Language of document : ECLI:EU:T:2006:323

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

17 ottobre 2006 (*)

«Marchio comunitario – Opposizione – Domanda di marchio comunitario denominativo GALZIN – Marchio nazionale denominativo anteriore CALSYN – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Somiglianza dei prodotti e dei segni – Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94 – Art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94 – Conclusioni dell’UAMI – Ricevibilità»

Nella causa T‑483/04,

Armour Pharmaceutical Co., con sede in Bridgewater, New Jersey (Stati Uniti), rappresentata dall’avv. R. Gilbey,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dalla sig.ra S. Pétrequin, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressato nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI:

Teva Pharmaceutical Industries Ltd, con sede in Gerusalemme (Israele),

avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione della quarta commissione di ricorso dell’UAMI 7 settembre 2004 (procedimento R 295/2003‑4), relativa ad un procedimento di opposizione tra la Armour Pharmaceutical Co. e la Teva Pharmaceutical Industries Ltd,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),

composto dal sig. M. Vilaras, presidente, e dalle sig.re M.E. Martins Ribeiro e K. Jürimäe, giudici,

cancelliere: sig.ra K. Pocheć, amministratore

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale l’8 dicembre 2004,

visto il controricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 2 maggio 2005,

in seguito all’udienza del 31 gennaio 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti all’origine della controversia

1        Il 12 aprile 2000 la Teva Pharmaceutical Industries Ltd ha presentato, a norma del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato, una domanda di registrazione di marchio comunitario dinanzi all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI).

2        Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è costituito dal segno denominativo GALZIN.

3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nella classe 5 dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «prodotti farmaceutici per il trattamento del morbo di Wilson».

4        Il 2 gennaio 2001 la domanda di registrazione è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 2/2001.

5        Il 28 marzo 2001 la Armour Pharmaceutical Co. ha proposto opposizione, ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 40/94, contro la domanda di registrazione di marchio per tutti i prodotti contemplati da quest’ultima, facendo valere il proprio marchio denominativo anteriore CALSYN, registrato in Francia il 3 febbraio 1983 con il numero 1 226 303 per i prodotti rientranti nella classe 5 di cui all’Accordo di Nizza e corrispondenti alla seguente descrizione: «prodotti farmaceutici e medici e, più in particolare, preparati a base di calcio».

6        Il motivo invocato a sostegno dell’opposizione era il rischio di confusione contemplato all’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

7        Con decisione in data 28 febbraio 2003, la divisione di opposizione dell’UAMI ha accolto l’opposizione ed ha integralmente respinto la domanda di registrazione del marchio.

8        Il 17 aprile 2003 la parte controinteressata nel procedimento davanti alla commissione di ricorso ha proposto dinanzi all’UAMI, ai sensi degli artt. 57‑62 del regolamento n. 40/94, un ricorso contro la decisione della divisione di opposizione.

9        Con decisione in data 7 settembre 2004 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quarta commissione di ricorso dell’UAMI ha accolto il ricorso ed ha annullato la decisione della divisione di opposizione, addossando alla ricorrente l’onere delle spese. In sostanza, la commissione di ricorso ha affermato che, a norma dell’art. 43, n. 2, ultima parte, del regolamento n. 40/94, il marchio anteriore si considerava registrato per «prodotti farmaceutici a base di calcio», che tale conclusione formulata nella decisione della divisione di opposizione non era stata contestata dalle parti e che essa la condivideva. Inoltre, secondo la decisione impugnata, benché esista un certo grado di somiglianza tra i prodotti e tra i marchi, questo è insufficiente per determinare, nel pubblico francese, un rischio di confusione tra i prodotti messi in vendita sotto ciascuno dei marchi stessi, tenuto conto, da un lato, delle differenze tra i segni in conflitto, segnatamente dal punto di vista fonetico, e, dall’altro, del fatto che i prodotti in questione non sono destinati a trattare le medesime patologie. Infine, la commissione di ricorso ha affermato che, vista la natura dei prodotti, il pubblico, comprendente tanto i consumatori di medicinali quanto i professionisti del settore medico, avrebbe prestato un’attenzione particolare ai segni identificativi dei prodotti.

 Conclusioni delle parti

10      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        confermare la decisione della divisione di opposizione;

–        condannare l’UAMI alle spese.

11      L’UAMI si rimette alla valutazione del Tribunale al fine di stabilire se esista o meno un rischio di confusione tra i marchi in conflitto. Nel caso in cui il Tribunale ritenesse che non esista un rischio di confusione per i consumatori francesi, l’UAMI conclude che il Tribunale voglia respingere il ricorso e condannare la ricorrente alle spese. Qualora il Tribunale reputasse che esista un rischio di confusione per i consumatori francesi, l’UAMI conclude che il Tribunale voglia annullare la decisione impugnata e condannare alle spese la parte controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, ove comparsa in giudizio, ovvero dichiarare che ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

 Sulla ricevibilità delle conclusioni dell’UAMI

12      In forza dell’art. 113 del regolamento di procedura del Tribunale, quest’ultimo può, in qualsiasi momento, esaminare d’ufficio le questioni di irricevibilità di ordine pubblico.

13      Occorre ricordare la giurisprudenza secondo cui nulla impedisce all’UAMI di aderire ad una conclusione della parte ricorrente o anche di rimettersi semplicemente al prudente apprezzamento del Tribunale, presentando tutti gli argomenti che ritiene appropriati per fornire delucidazioni a quest’ultimo [sentenze del Tribunale 30 giugno 2004, causa T‑107/02, GE Betz/UAMI – Atofina Chemicals (BIOMATE), Racc. pag. II‑1845, punto 36, e 25 ottobre 2005, causa T‑379/03, Peek & Cloppenburg/UAMI (Cloppenburg),Racc. pag. I‑4633, punto 22]. Per contro, l’UAMI non può formulare conclusioni dirette all’annullamento o alla riforma della decisione della commissione di ricorso su un punto non sollevato nel ricorso o presentare motivi non dedotti con quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza della Corte 12 ottobre 2004, causa C‑106/03 P, Vedial/UAMI,Racc. pag. I‑9573, punto 34, e sentenza Cloppenburg, cit., punto 22).

14      Risulta da tale giurisprudenza che, nel caso di specie, occorre verificare la legittimità della decisione impugnata alla luce dei motivi dedotti con il ricorso introduttivo, tenendo conto altresì degli argomenti avanzati dall’UAMI.

 Nel merito

15      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce due motivi, aventi ad oggetto la violazione, rispettivamente, dell’art. 43, nn. 2 e 3, e dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

 Sul primo motivo, relativo alla violazione dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94

 Argomenti delle parti

16      La ricorrente fa valere che essa, nel corso del procedimento di opposizione, ha fornito la prova del fatto che il proprio marchio anteriore CALSYN veniva sfruttato per prodotti farmaceutici a base di calcio, malgrado esso copra i prodotti farmaceutici e medici in generale indicati nella classe 5 di cui all’Accordo di Nizza. Prendendo in considerazione ai fini dell’opposizione soltanto i prodotti farmaceutici a base di calcio, la commissione di ricorso avrebbe violato l’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94.

17      In sostanza, la ricorrente ritiene concepibile che, quando il marchio anteriore designa un insieme di prodotti e di servizi di natura differente, l’equità imponga di prendere in considerazione, ai fini dell’opposizione, soltanto il settore nel quale il marchio registrato da più di cinque anni viene sfruttato, al fine di evitare l’invocazione abusiva di marchi che designano l’insieme di una o più classi. Tuttavia, qualora il prodotto specifico per il quale l’uso è provato rientri in una precisa categoria rivendicata in sede di registrazione, limitare i prodotti considerati al prodotto specifico avrebbe un effetto restrittivo sproporzionato. Ciò è quanto si verificherebbe nel caso di specie, posto che i prodotti farmaceutici a base di calcio rientrano tra i prodotti farmaceutici.

18      Ad avviso della ricorrente, un’interpretazione così restrittiva dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, quale quella operata dalla commissione di ricorso, non è conforme alla definizione del diritto di proprietà fornita dalle legislazioni armonizzate in materia di marchi ed è discriminatoria in rapporto alla portata riconosciuta in un procedimento di opposizione ad una registrazione di marchio non sfruttata avente meno di cinque anni.

19      L’UAMI espone anzitutto i principi che disciplinano la questione della prova dell’uso di un marchio. A questo proposito, esso fa valere che, quando un marchio è registrato per l’insieme delle indicazioni generali dei titoli di una determinata classe ed è stato utilizzato per specifici prodotti o servizi compresi in tale classe, occorre ritenere, in linea di principio, che tale marchio abbia costituito l’oggetto di un uso per tali specifici prodotti o servizi. A suo avviso, è del pari possibile ritenere che il marchio sia stato oggetto di uso per una sottocategoria distinta, ove sia possibile individuarne una, qualora i prodotti o servizi specifici possiedano caratteristiche comuni sufficienti. L’UAMI aggiunge, tuttavia, che tale tipo di generalizzazione deve essere effettuato con la massima prudenza, senza perdere di vista il fatto che la tutela del marchio anteriore è giustificata soltanto nella misura in cui questo sia stato realmente utilizzato.

20      Nel caso di specie, l’UAMI fa osservare che il marchio anteriore è registrato per «prodotti farmaceutici e medici e, più in particolare, preparati a base di calcio» e che il suo uso è stato provato soltanto per prodotti farmaceutici a base di calcio, tenuto conto che la stessa ricorrente ha identificato separatamente i preparati a base di calcio nella designazione dei prodotti del proprio marchio.

21      Pertanto, la ricorrente non potrebbe addebitare alla divisione di opposizione e alla commissione di ricorso di aver ritenuto, ai fini dell’esame dell’opposizione, che il suo marchio fosse registrato unicamente per i prodotti farmaceutici a base di calcio. Secondo l’UAMI, ritenere che il marchio anteriore sia sfruttato per l’intera categoria dei prodotti farmaceutici quando invece viene utilizzato soltanto per un prodotto assai specifico conferirebbe una protezione indebita al marchio anteriore e sarebbe contrario ai principi fissati dall’art. 43, n. 2, del regolamento n. 40/94.

22      Ad ogni modo, l’UAMI afferma che la decisione impugnata non presenta alcuna lacuna, in quanto la ricorrente non ha presentato alcun ricorso in ordine a tale punto avverso la decisione della divisione di opposizione e non ha dedotto tale argomento dinanzi alla commissione di ricorso.

 Giudizio del Tribunale

23      Come risulta dal nono ‘considerando’ del regolamento n. 40/94, il legislatore ha ritenuto che la tutela di un marchio anteriore sia giustificata soltanto nella misura in cui quest’ultimo sia stato effettivamente utilizzato. Conformemente a tale ‘considerando’, l’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94 prevede che il soggetto richiedente la registrazione di un marchio comunitario possa pretendere la prova del fatto che il marchio anteriore è stato seriamente utilizzato nel territorio nel quale esso è protetto nei cinque anni che precedono la pubblicazione della domanda di registrazione oggetto di opposizione [sentenze del Tribunale 12 dicembre 2002, causa T‑39/01, Kabushiki Kaisha Fernandes/UAMI – Harrison (HIWATT),Racc. pag. II‑5233, punto 34, e 6 ottobre 2004, causa T‑356/02, Vitakraft-Werke Wührmann/UAMI – Krafft (VITAKRAFT), Racc. pag. II‑3445, punto 25].

24      Ai sensi della regola 22, n. 2, del regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868, recante modalità di esecuzione del regolamento n. 40/94 (GU L 303, pag. 1), la prova dell’utilizzazione deve riguardare il luogo, la durata, la rilevanza e la natura dell’utilizzazione del marchio anteriore (sentenza VITAKRAFT, cit., punto 27).

25      Nel caso di specie, è pacifico che il marchio anteriore è stato registrato per «prodotti farmaceutici e medici e, più in particolare, preparati a base di calcio» rientranti nella classe 5, ai sensi dell’Accordo di Nizza. Del pari incontestato è il fatto che, su richiesta della parte controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, la ricorrente ha fornito la prova dell’uso serio del marchio anteriore mediante documenti comprovanti la sua utilizzazione effettiva per la commercializzazione di prodotti farmaceutici, e più precisamente di quelli a base di calcio.

26      Orbene, l’art. 43, n. 2, ultima frase, del regolamento n. 40/94, nonché l’art. 43, n. 3, del medesimo regolamento, che dichiara le disposizioni di cui al detto paragrafo 2 applicabili ai marchi nazionali anteriori, devono essere interpretati nel senso che sono diretti ad evitare che un marchio utilizzato in modo parziale goda di una protezione estesa per il solo fatto di essere stato registrato per un’ampia gamma di prodotti o servizi. Di conseguenza, nell’applicare tali disposizioni occorre tener conto dell’ampiezza delle categorie di prodotti o servizi per le quali il marchio anteriore è stato registrato, in particolare della genericità dei termini a tal fine utilizzati per descrivere le categorie stesse, e ciò in rapporto ai prodotti o ai servizi la cui seria utilizzazione sia stata effettivamente accertata [sentenza del Tribunale 14 luglio 2005, causa T‑126/03, Reckitt Benckiser (España)/UAMI – Aladin (ALADIN), Racc. pag. II‑2861, punto 44].

27      Dalle menzionate disposizioni emerge che, qualora un marchio sia stato registrato per una categoria di prodotti o servizi sufficientemente ampia perché, nel suo ambito, possano essere distinte varie sottocategorie inquadrabili autonomamente, la prova della seria utilizzazione del marchio per una parte di tali prodotti o servizi comporta il riconoscimento della tutela, nell’ambito di un procedimento di opposizione, unicamente per la sottocategoria o le sottocategorie cui appartengono i prodotti o i servizi per i quali il marchio è stato effettivamente utilizzato. Per contro, qualora un marchio sia stato registrato per prodotti o servizi definiti in modo talmente preciso e circoscritto che non sia possibile operare suddivisioni significative all’interno della categoria di cui trattasi, la prova della seria utilizzazione del marchio per tali prodotti o servizi copre necessariamente, ai fini dell’opposizione, l’intera categoria suddetta (sentenza ALADIN, cit., punto 45).

28      A questo proposito, occorre ricordare che il marchio anteriore è stato registrato per «prodotti farmaceutici e medici e, più in particolare, preparati a base di calcio». Tale descrizione comprende con tutta evidenza una categoria di prodotti sufficientemente vasta – ossia i prodotti farmaceutici in generale – per potersi distinguere all’interno di essa varie sottocategorie idonee ad essere considerate autonomamente. Infatti, la nozione di prodotto farmaceutico comprende prodotti sufficientemente differenti quanto alla loro destinazione e ai loro consumatori finali – in funzione delle loro specifiche indicazioni terapeutiche – nonché quanto ai loro canali di distribuzione – a seconda che tali prodotti siano assoggettati a prescrizione medica siano in vendita libera – per potersi individuare nel suo ambito varie sottocategorie. Del resto, la stessa ricorrente ha identificato separatamente nella descrizione dei prodotti del proprio marchio la sottocategoria corrispondente ai «preparati a base di calcio».

29      Stanti tali premesse, occorre affermare che la prova della seria utilizzazione del marchio anteriore è stata fornita unicamente per una parte dei prodotti o dei servizi rientranti in un’ampia categoria di prodotti idonea a comprendere varie sottocategorie autonome.

30      Ne consegue che tenendo conto, ai fini dell’esame dell’opposizione, dei soli «prodotti farmaceutici a base di calcio», la commissione di ricorso ha correttamente applicato l’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94.

31      Tale conclusione non viene rimessa in discussione dagli argomenti della ricorrente.

32      Anzitutto, la ricorrente fa osservare, in sostanza, che, sebbene sia equo, nei casi in cui il marchio anteriore designi un insieme di prodotti e di servizi di natura differente, prendere in considerazione, ai fini dell’opposizione, il settore nel quale il marchio registrato da più di cinque anni viene sfruttato, al fine di evitare l’invocazione abusiva di marchi che designano l’insieme di una o più classi, è nondimeno sproporzionato limitare tale presa in considerazione unicamente allo specifico prodotto all’interno di una categoria.

33      A questo proposito, in primo luogo il Tribunale considera che l’art. 43, n. 2, del regolamento n. 40/94 fa riferimento ai prodotti e ai servizi, e non alle categorie o alle classi di prodotti per le quali il marchio è registrato. In secondo luogo, l’espressione «prodotti farmaceutici a base di calcio» – prodotti che sono stati presi in considerazione ai fini dell’esame dell’opposizione proposta – non comprende un solo specifico prodotto, bensì una sottocategoria autonoma e sufficientemente ampia, ciò che non può essere qualificato come restrizione sproporzionata nel caso di specie. Come risulta dai precedenti punti 29 e 30, tale posizione è conforme alla giurisprudenza del Tribunale.

34      Inoltre, quanto all’argomento della ricorrente secondo cui un’interpretazione così restrittiva dell’art. 43, n. 2, del regolamento n. 40/94 sarebbe discriminatoria in rapporto alla portata riconosciuta in un procedimento di opposizione ad una registrazione di marchio non utilizzata avente meno di cinque anni, il Tribunale ritiene sufficiente constatare che non è dato riscontrare alcuna discriminazione, in quanto le due situazioni non sono comparabili. Infatti, la prova della seria utilizzazione di un marchio registrato da meno di cinque anni non è necessaria, appunto per il fatto che tale periodo di cinque anni mira a consentire lo sfruttamento commerciale del marchio. A norma dell’art. 50 del regolamento n. 40/94, la decadenza di un diritto di marchio per mancato uso effettivo del medesimo può essere dichiarata soltanto dopo il decorso di un periodo ininterrotto di cinque anni durante i quali il marchio non sia stato seriamente utilizzato nella Comunità per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato.

35      Tenuto conto delle considerazioni che precedono, il primo motivo dev’essere respinto perché infondato.

 Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94

 Argomenti delle parti

36      In primo luogo, la ricorrente contesta la conclusione della commissione di ricorso secondo cui non vi sarebbe un sufficiente grado di somiglianza tra i prodotti in questione.

37      Ad avviso della ricorrente, i due tipi di prodotti in questione sono prodotti farmaceutici simili, derivanti dalle stesse categorie di produttori, nonché prodotti e distribuiti nei medesimi circuiti. Uno sarebbe descritto mediante riferimento al principio attivo e l’altro mediante riferimento all’indicazione terapeutica. Sarebbe stato onere della parte controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dimostrare che, malgrado tale somiglianza a priori, la concreta specificità delle condizioni di prescrizione e di consumo dei due prodotti esclude qualsiasi rischio che il consumatore si trovi a confrontarsi con entrambi simultaneamente. Orbene, non sarebbe stata fornita alcuna prova in tal senso. Allo stesso modo, non sarebbe stata fornita la prova del fatto che la forma farmaceutica e le modalità di somministrazione dei prodotti escluderebbero qualsiasi rischio di confusione.

38      La ricorrente aggiunge che, per escludere il rischio di confusione, non è sufficiente constatare che due prodotti farmaceutici sono destinati a trattare patologie differenti. La parte controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso era tenuta a dimostrare – e la commissione di ricorso ad assicurarsi – che uno stesso malato non potrebbe vedersi prescrivere ovvero non potrebbe assumere i due farmaci simultaneamente, ciò che non è stato fatto.

39      In secondo luogo, la ricorrente fa valere che la commissione di ricorso ha omesso di definire il pubblico da prendere in considerazione e di valutare il rischio di confusione in rapporto a quest’ultimo. Essa ricorda che, in ambito farmaceutico, il pubblico da prendere in considerazione è costituito dall’insieme della popolazione, comprendente, da una parte, i professionisti del settore sanitario quali i medici, i farmacisti e gli infermieri e, dall’altra, tutte le persone che siano potenziali consumatori di prodotti farmaceutici, ivi incluse quelle che già presentano facoltà visive, cognitive o intellettuali ridotte e che possono essere ulteriormente indebolite dalla malattia.

40      Inoltre, la ricorrente sostiene che il rischio di confusione per il pubblico non esiste soltanto al momento dell’acquisto e che, a riprova di ciò, la confusione nella fase post‑vendita sarebbe già da lungo tempo tenuta in considerazione nei paesi di oltre Atlantico. Infatti, i farmaci verrebbero assunti generalmente per un periodo di tempo determinato, e il malato, allorché sceglie i farmaci dal proprio armadietto dei medicinali, non sarebbe più guidato da un professionista del settore sanitario.

41      In terzo luogo, la ricorrente procede ad un raffronto dei segni in conflitto.

42      Anzitutto, essa sostiene che, come riconosciuto dalla commissione di ricorso, i segni CALSYN e GALZIN sono privi di significato concettuale per il consumatore medio, sicché i due marchi in conflitto hanno carattere fortemente distintivo. La ricorrente fa valere la giurisprudenza della Corte e del Tribunale secondo cui il rischio di confusione è tanto più elevato quanto più rilevante è il carattere distintivo del segno. Riconoscendo che il marchio CALSYN è arbitrario e distintivo, la commissione di ricorso avrebbe dovuto attribuire più importanza alle somiglianze complessive che alle differenze di dettaglio. Orbene, essa avrebbe fatto esattamente il contrario.

43      A questo proposito, la ricorrente addebita alla commissione di ricorso di avere erroneamente incentrato la propria analisi sulle differenze di dettaglio, visive e fonetiche, tra i due marchi, mentre avrebbe dovuto confrontare l’impatto visivo, fonetico e concettuale di tali marchi globalmente considerati.

44      Quanto al raffronto visivo, la ricorrente fa osservare come i due segni condividano lo stesso numero di lettere e mostrino una stupefacente somiglianza, considerato che le lettere comuni «a», «l» e «n» compaiono nel medesimo ordine. A questo proposito, la ricorrente censura la commissione di ricorso per non aver tenuto conto delle somiglianze visive tra le lettere maiuscole «C» e «G», le quali si differenzierebbero soltanto per un piccolo trattino orizzontale che può essere agevolmente occultato quando la «G» è manoscritta. Allo stesso modo, le lettere «s» e «z» sarebbero visivamente assai simili, in quanto la loro forma geometrica è semplicemente inversa.

45      Per quanto riguarda la comparazione fonetica, la ricorrente addebita alla commissione di ricorso di aver proceduto ad una sottile analisi delle differenze di dettaglio tra i due segni, che il pubblico di riferimento non sarebbe in grado di cogliere. Essa ritiene che le sonorità delle lettere «c» e «g» siano assai simili e che non sarebbero necessariamente percepibili, in particolare da consumatori privi di facoltà uditive normali ovvero da consumatori anziani o stranieri. Lo stesso varrebbe per le lettere «s» e «z».

46      Inoltre, la ricorrente addebita alla commissione di ricorso di aver concluso in maniera arbitraria che la pronuncia dei fonemi «yn» e «in» è diversa. Essa fa osservare come la combinazione «yn» sia poco nota nella lingua francese, nella quale la lettera «y» è assimilata, dal punto di vista fonetico, alla lettera «i», sicché il pubblico, ad esclusione della minoranza che conosce la lingua inglese o le regole fonetiche menzionate dall’UAMI, pronuncerebbe istintivamente «yn» come «in». Pertanto, le sole differenze di «pressione d’aria» tra le lettere «c» e «g» e le lettere «z» e «s», ed eventualmente quelle di pronuncia tra «yn» e «in», non inciderebbero in alcun modo sulle somiglianze fonetiche complessive tra i due marchi.

47      Infine, la ricorrente afferma che il raffronto complessivo deve tener conto del fatto che le percezioni visive e auditive non possono essere esaminate isolatamente l’una dall’altra, in quanto la mente umana, per pronunciare una parola, e soprattutto una parola arbitraria, si sforzerà di visualizzarla mentalmente, e che lo stesso vale per il contrario. Pertanto, la loro grande somiglianza fonetica porterebbe ad una memorizzazione visiva, e dunque ad una riproduzione assai simile allo scritto dei due marchi, da parte del consumatore che non li abbia simultaneamente dinanzi a sé. Allo stesso modo, una forte somiglianza visiva porterebbe ad una pronuncia simile allorché il consumatore fa appello alla propria memoria visiva.

48      In conclusione, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso avrebbe dovuto constatare che le somiglianze tra i due segni prevalevano sulle differenze e che, malgrado le differenti indicazioni terapeutiche, i prodotti dovevano essere considerati similari.

49      In primo luogo, l’UAMI afferma di condividere l’opinione della ricorrente e della commissione di ricorso quanto alla determinazione del pubblico destinatario, vale a dire i professionisti del settore sanitario ed il pubblico in generale in Francia.

50      In secondo luogo, l’UAMI analizza la somiglianza dei prodotti. A questo proposito, esso rileva che, conformemente alle direttive in materia di procedimento di opposizione, i prodotti farmaceutici vengono generalmente considerati come aventi forte affinità con gli altri prodotti farmaceutici, sebbene il grado di somiglianza possa essere inferiore nel caso in cui le indicazioni farmaceutiche siano nettamente differenti.

51      Nel caso di specie, i prodotti designati dal marchio anteriore CALSYN per i quali è stata dimostrata l’utilizzazione sarebbero prodotti farmaceutici a base di calcio. Risulterebbe dalle prove dell’uso che il prodotto CALSYN è una soluzione iniettabile a base di calcitonina, venduta unicamente su ricetta medica («Lista II») e somministrata ai pazienti, in particolare, in caso di ipercalcemia (deficienze di calcio e decalcificazione progressiva delle ossa) e per trattare malattie che aggrediscono le ossa (segnatamente il morbo di Paget, una malattia dello scheletro umano che determina la deformazione delle ossa).

52      I prodotti farmaceutici per il trattamento del morbo di Wilson designati nella domanda di registrazione contestata sarebbero destinati al trattamento di una rara malattia genetica ereditaria che provoca un’accumulazione di rame nell’organismo. Prodotti di questo tipo verrebbero prescritti dai medici e rilasciati dietro ricetta, tenuto conto delle loro indicazioni terapeutiche assai particolari.

53      In conclusione, l’UAMI afferma che i prodotti in questione sono simili per la loro natura di prodotti farmaceutici, ma in misura ridotta in considerazione delle loro diverse indicazioni terapeutiche. Pertanto, la valutazione della commissione di ricorso in ordine a tale punto sarebbe corretta.

54      In terzo luogo, l’UAMI procede ad un raffronto dei segni sul piano visivo, fonetico e concettuale.

55      Quanto al confronto visivo, l’ufficio suddetto fa osservare come esistano delle somiglianze visive tra i segni in conflitto, posto che essi condividono lo stesso numero di lettere (sei), tre delle quali identiche e collocate nel medesimo ordine e nella medesima posizione («a», «l» e «n»), e che le lettere maiuscole «G» e «C» e le lettere «z» e «s» presentano delle somiglianze. La lettera «y» del marchio anteriore renderebbe tuttavia differenti i segni, come rilevato dalla commissione di ricorso.

56      Sul piano fonetico, l’UAMI fa valere che i due segni sono bisillabici e che le sillabe «cal» e «gal» nonché «zin» e «syn» sono assai simili. Le desinenze «in» e «yn» potrebbero essere indifferentemente pronunciate in francese [in] (come nei termini «sinistre», «sinusite», oppure «synonyme», «synergie») od anche [ë] (come nei termini «sincère», «singe», «lapin», oppure «synthèse», «syndicat»), in quanto la vocale «y» segue le stesse regole della vocale «i». L’UAMI rimette al Tribunale il compito di pronunciarsi sull’analisi fonetica compiuta dalla commissione di ricorso.

57      Per quanto riguarda il raffronto concettuale dei segni, l’UAMI afferma che, come indicato dalla commissione di ricorso, i marchi non rivestono alcun significato per il pubblico pertinente, sicché nessuna conclusione può essere tratta a questo proposito.

58      A motivo delle somiglianze visive e fonetiche riscontrate, l’UAMI conclude affermando la somiglianza complessiva dei segni.

59      In quarto luogo, l’UAMI procede ad una valutazione globale del rischio di confusione. A questo proposito, esso fa anzitutto riferimento alla giurisprudenza secondo cui un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi, e viceversa. Secondo l’UAMI, ai fini della valutazione del rischio di confusione si presume che il consumatore medio da prendere in considerazione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Tuttavia, occorrerebbe prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare a seconda della categoria di prodotti o di servizi in questione.

60      Inoltre, l’UAMI sostiene che, per regola generale, il consumatore medio è più attento rispetto ai prodotti farmaceutici soggetti a prescrizione medica che a quelli in vendita libera, e che la sua attenzione dipende anche dall’indicazione terapeutica del prodotto. Nel caso di specie, l’UAMI fa valere che i prodotti farmaceutici in questione sono soggetti a prescrizione, sicché si può concordare con la commissione di ricorso sul fatto che il grado di attenzione dei consumatori è piuttosto elevato.

61      In conclusione, l’UAMI affida al Tribunale il compito di valutare se la somiglianza dei segni e dei prodotti sia idonea a determinare un rischio di confusione per i consumatori in Francia.

 Giudizio del Tribunale

62      Ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione «se a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore». Inoltre, ai sensi dell’art. 8, n. 2, lett. a), sub ii), del detto regolamento, per marchi anteriori si intendono i marchi registrati in uno Stato membro la cui data di deposito sia antecedente a quella della domanda di registrazione di marchio comunitario.

63      Il rischio di confusione per il pubblico – definibile come il rischio che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate – deve essere valutato globalmente, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie [sentenze della Corte 29 settembre 1998, causa C‑39/97, Canon, Racc. pag. I‑5507, punti 16 e 29, e 22 giugno 1999, causa C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I‑3819, punti 17 e 18; sentenza del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T‑104/01, Oberhauser/UAMI – Petit Liberto (Fifties),Racc. pag. II‑4359, punti 25 e 26].

64      Questa valutazione globale implica una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in considerazione e, in particolare, tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Pertanto, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi, e viceversa (sentenze citate Canon, punto 17, Lloyd Schuhfabrik Meyer, punto 19, e Fifties, punto 27).

65      Nel caso di specie, il marchio anteriore è registrato in Francia. Pertanto, ai fini dell’applicazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, occorre fare riferimento alla percezione del pubblico francese.

66      Inoltre, considerato che i prodotti in questione sono prodotti farmaceutici, il pubblico pertinente è costituito, da un lato, dai professionisti del settore medico e, dall’altro, dai pazienti in quanto consumatori finali [sentenze del Tribunale 22 settembre 2005, causa T‑130/03, Alcon/UAMI – Biofarma (TRAVATAN), Racc. pag. I‑3859, punto 49, e 17 novembre 2005, causa T‑154/03, Biofarma/UAMI – Bauch & Lomb Pharmaceuticals (ALREX),Racc. pag. I‑4743, punto 46].

67      A questo proposito, occorre respingere le allegazioni della ricorrente secondo cui la commissione di ricorso avrebbe omesso di definire il pubblico interessato. Infatti, risulta chiaramente dal punto 10 della decisione impugnata che la commissione di ricorso ha affermato, dopo aver fatto riferimento al consumatore francese, che il pubblico comprendeva «al contempo i consumatori di medicinali ed i professionisti del settore medico». Il Tribunale ritiene dunque che la commissione di ricorso abbia correttamente definito il pubblico pertinente.

68      Quanto alla somiglianza dei prodotti in questione, occorre tener conto di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano il rapporto tra i prodotti. Tali fattori comprendono, in particolare, la natura dei prodotti, la loro destinazione, la loro utilizzazione nonché il loro carattere concorrente o complementare (sentenza Canon, cit., punto 23).

69      Nel caso di specie, occorre rilevare come la commissione di ricorso abbia affermato, in sostanza, che i prodotti in conflitto erano entrambi prodotti farmaceutici, e dunque simili tra loro, laddove la differenza tra essi consisteva nelle loro diverse indicazioni terapeutiche. Orbene, ciò è quanto ammette anche la ricorrente sostenendo, da un lato, che i prodotti farmaceutici dovrebbero a priori essere considerati simili e, dall’altro, che i prodotti in questione sono concepiti per patologie differenti. Risulta dagli scritti difensivi della ricorrente che quest’ultima contesta la valutazione compiuta dalla commissione di ricorso soltanto per quanto riguarda il grado di somiglianza esistente.

70      Al riguardo, è sufficiente rilevare che i prodotti in questione sono di uguale natura (prodotti farmaceutici), hanno la stessa finalità ovvero la stessa destinazione (trattamento di problemi della salute umana), si rivolgono agli stessi consumatori (professionisti del settore medico e pazienti), utilizzano i medesimi canali di distribuzione (di norma, le farmacie) e presentano un carattere potenzialmente complementare. Per contro, essi si differenziano per le loro diverse indicazioni terapeutiche.

71      Stanti tali premesse, occorre affermare che gli elementi di somiglianza tra i prodotti prevalgono sugli elementi di diversità, e concludere che esiste, come giustamente rilevato dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata, un certo grado di somiglianza tra i prodotti in questione.

72      Quanto alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, la valutazione globale del rischio di confusione deve essere basata sull’impressione d’insieme da essi prodotta, tenuto conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti [v. sentenza del Tribunale 14 ottobre 2003, causa T‑292/01, Phillips‑Van Heusen/UAMI – Pash Textilvertrieb und Einzelhandel (BASS),Racc. pag. II‑4335, punto 47, e la giurisprudenza ivi citata].

73      Quanto, anzitutto, al raffronto concettuale, occorre rilevare che la commissione di ricorso ha reputato che i marchi in conflitto fossero privi di significato per il consumatore medio e che tale constatazione non venisse rimessa in discussione dalla ricorrente. A questo proposito, il Tribunale reputa corretta l’analisi compiuta dalla commissione di ricorso, posto che i segni in conflitto non possiedono alcun significato.

74      Sul piano visivo, poi, il Tribunale rileva che i due segni sono puramente denominativi e condividono lo stesso numero di lettere (sei), tre delle quali identiche e collocate nel medesimo ordine e nella medesima posizione («a», «l» e «n»). Il Tribunale ritiene altresì che le lettere maiuscole «G» e «C» presentino delle somiglianze, cosicché non è certo che la prima lettera di ciascuno dei segni possa attirare lo sguardo del consumatore. Inoltre, contrariamente a quanto ritenuto dalla commissione di ricorso, il Tribunale constata che anche le lettere «z» e «s» presentano delle somiglianze. Vero è che, come affermato dalla commissione di ricorso, la lettera «y» del marchio anteriore attira l’attenzione per il fatto che si tratta di una lettera poco usuale nella lingua francese. Tuttavia, tale particolarità non consente, da sola, di differenziare significativamente i due segni. Da ciò il Tribunale conclude che i due segni sono complessivamente simili sul piano visivo.

75      Infine, per quanto riguarda la comparazione fonetica, il Tribunale rileva che i due segni sono bisillabici e che le prime sillabe «cal» e «gal» dei due segni vengono pronunciate in modo simile, posto che il suono delle consonanti «c» e «g» presenta grosse affinità. Inoltre, contrariamente alle affermazioni della commissione di ricorso, il Tribunale rileva che, in francese, i fonemi «yn» e «in» vengono molto spesso pronunciati in modo uguale. Pertanto, il Tribunale ritiene che la commissione di ricorso abbia commesso un errore di valutazione laddove ha concluso che i segni in conflitto differivano sul piano fonetico.

76      Alla luce di quanto precede, il Tribunale ritiene che i due segni siano complessivamente simili e, di conseguenza, che la commissione di ricorso abbia commesso un errore di valutazione laddove ha affermato che i segni in conflitto erano differenti, in particolare sul piano fonetico.

77      Per quanto riguarda la valutazione globale del rischio di confusione, il Tribunale osserva che la commissione di ricorso ha ritenuto che, sebbene esistesse un certo grado di somiglianza tra i prodotti e tra i marchi, questo fosse insufficiente per determinare un rischio di confusione tra i prodotti messi in vendita sotto ciascuno di tali marchi. Per giungere a tale conclusione, la commissione di ricorso ha in particolare ritenuto che, considerata la natura dei prodotti, il pubblico comprendente allo stesso tempo i consumatori di medicinali ed i professionisti del settore medico avrebbe prestato una particolare attenzione ai segni identificativi dei prodotti.

78      A questo proposito, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, ai fini di questa valutazione globale si presume che il consumatore medio della categoria di prodotti in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Secondo questa stessa giurisprudenza, occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi (sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 26).

79      Il Tribunale ritiene che il livello di attenzione del consumatore medio di prodotti farmaceutici debba essere accertato caso per caso, sulla base delle circostanze emergenti dal fascicolo e segnatamente delle indicazioni terapeutiche dei prodotti in questione. Allo stesso modo, il Tribunale ritiene che, nel caso di medicinali assoggettati a prescrizione medica quali quelli esaminati nel caso di specie, tale livello di attenzione sarà generalmente più elevato, posto che essi vengono prescritti da un medico e successivamente verificati da un farmacista che li rilascia ai consumatori.

80      Tuttavia, il fatto che il pubblico pertinente sia composto di persone il cui grado di attenzione può essere considerato elevato non è sufficiente, alla luce della somiglianza esistente tra i prodotti e i segni in conflitto, per escludere che detto pubblico possa credere che tali prodotti provengano dalla stessa impresa o eventualmente da imprese economicamente collegate. Il Tribunale rileva che la conclusione relativa all’assenza di un rischio di confusione, cui è giunta la commissione di ricorso, era fondata su una premessa erronea, vale a dire quella secondo cui i segni presentavano differenze significative, in particolare da un punto di vista fonetico, e che tali differenze erano idonee a compensare il grado di somiglianza esistente tra i prodotti. Orbene, tale valutazione non può essere condivisa, posto che, come illustrato supra ai punti 74 e 75, i segni in conflitto presentano forti somiglianze visive e fonetiche.

81      Stanti tali premesse, il Tribunale ritiene, contrariamente alla soluzione adottata nella decisione impugnata, che, dal punto di vista dell’impressione globale, alla luce della somiglianza dei prodotti in questione e delle somiglianze visive e fonetiche tra i due marchi, le differenze risultanti tra questi ultimi non siano sufficienti per escludere l’esistenza di un rischio di confusione nella percezione del pubblico pertinente.

82      Dall’insieme delle considerazioni che precedono consegue che il secondo motivo della ricorrente, inteso a far constatare una violazione, da parte della commissione di ricorso, dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, deve essere accolto. Di conseguenza, occorre annullare la decisione impugnata.

 Sulle spese

83      Ai termini dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Vista la sua soccombenza, in ragione dell’annullamento della decisione impugnata, l’UAMI va condannato alla rifusione delle spese sostenute dalla ricorrente, in conformità della domanda presentata da quest’ultima.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della quarta commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) 7 settembre 2004 (procedimento R 295/2003‑4) è annullata.

2)      L’UAMI sopporterà le proprie spese, nonché quelle sostenute dalla ricorrente.

Vilaras

Martins Ribeiro

Jürimäe

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 17 ottobre 2006.

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon

 

      M. Vilaras


* Lingua processuale: il francese.