di contenzioso evitate;

–        la distribuzione dei prodotti della Cephalon nel Regno Unito da parte della Teva.

18      Analogamente, l’accordo di transazione stragiudiziale prevede, al suo articolo 3, diritti generici a favore della Teva. Ai sensi di tale articolo, la Cephalon concede alla Teva una licenza non esclusiva per il lancio del suo prodotto generico del modafinil, anche nel SEE, a partire dal 2012 (o prima, nel caso in cui una qualsiasi entità introduca sul mercato un prodotto generico del modafinil).

19      Conformemente all’articolo 4 dell’accordo di transazione stragiudiziale, la Teva e la Cephalon si sono impegnate a porre immediatamente fine al loro contenzioso in merito al modafinil negli Stati Uniti e nel Regno Unito.

20      L’accordo di transazione stragiudiziale comprende anche gli importi o le royalties relative alle varie transazioni di cui ai punti 17 e 18 supra.

C.      Decisione impugnata

21      Il 26 novembre 2020, la Commissione ha adottato la decisione controversa.

22      La Commissione ha ritenuto che le ricorrenti avessero violato l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo SEE partecipando all’accordo di transazione stragiudiziale nel settore farmaceutico, dietro pagamento invertito. La violazione ha riguardato Germania, Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Spagna, Finlandia, Francia, Grecia, Ungheria, Irlanda, Islanda, Italia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Regno Unito, Slovacchia e Svezia e si è protratta dal 4 dicembre 2005 al 12 ottobre 2011, ad eccezione della Bulgaria e della Romania, dove l’infrazione è iniziata il 1º gennaio 2007, e dell’Ungheria, dove è terminata il 14 giugno 2011 (articolo 1 della decisione impugnata).

23      Per la suddetta infrazione, la Commissione ha inflitto ammende alla Cephalon e alla Teva per un importo rispettivamente di EUR 30.480.000 e 30.000.000 (articolo 2 della decisione impugnata).

II.    Conclusioni delle parti

24      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare integralmente la decisione impugnata;

–        in subordine, annullare le ammende loro inflitte,

–        in ulteriore subordine, per quanto riguarda la Teva, ridurre sostanzialmente l’ammenda che le è stata inflitta;

–        condannare la Commissione alle spese.

25      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

III. In diritto

A.      Sulle conclusioni dirette all’annullamento o all’annullamento parziale della decisione impugnata

26      Le ricorrenti deducono quattro motivi. Il primo motivo verte su un errore di diritto e di fatto da parte della Commissione in quanto essa ha qualificato l’accordo di transazione stragiudiziale come restrizione della concorrenza per oggetto. Il secondo motivo verte su un errore di diritto e di fatto in quanto la Commissione ha qualificato l’accordo di transazione stragiudiziale come restrizione della concorrenza per effetto. Il terzo motivo, dedotto in subordine, verte su un’erronea applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE. Infine, con il quarto motivo, anch’esso dedotto in subordine, le ricorrenti cercano di ottenere l’annullamento delle ammende loro inflitte o, quantomeno, l’annullamento parziale sostanziale dell’ammenda inflitta alla Teva.

1.      Sul primo motivo, vertente su un errore di diritto e di fatto in quanto la Commissione ha qualificato laccordo di transazione stragiudiziale come restrizione della concorrenza per oggetto

27      Con il loro primo motivo, le ricorrenti contestano alla Commissione di essere incorsa in un errore di diritto e di fatto qualificando l’accordo di transazione stragiudiziale come restrizione della concorrenza per oggetto.

28      Le ricorrenti sostengono che la Commissione abbia snaturato i due criteri cumulativi specificati nella sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52). Da detta sentenza risulterebbe che un accordo di transazione stragiudiziale che prevede trasferimenti di valori può essere qualificato come restrizione per oggetto solo se, da un lato, i trasferimenti di valori «trovano unicamente spiegazione nell’interesse commerciale sia del titolare del brevetto sia del presunto contraffattore a non farsi concorrenza basata sui meriti» e, dall’altro, l’accordo non genera «comprovati effetti favorevoli per la concorrenza, tali da far ragionevolmente dubitare del suo carattere sufficientemente dannoso nei confronti della concorrenza».

29      II presente motivo si articola in quattro capi. Nell’ambito del primo capo, le ricorrenti sostengono che il primo criterio menzionato al precedente punto 28 dovrebbe essere inteso come riferito al fatto «che ogni transazione commerciale ha una spiegazione plausibile diversa dalla ripartizione del mercato». Orbene, le ricorrenti contestano alla Commissione di aver sostituito tale criterio con un criterio controfattuale consistente nel determinare se le ricorrenti avrebbero concluso le stesse transazioni alle stesse condizioni nell’ipotesi in cui l’accordo di transazione stragiudiziale non fosse stato concluso. Nell’ambito del secondo capo, le ricorrenti contestano alla Commissione di non aver soddisfatto tale criterio per il fatto di non aver confutato le prove da esse fornite nel corso del procedimento amministrativo, le quali dimostravano che ogni transazione si spiegava con fattori diversi dall’interesse delle parti a non farsi concorrenza basata sui meriti. Inoltre, nell’ambito del terzo capo, che si riferisce al secondo criterio menzionato al precedente punto 28, le ricorrenti sostengono che l’accordo di transazione stragiudiziale ha avuto «comprovati effetti favorevoli per la concorrenza», prevedendo l’ingresso anticipato della Teva sul mercato. Infine, nell’ambito del quarto capo, le ricorrenti contestano alla Commissione di aver commesso errori nella valutazione del contesto e dei termini dell’accordo di transazione stragiudiziale.

a)      Sul primo capo del primo motivo, vertente sulla mancata applicazione del criterio giuridico adeguato

30      Secondo le ricorrenti, la Commissione ha snaturato il criterio stabilito nella sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52), confermato dalla sentenza del 25 marzo 2021, Lundbeck/Commissione (C‑591/16 P, EU:C:2021:243), a duplice titolo, vale a dire, in primo luogo, discostandosi dall’esplicito insegnamento della sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52), secondo il quale una remunerazione ragionevole versata dal fabbricante dei medicinali originali al fabbricante dei medicinali generici, per i servizi o i prodotti forniti, escludeva l’accertamento di un’infrazione per oggetto e, in secondo luogo, adottando e applicando un criterio controfattuale relativo all’analisi per effetto.

31      Secondo le ricorrenti, facendo così riferimento alla loro argomentazione dedotta nell’ambito del secondo capo del presente motivo, ogni transazione commerciale oggetto dell’accordo di transazione stragiudiziale era giustificata indipendentemente dalle clausole restrittive e avrebbe una spiegazione «plausibile» che non sarebbe la «sola» contropartita dell’ingresso ritardato della Teva nel mercato del modafinil.

32      Inoltre, l’applicazione di un’analisi controfattuale nella valutazione di un’asserita restrizione della concorrenza per oggetto non sarebbe conforme alla giurisprudenza. Lo scenario controfattuale sarebbe un compito complesso, che dovrebbe prendere in considerazione non solo il contesto giuridico ed economico di un accordo al momento in cui esso è stato concluso, ma anche qualsiasi valutazione successiva. Inoltre, l’analisi controfattuale rientrerebbe nella valutazione degli accordi quali restrizioni della concorrenza per effetto. La Corte non avrebbe applicato un criterio controfattuale nella sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52), ma avrebbe applicato un criterio fattuale semplice chiedendo una spiegazione plausibile per gli accordi commerciali che avevano effettivamente avuto luogo.

33      La Commissione avrebbe altresì commesso un errore nel valutare le operazioni commerciali figuranti nell’accordo di transazione stragiudiziale come un «insieme», «indipendentemente dalla quantificazione esatta e [dal] contributo reale di ciascuna transazione al trasferimento di valore globale». In tal modo, la Commissione ignorerebbe l’apporto della sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52), secondo cui ogni trasferimento di valore dedotto dovrebbe essere valutato per trovare una spiegazione plausibile che non sia la sola contropartita delle clausole restrittive.

34      Nella replica, le ricorrenti contestano alla Commissione di aver commesso un errore di diritto basando la decisione impugnata esclusivamente su elementi di prova soggettivi, mentre dalla giurisprudenza risultava che un’infrazione per oggetto poteva essere accertata solo sulla base di fattori oggettivi. La Commissione avrebbe ignorato il carattere oggettivamente ragionevole della remunerazione, l’obiettivo commerciale e il contesto di negoziazione degli accordi commerciali.

35      Infine, la Commissione avrebbe commesso un errore di diritto quanto all’onere della prova, esigendo dalle parti la prova soggettiva che esse avrebbero effettuato le transazioni in questione nello scenario controfattuale dell’assenza dell’accordo di transazione stragiudiziale e della prosecuzione dell’azione giudiziaria. Orbene, l’onere della prova incomberebbe alla Commissione. Inoltre, le prove contemporanee ai fatti e le relazioni degli esperti prodotte dinanzi alla Commissione fornirebbero una spiegazione plausibile degli accordi commerciali che la Commissione non potrebbe respingere in mancanza di un’esperienza significativa contraria.

36      La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

37      Dalla giurisprudenza si evince che il concetto di «restrizione della concorrenza per oggetto» può essere applicato solo a determinati tipi di coordinamento tra imprese che, per loro stessa natura, sono sufficientemente dannosi per il corretto funzionamento della normale concorrenza da far ritenere superfluo esaminarne gli effetti [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 67 e giurisprudenza ivi citata].

38      Per quanto riguarda più specificamente analoghi accordi di transazione stragiudiziale di controversie, nel contesto di controversie relative a un brevetto di procedimento di fabbricazione di un API divenuto di pubblico dominio, conclusi tra un produttore di medicinali originali e vari produttori di medicinali generici, che hanno avuto l’effetto di rinviare l’ingresso nel mercato di medicinali generici in contropartita di trasferimenti di valori a carattere monetario o non monetario del primo in favore dei secondi, la Corte ha dichiarato che accordi del genere non possono essere considerati, in ogni caso, come «restrizioni per oggetto», ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punti 84 e 85].

39      Tuttavia, la qualificazione come «restrizione per oggetto» deve essere accolta qualora dall’esame dell’accordo di transazione stragiudiziale di cui trattasi risulti che i trasferimenti di valori previsti da quest’ultimo trovano unicamente spiegazione nell’interesse commerciale sia del titolare del brevetto in questione sia del presunto contraffattore a non farsi concorrenza in base ai meriti, in quanto accordi con i quali i concorrenti sostituiscono scientemente una collaborazione reciproca ai rischi di mercato rientrano manifestamente nella qualificazione come «restrizione per oggetto» [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punti 83 e 87].

40      Ai fini di tale esame, occorre, in ogni caso di specie, valutare se il saldo positivo netto dei trasferimenti di valori del produttore di medicinali originali a favore del produttore di medicinali generici fosse sufficientemente rilevante per indurre effettivamente il produttore di medicinali generici a rinunciare ad entrare nel mercato interessato e, pertanto, a non fare concorrenza in base ai meriti al produttore di medicinali originali, senza che sia richiesto che tale saldo positivo netto sia necessariamente superiore agli utili che tale produttore di medicinali generici avrebbe tratto se fosse risultato vittorioso nel procedimento in materia di brevetti [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punti 93 e 94].

41      Ne consegue che la classificazione come «restrizione per oggetto» di accordi come l’accordo di transazione presuppone una valutazione delle loro caratteristiche specifiche, da cui si deve dedurre un eventuale danno particolare alla concorrenza, se necessario dopo un’analisi dettagliata di tali accordi, dei loro obiettivi e del contesto economico e giuridico, nell’ambito del quale l’importo dei trasferimenti di valori riveste particolare importanza [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 89].

42      Nel caso di specie, dalla sezione 5 della decisione impugnata, e più in particolare dai punti da 544 a 580, risulta che la Commissione ha chiarito sulla base della giurisprudenza esistente, tra cui la giurisprudenza citata ai precedenti punti 37 e seguenti, quale analisi essa doveva effettuare. Nella sezione 6 della decisione impugnata, conformemente alla giurisprudenza e ai principi enunciati nella sezione 5, essa ha esaminato se le operazioni previste nell’ambito dell’accordo di transazione stragiudiziale e i trasferimenti di valori associati fossero un incentivo per la Teva ad accettare le clausole restrittive.

43      Pertanto, dalla giurisprudenza citata ai precedenti punti 37 e seguenti emerge che occorre procedere ad una valutazione complessiva che includa gli interessi e gli incentivi delle parti interessate, al fine di verificare se le transazioni commerciali incluse in un accordo di transazione stragiudiziale, come quelle menzionate al precedente punto 17, possano avere spiegazioni diverse dall’interesse commerciale, sia del titolare del brevetto che del presunto contraffattore, a non esercitare una concorrenza in base ai meriti.

44      A tal riguardo, occorre rilevare, ciò che peraltro non è contestato dalle ricorrenti, che un trasferimento di valore al produttore di medicinali generici può assumere forme diverse, come un pagamento diretto o un pagamento indiretto, che sono integrate in transazioni commerciali tra il produttore di medicinali originali e il produttore di medicinali generici. Una siffatta operazione commerciale può quindi procurare al produttore di medicinali generici vantaggi che non otterrebbe in circostanze normali di mercato, o perché una siffatta operazione non sarebbe stata realizzata in condizioni normali di mercato, o perché tale operazione sarebbe stata realizzata a condizioni più favorevoli delle normali condizioni di mercato. Inoltre, si deve rilevare che, in condizioni normali di mercato, non è usuale che il corrispettivo di una transazione sia costituito da un impegno di non concorrenza e di non contestazione.

45      Pertanto, la Commissione era tenuta a verificare se anche le transazioni commerciali oggetto dell’accordo di transazione stragiudiziale avrebbero potuto essere concluse, a condizioni altrettanto favorevoli, in assenza delle clausole restrittive. Infatti, se la Commissione è in grado di constatare che le transazioni in questione non sarebbero state concluse o non sarebbero state concluse a condizioni altrettanto favorevoli in assenza di dette clausole, se ne può concludere che dette transazioni non possono avere altra spiegazione se non l’interesse commerciale del titolare del brevetto in questione e del presunto contraffattore a non esercitare una concorrenza in base ai meriti.

46      Per stabilire se ciascuna delle transazioni commerciali avesse come unica spiegazione plausibile l’obiettivo di indurre la Teva ad accettare le clausole restrittive e, quindi, di rinunciare a fare concorrenza alla Cephalon per i suoi meriti o se tali transazioni sarebbero state, in ogni caso, concluse in condizioni normali di mercato, la Commissione doveva confrontare quanto effettivamente avvenuto con quanto sarebbe accaduto in assenza delle clausole restrittive. Ne consegue che l’argomento secondo cui la Commissione avrebbe applicato un’analisi controfattuale falsa deve essere respinto in quanto infondato.

47      Analogamente, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, il criterio giuridico applicato dalla Commissione non equivale ad un’analisi controfattuale rientrante nella valutazione degli accordi in quanto restrizione per effetto.

48      La Commissione ha soltanto esaminato se le transazioni commerciali in questione sarebbero state concluse senza le clausole restrittive, al fine di verificare se esse costituissero un incentivo per la Teva a rinunciare a fare concorrenza alla Cephalon per i suoi meriti.

49      Come risulta dalla giurisprudenza citata ai precedenti punti 37 e seguenti, la valutazione alla quale occorre procedere per determinare se un accordo ricada o meno nella qualifica di «restrizione per oggetto» non ha la finalità di identificare né di quantificare gli effetti anticoncorrenziali di una prassi, ma unicamente di determinare la sua gravità oggettiva, che possa esattamente giustificare che i suoi effetti non sono stati valutati (v., in tal senso, sentenza del 25 marzo 2021, Arrow Group e Arrow Generics/Commissione, C‑601/16 P, non pubblicata, EU:C:2021:244, punto 86).

50      Il fatto che tale valutazione debba essere effettuata, se necessario, al termine di un’analisi dettagliata dell’accordo di cui trattasi e in particolare dell’effetto incentivante dei trasferimenti di valori che esso prevede, ma anche dei suoi obiettivi nonché del contesto economico e giuridico nel quale esso si inserisce non implica neanch’esso una valutazione degli effetti anticoncorrenziali di tale accordo sul mercato. Esso presuppone unicamente che si proceda a una valutazione globale e minuziosa degli accordi complessi stessi, al fine non solo di escludere la qualificazione di «restrizione per oggetto» quando sorge un dubbio in ordine alla loro sufficiente dannosità per la concorrenza, ma anche di evitare che alcuni accordi possano sfuggire a questa stessa qualificazione a causa della loro sola complessità e anche se l’analisi minuziosa di questi ultimi rivelerebbe che essi presentano oggettivamente un grado sufficiente di dannosità per la concorrenza (sentenza del 25 marzo 2021, Arrow Group e Arrow Generics/Commissione, C‑601/16 P, non pubblicata, EU:C:2021:244, punto 87).

51      Quanto all’argomento delle ricorrenti relativo al fatto che il criterio della restrizione per oggetto applicato dalla Commissione nella decisione impugnata sarebbe in contrasto con la sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52), dato che ogni transazione accessoria avrebbe una remunerazione ragionevole versata dal fabbricante di medicinale originari al fabbricante di medicinali generici per i servizi o per i prodotti forniti, occorre ricordare che, in tale sentenza, la Corte effettivamente non ha escluso che, in certi casi, un accordo di transazione stragiudiziale unitamente ad un trasferimento di valori a carattere monetario o non monetario esula dalla qualifica di «restrizione per oggetto». Ciò si verificherebbe se i suddetti trasferimenti di valori potessero risultare giustificati, ossia propri e strettamente necessari alla luce degli obiettivi legittimi delle parti dell’accordo. Tuttavia, è giocoforza constatare che tale questione deve essere esaminata nell’ambito del secondo capo del presente motivo, con il quale le ricorrenti sostengono che le transazioni concluse a margine dell’accordo di transazione stragiudiziale avevano una spiegazione plausibile diversa da quella di fungere unicamente da contropartita delle clausole restrittive.

52      Per quanto riguarda l’affermazione secondo cui la Commissione si sarebbe basata, nella sua valutazione nella decisione impugnata, unicamente sull’intenzione soggettiva delle parti, occorre ricordare che, al fine di valutare se un accordo comporti una restrizione «per oggetto», occorre riferirsi al tenore delle sue disposizioni, agli obiettivi che esso mira a raggiungere, nonché al contesto economico e giuridico nel quale si colloca. Dalla giurisprudenza risulta inoltre che, sebbene l’intenzione delle parti non costituisca un elemento necessario per determinare la natura restrittiva di un accordo tra imprese, nulla vieta alle autorità garanti della concorrenza o ai giudici nazionali e dell’Unione di tenerne conto (v. sentenza del 2 aprile 2020, Budapest Bank e a., C‑228/18, EU:C:2020:265, punto 53 e giurisprudenza ivi citata). La questione se la Commissione si sia basata unicamente, nella sua valutazione, su fattori soggettivi sarà esaminata nell’ambito del secondo capo del presente motivo.

53      Per quanto riguarda l’onere della prova, spetta alla Commissione dimostrare che, nel contesto pertinente, le clausole di non concorrenza e di non contestazione concluse nell’ambito dell’accordo di transazione stragiudiziale di cui trattasi hanno dato luogo a un accordo restrittivo della concorrenza per oggetto e quindi dimostrare che dall’esame di tale accordo risulta che i trasferimenti di valori ivi previsti possono essere spiegati unicamente dall’interesse commerciale sia del titolare del brevetto in questione sia del presunto contraffattore a non esercitare una concorrenza in base ai meriti (v. giurisprudenza citata al precedente punto 39).

54      Tuttavia, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, la Commissione può basarsi solo su elementi giuridici ed economici da esse presi in considerazione in sede di negoziazione intesa all’accordo di transazione stragiudiziale, ivi comprese le transazioni commerciali. Gli elementi successivi alla conclusione dell’accordo di transazione stragiudiziale non possono far parte del quadro pertinente, in quanto le parti non avrebbero potuto tenerne conto quando hanno deciso di concludere tale accordo.

55      Nella parte in cui le ricorrenti sostengono la mancanza di esperienza nel diritto dell’Unione, al momento dell’adozione della decisione impugnata, per classificare l’accordo in questione come una «restrizione per oggetto», è sufficiente fare riferimento alla sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52) e a quella del 25 marzo 2021, Lundbeck/Commissione (C‑591/16 P, EU:C:2021:243). Infatti, nella prima sentenza, la Corte ha indicato a quali condizioni un accordo di transazione stragiudiziale dovesse essere qualificato come «restrizione per oggetto». Nella seconda sentenza, la Corte ha precisato, al punto 130, che non era affatto necessario che lo stesso tipo di accordi fosse già stato condannato dalla Commissione perché questi ultimi possano essere considerati restrittivi della concorrenza per oggetto, e ciò quand’anche essi intervenissero in un contesto specifico come quello dei diritti di proprietà intellettuale. Pertanto tale argomento non può essere accolto.

56      Per quanto riguarda l’argomento secondo cui la Commissione avrebbe valutato le transazioni commerciali «come un insieme», è sufficiente, in questa fase, in primo luogo, rilevare che le transazioni commerciali contenute nell’accordo di transazione stragiudiziale sono state concluse come rientranti in un insieme. Il fatto che l’accordo di transazione stragiudiziale e le operazioni che esso comporta siano conclusi contemporaneamente o che esista un legame contrattuale tra loro è rivelatore del fatto che tali accordi si inseriscono in uno stesso insieme contrattuale. Esiste, pertanto, un rischio evidente che la connessione tra un accordo commerciale ed un accordo di transazione stragiudiziale che preveda clausole di non commercializzazione e di non contestazione, le quali presentino, di per sé, un carattere restrittivo della concorrenza, intenda, in realtà, col pretesto di una transazione commerciale sotto forma, se del caso, di una costruzione contrattuale complessa, incitare l’impresa di medicinali generici ad assoggettarsi, mediante un trasferimento di valore previsto dall’accordo accessorio, alle clausole stesse. In tale contesto, come già indicato al precedente punto 45, la questione se tale transazione sarebbe stata conclusa anche in condizioni normali di mercato rientra nella valutazione che la Commissione deve effettuare. In secondo luogo, occorre rilevare che, al termine di tale valutazione, è importante il saldo netto positivo dei trasferimenti di valori effettuati nell’ambito dell’insieme delle operazioni, come risulta dalla giurisprudenza citata al precedente punto 40.s

57      Da quanto precede risulta che, fatti salvi taluni argomenti da esaminare nell’ambito del secondo capo del presente motivo, il primo capo del primo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

b)      Sul secondo capo del primo motivo

58      Nell’ambito del secondo capo del primo motivo, le ricorrenti fanno valere che le operazioni concluse a margine dell’accordo di transazione stragiudiziale avevano una spiegazione plausibile diversa da quella di fungere unicamente da contropartita delle clausole restrittive.

59      Ciascuna delle transazioni trarrebbe origine non dall’evoluzione dei negoziati sull’ingresso del modafinil della Teva nel mercato dei medicinali generici, bensì piuttosto da esigenze commerciali legittime, ben documentate e preesistenti, delle due parti. Per ogni transazione, la Teva o la Cephalon sarebbero state o l’unica parte con cui sarebbe stato possibile avere rapporti commerciali (come nel caso dei diritti di proprietà intellettuale della Teva relativi al modafinil e dei dati clinici della Cephalon), o un partner potenziale in possesso di un’esperienza unica e adeguata (come nel caso della capacità di produzione degli API del modafinil della Teva o della piattaforma di distribuzione nel Regno Unito della Teva).

60      La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

61      Alla luce delle censure formulate dalle ricorrenti, occorre verificare, anzitutto, se, per ciascuna delle transazioni commerciali previste dall’accordo di transazione stragiudiziale, la Commissione sia incorsa in un errore di valutazione nel concludere che detta operazione aveva lo scopo di servire da trasferimento di valore dalla Cephalon alla Teva come contropartita dell’impegno della Teva di non entrare in modo indipendente nei mercati dei medicinali generici e di non fare concorrenza alla Cephalon sul modafinil.

1)      Sulla licenza sui diritti di proprietà intellettuale della Teva relativi al modafinil

62      Ai sensi dell’articolo 2.2 dell’accordo di transazione stragiudiziale, la Cephalon ha accettato di acquistare dalla Teva una licenza (non esclusiva) sui diritti di proprietà intellettuale (in prosieguo: i «DPI») di quest’ultima per un importo totale di 125 milioni di dollari statunitensi (USD), ossia circa EUR 92,9 milioni.

63      Al punto 864 della decisione impugnata, la Commissione ha concluso che la Teva aveva ottenuto un valore significativo concedendo una licenza sui suoi DPI alla Cephalon. Quanto alla Cephalon, la Commissione ha precisato che quest’ultima non era interessata all’acquisto dei DPI della Teva, non aveva alcuna effettiva necessità di acquisirne prima dell’accordo di transazione stragiudiziale e non aveva alcun interesse a pagare ingenti somme per una licenza di DPI che non aveva un valore per lei o solo un valore limitato. Secondo la Commissione, i fatti suggeriscono quindi fortemente che la Cephalon non avrebbe affatto concluso tale operazione o, in ogni caso, che non l’avrebbe fatto alle stesse condizioni, in assenza dell’accordo di transazione stragiudiziale, e che l’operazione aveva lo scopo di servire da trasferimento di valore dalla Cephalon alla Teva come contropartita dell’impegno di quest’ultima a non entrare in modo indipendente sul mercato del modafinil e a non fare concorrenza alla Cephalon per i suoi meriti. La Commissione ha altresì ritenuto che altre spiegazioni della transazione fornite dalle parti non fossero plausibili. La licenza sui DPI della Teva avrebbe quindi comportato un trasferimento di valore ingiustificato alla Teva, che quest’ultima non avrebbe potuto ottenere in assenza dell’accordo di transazione stragiudiziale.

64      Le ricorrenti contestano la valutazione della Commissione, nella decisione impugnata, secondo cui, all’epoca in cui l’accordo di transazione stragiudiziale è stato concluso, la Cephalon non considerava i DPI della Teva come una minaccia seria e non aveva mai, in precedenza, dimostrato il minimo interesse per la loro acquisizione.

65      Secondo le ricorrenti, le prove scientifiche dimostrano che i prodotti modafinil della Cephalon potevano essere considerati contrari alla domanda di brevetto americano della Teva per il modafinil «di forma III» (una forma cristallina di modafinil, presentata nel 2000 e pubblicata nel 2002).

66      Infatti, il vicepresidente della Cephalon, sig. M., anch’egli incaricato della ricerca e dello sviluppo chimico a livello mondiale, si sarebbe immediatamente interessato alle domande della Teva relative ai polimorfi del modafinil dopo aver preso conoscenza di dette domande. La Cephalon avrebbe poi commissionato uno studio, completato nel marzo 2003, presso la Crystallics BV, avrebbe ricevuto risultati di uno studio condotto dal professor C. dell’Università di Rouen (Francia) nel 2004 e avrebbe ricevuto risultati preliminari di uno studio effettuato dalla Solid State Chemical Information, Inc. (SSCI) nel gennaio 2006.

67      Con detti studi, la Cephalon avrebbe voluto sapere se i propri processi creassero i polimorfi rivendicati dalla Teva e conoscere la probabilità che dei quantitativi di forma III potessero sussistere durante il processo di fabbricazione commerciale.

68      Secondo le ricorrenti, le prove scientifiche raccolte dalla Cephalon dal 1995 al 2005 hanno fornito insegnamenti progressivi che hanno rivelato un rischio di contraffazione.

69      Inoltre, le ricorrenti affermano che la Cephalon si è avvalsa anche della perizia del professor M., del Massachusetts Institute of Technology (MIT), che aveva concluso che la Cephalon correva il rischio che la forma III, oggetto delle domande di brevetto della Teva, fosse individuata nel suo prodotto finale. Le ricorrenti affermano, in particolare, quanto segue:

–        La Teva aveva notevoli possibilità di risultare vincitrice in qualsiasi procedimento giudiziario o «di interferenza» presso l’United States Patent and Trademark Office (Ufficio dei brevetti e dei marchi degli Stati Uniti), che rimetteva in discussione i suoi diritti di brevetto sulla forma III, cosicché la Commissione non avrebbe dovuto rimettere in discussione la valutazione commerciale della Cephalon per rimediare a tale rischio;

–        il fatto che la Cephalon avesse lanciato il Provigil negli Stati Uniti prima della data di priorità della domanda di brevetto della Teva non ha attenuato il rischio corso dalla Cephalon, come sostiene erroneamente la Commissione;

–        l’affermazione della Commissione secondo cui non sussisteva alcun rischio di contraffazione perché la Cephalon non aveva effettivamente individuato la forma III nel suo prodotto finale nel dicembre 2005 non tiene conto dello stato della scienza;

–        per quanto riguarda l’assenza di documenti, è prassi negli Stati Uniti non documentare le preoccupazioni in materia di contraffazione, per timore che tali documenti siano utilizzati nel processo per accertare non solo la contraffazione, ma anche una contraffazione volontaria suscettibile di triplicare il risarcimento;

–        le royalties dovute dalla Cephalon nell’ambito dell’accordo di licenza per i DPI della Teva erano ragionevoli e la Commissione non ha dimostrato il contrario.

70      La Commissione respinge gli argomenti delle ricorrenti.

71      Dalla decisione impugnata risulta che, a sostegno della sua conclusione secondo cui la licenza per i DPI della Teva aveva comportato un trasferimento ingiustificato di valore alla Teva (v. supra, punto 63), la Commissione si è basata, tra l’altro, da un lato, su elementi di prova contemporanei al momento della conclusione dell’accordo transattivo, che dimostrano che la Cephalon non si sentiva realmente minacciata dai DPI della Teva e che non aveva mai dimostrato in precedenza di essere minacciata dai DPI della Teva, prove contemporanee alla stipula dell’accordo transattivo che dimostrano che la Cephalon non si sentiva realmente minacciata dai DPI della Teva e non aveva mai mostrato in precedenza alcun interesse ad acquisirli e, dall’altro, sulla mancanza di ragionevole diligenza da parte della Cephalon.

72      Come risulta dal fascicolo, la Cephalon sapeva dal 2002 che la Teva aveva depositato una domanda di brevetto per la forma III, che alcuni quantitativi residui delle forme potevano, se del caso, essere rilevati nel prodotto finale di Cephalon, che la forma III avrebbe potuto fondere tra due cristalli di forma I (si parla allora di «gemellaggio» delle forme I e III del modafinil) e che la forma III era un oggetto brevettabile. Ciò non toglie che non vi sia alcuna seria indicazione che la Cephalon fosse realmente preoccupata, all’epoca dei fatti, per le eventuali conseguenze della domanda di brevetto della Teva per la forma III.

73      Infatti, la Cephalon era a conoscenza sin dal 1999 del fatto che il modafinil di forma III era creato durante il processo di fabbricazione, ma si trasformava poi in modafinil di forma I durante detto processo (secondo gli studi di Lafon).

74      È certamente vero che la Cephalon, dopo essere venuta a conoscenza della domanda di brevetto della Teva sul modafinil di forma III e prima della conclusione dell’accordo di transazione stragiudiziale, ha commissionato ricerche.

75      In primo luogo, si trattava di una domanda alla Crystallics vertente su uno studio volto a comprendere meglio l’influenza delle condizioni dei diversi polimorfi e il controllo del processo. Il risultato di tale studio, concluso nel 2003, evidenziava che, nella grande maggioranza delle condizioni di cristallizzazione, il modafinil ottenuto era una miscela delle forme I e III.

76      In secondo luogo, la Cephalon ha ricevuto, nel 2004, i risultati di uno studio condotto dal professor C., dell’Università di Rouen, che tuttavia non era stato richiesto dalla Cephalon. Da tale studio risultava che la forma I e la forma III del modafinil erano molto simili e che le due forme polimorfe avevano una propensione a crescere come cristalli gemelli.

77      Tuttavia, dal fascicolo risulta che tali studi o i loro risultati non hanno suscitato particolari preoccupazioni nella Cephalon.

78      Infatti, da una presentazione interna del 2003, che menziona le domande della Teva relative alle forme cristalline del modafinil, risulta che la Cephalon supponeva che vi fosse probabilmente un «procedimento d’interferenza» tra essa e la Teva, ma che disponeva di diritti anteriori, cosicché non vi era motivo di preoccuparsi.

79      Analogamente, in un messaggio di posta elettronica interno dell’agosto 2005, il dottor H, Chief Patent Counsel della Cephalon, ha dichiarato di conoscere da tempo il «panorama dei brevetti» negli Stati Uniti e in Europa relativi al modafinil e che non c’era motivo di preoccuparsi di «potenziali problemi di violazione».

80      In terzo luogo, per quanto riguarda lo studio effettuato dalla SSCI, richiesto dalla Cephalon prima della conclusione dell’accordo di transazione stragiudiziale, occorre constatare che i risultati preliminari sono stati ricevuti dalla Cephalon solo dopo la conclusione del detto accordo, vale a dire il 6 gennaio 2006. Di conseguenza, tali risultati non hanno potuto essere presi in considerazione dalla Cephalon per valutare un rischio di contraffazione al momento della conclusione dell’accordo di transazione stragiudiziale e non consentono di stabilire se la Cephalon avesse un interesse per i DPI della Teva.

81      In quarto luogo, la stessa conclusione si impone per quanto riguarda il rapporto M. (cioè un parere del professor M. del MIT) richiesto dalle ricorrenti nel corso del procedimento amministrativo, datato 2018.

82      L’argomento delle ricorrenti secondo cui si tratterebbe di un «apprendimento progressivo» non è convincente, così come l’argomento secondo cui la Cephalon era molto inquieta «alla fine del 2005». A tal riguardo, è giocoforza constatare che la Cephalon non ha intrapreso alcuna azione nei confronti della Teva tra il 2003 e il 2005, mentre non mancava delle conoscenze necessarie per farlo. Di conseguenza, la decisione sulla brevettabilità presa dall’Ufficio Brevetti e Marchi degli Stati Uniti nel settembre 2005 non spiega l’asserita improvvisa preoccupazione, dato che la stessa Cephalon stava cercando di brevettare il modafinil forma III nel 2003, il che conferma che essa sapeva, almeno nel 2003 (v. supra, punto 72) che si trattava di un oggetto brevettabile. Peraltro, al momento dell’accordo di transazione stragiudiziale, la Cephalon non aveva individuato alcuna traccia di modafinil polimorfo di forma III, né nel suo API del modafinil né nel prodotto finale Provigil.

83      Inoltre, non vi è alcuna prova documentale di un’eventuale preoccupazione da parte di Cephalon. L’argomento delle ricorrenti secondo cui l’assenza di prove contemporanee ai fatti si spiega con il diritto processuale americano deve essere respinto.

84      A tal riguardo, in primo luogo, nei limiti in cui un documento rientra nella regola del «legal privilege», quest’ultimo sarebbe stato tutelato e non avrebbe potuto essere divulgato dinanzi ai giudici americani.

85      In secondo luogo, al contrario, dal fascicolo risulta che taluni elementi di prova contemporanei ai fatti confermano il fatto che la Cephalon riteneva che i suoi prodotti non violassero i DPI della Teva. Inoltre, al pari della Commissione, si deve ritenere che, se la Cephalon avesse realmente percepito un rischio di violazione dei DPI della Teva, essa avrebbe agito per rimediare a tale rischio, ciò che non ha fatto. Inoltre, anche nel momento in cui la Teva ha contattato la Cephalon, nel luglio 2005, per discutere di una licenza relativa ai suoi DPI, la Cephalon non ha manifestato interesse per tale licenza al di fuori del quadro dell’accordo di transazione stragiudiziale.

86      Infine, l’assenza di una ragionevole diligenza della Cephalon al riguardo si spiega se si ritiene che la concessione di una licenza sui DPI della Teva alla Cephalon fosse essenzialmente finalizzata a indurre la Teva ad accettare le clausole restrittive. In particolare, da quanto precede risulta che la Cephalon non aveva manifestato un interesse reale, al di fuori dell’ambito dell’accordo di transazione stragiudiziale, all’ottenimento di una licenza. Inoltre, l’affermazione della Cephalon secondo cui essa era ben consapevole di quanto esisteva in materia di brevetti riguardo al modafinil non è convincente. Infatti, essa non consente di spiegare per quale ragione la Cephalon abbia accettato di acquistare la licenza sui DPI della Teva senza procedere ad una valutazione dell’importo delle royalties da pagare e per quale ragione la Cephalon abbia pagato immediatamente una parte sostanziale di tali royalties, incondizionatamente, senza essere certa che la domanda di brevetto della Teva avrebbe effettivamente avuto esito favorevole. Infine, occorre rilevare che nell’accordo di licenza non sono state neppure stabilite disposizioni standard a tutela degli interessi della Cephalon.

87      Pertanto, si deve constatare che la Commissione ha correttamente concluso, nella decisione impugnata, che il livello del trasferimento di valore operato dalla licenza sui DPI della Teva poteva spiegarsi unicamente con il fatto che esso costituiva una contropartita per l’accettazione, da parte della Teva, delle clausole restrittive.

2)      Sull’accordo di approvvigionamento di API del modafinil

88      Ai sensi del punto 2.4 dell’accordo di transazione stragiudiziale, la Teva e la Cephalon si sono impegnate a stipulare un accordo di approvvigionamento in base al quale, in primo luogo, la Teva avrebbe fornito alla Cephalon un volume minimo di 10.000 kg di API del modafinil all’anno tra il 2007 e il 2011 (ossia almeno 50.000 kg in totale) e, in secondo luogo, la Cephalon avrebbe pagato alla Teva un prezzo minimo fisso, esplicitamente concepito per riflettere i costi di produzione approssimativi della Teva, maggiorati del 30%, per un totale di 28 milioni di dollari tra il 2007 e il 2011. Di conseguenza, il 7 novembre 2006, la Teva, tramite la sua controllata Plantex, e la Cephalon hanno concluso un contratto che attuava le condizioni enunciate al punto 2.4 dell’accordo di transazione stragiudiziale (in prosieguo: l’«accordo di approvvigionamento di API del modafinil»).

89      Al punto 781 della decisione impugnata, la Commissione ha concluso che, per la Teva, i termini dell’accordo di approvvigionamento di API del modafinil rappresentavano un flusso di entrate stabile garantito per cinque anni, che essa non avrebbe potuto ottenere senza accettare gli impegni di non concorrenza e di non contestazione contenuti nell’accordo di transazione stragiudiziale. Quanto alla Cephalon, la Commissione ha concluso, nella decisione impugnata, che essa non avrebbe accettato di concludere l’accordo di approvvigionamento di API del modafinil in assenza di tali impegni, poiché ciò non sarebbe stato razionale da un punto di vista economico, tenuto conto della sua situazione in materia di approvvigionamento e di domanda all’epoca e dei termini di tale accordo.

90      Le ricorrenti contestano la conclusione della Commissione per quanto riguarda la Cephalon. Quest’ultima avrebbe affrontato un rischio di sottoapprovvigionamento di API del modafinil, il che risulterebbe anche dai documenti contemporanei ai fatti quali il messaggio di posta elettronica del 29 dicembre 2005. Inoltre, le ricorrenti contestano alla Commissione di aver fondato la sua decisione su un esame selettivo e non equilibrato del fascicolo riguardante la capacità di approvvigionamento della Cephalon e le condizioni di prezzo convenute con la Teva.

91      In questo contesto, le ricorrenti chiariscono che, alla fine di novembre 2005, dopo che la Food and Drug Administration (FDA, Agenzia per l’alimentazione e i medicinali, Stati Uniti)) ha annunciato la probabile approvazione dello Sparlon, la Cephalon ha aumentato le sue stime interne sugli API del modafinil necessari per la produzione dei suoi farmaci Provigil, Nuvigil e Sparlon, ove il lancio di questi ultimi due farmaci era stato previsto nel prossimo futuro, da una quantità di 96.000 kg a una quantità di 138.500 o 148.000 kg, mentre la capacità di approvvigionamento avrebbe lasciato poco margine per far fronte a un aumento della domanda o a una riduzione imprevista della produzione. A tal riguardo, le ricorrenti fanno notare che, per quanto riguarda i due stabilimenti della Cephalon situati a Mitry-Mory (Francia), l’uno (ossia lo stabilimento C‑1) era un vecchio stabilimento e l’altro (ossia lo stabilimento C‑2), benché nuovo, necessitava ancora di un’autorizzazione amministrativa e che era altresì dubbio che il suo fornitore esterno, la Helsinn, fosse in grado di aumentare la sua produzione.

92      La via più prudente e sicura per coprire il rischio di approvvigionamento insufficiente sarebbe stata quindi la conclusione di un contratto con la Teva. Secondo la Cephalon, la Teva era un partner logico in quanto disponeva di una forte capacità produttiva di modafinil grazie ai propri sforzi per lanciare prodotti a base di modafinil. Inoltre, la somma totale da pagare a titolo di tale accordo avrebbe rappresentato solo una piccola parte delle perdite che la Cephalon avrebbe subito se il suo approvvigionamento di API fosse stato insufficiente.

93      La Commissione respinge gli argomenti delle ricorrenti.

94      In primo luogo, occorre rilevare che le ricorrenti non rimettono in discussione l’interesse della Teva e che la loro critica riguarda soltanto l’interesse che la Cephalon avrebbe avuto a concludere l’accordo di approvvigionamento.

95      In secondo luogo, l’affermazione secondo cui la Commissione avrebbe rimesso in discussione la valutazione commerciale della Cephalon o avrebbe effettuato un esame selettivo e non equilibrato del fascicolo non può essere accolta. A tal riguardo, occorre constatare che, nella decisione impugnata, la Commissione ha fondato la sua conclusione su documenti contemporanei ai fatti, che provenivano, per la maggior parte, dalla Cephalon stessa. Successivamente, la Commissione si è limitata a verificare la plausibilità delle affermazioni delle ricorrenti alla luce dei fatti che risultavano dagli elementi di prova.

96      Orbene, dagli elementi di prova in questione risulta effettivamente che la capacità di approvvigionamento stimata della Cephalon a partire dal 2007 era sufficiente per soddisfare la domanda prevista da quest’ultima.

97      Al riguardo risulta (v. il precedente punto 91) che la catena di approvvigionamento della Cephalon era costituita dai suoi stabilimenti a Mitry-Mory, vale a dire l’impianto esistente C‑1 e il nuovo impianto C‑2, nonché da un fornitore esterno, la Helsinn.

98      Dai documenti della Cephalon, contemporanei ai fatti, risulta che, alla fine del 2005, la Cephalon ha preso in considerazione la sua domanda di API del modafinil:

–        tra 115.000 e 148.000 kg per il 2006, mentre avrebbe potuto avere accesso a un totale di circa 146.000 kg (ossia 37.000 kg dall’impianto C‑1, 29.400 kg dall’impianto C‑2 e 80.000 kg dal suo fornitore Helsinn);

–        per il 2007, tra i 117.000 e i 146.000 kg, mentre avrebbe potuto avere accesso a circa 230.000 kg in totale (cioè 37.000 kg dall’impianto C‑1, 74.000 kg dall’impianto C‑2 e 120.000 kg da Helsinn);

–        per il 2008, tra 137.000 e 160.000 kg, mentre avrebbe potuto disporre di circa 230.000 kg in totale (ossia 37.000 kg dall’impianto C‑1, 74.000 kg dall’impianto C‑2 e 120.000 kg dalla Helsinn).

99      Da tali cifre si può dedurre, per quanto riguarda gli anni 2007 e 2008, che la capacità di approvvigionamento previsionale della Cephalon superava la domanda previsionale e che non si poneva quindi una questione di insufficienza a lungo termine. Pertanto, la Commissione ha potuto correttamente concludere che preoccupazioni relative ad un approvvigionamento insufficiente non erano una spiegazione plausibile della conclusione dell’accordo da parte della Cephalon.

100    Inoltre, nel fascicolo non vi è alcuna traccia di una preoccupazione di Cephalon in merito a un’eventuale sottocapacità di approvvigionamento di API del modafinil a lungo termine.

101    È vero che da un messaggio di posta elettronica del 29 dicembre 2005, invocato dalle ricorrenti, risulta che esistevano preoccupazioni in materia di approvvigionamento. Tuttavia, dette preoccupazioni riguardavano unicamente l’inizio del 2006, e non il periodo successivo. Pertanto, l’accordo di approvvigionamento di API del modafinil concluso con la Teva non poteva porvi rimedio per il 2006, in quanto riguardava l’approvvigionamento relativo al periodo compreso tra il 2007 e il 2011. Inoltre, da tale messaggio di posta elettronica risulta che era disponibile una soluzione interna per porre rimedio al problema segnalato relativo al primo semestre del 2006, vale a dire, rallentare o interrompere la produzione del R-modafinil (vale a dire l’API del Nuvigil) per due o tre mesi al fine di costituire una certa scorta di modafinil per far fronte ad un eventuale aumento della domanda riguardante il Provigil e ad un eventuale aumento delle previsioni di vendita riguardanti lo Sparlon dopo il suo lancio.

102    Del resto, il messaggio di posta elettronica del 29 dicembre 2005 è successivo alla firma dell’accordo di transazione stragiudiziale. Se fosse esistita una reale preoccupazione riguardante un possibile problema di sottoapprovvigionamento a lungo termine, essa sarebbe stata menzionata in detto messaggio di posta elettronica, al pari della scelta della Teva quale nuova fonte di approvvigionamento.

103    Per quanto riguarda la critica delle ricorrenti relativa all’analisi della tariffazione sulla quale la Cephalon e la Teva si sono accordate (punti 404-407, 749, 750 e 765 della decisione impugnata), è sufficiente rilevare che da quanto precede risulta che la conclusione da parte della Cephalon dell’accordo di approvvigionamento di API del modafinil non era stata motivata da vere preoccupazioni quanto all’insufficienza di approvvigionamento di API del modafinil a lungo termine. Dato che gli argomenti relativi alla tariffazione si basano sulla premessa secondo cui la Cephalon avrebbe correttamente ricercato una fonte di approvvigionamento supplementare per tutelarsi dal rischio di penuria, essi possono essere respinti in quanto inoperanti.

104    In ogni caso, dall’analisi effettuata dalla Commissione nella decisione impugnata, fondata sugli elementi di prova del fascicolo, risulta che i prezzi dell’API del modafinil stipulati nell’accordo di approvvigionamento di API del modafinil erano superiori dal 100 al 300% ai prezzi pagati alla Helsinn o ai prezzi interni che la Cephalon avrebbe pagato utilizzando i propri impianti di produzione di Mitry-Mory. Analogamente, i prezzi della Teva erano ancora più elevati dei prezzi offerti dalla Helsinn nelle sue proposte alternative per un eventuale nuovo accordo di approvvigionamento di API del modafinil o da altri fornitori alternativi. Inoltre, l’accordo di approvvigionamento di API del modafinil, così come era stato concluso, rappresentava per la Cephalon un impegno «take or pay» non flessibile, con il quale essa si impegnava ad acquistare volumi fissi di API del modafinil in un momento in cui la domanda futura dei suoi medicinali candidati a base di modafinil (ossia il Nuvigil e lo Sparlon) era incerta, in quanto non disponeva ancora delle approvazioni regolamentari.

105    Da quanto precede risulta che la Commissione non è incorsa in errore nel ritenere che i motivi invocati dalla Cephalon per giustificare la conclusione dell’accordo di approvvigionamento di API del modafinil non corrispondessero né alla via più prudente né alla via più sicura per coprire un rischio di approvvigionamento insufficiente.

106    Risulta altresì da quanto precede che la Commissione ha potuto correttamente concludere che l’accordo di approvvigionamento di API del modafinil aveva contribuito a indurre la Teva ad accettare le clausole restrittive.

3)      Sull’accordo CEP-1347

107    Conformemente al punto 2.3 dell’accordo di transazione stragiudiziale, la Cephalon ha concesso alla Teva una licenza su dati clinici e di sicurezza cosviluppati dalla Cephalon nell’ambito di studi sul trattamento del morbo di Parkinson (in prosieguo: i «dati relativi al CEP-1347»), di cui la Teva aveva bisogno per il lancio commerciale del suo medicinale Azilect (che non aveva alcun collegamento con il modafinil), in cambio di un milione di dollari.

108    Al punto 810 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato che l’accesso ai dati relativi al CEP-1347 della Cephalon era molto prezioso per la Teva, in quanto poteva accelerare il lancio commerciale del suo medicinale Azilect, da cui essa poteva attendersi notevoli vendite e profitti supplementari. Quanto alla Cephalon, la Commissione ha constatato che essa non aveva valutato o negoziato in modo indipendente il prezzo di fornitura dell’accesso ai dati relativi al CEP-1347 e che aveva utilizzato tali dati come strumento nei negoziati sull’accordo di transazione stragiudiziale, rifiutando di concedere una licenza fino alla conclusione di detto accordo. Di conseguenza, la Commissione ha concluso, al punto 811 della decisione impugnata, che non era plausibile che la Cephalon avesse consentito l’accesso ai dati relativi al CEP-1347 nel dicembre 2005 in assenza degli impegni di non concorrenza e di non contestazione contenuti nell’accordo di transazione stragiudiziale o, in ogni caso, alle stesse condizioni. Di conseguenza, la Commissione ha concluso che l’accordo CEP-1347 era un trasferimento di valore ingiustificato, che aveva contribuito a indurre la Teva a concludere tali impegni nel più ampio contesto dell’accordo di transazione stragiudiziale.

109    Le ricorrenti sostengono che l’accordo CEP-1347 non ha contribuito ad un trasferimento di valore ingiustificato, o non è servito da pagamento invertito illegittimo, dato che la Cephalon ha trasferito i dati relativi al CEP-1347 al prezzo di mercato.

110    Le ricorrenti contestano altresì il calcolo effettuato dalla Commissione, al considerando 789 della decisione impugnata, secondo cui un ritardo di un anno nel lancio commerciale del medicinale Azilect avrebbe comportato una perdita di entrate dell’ordine di 200 milioni di dollari per la Teva. Nella replica, le ricorrenti sostengono, al riguardo, che tale stima è sopravvalutata, in quanto la Commissione si basa su un’interpretazione erronea del processo normativo negli Stati Uniti. La Commissione partirebbe, a torto, dal principio che un ritardo nell’approvazione dell’Azilect da parte della FDA avrebbe privato la Teva di un anno di esclusiva sull’Azilect e che, pertanto, ciò avrebbe provocato una perdita di un anno di entrate.

111    La Commissione respinge gli argomenti delle ricorrenti.

112    È pacifico che la Teva ha contattato la Cephalon al fine di ottenere il diritto di utilizzare i dati relativi al CEP-1347. A tal riguardo, non è contestato il fatto che la Teva avesse bisogno di tali dati al fine di ottenere le approvazioni regolamentari negli Stati Uniti, in Canada e in Australia per il suo medicinale innovativo Rasagiline, un equivalente dell’Azilect, nel 2006. Infatti, nel 2005, era in corso la procedura di approvazione finale per commercializzare l’Azilect, avviata dalla Teva dinanzi alla FDA. Nell’ambito di tale procedura di approvazione, la FDA aveva posto domande sul profilo di effetti collaterali dell’Azilect e aveva chiesto la realizzazione di altri test dermatologici. A tale riguardo era prevista una riunione tra la FDA e la Teva il 7 dicembre 2005. Poiché la Teva non era in grado di effettuare detti test prima di tale data e aveva appreso che la Cephalon disponeva di dati che avrebbero potuto essere rilevanti per lei, essa ha contattato più volte Cephalon.

113    Inoltre, dagli elementi di prova emerge che la Cephalon era informata della necessità della Teva e che la Teva aveva ritenuto che i dati relativi al CEP-1347 della Cephalon fossero «molto utili» e «cruciali» sia per la riunione prevista con la FDA sia per l’approvazione dell’Azilect in Australia.

114    È altresì pacifico che la Cephalon si è rifiutata di fornire tali dati alla Teva, e ciò a causa dei contenziosi in corso relativi a brevetti nei quali esse erano coinvolte.

115    A tal riguardo, la Teva ha indicato che «la Cephalon aveva deciso in modo apparentemente irrevocabile di non fornirle alcun dato in vista della sua riunione con la FDA finché [essa] e la Cephalon non avessero risolto in modo integrale e definitivo tutte le controversie in corso nonché altre questioni relative al modafinil».

116    Come correttamente osservato dalla Commissione nella decisione impugnata, ciò indica che la Cephalon aveva subordinato la comunicazione alla Teva dei dati relativi al CEP-1347 alla definizione della controversia in corso relativa a brevetti, per la quale gli impegni di non concorrenza e di non contestazione erano essenziali.

117    Per quanto riguarda il calcolo effettuato dalla Commissione al considerando 789 della decisione impugnata, si deve constatare che esso si basa su un documento interno della Teva contemporaneo ai fatti e contenente le previsioni di vendita dell’Azilect effettuate da quest’ultima per gli anni dal 2006 al 2009. Sulla base di tali stime, il calcolo di un lucro cessante in caso di ritardo nel lancio dell’Azilect sul mercato può essere facilmente effettuato, come risulta dalla decisione impugnata e dalle spiegazioni complementari fornite dalla Commissione nelle sue memorie. Ne consegue che un tale ritardo avrebbe comportato una perdita di entrate dell’ordine di 200 milioni di dollari e che anche un ritardo di una settimana avrebbe avuto conseguenze non trascurabili. Ciò indica che per la Teva era importante avere accesso il più rapidamente possibile ai dati relativi al CEP-1347.

118    Quanto all’argomento, sollevato per la prima volta nella replica, secondo cui la Commissione avrebbe frainteso il quadro normativo statunitense, esso deve essere respinto in quanto infondato, senza che sia necessario esaminarne l’ammissibilità ai sensi dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale.

119    Infatti, oltre al fatto che nulla indica che la Commissione non abbia compreso il quadro normativo americano, risulta chiaramente da tale contesto che un brevetto ha una durata di validità limitata e che una ristorazione può essere concessa una sola volta. Nel caso di specie, è la percezione della Teva all’epoca dei fatti che deve essere presa in considerazione. Dato che essa aveva già richiesto un brevetto per il Rasagiline (API dell’Azilect) nel 1994, era consapevole che l’esclusiva era temporanea e che la durata delle procedure necessarie per l’approvazione del medicinale Azilect poteva ridurre la durata di tale protezione. Per essa era quindi fondamentale disporre dei dati necessari il più presto possibile per ottenere l’autorizzazione della FDA.

120    Da quanto precede risulta che la Commissione ha potuto correttamente concludere che l’operazione CEP-1 347 ha contribuito a indurre la Teva ad accettare le clausole restrittive.

4)      Sull’accordo di distribuzione nel Regno Unito

121    Conformemente al punto 2.6 dell’accordo di transazione stragiudiziale, la Cephalon si è impegnata, in primo luogo, a designare la controllata del Regno Unito della Teva come distributore esclusivo di tutti i suoi prodotti a base di modafinil nel Regno Unito per cinque anni, con un margine di distribuzione del 20%, e, in secondo luogo, ad effettuare un pagamento una tantum di EUR 2,5 milioni alla Teva in occasione del lancio commerciale, da parte di quest’ultima, dei prodotti a base di modafinil della Cephalon.

122    Al considerando 946 della decisione impugnata, la Commissione ha concluso che l’accordo di distribuzione era prezioso per la Teva in quanto quest’ultima si aspettava di percepire, nell’ambito di detto accordo, un beneficio di un importo minimo di EUR 10,5 milioni a titolo della sua designazione quale distributore esclusivo nel Regno Unito (ossia un pagamento una tantum di EUR 2,5 milioni e EUR 8 milioni di profitti in quanto distributore), beneficio che essa non avrebbe potuto ottenere in condizioni normali di mercato, almeno non per l’importo totale, in assenza dell’accordo di transazione stragiudiziale. Secondo la Commissione, i fatti indicano altresì chiaramente che, dal punto di vista della Cephalon, l’operazione non ha altra spiegazione plausibile se non quella di indurre la Teva a concludere l’accordo di transazione stragiudiziale. In quanto tale, l’operazione avrebbe quindi contribuito al trasferimento di valore ingiustificato, che costituiva una contropartita per la Teva affinché essa portasse a termine gli impegni assunti nel contesto più ampio dell’accordo di transazione stragiudiziale.

123    Le ricorrenti contestano le conclusioni della Commissione contenute al riguardo nella decisione impugnata.

124    Dopo aver ricordato che la Cephalon e la Novartis avevano deciso, alla fine del 2005, di non rinnovare il loro accordo di distribuzione, con la conseguenza che la Cephalon aveva bisogno di un nuovo partner di distribuzione per i suoi prodotti a base di modafinil nel Regno Unito, le ricorrenti fanno valere che la Teva, che aveva già iniziato a distribuire il suo prodotto generico del modafinil nel Regno Unito, era una scelta evidente. Le ricorrenti contestano l’obiezione della Commissione secondo cui si trattava di una concorrente, con la quale l’accordo di distribuzione è stato concluso in quanto, una volta che le parti avevano deciso di concludere un accordo amichevole, esse non erano più concorrenti.

125    Per quanto riguarda le condizioni commerciali dell’accordo di distribuzione nel Regno Unito, le ricorrenti sostengono che esse erano ragionevoli. A tal riguardo, esse contestano alla Commissione di essersi concentrata sulla somma di EUR 2,5 milioni quale commissione di partenza e di aver insistito sul fatto che le parti non erano state in grado, dieci anni dopo, di fornire informazioni contabili dettagliate. Inoltre, l’affermazione della Commissione secondo cui la Cephalon non avrebbe ricevuto alcun valore in cambio del pagamento una tantum sarebbe falsa. Infatti, se la Cephalon avesse accettato, ad esempio, di integrare la somma di EUR 2,5 milioni nella commissione corrente, portando così la commissione della Teva dal 20% al 25%, nulla nel fascicolo consentirebbe alla Commissione di affermare che la compensazione sarebbe stata irrazionale. Secondo le ricorrenti, la Cephalon ha accettato il pagamento iniziale, come risulta dall’accordo di transazione stragiudiziale, «in riconoscimento dei costi e delle spese connessi a tale lancio preparato dalla Teva».

126    La Commissione respinge gli argomenti delle ricorrenti.

127    Nell’ambito dell’esame del primo capo del presente motivo (v. supra, punto 45), il Tribunale ha osservato che, al fine di determinare se una delle transazioni concluse tra le parti nell’ambito dell’accordo di transazione stragiudiziale fosse, di fatto, il corrispettivo dell’accettazione da parte della Teva delle clausole restrittive, o se tale transazione potesse essere spiegata diversamente, la Commissione doveva considerare se le parti avrebbero concluso tale transazione, o l’avrebbero conclusa alle stesse condizioni, in assenza di tali clausole.

128    Nel caso di specie, come correttamente sostenuto dalla Commissione nella decisione impugnata, all’epoca dei fatti, la Teva aveva già lanciato il suo prodotto generico del modafinil sul mercato del Regno Unito ed era quindi una concorrente diretta della Cephalon su tale mercato, ciò che sarebbe rimasta senza l’accordo di transazione stragiudiziale e l’accordo di distribuzione nel Regno Unito ivi contenuti. Detta constatazione non è stata messa in discussione dalle ricorrenti.

129    In tali circostanze, la Commissione ha potuto concludere, al considerando 930 della decisione impugnata, che «l’esternalizzazione della distribuzione dei prodotti a base di modafinil [della Cephalon] al principale rivale sul mercato ha creato un conflitto di interessi» e che, «in assenza delle clausole di non concorrenza e di non contestazione della Teva, che di fatto ponevano fine all’attività indipendente della Teva nel settore del modafinil a livello mondiale (compreso il Regno Unito), non sarebbe stato economicamente razionale per la Cephalon concedere la distribuzione dei suoi prodotti a base di modafinil alla Teva, il più vicino concorrente e rivale sul mercato del modafinil nel Regno Unito».

130    A tal riguardo, l’argomento delle ricorrenti secondo cui esse non erano più concorrenti una volta che avevano deciso di concludere l’accordo di transazione stragiudiziale e, pertanto, che i loro interessi erano allineati, non può essere accolto. Infatti, l’accordo di distribuzione fa parte dell’accordo di transazione stragiudiziale ed è stato concluso nel contesto di quest’ultimo. Orbene, seguire il ragionamento delle ricorrenti equivarrebbe a ritenere che la Commissione non potrebbe esaminare se una transazione commerciale, come un accordo di distribuzione, costituisca la contropartita, quantomeno parziale, dell’accettazione di impegni di non concorrenza contenuti in un accordo di transazione stragiudiziale, se detta transazione facesse parte di detto accordo. Questo ragionamento è in contrasto anche con la sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52).In tale sentenza, la Corte ha dichiarato, ai punti 90 e 91, che occorreva prendere in considerazione l’insieme dei trasferimenti di valori, a carattere monetario o non monetario, operati tra le parti, il che poteva implicare di tener conto di trasferimenti indiretti derivanti, ad esempio, dagli utili che il produttore di medicinali generici doveva trarre da un contratto di distribuzione concluso con il produttore di medicinali originari e che consentiva a tale primo produttore di vendere una quantità eventualmente contingentata di medicinali generici fabbricati dal produttore di medicinali originari.

131    Pertanto, come correttamente sostenuto dalla Commissione, essa era tenuta ad esaminare se le parti avrebbero concluso l’accordo di distribuzione nel Regno Unito in assenza degli impegni di non concorrenza e di non contestazione.

132    Tenuto conto del fatto che le ricorrenti non contestano la constatazione secondo cui, in assenza di tali impegni, la Teva sarebbe rimasta la concorrente più vicina della Cephalon sul mercato del modafinil nel Regno Unito, si deve constatare, al pari della Commissione, che è altamente improbabile che la Cephalon avrebbe scelto la sua concorrente più vicina, la Teva, come suo distributore esclusivo nel Regno Unito senza l’accordo di transazione stragiudiziale.

133    In altri termini, se la Teva ha potuto concludere con la Cephalon l’accordo di distribuzione di cui trattasi, che doveva fornirle almeno EUR 8 milioni di commissioni all’anno, è solo per il fatto di aver accettato le clausole restrittive.

134    Pertanto, la Commissione non è incorsa in errore nel ritenere che l’accordo di distribuzione avesse contribuito ad aumentare il livello del trasferimento di valore complessivamente operato dall’accordo di transazione stragiudiziale al fine di fornire alla Teva una contropartita sufficiente per indurla a sottoscrivere le clausole restrittive.

135    Tale conclusione è parimenti confermata da documenti interni della Cephalon relativi all’accordo di transazione stragiudiziale, richiamati al considerando 944 della decisione impugnata, dai quali risulta che «la contropartita al Regno Unito comprende un accordo di distribuzione e di approvvigionamento» (documento interno dell’8 dicembre 2005) e che, nel «Regno Unito, la Teva distribuirà il Provigil e, (…) quale contropartita, non lancerà il modafinil generico prima del 2012» (documento interno di metà 2006).

136    Inoltre, per quanto riguarda il pagamento una tantum di un importo di EUR 2,5 milioni a titolo del contratto di distribuzione, si deve constatare che, ai sensi del punto 2.6, lettera a), i), dell’accordo di transazione stragiudiziale, tale pagamento era previsto a titolo di riconoscimento delle spese e dei costi connessi alla preparazione della Teva al lancio commerciale da parte di quest’ultima del prodotto a base di modafinil della Cephalon nel Regno Unito nonché in riconoscimento della licenza sui DPI.

137    A tal riguardo, occorre constatare che la Commissione, nella decisione impugnata, non rimette in discussione la commissione al tasso del 20% del prezzo di vendita dei prodotti a base di modafinil nel Regno Unito per la Teva, bensì il pagamento una tantum. Secondo la Commissione, la Cephalon non ha ricevuto alcun valore né alcun vantaggio commerciale in cambio del pagamento una tantum.

138    In primo luogo, occorre rilevare che è pacifico che il pagamento una tantum riguarda solo gli asseriti costi e spese della Teva. Nel corso del procedimento amministrativo, le ricorrenti hanno ammesso che il pagamento non era stato effettuato in cambio di una licenza sui DPI, sebbene il punto 2.6, lettera a), punto i), dell’accordo di transazione stragiudiziale lo indichi come uno dei motivi del pagamento una tantum.

139    In secondo luogo, occorre constatare che nulla negli elementi di prova contemporanei ai fatti indica come le parti abbiano determinato «i costi e le spese della Teva connessi alla preparazione/lancio del prodotto modafinil della Cephalon» che avrebbero dovuto essere compensati dalla Cephalon, nonché l’importo esatto di tali costi, o quali servizi la Cephalon avrebbero potuto aspettarsi dalla Teva.

140    Infatti, dalla decisione impugnata risulta che, nel corso del procedimento amministrativo, la Commissione ha chiesto a più riprese alle ricorrenti di spiegare la ragion d’essere del pagamento una tantum. Orbene, le ricorrenti non sono mai state in grado di identificare i servizi che la Cephalon avrebbe ricevuto come corrispettivo del pagamento una tantum, né di chiarire in qual modo l’importo di tale pagamento sia stato calcolato, e neppure di dimostrare che la Cephalon aveva chiesto precisazioni sui costi sostenuti dalla Teva nel corso delle negoziazioni dell’accordo di transazione stragiudiziale.

141    Come sostenuto dalla Commissione, il modello di distribuzione della Teva nel Regno Unito conferma che quest’ultima non ha fornito servizi alla Cephalon in connessione con il lancio dei prodotti a base di modafinil di quest’ultima e che essa non ha neppure sostenuto i costi di tale lancio. Infatti, i compiti della Teva, in quanto distributore ai sensi dell’accordo di distribuzione, si limitavano all’assunzione di ordini dei clienti, alla trasmissione degli ordini alla Cephalon, alla ricezione dei prodotti di quest’ultima, al deposito e allo stoccaggio dei prodotti e alla garanzia del loro trasporto verso i clienti. Tutti gli altri compiti, quali il trasporto dei prodotti al deposito della Teva, l’imballaggio dei prodotti, le attività di marketing, di pubblicità e di promozione, sono stati eseguiti dalla Cephalon.

142    Pertanto, la Commissione ha potuto correttamente constatare che l’accordo in questione aveva contribuito al trasferimento di valore ingiustificato.

5)      Sui pagamenti destinati ad evitare spese di contenzioso

143    Il punto 2.5 dell’accordo di transazione stragiudiziale prevede l’obbligo per la Cephalon di effettuare due pagamenti alla Teva in riconoscimento dei risparmi realizzati dalla Cephalon (evitando costi, perdite di tempo e di risorse, ecc.) a seguito della cessazione delle controversie in corso nel Regno Unito e della prevenzione di eventuali controversie relative al modafinil tra le due parti su altri mercati, vale a dire:

–        un pagamento di GBP 2,1 milioni (circa EUR 3,07 milioni) per porre fine alla controversia pendente nel Regno Unito [punto 2, paragrafo 5, lettera b), dell’accordo di transazione stragiudiziale];

–        un pagamento di EUR 2,5 milioni per prevenire eventuali future controversie in materia di brevetti o di altro tipo sui mercati europei e su altri mercati al di fuori degli Stati Uniti o del Regno Unito [punto 2, paragrafo 5, lettera c), dell’accordo di transazione stragiudiziale].

144    Ai sensi del punto 2, paragrafo 5, lettera b), dell’accordo di transazione stragiudiziale, la liberalizzazione dell’obbligo in questione teneva conto della necessità di evitare i costi futuri che la Cephalon avrebbe sostenuto e che era così in grado di risparmiare, ossia «costi, spese di tempo e di risorse, perturbazioni e oneri connessi al proseguimento di tali controversie nel Regno Unito».

145    Conformemente al punto 4.2 dell’accordo di transazione stragiudiziale, la Cephalon e la Teva hanno sopportato le proprie spese per quanto riguarda la risoluzione della controversia nel Regno Unito.

146    Pertanto, la Commissione ha concluso, nella decisione impugnata, che l’accordo di transazione stragiudiziale non prevedeva un risarcimento della Teva per le spese giudiziarie realmente sostenute. I pagamenti, per un importo di EUR 5,57 milioni, sarebbero serviti a porre fine ad una controversia nel Regno Unito e ad astenersi da qualsiasi controversia futura tra le parti su altri mercati al di fuori dal Regno Unito e dagli Stati Uniti. La Commissione ha quindi ritenuto, ai punti 898 e 899 della decisione impugnata, che questi due pagamenti contribuissero al trasferimento ingiustificato di valore alla Teva.

147    Le ricorrenti sostengono che in nessuna parte della sentenza del 30 gennaio 2020 nella causa Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52) la Corte afferma che non sarebbero consentiti veri e propri pagamenti per evitare le spese di causa.

148    Inoltre, esse fanno riferimento ai giudici del Regno Unito e degli Stati Uniti, che avrebbero accettato di evitare spese di contenzioso.

149    La Commissione contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

150    Al punto 86 della sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52), la Corte ha affermato che, nel contesto di un accordo di composizione extragiudiziale, un trasferimento di somme può essere giustificato se corrisponde effettivamente a un risarcimento dei costi o dei disagi associati alla controversia tra le parti. Tuttavia, la Corte non ha dichiarato, nella stessa sentenza, che tale giustificazione poteva applicarsi anche a tutti i costi associati ad eventuali futuri procedimenti giudiziari.

151    Nel caso di specie, è pacifico che la Teva ha ottenuto dalla Cephalon il pagamento di una somma di importo pari a EUR 5,57 milioni senza alcun corrispettivo.

152    Inoltre, i pagamenti della somma in questione non sono legati ad alcun costo sostenuto dalla Teva.

153    A questo proposito, è pacifico che le ricorrenti abbiano concordato che ciascuna di esse avrebbe sostenuto le proprie spese (v. supra, punto 145).

154    Parimenti, se la Cephalon e la Teva avessero proseguito il loro procedimento in corso nel Regno Unito, o se avessero avviato un nuovo procedimento dinanzi ad altri giudici, entrambe avrebbero sostenuto spese di contenzioso supplementari.

155    Tuttavia, oltre a ciò, è stato concordato che Cephalon avrebbe pagato somme aggiuntive alla Teva (v. supra, punto 143).

156    Come fatto valere dalla Commissione nelle sue memorie e come essa ha indicato nella decisione impugnata, non vi era alcuna logica a che la Teva, oltre al fatto di evitare future spese di contenzioso, al pari della Cephalon, ottenesse anche due pagamenti in contanti asseritamente corrispondenti alle spese di contenzioso evitate dalla Cephalon.

157    Di conseguenza, tali pagamenti in contanti non possono corrispondere «effettivamente a un risarcimento dei costi o dei disagi associati alla controversia tra le parti», come richiesto dalla giurisprudenza citata al punto 150 supra.

158    Occorre altresì rilevare, al pari della Commissione, che le ricorrenti non contestano il fatto che il fascicolo non contenga alcun elemento che dimostri che gli importi di tali somme sono stati convenuti sulla base di una stima ad opera delle parti delle spese evitate dalla Cephalon. Infatti, dal fascicolo risulta che i pagamenti sono stati dissociati da qualsiasi controversia reale o potenziale. In particolare, le ricorrenti non contestano il fatto che il pagamento relativo alle spese di lite evitate fosse un importo calcolato sulla base delle previsioni di vendita del modafinil nel Regno Unito, come stabilito dalla Teva nel corso del procedimento giudiziario (v. supra, punto 143), e che tale importo non si riferisse a eventuali spese di lite evitate. Esse non contestano neppure il fatto che, quando l’importo dovuto per le spese di contenzioso evitate dinanzi ad altri giudici (v. supra, punto 143, secondo trattino) è stato aumentato, il pagamento una tantum per l’accordo di distribuzione nel Regno Unito è stato ridotto di conseguenza, il che ha comportato la riallocazione delle somme in questione in due pagamenti apparentemente indipendenti.

159    Per quanto riguarda l’argomento secondo cui, dinanzi ad altri giudici, come quelli degli Stati Uniti, sono accettati i pagamenti corrispondenti a spese risparmiate, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza citata supra al punto 150, in linea di principio solo le compensazioni concesse dal produttore del medicinale originale per le spese effettive di contenzioso o di altro tipo sostenute da un produttore di medicinali generici possono essere considerate giustificate e, in quanto tali, non costituiscono pagamenti inversi.

160    Orbene, anche supponendo che pagamenti destinati ad evitare spese future di contenzioso possano essere considerati in taluni casi giustificati, resta il fatto che le parti non hanno fornito elementi relativi al calcolo o alla stima delle spese evitate tali da costituire una giustificazione.

161    Pertanto, la Commissione ha correttamente constatato che i pagamenti ottenuti dalla Teva per le spese di contenzioso evitate dalla Cephalon non avevano altra spiegazione plausibile se non quella di aumentare il livello del trasferimento di valore complessivamente operato a favore della Teva mediante l’accordo di transazione stragiudiziale al fine di fornire a quest’ultima una contropartita sufficiente per indurla a sottoscrivere le clausole restrittive.

162    Dalle considerazioni che precedono risulta che, nella decisione impugnata, la Commissione ha applicato il criterio giuridico appropriato stabilendo che ciascuna delle transazioni commerciali previste nell’accordo di transazione stragiudiziale non aveva avuto altro scopo se non quello di aumentare il livello del trasferimento di valore complessivamente operato a favore della Teva dall’accordo di transazione stragiudiziale al fine di indurla ad accettare le clausole restrittive. A tal riguardo, la Commissione ha esaminato, per ciascuna transazione commerciale, segnatamente, la ragion d’essere delle spiegazioni alternative fornite dalle ricorrenti e l’interesse, tanto della Cephalon quanto della Teva, a realizzare il trasferimento di valore associato. Inoltre, essa ha potuto correttamente constatare che l’insieme delle transazioni era sufficiente per indurre la Teva ad accettare gli impegni di non concorrenza e di non contestazione.

163    È pacifico che dette transazioni sono state negoziate contemporaneamente e in modo interdipendente. Occorre altresì constatare che l’accordo di transazione stragiudiziale è stato concluso quale accordo unico, giuridicamente vincolante, che costituisce la base di tutti gli atti conclusi dalle ricorrenti. Inoltre, dallo svolgimento delle trattative, quale analizzato dalla Commissione nella decisione impugnata sulla base degli elementi di prova, risulta che tanto la Cephalon quanto la Teva hanno cercato di trovare una combinazione di transazioni rappresentativa di un certo valore globale sufficientemente rilevante per quest’ultima affinché accettasse le clausole restrittive.

164    In tale contesto, occorre ricordare che, come risulta dalla giurisprudenza citata supra al punto 40, ciò che conta ai fini dell’esame della possibilità di mantenere la qualifica di «restrizione per oggetto» in relazione a un accordo di transazione stragiudiziale tra produttori di medicinali originali e produttori di medicinali generici è il saldo netto positivo dei trasferimenti di valori effettuati nel contesto di tutte le transazioni tra loro.

165    Pertanto, l’argomento con cui le ricorrenti contestano alla Commissione di aver valutato gli accordi commerciali contenuti nell’accordo di transazione stragiudiziale come un «insieme», «indipendentemente dalla quantificazione esatta e [dal] contributo reale di ciascuna transazione al trasferimento di valore globale», deve essere respinto.

166    Da tutto quanto precede risulta che sia il primo capo sia il secondo capo del motivo devono essere integralmente respinti.

c)      Sul terzo capo del primo motivo

167    Il terzo capo del primo motivo riguarda il secondo criterio stabilito dalla sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52), secondo cui l’esistenza di effetti favorevoli alla concorrenza comprovati che siano rilevanti, specifici per l’accordo in questione e sufficientemente significativi, in modo da far sorgere un ragionevole dubbio sul fatto che tale accordo sia sufficientemente dannoso per la concorrenza, osta alla constatazione di una restrizione della concorrenza per oggetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a, C‑307/18, EU:C:2020:52, punti 107 e 111].

168    Nella sezione 6.9 della decisione impugnata, che corrisponde ai considerando da 974 a 1012 di tale decisione, la Commissione ha esaminato il secondo criterio della sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52) per giungere alla conclusione che l’accordo di transazione non poteva produrre effetti favorevoli alla concorrenza che fossero provati, rilevanti, sufficientemente significativi e non incerti, tali da far sorgere un ragionevole dubbio sull’oggetto anticoncorrenziale di tale accordo.

169    Più specificamente, nella decisione impugnata, la Commissione ha respinto gli asseriti effetti favorevoli alla concorrenza dei diritti generici concessi alla Teva dalla Cephalon, in quanto si trattava di un ingresso ritardato e controllato sui mercati del modafinil (considerando da 977 a 981 della decisione impugnata), tali diritti avevano reso meno probabile l’ingresso su detti mercati di altri produttori di medicinali generici (considerando da 982 a 992 della decisione impugnata), la strategia della Cephalon relativa al Nuvigil aveva compromesso gli eventuali effetti favorevoli alla concorrenza asseriti (considerando da 993 a 995 della decisione impugnata) e i diritti generici accordati alla Teva non erano l’oggetto principale dell’accordo di transazione stragiudiziale (considerando da 996 a 1001 della decisione impugnata).

170    Le ricorrenti fanno valere che l’accordo di transazione stragiudiziale ha avuto effetti favorevoli alla concorrenza, escludendo che esso costituisse una restrizione della concorrenza per oggetto. Detti effetti deriverebbero dai diritti generici concessi alla Teva, il che le avrebbe consentito un ingresso indipendente e precoce nei mercati del modafinil, almeno tre anni prima della scadenza dei brevetti sulle dimensioni delle particelle della Cephalon (con riguardo al caso in cui la Teva non avesse vinto nel procedimento giudiziario contro la Cephalon). Gli effetti favorevoli alla concorrenza derivanti da questo ingresso anticipato nei mercati del modafinil sarebbero rilevanti, certi e sufficientemente significativi, come risulterebbe anche dalla decisione che autorizza la fusione tra la Teva e la Cephalon (v. supra, punto 4). A questo proposito, le ricorrenti sottolineano che la decisione dichiarerebbe che, a partire dall’ottobre 2012, «la Teva [era] libera di lanciare il modafinil nel SEE senza essere soggetta ad azioni legali da parte della Cephalon» (considerando 95 di detta decisione) e che, a causa dei suoi diritti generici, «la Teva (...) era l’unico concorrente con il diritto garantito di entrare nei mercati del SEE tra ottobre 2012 e ottobre 2015» (considerando 126 di detta decisione), il che, secondo la Commissione, avrebbe attribuito alla Teva il «più probabile vincolo concorrenziale per la Cephalon, almeno nel periodo compreso tra ottobre 2012 e ottobre 2015». Ne deriverebbe altresì che gli effetti favorevoli alla concorrenza sarebbero propri dell’accordo di transazione stragiudiziale.

171    La posizione della Commissione, quale esposta nella decisione impugnata e secondo cui le sue conclusioni nella decisione che autorizza la concentrazione sarebbero prive di interesse nel caso di specie, non è, secondo le ricorrenti, credibile. Infatti, la decisione che autorizza la concentrazione avrebbe chiaramente analizzato gli effetti favorevoli alla concorrenza associati alla certezza di un ingresso precoce della Teva nei mercati del modafinil come derivante direttamente dall’accordo di transazione stragiudiziale, in quanto essa avrebbe esaminato la possibilità per quest’ultima di entrare nei mercati del modafinil senza essere oggetto di un’azione giudiziaria, mentre altri produttori di medicinali generici avrebbero sempre affrontato la minaccia di una siffatta azione.

172    Inoltre, secondo le ricorrenti, se l’accordo di transazione stragiudiziale non avesse avuto un siffatto potenziale favore alla concorrenza, la Commissione non avrebbe preteso dalla Teva che essa cedesse i suoi diritti connessi al modafinil ad un terzo come condizione per la sua acquisizione della Cephalon.

173    Le ricorrenti contestano altresì le altre constatazioni della Commissione secondo cui i diritti generici della Teva avrebbero portato ad un ingresso ritardato e controllato, avrebbero reso meno probabile l’ingresso sul mercato di altri produttori di medicinali generici, sarebbero stati compromessi dalla strategia della Cephalon relativa al Nuvigil e non costituirebbero l’oggetto principale dell’accordo.

174    La Commissione respinge gli argomenti delle ricorrenti.

175    Come indicato supra al punto 18, i diritti generici della Teva fanno parte dell’accordo di transazione stragiudiziale. Ai sensi del punto 3 dell’accordo di transazione stragiudiziale, la Cephalon si è impegnata a concedere alla Teva un diritto non esclusivo in forza dei «brevetti elencati» per fabbricare, utilizzare, commercializzare e vendere il suo prodotto generico del modafinil negli Stati Uniti nonché su altri mercati (compreso quello del SEE) e a fare altrettanto per quanto riguardava l’approvvigionamento dell’API del modafinil per i prodotti farmaceutici finiti che avevano il modafinil come API, a partire dal 2011 negli Stati Uniti e, a partire dal 2012, su altri mercati, compreso quello del SEE. Il punto 3.1.1 dell’accordo di transazione stragiudiziale stabilisce che i diritti generici della Teva si applicano, per quanto riguarda altri mercati, compreso quello del SEE, non prima del 6 ottobre 2012 o alla data corrispondente a tre anni civili prima della data di scadenza dei brevetti di esclusiva. Secondo questa stessa disposizione, la Teva deve pagare alla Cephalon un canone pari al 10% di tutti gli utili netti derivanti dalle vendite di prodotti generici del modafinil da parte della Teva o delle sue controllate negli Stati Uniti e su altri mercati alla data effettiva di tali diritti generici.

176    I punti 3.1.2 e 3.1.3 dell’accordo di transazione stragiudiziale vertono, in particolare, sui meccanismi attivati dall’eventuale ingresso anticipato di terzi nei mercati del modafinil. Tali disposizioni hanno consentito alla Teva di lanciare la sua versione generica del modafinil sin dall’ingresso sul mercato di qualsiasi altra società produttrice di farmaci generici, a prescindere dal fatto che la Cephalon avesse o meno autorizzato tale ingresso. Se la Teva, conformemente alle disposizioni summenzionate, mettesse il suo prodotto generico sul mercato del modafinil prima della data effettiva di entrata in vigore di tali dazi, sarebbe tenuta a pagare royalties maggiorate del 15% (se l’ingresso fosse autorizzato dalla Cephalon) o del 20% (se si trattasse di un ingresso a rischio, senza l’autorizzazione della Cephalon) durante il periodo di riferimento. Gli scenari previsti nella disposizione comprendono la Cephalon, che richiede un divieto temporaneo o altre misure correttive. In tali casi, i diritti generici della Teva sarebbero sospesi [punto 3, paragrafo 1.3.3, lettera a), dell’accordo di transazione stragiudiziale] e la Cephalon acquisterebbe le scorte alla Teva a prezzi concordati [punto 3, paragrafo 1.3.3, lettera b), dell’accordo di transazione stragiudiziale].

177    In primo luogo, occorre constatare, al pari della Commissione, che l’affermazione delle ricorrenti secondo cui l’accordo di transazione stragiudiziale ha accelerato l’ingresso indipendente della Teva nel mercato con riguardo all’ipotesi in cui quest’ultima non avesse vinto il procedimento giudiziario contro la Cephalon deve essere respinta. Dalla giurisprudenza risulta che, per stabilire se effetti favorevoli alla concorrenza ostino alla constatazione di una restrizione per oggetto, non è necessario esaminare altri scenari, come quelli in base ai quali l’una o l’altra parte sarebbe risultata vittoriosa in una controversia in materia di brevetti. È sufficiente che la Commissione, per qualificare l’accordo come restrizione per oggetto, stabilisca che esso è sufficientemente dannoso per la concorrenza, tenuto conto del contenuto delle sue disposizioni, dei suoi obiettivi e del contesto economico e giuridico in cui opera (v., in tal senso, sentenza del 25 marzo 2021, Lundbeck/Commissione, C‑59/16 P, EU:C:2021:243, punti 140 e 141).

178    In secondo luogo, è pacifico che, prima della conclusione dell’accordo di transazione, la Teva era la concorrente potenziale della Cephalon più avanzata sul mercato del modafinil. La Teva aveva concrete possibilità di entrare in tale mercato ben prima del 2012 (più precisamente, nel 2005) facendovi ingresso come indipendente. L’accordo di transazione stragiudiziale ha eliminato tale possibilità.

179    È vero che l’accordo di transazione stragiudiziale e i diritti generici della Teva che vi si riferiscono prevedono l’ingresso della Teva nel mercato del modafinil solo nel 2012. Tale ingresso non si realizza a causa del libero gioco della concorrenza, ma a causa di una concertazione tra le parti. Pertanto, non si tratta di un ingresso precoce avente un effetto favorevole alla concorrenza, come sostenuto dalle ricorrenti. Si tratta solo di un ingresso previsto contrattualmente, che l’accordo di transazione stragiudiziale ha ritardato di sette anni e che ha dato la garanzia alla Cephalon che essa non subirebbe alcuna concorrenza da parte della Teva durante tale periodo.

180    Peraltro, tale ingresso della Teva nel mercato del modafinil, a partire dal 2012, non può essere assimilato all’ingresso in detto mercato di un operatore indipendente che si impegna in una concorrenza diretta con la Cephalon. Da un lato, l’ingresso previsto della Teva nel mercato del modafinil era fondato su una licenza concessa dalla Cephalon e, dall’altro, essa era soggetta a royalties importanti, che rappresentavano dal 10 al 20% degli utili netti provenienti dalla vendita di tutti i prodotti generici del modafinil della Teva. Di conseguenza, era improbabile che vi fosse una forte concorrenza sui prezzi tra la Teva e la Cephalon.

181    In terzo luogo, gli argomenti delle ricorrenti relativi alla decisione che autorizza la concentrazione tra la Teva e la Cephalon devono essere respinti.

182    In primo luogo, è giocoforza constatare che il quadro di riferimento della decisione che autorizza la concentrazione è diverso da quello su cui si fonda l’analisi dell’accordo di transazione stragiudiziale alla luce dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Mentre, nella decisione impugnata, la Commissione ha valutato la restrizione della concorrenza causata dall’accordo di transazione stragiudiziale e ha confrontato la sua incidenza con uno scenario controfattuale in cui l’accordo di transazione stragiudiziale non sarebbe stato concluso, la decisione relativa alla concentrazione tra la Teva e la Cephalon considera come acquisito l’accordo di transazione stragiudiziale e valuta la probabile incidenza della concentrazione delle parti sulla concorrenza in un futuro prevedibile alla luce delle norme dell’Unione in materia di controllo delle concentrazioni, a partire dal 2011.

183    In secondo luogo, in tale contesto, non sorprende che la Commissione abbia tenuto conto dell’esistenza dell’accordo di transazione stragiudiziale e dei diritti generici della Teva e abbia concluso che quest’ultima aveva alcuni «vantaggi», derivanti dall’accordo di transazione stragiudiziale, come quello consistente nel lanciare i prodotti generici del modafinil nel SEE senza essere oggetto di azioni giudiziarie da parte della Cephalon, mentre gli altri produttori di medicinali generici erano privi di tali vantaggi e si trovavano a fronte di azioni giudiziarie pendenti in materia di brevetti che implicavano anch’esse ingiunzioni. Ciò spiega perché la Commissione, al considerando 98 della decisione che autorizza la concentrazione, ha messo in dubbio il fatto che i produttori di farmaci generici diversi dalla Teva, tra l’ottobre 2012 e l’ottobre 2015, siano stati in grado di esercitare una pressione concorrenziale significativa sul prodotto generico del modafinil della Cephalon. Pertanto, il fatto che la Commissione abbia ritenuto, nella decisione che autorizza la concentrazione, che dopo e nonostante la conclusione dell’accordo di transazione stragiudiziale, la Teva costituisse sempre il vincolo concorrenziale più probabile esercitato sulla Cephalon non significa che essa avrebbe considerato che i diritti generici della Teva avessero un effetto favorevole alla concorrenza.

184    Parimenti, il fatto che la Commissione abbia accettato impegni della Teva nell’ambito del procedimento di controllo delle concentrazioni non significa neppure che la Commissione abbia concluso nel senso degli effetti favorevoli alla concorrenza dell’accordo di transazione stragiudiziale e dei diritti generici della Teva che vi si riferiscono. Al contrario, siffatti impegni mirano, come ha fatto correttamente valere la Commissione, a ripristinare il vincolo concorrenziale sulla Cephalon, che la concentrazione aveva fatto scomparire, sul mercato del modafinil.

185    Nei limiti in cui le ricorrenti contestano alla Commissione di non aver tenuto conto, nella decisione impugnata, della sentenza del 12 dicembre 2018, Krka/Commissione (T‑684/14, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2018:918), in quanto essa avrebbe ritenuto che un ingresso sotto licenza equivalesse a un ingresso controllato, detta censura non può essere accolta. Infatti, la causa che ha dato luogo a detta sentenza differisce dalla presente fattispecie. Mentre, in detta causa, il produttore di medicinali generici è stato autorizzato ad entrare immediatamente nei mercati in questione, nel caso di specie, la nocività per la concorrenza deriva dal fatto che l’accordo di transazione stragiudiziale prevedeva di ritardare l’ingresso della Teva di quasi sette anni.

186    Infine, occorre respingere l’argomento delle ricorrenti con cui esse contestano le conclusioni contenute nella decisione impugnata secondo le quali, anzitutto, i diritti generici della Teva avrebbero reso meno probabile l’ingresso nel mercato del modafinil di altri produttori di medicinali generici, poi, la strategia della Cephalon relativa al Nuvigil avrebbe compromesso gli eventuali asseriti effetti favorevoli alla concorrenza di tali diritti generici della Teva e, infine, detti diritti non sarebbero stati l’oggetto principale dell’accordo di transazione stragiudiziale.

187    A tal riguardo, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la Commissione non ha preteso che la Teva proseguisse le azioni giudiziarie. La Commissione non ha neppure sostenuto che il fatto che la Teva fosse risultata vittoriosa nell’ambito della controversia relativa ai brevetti avrebbe consentito agli altri produttori di medicinali generici di entrare immediatamente nel mercato del modafinil. Ciò non toglie che l’annullamento dei brevetti della Cephalon avrebbe eliminato una barriera all’ingresso in detto mercato, che costituiva un ostacolo sia per la Teva sia per gli altri produttori e che, nel caso in cui la Teva fosse risultata vittoriosa, anche gli altri produttori avrebbero potuto beneficiarne.

188    Analogamente, le ricorrenti non possono negare che i diritti generici della Teva abbiano consentito a quest’ultima di essere la prima ad entrare nel mercato dei farmaci generici del modafinil, prima della scadenza dei brevetti della Cephalon e senza rischiare di essere oggetto di un’azione giudiziaria. Tale posizione di primo a fare ingresso nel mercato dei farmaci generici del modafinil poteva dare alla Teva la possibilità di rafforzare la sua posizione, il che le avrebbe poi consentito di rendere più difficile a qualsiasi concorrente l’ingresso in tale mercato, ad esempio mediante una strategia di prezzi aggressiva, oltre al fatto che un nuovo operatore avrebbe potuto far fronte ad azioni giudiziarie da parte della Cephalon, o incontrare altri ostacoli.

189    Per quanto riguarda la strategia della Cephalon volta a riorientare i pazienti che utilizzano il Provigil a base di modafinil verso il suo prodotto di seconda generazione, il Nuvigil, basato sull’armodafinil (strategia destinata a compensare la scadenza dei brevetti che implicano la concorrenza dei farmaci generici), la Commissione ne ha correttamente tenuto conto, sapendo che, da un punto di vista ex ante, i diritti generici della Teva le avrebbero tutt’al più permesso di entrare con una licenza su ciò che restava ancora sul mercato dei pazienti del modafinil entro il 2012. La Commissione poteva quindi supporre che, anche se i diritti generici accordati alla Teva avessero effetti favorevoli alla concorrenza, tali effetti erano molto limitati e insufficienti per rimettere in discussione la qualificazione dell’accordo come di restrizione della concorrenza per oggetto.

190    La Commissione ha altresì correttamente respinto, ai considerando da 996 a 1001 della decisione impugnata, l’affermazione delle ricorrenti secondo cui i diritti generici della Teva costituivano l’oggetto principale dell’accordo di transazione ed erano favorevoli alla concorrenza, mentre le clausole restrittive erano solo accessorie a detto accordo. A questo proposito, l’argomentazione secondo cui l’accordo di transazione sarebbe in linea di principio favorevole alla concorrenza deve essere respinta alla luce delle valutazioni precedenti, in quanto l’ingresso della Teva nei mercati del modafinil deve essere classificato come un ingresso ritardato, controllato e limitato in tali mercati, piuttosto che come un ingresso anticipato, come sostengono le ricorrenti (v. supra, punti da 178 a 180). Lo stesso vale per l’argomento fondato sul carattere asseritamente accessorio delle clausole restrittive, poiché dalla giurisprudenza risulta che la conclusione secondo cui un accordo deve essere qualificato come «restrizione per oggetto» non può essere respinta per il motivo che le imprese che hanno concluso tale accordo si avvalgono del fatto che le restrizioni derivanti da quest’ultimo presenterebbero solo un carattere accessorio [sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 96].

191    Pertanto, il terzo capo del primo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

d)      Sul quarto capo del primo motivo

192    Nell’ambito del quarto capo, che contiene due censure, le ricorrenti ritengono che la Commissione abbia commesso un errore di fatto e di diritto nella sua valutazione del contesto economico e giuridico dell’accordo di transazione stragiudiziale, da un lato, deformando la percezione della controversia ad opera delle parti e, dall’altro, ritenendo che le clausole restrittive contenute nell’accordo di transazione stragiudiziale fossero «escluse dall’ambito di applicazione».

193    Quanto alla prima censura, le ricorrenti contestano, in sostanza, alla Commissione di aver formulato un numero eccessivo di supposizioni nella decisione impugnata, e ciò sulla base di prove poco numerose, relative al fatto che la Teva sarebbe stata convinta che i brevetti della Cephalon sulle dimensioni delle particelle non erano validi e che il suo prodotto non li violava e, di conseguenza, di aver tratto la conclusione che la Teva non avrebbe accettato clausole restrittive tenuto conto della sua percezione della solidità del brevetto della Cephalon o, più in generale, delle sue possibilità di successo, ma a causa del valore che le transazioni commerciali avrebbero trasferito a suo favore.

194    Quanto alla seconda censura, le ricorrenti sostengono che la conclusione esposta ai considerando da 667 a 678 della decisione impugnata, secondo cui la portata dell’impegno di non concorrenza della Teva eccede la portata dei brevetti della Cephalon, è errata ed illogica. A tal riguardo, le ricorrenti sottolineano il fatto che, come risulta dagli studi, per ottenere una somiglianza essenziale con il Provigil, era necessario utilizzare le particelle di modafinil appartenenti alla gamma di dimensioni rivendicata nei brevetti della Cephalon. Di conseguenza, gli accordi di non concorrenza non sarebbero andati oltre la portata potenziale dei brevetti.

195    La Commissione contesta gli errori dedotti dalle ricorrenti.

196    Per quanto riguarda la prima censura, dalla decisione impugnata risulta che la Commissione si è basata su diversi elementi per concludere che la Teva nutriva dubbi in merito alla posizione della Cephalon in materia di brevetti.

197    A tal riguardo, la decisione impugnata indica, in particolare, che:

–        la Teva ha iniziato a sviluppare la sua versione generica del modafinil che ha avviato a rischio nel Regno Unito nel 2005 (considerando 152, 158 e 610 della decisione impugnata);

–        la Teva ha dichiarato a più riprese che i brevetti della Cephalon sulle dimensioni delle particelle non erano validi o che il suo prodotto generico del modafinil non violava detti brevetti (considerando da 153 a 155 della decisione impugnata);

–        l’esperto scientifico della Teva ha dichiarato, nell’aprile 2003, che «la Teva [era] riuscita a dimostrare la bioequivalenza [con il modafinil della Cephalon] formulando un materiale che non rientra[va] nell’ambito di applicazione del brevetto della Cephalon» (considerando 157 e 611 della decisione impugnata);

–        le prove effettuate da un laboratorio negli Stati Uniti, scelto dalla Cephalon, sui campioni di modafinil della Teva nel corso del procedimento relativo ai brevetti nel Regno Unito mostrano che il modafinil della Teva non violava i brevetti sulle dimensioni delle particelle della Cephalon (considerando 159 e 611 della decisione impugnata).

198    Pertanto, l’affermazione delle ricorrenti secondo cui la Commissione non ha suffragato le sue affermazioni, nella decisione impugnata, con elementi di prova vertenti sulla posizione interna della Teva non è fondata. Inoltre, la percezione della Teva per quanto riguarda la posizione della Cephalon in materia di brevetti costituisce anche un indizio del fatto che non è la solidità dei brevetti della Cephalon o l’incertezza quanto all’esito della controversia, bensì gli incentivi finanziari che hanno avuto un ruolo nella conclusione dell’accordo di transazione stragiudiziale.

199    Per quanto riguarda la seconda censura, occorre ricordare che, secondo le disposizioni della clausola di non concorrenza, la Teva si è impegnata a non produrre, commercializzare né importare medicinali finiti contenenti il modafinil quale API.

200    L’impegno di non entrare in concorrenza garantiva che la Teva avrebbe cessato ogni produzione e commercializzazione di prodotti a base di modafinil, indipendentemente dal fatto che il processo di fabbricazione e di commercializzazione fosse o meno basato su una tecnologia che violava i brevetti esistenti della Cephalon.

201    Le ricorrenti non contestano che l’impegno di non concorrenza copra tutti i prodotti a base di modafinil.

202    Trattandosi di un impegno relativo a «qualsiasi medicinale finito» e non a qualsiasi prodotto finito in grado di violare i brevetti sul modafinil detenuti dalla Cephalon, la Commissione ha potuto correttamente constatare che l’impegno della Teva era un accordo relativo al suo comportamento sul mercato e non semplicemente un impegno a non violare i brevetti della Cephalon, tanto più che è possibile sviluppare un prodotto generico del modafinil che non rientra nell’ambito di applicazione dei brevetti della Cephalon. Come correttamente sostenuto dalla Commissione, la Cephalon non avrebbe mai potuto legittimamente ottenere impegni di non concorrenza così ampi applicando con successo i brevetti sulle dimensioni delle particelle. Pertanto, la Commissione non è incorsa in errore nel considerare tale impegno escluso dall’ambito di applicazione dei brevetti.

203    Inoltre, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, la Commissione non era tenuta a provare che la Teva avrebbe potuto sviluppare, o avrebbe sviluppato, una versione non contraffatta. Infatti, era sufficiente dimostrare che la Teva disponeva di possibilità reali e concrete di penetrare nei mercati del modafinil ed era quindi una concorrente potenziale. Inoltre, come già indicato al precedente punto 197, la Teva ha ritenuto di essere riuscita a «dimostrare la bioequivalenza [con il modafinil della Cephalon] formulando un materiale che non rientra[va] nell’ambito di applicazione del brevetto della Cephalon». Inoltre, i test effettuati sul campione della Teva, che risalgono al 2005, non hanno dimostrato la contraffazione dei brevetti della Cephalon.

204    Infine, anche se l’accordo di transazione stragiudiziale non conteneva impegni che si sosteneva rientrassero «nell’ambito di applicazione» dei brevetti della Cephalon sul modafinil, ciò non esclude la constatazione di una restrizione per oggetto. Nel caso di specie, l’obiettivo dell’accordo di transazione stragiudiziale era quello di mantenere la Teva fuori dai mercati del modafinil mediante trasferimenti di valori di un livello globale sufficientemente elevato da indurla a rinviare i suoi sforzi indipendenti per entrare in tali mercati. Orbene, un accordo di questo tipo, che determina il comportamento futuro dei potenziali concorrenti sul mercato, ha l’obiettivo di limitare la concorrenza, indipendentemente dal fatto che la Cephalon avrebbe potuto ottenere la stessa esclusione in base al diritto dei brevetti attraverso una decisione giurisdizionale (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2016, Lundbeck/Commissione, T‑472/13, EU:T:2016:449, punti da 491 a 499).

205    Da quanto precede risulta che anche il quarto capo del primo motivo deve essere respinto e, pertanto, il primo motivo nel suo insieme.

2.      Sul secondo motivo, vertente su un errore di diritto e di fatto in quanto la Commissione ha qualificato laccordo di transazione stragiudiziale come restrizione per effetto

206    Con il loro secondo motivo, che si suddivide in due capi, le ricorrenti affermano che la Commissione ha erroneamente concluso che l’accordo di transazione stragiudiziale costituiva una restrizione della concorrenza per effetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Sebbene il rigetto del primo motivo delle ricorrenti, con il quale esse contestavano la qualificazione dell’accordo transattivo come restrizione della concorrenza per oggetto, renda superfluo, a priori, l’esame del loro secondo motivo (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:3, punti da 28 a 30 e giurisprudenza ivi citata), a Corte ritiene opportuno, nelle circostanze della presente causa, proseguire il suo esame.

207    Nell’ambito del primo capo, le ricorrenti fanno valere che, facendo riferimento alla sentenza del 12 dicembre 2018, Krka/Commissione (T‑684/14, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2018:918), la Commissione ha applicato un criterio giuridico errato basandosi sugli effetti potenziali dell’accordo di transazione stragiudiziale senza cercare di dimostrarne gli effetti reali.

208    Più specificamente, le ricorrenti contestano l’approccio seguito dalla Commissione, al considerando 1030 della decisione impugnata, secondo il quale, «per dimostrare l’esistenza di effetti restrittivi sulla concorrenza, è sufficiente determinare gli effetti potenziali dell’accordo sulla concorrenza». A tal riguardo, le ricorrenti fanno valere che la valutazione di accordi che non sono stati attuati deve effettivamente prendere in considerazione gli effetti potenziali che tali accordi «possono» avere, mentre la valutazione degli accordi che sono già stati attuati deve prendere in considerazione gli effetti che tali accordi hanno «effettivamente» avuto sulla concorrenza. Dal momento che l’accordo di transazione era già stato attuato, la Commissione avrebbe dovuto analizzare, come risulta dalla giurisprudenza citata al precedente punto 207, gli effetti reali che l’accordo di transazione avrebbe avuto sulla concorrenza.

209    Nell’ambito del secondo capo, le ricorrenti sostengono che la Commissione non ha dimostrato effetti sufficientemente sensibili sui parametri della concorrenza sui mercati interessati. In primo luogo, esse contestano, più specificamente, lo scenario controfattuale applicato dalla Commissione. In secondo luogo, esse affermano che, nella decisione impugnata, la Commissione non dimostrerebbe alcun effetto negativo dell’accordo di transazione stragiudiziale.

210    Quanto allo scenario controfattuale, mentre la Commissione utilizzerebbe, al considerando 1215 della decisione impugnata, come scenario controfattuale il mantenimento dell’azione giudiziaria nel Regno Unito tra la Teva e la Cephalon, essa non avrebbe determinato quale parte sarebbe risultata vittoriosa o in quale momento la controversia sarebbe terminata. Essa non avrebbe neppure constatato la conclusione di una transazione stragiudiziale meno restrittiva.

211    Parimenti, la Commissione sarebbe tenuta a dimostrare una differenza tra i prezzi, la produzione, l’innovazione, la varietà o la qualità del modafinil sul mercato, a seconda che le parti abbiano mantenuto la loro azione in giudizio o che sia stato concluso un accordo di transazione stragiudiziale. Orbene, la Commissione non avrebbe dimostrato che, al momento dell’ingresso di prodotti generici del modafinil nel mercato, esisteva una differenza in materia di prezzi. Essa non avrebbe neppure dimostrato differenze per quanto riguardava gli altri parametri di concorrenza tra gli scenari con o senza accordo di transazione stragiudiziale.

212    Quanto agli effetti negativi, le ricorrenti fanno valere che la Commissione non ha individuato un solo effetto negativo sui parametri della concorrenza a seguito dell’accordo di transazione stragiudiziale rispetto allo scenario controfattuale del proseguimento della controversia tra le parti.

213    In tale contesto, le ricorrenti affermano, in sostanza, che la Commissione ha individuato le date in cui la Teva ha ricevuto autorizzazioni all’immissione in commercio per il modafinil in cinque paesi, ma che essa non ha constatato che la Teva sarebbe di fatto entrata in tali paesi prima di esservi autorizzata dall’accordo di transazione stragiudiziale. Analogamente, la Commissione non avrebbe prodotto prove che dimostrassero che un altro fornitore di medicinali generici si sarebbe lanciato «con un ragionevole grado di probabilità» nella vendita del modafinil e non avrebbe dimostrato che un’altra società produttrice di medicinali generici sia stata interessata dall’accordo di transazione stragiudiziale. Quanto allo stato del mercato durante il «proseguimento della controversia», vale a dire nella situazione corrispondente allo scenario controfattuale della Commissione, le ricorrenti osservano che la Teva semplicemente non avrebbe potuto entrare in tale mercato perché aveva accettato, nell’ambito della controversia nel Regno Unito, l’ingiunzione preliminare di non vendere modafinil in tale paese in attesa del procedimento dinanzi all’Ufficio dei brevetti del Regno Unito, come riconosciuto dalla Commissione. L’accordo di transazione stragiudiziale non avrebbe quindi avuto, in quanto tale, alcun effetto sui parametri di concorrenza sui mercati del modafinil. Orbene, senza l’ingresso effettivo di prodotti generici nei mercati, i prezzi del modafinil e tutti gli altri parametri concorrenziali sarebbero rimasti, secondo la stessa analisi della Commissione, gli stessi nei due scenari dell’accordo di transazione stragiudiziale e della prosecuzione della controversia tra le parti.

214    La Commissione controbatte che i due capi del presente motivo sono infondati e vanno respinti.

215    Con il loro secondo motivo, di cui occorre esaminare i due capi congiuntamente, le ricorrenti contestano la constatazione della Commissione, nella decisione impugnata, secondo cui l’accordo di transazione stragiudiziale costituiva parimenti una restrizione della concorrenza per effetto.

216    In via preliminare, occorre rilevare che, nella sezione 7 della decisione impugnata, la Commissione ha ricordato i principi generali che disciplinano l’analisi da effettuare per stabilire se un accordo, e più specificamente un accordo di transazione stragiudiziale in materia di brevetti, costituisca una restrizione della concorrenza per effetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e che, nella sezione 8 della medesima decisione, essa li ha applicati al caso di specie. In quest’ultima sezione, essa ha anzitutto definito il mercato del prodotto nonché la sua dimensione geografica (sezione 8.1 di detta decisione) e ha individuato la struttura del mercato e la posizione della Cephalon, della Teva e di altri concorrenti potenziali su tale mercato. Ne deriverebbe che la Cephalon disponeva di un potere di mercato quale unico produttore del modafinil e che la Teva era la concorrente più avanzata (sezione 8.2 di detta decisione). La Commissione ha poi presentato l’analisi delle clausole restrittive di non concorrenza e di non contestazione nonché il modo in cui esse sono apparse e hanno influenzato il comportamento della Teva sul mercato. Ne risulterebbe che dette clausole hanno limitato l’indipendenza della Teva, impedendole così di entrare nel mercato del modafinil con prodotti generici e limitando la sua capacità di continuare a contestare i brevetti della Cephalon (sezione 8.3 di detta decisione). Nella sezione 8.4 della medesima decisione, la Commissione menziona la situazione concorrenziale che sarebbe esistita senza l’accordo di transazione stragiudiziale per giungere, nella sezione 8.5 di questa stessa decisione, alla conclusione che l’accordo di transazione stragiudiziale ha ristretto la concorrenza per effetto.

217    Le ricorrenti non contestano la definizione del mercato, la struttura del mercato o la posizione della Teva o della Cephalon su detto mercato.

218    Le ricorrenti non contestano quindi che la Teva fosse una concorrente potenziale della Cephalon.

219    Pertanto, il secondo motivo si limita alla questione se, da un lato, la dimostrazione degli effetti potenziali dell’accordo di transazione stragiudiziale sulla concorrenza nei mercati del modafinil fosse sufficiente affinché la Commissione constatasse, nella decisione impugnata, l’esistenza di una restrizione della concorrenza per effetto (primo capo) e se, dall’altro, lo scenario controfattuale applicato nella medesima decisione dalla Commissione fosse appropriato e avesse consentito a quest’ultima di dimostrare effetti negativi per la concorrenza sui mercati del modafinil derivanti dall’accordo di transazione stragiudiziale (secondo capo).

220    Occorre ricordare che l’articolo 101 TFUE vieta accordi e pratiche concordate che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare la concorrenza nel mercato interno.

221    Come sottolineato dalla Commissione al considerando 1020 della decisione impugnata, secondo una giurisprudenza consolidata, per valutare se un accordo debba essere considerato vietato a causa delle distorsioni della concorrenza che ne costituiscono l’effetto, è necessario esaminare il gioco della concorrenza nel contesto reale in cui si verificherebbe in assenza di tale accordo sentenza (v. sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punto 161 e giurisprudenza ivi citata).

222    A tal fine, occorre prendere in considerare la situazione concreta in cui detta pratica si inquadra, e in particolare il contesto economico e giuridico nel quale operano le imprese interessate, la natura dei beni o dei servizi coinvolti e le condizioni reali del funzionamento e della struttura del mercato o dei mercati in questione (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punto 165 e giurisprudenza ivi citata).

223    Lo scenario previsto per l’ipotesi della mancanza dell’accordo in oggetto deve essere realistico. Tenendo conto di ciò, è possibile, se del caso, prendere in considerazione i probabili sviluppi che si verificherebbero sul mercato in assenza dell’accordo. (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punto 166)

224    Secondo una giurisprudenza altrettanto consolidata, gli effetti restrittivi sulla concorrenza possono essere sia reali che potenziali ma, in ogni caso, devono essere sufficientemente apprezzabili [v. sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18 EU:C:2020:52, punto 117 e giurisprudenza ivi citata].

225    Nel caso di specie, le ricorrenti contestano alla Commissione di aver applicato un criterio giuridico erroneo, nella decisione impugnata, in quanto essa si sarebbe basata unicamente sugli effetti potenziali dell’accordo di transazione stragiudiziale.

226    Alla luce della giurisprudenza citata al precedente punto 224, questa argomentazione non può essere accolta.

227    Infatti, da tale giurisprudenza risulta che è possibile basarsi sulla concorrenza potenziale rappresentata da un potenziale entrante, eliminato dall’accordo in questione, e sulla struttura del mercato di cui trattasi.

228    Come rilevato al precedente punto 218, le ricorrenti non contestano che, al momento della stipula dell’accordo di transazione stragiudiziale, la Teva fosse una potenziale concorrente della Cephalon sui mercati del modafinil. Di conseguenza, come osservato dalla Commissione ai considerando da 1027 a 1032 e da 1244 a 1257 della decisione impugnata, l’attuazione dell’accordo di transazione stragiudiziale ha avuto l’effetto di eliminare la concorrenza potenziale esistente tra la Teva e la Cephalon.

229    A tal riguardo, dalla giurisprudenza risulta che l’articolo 101 TFUE non mira unicamente a tutelare la concorrenza attuale, ma anche la concorrenza potenziale (sentenza del 14 aprile 2011, Visa Europe e Visa International Service/Commissione, T‑461/07, EU:T:2011:181, punto 68).

230    Inoltre, dalla decisione impugnata emerge chiaramente che la Commissione ha tenuto conto del modo in cui l’accordo di transazione stragiudiziale è stato effettivamente attuato e del modo in cui il mercato si è successivamente sviluppato (v. infra punto 247).

231    Inoltre, deve essere parimenti respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione, nel suo scenario controfattuale, non avrebbe determinato quale parte sarebbe risultata vittoriosa nell’ambito della controversia tra la Teva e la Cephalon nel Regno Unito o in quale momento tale controversia sarebbe terminata. Lo stesso vale per quanto riguarda la loro censura secondo cui la Commissione non avrebbe constatato che le parti avrebbero potuto concludere tra le parti una transazione stragiudiziale meno restrittiva della concorrenza rispetto all’accordo di transazione stragiudiziale concretamente concluso.

232    Infatti, nella decisione impugnata, tenuto conto del contesto economico e giuridico nel quale le ricorrenti operavano e, in particolare, del loro punto di vista all’epoca dei fatti, sulla loro rispettiva situazione in materia di brevetti, nonché delle reali condizioni di funzionamento e della struttura dei mercati del modafinil, ivi compresa la posizione della Teva, che era la più avanzata minaccia concorrenziale per la Cephalon, la Commissione ha ritenuto che il probabile scenario controfattuale, in assenza dell’accordo di transazione stragiudiziale, fosse la prosecuzione del contenzioso in materia di brevetti tra le ricorrenti.

233    La Commissione è quindi partita dal postulato di preservare la concorrenza potenziale tra la Teva e la Cephalon e le possibilità reali e concrete dell’ingresso della Teva nei mercati del modafinil. Pertanto, essa ha confrontato la situazione concorrenziale derivante dall’accordo di transazione stragiudiziale con lo scenario concorrenziale che si sarebbe probabilmente verificato in assenza dell’accordo di transazione stragiudiziale.

234    A tal riguardo, dalla giurisprudenza risulta che, in una situazione come quella del caso di specie, la definizione dello scenario controfattuale non presuppone alcuna constatazione definitiva relativa alle possibilità di successo del produttore di medicinali generici nel procedimento in materia di brevetti o alla probabilità della conclusione di un accordo meno restrittivo [sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 119].

235    Lo scenario controfattuale ha unicamente lo scopo di dimostrare le possibilità realistiche di comportamento di tale produttore in assenza dell’accordo di cui trattasi. Pertanto, sebbene detto scenario non possa essere indifferente alle possibilità di successo di detto produttore nell’ambito del procedimento di brevetto o alla probabilità della conclusione di un accordo meno restrittivo della concorrenza rispetto all’accordo effettivamente concluso tra tale produttore e il produttore dei medicinali originali, tali elementi costituiscono tuttavia solo elementi da prendere in considerazione tra altri per determinare il probabile gioco del mercato nonché la struttura di quest’ultimo in assenza di conclusione di detto accordo [sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 120].

236    Di conseguenza, per stabilire che gli accordi di composizione extragiudiziale, come l’accordo di composizione in questione nel presente caso, hanno effetti sensibili potenziali o effettivi sulla concorrenza, non spetta alla Commissione constatare che l’impresa produttrice di farmaci generici parte di tali accordi avrebbe probabilmente avuto successo nel procedimento per la concessione del brevetto o che le parti di tali accordi avrebbero probabilmente concluso un accordo di composizione extragiudiziale meno restrittivo [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 120].

237    Infine, l’affermazione delle ricorrenti secondo cui la Commissione non avrebbe individuato, nella decisione impugnata, effetti dell’accordo di transazione stragiudiziale che sarebbero stati negativi per la concorrenza sui mercati del modafinil deve essere respinta.

238    Come già osservato supra ai punti 223 e 235, la Commissione era tenuta a stabilire realisticamente quale sarebbe stata la possibile situazione concorrenziale sui mercati del modafinil senza l’accordo di transazione.

239    A tal riguardo, come correttamente sostenuto dalla Commissione, l’eliminazione di una fonte importante di concorrenza potenziale, a causa dell’accordo di transazione stragiudiziale, e il ritardo dell’ingresso nel mercato che ne deriva possono, di per sé, dar luogo a effetti negativi sui parametri della concorrenza, in particolare sui prezzi.

240    L’illustrazione degli effetti negativi dell’accordo di transazione stragiudiziale sulla concorrenza sui mercati del modafinil figura ai considerando da 1213 a 1253 della decisione impugnata.

241    A tal riguardo, la Commissione menziona, nella decisione impugnata, il fatto che la Teva era la concorrente potenziale più avanzata della Cephalon sui mercati del modafinil e aveva possibilità reali e concrete di entrare su tali mercati (sezioni 8.2.2 e 8.4 e, più specificamente, considerando 1216 e seguenti della decisione impugnata). Come risulta dagli elementi del fascicolo, all’epoca dell’accordo di transazione stragiudiziale, la Teva, che aveva previsto di entrare nei mercati del modafinil in diversi paesi (come la Germania, la Spagna, la Francia, i Paesi Bassi e la Svezia), aveva a tal fine chiesto autorizzazioni all’immissione in commercio del suo prodotto generico del modafinil in tali paesi, autorizzazioni che essa aveva ottenuto tra il 2005 e il 2009, e aveva già lanciato, a rischio, detto prodotto nel Regno Unito, non appena aveva ricevuta, il 6 giugno 2005, l’autorizzazione all’immissione in commercio in tale paese.

242    Tuttavia, occorre ricordare che le clausole restrittive hanno posto fine a tale ingresso della Teva nei mercati del modafinil. La clausola di non concorrenza ha impedito a quest’ultima di esercitare qualsiasi attività commerciale concernente il modafinil generico, mentre la clausola di non contestazione l’ha eliminata in quanto minaccia concorrenziale (considerando da 1200 a 1212 della decisione impugnata).

243    Inoltre, detti impegni sono stati assunti in una situazione in cui la Teva riteneva che il suo prodotto generico non violasse i brevetti della Cephalon e che i brevetti di quest’ultima fossero invalidi, il che implica che le clausole restrittive nell’accordo di transazione stragiudiziale non erano il risultato di una vera e propria valutazione fondata sulla percezione della forza del brevetto, ma erano indotte dal trasferimento di valore significativo iscritto nelle transazioni di cui al punto 2 di detto accordo (considerando da 691 a 694, 1208 e 1209 della decisione impugnata).

244    A tal proposito, va ricordato che la contestazione della validità e della portata di un brevetto fa parte della normale concorrenza nel settore farmaceutico [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 81].

245    Pertanto, la Commissione ha potuto correttamente considerare, al considerando 1226 della decisione impugnata, che, senza l’accordo di transazione stragiudiziale, la Teva avrebbe probabilmente continuato a difendere la sua posizione nell’ambito della controversia in materia di brevetti che opponeva le due parti nel Regno Unito e avrebbe proseguito i suoi sforzi per entrare nei mercati del modafinil, il che avrebbe parimenti avuto un’incidenza sulla probabilità che altri fornitori potenziali di prodotti generici del modafinil entrassero in detti mercati.

246    A tal riguardo, come correttamente sostenuto dalla Commissione al considerando 1245 della decisione impugnata, eliminando il principale vincolo concorrenziale della Cephalon, l’accordo di transazione stragiudiziale ha probabilmente avuto l’effetto di proteggere quest’ultima dalla concorrenza sui prezzi dei produttori di farmaci generici concorrenti. Orbene, se la Teva fosse entrata nel mercato, essa avrebbe potuto, conformemente al modello commerciale usuale degli entranti che fabbricavano prodotti generici, competere sui prezzi con i produttori di farmaci originari, come la Cephalon.

247    Nella sezione 8.4.3 della decisione impugnata (considerando da 1244 a 1253 di detta decisione), la Commissione illustra tale concorrenza sui prezzi menzionando differenze di prezzo prima e dopo l’ingresso dei produttori di medicinali generici nei mercati dei medicinali nei paesi interessati.

248    A tal riguardo, la Commissione ha dimostrato, nella decisione impugnata, che la Teva era non solo una potenziale concorrente della Cephalon sui mercati del modafinil, ma la minaccia concorrenziale più avanzata per quest’ultima sui medesimi mercati. Essa ha quindi correttamente concluso che l’accordo di transazione stragiudiziale aveva eliminato il rischio di concorrenza e di ingresso della Teva nei mercati del modafinil, il che ha avuto un effetto negativo sulla concorrenza su questi ultimi. Un tale ingresso avrebbe probabilmente avuto l’effetto di diminuire i prezzi del modafinil. L’analisi dell’evoluzione dei mercati del modafinil dopo l’ingresso di altri produttori di farmaci generici, pochi anni dopo, conferma la correttezza di tale analisi.

249    Le tabelle contenute nella decisione impugnata, in particolare la tabella 21, illustrano che, alla fine del periodo di attuazione dell’accordo, quando i produttori generici sono entrati nel mercato, i prezzi medi del modafinil sono diminuiti in modo significativo. È quindi molto probabile che lo stesso effetto si sarebbe prodotto se la Teva non avesse firmato l’accordo di transazione stragiudiziale e fosse entrata prima sul mercato del modafinil con il suo prodotto generico.

250    Come fa valere la Commissione, gli effetti sui prezzi possono osservarsi solo dopo un ingresso effettivo, quando la concorrenza si esercita effettivamente, sapendo che la concorrenza potenziale non fa diminuire i prezzi.

251    Non era quindi possibile, per la Commissione, osservare effetti reali dell’accordo di transazione stragiudiziale sulla concorrenza sui mercati del modafinil confrontando la situazione di concorrenza potenziale esistente su detti mercati prima della conclusione di tale accordo con quella di assenza di concorrenza potenziale esistente su questo stesso mercato dopo detta conclusione.

252    In tale contesto, l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Teva, in ogni caso, non avrebbe potuto entrare nel mercato del modafinil per il fatto di aver accettato di sottoporsi ad un’ingiunzione preliminare nell’ambito della controversia in materia di brevetti che all’epoca era pendente nel Regno Unito non può essere accolto. Occorre rilevare, al pari della Commissione, che l’accettazione da parte della Teva di tale ingiunzione riguardava unicamente la durata della controversia in questione e che lo scenario controfattuale considerato dalla Commissione non si basava sul fatto che la controversia sarebbe proseguita indefinitamente, bensì sul fatto che, in assenza dell’accordo di transazione stragiudiziale, la concorrenza potenziale esistente tra la Teva e la Cephalon sarebbe stata preservata dalla prosecuzione dell’azione giudiziaria e dalla possibilità reale e concreta dell’ingresso della Teva nel mercato del modafinil.

253    Parimenti, l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione non avrebbe dimostrato, nella decisione impugnata, che la Teva era effettivamente entrata nei mercati dei paesi nei quali aveva ricevuto autorizzazioni all’immissione in commercio non è pertinente. Il fatto che la Teva avesse ottenuto dette autorizzazioni è un’illustrazione del fatto che essa era una potenziale concorrente della Cephalon sui mercati del modafinil e un indizio del fatto che essa sarebbe entrata su tali mercati se non avesse concluso l’accordo di transazione stragiudiziale con quest’ultima.

254    Quanto agli argomenti delle ricorrenti relativi ad altri produttori di prodotti generici del modafinil, è certamente vero, come risulta dall’analisi effettuata dalla Commissione nella decisione impugnata, che essi non erano ancora pronti ad entrare nel mercato del modafinil nel momento in cui è stato concluso l’accordo di transazione stragiudiziale. Tuttavia, è pacifico che essi stavano sviluppando i propri prodotti generici del modafinil in modo da poter entrare, a termine, in tale mercato. Inoltre, il principale effetto dell’accordo di transazione stragiudiziale era l’eliminazione della concorrenza potenziale esistente tra la Cephalon e la Teva, che rappresentava la principale minaccia concorrenziale per la Cephalon sui mercati del modafinil all’epoca in cui è stato concluso l’accordo.

255    Da quanto precede discende che il secondo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

3.      Sul terzo motivo, attinente ad unerrata applicazione dell’art. 101, paragrafo 3, TFUE

256    Nell’ambito del terzo motivo, dedotto in subordine, le ricorrenti sostengono che la decisione impugnata, nella parte in cui contiene una valutazione secondo la quale l’accordo di transazione stragiudiziale non soddisfaceva le condizioni di esenzione previste all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, è viziata da un errore di valutazione.

257    In primo luogo, secondo le ricorrenti, l’accordo di transazione stragiudiziale ha contribuito a migliorare la produzione o la distribuzione di medicinali generici. In primo luogo, detto accordo, da un punto di vista ex ante, sarebbe stato concepito per accelerare l’ingresso precoce della Teva nel mercato dei medicinali generici nell’ipotesi realistica in cui i brevetti sulle dimensioni delle particelle della Cephalon fossero stati confermati. In secondo luogo, l’accordo di transazione stragiudiziale avrebbe consentito transazioni commerciali che comportavano un valore aggiunto.

258    In secondo luogo, l’accordo di transazione stragiudiziale e le transazioni commerciali apporterebbero benefici ai consumatori e alla società nel suo complesso. A tal riguardo, l’accordo di transazione stragiudiziale avrebbe anticipato l’aumento della concorrenza dei medicinali generici. Inoltre, le transazioni commerciali avrebbero consentito un accesso più rapido all’Azilect a vantaggio dei pazienti affetti dal morbo di Parkinson nonché la messa a disposizione di un maggior numero di prodotti a base di modafinil grazie all’approvvigionamento di capacità supplementari in API, il che avrebbe evitato un rischio di contraffazione per i tre medicinali a base di modafinil di grande valore.

259    In terzo luogo, l’accordo di transazione stragiudiziale non avrebbe imposto alcuna restrizione che non fosse indispensabile per ottenere gli incrementi di efficienza e i benefici summenzionati.

260    In quarto luogo, l’accordo di transazione stragiudiziale non avrebbe dato la possibilità, per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi, di eliminare la concorrenza. Al contrario, detto accordo sarebbe stato destinato a consentire l’ingresso della Teva nel mercato. Inoltre, tale accordo non avrebbe avuto alcuna incidenza sugli sforzi compiuti dagli altri produttori di medicinali generici per competere sul mercato.

261    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

262    L’articolo 101, paragrafo 3, TFUE prevede una deroga alle disposizioni dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE in forza della quale gli accordi di cui al paragrafo 1 che soddisfano le condizioni di cui al paragrafo 3 non sono vietati.

263    L’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE implica che siano soddisfatte quattro condizioni cumulative. Occorre, innanzitutto, che l’accordo in questione contribuisca a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti di cui trattasi, o a promuovere il progresso tecnico o economico, in secondo luogo, che una congrua parte dell’utile che ne risulta sia riservata agli utilizzatori, in terzo luogo, che non imponga alcuna restrizione non indispensabile alle imprese partecipanti e, in quarto luogo, che non dia loro la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte rilevante dei prodotti in questione.

264    Ai sensi dell’articolo 2 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), «incombe (…) all’impresa o all’associazione di imprese che invoca l’applicazione dell’articolo [101, paragrafo 3, TFUE] l’onere di provare che le condizioni in esso enunciate sono soddisfatte».

265    L’onere della prova incombe, quindi, sull’impresa che chiede di poter beneficiare dell’esenzione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE. Tuttavia, gli elementi di fatto invocati da detta impresa possono essere tali da obbligare la controparte a fornire una spiegazione o una giustificazione, in mancanza della quale è lecito ritenere che l’onere della prova sia stato soddisfatto (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2009, GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a., C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P et C‑519/06 P, EU:C:2009:610, punto 83 e giurisprudenza ivi citata).

266    Nel caso di specie, come risulta dai considerando 1269 e seguenti della decisione impugnata, la Commissione ha esaminato l’eventuale applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE al caso di specie.

267    La Commissione ha correttamente ritenuto che gli argomenti e gli elementi di prova dedotti dalle ricorrenti non consentissero di dimostrare che l’accordo di transazione stragiudiziale, comprese le transazioni commerciali che l’accompagnavano, implicasse miglioramenti di efficienza sufficienti.

268    Per quanto riguarda l’argomentazione delle ricorrenti relativa alla prima condizione di cui al precedente punto 263, secondo cui l’accordo di transazione stragiudiziale avrebbe anticipato di tre anni l’ingresso della Teva sul mercato e avrebbe consentito transazioni commerciali a valore aggiunto, tale argomentazione deve essere respinta.

269    Come è stato constatato in sede di esame del primo motivo, l’accordo di transazione stragiudiziale e i diritti generici concessi dalla Cephalon alla Teva nell’ambito di detto accordo non hanno anticipato, ma, al contrario, hanno ritardato l’ingresso di quest’ultima nei mercati del modafinil e, di conseguenza, la concorrenza su tali mercati dei produttori di medicinali generici.

270    Accettando l’accordo di transazione stragiudiziale, la Teva ha rinunciato ai suoi tentativi di entrare nel mercato del modafinil in qualità di operatore indipendente, nonostante avesse già sviluppato un prodotto generico del modafinil che, a suo avviso, non violava i brevetti della Cephalon, lo avesse persino lanciato e avesse anche presentato domande di autorizzazione all’immissione in commercio di tale prodotto in diversi paesi. Il fatto che l’esito del procedimento giudiziario in materia di brevetti che la opponeva alla Cephalon nel Regno Unito non fosse certo non modifica in alcun modo tale constatazione. In effetti, come osservato nel precedente punto 244, la concorrenza nel settore farmaceutico è caratterizzata anche da contestazioni della validità dei brevetti sui farmaci e sui loro API.

271    Per quanto riguarda le transazioni commerciali contenute nell’accordo di transazione stragiudiziale, la Commissione ha chiarito, ai considerando da 1293 a 1298 della decisione impugnata, la ragione per cui esse non avevano contribuito al miglioramento della produzione o della distribuzione dei prodotti generici del modafinil. Le ricorrenti non deducono alcun argomento che spieghi in che modo la ragione esposta dalla Commissione sarebbe stata erronea.

272    In ogni caso, anche se le diverse operazioni contenute nell’accordo di transazione stragiudiziale avevano un valore o una certa logica commerciali per le ricorrenti, esse non implicavano necessariamente incrementi di efficienza tali da giustificare l’esenzione di tale accordo ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE. A tal riguardo, come risulta dal punto 49 degli orientamenti sull’applicazione dell’articolo [101, paragrafo 3, TFUE] (GU 2004, C 101, pag. 97), «gli incrementi di efficienza non sono valutati dal punto di vista soggettivo delle parti», potendo essere presi in considerazione solo i vantaggi oggettivi.

273    Da quanto precede risulta che la Commissione ha correttamente ritenuto che la prima condizione di esenzione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE non fosse soddisfatta nel caso di specie. Poiché le quattro condizioni previste dall’articolo 101, paragrafo 3, TFUE sono cumulative, gli argomenti delle ricorrenti riguardanti le altre tre condizioni devono essere respinti in quanto inoperanti.

274    Di conseguenza, il terzo motivo dev’essere respinto.

4.      Sul quarto motivo, vertente sulle ammende inflitte alle ricorrenti

275    Nell’ambito del quarto motivo, dedotto in subordine, le ricorrenti affermano che la Commissione, nella decisione impugnata, ha violato i principi di certezza del diritto, di irretroattività e di tutela del legittimo affidamento nonché il principio nullum crimen sine lege e nulla poena sine lege, infliggendo loro ammende sostanziali. Con il primo capo, esse chiedono l’annullamento integrale di dette ammende. Con il secondo capo, la Teva chiede un annullamento parziale sostanziale dell’importo dell’ammenda inflittale.

a)      Sul primo capo del quarto motivo

276    Le ricorrenti sostengono che i principi di cui al precedente punto 275 impongono alla Commissione di astenersi dall’infliggere un’ammenda qualora le imprese interessate non potessero ragionevolmente prevedere, al momento in cui è stata commessa la presunta infrazione, che il comportamento in questione avrebbe violato il diritto della concorrenza dell’Unione.

277    Orbene, secondo le ricorrenti, ciò si è verificato nel caso di specie. Infatti, al momento della conclusione dell’accordo di transazione stragiudiziale, esse avrebbero agito in un contesto giuridico in cui l’articolo 101 TFUE non sarebbe mai stato applicato a questo tipo di accordi. Inoltre, in assenza di precedenti nel diritto della concorrenza dell’Unione e di indicazioni della Commissione riguardanti la legittimità degli accordi transattivi in materia di brevetti alla luce di tale diritto, la Teva avrebbe potuto legittimamente basarsi sugli orientamenti disponibili negli Stati Uniti.

278    Le ricorrenti sostengono altresì che l’accordo di transazione stragiudiziale non era un accordo che implicava un pagamento in contanti del produttore di medicinali originali al produttore di medicinali generici. Ciascuna delle transazioni figuranti in detto accordo sarebbe stata fondata su giustificazioni commerciali proprie e indipendenti, cosicché tale accordo non si basava su un obiettivo unico e globale di ripartizione dei mercati. Infine, le valutazioni della Commissione nella decisione impugnata contraddicono le sue stesse conclusioni esposte nella settima relazione sul controllo e l’applicazione dei regolamenti in materia di brevetti, elaborata nell’ambito dell’indagine sul settore farmaceutico intrapresa sulla base dell’articolo 17 del regolamento n. 1/2003, con l’obiettivo di individuare, da un lato, le cause del declino dell’innovazione in tale settore, misurato in base al numero di nuovi prodotti che entrano nei mercati dei medicinali e, dall’altro, le ragioni dell’ingresso tardivo in tali mercati di alcuni medicinali generici. In tale relazione, la Commissione ha osservato che la valutazione dal punto di vista del diritto della concorrenza degli accordi di composizione stragiudiziale stipulati tra produttori originari e produttori generici è complessa.

279    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

280    Dalla giurisprudenza risulta che un’impresa può essere sanzionata per un comportamento rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE qualora essa non potesse ignorare il carattere anticoncorrenziale del proprio comportamento, a prescindere dalla sua consapevolezza o meno di violare le norme del Trattato in materia di concorrenza. È quindi sufficiente che tale impresa sia stata in grado di stabilire che il suo comportamento era anticoncorrenziale ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del TFUE (v., in tal senso, sentenza del 25 marzo 2021, Lundbeck/Commissione, C‑591/16P, EU:C:2021:243, punti da 156 a 158).

281    Dalla giurisprudenza risulta altresì che, sebbene i principi di certezza del diritto e di legalità delle pene prevedano che la normativa dell’Unione debba essere chiara e precisa, affinché gli interessati possano conoscere senza ambiguità i diritti e gli obblighi che ne derivano e regolarsi di conseguenza, essi non possono essere interpretati come un divieto di graduale chiarimento delle norme sulla responsabilità penale mediante interpretazioni giurisprudenziali, purché queste ultime siano ragionevolmente prevedibili (sentenza del 25 marzo 2021, Lundbeck/Commissione, C‑591/16 P, EU:C:2021:243, punto 166).

282    Nell’ambito dell’esame del primo motivo, è stato osservato che l’accordo di transazione stragiudiziale mirava ad escludere, almeno temporaneamente, la Teva dai mercati del modafinil in quanto concorrente della Cephalon. Orbene, gli accordi di esclusione dal mercato costituiscono una forma estrema di ripartizione del mercato e di limitazione della produzione, che sono espressamente vietati dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

283    Pertanto, le ricorrenti non potevano ignorare che concludere l’accordo di transazione stragiudiziale, contenendo clausole di non concorrenza e di non contestazione, era problematico alla luce del diritto della concorrenza dell’Unione.

284    Gli altri argomenti dedotti dalle ricorrenti non possono rimettere in discussione tale constatazione.

285    In particolare, l’argomento delle ricorrenti secondo cui, all’epoca della conclusione dell’accordo di transazione stragiudiziale, secondo la posizione giuridica di una maggioranza dei giudici americani gli accordi transattivi in materia di brevetti non violavano le norme del diritto antitrust non è pertinente. Infatti, nel caso di specie era rilevante solo il diritto della concorrenza dell’Unione, per quanto riguarda l’applicazione dell’articolo 101 TFUE, cosicché le decisioni degli organi giurisdizionali americani non dovevano essere prese in considerazione. Inoltre, come la Commissione ha correttamente sottolineato al considerando 1364 della decisione impugnata, al momento della stipula dell’accordo di transazione, la giurisprudenza statunitense non era unanime e la US Federal Trade Commission (Agenzia federale della concorrenza, Stati Unit) stava contestando gli accordi di transazione con pagamento inverso ai sensi del diritto antitrust statunitense, cosicché le ricorrenti non potevano, in ogni caso, fare affidamento su un chiaro orientamento del diritto antitrust statunitense.

286    Parimenti, l’argomento delle ricorrenti secondo cui la decisione impugnata era in contraddizione con le conclusioni della relazione sul controllo e sul controllo dei regolamenti in materia di brevetti non può essere accolto. Il fatto che la Commissione avesse constatato, in detta relazione, che la valutazione degli accordi di transazione stragiudiziale conclusi tra i produttori di farmaci originari e i produttori di medicinali generici era complessa alla luce del diritto della concorrenza non significava che tali accordi sfuggissero a detto diritto o che fossero necessariamente conformi ad esso. Inoltre, risulta chiaramente da tale relazione che la Commissione riteneva che gli accordi transattivi che prevedevano, a priori, l’ingresso anticipato di un farmaco generico nel mercato dovessero, in realtà, essere analizzati nel senso che limitavano detto ingresso quando quest’ultimo non era immediato e quando le condizioni che lo disciplinavano annullavano, in pratica, tutti gli effetti positivi di quest’ultimo sulla concorrenza. Orbene, ciò si è verificato proprio per quanto riguarda l’accordo di transazione stragiudiziale.

287    Inoltre, il fatto che, all’epoca in cui l’accordo di transazione stragiudiziale è stato concluso, la Commissione non avesse ancora inflitto ammende per infrazioni analoghe non è pertinente. Infatti, è già stato affermato che l’imposizione di ammende che superano un livello simbolico non viola il principio della certezza del diritto, nonostante la natura nuova e complessa delle questioni sollevate dagli accordi transattivi e l’assenza di precedenti (v., in tal senso, sentenza del 25 marzo 2021, Lundbeck/Commissione, C‑591/16 P, EU:C:2021:243, punto 165).

288    Per quanto riguarda l’asserita violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, lamentata dalle ricorrenti, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, il diritto di invocare il principio di tutela del legittimo affidamento si estende a qualsiasi individuo che si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione dell’Unione ha suscitato in lui un giustificato affidamento, ove si precisa che nessuno può invocare una violazione di tale principio in assenza di assicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate e affidabili, che l’amministrazione gli avrebbe fornito (v. sentenza dell’ 8 settembre 2010, Deltafina/Commissione, T 29/05, EU:T:2010:355, punto 427 e giurisprudenza ivi citata).

289    Nel caso di specie, è sufficiente constatare che le ricorrenti non sostengono né, a fortiori, dimostrano che la Commissione abbia fornito loro assicurazioni del genere.

290    Quanto all’argomento delle ricorrenti secondo cui il principio di irretroattività sarebbe stato violato, è sufficiente constatare che esso non è in alcun modo suffragato.

291    Infine, l’argomento delle ricorrenti secondo cui l’accordo di transazione stragiudiziale non implicava pagamenti in contanti dalla Cephalon alla Teva è privo di pertinenza. Nell’ambito dell’esame del primo motivo, è stato constatato che i pagamenti previsti in esecuzione delle transazioni commerciali figuranti nell’accordo di transazione stragiudiziale avevano come unica spiegazione plausibile il fatto di indurre la Teva ad accettare le clausole restrittive di detto accordo e, quindi, a rinunciare a fare concorrenza alla Cephalon per i suoi meriti sui mercati del modafinil.

292    Il quinto capo del quarto motivo dev’essere quindi respinto.

b)      Sul secondo capo del quarto motivo

293    Con il secondo capo, la Teva contesta alla Commissione di averle inflitto un’ammenda del tutto arbitraria e ingiustificata in quanto il trasferimento di valore pecuniario non avrebbe raggiunto un livello sufficientemente elevato, violando così i principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento.

294    La Commissione contesta gli argomenti della Teva.

295    In via preliminare, va ricordato che gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2, in prosieguo: gli «orientamenti per il calcolo delle ammende») si basano sulla presa in considerazione del valore delle vendite dei prodotti o dei servizi interessati in relazione all’infrazione sanzionata al momento della fissazione dell’importo di base delle ammende da infliggere. Tali orientamenti prevedono, ai punti 6 e 13, che la combinazione della durata e del valore delle vendite, costituisce «un parametro adeguato per esprimere l’importanza economica dell’infrazione nonché il peso relativo di ciascuna impresa che vi ha partecipato».

296    Tuttavia, tale metodo può talvolta rivelarsi inadeguato alle circostanze specifiche di una causa. Ciò si verifica, in particolare, quando un’impresa dichiarata responsabile di un’infrazione all’articolo 101 TFUE non realizza alcun fatturato sui mercati in questione. In una situazione di questo tipo, la Commissione è autorizzata a utilizzare un metodo di calcolo diverso da quello descritto negli orientamenti per il calcolo delle ammende e, conformemente al punto 37 degli stessi, a fissare forfettariamente l’importo di base dell’ammenda inflitta all’impresa interessata (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione, C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punti da 65 a 67).

297    Nel caso di specie, è pacifico che, a causa dell’oggetto stesso dell’accordo di transazione stragiudiziale, che è un accordo di esclusione dal mercato di cui trattasi, la Teva non era presente su quest’ultimo durante il periodo dell’infrazione e non aveva quindi realizzato vendite su tale mercato.

298    Di conseguenza, la Commissione non ha potuto prendere in considerazione il valore delle vendite di Teva sul mercato rilevante durante l’infrazione, ove tale circostanza particolare le ha permesso, sulla base del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, di discostarsi dalla metodologia stabilita negli orientamenti medesimi.

299    È vero che, in altri casi riguardanti accordi transattivi in materia di brevetti che violavano l’articolo 101 TFUE e nei quali le imprese del settore dei medicinali generici non avevano realizzato alcuna vendita nei mercati di detti medicinali, la Commissione aveva stabilito le ammende tenendo conto del valore che era stato trasferito al produttore dei medicinali generici dal produttore dei farmaci originari, quale incentivo a restare al di fuori dei mercati in questione, senza stimare il fatturato del produttore di medicinali generici.

300    Tuttavia, la Commissione non era vincolata dalla sua precedente prassi decisionale, ove quest’ultima non costituiva, in ogni caso, un quadro giuridico per il calcolo dell’importo delle ammende (v., in tal senso, sentenza del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, T 38/02 EU:T:2005:367, punto 153, e giurisprudenza ivi citata).

301    Inoltre, ai considerando da 1386 a 1391 della decisione impugnata, la Commissione ha chiarito la ragione per cui l’ammenda della Teva non poteva essere fondata sul trasferimento di valore che essa aveva ricevuto in forza dell’accordo di transazione stragiudiziale e delle transazioni commerciali ivi contenute. Infatti, il trasferimento di valore era incluso in dette operazioni. A parte il fatto che era difficile stimare con precisione il valore trasferito alla Teva per quattro delle cinque operazioni di cui al punto 2 dell’accordo di transazione stragiudiziale, ciò si è rivelato impossibile per quanto riguarda la comunicazione dei dati CEP-1347. All’epoca dei fatti, tale comunicazione dei dati aveva costituito un incentivo importante, per la Teva, ad accettare le clausole restrittive, il che non poteva essere ignorato dalla Commissione, nella fase della determinazione del livello dell’ammenda inflitta alla Teva, salvo nuocere all’effetto dissuasivo di tale ammenda.

302    Tenuto conto della particolarità relativa al fatto che il trasferimento di valore alla Teva non poteva essere stimato con sufficiente precisione e al fine di raggiungere un livello dissuasivo soddisfacente, la Commissione ha optato per un importo fisso dell’ammenda inflitta alla Teva.

303    Le ricorrenti non possono tuttavia sostenere che si tratti, ciononostante, di un importo arbitrario.

304    Infatti, la Commissione ha preso adeguatamente come punto di riferimento per la fissazione dell’importo dell’ammenda inflitta alla Teva l’importo di quella inflitta alla Cephalon prima dell’applicazione del limite del 10% del fatturato di quest’ultima. A tal riguardo, come risulta dai considerando da 1393 a 1395 della decisione impugnata, la Commissione ha considerato che:

–        la gravità e la durata dell’infrazione erano identiche per la Teva e per la Cephalon;

–        l’ammenda inflitta alla Teva non dovrebbe essere superiore a quella inflitta alla Cephalon, considerando che il suo mancato guadagno sarebbe probabilmente inferiore al reale profitto di Cephalon;

–        dovevano essere presi in considerazione anche altri fattori, quali il fatto che la Teva era un’impresa più grande (nel 2010, ossia l’ultimo anno completo dell’infrazione e l’anno precedente l’acquisizione effettiva della Cephalon da parte della Teva, il suo fatturato era di 12,16 miliardi di EUR, mentre la Cephalon aveva un fatturato mondiale di circa 2,12 miliardi di EUR) e che era in posizione di forza per negoziare.

305    Nella parte in cui le ricorrenti contestano alla Commissione di aver violato il principio della certezza del diritto, il loro argomento deve essere respinto. Come risulta dalla giurisprudenza citata al precedente punto 300, la Commissione non è vincolata dalla sua prassi precedente. Per quanto riguarda la violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, lamentata dalle ricorrenti, è sufficiente rilevare che esse non sostengono nemmeno, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 288, che la Commissione abbia fornito loro, in qualsiasi modo, assicurazioni precise, incondizionate e concordanti in merito al metodo di calcolo che avrebbe utilizzato per stabilire l’importo dell’ammenda inflitta alla Teva.

306    Da quanto precede risulta che il secondo capo del quarto motivo e, di conseguenza, il quarto motivo, nella parte in cui è diretto all’annullamento delle ammende inflitte alle ricorrenti, devono essere respinti.

307    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, le conclusioni delle ricorrenti dirette all’annullamento della decisione impugnata devono pertanto essere respinte.

B.      Sulla domanda diretta alla riforma delle ammende inflitte alle ricorrenti

308    Con il secondo e il terzo capo delle loro conclusioni, le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia sopprimere o ridurre l’importo dell’ammenda.

309    A questo proposito, va ricordato che, per quanto riguarda il controllo giurisdizionale delle decisioni della Commissione che infliggono un’ammenda per violazione delle norme sulla concorrenza, il controllo di legittimità è integrato dalla competenza estesa al merito conferita al giudice dell’Unione dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, conformemente all’articolo 261 del TFUE. Tale competenza autorizza il giudice, al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, a sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, a sopprimere, ridurre o maggiorare l’importo dell’ammenda o della penalità inflitta.

310    Tuttavia, il Tribunale ritiene, nell’ambito della sua competenza estesa al merito, che nessuno dei fattori invocati dalle ricorrenti nella presente causa o alcun motivo di ordine pubblico giustifichi il suo esercizio, ai sensi dell’articolo 261 TFUE e dell’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, della sua competenza estesa al merito per ridurre l’importo delle ammende fissate dalla Commissione.

311    Occorre pertanto respingere le conclusioni dirette alla riduzione dell’importo delle ammende inflitte alla ricorrente e, di conseguenza, il ricorso nella sua interezza.

IV.    Sulle spese

312    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Le ricorrenti, rimaste soccombenti, vanno condannate alle spese conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Teva Pharmaceutical Industries Ltd e la Cephalon Inc. sono condannate alle spese.

Schalin

Jaeger

Škvařilová-Pelzl

Nõmm

 

      Kukovec

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 18 ottobre 2023.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.