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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 16 novembre 2011 (1)

Causa C‑72/11

Generalbundesanwalt beim Bundesgerichtshof

contro

Mohsen Afrasiabi,

Behzad Sahabi,

Heinz Ulrich Kessel

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dall’Oberlandesgericht Düsseldorf (Germania)]

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran al fine di impedire la proliferazione nucleare – Regolamento (CE) n. 423/2007 – Art. 7, nn. 3 e 4 – Fornitura ad un terzo di un forno di vetrificazione destinato alla fabbricazione di rivestimenti di componenti di missili nucleari a vantaggio di un’entità elencata negli allegati IV e V del citato regolamento – Congelamento dei capitali e delle risorse economiche – Divieto di “messa a disposizione indiretta” di una “risorsa economica” – Divieto di partecipare “consapevolmente e deliberatamente” ad un’attività avente l’obiettivo o il risultato di “eludere” detto divieto»





1.        Con la domanda di pronuncia pregiudiziale in esame, l’Oberlandesgericht Düsseldorf (Germania) chiede alla Corte di chiarire la portata delle misure restrittive adottate dall’Unione europea nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran e contenute nell’art. 7, nn. 3 e 4, del regolamento (CE) n. 423/2007 (2).

2.        Dette misure si inseriscono nel quadro del congelamento delle attività economiche e finanziarie delle entità che contribuiscono allo sviluppo del programma nucleare e balistico iraniano, in violazione del trattato sulla non-proliferazione delle armi nucleari (3). Esse vietano a tutti i cittadini dell’Unione e a tutte le persone che si trovano sul suo territorio di mettere a disposizione di dette entità capitali o risorse economiche.

3.        Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia che vede opposto il Generalbundesanwalt beim Bundesgerichtshof (Germania) (in prosieguo: il «Generalbundesanwalt») ai sigg. Afrasiabi, Sahabi e Kessel con riguardo alla fornitura di un forno di vetrificazione per ceramica destinato alla fabbricazione di rivestimenti di componenti per missili nucleari in favore di un’entità implicata in attività di proliferazione. Il giudice del rinvio si interroga sulla questione della qualifica da attribuire ai fatti nella causa principale.

I –    Contesto internazionale ed ambito giuridico

4.        Per comprendere questa causa e il contesto giuridico nel quale si inserisce occorre tornare su un fatto sconvolgente sotto ogni profilo.

5.        Il 31 gennaio 2004 lo scienziato nucleare pakistano Abdul Qadeer Khan è stato arrestato per il suo ruolo nella creazione, a partire dal 1987, di una rete internazionale per il traffico di apparecchiature nucleari destinate a coadiuvare, nella loro ricerca, Stati aspiranti alle armi nucleari, come la Repubblica democratica popolare di Corea, la Repubblica islamica dell’Iran o la Jamahiriya araba libica popolare e socialista. Per la prima volta, tutte le fasi per arrivare alla fabbricazione di un’arma nucleare sono sfuggite al controllo della comunità internazionale, ossia la catena di approvvigionamento, gestita da una trentina di intermediari stabiliti in Europa, in Asia e in Africa, le apparecchiature e le tecnologie acquisite pezzo per pezzo presso imprese occidentali, i materiali come l’uranio arricchito, il know how tecnologico e la perizia tecnica.

6.         Secondo i lavori di ricerca, tale vicenda ha rivelato la debolezza e l’incapacità degli Stati di identificare e porre fine, per più di sedici anni, ad un commercio clandestino di materiali e tecnologie nucleari. Essa ha anche suonato il campanello d’allarme sulla necessità e l’urgenza di rafforzare la lotta contro la proliferazione e soprattutto di adeguarla alle nuove sfide contemporanee in materia di sicurezza (4).

7.        Il 28 aprile 2004 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (in prosieguo: il «Consiglio di sicurezza») ha adottato la risoluzione 1540 (2004) che pone i fondamenti della lotta internazionale contro le reti di proliferazione. Quindi, il 31 luglio 2006, nell’ambito della risoluzione 1696 (2006), il Consiglio di sicurezza ha obbligato la Repubblica islamica dell’Iran a sospendere tutte le sue attività connesse all’arricchimento e al ritrattamento dell’uranio. A fronte della persistente violazione dei suoi impegni internazionali, il Consiglio di sicurezza ha adottato misure restrittive nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran nel quadro della risoluzione 1737 (2006), adottata il 23 dicembre 2006.

A –    La risoluzione 1737 (2006) del Consiglio di sicurezza

8.        L’obiettivo della risoluzione 1737 (2006) del Consiglio di sicurezza è chiaro. Essa mira ad ostacolare la messa a punto, da parte della Repubblica islamica dell’Iran, di tecnologie sensibili a sostegno dei suoi programmi nucleari.

9.        Per conseguire detto obiettivo, la comunità internazionale si è impegnata ad agire sulla catena di approvvigionamento e sulla consulenza tecnica, introducendo un embargo sui beni e sulle tecnologie di proliferazione e vietando qualsiasi assistenza tecnica in relazione all’installazione di detti beni e di dette tecnologie.

10.      Inoltre, la comunità internazionale si è impegnata ad agire sul finanziamento delle attività di proliferazione, indebolendo il potenziale economico delle entità implicate nel programma nucleare iraniano. Conformemente al paragrafo 12 della risoluzione 1737 (2006), gli Stati devono congelare i capitali, le attività finanziarie e le risorse economiche di queste entità. Inoltre, essi devono impedire ai loro cittadini e a tutte le persone che si trovano sul loro territorio di mettere a disposizione di dette entità capitali, attività finanziarie o risorse economiche o di consentirne l’utilizzazione a loro beneficio.

11.      Tra le entità considerate dal Consiglio di sicurezza e dal comitato per le sanzioni figura, nell’allegato di detta risoluzione, il Gruppo industriale Shahid Hemmat (SHIG).

B –    Normativa dell’Unione

12.      La risoluzione 1737 (2006) è stata attuata con la posizione comune 2007/140/PESC (5). È sul fondamento di questa posizione comune che il Consiglio dell’Unione europea ha adottato il regolamento, entrato in vigore il 20 aprile 2007.

13.      Ai fini dell’art. 1, lett. d), del regolamento, per «tecnologie» si intende, segnatamente, «il software».

14.      Conformemente all’art. 1, lett. i) del regolamento, per «risorse economiche» si intendono «le attività di qualsiasi tipo, materiali o immateriali, mobili o immobili, che non sono fondi ma che possono essere utilizzate per ottenere fondi, beni o servizi».

15.      L’art. 2, lett. a), del regolamento vieta la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione, diretti o indiretti, dei beni e delle tecnologie elencati nell’allegato I del regolamento. Si tratta dei beni e delle tecnologie «a duplice uso» (civile e militare) tra i quali si trovano i forni a induzione in grado di funzionare a temperature superiori a 850°C (6).

16.      L’art. 3, nn. 1 e 2, del regolamento assoggetta ad un’autorizzazione preventiva la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione, diretta o indiretta, verso l’Iran di altri beni e tecnologie, elencati nell’allegato II, che potrebbero essere proliferanti. Tra questi beni figurano, alla voce II.A2.005, i «[f]orni per trattamento termico in atmosfera controllata, come segue: forni in grado di funzionare a temperature superiori a 400°C».

17.      In forza dell’art. 7, nn. 1 e 2, del regolamento, sono congelati i capitali e le risorse economiche delle entità che, segnatamente, partecipano, sono direttamente associate o danno il loro sostegno alle attività nucleari. Dette entità figurano agli allegati IV e V del regolamento.

18.      L’art. 7, n. 3, del regolamento così recita:

«Nessun fondo o risorsa economica è messo a disposizione, direttamente o indirettamente, delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi di cui agli allegati IV e V o utilizzato a loro beneficio».

19.      L’art. 7, n. 4, del regolamento dispone quanto segue:

«È vietato partecipare, consapevolmente e deliberatamente, ad attività aventi l’obiettivo o il risultato di eludere, direttamente o indirettamente, le misure di cui ai paragrafi 1, 2 e 3».

20.      Infine, in base all’art. 12, n. 2, del regolamento, «[i] divieti di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), e all’articolo 7, paragrafo 3, non comportano alcun genere di responsabilità per le persone fisiche o giuridiche o le entità interessate se esse non sapevano, e non avevano alcun motivo ragionevole di sospettare, che le loro azioni avrebbero violato tali divieti».

21.      Tra le entità identificate all’allegato IV-A del regolamento figura il SHIG, con le indicazioni «Altre informazioni: a) entità sotto il controllo dell’AIO, b) partecipa al programma iraniano riguardante i missili balistici».

22.      Con la sua risoluzione 1929 (2010), il Consiglio di sicurezza ha ampliato la portata delle misure restrittive introdotte con la risoluzione 1737 (2006) nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran. Al fine di conformarsi ai suoi impegni internazionali, il Consiglio ha abrogato, il 26 luglio 2010, la posizione comune 2007/140. Esso ha abrogato anche il regolamento, sostituendolo con il regolamento (UE) n. 961/2010 (7).

C –    La normativa nazionale

23.      Le infrazioni agli atti dell’Unione, come il regolamento, sono punibili con sanzioni penali, e segnatamente con una pena detentiva, in forza dell’art. 34 della legge sul commercio estero (Außenwirtschaftsgesetz).

II – Procedimento principale

24.      Nel 2004 il sig. Afrasiabi, direttore della Emen Survey Engineering Co. Teheran (in prosieguo: la «Emen Survey»), un’impresa iraniana, sarebbe stato incaricato dal direttore di un centro segreto di ricerca per la produzione di missili di acquistare un forno di vetrificazione per ceramica per conto del SHIG. Con l’intermediazione del sig. Sahabi, il sig. Afrasiabi sarebbe entrato in contatto con la FCT Systeme GmbH (in prosieguo: la «FCT»), un’impresa di produzione tedesca e, segnatamente, con il sig. Kessel, con il quale avrebbe concluso un contratto di fornitura.

25.      Il 20 luglio 2006 quest’ultimo avrebbe chiesto al Bundesamt für Wirtschaft und Ausfuhrkontrolle (Ufficio federale tedesco dell’economia e del controllo delle esportazioni, in prosieguo: il «BAFA») il rilascio di un’autorizzazione all’esportazione per la fornitura di detto forno alla Emen Survey, omettendo di precisare che tale impresa intendeva sinterizzare componenti di missili nucleari destinati ad un utente finale del programma di missili iraniano. Il 16 gennaio 2007, il BAFA avrebbe emanato una decisione secondo la quale l’esportazione del forno non era assoggettata ad autorizzazione.

26.      A seguito dell’entrata in vigore, il 20 aprile 2007, del regolamento, il SHIG è stato incluso tra le entità di cui agli allegati IV e V del medesimo. Allo stesso modo, il forno di vetrificazione è stato incluso tra i beni e le tecnologie di cui all’allegato II del regolamento, la cui esportazione è assoggettata all’ottenimento di un’autorizzazione preventiva. Di conseguenza, il BAFA avrebbe abrogato la sua decisione.

27.      Il 20 luglio 2007 il sig. Kessel avrebbe fornito il forno di vetrificazione alla Emen Survey e, nel mese di marzo 2008, avrebbe inviato due tecnici a Teheran (Iran) affinché procedessero all’installazione di questo forno. Tuttavia, questi ultimi non avrebbero installato il software necessario alla messa in funzione del forno, in quanto tale software era liberamente disponibile in Iran. La Emen Survey avrebbe acquistato il forno di vetrificazione per proprio conto, al fine di produrre rivestimenti di componenti di missili per il SHIG.

28.      Il 13 marzo 2008 il BAFA avrebbe informato il sig. Kessel che la Emen Survey era sospettata di procedere ad acquisti per conto dell’industria missilistica iraniana. Il sig. Kessel avrebbe allora rinunciato a rendere operativo il forno. L’inizio della produzione sarebbe di conseguenza fallito.

III – Questioni pregiudiziali

29.      Il giudice del rinvio nutre dubbi riguardo all’interpretazione dell’art. 7, nn. 3 e 4, del regolamento.

30.      In primo luogo, pur affermando di non avere difficoltà ad ammettere che la tecnologia rappresentata dal forno di vetrificazione costituisce una risorsa economica ai sensi dell’art. 1, lett. i), del regolamento, il giudice del rinvio si chiede se, nonostante l’ampia accezione del termine di «messa a disposizione» sviluppata dalla Corte, sia possibile ammettere che detta risorsa, conformemente all’art. 7, n. 3, del regolamento, sia stata messa a disposizione di un’entità citata all’allegato IV del medesimo se, da una parte, nessun atto materiale ha conferito a detta entità il potere di disporre effettivamente quanto meno del valore immateriale di detta risorsa e, dall’altra parte, una siffatta risorsa permane in possesso di terzi, nella fattispecie la Emen Survey, che con tale risorsa produrrebbe altri beni, che sarebbero a quel punto trasmessi all’entità stessa

31.      In secondo luogo, il giudice del rinvio si chiede se l’atto di cui trattasi non costituisca un’elusione del divieto di cui all’art. 7, n. 3, del regolamento, censurabile sotto il profilo dell’art. 7, n. 4, del regolamento. A questo riguardo, esso si interroga sulla portata della nozione di elusione, e segnatamente sugli elementi costitutivi della medesima.

32.      In tale contesto, l’Oberlandesgericht Düsseldorf ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, ai fini della messa a disposizione ai sensi dell’art. 7, n. 3, del regolamento (…) n. 423/2007, sia necessario che la risorsa economica possa essere utilizzata immediatamente, dalla persona/dall’entità iscritta sull’elenco, per ottenere fondi o servizi. Se invece l’art. 7, n. 3, del regolamento (…) n. 423/2007 debba essere interpretato nel senso che rientra nel divieto di messa a disposizione indiretta anche la fornitura e l’installazione presso un terzo in Iran di una risorsa economica funzionale, ma non ancora utilizzabile (nella fattispecie, un forno sottovuoto) con il quale tale terzo intenda successivamente avviare la produzione di beni per una delle persone giuridiche, delle entità o degli organismi citati negli allegati IV e V del regolamento.

2)      a)     Se l’art. 7, n. 4, del regolamento (…) debba essere interpretato nel senso che può sussistere elusione unicamente se l’autore adegua formalmente – seppure solo in apparenza – il suo comportamento ai divieti di cui all’art. 7, nn. 1‑3, del regolamento (…), in modo tale che anche secondo la più ampia interpretazione possibile esso non rientri più nell’ambito di applicazione delle norme che sanciscono il divieto, e se quindi gli elementi costitutivi dei divieti di elusione e di messa a disposizione si escludano a vicenda. In caso affermativo: se un comportamento che non rientri (ancora) nel divieto della messa a disposizione (indiretta) possa comunque costituire un’elusione ai sensi dell’art. 7, n. 4, del regolamento.

      b)      O se, piuttosto, l’art. 7, n. 4, del regolamento (…) costituisca una clausola residuale alla quale ricondurre qualsiasi comportamento che in definitiva sia volto a mettere una risorsa economica a disposizione di una persona o di un’entità iscritta nell’elenco.

3)      a)     Se l’elemento soggettivo “consapevolmente e deliberatamente” di cui all’art. 7, n. 4, del regolamento (…) richieda da un lato la conoscenza effettiva di un’azione avente l’obiettivo o il risultato di eludere il divieto di mettere a disposizione una risorsa, ma anche, d’altro lato, un elemento aggiuntivo relativo alla volontà, quanto meno nel senso che l’autore della violazione accetti in ogni caso la possibilità di eludere il divieto. Oppure se lo scopo dell’autore debba proprio essere quello di eludere il divieto, agendo pertanto intenzionalmente.

      b)      O se invece non occorra la consapevolezza di aggirare il divieto, ma sia sufficiente ritenere che l’autore dell’infrazione ritenga possibile l’elusione del divieto e la accetti»

33.      Osservazioni scritte sono state depositate dalle parti nel procedimento principale, nonché dalla Repubblica francese, dalla Repubblica italiana e dalla Commissione europea.

IV – Esame delle questioni pregiudiziali

34.      Mi sembra indispensabile riformulare le questioni presentate, atteso che la mia lettura dell’art. 7 del regolamento diverge sensibilmente da quella del giudice del rinvio e delle parti che hanno depositato osservazioni scritte.

35.      Infatti, dalla mia lettura risulta che detta disposizione comporta due parti distinte.

36.      Nella prima parte dell’art. 7, composto dei nn. 1‑3, il regolamento pone la definizione di quello che è vietato. Nella fattispecie, il regolamento vieta che le entità di cui ai suoi allegati IV e V dispongano di capitali o di risorse economiche. A questo fine, da una parte, ai citati nn. 1 e 2, esso ingiunge un congelamento delle attività esistenti e dall’altra, al citato n. 3, vieta ad ogni individuo di mettere a disposizione di queste entità, in futuro, capitali o risorse economiche.

37.      Nella seconda parte dell’art. 7, costituita dal n. 4, il regolamento incrimina il comportamento il cui effetto sarebbe quello di rendere inoperanti i divieti di cui ai numeri che precedono. Tale n. 4 è indispensabile, perché non tutto ciò che è vietato è automaticamente penalmente perseguibile. È dunque questa disposizione che introduce il principio stesso del reato sanzionabile dal diritto penale. Con i suoi riferimenti ai nn. 1‑3, il n. 4 definisce molto chiaramente gli elementi sostanziali costitutivi di tale reato. Inoltre, con l’impiego dei termini «consapevolmente» e «deliberatamente», esso definisce l’elemento sovente qualificato come «l’elemento intellettuale o psicologico del reato». Un reato non si configura, peraltro, senza detto elemento.

38.      A mio avviso, dalla lettura combinata degli artt. 7, n. 4, e 12, n. 2, del regolamento emerge che essi definiscono le condizioni sia sostanziali che psicologiche del comportamento vietato, di cui dovrà tenere conto la normativa penale nazionale.

39.      Di conseguenza, i nn. 3 e 4 dell’art. 7 del regolamento, lungi dall’opporsi e dall’escludersi vicendevolmente, si completano e si rafforzano, atteso che il n. 4 mira a garantire l’efficacia dei nn. 1‑3 come esprimono i suoi termini in relazione a questi ultimi. Il n. 4 fornisce, in effetti, tutta la loro forza alle disposizioni che lo precedono e, a mio avviso, il n. 3 di detto art. 7 non costituisce un reato distinto più di quanto non lo costituiscano i nn. 1 e 2 dello stesso articolo.

40.      A mio avviso, costituisce dunque una violazione delle disposizioni dell’art. 7 del regolamento qualsiasi comportamento equivalente a quelli descritti al n. 4 di detto articolo.

41.      Peraltro, osservo che siffatta struttura redazionale rientra nell’economia del regolamento, atteso che ritroviamo la stessa tecnica agli artt. 2, lett. b), e 5, n. 1, lett. d), del medesimo. Il legislatore dell’Unione indica dunque precisamente agli Stati membri che intende rafforzare il quadro normativo con sanzioni penali il cui regime deve essere determinato da questi ultimi, conformemente all’art. 16 del regolamento. Questa tecnica, consistente nel dissociare le norme di comportamento da quelle relative alla sanzione, è classica nel settore della normativa di riferimento.

42.      Al punto 45 delle sue osservazioni, il Generalbundesanwalt indica che il contenuto normativo del regolamento fa parte integrante delle disposizioni repressive nazionali, dato che la violazione di queste ultime è punibile con sanzioni detentive. Di conseguenza, trovandoci davanti ad un caso di integrazione della norma dell’Unione mediante il riferimento del diritto interno a quest’ultima, il giudice del rinvio chiede alla Corte la definizione dei termini che costituiscono, da una parte, gli elementi sostanziali e, dall’altra, l’elemento psicologico dell’infrazione perseguita dal Generalbundesanwalt.

43.      Mi sembra che le definizioni richieste debbano vertere sui termini seguenti. Se la fornitura del forno di vetrificazione nelle circostanze descritte costituisca la «messa a disposizione indiretta di una risorsa economica». In cosa consista il fatto di «eludere» le misure di cui all’art. 7, nn. 1‑3, del regolamento. A quali condizioni «soggettive» dell’infrazione corrispondano i termini «consapevolmente» e «deliberatamente».

44.      Queste definizioni richieste devono costituire l’oggetto di un’interpretazione autonoma ed uniforme in tutta l’Unione. Infatti, il regolamento interviene in un settore armonizzato e rinvia al diritto degli Stati membri unicamente per quanto concerne la determinazione del regime delle sanzioni applicabili in caso di violazione delle misure che prescrive (8).

45.      Inoltre, il senso e la portata delle nozioni da definire devono essere ricercati, innanzitutto, tenendo conto del quadro repressivo nel quale esse si inseriscono. Trattandosi di materia penale, le disposizioni nelle quali queste nozioni figurano devono essere sufficientemente chiare e precise per garantire il rispetto dei principi generali del diritto dell’Unione e, segnatamente, dei principi della certezza del diritto e della legalità dei reati e delle pene (9).

46.      Infine, l’interpretazione che s’impone deve essere teleologica per ricercare ed esprimere la ratio legis del testo di cui l’art. 7, n. 4, del regolamento intende garantire l’efficacia. Questo metodo interpretativo è classicamente ammesso, mentre l’interpretazione per analogia è qui, per contro, severamente proibita in quanto viola, con la sua imprecisione, il principio della legalità dei reati e delle pene.

47.      Nella fattispecie, lo scopo perseguito dalla legge, ovvero, nella fattispecie, il regolamento, strumento d’armonizzazione per eccellenza, è perfettamente chiaro. Si tratta di porre fine alle attività svolte dalla Repubblica islamica dell’Iran per mettere a punto un armamento nucleare, che può essere utilizzato a scopi militari o propagato. L’art. 7 del regolamento deve dunque impedire atti o comportamenti che minaccerebbero o rischierebbero di minacciare la pace di una parte o di tutto il mondo e di comportare distruzioni umane di massa qualificabili come genocidio, sia che questo risultato sia precisamente ricercato o che sia imprudentemente reso possibile, peraltro, dall’atteggiamento del suo autore. Inoltre, atteso che il comportamento dell’autore del reato evolve, è indispensabile che questa disposizione consenta di adattarsi all’immaginazione di coloro che, con artifici vari, segnatamente giuridici, tenteranno di dissimulare il vero obiettivo delle loro azioni.

48.      Per ottenere gli obiettivi perseguiti, è dunque non soltanto legittimo, ma anche indispensabile che le definizioni richieste ricevano un’interpretazione ampia, perché si tratta non solo di punire ciò che è stato fatto, ma anche di vietare tutto ciò che può essere escogitato per eludere la legge e per sfruttare le lacune del sistema.

A –    Sull’interpretazione della nozione di «messa a disposizione indiretta» di cui all’art. 7, n. 3, del regolamento

49.      La nozione di «messa a disposizione indiretta» è utilizzata all’art. 7, n. 3, del regolamento nonché all’art. 5, n. 2, della posizione comune 2007/140. Nondimeno, essa non figura nel testo del paragrafo 12 della risoluzione 1737 (2006).

50.      La nozione di messa a disposizione è stata interpretata dalla Corte nelle sentenze Möllendorf e Möllendorf-Niehuus (10) nonché E e F (11). Si trattava di due rinvii pregiudiziali concernenti l’interpretazione di misure adottate nel quadro della lotta contro il terrorismo, formulate in termini identici a quelli dell’art. 7, n. 3, del regolamento.

51.      In queste sentenze, la Corte ha conferito alla nozione di messa a disposizione un’accezione ampia, che ricomprende ogni atto il cui compimento sia necessario per consentire a una persona, a un gruppo o a un’entità determinati di ottenere effettivamente il potere di disporre pienamente dei capitali, delle altre attività finanziarie o delle risorse economiche (12).

52.      In altri termini, la nozione di messa a disposizione comprende ogni trasferimento della proprietà.

53.      Nella causa definita dalla citata sentenza Möllendorf e Möllendorf-Niehuus la Corte ha dunque ammesso che la trascrizione definitiva, su un registro immobiliare, di un trasferimento della proprietà di un bene immobile ad una determinata entità costituiva una messa a disposizione vietata dalle disposizioni regolamentari in questione. Nella causa definita dalla citata sentenza E e F. la Corte ha inteso nei medesimi termini il fatto che un membro di un’organizzazione elencata trasmettesse a quest’ultima capitali provenienti da attività di raccolta di offerte e da vendite di pubblicazioni.

54.      La Corte non ha ancora avuto l’occasione di pronunciarsi sulla nozione di messa a disposizione indiretta di un capitale o di una risorsa economica.

55.      A mio avviso, questa nozione consente, innanzitutto, di rispondere all’adeguamento del comportamento dell’autore del reato e, segnatamente, ad ogni atto di dissimulazione. Infatti, a partire dal momento in cui è vietato mettere a disposizione di un’entità elencata capitali o risorse economiche, questa si nasconderà dietro persone fisiche fittizie o società di copertura per accedere a fonti di finanziamento, usando mezzi sempre più sofisticati nel quadro di reti di proliferazione. Orbene, ogni trasferimento di capitali e di risorse economiche che, qualunque sia la persona a cui sono concretamente ceduti, possa andare a beneficio di una siffatta entità o rischi di farlo costituisce, evidentemente, un meccanismo fraudolento che deve essere vietato nel suo complesso.

56.      Nell’ambito della sua valutazione sovrana dei fatti, il giudice nazionale deve esaminare tutti gli elementi atti a caratterizzare l’esistenza di stretti legami tra l’entità alla quale i capitali o le risorse economiche sono stati ceduti e l’entità di cui agli allegati IV e V del regolamento. Questa valutazione deve svolgersi caso per caso e gli indizi possono essere molto diversi, legati, ad esempio, alla detenzione del capitale, alla composizione degli organi direttivi, alla natura degli scambi commerciali o all’esistenza di rapporti di ordine contrattuale.

57.      Pertanto, nel quadro dell’operazione controversa nella presente causa, non è escluso che la Emen Survey abbia agito per conto o seguendo le istruzioni del SHIG, in modo da eludere le misure restrittive adottate nei confronti di quest’ultima. Infatti, leggendo l’atto di accusa e le osservazioni del Generalbundesanwalt, osservo che il sig. Afrasiabi ha svolto una funzione direttiva in seno al SHIG dal 1996 al 2003, prima di dirigere la Emen Survey (13). Apprendo anche che egli è stato incaricato dal direttore di un centro segreto di ricerca per la produzione di missili di acquistare un forno di vetrificazione per conto del SHIG, atteso che quest’ultimo aveva già cercato di acquistare attrezzature presso il FCT. Osservo anche che il sig. Afrasiabi ha acquistato il forno di vetrificazione al fine di produrre componenti di missili per il SHIG e per l’industria missilistica iraniana (14).

58.      Spetterà al giudice del rinvio valutare l’efficacia probatoria di ciascuno di tali elementi, insieme ai documenti di cui dispone nel quadro del fascicolo nazionale.

59.      Alla luce di questi elementi, ritengo pertanto che la nozione di «messa a disposizione indiretta», di cui all’art. 7, n. 3, del regolamento, debba essere intesa nel senso che essa comprende la fornitura e l’installazione di un forno di vetrificazione presso un’impresa iraniana, se quest’ultima agisce nell’ambito di un sistema fraudolento volto a dissimulare l’effettivo beneficiario della risorsa economica, di cui agli allegati IV e V del regolamento.

60.      Spetta al giudice del rinvio esaminare, caso per caso e nell’ambito della sua valutazione sovrana dei fatti, tutti gli elementi atti a caratterizzare l’esistenza di stretti collegamenti tra l’entità alla quale sono stati ceduti i capitali o le risorse economiche e l’entità di cui agli allegati IV e V del regolamento.

B –    Sull’interpretazione della nozione di «risorsa economica», di cui all’art. 7, n. 3, del regolamento

61.      Nella presente causa risulta che il forno di vetrificazione non è operativo, per la mancata installazione del software necessario alla sua messa in funzione, e che non è dunque stato prodotto alcun rivestimento di componenti di missili. Si pone dunque la questione se il SHIG sia in grado di disporre, molto concretamente, di una «risorsa economica» ai sensi dell’art. 7, n. 3, del regolamento.

62.      In primo luogo, la nozione di risorsa economica riveste un senso molto ampio, come rivela la scelta dei termini ad opera del legislatore dell’Unione.

63.      Infatti, conformemente all’art. 1, lett. i), del regolamento, la nozione di risorsa economica comprende «le attività di qualsiasi tipo ((15)), materiali o immateriali, mobili o immobili, che non sono fondi ma che possono essere utilizzate per ottenere fondi, beni o servizi» (16).

64.      La nozione di risorsa economica comprende non soltanto tutte le attività, di qualsiasi tipo, ma anche l’utilizzazione di cui queste possono essere oggetto. Il legislatore dell’Unione intende dunque tutte le attività che, in un modo o in un altro, possono consentire al beneficiario di ottenere capitali o servizi o che possono essere impiegate nel quadro della progettazione di un’arma nucleare, il che comprende, di conseguenza, l’insieme dei beni materiali e immateriali nonché l’insieme delle tecnologie disponibili.

65.      Questa definizione corrisponde del resto all’approccio molto ampio adottato dalle Nazioni Unite (17).

66.      È evidente che il forno di vetrificazione costituisce, come tale e indipendentemente dalla sua messa in funzione, una «risorsa economica», ai sensi dei termini dell’art. 1, lett. i), del regolamento. Si tratta di un mezzo di produzione destinato alla fabbricazione di componenti che possono rientrare nella progettazione e nella messa in funzione di un’arma nucleare. Indipendentemente dall’installazione del software necessario alla sua attivazione, esso rappresenta una tecnologia di punta per l’acquisto della quale la Emen Survey ha pagato l’importo di EUR 850 000, ai sensi del contratto di fornitura concluso con la FCT (18). L’accesso ad una tecnologia tanto sofisticata alimenta, con ogni evidenza, le attività di ricerca e di sviluppo e consente non solo di ottenere capitali, ma anche di impiegare detta tecnologia a fini diversi da quelli civili.

67.      In secondo luogo, questa interpretazione s’impone alla luce degli obiettivi perseguiti dal legislatore dell’Unione. Infatti, è indispensabile che la nozione di risorsa economica riceva la definizione più ampia possibile se vogliamo tenere conto delle nuove forme della proliferazione. Si deve abbandonare l’idea che gli Stati alla ricerca delle armi nucleari si basino su procedimenti classici di approvvigionamento. Tenuto conto della globalizzazione degli scambi, sia materiali che immateriali, della progressiva liberalizzazione del commercio internazionale e degli sviluppi tecnici e industriali, l’acquisizione di materiali e di tecnologie sensibili si dematerializza e costituisce l’oggetto di mezzi sempre più sofisticati. Per quanto concerne le attrezzature, la nozione di risorsa economica non deve soltanto riguardare quelle che sono in grado di funzionare, ma deve ricomprendere anche le componenti elementari e i singoli pezzi che, combinati tra loro, consentono all’entità di cui trattasi di ottenere un materiale o una fonte di finanziamento. Essa deve comprendere anche tutte le tecnologie che consentono di avere accesso e di controllare il procedimento, come il software, i disegni, i progetti, i modelli o ancora il know-how tecnologico, come le istruzioni di montaggio e le descrizioni. Infatti, ciascuna di queste tecnologie è di per sé sufficiente a consentire ad un’entità elencata di impiegarla a fini strategici o commerciali.

68.      Di conseguenza, poco importa, a mio avviso, che il forno di vetrificazione di cui trattasi sia in grado di funzionare o meno. Indipendentemente dall’installazione del software necessario alla messa in funzione di questo forno, la tecnologia che esso rappresenta è sufficiente per garantire al SHIG una fonte di reddito e consentirgli di impiegarlo a favore delle sue attività nucleari.

69.      In terzo luogo, detta interpretazione non è rimessa in causa dalla distinzione operata dal legislatore dell’Unione, all’art. 1 del regolamento, tra la nozione di «tecnologie» e quella di «risorsa economica» e sulla quale si basa il sig. Kessel nelle sue osservazioni. L’art. 1, lett. d), del regolamento indica che per «tecnologia» si intende, segnatamente, il software. Conformemente all’allegato II.B. del regolamento, si tratta delle «[t]ecnologie necessarie per lo sviluppo, la produzione o l’utilizzo dei (beni di cui all’allegato II.A del regolamento)», tra i quali figura il forno di vetrificazione.

70.      Secondo il sig. Kessel, siffatta distinzione presume che le tecnologie siano escluse dalla nozione di «risorsa economica», ai sensi delle disposizioni dell’art. 7, n. 3, del regolamento.

71.      Non condivido tale posizione. Detta distinzione si spiega soltanto con la portata e la diversità delle misure restrittive adottate nell’ambito di questo regolamento.

72.      Infatti, la nozione di tecnologie è impiegata nell’ambito dell’embargo adottato agli artt. 2‑6 del regolamento. Si tratta di una sanzione commerciale, consistente nel vietare o limitare la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione verso l’Iran di beni e tecnologie che possono rafforzare il suo potenziale nucleare. Il legislatore dell’Unione deve dunque dare prova di precisione quanto alle merci di cui trattasi, dato che si tratta di impedirne la libera circolazione e il commercio verso uno Stato. Nella fattispecie, tale legislatore considera espressamente i beni e le tecnologie detti «a duplice uso», di cui al regolamento n. 1334/2000, come modificato dal regolamento n. 394/2006.

73.      La nozione di risorsa economica, dal canto suo, è impiegata nel quadro delle misure che disciplinano il congelamento dei beni delle entità elencate agli allegati IV e V del regolamento. Ricordo che si tratta di una sanzione finanziaria, il cui obiettivo è indebolire il potenziale economico delle entità elencate, impedendo loro di avere accesso alle risorse economiche o finanziarie, di qualsiasi tipo (19).

74.      Il divieto di cui all’art. 7, n. 3, del regolamento concerne dunque il complesso delle risorse che, se messe direttamente o indirettamente a disposizione di un’entità di cui agli allegati IV e V del regolamento, comportano, di per sé, un rischio di elusione a vantaggio del finanziamento del programma nucleare iraniano o che possono rientrare in qualsiasi modo nella progettazione, la messa a punto, la produzione o l’utilizzo di un’arma nucleare. Per garantire la coerenza del sistema di sanzioni, detto divieto deve, evidentemente, includere non solo l’insieme dei beni, ma anche l’insieme delle tecnologie colpite dalla misura d’embargo.

75.      Alla luce di questi elementi, sono del parere che la nozione di «risorsa economica», di cui all’art. 7, n. 3, del regolamento, debba dunque essere intesa nel senso che essa comprende un forno di vetrificazione, a prescindere dall’installazione del software necessario al suo funzionamento.

C –    Sull’interpretazione della nozione di «elusione», di cui all’art. 7, n. 4, del regolamento

76.      L’art. 7, n. 4, del regolamento, prevede che «[è] vietato partecipare, consapevolmente e deliberatamente, ad attività aventi l’obiettivo o il risultato di eludere, direttamente o indirettamente, le misure di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 (dello stesso articolo)» (20).

77.      Eludere la legge significa violarla con ogni mezzo, ivi compresa la dissimulazione, utilizzata per eludere, sfuggire o vanificare i divieti enunciati dal testo. Nel contesto del n. 4 dell’art. 7 del regolamento, ciò significa adottare un comportamento il cui risultato è perfettamente contrario alla finalità perseguita da questo articolo. In altri termini, il legislatore dell’Unione considera tutti i tipi di comportamenti che consentono ad un’entità elencata di disporre di capitali o di risorse economiche, in violazione dei divieti di cui all’art. 7, nn. 1‑3, del regolamento. Poco importa la natura dell’attività alla quale l’individuo ha partecipato e la misura in cui egli ha contribuito alla realizzazione dell’infrazione.

D –    Sull’interpretazione dei termini «consapevolmente» e «deliberatamente», di cui all’art. 7, n. 4, del regolamento

78.      All’art. 7, n. 4, del regolamento, il legislatore dell’Unione esige che l’individuo abbia agito «consapevolmente» («wissentlich») e «deliberatamente» («vorsätzlich»). Egli definisce così l’elemento psicologico del reato. Questi termini sono tratti dalla versione in lingua tedesca, che è la lingua del procedimento della presente causa, nonché dalla versione in lingua italiana.

79.      Occorre qui determinare la natura dell’elemento psicologico (o soggettivo, secondo il termine utilizzato dal giudice del rinvio) richiesto dal testo affinché si configuri il reato sotto questo profilo.

80.      Come osserva il giudice del rinvio, esiste qualche differenza terminologica. La versione in lingua spagnola impiega i termini «consciente» e «deliberada», quella in lingua inglese «knowingly» e «intentionally», quella in lingua italiana, «consapevolmente» e «deliberatamente», quella in lingua portoghese, «consciente» e «intencional», quella in lingua rumena, «voluntară» e «deliberată», e quella in lingua slovacca, «vedomá» e «úmyselná». Secondo le versioni linguistiche dell’art. 7, n. 4, del regolamento, il termine «deliberatamente» è dunque indistintamente sostituito con i termini «intenzionalmente» o «volontariamente» (21).

81.      I termini «deliberatamente» e «consapevolmente» devono trovare un’interpretazione autonoma e uniforme in tutta l’Unione e il loro senso deve, prima di tutto, essere ricercato tenendo conto del principio dell’autonomia del diritto penale e dei principi generali di quest’ultimo.

82.      Detti principi generali presumono, da una parte, il ricorrere delle condizioni che devono essere presenti qualunque sia il tipo di reato considerato e, dall’altra parte, secondo le prescrizioni del testo repressivo, delle condizioni che possono essere proprie ad un tipo particolare di comportamento specialmente incriminato.

83.      Le condizioni generali impongono che, nel compimento di ogni azione punibile, si devono trovare riunite, presso colui che la commette, una coscienza ed una volontà libere, ossia non inficiate da un problema mentale e/o da una coercizione.

84.      Per definizione, si ritiene che tale condizione preliminare e indispensabile sia implicitamente, ma necessariamente, sottintesa. Infatti, benché tale condizione non sia letteralmente espressa nel testo, qualora essa non fosse considerata tutto il dispositivo sarebbe contrario ai diritti fondamentali riconosciuti agli individui sia dalle convenzioni internazionali, sia dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

85.      I termini «deliberatamente» e «consapevolmente» designano pertanto l’elemento psicologico proprio al reato qui specificamente represso, come esplicitato dal testo su cui si fonda la repressione, conformemente all’esigenza di precisione richiesta dal principio di legalità del diritto penale.

86.      La teoria penale classica distingue due grandi tipi di colpa, vale a dire la colpa intenzionale, che, nel suo senso stretto, consiste nel fatto che l’autore persegua proprio lo scopo vietato dalla legge, e la colpa commessa per imprudenza o negligenza. Pertanto, è con riferimento al tenore letterale del testo che si deve comprendere quale o quali di tali colpe siano qui richieste col ricorso ai termini «deliberatamente» e «consapevolmente».

87.      Qualunque sia l’imprecisione rivelata dalle diverse versioni linguistiche dei termini citati, la lettera dell’art. 7, n. 4, del regolamento ci consente di ritenere che il legislatore dell’Unione abbia voluto sanzionare questi due tipi di colpe.

88.      In primo luogo, la colpa intenzionale come appena definita. È questo il senso dell’espressione utilizzata dal legislatore dell’Unione quanto parla di ogni attività «avente l’obiettivo».

89.      Inoltre, la colpa per imprudenza o per negligenza. Infatti, come dimostra l’uso dell’espressione «avente il risultato», è del pari incriminata dal legislatore dell’Unione l’attività che è sfociata nel risultato ottenuto, anche se non è stato conseguito intenzionalmente. Qui, il testo repressivo tiene conto di un comportamento che esprime un’indisciplina sociale, tradotta in un’imprudenza o in una negligenza che determina il risultato vietato.

90.      Di conseguenza, l’analisi dell’art. 7, n. 4, del regolamento ci porta a ritenere che i termini «deliberatamente» e «consapevolmente» ricomprendano sia la colpa intenzionale, sia la colpa per imprudenza o per negligenza.

91.      Questa interpretazione mi sembra confermata dal testo dell’art. 12, n. 2, del regolamento, che dispone che «[i] divieti di cui (…) [al]l’articolo 7, paragrafo 3, non comportano alcun genere di responsabilità per le persone fisiche o giuridiche o le entità interessate se esse non sapevano, e non avevano alcun motivo ragionevole di sospettare ((22)), che le loro azioni avrebbero violato tali divieti».

92.      Questo testo significa implicitamente, ma necessariamente, che, se queste persone o entità avevano un siffatto motivo ragionevole, esse non saranno esonerate dalla loro responsabilità. Ciò equivale ad esigere da parte loro un minimo di disciplina sociale, che li obbliga a verificare se la loro azione è legale e, in caso negativo, ad astenersi, posto che l’esistenza di un motivo ragionevole risulta dalle condizioni proprie all’autore e riguarda, ad esempio, la natura della sua attività professionale, le sue qualifiche, il quadro internazionale in cui agisce o il carattere sensibile della tecnologia trasferita.

93.      L’indisciplina sociale viene quindi caratterizzata dalla violazione di un imperativo di prudenza che la persona o l’entità devono rispettare o dall’omissione di adottare le precauzioni che si sarebbero normalmente dovute rispettare. In forza di ciò, viene incriminato anche chi, oggettivamente, rischia di causare la situazione vietata, per lo meno se questa si realizza.

94.      E’ pertanto il combinato disposto degli artt. 7, n. 4, e 12, n. 2, del regolamento che definisce, con la necessaria precisione, l’intensità della colpa per imprudenza o negligenza richiesta dal testo.

95.      Nella presente causa, il sig. Kessel era perfettamente consapevole di commettere un atto contrario al regolamento. Egli aveva con ogni evidenza motivi ragionevoli di sospettare che la fornitura del forno di vetrificazione avrebbe consentito ad un’entità elencata di beneficiare di una risorsa economica. Infatti, dagli elementi del fascicolo emerge che il sig. Kessel era informato del fatto che la Emen Survey intendeva sinterizzare componenti di missili nucleari destinate ad un’entità elencata e all’industria dei missili iraniana. Tuttavia, egli ha continuato a partecipare a questa operazione, dato che avrebbe fornito il forno di vetrificazione il 20 luglio 2007 e avrebbe fornito, nel corso della primavera 2008, un’assistenza tecnica ai fini dell’installazione di detto forno, e questo dopo l’entrata in vigore del regolamento. È dunque con piena cognizione di causa e in modo del tutto volontario che il sig. Kessel ha adottato un comportamento contrario alle misure restrittive adottate all’art. 7 del regolamento.

96.      Alla luce di questi elementi, ritengo che i termini «deliberatamente» e «consapevolmente» di cui all’art. 7, n. 4, del regolamento debbano essere interpretati nel senso che essi si riferiscono ad ogni individuo, dotato di coscienza e volontà libere - condizioni queste intrinseche ad ogni responsabilità penale - che agisca, da una parte, in modo intenzionale, al fine di violare i divieti di cui all’art. 7, nn. 1‑3, del regolamento, e, dall’altra, per imprudenza o negligenza se aveva ragionevoli motivi per sospettare che i suoi atti avrebbero violato detti divieti.

V –    Conclusione

97.      Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sollevate dall’Oberlandesgericht Düsseldorf nei seguenti termini:

«1)      a)     L’art. 7, n. 3, del regolamento (CE) del Consiglio 19 aprile 2007, n. 423, concernente l’adozione di misure restrittive nei confronti dell’Iran, deve essere interpretato nel senso che esso osta alla fornitura e all’installazione di un forno di vetrificazione presso un’impresa iraniana, se questa agisce nel quadro di un sistema fraudolento destinato a dissimulare il beneficiario effettivo della risorsa economica, di cui agli allegati IV e V del regolamento n. 423/2007, ponendo in essere quindi l’elusione considerata e vietata all’art. 7, n. 4, di questo regolamento. Spetta al giudice nazionale esaminare, caso per caso e nell’ambito del suo apprezzamento sovrano dei fatti, tutti gli elementi idonei a caratterizzare l’esistenza di stretti legami tra l’entità alla quale i capitali o le risorse economiche sono stati trasferiti e l’entità di cui agli allegati IV e V di detto regolamento.

      b)      La nozione di “risorsa economica”, di cui all’art. 7, n. 3, del regolamento n. 423/2007 deve essere interpretata nel senso che essa comprende un forno di vetrificazione, indipendentemente dall’installazione del software necessario alla messa in funzione di questo forno.

2)      a)     La nozione di “elusione”, di cui all’art. 7, n. 4, di questo regolamento, deve essere interpretata nel senso che essa indica il comportamento, di qualsiasi tipo, di ogni individuo che partecipi ad un’attività avente l’obiettivo o il risultato di violare i divieti di cui ai nn. 1‑3 di questo stesso articolo.

      b)      I termini “deliberatamente” e “consapevolmente”, impiegati all’art. 7, n. 4, del regolamento n. 423/2007, devono essere interpretati nel senso che si riferiscono ad ogni individuo dotato di coscienza e volontà libere - condizioni queste intrinseche ad ogni responsabilità penale - che agisca, da una parte, in modo intenzionale con l’obiettivo di violare i divieti di cui all’art. 7, nn. 1‑3, di questo regolamento, e, dall’altra, per imprudenza o per negligenza, se aveva motivi ragionevoli di sospettare che i suoi atti avrebbero violato i detti divieti».


1 – Lingua originale: il francese.


2 – Regolamento del Consiglio 19 aprile 2007, concernente l’adozione di misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 103, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento»).


3 – Trattato aperto alla firma a Londra, Mosca e Washington il 1° luglio 1968 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 729, pag. 161).


4 V. Étude Raoul-Dandurand n. 21, Lewis, I., «Prolifération nucléaire par et au profit des acteurs non étatiques – Prévenir la menace». V. altresì Fondation pour la Recherche Stratégique, Note, Schlumberger, G., e Gruselle, B., «Pour une politique cohérente de lutte contre les réseaux de prolifération», 4 gennaio 2007; Fondation pour la Recherche Stratégique, Recherches & Documents, Gruselle, B., «Réseaux et financement de la prolifération», 3 marzo 2007, e Fondation pour la Recherche Stratégique, Note, Gruselle, B., «Quelle politique de sanctions face à la prolifération?», 28 giugno 2007.


5 – Posizione comune del Consiglio 27 febbraio 2007, 2007/140/PESC, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 61, pag. 49).


6 – V. regolamento (CE) del Consiglio 22 giugno 2000, n. 1334, che istituisce un regime comunitario di controllo delle esportazioni di prodotti e tecnologie a duplice uso (GU L 159, pag. 1), come modificato dal regolamento del Consiglio (CE) 24 febbraio 2006, n. 394 (GU L 74, pag. 1).


7 – Regolamento del Consiglio 25 ottobre 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento (CE) n. 423/2007 (GU L 281, pag. 1).


8 – Art. 16, n. 1, del regolamento.


9 – Sentenza 29 aprile 2010, causa C-340/08, M e a. (Racc. pag. I‑3913, punti 64 e 65, e la giurisprudenza ivi citata).


10 – Sentenza 11 ottobre 2007, causa C‑117/06, (Racc. pag. I‑8361). Questa sentenza riguarda l’interpretazione dell’art. 2, n. 3, del regolamento (CE) del Consiglio 27 maggio 2002, n. 881, che impone specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai Talibani e abroga il regolamento (CE) del Consiglio n. 467/2001 che vieta l’esportazione di talune merci e servizi in Afghanistan, inasprisce il divieto dei voli e estende il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie nei confronti dei Talibani dell’Afghanistan (GU L 139, pag. 9), come modificato dal regolamento (CE) 27 marzo 2003, n. 561, (GU L 82, pag. 1).


11 – Sentenza 29 giugno 2010, causa C‑550/09 (Racc. pag. I‑6213). Questa sentenza verte sull’interpretazione dell’art. 2, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) del Consiglio 27 dicembre 2001, n. 2580, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo (GU L 344, pag. 70).


12 – Sentenze sopra citate Möllendorf e Möllendorf-Niehuus (punti 50 e 51) nonché E e F (punti 66 e 67).


13 – Osservo tuttavia, leggendo il punto 12 delle osservazioni depositate dal sig. Kessel, che la Emen Survey non è controllata dal SHIG, in quanto quest’ultimo non detiene la maggioranza del capitale della Emen Survey né gode di diritti speciali.


14 – Punti 1, 9, 11, 12 e 17 della decisione di rinvio.


15 – Il corsivo è mio.


16 – V., per analogia, sentenza E e F, cit. (punto 69).


17 – Infatti, in un documento d’informazione 11 settembre 2009, intitolato «Gel des avoirs: explication des termes» (Congelamento delle attività: spiegazione dei termini) (disponibile sul sito Internet delle Nazioni unite al seguente indirizzo: http://www.un.org/french/sc/committees/1267/pdf/assets_freeze.pdf), il comitato per le sanzioni del Consiglio di sicurezza ha definito la nozione di «risorse economiche» come comprendente tutti i tipi di attivi, mobili o immobili, materiali o immateriali, reali o potenziali, che non sono fondi, ma che potrebbero essere utilizzate per ottenere fondi, beni o servizi, come i terreni, gli edifici, le attrezzature, ivi compresi i computer, il software, gli utensili e le macchine, i mobili, le opere d’arte, le pietre preziose, i gioielli e l’oro, le materie prime, le armi, i diritti di proprietà intellettuale o ancora i domini dei siti Web e tutte le altre attività reali o potenziali.


18 – Apprendo, dalle osservazioni depositate dal Generalbundesanwalt, che il contratto stipulato tra il sig. Kessel e il sig. Afrasiabi comprendeva la fornitura e l’installazione di un forno di vetrificazione prodotto dalla FCT, ma non includeva l’installazione del software fornito da questa impresa, che era liberamente disponibile in Iran.


19 – V., per analogia, sentenza M e a., cit. (punto 52 e giurisprudenza citata).


20 – La posizione comune 2007/140 e la risoluzione 1737 (2006) non contengono alcuna disposizione equivalente [tranne l’art. 1, n. 2, lett. c), della posizione comune relativa alle misure d’embargo], di modo che la portata dell’art. 7, n. 4, del regolamento può risultare solo dall’analisi di questo regolamento.


21 – Sappiamo che, conformemente ad una giurisprudenza costante, le diverse versioni linguistiche di un testo dell’Unione devono essere interpretate in modo uniforme. Di conseguenza, se dette versioni divergono, occorre interpretare l’art. 7, n. 4, del regolamento in funzione non soltanto dell’economia generale e delle finalità del regolamento, ma anche alla luce del testo e dell’oggetto della risoluzione 1737 (2006) [sentenza M e a., cit. (punto 44 e giurisprudenza citata)].


22 – Il corsivo è mio.