Language of document : ECLI:EU:T:2006:75

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

15 marzo 2006 (*)

«Concorrenza – Intese nel settore dei prodotti vitaminici – Orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende – Fissazione dell’importo di base dell’ammenda – Circostanze attenuanti – Comunicazione sulla cooperazione»

Nella causa T-26/02,

Daiichi Pharmaceutical Co. Ltd, con sede in Tokyo (Giappone), rappresentata dagli avv.ti J. Buhart e P.-M. Louis,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. R. Wainwright e dalla sig.ra L. Pignataro-Nolin, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento o di riduzione dell’ammenda comminata alla ricorrente dall’art. 3, lett. f), della decisione della Commissione 21 novembre 2001, 2003/2/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 del Trattato CE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (Caso COMP/E-1/37.512 – Vitamine) (GU 2003, L 6, pag. 1),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),

composto dal sig. H. Legal, presidente, dal sig. P. Mengozzi e dalla sig.ra I. Wiszniewska-Białecka, giudici,

cancelliere: sig. I. Natsinas, amministratore,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 23 febbraio 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti all’origine della controversia

1        Con decisione 21 novembre 2001, 2003/2/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 del Trattato CE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/E-1/37.512 – Vitamine) (GU 2003, L 6, pag. 1; in prosieguo: la «Decisione»), la Commissione ha constatato, all’art. 1, che varie imprese avevano violato l’art. 81, n. 1, CE e l’art. 53, n. 1, dell’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) partecipando ad una serie di intese distinte che interessavano dodici differenti mercati di prodotti vitaminici, più precisamente quelli delle vitamine A, E, B 1, B 2, B 5 e B 6, dell’acido folico, delle vitamine C, D 3, H, del betacarotene e dei carotenoidi. In particolare, risulta dal punto 2 della Decisione che, nel contesto di tali intese, le imprese interessate avrebbero fissato i prezzi di diversi prodotti, assegnato quote di vendita, concordato ed applicato aumenti di prezzi, annunciato gli aumenti di prezzo in conformità dei loro accordi, venduto i prodotti ai prezzi concordati, creato un sistema per controllare e far rispettare gli accordi, nonché partecipato ad una serie di incontri regolari al fine dell’attuazione dei loro piani.

2        Tra tali imprese figura, in particolare, l’impresa giapponese Daiichi Pharmaceutical Co. Ltd (in prosieguo: la «Daiichi» o la «ricorrente»), che è stata ritenuta responsabile di infrazioni relative ai mercati comunitari e del SEE delle vitamine B 5 e B 6 [art. 1, n. 1, lett. g), della Decisione].

3        All’art. 1, n. 2, lett. f), della Decisione la Commissione ha constatato che le infrazioni alle quali avrebbe partecipato la Daiichi si erano protratte, rispettivamente, dal settembre 1991 al febbraio 1999 e dal gennaio 1991 al giugno 1994.

4        All’art. 2 della Decisione si ordina alle imprese considerate responsabili delle infrazioni constatate di porvi immediatamente fine qualora non vi abbiano ancora provveduto e di astenersi dal ripetere in futuro gli atti o le condotte illecite quali quelli constatati e dall’adottare qualsiasi misura con oggetto o effetto identico o equivalente.

5        La Commissione ha inflitto ammende per le infrazioni constatate nei mercati delle vitamine A, E, B 2, B 5, C, D 3, del betacarotene e dei carotenoidi, mentre non ha inflitto ammende per le infrazioni constatate nei mercati delle vitamine B 1, B 6, H e dell’acido folico (art. 3 della Decisione).

6        Risulta, infatti, dai punti 645‑649 della Decisione che le infrazioni constatate in questi ultimi mercati erano cessate più di cinque anni prima che la Commissione avviasse le sue indagini e che, conseguentemente, l’art. 1 del regolamento (CEE) del Consiglio 26 novembre 1974, n. 2988, relativo alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel settore del diritto dei trasporti e della concorrenza della Comunità economica europea (GU L 319, pag. 1), era applicabile a tali infrazioni.

7        Pertanto, alla Daiichi, in particolare, non sono state inflitte ammende in ragione della sua partecipazione all’infrazione relativa alla vitamina B 6.

8        Alla Daiichi, invece, così come alle altre due imprese ritenute responsabili dell’infrazione relativa alla vitamina B 5 (acido pantotenico, chiamato anche «Calpan»), vale a dire la F. Hoffmann‑La Roche AG (in prosieguo: la «Roche») e la BASF AG, è stata comminata un’ammenda per la sua partecipazione a tale infrazione [art. 3, lett. f), della Decisione].

9        L’ammontare di tale ammenda è stato fissato dalla Commissione in applicazione dei suoi orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti») e della sua comunicazione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione»).

10      Ai punti 657 e 658 della Decisione la Commissione ha enunciato i criteri generali sulla cui base ha proceduto alla determinazione dell’importo delle ammende, precisando di dover tenere conto di tutte le circostanze del caso di specie, in particolare della gravità e della durata dell’infrazione – che sono i due criteri esplicitamente menzionati all’art. 15, n. 2, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, n. 13, pag. 204) –, di dover valutare singolarmente il ruolo svolto da ciascuna impresa responsabile delle infrazioni, di dover tenere conto in particolare, ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda, delle eventuali circostanze aggravanti o attenuanti e di dover applicare, se del caso, la comunicazione sulla cooperazione.

11      In relazione alla gravità delle infrazioni, la Commissione ha ritenuto, tenendo conto della natura delle infrazioni in esame, del loro impatto sui singoli mercati di prodotti vitaminici considerati e del fatto che ciascuna di esse riguardava l’intero mercato comune e, dopo la sua istituzione, la totalità del SEE, che le imprese interessate dalla Decisione avessero commesso violazioni molto gravi dell’art. 81, n. 1, CE e dell’art. 53, n. 1, dell’accordo SEE, per ciascuna delle quali l’ammenda avrebbe dovuto essere di almeno EUR 20 milioni (punti 662‑674 della Decisione).

12      Per determinare l’importo di base delle ammende, la Commissione, dopo aver precisato di tenere in considerazione la dimensione di ciascun mercato delle vitamine interessato, ha ricordato che, «[n]ell’ambito delle infrazioni molto gravi, la scala proposta per le possibili ammende consente di trattare in maniera differenziata le imprese, in modo da tenere conto dell’effettiva capacità economica dei colpevoli di pregiudicare sensibilmente la concorrenza, e da fissare l’ammenda ad un livello che ne garantisca una sufficiente efficacia deterrente». Essa ha osservato che «ciò è particolarmente necessario qualora, come nel caso in esame, esistano notevoli differenze tra le dimensioni delle imprese che partecipano all’infrazione». Ha poi aggiunto che, «[n]elle circostanze del caso di specie, che coinvolge varie imprese, per fissare l’importo di base dell’ammenda occorre tenere conto del peso specifico e quindi dell’impatto sulla concorrenza del comportamento illecito di ciascuna impresa» (punti 675, 678 e 679 della Decisione).

13      A tal fine, la Commissione ha ritenuto di poter dividere le imprese interessate in gruppi «in funzione della loro importanza relativa in ciascuno dei mercati dei prodotti vitaminici considerati», pur aggiungendo che «[l]a collocazione di un’impresa in un determinato gruppo è soggetta a correttivi, ove necessario, per tenere conto di altri fattori e in particolare dell’esigenza di garantire una reale efficacia deterrente». Per valutare l’importanza relativa delle diverse imprese in ciascuno dei mercati di prodotti vitaminici considerati, la Commissione ha ritenuto opportuno basarsi sul loro rispettivo volume d’affari mondiale per ciascun prodotto interessato. La Commissione ha sottolineato, infatti, che «tutti i cartelli erano di natura globale, e tutti avevano lo scopo, tra l’altro, di ripartire il mercato mondiale, e di eliminare pertanto la concorrenza dal mercato del SEE» e che «il volume d’affari mondiale di un membro di un determinato cartello fornisce anche un’indicazione del suo contributo all’efficacia del cartello nel suo complesso o, inversamente, dell’instabilità che lo avrebbe minato qualora detto membro non vi avesse preso parte». La Commissione ha altresì dichiarato di essersi basata, per identificare tale volume d’affari, sull’«ultimo anno civile dell’infrazione» (punti 680 e 681 della Decisione).

14      Così, la Commissione ha rilevato, per quanto riguarda l’infrazione relativa alla vitamina B 5, che «Roche e Daiichi erano i due principali produttori di vitamina B 5 sul mercato mondiale» e le ha pertanto collocate in una prima categoria, mentre la BASF, «che deteneva quote minori del mercato mondiale (quasi la metà di quelle di Roche)», è stata inserita in una seconda categoria. L’importo di base dell’ammenda per la detta infrazione, «tenuto conto delle categorie individuate applicando il criterio dell’importanza relativa di un’impresa nel mercato di cui trattasi», è stato quindi fissato ad EUR 20 milioni per la Roche e per la Daiichi e ad EUR 14 milioni per la BASF (punti 689 e 690 della Decisione).

15      Al fine di garantire che l’ammenda avesse una sufficiente efficacia dissuasiva, la Commissione ha aumentato del 100% l’importo di base dell’ammenda calcolato per la Roche e per la BASF, in considerazione delle loro dimensioni e delle loro risorse complessive (punti 697-699 della Decisione).

16      A titolo della durata dell’infrazione, la Commissione, precisando che la Roche, la Daiichi e la BASF avevano commesso un’infrazione per un periodo prolungato, nel caso di specie di otto anni, ha applicato, per ciascuna di esse, un aumento dell’80% dell’importo risultante dalle operazioni indicate ai due punti precedenti. L’importo di base dell’ammenda inflitta alla ricorrente ha così raggiunto gli EUR 36 milioni (punti 706 e 711 della Decisione).

17      Mentre alla Roche e alla BASF è stata applicata una circostanza aggravante relativa al ruolo di leader e di istigatori in particolare nell’ambito dell’infrazione relativa alla vitamina B 5, di modo che l’importo di base della loro ammenda è stato aumentato rispettivamente del 50% e del 35% (punti 712-718 della Decisione), la Commissione non ha preso in considerazione nessuna circostanza aggravante o attenuante nei confronti della ricorrente.

18      Quest’ultima, nel procedimento amministrativo, ha chiesto di poter beneficiare di una circostanza attenuante, per il fatto di non essersi sempre conformata ai prezzi e ai volumi concordati, di modo che l’impatto degli accordi sul mercato ne sarebbe stato limitato. La Commissione, ai punti 728 e 729 della Decisione, ha respinto tale richiesta della ricorrente per le ragioni seguenti:

«(728) La Commissione osserva che l’attuazione di accordi su prezzi obiettivo non richiede necessariamente che tali prezzi vengano applicati con precisione. Gli accordi possono considerarsi attuati quando le parti fissano i loro prezzi per modificarli in direzione dell’obiettivo concordato. Ciò è quanto avvenuto nel caso dei cartelli riguardanti i mercati delle vitamine C e B 5. La circostanza che un’impresa, la cui partecipazione ad una concertazione in materia di prezzi con i suoi concorrenti sia dimostrata, non abbia adeguato il proprio comportamento sul mercato a quello concordato con i concorrenti stessi non costituisce necessariamente un elemento da prendere in considerazione alla stregua di una circostanza attenuante in sede di determinazione dell’importo dell’ammenda da infliggere. Infatti, un’impresa che persegua, nonostante la concertazione con i suoi concorrenti, una politica più o meno indipendente sul mercato può semplicemente cercare di avvalersi dell’intesa a proprio vantaggio [Sentenza del Tribunale di primo grado del 28 febbraio 2002, causa T‑308/94, Cascades SA/Commissione, Racc. 1998, pag. II‑925, punto 230].

(729) In relazione all’attuazione degli accordi sui quantitativi, è chiaro che i membri dei cartelli consideravano i quantitativi loro assegnati come quantitativi minimi. Fino a che ciascuna parte è riuscita a vendere almeno i quantitativi assegnati, l’accordo è stato rispettato. Così è avvenuto nel caso dei cartelli relativi ai mercati delle vitamine C e B 5».

19      Infine, per quanto riguarda l’applicazione della comunicazione sulla cooperazione, la Commissione ha considerato che la Roche e la BASF, mediante il materiale messo a disposizione dei suoi servizi tra il 2 giugno e il 30 luglio 1999, erano state le prime a fornirle la prova decisiva dell’esistenza di accordi di cartello relativi in particolare alla vitamina B 5, impedendo così alla ricorrente di soddisfare la condizione prevista alla sezione B, lett. b), della comunicazione sulla cooperazione. Tuttavia, la Roche e la BASF, avendo agito come istigatori o avendo comunque svolto un ruolo determinante nelle attività illecite relative in particolare alla vitamina B 5, secondo la Commissione non soddisfacevano la condizione prevista dalla sezione B, lett. e), della comunicazione sulla cooperazione. Nessuna delle tre imprese interessate dagli accordi relativi alla vitamina B 5, pertanto, ha beneficiato di una riduzione delle ammende sulla base delle sezioni B o C di detta comunicazione (punti 743-745 della Decisione).

20      Ciascuna di esse ha però beneficiato di una riduzione dell’ammenda ai sensi della sezione D della comunicazione sulla cooperazione. Infatti, la Commissione ha rilevato che otto imprese destinatarie della Decisione – tra cui la Roche, la BASF e la Daiichi – «[avevano] collaborato con la Commissione prima che fosse emessa la comunicazione degli addebiti, [avevano] contribuito materialmente ad accertare l’esistenza delle infrazioni alle quali [avevano] partecipato e in sostanza non [avevano] contestato i fatti su cui la Commissione ha fondato le sue conclusioni» (punto 754 della Decisione).

21      In particolare, la Commissione ha rilevato che la Roche e la BASF, avendo fornito prove dettagliate in merito all’organizzazione e alla struttura degli accordi di cartello relativi in particolare al mercato della vitamina B 5, hanno contribuito in maniera determinante a dimostrare o confermare aspetti essenziali di tale infrazione. La Commissione ha pertanto concluso che la Roche e la BASF soddisfacevano le condizioni previste alla sezione D, n. 2, primo trattino, della comunicazione sulla cooperazione e ha accordato loro una riduzione del 50% dell’importo dell’ammenda che sarebbe stata loro comminata in mancanza di cooperazione con la Commissione (punti 747, 748, 760 e 761 della Decisione).

22      Per quanto riguarda la ricorrente, la Commissione ha rilevato che, con una dichiarazione datata 9 luglio 1999, essa le ha fornito dettagli circa l’organizzazione e la struttura del cartello relativo alla vitamina B 5 che hanno contribuito in modo sostanziale a dimostrare o confermare aspetti importanti dell’infrazione. Così, la Commissione ha concluso che la ricorrente soddisfaceva le condizioni stabilite alla sezione D, n. 2, primo trattino, della comunicazione sulla cooperazione e le ha concesso una riduzione del 35% dell’ammenda che le sarebbe stata inflitta qualora non avesse cooperato con la Commissione (punti 749, 750 e 764 della Decisione).

23      Pertanto, le ammende comminate all’art. 3 della Decisione per l’infrazione relativa alla vitamina B 5 sono state fissate come segue:

–        Roche: EUR 54 milioni;

–        BASF: EUR 34,02 milioni;

–        Daiichi: EUR 23,4 milioni.

 Procedimento e conclusioni delle parti

24      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 febbraio 2002, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

25      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di avviare la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’art. 64 del regolamento di procedura del Tribunale, ha sottoposto taluni quesiti scritti alle parti, che hanno risposto entro il termine assegnato.

26      Le parti hanno svolto le loro difese orali e risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza che ha avuto luogo il 23 febbraio 2005.

27      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare l’art. 3, lett. f), della Decisione;

–        in subordine, ridurre sostanzialmente l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente;

–        condannare la convenuta alle spese.

28      La convenuta chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

29      La ricorrente non contesta né i fatti rilevati nei suoi confronti nella Decisione né la conclusione della Commissione secondo cui tali fatti costituiscono violazioni degli artt. 81, n. 1, CE e 53, n. 1, dell’accordo SEE. Essa precisa che il suo ricorso è diretto in via principale ad ottenere l’annullamento integrale dell’art. 3, lett. f), della Decisione, in quanto la Commissione avrebbe dovuto esentarla totalmente ai sensi della sezione B della comunicazione sulla cooperazione e in quanto la determinazione da parte della Commissione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente è viziata da molti errori. In subordine, essa fa valere che tali errori giustificano almeno il fatto che il Tribunale, nell’esercizio della sua competenza giurisdizionale anche di merito, effettui una riduzione sostanziale dell’importo dell’ammenda inflitta.

30      A sostegno delle sue affermazioni la ricorrente deduce tre motivi. Con il primo motivo essa sostiene che la fissazione ad EUR 20 milioni dell’importo di base dell’ammenda che le è stata inflitta è inficiata da errori manifesti di valutazione, da un’«applicazione erronea del diritto ai fatti», da una violazione degli orientamenti, da una violazione del principio di parità di trattamento nonché da una violazione del principio di proporzionalità. Con il secondo motivo essa fa valere che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione, ha «applicato erroneamente il diritto ai fatti» ed ha violato gli orientamenti rifiutando di riconoscerle una circostanza attenuante a titolo dell’esecuzione solo parziale della sua parte degli accordi collusivi relativi alla vitamina B 5. Con il terzo motivo essa adduce errori manifesti di valutazione, un’«applicazione erronea del diritto ai fatti», una violazione della comunicazione sulla cooperazione ed una violazione del principio della parità di trattamento in sede della valutazione, da parte della Commissione, della sua cooperazione nel corso del procedimento amministrativo.

1.     Sul primo motivo, vertente sulla fissazione dell’importo di base dell’ammenda

 Argomenti delle parti

31      Il presente motivo verte sulla fissazione ad EUR 20 milioni dell’importo di base dell’ammenda inflitta alla ricorrente (v. punti 12-14 supra) ed è suddiviso in tre parti.

32      Con la prima parte la ricorrente fa valere che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione, ha «applicato erroneamente il diritto ai fatti» e ha violato gli orientamenti avendo omesso di inserire la ricorrente in una terza categoria, dopo la Roche e la BASF, nel determinare l’importo di base dell’ammenda in funzione della gravità.

33      La ricorrente ricorda in particolare che, ai sensi degli orientamenti (punto 1 A, quarto comma), per valutare la gravità dell’infrazione è «necessario valutare in che misura gli autori dell’infrazione abbiano l’effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori».

34      A tale proposito la ricorrente contesta alla Commissione di aver stabilito per la ricorrente stessa il medesimo importo di base indicato per la Roche, più elevato di quello fissato per la BASF, senza aver preso in considerazione il fatto, di cui l’istituzione era peraltro a conoscenza, che la Roche e la BASF erano entrambe in grado di arrecare alla concorrenza un danno molto più significativo rispetto alla ricorrente.

35      Infatti, da un lato, dal punto 592 della Decisione stessa risulterebbe che la Roche e la BASF, in quanto produttori di «premiscele» (un prodotto a valle destinato ad essere utilizzato nella produzione di mangimi e le cui vitamine costituiscono una componente essenziale) nonché in quanto fornitori di vitamine ad altre imprese produttrici di premiscele, erano in grado di comprimere i margini dei loro clienti produttori di premiscele e di arrecare un danno, effettivo o potenziale, all’attività di questi ultimi aumentando il prezzo delle vitamine che esse vendevano ai detti clienti. Dall’altro, la BASF e soprattutto la Roche, in quanto produttori di tutta la gamma delle vitamine, erano in grado di minacciare i produttori di una sola vitamina di escluderli dal mercato, riducendo il prezzo di tale vitamina ad un livello predatore, e di sovvenzionare la differenza con il prezzo delle altre vitamine. Dal punto 716 della Decisione risulterebbe che la capacità complessiva della Roche e della BASF di attuare e mantenere gli accordi anticoncorrenziali era rafforzata in misura rilevante in ragione dell’ampia gamma di prodotti, che costituivano mercati diversi ma strettamente connessi, di cui esse disponevano. Orbene, la ricorrente, la quale non disponeva dell’integrazione verticale e del portafoglio di vitamine della Roche e della BASF, avrebbe dovuto essere collocata dalla Commissione in una terza categoria, dopo queste due imprese, e le avrebbe dovuto essere assegnato un importo di base dell’ammenda inferiore a quelli fissati per queste ultime.

36      Con la seconda parte, formulata in subordine, la ricorrente fa valere che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione, ha «applicato erroneamente il diritto ai fatti» e ha violato il principio di parità di trattamento, non avendo collocato la ricorrente nella seconda categoria con la BASF nel determinare l’importo di base dell’ammenda in funzione della gravità.

37      A tale proposito, la ricorrente ricorda che, al punto 680 della Decisione, la Commissione ha collocato le imprese interessate in categorie diverse sulla base di un confronto dei fatturati mondiali per il prodotto in questione durante l’ultimo anno dell’infrazione, vale a dire, per la vitamina B 5, il 1998.

38      Orbene, in primo luogo, da un mero confronto dei fatturati mondiali e delle quote di mercato a livello mondiale nel 1998 della Roche, della BASF e della ricorrente per tale vitamina risulterebbe che la Daiichi avrebbe dovuto essere collocata nella stessa categoria della BASF e che la Commissione ha pertanto commesso un errore manifesto di valutazione.

39      Infatti, da un lato, la ricorrente sottolinea che, secondo la tabella relativa alla vitamina B 5 riportata al punto 123 della Decisione, i rispettivi fatturati mondiali dei produttori di tale vitamina nel 1998 erano i seguenti: Roche EUR 57 milioni, Daiichi EUR 43 milioni, BASF EUR 34 milioni e altri EUR 32 milioni. Essa sottolinea che il suo fatturato per la vitamina B 5 era inferiore di EUR 14 milioni rispetto a quello della Roche ed era superiore a quello della BASF di soli EUR 9 milioni, per cui il fatturato della Roche era superiore del 33% a quello della ricorrente ed il fatturato della BASF era inferiore del 21% a quello della ricorrente.

40      Dall’altro, la ricorrente precisa che le quote di mercato a livello mondiale per il 1998, calcolate sulla base dei fatturati riportati al punto precedente, erano le seguenti: Roche 34,3%, Daiichi 25,9%, BASF 20,5% e altre 19,3%. Essa mette così in evidenza che, nel 1998, la sua quota di mercato mondiale era inferiore a quella della Roche di 8,4 punti percentuali e superiore a quella della BASF di appena 5,4 punti percentuali.

41      La ricorrente aggiunge inoltre che, anche facendo ricorso ad altri criteri, quali i fatturati per il SEE nel 1998, le quote di mercato nel SEE nel 1998 o le quote di mercato nel SEE per il periodo dell’infrazione 1991-1998, si giungerebbe necessariamente alla conclusione che essa non avrebbe dovuto essere inserita nella stessa categoria della Roche, ma piuttosto in quella della BASF. Solo utilizzando le quote di mercato a livello mondiale per il periodo dell’infrazione 1991-1998 la posizione della ricorrente sarebbe più vicina, di un solo punto percentuale, a quella della Roche rispetto a quella della BASF.

42      Tenuto conto della vicinanza relativa dei fatturati e delle quote di mercato della ricorrente e della BASF, l’importo di base per l’ammenda inflitta alla ricorrente non avrebbe dovuto essere superiore ad EUR 14 milioni.

43      In secondo luogo, secondo la ricorrente, la Decisione viola il principio di parità di trattamento, da un lato, poiché simultaneamente tratta situazioni diverse (quella della ricorrente e quella della Roche) nella stessa maniera e situazioni analoghe (quella della ricorrente e quella della BASF) in maniera diversa, senza alcuna giustificazione oggettiva possibile e, dall’altro, poiché la ricorrente è stata inserita nella prima categoria dell’intesa relativa alla vitamina B 5 (con un importo di base dell’ammenda pari ad EUR 20 milioni) mentre, per fatti essenzialmente analoghi, la BASF è stata inserita nella seconda categoria dell’intesa relativa alla vitamina B 2 (con un importo di base dell’ammenda pari ad EUR 10 milioni).

44      A tale proposito, la ricorrente mette in evidenza il fatto che il suo fatturato e la sua quota di mercato a livello mondiale della vitamina B 5 nel 1998 erano inferiori al fatturato e alla quota di mercato della BASF nel mercato mondiale della vitamina B 2 preso in considerazione nella Decisione ai fini della ripartizione in categorie dei membri dell’intesa relativa a quest’ultima vitamina. D’altra parte, essa indica che, anche volendosi basare sulle quote di mercato mondiali per il prodotto in questione durante tutto il periodo dell’infrazione, ossia su un criterio non utilizzato nella Decisione, alla luce del principio di parità di trattamento essa avrebbe dovuto essere inserita nella seconda categoria dell’infrazione relativa alla vitamina B 5. Infatti, essa sottolinea che la sua quota media di mercato per tale vitamina durante il periodo dell’infrazione (29%) era identica alla quota media della BASF nel mercato della vitamina B 2 durante il periodo interessato dall’infrazione relativa a tale mercato e che sia essa sia la BASF, in tali mercati rispettivi, si trovavano approssimativamente a metà strada tra il primo e il terzo operatore.

45      Con la terza parte, formulata ancora più in subordine, la ricorrente afferma che la Commissione, nel fissare l’importo di base dell’ammenda calcolato in funzione della gravità, ha violato il principio di proporzionalità non avendo inserito la ricorrente in una categoria separata, tra la Roche e la BASF, con un importo di base dell’ammenda situato tra quello della Roche e quello della BASF, ma più vicino a quello della BASF.

46      Essa fa valere che, nella sua decisione 14 ottobre 1998, 1999/210/CE, relativa ad una procedura a norma dell’articolo 85 del Trattato CE (IV/F-3/33.708 – British Sugar Plc, IV/F-3/33.709 – Tate & Lyle Plc, IV/F-3/33.710 – Napier Brown & Company Ltd, IV/F-3/33.711 – James Budgett Sugars Ltd) (GU L 76, pag. 1; in prosieguo: la «decisione British Sugar»), la Commissione non ha esitato a distinguere tre categorie di produttori ai fini della determinazione dell’importo di base dell’ammenda in funzione della gravità. Essa sottolinea, in particolare, che la Tate & Lyle è stata inserita in una seconda categoria, dopo la British Sugar, sebbene le due imprese rappresentassero complessivamente il 90% delle quote di mercato dei due mercati in questione (zucchero industriale e al dettaglio in Gran Bretagna), la British Sugar rappresentasse tra il 51 e il 54% e la Tate & Lyle tra il 38 e il 40%, e le loro rispettive posizioni concorrenziali fossero molto più vicine rispetto alle posizioni detenute dagli altri due operatori del mercato, che possedevano insieme dal 6 all’11% del mercato e che sono stati inseriti in una terza categoria.

47      La convenuta rileva che, classificando la ricorrente nella prima categoria dell’infrazione relativa alla vitamina B 5 insieme alla Roche, essa non ha né commesso errori di valutazione, né violato gli orientamenti, né violato i principi di parità di trattamento e di proporzionalità.

 Giudizio del Tribunale

 Osservazioni preliminari

48      In via preliminare va osservato come dai punti 655-775 della Decisione risulti che le ammende inflitte dalla Commissione per le rilevate infrazioni agli artt. 81, n. 1, CE e 53, n. 1, dell’accordo SEE sono state fissate ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e che la Commissione – sebbene la Decisione non faccia esplicito riferimento agli orientamenti – ha determinato l’importo delle ammende applicando il metodo definito in questi ultimi.

49      Orbene, se è vero che la Commissione dispone di un potere discrezionale nel fissare l’importo di ciascuna ammenda, senza essere tenuta ad applicare una formula matematica precisa (sentenza del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-150/89, Martinelli/Commissione, Racc. pag. II-1165, punto 59), essa non può discostarsi dalle regole che essa stessa si è imposta (v., per analogia, sentenza del Tribunale 17 dicembre 1991, causa T-7/89, Hercules Chemicals/Commissione, Racc. pag. II‑1711, punto 53, confermata a seguito di ricorso con sentenza della Corte 8 luglio 1999, causa C-51/92 P, Hercules Chemicals/Commissione, Racc. pag. I‑4235). Poiché gli orientamenti costituiscono uno strumento destinato a precisare, nel rispetto delle norme di diritto di rango superiore, i criteri che la Commissione intende applicare nell’esercizio del suo potere discrezionale per stabilire le ammende, nel fissare l’importo di queste ultime la Commissione deve effettivamente tener conto dei termini degli orientamenti, in particolare degli elementi ivi indicati in modo imperativo (sentenza del Tribunale 8 luglio 2004, cause riunite T‑67/00, T-68/00, T-71/00 e T-78/00, JFE Engineering e a./Commissione, Racc. pag. II-2501, punto 537).

50      Secondo il metodo definito negli orientamenti, la Commissione adotta come importo di base, per il calcolo delle ammende da infliggere alle imprese interessate, un importo determinato in funzione della gravità dell’infrazione. Per valutare la gravità dell’infrazione occorre prendere in considerazione la natura dell’infrazione, il suo impatto concreto sul mercato quando sia misurabile e l’estensione del mercato geografico rilevante (punto 1 A, primo comma). In tale contesto, le infrazioni sono classificate in tre categorie, vale a dire le «infrazioni poco gravi», per le quali l’importo delle ammende applicabili è compreso tra EUR 1 000 e 1 milione, le «infrazioni gravi», per le quali l’importo delle ammende applicabili è compreso tra EUR 1 milione e 20 milioni, e le «infrazioni molto gravi», per le quali l’importo delle ammende applicabili supera gli EUR 20 milioni (punto 1 A, secondo comma, dal primo al terzo trattino). Nell’ambito di ciascuna di tali categorie, la forbice di sanzioni previste consente, ai sensi degli orientamenti, di differenziare il trattamento da riservare alle imprese in funzione della natura delle infrazioni commesse (punto 1 A, terzo comma). Ai sensi degli orientamenti, è inoltre necessario valutare in che misura gli autori dell’infrazione abbiano l’effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori, e fissare l’ammontare dell’ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo (punto 1 A, quarto comma).

51      Ai sensi degli orientamenti, nell’ambito di ciascuna delle tre categorie di infrazione così definite può essere opportuno ponderare, in certi casi, l’importo determinato, in modo da tenere conto del peso specifico e dunque dell’impatto reale sulla concorrenza del comportamento configurante infrazione di ciascuna impresa, in particolare qualora esista una disparità considerevole nella dimensione delle imprese che commettono il medesimo tipo di infrazione, e adattare conseguentemente l’importo di base secondo le caratteristiche specifiche di ciascuna impresa (punto 1 A, sesto comma).

52      Nel caso di specie, la ricorrente non contesta né il carattere molto grave dell’infrazione relativa alla vitamina B 5 che le è contestata nella Decisione né le valutazioni su cui la Commissione si è basata per affermare il carattere molto grave di tale infrazione, relative alla natura di quest’ultima, al suo impatto reale sul mercato e all’estensione del mercato geografico rilevante (punti 662-674 della Decisione).

53      Inoltre, la ricorrente non rimette in discussione il criterio, seguito nel caso di specie dalla Commissione (punto 675), che consiste nel prendere in considerazione, ai fini della determinazione dell’importo di base delle ammende, la dimensione di ciascun mercato delle vitamine. Tale criterio si è tradotto essenzialmente nella modulazione, in funzione della dimensione di ciascun mercato interessato, dell’importo di base dell’ammenda associato alla prima categoria di imprese istituita dalla Commissione per ciascuna infrazione.

54      Le critiche sollevate dalla ricorrente con il presente motivo riguardano il trattamento differenziato applicato, ai fini della determinazione degli importi di base individuali, ai membri dell’intesa relativa alla vitamina B 5, ai sensi del punto 1 A, quarto e sesto comma, degli orientamenti.

55      Dai punti 679-681 della Decisione risulta che la Commissione, nel caso di specie, ha applicato il detto trattamento differenziato secondo il metodo della ripartizione delle imprese in categorie, che essa ha adottato come criterio di ripartizione quello dell’importanza relativa delle imprese sul mercato rilevante e che, per applicare il detto criterio, si è servita dei dati costituiti dai fatturati mondiali legati al prodotto in questione.

56      La ricorrente non contesta il principio di una ripartizione dei membri di un’intesa in più categorie e della determinazione di uno stesso importo di base dell’ammenda per i membri appartenenti ad una stessa categoria. Ciò che essa contesta è il modo in cui essa è stata concretamente classificata, vale a dire il fatto di essere stata inserita nella prima categoria insieme alla Roche, mentre la BASF è stata collocata nella seconda categoria. Essa rileva, a titolo principale, che avrebbe dovuto essere classificata in una terza categoria dopo la Roche e la BASF (prima parte), in subordine, che avrebbe dovuto essere classificata nella seconda categoria insieme alla BASF (seconda parte) e, ancora più in subordine, che avrebbe dovuto essere classificata in una categoria intermedia tra la Roche e la BASF (terza parte).

 Sulla prima parte

57      Con la prima parte del presente motivo la ricorrente contesta sostanzialmente alla Commissione di aver commesso un errore manifesto di valutazione e violato il criterio dell’effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, di cui al punto 1 A, quarto comma, degli orientamenti, in sede di ripartizione in categorie dei membri dell’intesa relativa alla vitamina B 5. La Commissione avrebbe omesso di prendere in considerazione due elementi che, secondo la ricorrente, rivestono un’importanza essenziale ai fini del confronto di tale capacità delle tre imprese interessate: da un lato, il fatto che la Roche e la BASF, essendo integrate verticalmente, erano in grado, aumentando il prezzo della vitamina B 5, di comprimere i margini dei loro concorrenti sul mercato a valle delle premiscele; dall’altro, il fatto che queste stesse imprese, producendo una vasta gamma di vitamine, erano in grado di praticare prezzi predatori nel mercato della vitamina B 5 sovvenzionando le relative perdite con aumenti di prezzo delle altre vitamine.

58      A tale proposito, occorre rilevare che l’analisi dell’«effettiva capacità economica [degli autori dell’infrazione] di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori»» – analisi che la Commissione ha il dovere di effettuare, ai sensi del punto 1 A, quarto comma, degli orientamenti, quale elemento «necessario» per la valutazione della gravità di un’infrazione – implica una valutazione dell’importanza reale delle imprese interessate sul mercato rilevante, vale a dire della loro influenza su quest’ultimo. In tale contesto, le quote di mercato, in volume o in valore, detenute dalle imprese in questione sul mercato rilevante sono un elemento di valutazione pertinente, in quanto consentono di determinare l’importanza relativa di ciascuna di esse sul detto mercato (v., in tal senso, sentenza della Corte 17 dicembre 1998, causa C-185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione, Racc. pag. I‑8417, punto 139, e sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T-220/00, Cheil Jedang/Commissione, Racc. pag. II‑2473, punto 88).

59      Orbene, la ricorrente non contesta la pertinenza, nell’ambito dell’applicazione del punto 1 A, quarto comma, degli orientamenti alla fattispecie in esame, dell’importanza relativa delle imprese sul mercato rilevante né la necessità di prendere in considerazione, per valutare tale importanza, i fatturati o le quote di mercato corrispondenti relativi al mercato mondiale della vitamina B 5. Essa contesta soltanto, nella prima parte del presente motivo, il fatto che la Commissione non abbia preso in considerazione l’integrazione verticale e l’ampiezza della gamma di vitamine della Roche e della BASF.

60      A tale proposito, va osservato come sia vero che la quota di mercato di un’impresa rappresenta un indice approssimativo dell’influenza di quest’ultima sul mercato e che, come avviene ad esempio per l’analisi di una posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE, altre circostanze possono rivestire importanza per capire in maniera più completa e precisa la portata di una tale influenza (sentenza della Corte 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffmann-La Roche/Commissione, Racc. pag. 461, punto 48).

61      Cionondimeno, occorre rilevare che la Commissione può basare la sua valutazione dell’effettiva capacità economica degli autori di un’infrazione di arrecare un danno consistente agli altri operatori, ai fini della valutazione della gravità di tale infrazione e della determinazione dell’importo di base dell’ammenda, sui dati relativi al fatturato e alle quote di mercato nel mercato rilevante, a meno che circostanze particolari, quali ad esempio le caratteristiche di tale mercato, non siano tali da diminuire sensibilmente la rilevanza di tali dati e da imporre, per la valutazione dell’influenza delle imprese sul mercato, di prendere in considerazione altri fattori pertinenti.

62      Orbene, nel caso di specie la ricorrente – che, del resto, ha riconosciuto in udienza che la ripartizione in categorie basata sul fatturato mondiale per la vitamina B 5 rientrava nel potere discrezionale della Commissione – non ha dimostrato l’esistenza di tali circostanze particolari.

63      Infatti, se l’integrazione verticale e l’ampiezza della gamma di prodotti possono eventualmente costituire elementi pertinenti per valutare l’influenza che un’impresa è in grado di esercitare sul mercato e costituire indici di tale influenza complementari rispetto alle quote di mercato (v., ad esempio, per quanto riguarda l’integrazione verticale, sentenza della Corte 14 febbraio 1978, causa 27/76, United Brands/Commissione, Racc. pag. 207, punti 67-72 e 78-81, e, per quanto riguarda l’ampiezza della gamma di prodotti, sentenza della Corte 9 novembre 1983, causa 322/81, Michelin/Commissione, Racc. pag. 3461, punti 55 e 56), si deve necessariamente rilevare che, nel caso di specie, dagli argomenti che la ricorrente basa sull’integrazione verticale e sull’ampiezza della gamma di prodotti della Roche e della BASF non risulta che queste ultime disponessero di vantaggi concorrenziali particolari e significativi nel mercato rilevante.

64      Così, per quanto riguarda l’integrazione verticale, la ricorrente si limita ad affermare che la Roche e la BASF potevano, aumentando i prezzi della vitamina B 5, comprimere i margini dei produttori di premiscele, acquirenti di tale vitamina e concorrenti della Roche e della BASF sul mercato a valle delle premiscele. A tale proposito, occorre rilevare che anche la ricorrente, in quanto fornitore di vitamina B 5, era in grado di farlo, con l’unica differenza che, non essendo a sua volta attiva sul mercato delle premiscele, essa non poteva approfittarne per rafforzare la sua posizione su tale mercato a valle. La detta differenza, tuttavia, riguarda più le possibili motivazioni dei tre produttori per aumentare il prezzo della vitamina B 5 che non l’influenza che essi potevano esercitare sul mercato di tale prodotto.

65      Per quanto riguarda l’ampiezza della gamma di vitamine offerta, la ricorrente vi fa riferimento per sostenere che la Roche e la BASF erano in grado di praticare prezzi predatori per la vitamina B 5 grazie alle loro entrate provenienti dai mercati delle altre vitamine, i quali costituivano mercati distinti, ma strettamente connessi. A tale proposito, è sufficiente osservare che la capacità di praticare prezzi predatori non può essere presunta sulla base del solo fatto che l’impresa in questione produca una gamma più ampia di prodotti connessi rispetto ai suoi concorrenti. Per il resto, poiché la ricorrente sottolinea, nel contesto della sua argomentazione, che produceva solo due vitamine, è importante rilevare che, come risulta dai punti 107 e 108 della Decisione, la produzione della ricorrente non era limitata alle vitamine B 5 e B 6, ma comprendeva «un’ampia gamma di prodotti farmaceutici soggetti a prescrizione medica, prodotti sanitari da banco e prodotti veterinari» e che, nel 1998, ultimo anno civile dell’infrazione relativa alla vitamina B 5, le sue vendite complessive erano state dell’ordine di EUR 1 920 milioni, di cui solo 43 imputabili, secondo le tabelle riportate al punto 123 della Decisione, alla vitamina B 5. Orbene, la ricorrente non ha spiegato in alcun modo perché il sovvenzionamento di un’eventuale guerra di prezzi per un prodotto potrebbe essere effettuato solo a partire dalle entrate provenienti dalla vendita di prodotti connessi.

66      Alla luce di ciò, la ricorrente non ha dimostrato che, non avendo preso in considerazione, per la ripartizione in categorie dei membri dell’intesa relativa alla vitamina B 5, la presenza della Roche e della BASF sul mercato delle premiscele e su un numero considerevole di mercati di prodotti vitaminici, la Commissione abbia commesso un errore manifesto di valutazione o abbia violato gli orientamenti. Di conseguenza, la prima parte del presente motivo dev’essere respinta.

 Sulla seconda e sulla terza parte

67      Nell’ambito della seconda parte del presente motivo, la ricorrente fa valere che l’applicazione del criterio preso in considerazione nella Decisione, vale a dire quello consistente nel valutare l’importanza relativa sul mercato dei membri dell’intesa in questione in funzione dei dati concernenti il fatturato mondiale e le quote di mercato mondiali per il prodotto di cui trattasi durante l’ultimo anno civile dell’infrazione, avrebbe dovuto condurre la Commissione a classificare la Daiichi nella seconda categoria insieme alla BASF. Il fatto di averla inserita nella prima categoria insieme alla Roche deriverebbe da un errore manifesto di valutazione e sarebbe incompatibile con il principio di parità di trattamento.

68      A tale proposito, occorre rilevare che tali censure della ricorrente si basano in gran parte sulla premessa erronea secondo cui la Commissione, nella Decisione, avrebbe valutato l’importanza relativa delle imprese sul mercato rilevante sulla base dei dati relativi al 1998.

69      È vero che, al punto 681 della Decisione, la Commissione ha indicato che prendeva in considerazione il «volume d’affari mondiale relativo al prodotto nell’ultimo anno civile dell’infrazione», vale a dire, nel caso di specie, il 1988 per la vitamina B 5.

70      Tuttavia, alla luce di altri passaggi della Decisione, risulta – come la convenuta ha confermato, sostanzialmente, in risposta ad un quesito scritto posto dal Tribunale nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento – che, ai fini di classificare le imprese in categorie, per ciascuna delle varie infrazioni per cui nella Decisione è stata effettuata una ripartizione in categorie, la Commissione si è basata in realtà sulle quote di mercato detenute a livello mondiale da tali imprese durante tutto il periodo dell’infrazione.

71      Infatti, al punto 682 della Decisione è precisato che «i fattori pertinenti per individuare la categoria applicabile per ciascuno dei produttori» sono indicati «separatamente per ciascuna vitamina» ai punti 683-696.

72      Da tali punti risulta che, per quanto riguarda ciascuna delle infrazioni relative alle vitamine A, E, B 2, B 5, C e D 3, la Commissione ha individuato due categorie «applicando il criterio dell’importanza relativa dell’impresa sul mercato (…)» e ha determinato gli importi di base, «tenuto conto [di tali] categorie». Per inserire ciascuna impresa nella prima o nella seconda categoria di ogni infrazione, la Commissione si è basata sui dati relativi alle quote di mercato. Tuttavia, alla luce dei dati riportati ai punti 691 e 693 della Decisione, si rileva che tali quote di mercato non sono state ottenute sulla base dei fatturati mondiali imputabili al prodotto in questione per l’ultimo anno civile dell’infrazione (pubblicati fuori parentesi nella seconda colonna delle tabelle relative ai vari mercati di prodotti vitaminici di cui al punto 123 della Decisione), bensì costituiscono le quote medie di mercato detenute dalle imprese sostanzialmente durante tutto il periodo dell’infrazione (le dette quote medie di mercato sono quelle indicate tra parentesi nella seconda colonna delle medesime tabelle).

73      Alla luce di ciò, si deve necessariamente rilevare che il riferimento all’ultimo anno civile dell’infrazione, di cui al punto 681 della Decisione, che deriva da una svista, risulta ininfluente e pertanto non è parte integrante del motivo per cui le imprese sono state inserite nell’una o nell’altra categoria.

74      Inoltre, occorre sottolineare che la ricorrente non ha criticato in alcun modo la pertinenza, ai fini della ripartizione delle imprese in categorie sulla base della loro importanza relativa sul mercato rilevante, del fatto di prendere in considerazione i dati relativi a tutto il periodo dell’infrazione. D’altra parte, tale pertinenza non può essere seriamente contestata, poiché per la Commissione si trattava di valutare la gravità dell’infrazione commessa da ciascuna impresa durante un periodo pluriennale. Pertanto, nelle sue memorie, pur osservando che la ripartizione in categorie effettuata nella Decisione non era basata sui dati relativi a tutto il periodo dell’infrazione, la ricorrente ha nondimeno sostenuto, senza contestarne la fondatezza, che il prendere in considerazione tali dati portava sempre a concludere che il principio di parità di trattamento imponeva di inserirla nella seconda categoria insieme alla BASF (v. punto 44 supra, in fine).

75      In udienza la ricorrente ha sollevato alcuni dubbi sull’affidabilità dei dati riportati nella Decisione relativi alle quote di mercato detenute dalle imprese durante tutto il periodo dell’infrazione. Sottolineando che l’origine di tali dati non era nota, poiché essi non sarebbero mai stati forniti alla Commissione, la ricorrente ha indicato che poteva trattarsi solo di stime fatte dalla Commissione, le quali tuttavia, in mancanza di verifica, non possono costituire elementi probatori utilizzabili.

76      Tale obiezione è tardiva e quindi irricevibile, ai sensi dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale. Infatti, la ricorrente era già in condizioni di eccepirla nella fase del ricorso, in cui, al contrario, essa si è anche basata, in particolare, sui dati relativi a tutto il periodo dell’infrazione − e più precisamente sulle quote di mercato nel SEE durante il periodo 1991-1998, pubblicati nella terza colonna della tabella relativa alla vitamina B 5 riportata al punto 123 della Decisione − per rafforzare il suo argomento vertente, nell’ambito della seconda parte del presente motivo, su un errore manifesto di valutazione (v. punto 41 supra). Ad ogni modo, anche supponendo che sia ricevibile, tale obiezione non può essere accolta, poiché la ricorrente si limita, in definitiva, ad una vaga critica dell’affidabilità dei dati in questione, senza fornire la minima indicazione che consenta di rimetterne in discussione l’esattezza.

77      Da quanto sopra risulta che devono essere respinti gli argomenti che la ricorrente basa, nell’ambito della seconda parte del presente motivo, su un confronto successivo dei fatturati mondiali, delle quote di mercato a livello mondiale, dei fatturati nel SEE e delle quote di mercato nel SEE dei membri del cartello della vitamina B 5 per il 1998 (v. punti 38-41 supra).

78      Per quanto riguarda il confronto delle quote di mercato nel SEE per il periodo dell’infrazione 1991-1998 effettuato dalla ricorrente nello stesso contesto (v. punto 41 supra), anch’esso è privo di rilevanza, in quanto la ricorrente non contesta la scelta della Commissione di basarsi, nel caso di specie, per realizzare il trattamento differenziato nella fase della determinazione degli importi di base, sui fatturati o sulle quote di mercato a livello mondiale del prodotto vitaminico interessato. Una tale scelta, del resto, non può essere censurata, alla luce, da una parte, della dimensione mondiale del mercato geografico in questione (v. punto 73 della Decisione), non contestata dalla ricorrente, e, dall’altra, della dimensione mondiale dell’intesa stessa. Per il resto, si può osservare che l’intesa in questione era diretta in particolare all’assegnazione di quote di vendita mondiali e regionali (compresa una quota europea) ai vari partecipanti (v. punti 301 e 305 della Decisione), il che avrebbe reso poco pertinente la scelta del fatturato o della quota di mercato nel SEE anche nell’ipotesi in cui l’estensione geografica del mercato del prodotto interessato fosse stata limitata al territorio del SEE (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 29 aprile 2004, cause riunite T-236/01, T-239/01, da T‑244/01 a T‑246/01, T-251/01 e T-252/01, Tokai Carbon e a./Commissione, Racc. pag. II-1181, punti 195-200).

79      Orbene, si deve necessariamente rilevare come la ricorrente non sostenga che una valutazione corretta dell’importanza relativa delle imprese sul mercato mondiale della vitamina B 5 sulla base delle quote medie di mercato detenute da queste ultime a livello mondiale durante tutto il periodo dell’infrazione richiedesse il suo inserimento nella seconda categoria insieme alla BASF. Al contrario, essa stessa ha dovuto riconoscere che, sulla base di tali dati, la sua posizione (29%) era più vicina, sebbene di un solo punto percentuale, a quella della Roche (36%) rispetto a quella della BASF (21%) (v. punto 41 supra).

80      Pertanto, la ricorrente non ha dimostrato che, non avendola inserita nella seconda categoria insieme alla BASF, la Commissione abbia commesso un errore manifesto di valutazione.

81      Occorre poi esaminare congiuntamente le censure vertenti, nell’ambito della seconda parte del presente motivo, su una violazione del principio di parità di trattamento e, nell’ambito della terza parte del presente motivo, su una violazione del principio di proporzionalità. Tali censure saranno esaminate solo laddove possano essere influenti, vale a dire nei limiti in cui si basino, in subordine, sui dati relativi alle quote di mercato detenute dalle imprese interessate a livello mondiale durante tutto il periodo dell’infrazione.

82      La ricorrente deduce una violazione del principio di parità di trattamento dal fatto che, per quanto riguarda l’infrazione relativa alla vitamina B 5, essa è stata inserita nella prima categoria insieme alla Roche, mentre la sua situazione non era paragonabile a quella di tale impresa, e che è stata trattata diversamente dalla BASF, mentre la situazione di quest’ultima era paragonabile alla sua. Inoltre, il principio di parità di trattamento sarebbe stato violato anche in ragione del fatto che la BASF è stata inserita nella seconda categoria dell’infrazione relativa alla vitamina B 2 mentre la sua posizione relativa a tale infrazione era paragonabile a quella della ricorrente nell’ambito dell’infrazione relativa alla vitamina B 5 (v. punto 44 supra). Infine, la violazione del principio di proporzionalità deriverebbe dal fatto che la ricorrente non è stata collocata in una categoria intermedia tra la Roche e la BASF.

83      A tale proposito, occorre sottolineare il fatto che la ricorrente non contesta di per sé il metodo consistente nella ripartizione dei membri di un’intesa in categorie ai fini di realizzare un trattamento differenziato nella fase della determinazione degli importi di base delle ammende. Orbene, tale metodo, il cui principio è stato d’altra parte convalidato dalla giurisprudenza del Tribunale ancorché porti ad ignorare le differenze di dimensioni tra imprese di una stessa categoria (sentenze del Tribunale 19 marzo 2003, causa T-213/00, CMA CGM e a./Commissione, Racc. pag. II‑913, punto 385, e Tokai Carbon e a./Commissione, cit., punto 217), comporta una determinazione forfetaria dell’importo di base fissato per le imprese appartenenti ad una stessa categoria.

84      Certo, una tale ripartizione in categorie deve rispettare il principio di parità di trattamento, che vieta di trattare situazioni analoghe in maniera differente e situazioni diverse in maniera identica, a meno che un tale trattamento non sia oggettivamente giustificato. Peraltro, secondo la giurisprudenza, l’importo delle ammende dev’essere quantomeno proporzionato agli elementi presi in considerazione al fine di valutare la gravità dell’infrazione (v. sentenza Tokai Carbon e a./Commissione, cit., punto 219 e giurisprudenza ivi citata).

85      Per verificare se una ripartizione in categorie dei membri di un’intesa sia conforme ai principi di parità di trattamento e di proporzionalità, il Tribunale, nell’ambito del suo controllo di legittimità sull’esercizio del potere discrezionale di cui la Commissione dispone in materia, deve tuttavia limitarsi a controllare che la detta ripartizione sia coerente ed oggettivamente giustificata (sentenze CMA CGM e a./Commissione, cit., punti 406 e 416, e Tokai Carbon e a./Commissione, cit., punti 220 e 222), senza sostituire subito la sua valutazione a quella della Commissione.

86      Orbene, nel caso di specie, a parte le infrazioni relative al betacarotene e ai carotenoidi, per cui è stato rilevato che non era appropriato creare categorie (v. punti 695 e 696 della Decisione), la Commissione ha effettuato, per ciascuna delle infrazioni rilevate nella Decisione, una ripartizione in due categorie: una prima categoria, che comprende il principale produttore o i principali produttori della vitamina interessata sul mercato mondiale, ed una seconda categoria, che comprende l’altro produttore (o gli altri produttori) di tale vitamina, «che detenevano quote molto inferiori del mercato» (v. punti 683, 685, 687, 689, 691 e 693 della Decisione).

87      Occorre rilevare che una ripartizione dei produttori in due categorie, quelli principali e gli altri, è una maniera ragionevole di prendere in considerazione la loro importanza relativa sul mercato al fine di modulare l’importo di base, purché non porti ad una rappresentazione grossolanamente alterata dei mercati in questione. Tale conclusione non può essere inficiata dal fatto che, nella decisione British Sugar (cit. al punto 46 supra), la Commissione, nell’esercizio del suo ampio potere discrezionale, abbia seguito un altro metodo di ripartizione decidendo di creare tre categorie anziché solo due, dato che il numero degli operatori oggetto di tale decisione e la distribuzione delle loro quote di mercato erano comunque diversi rispetto a quelli che caratterizzano la fattispecie in esame.

88      Per quanto riguarda l’applicazione, per ciascuna infrazione, di tale metodo di ripartizione seguito nella Decisione, basandosi sulle quote di mercato sul piano mondiale, direttamente dedotte dal fatturato mondiale legato al prodotto per tutto il periodo dell’infrazione, la Commissione ha distribuito gli operatori nelle due suddette categorie come segue:


Vitamine

Prima categoria

Produttore/i principale/i

(quota di mercato)

Seconda categoria

Altro/i produttore/i

(quota di mercato)

Vitamina A

44%

32% - 20%

Vitamina E

43% - 29%

14% - 10%

Vitamina B 2

47%

29% - 12%

Vitamina B 5

36% - 29%

21%

Vitamina C

40% - 24%

8% - 6%

Vitamina D 3

40% - 32%

15% - 9%


89      Da tali dati risulta che la Commissione ha sempre collocato la soglia laddove è situato il massimo divario, anche se la differenza è di un punto percentuale. La categoria dei principali produttori è stata limitata ad un’impresa solo quando quest’ultima detiene quote di mercato molto elevate (44% e 47%). Certo, quote di mercato del 29% sono state considerate appartenenti sia alla prima sia alla seconda categoria, ma la posizione relativa dell’impresa che deteneva tali quote era diversa: l’inserimento nella seconda categoria corrispondeva ad un divario di 18 punti percentuali con il produttore principale (vitamina B 2), contro un divario di soli 7 e 14 punti per l’inserimento nella prima categoria (vitamine B 5 ed E). L’unico caso in cui quote di mercato del 24% hanno giustificato la classificazione di un’impresa come «principale produttore» (vitamina C) corrisponde a un divario di soli 16 punti percentuali con il leader del mercato e ad una posizione molto marginale (8 e 6%) degli altri produttori.

90      Per quanto riguarda, in particolare, l’infrazione relativa alla vitamina B 5, il divario limitato fra la Roche, primo operatore, e la ricorrente (7 punti percentuali), tenuto conto della quota di mercato non particolarmente elevata della Roche, ha potuto consentire alla Commissione, in tutta coerenza e obiettività e quindi senza violare i principi di parità di trattamento e di proporzionalità, di trattare la ricorrente, alla stregua del primo operatore e diversamente dal terzo operatore BASF, come «principale produttore» e, pertanto, di fissare per essa lo stesso importo di base di quello stabilito per la Roche, superiore all’importo di base imposto alla BASF.

91      Riguardo, in particolare, al confronto effettuato dalla ricorrente tra la sua posizione nell’infrazione relativa alla vitamina B 5 e quella della BASF nell’infrazione relativa alla vitamina B 2, non si può rilevare, come la convenuta ha giustamente fatto valere, che tali posizioni fossero analoghe, né in ragione dell’identità della quota di mercato (29%) detenuta da ciascuna di esse, durante tutto il periodo dell’infrazione, nei rispettivi mercati, né in ragione del fatto che entrambe, nei rispettivi mercati, si trovavano approssimativamente a metà strada tra il primo e il terzo operatore.

92      Infatti, poiché per la Commissione si trattava di valutare l’importanza delle imprese su ciascun mercato in termini relativi, queste due circostanze fatte valere dalla ricorrente non possono essere valutate senza tener conto della distribuzione delle quote di mercato. Orbene, detta distribuzione, nei due casi esaminati, non era analoga. Da un lato, la posizione del primo operatore era chiaramente più forte nell’infrazione relativa alla vitamina B 2. Dall’altro, nel caso dell’infrazione relativa alla vitamina B 2, la quota di mercato della BASF (29%, come quella della Daiichi per la vitamina B 5) era più vicina a quella del terzo operatore (12%) che non a quella del primo operatore (47%), in quanto 17 e 18 punti percentuali la separavano rispettivamente dall’uno e dall’altro; per contro, per quanto riguarda l’infrazione relativa alla vitamina B 5, come è stato rilevato sopra, la quota di mercato della Daiichi (29%) era più vicina a quella del primo operatore (la Roche, 36%) che non a quella del terzo operatore (la BASF, 21%), in quanto 7 e 8 punti percentuali la separavano rispettivamente dall’uno e dall’altro.

93      Pertanto, anche supponendo che, nell’ambito dell’applicazione dell’art. 81 CE, una violazione del principio di parità di trattamento possa essere invocata al di fuori dell’ipotesi di una lesione della parità di trattamento tra i membri di un’unica intesa, il fatto che la ricorrente per l’infrazione relativa alla vitamina B 5 e la BASF per l’infrazione relativa alla vitamina B 2 siano state inserite in categorie diverse non risulta privo di giustificazione oggettiva e non viola quindi il detto principio.

94      Di conseguenza, la seconda e la terza parte del presente motivo devono essere respinte.

95      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, il primo motivo dev’essere interamente respinto.

2.     Sul secondo motivo, vertente sull’esecuzione solo parziale degli accordi da parte della ricorrente quale circostanza attenuante

 Argomenti delle parti

96      Secondo la ricorrente, la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione, ha «applicato erroneamente il diritto ai fatti» e ha violato gli orientamenti, avendo omesso di considerare l’esecuzione solo parziale, da parte della Daiichi, degli accordi collusivi relativi alla vitamina B 5 quale circostanza attenuante che giustifica una sostanziale riduzione dell’importo di base dell’ammenda (v. punto 18 supra).

97      Essa ricorda che, ai sensi degli orientamenti, la «non applicazione di fatto degli accordi o delle pratiche illecite» costituisce una circostanza attenuante la cui conseguenza logica è una riduzione dell’importo dell’ammenda. Infatti, per la Commissione costituirebbe una saggia politica infliggere un’ammenda relativamente inferiore ad un’impresa che abbia ostacolato l’intesa in tutto o in parte rispetto ad un’impresa che abbia pienamente rispettato i termini dell’intesa e che abbia quindi arrecato un danno più consistente alla concorrenza.

98      In primo luogo, la ricorrente fa valere che, nella sua dichiarazione formale della società spontaneamente trasmessa alla Commissione il 9 luglio 1999 e nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, essa ha dimostrato di avere attenuato gli effetti degli aumenti di prezzi concordati, in particolare non attuandoli o ritardandone l’applicazione.

99      In secondo luogo, la ricorrente fa valere di non aver neanche limitato la produzione come era stato convenuto nell’ambito dell’intesa, ma di aver anzi regolarmente superato i piani economici che le erano assegnati per l’Europa in misura maggiore rispetto alla Roche o alla BASF, contribuendo così a rispondere alla domanda dei clienti e a ridurre la pressione sui prezzi. Inoltre, per anni essa avrebbe esportato più D-calcio pantotenato (acido pantotenico in forma pura, in prosieguo: il «D-Calpan») verso l’Europa rispetto a quanto riferito alla Roche e alla BASF nell’ambito degli scambi d’informazioni interni al cartello.

100    Essa contesta la conclusione della Commissione, riportata al punto 729 della Decisione, secondo cui i membri delle intese consideravano i quantitativi loro assegnati come quantitativi minimi. Infatti, per quanto riguarda la vitamina B 5, tale conclusione sarebbe contraddetta dagli elementi probatori che la ricorrente ha fornito alla Commissione nella sua dichiarazione datata 9 luglio 1999, i quali dimostrerebbero che i quantitativi assegnati erano contingenti che non potevano essere superati in maniera significativa.

101    In terzo luogo, al fine di rafforzare le sue affermazioni relative all’esecuzione solo parziale degli accordi e di dimostrare che quest’ultima non costituiva un tentativo di sfruttare il cartello a suo vantaggio, bensì un tentativo di limitare gli effetti negativi delle iniziative in materia di volume e di prezzo, la ricorrente sottolinea che non aveva alcun motivo economico diretto di partecipare alla cooperazione relativa alla vitamina B 5 e che, se vi ha partecipato, è per timore di subire una misura di ritorsione da parte della Roche, la quale avrebbe potuto tentare di escluderla dal mercato di tale vitamina. Infatti, la ricorrente fa valere che essa non voleva in modo particolare aumentare i suoi prezzi per il D-Calpan. Da un lato, essa temeva che i produttori di premiscele si sarebbero rivolti al D-Calpan importato dalla Cina o al DL-calcio pantotenato (un prodotto sostitutivo, composto sino al 45% di D-Calpan ed usato esclusivamente nell’alimentazione animale) importato dal Giappone o dall’Europa orientale. Dall’altro, essa temeva un indebolimento della capacità dei produttori indipendenti di premiscele di fare concorrenza alla Roche ed alla BASF nelle loro vendite di premiscele a produttori di mangimi, il che avrebbe accelerato la tendenza ad escludere dal mercato i detti produttori, i quali erano i principali clienti della ricorrente per il suo D-Calpan venduto in Europa.

102    La convenuta ritiene di aver giustamente rifiutato, nella Decisione, di riconoscere alla ricorrente la circostanza attenuante fatta valere e fa riferimento alle valutazioni formulate ai punti 728 e 729 della Decisione (v. punto 18 supra). Essa aggiunge che gli orientamenti elencano, tra le circostanze attenuanti, la «non applicazione di fatto degli accordi o delle pratiche illecite» ed osserva che il comportamento della ricorrente, nel caso di specie, non può essere qualificato come tale, poiché la ricorrente, come essa stessa ha ammesso, ha applicato parzialmente gli aumenti di prezzi concordati nell’ambito dell’intesa.

 Giudizio del Tribunale

103    Con il presente motivo la ricorrente chiede una riduzione dell’importo dell’ammenda inflittale a titolo della non applicazione di fatto degli accordi, che costituisce una circostanza attenuante ai sensi del punto 3, secondo trattino, degli orientamenti. Essa avrebbe eseguito solo parzialmente gli accordi sui prezzi e sui quantitativi, cercando così di attenuarne gli effetti per timore che i suoi clienti produttori di premiscele si rivolgessero ad altre fonti di approvvigionamento o fossero indeboliti nella loro capacità concorrenziale nei confronti della Roche e della BASF e, in tal modo, esclusi dal mercato delle premiscele. Rifiutando di accordarle una riduzione dell’importo dell’ammenda a questo titolo, la Commissione sarebbe incorsa in un errore manifesto di valutazione e in una violazione degli orientamenti.

104    Al punto 728 della Decisione, la Commissione ha fatto riferimento alla sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-308/94, Cascades/Commissione (Racc. pag. II‑925, punto 230), in cui il Tribunale ha dichiarato che la circostanza che un’impresa, la cui partecipazione ad un’intesa in materia di prezzi sia dimostrata, non abbia adeguato il proprio comportamento sul mercato a quello concordato con i suoi concorrenti non costituisce necessariamente un elemento da prendere in considerazione alla stregua di una circostanza attenuante in sede di determinazione dell’importo dell’ammenda da infliggere.

105    Va osservato che, nell’ambito della sentenza di cui sopra, il Tribunale ha svolto il suo controllo in merito a una decisione della Commissione che non aveva applicato gli orientamenti, poiché anteriore all’adozione degli stessi, i quali prevedono ormai espressamente che la mancata applicazione di fatto di un accordo illecito venga presa in considerazione come circostanza attenuante. Orbene, come è già stato affermato al punto 49 supra, è giurisprudenza costante che la Commissione non può discostarsi dalle regole che essa stessa si è imposta. D’altra parte, se l’attuazione più o meno completa, da parte di un membro dell’intesa, delle misure concordate con gli altri membri non ha conseguenze sul sussistere della responsabilità dell’impresa stessa, essa può averne sull’ampiezza di tale responsabilità e dunque sull’entità della sanzione (v., in tal senso, sentenze della Corte 15 ottobre 2002, cause riunite C-238/99 P, C-244/99 P, C-245/99 P, C‑247/99 P, da C-250/99 P a C-252/99 P e C-254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I‑8375, punti 508‑510, e 28 giugno 2005, cause riunite C-189/02 P, C-202/02 P, da C-205/02 P a C-208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I-5433, punto 145).

106    Così, avendo ritenuto di non essere tenuta a prendere in considerazione, quale circostanza attenuante, la violazione degli obblighi assunti dalla ricorrente nell’ambito dell’intesa relativa alla vitamina B 5, la Commissione ha violato gli orientamenti.

107    Tuttavia, al fine di escludere l’applicazione nei confronti della ricorrente della circostanza attenuante fatta valere da quest’ultima, la Commissione ha anche rilevato, nella Decisione, che dal fascicolo non risultava che la ricorrente avesse effettivamente violato tali obblighi, in quanto, da un lato, i membri dell’intesa concordavano prezzi obiettivo e fissavano i loro prezzi per modificarli in direzione dell’obiettivo concordato e, dall’altro, i quantitativi assegnati erano quantitativi minimi, il cui superamento non comportava quindi alcuna violazione degli accordi.

108    Orbene, se siffatte valutazioni si rivelassero pertinenti e fondate, la violazione degli orientamenti rilevata al punto 106 supra sarebbe ininfluente, in quanto l’esclusione della circostanza attenuante in questione decisa dalla Commissione sarebbe in ogni caso giustificata alla luce degli orientamenti stessi, in mancanza, nel caso di specie, di una non applicazione di fatto degli accordi da parte della ricorrente.

109    A tale proposito, in primo luogo occorre rilevare che, se è vero, come sostiene la convenuta, che l’attuazione di accordi in materia di prezzi obiettivo non richiede necessariamente l’applicazione dei prezzi esatti, per cui gli accordi possono ritenersi applicati qualora le parti fissino i loro prezzi in maniera tale da raggiungere l’obiettivo convenuto, cionondimeno il detto argomento non è tale, di per sé, da escludere nel caso di specie qualsiasi violazione da parte della ricorrente degli impegni assunti in materia di prezzi con gli altri membri dell’intesa, poiché dalla Decisione (v. punto 304) risulta che i membri dell’intesa relativa alla vitamina B 5 fissavano di comune accordo non solo prezzi obiettivo (i prezzi di listino), ma anche prezzi minimi.

110    In secondo luogo, va rilevato che dal fascicolo non risulta in alcun modo che i piani economici assegnati ai membri dell’intesa relativa alla vitamina B 5 fossero considerati quantitativi minimi. Al contrario, risulta che essi costituivano contingenti che in via di principio non dovevano essere superati. Infatti, dalla Decisione risulta che la loro determinazione era effettuata insieme all’assegnazione ai membri dell’intesa di quote di mercato espresse in percentuale e che i detti piani economici erano destinati a garantire il mantenimento di tali quote di mercato (punti 296, 297, 300-302 e 305).

111    Pertanto, è palese che le valutazioni della Commissione di cui al punto 107 supra non sono tali da giustificare il suo rifiuto di riconoscere a favore della ricorrente la circostanza attenuante fatta valere.

112    Poiché quindi la Decisione risulta viziata da illegalità, spetta al Tribunale esercitare la sua competenza giurisdizionale anche di merito ai sensi dell’art. 229 CE e dell’art. 17 del regolamento n. 17 al fine di stabilire se la ricorrente, in ragione delle circostanze che essa fa valere, dovesse beneficiare di una riduzione dell’ammenda a titolo della non applicazione di fatto degli accordi illeciti.

113    A tal fine, il Tribunale rileva che è importante verificare se siffatte circostanze siano tali da dimostrare che, durante il periodo in cui la ricorrente ha aderito agli accordi illeciti, essa si è effettivamente sottratta alla loro applicazione adottando un comportamento concorrenziale sul mercato o, almeno, che essa ha chiaramente e considerevolmente infranto gli obblighi di attuazione di tale intesa, sì da perturbarne lo stesso funzionamento.

114    A tale proposito, occorre rilevare che gli elementi del fascicolo non consentono di risolvere tale questione in senso affermativo.

115    Da un lato, come osserva la convenuta, la ricorrente non afferma di essersi sottratta ad ogni applicazione di fatto degli accordi illeciti.

116    Dall’altro, sebbene la ricorrente faccia valere un’applicazione solo parziale di questi ultimi, gli elementi forniti dalla stessa non sono tali da dimostrare che essa si sia chiaramente e considerevolmente discostata dagli accordi collusivi, sì da perturbare lo stesso funzionamento dell’intesa relativa alla vitamina B 5.

117    Per quanto riguarda, in primo luogo, la non applicazione di fatto degli accordi sui prezzi, la ricorrente fa valere le circostanze seguenti:

a)      la Roche ha annunciato un aumento di prezzi superiore al 4% il 5 aprile 1997; tuttavia, i prezzi della filiale europea della ricorrente, la Daiichi Pharmaceutical Europe (in prosieguo: la «DPE»), avrebbero iniziato a superare il livello dell’aprile 1997 solo nel luglio 1997 e l’aumento dei prezzi complessivo a livello della Roche si sarebbe pienamente riflesso nei prezzi della DPE solo dall’ottobre 1997, ossia circa sei mesi dopo l’annuncio della Roche;

b)      durante una riunione con la Roche e la BASF tenutasi nel novembre 1997 o nel gennaio 1998, la ricorrente si sarebbe opposta invano ad un aumento dei prezzi in Europa desiderato dalla BASF;

c)      la BASF ha annunciato un aumento dei prezzi del 5% il 25 febbraio 1998; tuttavia, i prezzi della DPE sarebbero aumentati (di meno del 5%) solo in maggio e sarebbero quindi scesi nuovamente in giugno al di sotto del livello di febbraio;

d)      la ricorrente non avrebbe seguito l’aumento dei prezzi annunciato dalla BASF nell’aprile 1998, né l’aumento dei prezzi annunciato dalla Roche il 13 giugno 1998;

e)      il D-Calpan della ricorrente sarebbe stato regolarmente venduto ad utilizzatori finali a prezzi inferiori al prezzo di listino e ai prezzi minimi stabiliti nell’ambito dell’intesa, in ragione del fatto che la ricorrente non eseguiva, ostacolava o ritardava gli aumenti di prezzo e concedeva sconti rispetto ai prezzi pubblicati; più precisamente, i prezzi del D-Calpan della ricorrente venduto agli utilizzatori finali sarebbero stati, in media, inferiori ai prezzi di listino di più del 10% ed inferiori ai prezzi minimi.

118    Occorre anzitutto respingere la circostanza indicata sub b), di cui al punto 323 della Decisione, in quanto essa si limita a indicare che la ricorrente, durante una riunione tra i membri dell’intesa tenutasi nel novembre 1997 o nel gennaio 1998, ha manifestato il suo disaccordo con un aumento dei prezzi desiderato dalla BASF, ma non pregiudica assolutamente l’atteggiamento che la ricorrente può aver effettivamente adottato sul mercato successivamente a tale riunione.

119    Per quanto riguarda le circostanze indicate sub d), l’affermazione della ricorrente secondo cui essa non avrebbe seguito un aumento dei prezzi annunciato dalla BASF nell’aprile 1998 non è assolutamente dimostrata, in quanto gli elementi menzionati dalla ricorrente non consentono al Tribunale neanche di identificare un tale aumento. Il rinvio effettuato dalla ricorrente, a tale proposito, al punto 103 della comunicazione degli addebiti lascia supporre che tale aumento sia in realtà quello annunciato dalla BASF il 25 febbraio 1998, a cui si riferisce la circostanza indicata sub c). Inoltre, da questo stesso punto della comunicazione degli addebiti risulta che l’aumento dei prezzi annunciato dalla Roche il 13 giugno 1998 era diretto solo a dare seguito e a sostenere l’iniziativa della BASF del 25 febbraio 1998. Risulta così che tutte le circostanze indicate sub c) e d) si riducono, in definitiva, a un adeguamento molto limitato ad un’unica iniziativa di aumento dei prezzi adottata dagli altri membri dell’intesa.

120    Per quanto riguarda la circostanza indicata sub a), se essa risulta confermata sulla base di una tabella relativa ai prezzi medi di vendita della DPE per il periodo 1996-1999, calcolati su base mensile (in prosieguo: la «tabella DPE», fornita dalla ricorrente durante il procedimento amministrativo e versata agli atti nel presente procedimento), il suo significato risulta fortemente relativizzato alla luce di altri due documenti prodotti dalla ricorrente dinanzi alla Commissione e versati agli atti, che riportano su base segnatamente trimestrale i prezzi medi praticati dalla ricorrente stessa in Europa agli utilizzatori finali durante il periodo dell’infrazione. Tali documenti − un grafico che descrive l’evoluzione dei prezzi medi di vendita della Daiichi in Europa per il periodo compreso tra il 1985 e il 1999 ed una tabella relativa ai prezzi medi di vendita della Daiichi in Europa, calcolati su base annuale e trimestrale, per il periodo compreso tra il 1991 e il 1998 (in prosieguo, rispettivamente, il «grafico Daiichi» e la «tabella Daiichi») − mostrano che il livello di tali prezzi era nettamente superiore a quello dei prezzi della DPE risultante dalla tabella DPE. Dal grafico Daiichi risulta, in particolare, che il prezzo medio della ricorrente stessa all’inizio del secondo trimestre del 1997 era di marchi tedeschi (DEM) 36 contro i DEM 32,05 riportati dalla tabella DPE per la DPE nello stesso periodo. A sua volta, dalla tabella Daiichi risulta che il prezzo medio della ricorrente stessa durante il secondo trimestre del 1997 era superiore del 4,3% al suo prezzo medio per il trimestre precedente, il che risulta pienamente coerente con un’ipotesi di adeguamento della Daiichi all’aumento dei prezzi del 4% annunciato dalla Roche il 5 aprile 1997.

121    Invitata in udienza a spiegare il differente livello di tali prezzi e ad indicare perché sarebbe pertinente, nell’esame del presente motivo, riferirsi ora ai prezzi della DPE, ora ai prezzi della Daiichi, la ricorrente ha precisato che la società madre lasciava alla DPE, di tanto in tanto, un certo margine discrezionale e che, per decidere se la non applicazione parziale degli accordi di prezzo fosse dimostrata, occorrerebbe prendere in considerazione i prezzi praticati dalla società madre, vale a dire la ricorrente stessa. Alla luce di ciò, il confronto tra i prezzi concordati all’interno dell’intesa e i prezzi della DPE non può essere realmente rappresentativo del grado di adeguamento della ricorrente agli accordi sui prezzi della vitamina B 5.

122    Per quanto riguarda la circostanza indicata sub e), dalla tabella seguente, prodotta dalla ricorrente, non contestata dalla convenuta e i cui dati sono tratti dai punti 304, 323 e 325 della Decisione nonché dal grafico e dalla tabella Daiichi, risulta che, durante il periodo compreso tra l’ottobre 1991 e la fine del 1994, i prezzi di vendita della ricorrente in Europa hanno rappresentato una percentuale compresa tra il 90 e il 93% dei prezzi minimi convenuti:


Data

Prezzo di listino

per l’Europa

(DEM)

Prezzo

minimo

per l’Europa

(DEM)

Prezzo medio Daiichi

agli utilizzatori in Europa

(DEM)

1/10/1991

29,50

28,50

26,00

1/4/1992

32,50

31,00

28,50

1/4/1993

36,50

35,00

32,00

1994

39,00

37,50

35,01

1995

40,00

n.d.

35,33

1996

n.d.

n.d.

34,33

1997

43,00

n.d.

36,79

1998

46,00

n.d.

39,98


123    Tuttavia, dal fascicolo non risulta assolutamente che il prezzo minimo di DEM 37,50 indicato per il 1994 fosse un valore medio per tutto l’anno. Non si può escludere, segnatamente alla luce del punto 304 della Decisione, che tale dato rappresenti solo un valore fisso in un momento preciso del 1994, ad esempio il 1° aprile 1994, come sembra attestare il documento BASFAG 000301 allegato alla lettera inviata dalla BASF alla Commissione il 23 giugno 1999, di modo che il prezzo minimo medio durante questo stesso anno può essere stato inferiore a DEM 37,50. I prezzi medi di vendita della ricorrente nel 1994 possono quindi aver rappresentato anche più del 93% di tale prezzo minimo medio.

124    Orbene, il divario rilevato tra i prezzi di vendita della ricorrente e i prezzi minimi concordati non appare considerevole e, inoltre, è accertato solo per un periodo di tre anni e tre mesi, mentre la durata complessiva dell’infrazione è stata di otto anni (dal gennaio 1991 al febbraio 1999, come risulta dai punti 2, 296‑300, 312, 620 e 706 della Decisione, e non dal settembre 1991 al febbraio 1999, come indicato, a seguito di una svista, all’art. 1, n. 2, lett. f), della Decisione). D’altra parte, dalla stessa tabella risulta che l’evoluzione dei prezzi di vendita della ricorrente è stata conforme, durante questo stesso periodo, all’evoluzione dei prezzi minimi concordati e, durante tutto il periodo dell’infrazione, a quella dei prezzi di listino, e ciò in maniera rilevante.

125    Per quanto riguarda, in secondo luogo, un’eventuale non applicazione di fatto degli accordi sui volumi, la ricorrente fa valere, da un lato, di aver regolarmente superato i piani economici che le erano stati assegnati per l’Europa in misura maggiore rispetto alla Roche o alla BASF e, dall’altro, di aver esportato in Europa, per vari anni, più D-Calpan di quanto abbia riferito alla Roche ed alla BASF nell’ambito degli scambi d’informazioni all’interno del cartello.

126    Per quanto riguarda il superamento dei piani economici, si deve necessariamente rilevare − sulla base della tabella seguente, non contestata dalla convenuta, elaborata dalla ricorrente sulla base dei dati contenuti in allegati alla comunicazione degli addebiti e in documenti forniti dalla ricorrente alla Commissione durante il procedimento amministrativo – che la Roche e la BASF, a loro volta, hanno superato spesso i loro piani economici e che i superamenti della ricorrente sono stati significativi solo durante il periodo 1991-1993, mentre proprio nel 1991 e nel 1992 la Roche registrava i suoi superamenti più significativi:


Anni

Piano economico della

Daiichi

per

l’Europa*

Vendite della Daiichi

Per l’Europa*

Indice della Daiichi**

Indice

della Roche**

Indice della BASF**

1991

370

411

111%

114%

86%

1992

435

567

130%

116%

102%

1993

470

646

137%

95%

104%

1994

635

670

106%

87%

90%

1995

640

607

95%

85%

78%

1996

550

560

102%

102%

121%

1997

585

606

104%

110%

86%

1998

580

438

78%

110%

103%


*: in milioni di tonnellate.

**: vendite riferite in percentuale al piano economico individuale per l’Europa.

127    Inoltre, i dati su cui si basa la ricorrente riguardano i piani economici e le vendite a livello europeo e non a livello mondiale. Orbene, dalle dichiarazioni della ricorrente stessa dinanzi alla Commissione, riportate al punto 88 del ricorso, risulta che il superamento dei piani economici a livello regionale non creava difficoltà all’interno dell’intesa, diversamente da un superamento maggiore del 2% dei piani economici a livello mondiale.

128    Per quanto riguarda la comunicazione della ricorrente agli altri membri dell’intesa, nell’ambito del regolare scambio di informazioni istituito all’interno di quest’ultima, di dati che sottostimavano le sue vendite effettive in Europa, tale circostanza, supponendo che sia dimostrata, non può aver avuto alcun effetto autonomo di attenuazione delle conseguenze nocive per i consumatori dovute agli accordi anticoncorrenziali di cui trattasi nel caso di specie. Infatti, essa può al massimo aver aiutato la ricorrente a dissimulare e quindi a sostenere le sue violazioni della linea di condotta concordata all’interno dell’intesa per quanto riguarda i prezzi e i volumi di vendita.

129    Pertanto, le circostanze fatte valere dalla ricorrente nell’ambito del presente motivo, anche valutate nel loro insieme, non consentono di concludere che essa si sia chiaramente e considerevolmente discostata dagli accordi concordati dai membri dell’intesa. In ogni caso, da nessun elemento del fascicolo risulta che le dette circostanze abbiano effettivamente perturbato, in un qualche momento, il funzionamento di tale intesa.

130    Alla luce di ciò, alla ricorrente non può essere concessa una riduzione dell’importo dell’ammenda a titolo della non applicazione di fatto degli accordi illeciti, per cui la sua domanda in tal senso dev’essere respinta.

3.     Sul terzo motivo, vertente sull’applicazione della comunicazione sulla cooperazione

131    Il presente motivo riguarda l’applicazione della comunicazione sulla cooperazione nei confronti della ricorrente (v. punti 19-22 supra) ed è suddiviso in quattro parti.

 Sulla prima e sulla seconda parte, relative, rispettivamente, all’applicazione delle sezioni B e C della comunicazione sulla cooperazione

132    Con la prima e la seconda parte del presente motivo, la ricorrente sostiene che la Commissione avrebbe dovuto esentarla totalmente o concederle una riduzione dell’ammenda non inferiore al 75% ai sensi della sezione B della comunicazione sulla cooperazione ovvero, in subordine, una riduzione dell’ammenda compresa tra il 50 e il 75% ai sensi della sezione C della stessa comunicazione.

 Argomenti delle parti

–       Sulla prima parte

133    Con la prima parte del presente motivo, la ricorrente fa valere che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione, ha «applicato erroneamente il diritto ai fatti» ed ha violato la comunicazione sulla cooperazione non avendola esentata totalmente o non avendole concesso una riduzione assai significativa dell’importo dell’ammenda, dal 75% al 100%, ai sensi della sezione B di questa stessa comunicazione. Infatti, essa ritiene di aver soddisfatto tutte le condizioni indicate in tale sezione.

134    Per quanto riguarda, in particolare, la condizione di cui alla sezione B, lett. b), la quale richiede che l’impresa «sia la prima a fornire elementi determinanti ai fini della prova dell’esistenza dell’intesa», la ricorrente fa valere che, all’epoca in cui essa ha fornito le indicazioni relative all’intesa sulla vitamina B 5 alla Commissione, quest’ultima non disponeva ancora di informazioni sufficienti per dimostrare l’esistenza dell’infrazione.

135    La ricorrente ricorda che la Commissione, nella sua decisione 7 giugno 2000, 2001/418/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 del Trattato CE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (Caso COMP/36.545/F3 – Aminoacidi) (GU 2001, L 152, pag. 24), ha affermato che alcune prove sono decisive ai sensi della sezione B, lett. b), della comunicazione sulla cooperazione quando sono «di per sé sufficienti a stabilire l’esistenza del cartello». Orbene, affinché si possa ritenere che elementi probatori particolari dimostrino l’infrazione, essi devono secondo la ricorrente, riguardare e descrivere gli elementi costitutivi dell’intesa, vale a dire: l’identità delle società e i nomi e le qualifiche delle persone che partecipano all’infrazione; i dettagli relativi a ciascuno dei contatti o delle riunioni tra i partecipanti; i dettagli relativi all’oggetto delle discussioni tenutesi in ciascuna riunione e ad ogni accordo comune; il meccanismo fondamentale dell’intesa o modus operandi (ad esempio, la frequenza delle riunioni, l’esistenza di sistemi di sorveglianza, le strutture o organismi che sorvegliano gli accordi); la durata dell’infrazione.

136    La ricorrente sottolinea che gli elementi probatori relativi all’intesa sulla vitamina B 5 forniti dalla Roche e dalla BASF prima della sua stessa dichiarazione datata 9 luglio 1999 sono quelli contenuti in una lettera inviata dalla Roche alla Commissione il 22 giugno 1999, iscritta nel fascicolo amministrativo il 24 giugno 1999, e in due documenti provenienti dalla BASF iscritti nello stesso fascicolo, rispettivamente, il 15 e il 25 giugno 1999. Orbene, secondo la ricorrente tali elementi non possono in alcun modo essere considerati determinanti.

137    In particolare, la ricorrente fa valere che gli elementi probatori forniti dalla Roche il 24 giugno 1999 contenevano documenti statistici per il periodo compreso tra il 1995 e il 1998. Tuttavia, poiché l’infrazione in questione si è protratta dal gennaio 1991 al febbraio 1999, non si potrebbe affermare che tali elementi probatori abbiano dimostrato la durata dell’infrazione. I detti elementi non avrebbero neanche descritto il meccanismo di base dell’intesa: essi non si riferirebbero in alcun modo ad iniziative concordate in materia di prezzi e si riferirebbero solo vagamente a «quote di mercato concordate», senza fornire indicazioni relative a riunioni particolari, al luogo in cui esse erano tenute, alle date o ai partecipanti. Secondo la ricorrente, gli elementi forniti dalla BASF il 15 e il 25 giugno 1999 erano leggermente più dettagliati di quelli forniti dalla Roche nel giugno 1999 ma, alla stregua di questi ultimi, erano incompleti, segnatamente per quanto riguarda la durata dell’infrazione. Infatti, ne risulterebbe che un «accordo» era stato discusso la prima volta nel 1992 e che gli «accordi relativi al Calpan» erano terminati alla fine o verso la fine del 1998.

138    Tuttavia, la ricorrente rileva di non avere avuto accesso a determinati passaggi delle informazioni della BASF che si riteneva contenessero segreti aziendali. Osservando che è «infinitamente poco probabile che tali informazioni omesse abbiano reso gli elementi della BASF “determinanti”», la ricorrente chiede al Tribunale di ordinare alla Commissione, a titolo di misure di organizzazione del procedimento, di fornire al Tribunale una versione integrale dei due suddetti documenti provenienti dalla BASF e di confermare che le informazioni a cui la ricorrente non ha avuto accesso non hanno reso gli elementi probatori forniti dalla BASF determinanti.

139    Per contro, gli elementi probatori forniti alla Commissione dalla ricorrente il 9 luglio 1999 sarebbero stati determinanti, dato il loro carattere esaustivo e dettagliato. In particolare, tale elementi avrebbero consentito alla Commissione di stabilire la cronistoria e il regime dell’intesa, il meccanismo di base della stessa, il calendario ed il meccanismo degli adeguamenti dei piani economici, i dettagli delle riunioni, il funzionamento dell’intesa dal 1991 al 1997 e la durata della stessa. Il carattere determinante degli elementi probatori forniti dalla ricorrente risulterebbe anche dal fatto che la Commissione si è basata quasi esclusivamente su questi ultimi per descrivere l’infrazione nella Decisione (sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-317/94, Weig/Commissione, Racc. pag. II‑1235, punto 288). In particolare, la parte della Decisione concernente la descrizione dell’intesa relativa alla vitamina B 5 (punti 292-329) farebbe riferimento circa venti volte a citazioni, dichiarazioni e documenti forniti dalla ricorrente, mentre si riferirebbe solo due volte a dichiarazioni e documenti forniti dalla BASF e una sola volta a una dichiarazione della Roche.

140    La ricorrente osserva che, nella Decisione, la Commissione non ha motivato per ciascuna intesa sanzionata il carattere determinante degli elementi probatori forniti dalla Roche e dalla BASF. La Commissione avrebbe piuttosto realizzato una «determinazione complessiva relativa alle memorie della Roche e della BASF per tutte le varie intese sulle vitamine». Alla luce di tale approccio globale, sorgerebbe la questione se la Commissione abbia correttamente valutato e qualificato gli elementi probatori della Roche e della BASF forniti nel giugno 1999 come determinanti ai fini di dimostrare l’infrazione relativa alla vitamina B 5. Alla luce di ciò, la ricorrente invita il Tribunale a riesaminare tali elementi probatori e a confrontarli con quelli «dettagliati, completi e volontari» forniti dalla ricorrente il 9 luglio 1999.

141    La convenuta contesta che la ricorrente possa beneficiare della sezione B della comunicazione sulla cooperazione, in quanto non è stata la prima ad averle fornito elementi determinanti probatori dell’intesa relativa alla vitamina B 5. Essa ribadisce gli argomenti esposti nella Decisione secondo cui la Roche e la BASF le hanno comunicato i primi elementi determinanti − vale a dire alcune informazioni sull’identità delle società e di determinate persone coinvolte negli accordi, sull’oggetto delle discussioni, sul piano di base dell’intesa e sulla durata dell’infrazione − e precisa che i detti elementi sono stati forniti dalla BASF il 15 e il 23 giugno 1999 e dalla Roche nella sua lettera datata 22 giugno 1999.

142    Per quanto riguarda la misura di organizzazione del procedimento richiesta dalla ricorrente, da un lato, la convenuta precisa che la ricorrente possiede già i documenti che chiede le vengano forniti, i quali le sono stati inviati al momento dell’adozione della comunicazione degli addebiti, ad eccezione delle informazioni di vendita trasmesse dalla BASF e riportate alla pag. 4413 del fascicolo amministrativo, per cui la Commissione avrebbe concesso un trattamento riservato. Dall’altro, la convenuta conferma il carattere determinante di tali documenti ai fini della prova dell’esistenza dell’intesa relativa alla vitamina B 5.

143    Per quanto riguarda la sua domanda di misure di organizzazione del procedimento, la ricorrente, nella replica, prende atto del fatto che la convenuta conferma che la pag. 4413 del fascicolo amministrativo non le è stata comunicata durante il procedimento amministrativo a causa del trattamento riservato concesso. Essa precisa, a tale proposito, che non intende ottenere essa stessa una copia di tale pagina, ma chiede piuttosto che la convenuta la fornisca al Tribunale, affinché quest’ultimo sia in grado di valutare se le informazioni ivi riportate siano state fornite in risposta alla richiesta della Commissione ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 17 e se abbiano reso la prova fornita dalla BASF determinante ai sensi della sezione B, lett. b), della comunicazione sulla cooperazione.

–       Sulla seconda parte

144    Per il caso in cui il Tribunale debba giudicare che essa non soddisfacesse la condizione prevista dalla sezione B, sub a), della comunicazione sulla cooperazione, con la seconda parte del presente motivo la ricorrente fa valere che, poiché essa soddisfaceva almeno le condizioni sub b)‑e) di tale sezione, la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione, ha «applicato erroneamente il diritto ai fatti» ed ha violato la comunicazione sulla cooperazione non avendole concesso una riduzione significativa dell’importo dell’ammenda, dal 50% al 75%, ai sensi della sezione C di detta comunicazione.

145    La convenuta osserva che la ricorrente, non essendo stata la prima a produrre elementi determinanti che dimostrano l’esistenza dell’intesa, non poteva neanche beneficiare dell’applicazione della sezione C della comunicazione sulla cooperazione.

 Giudizio del Tribunale

146    Nella comunicazione sulla cooperazione, la Commissione ha definito le condizioni alle quali le imprese che cooperano con essa nel corso delle sue indagini relative ad un’intesa possono evitare l’imposizione delle ammende che altrimenti sarebbero loro inflitte, o beneficiare di riduzioni del loro ammontare (v. sezione A, n. 3, della comunicazione sulla cooperazione).

147    Come è menzionato nella sezione E, n. 3, della comunicazione sulla cooperazione, quest’ultima ha creato aspettative legittime sulle quali fanno affidamento le imprese che intendono informare la Commissione dell’esistenza di un’intesa. Alla luce del legittimo affidamento che le imprese che intendono cooperare con la Commissione possono aver tratto dalla detta comunicazione, la Commissione è quindi tenuta a conformarvisi in sede di valutazione, nell’ambito della determinazione dell’importo dell’ammenda imposta alla ricorrente, della cooperazione di quest’ultima (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 20 marzo 2002, causa T-9/99, HFB e a./Commissione, Racc. pag. II‑1487, punto 608, e 8 luglio 2004, causa T‑48/00, Corus UK/Commissione, Racc. pag. II‑2325, punti 192 e 193).

148    Conformemente alla sezione B di tale comunicazione, «beneficia di una riduzione pari almeno al 75% dell’ammontare dell’ammenda, che le sarebbe stata inflitta in assenza di cooperazione, o della totale non imposizione della medesima», l’impresa la quale:

«a)       denunci l’intesa segreta alla Commissione prima che quest’ultima abbia proceduto ad un accertamento, previa decisione, presso imprese partecipanti all’intesa e senza che essa già disponga di informazioni sufficienti per dimostrare l’esistenza dell’intesa denunciata;

b)       sia la prima a fornire elementi determinanti ai fini della prova dell’esistenza dell’intesa;

c)       abbia cessato di partecipare all’attività illecita al più tardi al momento in cui denuncia l’intesa;

d)       fornisca alla Commissione tutte le informazioni utili nonché tutti i documenti e gli elementi probatori di cui dispone riguardanti l’intesa e assicuri una permanente e totale cooperazione per tutto il corso dell’indagine;

e)       non abbia costretto un’altra impresa a partecipare all’intesa né abbia svolto un ruolo di iniziazione o determinante nell’attività illecita».

149    Inoltre, ai sensi della sezione C di tale comunicazione, «l’impresa che, soddisfatte le condizioni di cui [alla sezione B, lett. b)-e)], denunci l’intesa segreta dopo che la Commissione abbia proceduto ad accertamenti, previa decisione, presso imprese partecipanti all’intesa stessa, senza che tali accertamenti abbiano potuto fornire una base sufficiente per giustificare l’avvio del procedimento in vista dell’adozione di una decisione, beneficia di una riduzione dal 50% al 75% dell’ammontare dell’ammenda».

150    La concessione dell’esenzione totale o di una riduzione dell’importo dell’ammenda ai sensi della sezione B o della sezione C della comunicazione sulla cooperazione richiede quindi, in particolare, che l’impresa interessata sia stata la prima a fornire elementi determinanti ai fini della prova dell’esistenza dell’intesa [condizione indicata alla sezione B, lett. b)].

151    Al punto 743, prima frase, della Decisione, la Commissione ha considerato che «Roche e BASF, mettendo a disposizione della Commissione stessa il materiale più importante tra il 2 giugno 1999 e il 30 luglio 1999, [fossero] state le prime a fornirle la prova decisiva dell’esistenza di accordi di cartello nei mercati delle vitamine B 2, B 5, C, D3, del betacarotene e dei carotenoidi». Al punto 745, prima frase, essa ne ha dedotto che con ciò era stato impedito ad altre imprese di soddisfare questa condizione.

152    Al contrario, la ricorrente sostiene di aver soddisfatto questa stessa condizione. Con la sua dichiarazione alla Commissione datata 9 luglio 1999 e i relativi allegati, essa avrebbe fornito alla Commissione elementi determinanti per dimostrare l’intesa relativa alla vitamina B 5. Per contro, gli elementi forniti in merito alla detta intesa da parte della Roche e della BASF prima di tale dichiarazione, vale a dire quelli trasmessi con una lettera della Roche datata 22 giugno 1999, registrata il 24 giugno 1999, e con due lettere della BASF datate 15 e 23 giugno 1999 (registrate rispettivamente il 15 e il 25 giugno 1999), non potrebbero essere considerati determinanti.

153    Orbene, si deve necessariamente rilevare che la formulazione della prima frase del punto 743 della Decisione non consente di comprendere se la Commissione abbia ritenuto che la Roche e la BASF soddisfacessero congiuntamente la condizione di cui alla sezione B, lett. b), per ciascuna delle infrazioni menzionate, né se, per quanto riguarda l’infrazione relativa alla vitamina B 5, la sua valutazione si sia basata sulla considerazione di tutti gli elementi forniti da queste due imprese nel lasso di tempo indicato (compreso tra il 2 giugno e il 30 luglio 1999), inclusi dunque quelli trasmessi dopo la dichiarazione della ricorrente del 9 luglio 1999 (in particolare le risposte della Roche e della BASF del 16 luglio 1999 alle richieste di informazioni, relative in particolare alla vitamina B 5, che erano state loro rivolte dall’istituzione il 26 maggio 1999: v. punto 132 della Decisione).

154    Ai fini della presente causa, tuttavia, non è necessario esaminare – alla luce del tenore della sezione B, lett. b), e della sezione C della comunicazione sulla cooperazione, che sono dirette a ricompensare, con una riduzione dell’ammenda rispettivamente assai significativa e significativa, l’unica impresa che sia stata realmente la «prima» a fornire elementi determinanti (sentenze del Tribunale 15 giugno 2005, cause riunite T‑71/03, T‑74/03, T‑87/03 e T‑91/03, Tokai Carbon e a./Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 365) – la questione se la Commissione abbia affermato, e se del caso giustamente, che, per quanto riguarda l’infrazione relativa alla vitamina B 5, la Roche e la BASF soddisfacessero entrambe la condizione di cui alla sezione B, lett. b), della comunicazione sulla cooperazione.

155    D’altra parte, l’ambiguità del punto 743 della Decisione per quanto riguarda gli elementi probatori presi in considerazione dalla Commissione per la sua valutazione ai sensi della sezione B, lett. b), della comunicazione sulla cooperazione non ha impedito alla ricorrente di esaminare la fondatezza di tale valutazione e di contestarla dinanzi al Tribunale, così come non impedisce al Tribunale di esercitare il suo controllo di legittimità su tale valutazione riguardo agli argomenti sollevati in queste parti del presente motivo.

156    Per quanto riguarda la nozione di «elementi determinanti ai fini della prova dell’esistenza dell’intesa», da un lato, si deve considerare, contrariamente a quanto sostiene la convenuta, che tale nozione non comprende le prove che siano di per sé sufficienti per dimostrare l’esistenza dell’intesa, come confermato da un raffronto con i termini utilizzati alla sezione B, lett. a), della comunicazione sulla cooperazione, che contiene proprio l’aggettivo «sufficienti», il quale non è invece utilizzato alla sezione B, lett. b), della stessa comunicazione (v., in questo senso, sentenza 15 giugno 2005, Tokai Carbon e a./Commissione, cit., punto 362).

157    Dall’altro, anche se gli elementi di cui alla sezione B, lett. b), della detta comunicazione non devono necessariamente essere di per sé sufficienti per provare l’esistenza dell’intesa, essi devono comunque essere determinanti a questo stesso fine. Non deve trattarsi, quindi, semplicemente di una fonte di orientamento per le indagini che la Commissione deve effettuare, bensì di elementi che possano essere utilizzati direttamente come base probatoria principale per una decisione di constatazione di infrazione.

158    Nel caso di specie, non si può contestare che la ricorrente abbia fornito, con la sua dichiarazione del 9 luglio 1999, elementi siffatti per quanto riguarda l’intesa relativa alla vitamina B 5. Tale dichiarazione conteneva una descrizione dettagliata dell’intesa, con precisazioni relative in particolare all’istituzione e alla durata di quest’ultima, ai suoi membri e alle loro motivazioni, ai suoi principi direttivi (sistema dei piani economici diretto alla ripartizione delle vendite, aumenti concordati di prezzi, scambio d’informazioni), nonché un rilevamento molto minuzioso di vari contatti e riunioni avvenuti durante tutta la durata dell’infrazione, con l’indicazione delle relative date, luoghi, oggetto e nomi dei partecipanti. Erano inoltre annessi documenti che mostravano in particolare, in maniera circostanziata e con dettagli numerici, il funzionamento del sistema dei piani economici e gli aumenti concordati di prezzi. D’altra parte, come la ricorrente ha giustamente messo in evidenza, la descrizione dell’infrazione relativa alla vitamina B 5 contenuta nella Decisione si basa fondamentalmente sugli elementi forniti dalla ricorrente.

159    Alla luce di ciò, la ricorrente sottolinea giustamente che la questione se l’impresa che ha fornito per prima elementi determinanti sia stata effettivamente la Roche o la BASF, e non la ricorrente, dev’essere risolta solo sulla base degli elementi trasmessi dalla Roche e dalla BASF alla Commissione il 9 luglio 1999. La convenuta stessa, nel controricorso, ha del resto precisato l’indicazione riportata al punto 743, prima frase, della Decisione, affermando che i primi elementi determinanti ai fini della prova dell’esistenza dell’intesa relativa alla vitamina B 5 erano stati forniti dalla BASF nelle sue lettere datate 15 e 23 giugno 1999 e dalla Roche nella lettera 22 giugno 1999.

160    Orbene, a tale proposito va rilevato che gli elementi forniti dalla BASF al 25 giugno 1999, vale a dire quelli trasmessi con le lettere datate 15 e 23 giugno 1999, come risultano dal fascicolo della presente causa, possono sicuramente essere considerati tali da costituire il fondamento probatorio principale per rilevare l’esistenza di un’intesa nel mercato della vitamina B 5 e, di conseguenza, idonei a costituire in ogni caso un ostacolo al fatto che la ricorrente soddisfi la condizione di cui alla sezione B, lett. b), della comunicazione sulla cooperazione.

161    Infatti, va sottolineato che dalla lettera 15 giugno 1999 risultano, oltre ai partecipanti all’intesa, precisazioni relative a determinate riunioni del periodo iniziale dell’intesa, con menzione dei luoghi (Basilea e Tokyo) in cui esse si erano tenute e dei nomi delle persone intervenute. Essa indica i nomi delle persone coinvolte nelle azioni illecite, la frequenza trimestrale delle riunioni del cartello ed il contenuto generale degli accordi (ripartizione di quote, scambio d’informazioni sui volumi di vendita su base mensile, aumento dei prezzi) e identifica come periodo dell’infrazione quello compreso tra il 1992 e la fine del 1998, vale a dire un periodo che copre quasi tutto il periodo dell’infrazione come rilevato nella Decisione. Inoltre, la lettera 23 giugno 1999 fornisce, nei suoi allegati, dati numerici relativi in particolare alle quote assegnate ai membri dell’intesa per il 1995 e il 1996 ed un elenco dei prezzi di listino e dei prezzi minimi al 1° aprile 1994, informazioni che rendono più circostanziata e documentata la descrizione delle azioni illecite contenuta nella lettera 15 giugno 1999.

162    La conclusione formulata al punto 160 supra non può essere inficiata dal fatto che gli elementi forniti dalla BASF il 25 giugno 1999 non identificassero la durata esatta dell’infrazione come rilevata nella Decisione, poiché la condizione di cui alla sezione B, lett. b), della comunicazione sulla cooperazione non richiede che l’impresa in questione fornisca elementi probatori riguardanti tutti i fatti rilevati nella decisione della Commissione. Tale conclusione non può neanche essere invalidata dal fatto che, nella Decisione, la Commissione abbia utilizzato gli elementi forniti dalla ricorrente in misura maggiore rispetto a quelli forniti dalla BASF.

163    Ciò premesso, senza che sia necessario ordinare alla convenuta, conformemente alla richiesta della ricorrente in tal senso, di fornire la pag. 4413 o altri documenti del fascicolo amministrativo, né esaminare se gli elementi forniti dalla Roche con la lettera 22 giugno 1999, più limitati rispetto a quelli forniti dalla BASF, potessero, a loro volta, essere qualificati come determinanti ai fini della prova dell’esistenza dell’intesa relativa alla vitamina B 5, si deve necessariamente rilevare, con la convenuta, che la ricorrente, a dispetto della natura certamente più estesa, dettagliata e documentata degli elementi da essa forniti alla Commissione il 9 luglio 1999, non soddisfaceva la condizione di cui alla sezione B, lett. b), della comunicazione sulla cooperazione e non poteva pertanto beneficiare dell’applicazione della sezione B o della sezione C di tale comunicazione.

164    Poiché la ricorrente non ha dimostrato che, rifiutando di concederle uno o l’altro dei detti benefici, la Commissione abbia commesso un errore manifesto di valutazione o abbia violato la comunicazione sulla cooperazione, la prima e la seconda parte del presente motivo devono essere respinte.

 Sulla terza e sulla quarta parte, relative all’applicazione della sezione D della comunicazione sulla cooperazione

165    Con la terza e la quarta parte del presente motivo, formulate in subordine, la ricorrente fa valere che la Commissione avrebbe dovuto almeno concederle una riduzione dell’ammenda del 50% o, in ogni caso, superiore al 35%, ai sensi della sezione D della comunicazione sulla cooperazione.

 Argomenti delle parti

–       Sulla terza parte

166    Con la terza parte, la ricorrente sostiene che la Commissione ha violato il principio di parità di trattamento non avendole concesso, contrariamente a quanto avvenuto per la Roche e la BASF, una riduzione del 50% dell’importo dell’ammenda ai sensi della sezione D di tale comunicazione, dato che, secondo la ricorrente, la sua cooperazione era stata almeno tanto ampia e volontaria quanto quella della Roche e quella della BASF ed era intervenuta nella medesima fase del procedimento amministrativo.

167    La ricorrente ricorda che, ai sensi delle sentenze del Tribunale 13 dicembre 2001, cause riunite T-45/98 e T-47/98, Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione (Racc. pag. II‑3757, punto 245), e causa T‑48/98, Acerinox/Commissione (Racc. pag. II‑3859, punto 139), i gradi della cooperazione fornita dalle imprese interessate devono essere considerati equiparabili purché tali imprese abbiano fornito alla Commissione, nella medesima fase del procedimento amministrativo e in circostanze analoghe, informazioni simili sui fatti loro imputati. Orbene, nel caso di specie vari fattori dimostrerebbero che la cooperazione della ricorrente è stata paragonabile a quella della Roche e a quella della BASF, se non addirittura più ampia: le circostanze in cui le imprese interessate si sono rivolte alla Commissione, la sequenza temporale della presentazione degli elementi probatori, la natura volontaria della produzione delle prove e il «valore aggiunto» degli elementi probatori forniti.

168    La convenuta contesta che il principio di parità di trattamento imponga nel caso di specie di concedere alla ricorrente una riduzione del 50% dell’ammenda ai sensi della sezione D della comunicazione sulla cooperazione, ossia un trattamento identico a quello riservato a tale proposito alla Roche e alla BASF. Essa mette in evidenza in particolare che la ricorrente ha contattato la Commissione per manifestare la sua intenzione di cooperare solo più di un mese dopo la Roche e la BASF e che la sua cooperazione effettiva è intervenuta solo in un momento in cui la Commissione disponeva già di prove decisive sull’intesa trasmesse dalla Roche e dalla BASF. Pertanto, essa non avrebbe violato il principio di parità di trattamento nell’aver esercitato il suo margine discrezionale all’interno della forbice di riduzione (dal 10 al 15%) prevista alla sezione D della comunicazione sulla cooperazione concedendo alla ricorrente una riduzione del 35% dell’importo dell’ammenda inflittale.

–       Sulla quarta parte

169    Ancora più in subordine, la ricorrente fa valere, con la quarta parte del presente motivo, che la Commissione ha violato la comunicazione sulla cooperazione e il principio di parità di trattamento, non avendole concesso una riduzione superiore al 35% per essersi conformata al primo e al secondo trattino della sezione D, n. 2, di tale comunicazione.

170    A tale proposito, la ricorrente ricorda che le è stata concessa una riduzione del 35% per aver soddisfatto le condizioni indicate alla sezione D, n. 2, primo trattino, della comunicazione sulla cooperazione, vale a dire per aver fornito alla Commissione, prima dell’invio della comunicazione degli addebiti, informazioni, documenti o altri elementi probatori che hanno contribuito a confermare la sussistenza dell’infrazione. Tuttavia, la ricorrente osserva che la Commissione non ha riconosciuto in alcun punto della Decisione che, non avendo contestato i fatti materiali esposti nella comunicazione degli addebiti, essa abbia anche soddisfatto le condizioni di cui alla sezione D, n. 2, secondo trattino, di detta comunicazione.

171    Orbene, dalla sezione D, n. 2, di tale comunicazione risulterebbe che il primo e il secondo trattino riguardano motivi separati e distinti per una riduzione dell’importo dell’ammenda. Alla luce di ciò, il fatto che la Commissione non abbia concesso alla ricorrente una riduzione più elevata tenendo conto del fatto che essa ha soddisfatto le condizioni del primo e del secondo trattino della sezione D, n. 2, della comunicazione costituirebbe un’erronea applicazione di quest’ultima o, perlomeno, una violazione delle legittime aspettative create da tale comunicazione.

172    Inoltre, tale rifiuto della Commissione di concedere alla ricorrente una riduzione per essersi conformata ai due trattini della sezione D, n. 2, della comunicazione sulla cooperazione violerebbe anche il principio di parità di trattamento, in quanto non è conforme alla prassi della Commissione. A tale proposito, la ricorrente menziona la decisione British Sugar (v. punto 46 supra) e la decisione della Commissione 9 dicembre 1998, 1999/271/CE, relativa ad una procedura ai sensi dell’articolo 85 del Trattato CE (IV/34.466 – Traghetti greci) (GU 1999, L 109, pag. 24), nelle quali, rispettivamente, le imprese British Sugar e Anek avrebbero beneficiato di una riduzione del 50% e del 45% dell’ammenda per aver soddisfatto contemporaneamente le condizioni di cui al primo e al secondo trattino della sezione D, n. 2, della comunicazione sulla cooperazione.

173    La convenuta contesta la richiesta della ricorrente di ottenere una riduzione dell’ammenda superiore al 35% a titolo della sezione D della suddetta comunicazione. Essa afferma che la riduzione del 35% concessa tiene conto anche del fatto che la ricorrente non abbia contestato i fatti. La Decisione menzionerebbe al punto 754 (v. punto 20 supra) la circostanza che la ricorrente non abbia contestato i fatti. Da una lettura corretta di tale punto risulterebbe che le due possibilità previste sono, la prima, che un’impresa abbia contribuito ad accertare l’esistenza delle infrazioni e non abbia contestato i fatti materiali e, la seconda, che essa non abbia contestato i fatti materiali senza aver contribuito ad accertare l’esistenza delle infrazioni. Una tale lettura si imporrebbe alla luce del contesto della frase e della Decisione nel suo insieme, da cui risulterebbe che, mentre nessuna delle imprese ha contestato i fatti materiali, alcune imprese, per determinati prodotti vitaminici, non hanno soddisfatto la condizione relativa al contributo ad accertare le infrazioni. Del resto, il livello di riduzione concesso alla Roche e alla BASF confermerebbe l’inesattezza dell’interpretazione della Decisione effettuata dalla ricorrente. Infatti, se tale interpretazione fosse esatta, le riduzioni concesse alla Roche e alla BASF non avrebbero tenuto conto dell’assenza di contestazione da parte di queste ultime dei fatti materiali relativi alle infrazioni loro imputate, e la concessione da parte della Commissione di una riduzione del 50% a ciascuna di esse sarebbe illogica, poiché a tali imprese sarebbe stata concessa la riduzione massima a titolo della sezione D nonostante non tutte le condizioni menzionate in tale sezione fossero state soddisfatte.

174    Pertanto, la convenuta avrebbe semplicemente omesso, al punto 764, di menzionare nuovamente il secondo trattino della sezione D, tuttavia quanto enunciato in tale punto si riferirebbe genericamente alla cooperazione fornita dalla ricorrente alla Commissione.

 Giudizio del Tribunale

175    La sezione D della comunicazione sulla cooperazione così dispone:

«1.      Un’impresa che coopera senza che siano soddisfatte tutte le condizioni di cui [alle sezioni] B o C beneficia di una riduzione dal 10% al 50% dell’ammontare dell’ammenda che le sarebbe stata inflitta in assenza di cooperazione.

2.      Ciò può verificarsi in particolare:

–        se, prima dell’invio di una comunicazione degli addebiti, un’impresa fornisce alla Commissione informazioni, documenti o altri elementi probatori che contribuiscano a confermare la sussistenza dell’infrazione,

–        se, dopo aver ricevuto la comunicazione degli addebiti, un’impresa informa la Commissione che non contesta i fatti materiali sui quali la Commissione fonda le sue accuse».

176    Occorre esaminare anzitutto la questione se, come afferma la ricorrente, la riduzione del 35% dell’importo dell’ammenda che le è stata concessa dalla Commissione a titolo di tale sezione D lo sia stata solo in forza della cooperazione prevista al n. 2, primo trattino, di tale sezione o se, come sostiene la convenuta, la detta riduzione fosse diretta anche a ricompensare la ricorrente per non aver contestato i fatti materiali esposti nella comunicazione degli addebiti, fermo restando che la convenuta non nega che la ricorrente soddisfacesse la condizione di cui al n. 2, secondo trattino, di tale sezione. Del resto, la mancata contestazione da parte della ricorrente dei fatti materiali riportati nella comunicazione degli addebiti risulta chiaramente dal tenore della sua risposta a questa stessa comunicazione datata 2 ottobre 2000.

177    Come osserva la convenuta, dalla Decisione (punto 148) risulta effettivamente che nessuna delle otto imprese cui sono state inflitte ammende nell’ambito della Decisione ha contestato nella sostanza i fatti sui quali la Commissione aveva basato detta comunicazione. Orbene, ancorché il punto 746 riproduca essenzialmente il testo integrale della sezione D della comunicazione sulla cooperazione e ancorché la Commissione abbia espressamente concesso alla Merck KgaA ed alla Aventis SA una riduzione dell’ammenda pari, rispettivamente, al 15% e al 10% in applicazione della citata sezione D, n. 2, secondo trattino, per non aver contestato i fatti loro addebitati, in merito rispettivamente all’infrazione relativa alla vitamina C e a quella relativa alla vitamina D 3 (punti 763 e 767), essa non ha applicato tale disposizione alla ricorrente e ha ridotto l’ammenda di quest’ultima solamente ai sensi della sezione D, n. 2, primo trattino (punto 764).

178    Nelle sue memorie, la convenuta ha cercato di spiegare tale omissione precisando che, nei casi in cui la cooperazione delle imprese si era limitata ad un’assenza di contestazione dei fatti, essa ha applicato una riduzione basata unicamente su tale tipo di cooperazione ed ha fatto espresso riferimento al punto D, n. 2, secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione, mentre, per le imprese che avevano altresì cooperato ai sensi del primo trattino di tale disposizione, vale a dire le imprese Roche, BASF, Solvay Pharmaceuticals BV, Daiichi, Eisai Co. Ltd e Takeda Chemical Industries Ltd, essa ha applicato una sola riduzione, che raggruppava i due tipi di cooperazione; tuttavia, essa avrebbe semplicemente omesso di menzionare, per quest’ultima riduzione, anche il secondo trattino. In ogni caso, emergerebbe chiaramente dal contesto della Decisione che la riduzione concessa alla ricorrente era basata sia sul fatto che quest’ultima aveva fornito informazioni e documenti, sia sulla mancata contestazione dei fatti.

179    È sufficiente rilevare in proposito che tale spiegazione è stata fornita dalla Commissione per la prima volta dinanzi al Tribunale, e che essa non risulta essere contenuta nella Decisione adottata dal collegio dei membri della Commissione. Orbene, la valutazione della mancata contestazione dei fatti da parte della ricorrente avrebbe dovuto risultare dai punti della motivazione relativi alla cooperazione dell’impresa, allo stesso modo in cui essa era espressamente menzionata – oltre che al punto 148 relativo alla descrizione dello svolgimento del procedimento amministrativo – ai punti 752, 753, 763 e 767 con riferimento alla Merck e all’Aventis (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 20 marzo 2002, causa T‑31/99, ABB Asea Brown Boveri/Commissione, Racc. pag. II‑1881, punti 242 e 244, e 29 aprile 2004, Tokai Carbon e a./Commissione, cit., punti 413-415, 439 e 453). Per quanto riguarda il punto 754, fatto valere dalla convenuta, si deve necessariamente rilevare, alla luce del suo tenore e in particolare dell’impiego dei termini «e/o» [corrispondenti, nella versione italiana, ad una semplice «e», ndt], che esso non può essere interpretato nel senso che indichi che la ricorrente non avesse contestato i fatti materiali su cui la Commissione aveva fondato le sue conclusioni, tanto più che tale punto si limita a seguire i punti della Decisione (747‑753) in cui la Commissione ha esaminato, per ciascuna delle imprese in questione, il tipo di cooperazione fornita e che, per quanto riguarda la ricorrente e contrariamente ai casi della Merck e dell’Aventis, non dimostrano una siffatta mancata contestazione dei fatti.

180    Alla luce dei punti 749, 750 e 764 della Decisione, relativi alla ricorrente (v. punto 22 supra), il Tribunale deve quindi prendere atto del fatto che la Commissione non ha consentito all’impresa di beneficiare della disposizione di cui alla sezione D, n. 2, secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione, ancorché la ricorrente integrasse i presupposti di applicazione di tale disposizione.

181    Emerge da quanto precede che la Commissione ha sottovalutato l’importanza della cooperazione fornita dalla ricorrente prima dell’adozione della Decisione e, così facendo, ha illegalmente rifiutato di far beneficiare la ricorrente di tale disposizione. Poiché la Commissione ha quindi violato la comunicazione sulla cooperazione, il Tribunale deve esercitare la sua competenza giurisdizionale anche di merito e, in tale contesto, garantire la tutela del legittimo affidamento che la sezione D di tale comunicazione ha potuto far sorgere nella ricorrente.

182    Nell’esercizio di tale competenza, tenuto conto anche dell’ampiezza della cooperazione offerta dalla ricorrente prima dell’invio della comunicazione degli addebiti – come risulta dalla copiosa produzione di documenti trasmessi alla Commissione il 9 luglio 1999 e dall’abbondante citazione, nella Decisione, di elementi forniti nell’ambito di tale cooperazione – nonché della spontaneità di tale cooperazione, non preceduta dall’esercizio, nei confronti della ricorrente, dei poteri d’indagine della Commissione, il Tribunale ritiene che occorra concedere alla ricorrente una riduzione supplementare del 15% sull’importo dell’ammenda inflittale, calcolato prima dell’applicazione della comunicazione sulla cooperazione, che si aggiunge alla riduzione del 35% già concessa dalla Commissione.

183    Poiché la ricorrente beneficia così di una riduzione del 50%, vale a dire della massima riduzione prevista a titolo della sezione D della comunicazione sulla cooperazione, non occorre esaminare nello specifico le censure della ricorrente vertenti, nell’ambito delle presenti parti, sulla violazione da parte della Commissione del principio di parità di trattamento.

184    Ne consegue che l’importo definitivo dell’ammenda inflitta alla ricorrente dev’essere ricondotto ad EUR 18 milioni.

 Sulla riservatezza di taluni dati riportati nella Decisione

185    Si deve rilevare che, nelle tabelle del punto 123 della versione pubblicata della Decisione, taluni dati relativi al volume d’affari mondiale realizzato dal prodotto interessato in tutto l’ultimo anno civile dell’infrazione e alle quote di mercato detenute nel corso del periodo in cui si è avuta l’infrazione sono omessi o sostituiti da forbici di valori, al fine di salvaguardare il segreto commerciale. Si tratta, più precisamente, dei dati relativi ai mercati delle vitamine A, E e B 5, del betacarotene e dei carotenoidi.

186    Né la ricorrente né la Commissione hanno inizialmente chiesto al Tribunale di disporre il trattamento riservato di tali dati.

187    Poiché l’art. 17, n. 4, delle istruzioni al cancelliere del Tribunale di primo grado delle Comunità europee, adottate il 3 marzo 1994 (GU 1994, L 78, pag. 32) e modificate, da ultimo, il 5 giugno 2002 (GU 2002, L 160, pag. 1), prevede che, «[s]u richiesta di una parte o d’ufficio, (…) taluni dati possono essere omessi nelle pubblicazioni relative ad una causa, se sussiste un interesse legittimo a che (…) tali dati siano tenuti riservati», il Tribunale ha invitato le parti, a titolo di misure di organizzazione del procedimento, a pronunciarsi sulla questione dell’esistenza, a loro avviso, di un interesse legittimo a che i dati di cui al punto 185 supra fossero tenuti riservati nelle pubblicazioni relative al presente procedimento.

188    La ricorrente ha risposto che, stante il loro carattere storico, i dati che la riguardavano non richiedevano un trattamento riservato nelle pubblicazioni del Tribunale relative al presente procedimento. La convenuta, dal canto suo, pur dichiarandosi d’accordo ad un’eventuale pubblicazione dei dati relativi alla ricorrente, qualora questa vi acconsentisse, ha precisato che, invece, i dati relativi alle altre imprese non potevano essere rivelati, poiché rientrerebbero nel segreto commerciale e le imprese ne avevano chiesto il trattamento riservato per la pubblicazione della Decisione.

189    Dal momento che i dati di cui si tratta sono relativi a periodi (che vanno fino al 1998) decorsi da almeno sei anni e non rivestono peraltro un valore strategico, il Tribunale, ritenendo che essi avessero ormai acquisito un carattere storico (v., in questo senso, ordinanza del Tribunale 19 giugno 1996, cause riunite T‑134/94, da T‑136/94 a T‑138/94, T‑141/94, T‑145/94, T‑147/94, T‑148/94, T‑151/94, T‑156/94 e T‑157/94, NMH Stahlwerke e a./Commissione, Racc. pag. II‑537, punti 25 e 32), ha deciso che non occorreva disporne il trattamento riservato nelle pubblicazioni relative al presente procedimento. Pertanto, taluni dati relativi al mercato della vitamina B 5, ivi compresi quelli riguardanti imprese diverse dalla ricorrente, erano menzionati nella relazione d’udienza e, alla stregua di taluni dati relativi ai mercati delle vitamine A ed E, figurano anche nella presente sentenza, giacché aiutano peraltro alla comprensione dell’iter logico del Tribunale in relazione al primo motivo del presente ricorso.

 Sulle spese

190    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Ai sensi dell’art. 87, n. 3, primo comma, dello stesso regolamento, il Tribunale può ripartire le spese se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi.

191    Nel caso di specie, poiché la ricorrente è risultata soccombente per una parte significativa delle sue conclusioni, il Tribunale farà una giusta valutazione delle circostanze della causa decidendo che essa sopporti quattro quinti delle proprie spese e quattro quinti delle spese sostenute dalla Commissione e che quest’ultima sopporti un quinto delle proprie spese e un quinto delle spese sostenute dalla ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      L’importo dell’ammenda comminata alla ricorrente dall’art. 3, lett. f), della decisione della Commissione 21 novembre 2001, 2003/2/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 del Trattato CE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/E-1/37.512 – Vitamine), è ricondotto ad EUR 18 000 000.

2)      Il ricorso è respinto per il resto.

3)      La ricorrente sopporterà quattro quinti delle proprie spese e quattro quinti delle spese sostenute dalla Commissione, mentre quest’ultima sopporterà un quinto delle proprie spese e un quinto delle spese sostenute dalla ricorrente.

Legal

Mengozzi

Wiszniewska-Białecka

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 marzo 2006.

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       H. Legal

Indice


Fatti all’origine della controversia

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

1.  Sul primo motivo, vertente sulla fissazione dell’importo di base dell’ammenda

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Osservazioni preliminari

Sulla prima parte

Sulla seconda e sulla terza parte

2.  Sul secondo motivo, vertente sull’esecuzione solo parziale degli accordi da parte della ricorrente quale circostanza attenuante

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

3.  Sul terzo motivo, vertente sull’applicazione della comunicazione sulla cooperazione

Sulla prima e sulla seconda parte, relative, rispettivamente, all’applicazione delle sezioni B e C della comunicazione sulla cooperazione

Argomenti delle parti

–  Sulla prima parte

–  Sulla seconda parte

Giudizio del Tribunale

Sulla terza e sulla quarta parte, relative all’applicazione della sezione D della comunicazione sulla cooperazione

Argomenti delle parti

–  Sulla terza parte

–  Sulla quarta parte

Giudizio del Tribunale

Sulla riservatezza di taluni dati riportati nella Decisione

Sulle spese



* Lingua processuale: l'inglese.