Language of document :

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATA GENERALE

LAILA MEDINA

presentate il 5 settembre 2024 (1)

Causa C233/23

Alphabet Inc.,

Google LLC,

Google Italy Srl

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato,

con l’intervento di:

Enel X Italia Srl,

Enel X Way Srl

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato (Italia)]

« Rinvio pregiudiziale – Concorrenza – Articolo 102 TFUE – Abuso di posizione dominante – Mercati digitali – Rifiuto di un’impresa dominante di concedere a un’altra impresa l’accesso a una piattaforma o infrastruttura digitale – Condizioni Bronner – Applicabilità – Giustificazione oggettiva – Obbligo per l’impresa dominante di sviluppare il template di un software – Vincoli di tempo e di risorse – Condizioni – Definizione di mercato a valle o vicino »






I.      Introduzione

1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale di cui trattasi verte sull’interpretazione dell’articolo 102 TFUE.

2.        Essa è stata proposta dal Consiglio di Stato (Italia) nel procedimento tra Alphabet Inc., Google LLC e Google Italy Srl (2), da un lato, e l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (3), dall’altro. Tale procedimento ha ad oggetto la validità del provvedimento con cui l’AGCM ha dichiarato che Google aveva commesso un abuso di posizione dominante sul mercato, in particolare per non aver reso la sua applicazione Android Auto compatibile con un’altra applicazione sviluppata da Enel X Italia Srl (4) per servizi connessi alla ricarica di autovetture elettriche.

3.        Al pari della maggior parte delle cause riguardanti l’articolo 102 TFUE, nella presente causa la Corte, riunita in Grande Sezione, sarà chiamata a tracciare il sottile – e spesso controverso – confine tra mezzi legittimi e illegittimi di concorrenza delle imprese dominanti. A tal fine, e dato che il caso di specie si inserisce nell’ambito dell’attuale sviluppo dei mercati digitali, la Corte dovrà esaminare attentamente la necessità di mantenere l’apertura di tali mercati preservando, nel contempo, gli incentivi adeguati per promuovere l’innovazione.

4.        Si tratta di un tema particolarmente delicato se si tiene conto del fatto che, nel caso di specie, la richiesta di accesso riguarda una piattaforma concepita e progettata per essere alimentata da applicazioni sviluppate da terzi, finalizzate a fornire servizi integrati nelle autovetture per una guida confortevole e sicura. Il primo aspetto che la Corte deve affrontare è, quindi, se detta causa rientri nella tradizionale giurisprudenza applicabile al rifiuto di un’impresa dominante di concedere l’accesso – vale a dire la sentenza Bronner (5) – che mira, secondo la stessa Corte, a trovare un giusto equilibrio tra considerazioni relative alla concorrenza e incentivi.

5.        Inoltre, nella presente causa, per garantire l’interoperabilità delle applicazioni di terzi con Android Auto, è necessario che Google sviluppi anzitutto un modello di software noto come un «template», che a sua volta richiede l’allocazione a tale scopo delle sue risorse finanziarie e umane. La questione su cui la Corte dovrà pertanto pronunciarsi è se gli obblighi di accesso, in termini di interoperabilità, impongano alle imprese dominanti di tenere un comportamento attivo, come lo sviluppo del software necessario. Qualora essa giunga a una conclusione affermativa, dovrà altresì definire i limiti di detti obblighi e le condizioni applicabili in una situazione del genere.

6.        Infine, è importante tenere presente che la causa in esame sarà decisa all’indomani dell’entrata in vigore del regolamento sui mercati digitali [Digital Markets Act (DMA)] (6), il che inevitabilmente solleva la questione, abbastanza comune nell’ambito giuridico in esame, di determinare se la questione dell’interoperabilità sarebbe affrontata più legittimamente con strumenti legislativi invece che con sanzioni fondate sulle disposizioni del Trattato in materia di concorrenza, come Google ripetutamente sostiene.

II.    Fatti e procedimento

7.        Google è autrice e sviluppatrice di Android OS, un sistema operativo «open source» per dispositivi mobili Android. Il sistema in parola può essere ottenuto gratuitamente e modificato da chiunque, senza necessità di ottenere alcuna autorizzazione.

8.        Nel 2015, Google ha lanciato Android Auto, un’applicazione per dispositivi mobili con sistema operativo Android. Essa consente agli utenti di accedere a talune applicazioni presenti sul loro smartphone tramite lo schermo integrato di un’automobile. Al fine di garantire l’interoperabilità di ogni applicazione con Android Auto, evitando a tal fine lunghi e dispendiosi test individuali, Google offre soluzioni per intere categorie di applicazioni sotto forma di template. Tali template consentono agli sviluppatori terzi di creare versioni delle proprie applicazioni compatibili con Android Auto. Alla fine del 2018 i template erano disponibili solo per le applicazioni di media e di messaggistica. Google ha altresì sviluppato versioni compatibili delle proprie applicazioni di mappe e navigazione (ossia Google Maps e Waze) e ha consentito, in determinati casi, lo sviluppo di applicazioni personalizzate in assenza di un template predefinito.

9.        Enel X fornisce servizi per la ricarica di autovetture elettriche. Inoltre, essa fa parte del gruppo Enel, che gestisce più del 60% delle colonnine di ricarica disponibili in Italia. Nel maggio 2018 ha lanciato JuicePass, un’applicazione che offre una serie di funzionalità per la ricarica dei veicoli elettrici. In particolare, detta applicazione permette ai propri utenti (i) di cercare e prenotare le colonnine di ricarica su una mappa; (ii) di trasferire la ricerca su Google Maps per navigare verso la colonnina di ricarica selezionata; e (iii) di avviare, interrompere e monitorare la sessione di ricarica e il relativo pagamento. JuicePass è disponibile per gli utenti con uno smartphone Android e può essere scaricata da Google Play.

10.      Nel settembre 2018 Enel X ha chiesto a Google di rendere JuicePass compatibile con Android Auto. Google ha tuttavia rifiutato, affermando che, in assenza di un template specifico, le applicazioni di media e di messaggistica erano le uniche applicazioni di terzi compatibili con Android Auto. A seguito di una seconda richiesta da parte di Enel X nel dicembre 2018, Google ha giustificato il suo rifiuto sulla base di preoccupazioni relative alla sicurezza e alla necessità di allocare in modo razionale le risorse necessarie per la creazione di un nuovo template.

11.      Il 12 febbraio 2019 Enel X ha presentato una segnalazione all’AGCM, sostenendo che la condotta di Google integrava una violazione dell’articolo 102 TFUE. Nel frattempo, dopo l’avvio del procedimento da parte dell’AGCM, Google ha pubblicato un template per la progettazione di versioni beta (sperimentali) di applicazioni per la ricarica compatibili con Android Auto. L’AGCM ha tuttavia ritenuto che non vi fosse la certezza che la versione in parola fosse sufficiente a consentire l’integrazione di tutte le funzionalità essenziali di JuicePass in Android Auto.

12.      Con decisione del 27 aprile 2021 l’AGCM ha concluso che il comportamento di Google, consistente, secondo tale autorità, nell’ostacolare e nel procrastinare la pubblicazione di JuicePass su Android Auto, costituiva un abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE.

13.      Più specificamente, l’AGCM ha ritenuto che Android Auto sia un prodotto indispensabile per gli sviluppatori di applicazioni destinate agli automobilisti. Essa offre agli utenti un utilizzo, in termini di facilità di impiego e sicurezza stradale, che non ha equivalenti come soluzione tecnologica per l’interoperabilità delle applicazioni mobili con i sistemi multimediali di informazione ed intrattenimento delle autovetture. Inoltre, l’AGCM ha affermato che, con la sua condotta, Google aveva voluto favorire Google Maps, la sua l’applicazione di proprietà esclusiva, a scapito di altre applicazioni che potevano essere in concorrenza con la stessa, ad esempio in relazione ai servizi per la ricarica elettrica, come nel caso di JuicePass. Infine, l’AGCM ha ritenuto che il comportamento di Google avesse prodotto, per oltre due anni, effetti nocivi sul mercato, consistenti nel limitare le scelte dei consumatori, il che, secondo detta autorità, non si basava su alcuna giustificazione oggettiva.

14.      Alla luce delle constatazioni esposte, l’AGCM ha disposto che Google pubblicasse una versione definitiva del template per lo sviluppo di applicazioni per la ricarica elettrica e incorporasse tutte le funzionalità essenziali individuate da Enel X per rendere JuicePass pienamente compatibile con Android Auto. Essa ha altresì irrogato a Google una sanzione amministrativa pecuniaria di EUR 102 084 433,91.

15.      Google ha impugnato il provvedimento dell’AGCM, in primo luogo, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio (Italia) che ha respinto integralmente il ricorso. La stessa ha quindi proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato, che è il giudice del rinvio nella presente causa.

16.      Dinanzi al Consiglio di Stato, Google sostiene che l’AGCM non ha proceduto a un esame adeguato delle condizioni per valutare l’eventuale carattere abusivo di un diniego di accesso, quali esse risultano dalla giurisprudenza della Corte. Essa fa riferimento, in particolare, alla sentenza Microsoft (7), pronunciata dal Tribunale. Google critica inoltre l’AGCM per non aver individuato, nella decisione impugnata, il mercato rilevante a valle e la sua posizione dominante su di esso. Da parte loro, l’AGCM e Enel X respingono detti argomenti e si basano fondamentalmente sulla motivazione della decisione di cui trattasi nel procedimento principale.

17.      Al fine di statuire nel procedimento principale, il Consiglio di Stato ritiene necessario ricevere indicazioni riguardo all’interpretazione dell’articolo 102 TFUE, e soprattutto sulle condizioni Bronner, applicabili al rifiuto di concedere l’accesso all’infrastruttura di un’impresa dominante. In base a dette condizioni, un rifiuto del genere sarà ritenuto un comportamento abusivo se (i) la richiesta di accesso riguarda un prodotto o un servizio indispensabile per l’esercizio di un’attività economica su un mercato vicino; (ii) il rifiuto è tale da eliminare qualsiasi concorrenza sul mercato in parola, e (iii) il rifiuto non può essere obiettivamente giustificato. In sostanza, il Consiglio di Stato è in dubbio se le peculiarità del funzionamento dei mercati digitali giustifichino uno scostamento da tali condizioni in un’ipotesi come quella di cui al procedimento principale o, almeno, un’interpretazione elastica delle stesse. Inoltre, esso nutre dubbi sul modo in cui le autorità di concorrenza dovrebbero definire i mercati rilevanti in una siffatta ipotesi.

18.      In dette circostanze, il Consiglio di Stato ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, il requisito dell’indispensabilità del prodotto oggetto di un rifiuto di fornitura debba essere interpretato nel senso che l’accesso deve essere indispensabile per l’esercizio di una determinata attività su un mercato vicino, o se sia sufficiente che l’accesso sia indispensabile per un utilizzo più conveniente dei prodotti o servizi offerti dall’impresa richiedente l’accesso, specie nel caso in cui il prodotto oggetto del rifiuto abbia essenzialmente la funzione di rendere più agevole e conveniente la fruizione di prodotti o servizi già esistenti.

2)      Se, nel quadro di una condotta qualificata quale rifiuto di fornitura, sia possibile ritenere un comportamento abusivo, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, in un contesto nel quale, nonostante il mancato accesso al prodotto richiesto, (i) l’impresa richiedente fosse già attiva sul mercato e abbia continuato a crescere nello stesso per tutto il periodo del presunto abuso e (ii) altri operatori in concorrenza con l’impresa richiedente l’accesso al prodotto abbiano continuato ad operare sul mercato.

3)      Se, nel quadro di un abuso consistente nel rifiuto di concedere l’accesso a un prodotto o servizio asseritamente indispensabile, l’articolo 102 TFUE debba essere interpretato nel senso che l’inesistenza del prodotto o del servizio al momento della richiesta di fornitura debba essere presa in considerazione quale una giustificazione oggettiva per il rifiuto stesso, o quantomeno se un’autorità di concorrenza sia tenuta a svolgere un’analisi, su elementi oggettivi, del tempo necessario a un’impresa dominante al fine di sviluppare il prodotto o servizio per il quale viene richiesto l’accesso, oppure se sia invece esigibile che l’impresa dominante, stante la responsabilità che assume sul mercato, sia onerata di comunicare al richiedente la tempistica necessaria allo sviluppo del prodotto.

4)      Se l’articolo 102 TFUE debba essere interpretato nel senso che un’impresa dominante, che detiene il controllo di una piattaforma digitale, può essere tenuta a modificare i propri prodotti, o a svilupparne di nuovi, al fine di consentire a coloro che lo richiedono di accedere a tali prodotti. In tal caso, se un’impresa dominante sia tenuta a prendere in considerazione le generali esigenze del mercato o le esigenze della singola impresa richiedente accesso all’input asseritamente indispensabile, o quantomeno, stante la speciale responsabilità che viene ad assumere sul mercato, se debba prefissare dei criteri oggettivi per l’esame delle richieste che le vengono rivolte e per graduarne l’ordine di priorità.

5)      Se, nel quadro di un abuso consistente nel rifiuto di concedere l’accesso a un prodotto o servizio asseritamente indispensabile, l’articolo 102 TFUE debba essere interpretato nel senso che un’autorità di concorrenza è tenuta previamente a definire e individuare il mercato rilevante a valle interessato dall’abuso, e se questo possa essere anche solo potenziale».

19.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata depositata presso la cancelleria della Corte il 13 aprile 2023. Hanno presentato osservazioni scritte il governo italiano, il governo ellenico, la Commissione europea e le parti del procedimento principale. Il 23 aprile 2024 si è tenuta un’udienza alla quale ha partecipato anche l’Autorità di vigilanza EFTA (Associazione europea di libero scambio).

III. Valutazione

20.      Con le questioni sollevate, il Consiglio di Stato chiede chiarimenti sull’interpretazione dell’articolo 102 TFUE, in particolare sulla giurisprudenza della Corte applicabile ai casi in cui un’impresa dominante rifiuta di concedere l’accesso a una propria infrastruttura a favore di un’altra impresa attiva su un mercato vicino. Il Consiglio di Stato pone tali questioni in relazione alle peculiarità che, secondo detto giudice, caratterizzano il funzionamento dei mercati digitali.

21.      Più specificamente, il Consiglio di Stato chiede anzitutto se, tenuto conto della funzione di Android Auto, nonché dell’attuale evoluzione dei mercati digitali, la condizione relativa all’indispensabilità dell’infrastruttura alla quale si chiede l’accesso debba ritenersi soddisfatta qualora tale accesso non sia strettamente essenziale per il mercato vicino, ma renda comunque più conveniente la fruizione di prodotti o servizi su tale mercato sotto il profilo della sicurezza stradale e della comodità di utilizzo.

22.      In secondo luogo, il Consiglio di Stato chiede se il rifiuto di un’impresa dominante di concedere l’accesso possa essere ritenuto abusivo in base alle condizioni Bronner qualora l’impresa richiedente e altri operatori continuino ad essere attivi e a crescere nel mercato vicino nonostante il mancato accesso.

23.      In terzo luogo, il Consiglio di Stato si domanda, in sostanza, se l’assenza di un elemento necessario per consentire l’accesso richiesto – ad esempio l’inesistenza di un template di software – costituisca una giustificazione oggettiva per un rifiuto da parte dell’impresa dominante. In subordine, il medesimo giudice chiede se un’autorità di concorrenza sia tenuta ad analizzare, sulla base di criteri oggettivi, il tempo necessario per sviluppare detto elemento o se spetti all’impresa dominante, tenuto conto della sua speciale responsabilità sul mercato, comunicare al soggetto richiedente la tempistica di cui trattasi.

24.      In quarto luogo, il Consiglio di Stato si chiede se l’articolo 102 TFUE imponga a un’impresa dominante che detiene il controllo di una piattaforma digitale di adeguare il proprio prodotto quando riceve richieste di accesso al fine di concedere detto accesso. A tal riguardo, il medesimo giudice chiede se l’impresa dominante, tenuto conto della sua posizione sul mercato, debba dare priorità alle generali esigenze del mercato o a quelle di un soggetto richiedente e se l’impresa in parola debba fissare criteri oggettivi predefiniti per la valutazione e l’attribuzione di un ordine di priorità alle richieste di accesso.

25.      In quinto luogo, il Consiglio di Stato chiede se, nel quadro di un comportamento abusivo consistente nel negare l’accesso a un prodotto asseritamente indispensabile, l’articolo 102 TFUE debba essere interpretato nel senso che un’autorità di concorrenza è tenuta previamente a definire in concreto il mercato rilevante a valle colpito dal comportamento abusivo.

26.      Nei paragrafi seguenti delle presenti conclusioni esaminerò, anzitutto, se le condizioni stabilite dalla Corte nella sentenza Bronner debbano essere considerate applicabili a un’ipotesi come quella di cui trattasi nel procedimento principale. Pur non rientrando nell’oggetto specifico di nessuna delle questioni pregiudiziali, tale problematica costituisce il principale dubbio espresso dal giudice del rinvio nella decisione di rinvio. Si tratta anche della premessa fondamentale su cui si fondano le prime due questioni, ragion per cui le parti hanno discusso approfonditamente al riguardo dinanzi alla Corte. Alla luce di detto esame, affronterò quindi le questioni sollevate dal giudice del rinvio, analizzando congiuntamente le prime due questioni, da un lato, e le questioni terza e quarta, dall’altro. La quinta questione sarà valutata separatamente.

A.      Applicabilità delle condizioni Bronner. Prime due questioni

27.      L’articolo 102 TFUE vieta lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo e dichiara detto abuso incompatibile con il mercato interno nella misura in cui possa essere pregiudicato il commercio tra Stati membri (8). Esso può comprendere, in talune circostanze, ipotesi in cui un’impresa dominante rifiuta di contrattare con un’altra azienda o, più specificamente, in cui l’impresa dominante rifiuta di concedere l’accesso a un prodotto, un servizio o un’infrastruttura propri a favore di un’altra impresa attiva su un mercato vicino (9).

28.      Come è già stato stabilito, le cause relative al rifiuto di un’impresa dominante di contrattare con un’altra impresa o di concederle l’accesso sono tradizionalmente esaminate alla luce della dottrina giurisprudenziale elaborata dalla Corte nella sentenza Bronner (10). Secondo quest’ultima, per accertare l’esistenza di un comportamento abusivo ai sensi dell’articolo 102 TFUE devono essere soddisfatte tre condizioni. Le condizioni in parola richiedono, in primo luogo, che l’accesso richiesto riguardi un prodotto o un servizio indispensabile per l’esercizio di un’attività economica su un mercato vicino; in secondo luogo, il rifiuto opposto dall’impresa dominante deve poter eliminare del tutto la concorrenza su tale mercato; e, in terzo luogo, il rifiuto non deve poter essere oggettivamente giustificato (11).

29.      La logica alla base della qualificazione del rifiuto di concedere l’accesso come comportamento abusivo è stata affrontata per la prima volta dall’avvocato generale Jacobs, in particolare nelle sue conclusioni nella causa Bronner (12). Dopo oltre due decenni dalla pubblicazione delle stesse, la sua analisi giuridica è ancora citata da autorevole dottrina giuridica in materia, in particolare per illustrare che l’imposizione, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, di obblighi di accesso a carico delle imprese dominanti dovrebbe restare fortemente limitata (13).

30.      Nelle conclusioni in parola, l’avvocato generale Jacobs dichiarava che il diritto di scegliere i propri partner commerciali e quello di disporre liberamente dei propri beni sono principi generalmente riconosciuti dagli ordinamenti degli Stati membri, in alcuni casi a livello costituzionale. Toccare tali diritti richiede un’accurata giustificazione (14). Inoltre, a suo avviso, nel lungo periodo è generalmente a vantaggio della concorrenza e nell’interesse dei consumatori consentire ad un’impresa dominante di riservare a sé stessa i risultati dei suoi considerevoli investimenti. In caso contrario, l’impresa in parola non avrebbe sufficienti incentivi per continuare a sviluppare prodotti o servizi efficienti (15). Per contro, l’avvocato generale Jacobs ha altresì sottolineato che il diniego di accesso può in alcuni casi determinare l’eliminazione o la riduzione sostanziale della concorrenza a svantaggio dei consumatori sia nel breve che nel lungo periodo (16).

31.      Osservo che la giurisprudenza della Corte ha espressamente ripreso il ragionamento delineato dall’avvocato generale Jacobs, da ultimo nella sentenza pronunciata nella causa Slovak Telecom, in cui essa ha dichiarato che costringere un’impresa dominante a concedere un accesso è particolarmente lesivo della libertà di contrattare e del diritto di proprietà di detta impresa. Per tale motivo, le imprese dominanti devono restare, in linea di principio, libere di rifiutare l’accesso a un prodotto, a un servizio o a un’infrastruttura da esse sviluppati per le proprie esigenze (17). In definitiva, le imprese dominanti di cui trattasi sarebbero meno propense a investire in prodotti o impianti efficienti se potessero essere costrette, su semplice richiesta dei loro concorrenti, a ripartire con essi gli utili derivanti dai propri investimenti (18).

32.      Da quanto precede risulta che la valutazione, alla luce dell’articolo 102 TFUE, di una causa riguardante il rifiuto di un’impresa dominante di concedere l’accesso si basa, in ultima analisi, su un delicato equilibrio tra, da un lato, l’interesse dei concorrenti e dei consumatori al corretto sviluppo del mercato vicino e a una concorrenza proficua al suo interno e, dall’altro, il rispetto della libertà di contrattare e del diritto di proprietà dell’impresa dominante quale mezzo per promuovere incentivi sufficienti per l’esercizio efficiente delle sue attività (19). Secondo la Corte, la sentenza Bronner mira a raggiungere tale delicato equilibrio imponendo le tre condizioni già citate in precedenza (20).

33.      Tuttavia, un esame della recente giurisprudenza della Corte, nelle cause in cui è stata chiamata a interpretare le condizioni stabilite nella sentenza Bronner, dimostra che l’ambito di applicazione di dette condizioni è piuttosto limitato. Come ha spiegato l’avvocata generale Kokott nelle sue recenti conclusioni nella causa Google Shopping (21), le condizioni in parola hanno carattere derogatorio e non si applicano in generale per constatare l’esistenza di un abuso in ogni ipotesi relativa a questioni di accesso (22).

34.      Infatti, è importante osservare che la Corte ha chiarito che l’imposizione delle condizioni delineate nella sentenza Bronner era giustificata dalle circostanze proprie di quella causa, che consistevano nel rifiuto da parte di un’impresa dominante di consentire a un concorrente l’accesso all’infrastruttura che essa aveva sviluppato per le esigenze della propria attività. Ciò è stato sottolineato in modo particolare dalla Corte non solo nella causa Slovak Telekom (23), citata in precedenza, ma anche nella sentenza emessa molto recentemente nella causa Baltic Rail (24). Da quest’ultima si evince, senza ambiguità, che le condizioni Bronner si applicano solo ai casi in cui l’infrastruttura di cui trattasi è stata sviluppata per le esigenze dell’attività propria dell’impresa dominante e in cui tale infrastruttura è riservata al proprio uso, ad esclusione di qualsiasi altro concorrente (25).

35.      Ne consegue che, secondo la giurisprudenza della Corte, per determinare se le condizioni Bronner si applichino a un caso di diniego di accesso, occorre stabilire se l’infrastruttura cui si chiede di accedere debba essere adibita esclusivamente all’attività e all’utilizzo propri dell’impresa dominante e fruita esclusivamente da quest’ultima, quale mezzo per preservare gli utili derivanti dagli investimenti effettuati per lo sviluppo dell’infrastruttura in parola. Al contrario, tali condizioni non sono destinate ad essere applicate quando l’infrastruttura interessata è aperta ad altri operatori sul mercato, il che, secondo la Corte, può risultare dall’applicazione di obblighi regolamentari, come nel caso della sentenza Slovak Telekom (26). Verosimilmente, ciò deve valere a fortiori nel caso di un’infrastruttura deliberatamente concepita per essere utilizzata da operatori terzi.

36.      A tal riguardo, dalla descrizione fornita dal giudice del rinvio nella decisione di rinvio si evince che la presente causa ha ad oggetto una richiesta rivolta a Google da un terzo che desiderava che un’applicazione da esso sviluppata divenisse compatibile con Android Auto. Inoltre, secondo tale descrizione, Android Auto è uno strumento di «smartphone projection [proiezione dello smartphone]» che consente agli utenti di dispositivi mobili che utilizzano Android come sistema operativo di accedere a determinate applicazioni presenti sul loro smartphone tramite lo schermo integrato dell’automobile. In tale prospettiva, essa assolve la funzione di piattaforma, qualifica che deve certamente essere valutata dal giudice del rinvio quando statuisce sul merito del procedimento principale, ma che, stando al tenore letterale delle questioni sollevate, sembra essere corretta secondo il medesimo giudice (27).

37.      Inoltre, è importante osservare che Android Auto, come molte altre piattaforme o infrastrutture digitali, crea valore garantendo ai suoi utenti l’accesso a un’ampia gamma di prodotti e servizi interoperabili e complementari (28). Essa è di fatto concepita non solo per consentire ma anche per incentivare gli sviluppatori terzi a creare versioni delle proprie applicazioni che siano compatibili con la stessa (29). A tal riguardo, il giudice del rinvio spiega, richiamando la decisione dell’AGCM, che Android Auto è concepita per essere il fulcro di un «ecosistema» (30) il che, in informatica, allude a un modello operativo in cui i dati e i servizi sono condivisi dal proprietario di una piattaforma digitale con sviluppatori esterni al servizio di una comunità di utenti (31).

38.      Ne consegue che, come osservano il governo italiano e la Commissione, non si può ritenere che la piattaforma cui si chiede di accedere nella presente causa, come descritta dal giudice del rinvio, sia stata sviluppata per le esigenze dell’attività propria di un’impresa dominante, ai sensi della giurisprudenza citata al paragrafo 34 delle presenti conclusioni, né che sia stata riservata all’uso esclusivo della stessa. Al contrario, Android Auto è volutamente aperta ed è stata concepita per essere condivisa liberamente e restare a disposizione di terzi, conformemente all’obiettivo di Google di attirare il maggior numero possibile di «in-car-app» (applicazioni integrate in auto), in modo che gli automobilisti beneficino quanto più possibile di assistenza mentre sono impegnati nella guida (32).

39.      Ciò significa, come principale conseguenza, che l’equilibrio tra interessi e incentivi che si applica a una situazione di fatto come quella della sentenza Bronner non corrisponde alle caratteristiche principali della presente causa. In altre parole, non è per il fatto di essere costretto a concedere l’accesso a un’applicazione sviluppata da un terzo che lo sviluppatore e proprietario della piattaforma potrebbe essere disincentivato dallo svolgere le proprie attività o dal compiere ulteriori investimenti. Come spiegherò di seguito, detto rischio di disincentivo può sorgere solo in conseguenza di una ponderazione errata della giustificazione oggettiva addotta da tale impresa per spiegare il diniego di fornire l’accesso, il che a mio avviso diviene il vero fulcro dell’analisi da effettuare in un caso come quello di cui trattasi nel procedimento principale.

40.      A mio avviso, pertanto, il criterio applicato nella sentenza Bronner, articolato nelle condizioni ivi stabilite, non merita di essere applicato nel caso di specie, posizione che sembra essere condivisa dal giudice del rinvio e sostenuta anche dai governi italiano, ellenico e dalla Commissione.

41.      Contrariamente a tale approccio, Google adduce la sentenza pronunciata dal Tribunale nella causa Microsoft. Com’è ampiamente noto, la causa in parola riguardava l’applicazione dell’ex articolo 82 CE (divenuto articolo 102 TFUE) al rifiuto di divulgare standard tecnologici coperti da diritti di proprietà intellettuale (33). Nella sua sentenza, il Tribunale ha sostanzialmente confermato l’analisi svolta dalla Commissione nella decisione impugnata, in cui è stato dichiarato che Microsoft aveva ridotto l’interoperabilità dei prodotti dei concorrenti con il suo sistema operativo dominante Windows. In tal modo, il Tribunale ha sviluppato le condizioni precedentemente definite dalla giurisprudenza della Corte ai fini della constatazione di un comportamento abusivo nei casi di diniego di accesso (34).

42.      Tuttavia, la sentenza Microsoft riguardava una causa relativa alla concessione obbligatoria di licenze su diritti di proprietà intellettuale, che, analogamente ai beni materiali, presenta tensioni relativamente equivalenti, in termini di interessi e incentivi, a quelle descritte in relazione alla sentenza Bronner (35). Pertanto, anche supponendo che la causa che ha dato luogo alla sentenza Microsoft potesse essere considerata, da un punto di vista generale, come l’esemplificazione di un rifiuto di concedere l’accesso a un’infrastruttura digitale, ciò non toglie che il sistema operativo che era oggetto di tale causa non aveva quale obiettivo principale quello di essere liberamente disponibile ad altri sviluppatori di software, il che costituisce la principale differenza rispetto a una piattaforma come quella di cui trattasi nel caso di specie.

43.      Per tale motivo, oltre al fatto che la Corte non ha avuto occasione di pronunciarsi sull’approccio adottato dal Tribunale nella causa Microsoft, a causa della mancata impugnazione, non ritengo che essa debba basarsi su tale sentenza come valido precedente ai fini della valutazione della presente causa.

44.      Naturalmente, si potrebbe sostenere che l’assenza di un template specifico che assicuri l’interoperabilità di Android Auto con le applicazioni per la ricarica delle autovetture elettriche, come avviene nel caso di specie, dimostri la volontà di Google di riservare al proprio uso esclusivo detti servizi. Tuttavia, l’argomento in parola semplicemente non è convincente alla luce delle caratteristiche di Android Auto, come descritte ai paragrafi 36 e 37 delle presenti conclusioni. Inoltre, mi limito ad osservare che Google non sembra aver sollevato un siffatto argomento né dinanzi al giudice del rinvio, stando ai termini della decisione di rinvio, né dinanzi alla Corte. Le ragioni addotte da Google per quanto riguarda il suo diniego di accesso si riferiscono in realtà alle difficoltà, in termini di sicurezza nonché di vincoli di tempo e di risorse, connesse allo sviluppo di un template del software che garantisca l’interoperabilità tra Android Auto e l’applicazione di uno sviluppatore terzo.

45.      Alla luce di quanto precede, suggerisco alla Corte di considerare che, nella misura in cui un’impresa dominante mette a disposizione di operatori terzi una piattaforma concepita e progettata per essere alimentata da applicazioni sviluppate da tali operatori, non occorre esaminare, ai fini dell’accertamento di un comportamento abusivo ai sensi dell’articolo 102 TFUE, se sia soddisfatta la dottrina elaborata dalla Corte nella sentenza Bronner. Ciò vale in particolare per le condizioni relative, da un lato, all’indispensabilità dell’accesso richiesto per il mercato vicino e, dall’altro, all’eliminazione di qualsiasi concorrenza su detto mercato.

46.      Invece, l’esame dovrebbe concentrarsi, per lo stesso scopo, sul determinare se l’impresa dominante proprietaria di tale piattaforma escluda, ostacoli o ritardi l’accesso da parte di un’applicazione sviluppata da un terzo, a condizione che il comportamento in parola produca effetti anticoncorrenziali a danno dei consumatori e non possa essere oggettivamente giustificato (36). Come osservano il governo ellenico e la Commissione, gli effetti anticoncorrenziali di cui trattasi possono consistere, ad esempio, nel procrastinare l’introduzione nel mercato vicino di un prodotto o servizio che è almeno potenzialmente in concorrenza con un prodotto o servizio che può essere fornito dall’impresa dominante, limitando così gli incentivi all’innovazione e allo sviluppo tecnologico nonché le scelte dei consumatori.

47.      Quanto alla presente causa, poiché con le prime due questioni sollevate nell’ambito della presente domanda di pronuncia pregiudiziale si chiedono chiarimenti sull’interpretazione delle prime due condizioni Bronner, né l’una né l’altra rendono, a mio avviso, necessaria una risposta della Corte nei termini in cui esse sono formulate. In definitiva, nell’ambito di una valutazione nel merito del procedimento principale, non sarebbe necessario che il giudice del rinvio esamini (i) se la condizione relativa all’indispensabilità dell’accesso richiesto possa ritenersi soddisfatta qualora detto accesso renda più conveniente la fruizione di prodotti o servizi su un mercato vicino in termini di sicurezza stradale e di comodità di utilizzo, né (ii) se, in sostanza, un rifiuto dell’impresa dominante di concedere l’accesso possa essere ritenuto abusivo ai sensi dell’articolo 102 TFUE qualora la concorrenza non sia eliminata sul mercato vicino.

48.      Per contro, per quanto riguarda la prima questione pregiudiziale, invito la Corte a dichiarare, per le ragioni già esposte ai paragrafi precedenti delle presenti conclusioni, che la dottrina giurisprudenziale delineata nella sentenza Bronner non è rilevante ai fini di una causa come quella di cui al procedimento principale. La valutazione del giudice del rinvio dovrebbe concentrarsi sulle condizioni esposte al paragrafo 46 delle presenti conclusioni, che condurrebbero essenzialmente a determinare se il diniego da parte di Google di concedere l’accesso ad Android Auto costituisse un ostacolo o un ritardo nell’accesso in relazione a un prodotto o un servizio concorrente, almeno sotto il profilo potenziale, con altri servizi forniti da Google tramite tale piattaforma, in particolare servizi relativi alla ricarica di veicoli elettrici – a condizione che detto comportamento potesse produrre effetti pregiudizievoli sui consumatori e a meno che esso non potesse essere giustificato da motivi oggettivi.

49.      Per quanto riguarda la seconda questione pregiudiziale, propongo alla Corte di affrontarla sotto un diverso profilo. Infatti, si potrebbe ancora rispondere alla questione se un diniego di concedere l’accesso sia idoneo a produrre effetti anticoncorrenziali qualora si applichi la stessa premessa, ossia che l’impresa richiedente e altri operatori siano rimasti attivi sul mercato vicino e abbiano sviluppato la loro posizione di mercato pur non beneficiando dell’accesso richiesto (37).

50.      È effettivamente possibile rispondere a detta questione alla luce della giurisprudenza attuale, principalmente della sentenza Servizio Elettrico Nazionale e altri (38).

51.      Da tale sentenza e dalla giurisprudenza consolidata ivi citata risulta che lo scopo dell’articolo 102 TFUE è quello di evitare che i comportamenti di un’impresa dominante abbiano l’effetto di ostacolare, ricorrendo a mezzi o a risorse non basati sul merito, la conservazione del grado di concorrenza già esistente sul mercato o lo sviluppo di tale concorrenza (39).

52.      Peraltro, la qualificazione di una pratica di un’impresa dominante come abusiva non impone di dimostrare, nel caso di una pratica di una tale impresa diretta a escludere i propri concorrenti dal mercato in questione, che il suo risultato sia stato raggiunto e, dunque, di dimostrare un concreto effetto escludente sul mercato. Infatti, l’articolo 102 TFUE mira a sanzionare lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di esso indipendentemente dall’eventuale esito fruttuoso di un simile sfruttamento (40).

53.      Di conseguenza, contrariamente a quanto supposto da Google, la circostanza che lo stesso grado di concorrenza sia mantenuto in un determinato mercato nonostante il comportamento abusivo di un’impresa dominante, o persino la circostanza che la concorrenza in detto mercato cresca, non implicano necessariamente che detto comportamento non sia idoneo a produrre effetti anticoncorrenziali. Primo, il carattere illecito del comportamento tenuto da un’impresa dominante non può, in ultima analisi, dipendere dalla capacità degli altri operatori sul mercato di attenuare gli effetti pregiudizievoli del comportamento in parola. Secondo, è sufficiente sottolineare che, in assenza di comportamenti abusivi, la concorrenza avrebbe potuto svilupparsi ancora di più e, ad esempio, che anche le quote di mercato di altri operatori avrebbero potuto aumentare più di quanto non sia avvenuto.

54.      Inoltre, l’argomento addotto da un’impresa in posizione dominante, che attesta l’assenza di concreti effetti escludenti, non può essere considerato sufficiente per escludere l’applicazione dell’articolo 102 TFUE. Benché detta circostanza possa costituire una prova dell’inidoneità del comportamento di cui trattasi a produrre gli asseriti effetti, essa deve essere integrata da altri elementi di prova diretti a dimostrare che l’assenza di effetti concreti derivava proprio dall’inidoneità del comportamento in parola a produrre siffatti effetti (41).

55.      Dalle considerazioni che precedono risulta che, anche se, nonostante il diniego di accesso ad Android Auto, altri operatori hanno continuato ad operare, o addirittura a crescere, sul mercato vicino, detta circostanza non significa di per sé che tale rifiuto non fosse idoneo a produrre effetti anticoncorrenziali. Il giudice del rinvio deve valutare se il comportamento dell’impresa dominante fosse idoneo ad ostacolare la conservazione o lo sviluppo della concorrenza, tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti del caso di specie e indipendentemente dal fatto che tali effetti restrittivi si siano effettivamente verificati (42).

56.      Alla luce di quanto precede, concludo, per quanto riguarda la prima questione pregiudiziale, che l’articolo 102 TFUE deve essere interpretato nel senso che le condizioni enunciate nella sentenza Bronner non si applicano quando la piattaforma alla quale si chiede di accedere non è stata sviluppata dall’impresa dominante per il suo uso esclusivo, ma è stata concepita e progettata al fine di essere alimentata da applicazioni di sviluppatori terzi. In una situazione del genere, non è necessario dimostrare l’indispensabilità di detta piattaforma per il mercato vicino. Per contro, un’impresa abusa della sua posizione dominante se adotta un comportamento consistente nell’escludere, ostacolare o ritardare l’accesso dell’applicazione sviluppata da un operatore terzo alla piattaforma, a condizione che il comportamento in parola sia idoneo a produrre effetti anticoncorrenziali a danno dei consumatori e non sia oggettivamente giustificato. Gli effetti anticoncorrenziali di cui trattasi possono consistere nel procrastinare l’introduzione nel mercato vicino di un prodotto o servizio che è almeno potenzialmente in concorrenza con un prodotto o servizio che può essere fornito dall’impresa dominante.

57.      Per quanto riguarda la seconda questione pregiudiziale, l’articolo 102 TFUE dovrebbe essere interpretato nel senso che la circostanza che l’impresa richiedente e altri operatori siano rimasti attivi sul mercato vicino e abbiano sviluppato la loro posizione sul mercato pur non beneficiando dell’accesso richiesto a una piattaforma digitale non significa di per sé che il rifiuto dell’impresa dominante di concedere l’accesso non fosse idoneo a produrre effetti anticoncorrenziali e che non possa quindi essere considerato abusivo. Il giudice del rinvio deve valutare se il comportamento dell’impresa dominante fosse idoneo ad ostacolare la conservazione o lo sviluppo della concorrenza, tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti del caso di specie e indipendentemente dal fatto che tali effetti restrittivi si siano effettivamente verificati.

B.      Questioni terza e quarta

58.      Dopo aver esposto la posizione che la Corte dovrebbe, a mio avviso, adottare in relazione alle prime due questioni, esaminerò ora congiuntamente le questioni terza e quarta. Esse si riferiscono, in sostanza, alla giustificazione oggettiva che un’impresa dominante può addurre quando rifiuta l’accesso a una piattaforma da essa sviluppata, dando luogo a un comportamento come quello descritto al paragrafo 46 delle presenti conclusioni. Entrambe le questioni vertono altresì sull’onere della prova che l’impresa dominante di cui trattasi o le autorità di concorrenza competenti devono assolvere in tal caso.

59.      In via preliminare, occorre rilevare che le questioni terza e quarta si fondano sulle affermazioni di Google secondo le quali, per fornire l’accesso richiesto ad Android Auto, era anzitutto necessario sviluppare un template per le applicazioni relative a servizi di ricarica di veicoli elettrici. Detto template non esisteva al momento della richiesta di accesso e, secondo Google, era indispensabile per un impiego sicuro di Android Auto. Google sostiene inoltre che il template di cui trattasi non avrebbe potuto essere attuato entro i termini inizialmente richiesti a causa, tra l’altro, della necessità di allocare risorse adeguate e del verificarsi della pandemia di Covid-19.

60.      Anche se l’articolo 102 TFUE non ha un equivalente dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, il quale mitiga il divieto sancito da tale Trattato per quanto riguarda gli accordi anticoncorrenziali (43), la casistica della Corte permette alle imprese dominanti di dimostrare l’oggettiva necessità dei loro comportamenti anche se essi risultano prima facie abusivi (44).

61.      Ciò significa che le imprese dominanti accusate di comportamento abusivo possono invocare una giustificazione oggettiva per la loro condotta (45). In caso di accoglimento, il divieto di cui all’articolo 102 TFUE non si applica. Un’impresa dominante può, a tal fine, dimostrare, in particolare, che il suo comportamento è obiettivamente necessario (46), requisito accompagnato anche dalla condizione che il comportamento di cui trattasi deve essere proporzionato (47).

62.      In primo luogo, il giudice del rinvio chiede alla Corte se l’inesistenza di un template al momento della richiesta di accesso debba essere presa in considerazione quale giustificazione oggettiva per un diniego di accesso o, in subordine, se l’impresa dominante in questione possa essere tenuta a sviluppare tale template al fine di agevolare l’accesso alla sua piattaforma digitale. In sostanza, con la questione di cui trattasi si chiede che sia determinata la portata degli obblighi che un’impresa dominante deve soddisfare quando si trova di fronte a una richiesta di accesso alla sua piattaforma da parte di uno sviluppatore terzo.

63.      Come ho indicato nell’introduzione delle presenti conclusioni (48), uno degli elementi più delicati su cui la Corte deve statuire nella presente causa è se, in termini di interoperabilità, gli obblighi di accesso impongano alle imprese dominanti un comportamento attivo come lo sviluppo di un software necessario, ossia un template. Se la Corte ritenesse che esse siano tenute a procedere in tal senso, l’impresa dominante interessata dovrebbe non solo consentire l’accesso alla propria piattaforma al fine di rispettare gli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 102 TFUE, ma anche dedicare il proprio tempo e le proprie risorse a garantire detto accesso.

64.      A tal riguardo, è importante ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, qualsiasi deroga a una determinata norma del diritto dell’Unione deve essere oggetto di un’interpretazione restrittiva (49), ragionamento che si applica mutatis mutandis quando si considera una giustificazione oggettiva nell’ambito di applicazione dell’articolo 102 TFUE (50). Nell’ambito di un rifiuto di concedere l’accesso a una piattaforma come quella oggetto del procedimento principale, e a condizione che tale rifiuto dia luogo a effetti anticoncorrenziali, come discusso nella prima parte delle presenti conclusioni, possono essere accettate solo circostanze che compromettano il funzionamento e lo scopo della piattaforma in parola.

65.      Nel caso di specie, ciò implica anzitutto che, qualora lo sviluppo del template da parte dell’impresa dominante interessata sia tecnicamente impossibile, l’assenza di un siffatto template potrebbe divenire di per sé una giustificazione oggettiva. Ciò si verificherebbe anche, come sottolinea la Commissione, quando concedere l’accesso in questione tramite detto template potrebbe incidere, da un punto di vista tecnico, sulle prestazioni della piattaforma o quando l’accesso potrebbe essere in contrasto con il suo modello o la sua finalità di carattere economico. Al contrario, se lo sviluppo di un siffatto template non è impossibile e le prestazioni della piattaforma non sono compromesse o l’accesso non è in contrasto con il suo modello o con la sua finalità di carattere economico, il rifiuto rigoroso e diretto opposto da parte di tale impresa dominante sulla base dell’inesistenza di un template costituirebbe un abuso ai sensi dell’articolo 102 TFUE.

66.      Inoltre, si deve ritenere che neppure la semplice difficoltà di procedere allo sviluppo di un template, come sostiene in sostanza Google, giustifichi un puro e semplice diniego di accesso. Come indicato al paragrafo 61 delle presenti conclusioni, in tal caso dovrebbe essere effettuata una valutazione relativa alla necessità e alla proporzionalità, tenendo conto, a tal fine, dell’insieme delle circostanze o dei fattori esterni che accompagnano il diniego. È nell’ambito di detta valutazione e, in particolare, nell’analizzare la proporzionalità del rifiuto, che deve essere misurato il (difficile) contesto che un’impresa dominante affronta per sviluppare il template di cui trattasi.

67.      Osservo che è pacifico tra le parti che lo sviluppo di un template del software è veramente necessario per garantire l’interoperabilità di un’applicazione sviluppata da un terzo con una piattaforma come Android Auto. In realtà, la decisione di rinvio stabilisce che lo sviluppo di detti template, finalizzati a coprire intere categorie di applicazioni, è necessario al fine di evitare test lunghi e dispendiosi che sarebbero altrimenti richiesti per assicurare la compatibilità di ogni singola applicazione con Android Auto. Inoltre, si tratta di un compito che può essere svolto solo da Google, in quanto proprietario della piattaforma in questione (51). Pertanto, fatta salva la valutazione concreta del giudice del rinvio, ciò indica che, in un caso come quello di cui al procedimento principale, il criterio di necessità nell’ambito dell’esame riguardante la giustificazione oggettiva risulta facilmente soddisfatto, nella misura in cui non vi sia alcun dubbio che lo sviluppo di un template non può essere evitato al fine di garantire l’accesso sicuro di un’applicazione come quella di Enel X ad Android Auto.

68.      Per contro, a mio avviso, la proporzionalità del rifiuto merita un’ulteriore elaborazione. È in tale fase che la giustificazione addotta da un’impresa dominante, in termini di vincoli di tempo e di risorse per lo sviluppo di un template del software, è rilevante al fine di garantire che i mercati si mantengano aperti, preservando, nel contempo, incentivi adeguati per l’impresa dominante.

69.      Per quanto riguarda i vincoli temporali, al giudice del rinvio non è chiaro se spetti all’autorità di concorrenza svolgere un’indagine, sulla base di elementi oggettivi, del tempo necessario a un’impresa in posizione dominante al fine di sviluppare il template del software per garantire l’accesso alla piattaforma richiesta o se, invece, l’impresa in posizione dominante, tenuto conto della sua responsabilità sul mercato, sia onerata di comunicare al richiedente la tempistica necessaria allo sviluppo del template in parola.

70.      A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, se l’onere di provare l’esistenza delle circostanze che costituiscono una violazione dell’articolo 102 TFUE grava sulle autorità di concorrenza, a livello europeo o nazionale, è tuttavia all’impresa dominante interessata che spetta far valere un’eventuale giustificazione obiettiva e dedurre argomenti ed elementi di prova al riguardo (52). La Corte ha inoltre stabilito che l’impresa dominante interessata, su cui grava l’onere iniziale della prova, deve fornire prove concrete e non può limitarsi a dedurre argomenti vaghi, generali o teorici (53).

71.      Logicamente, gli elementi invocati dall’impresa dominante per sostenere che il suo comportamento era oggettivamente giustificato devono essere quelli che l’impresa ha preso in considerazione al momento del comportamento in parola (54). Di conseguenza, l’esame dei termini concreti del rifiuto si configura come un elemento importante al fine di stabilire se la giustificazione addotta dall’impresa dominante abbia effettivamente costituito il fondamento del suo comportamento. Soddisfatto detto requisito, spetta poi all’autorità di concorrenza, qualora intenda dichiarare l’esistenza di un abuso di posizione dominante, dimostrare che gli argomenti e gli elementi di prova addotti dalla suddetta impresa non sono convincenti e che quindi la giustificazione addotta non può essere accolta (55).

72.      Quanto al caso di specie, è importante rilevare che, quando dinanzi a un’autorità di concorrenza vengono invocati i vincoli temporali quale giustificazione oggettiva, il primo passo nella fase probatoria incombe all’impresa dominante, che non può limitarsi a invocare tali vincoli per giustificare il suo diniego di accesso. Al contrario, come suggerisce il giudice del rinvio nella sua questione, l’impresa di cui trattasi deve dimostrare di aver comunicato all’operatore che chiede l’accesso la tempistica necessaria per lo sviluppo del template in questione. Detto sviluppo può protrarsi tanto a lungo quanto è oggettivamente richiesto e non essere necessariamente immediato. Inoltre, un contesto difficile come la pandemia di Covid-19, che Google invoca, può essere un fattore da prendere in considerazione. In una fase successiva, se l’autorità di concorrenza competente dimostra che la valutazione effettuata dall’impresa dominante non è adeguata per quanto riguarda la tempistica invocata per lo sviluppo del template, la giustificazione oggettiva non consentirà di difendere il comportamento in esame (56). Infine, va da sé che tutti gli elementi in parola possono essere successivamente oggetto di verifica da parte del giudice competente.

73.      Un approccio analogo può essere adottato per quanto riguarda le risorse che un’impresa dominante potrebbe dover destinare allo sviluppo del template, in modo da garantire l’interoperabilità di un’applicazione di terzi con una piattaforma. In realtà, una discussione sui vincoli relativi alle risorse umane e finanziarie per lo sviluppo di un template, come afferma Google, riguarda i costi necessari per tale sviluppo e chi debba sostenerli.

74.      In via preliminare, osservo che la circostanza che un’impresa dominante debba essere soggetta all’obbligo di garantire l’accesso a una piattaforma e di sviluppare un template a tal fine, come già spiegato nelle presenti conclusioni, non implica che l’impresa in parola debba necessariamente farsi carico dei costi di detto sviluppo. Ciò è essenziale per garantire, soprattutto, che l’applicazione dell’articolo 102 TFUE e gli obblighi di interoperabilità che ne derivano non causino alcun effetto dissuasivo sull’impresa dominante in quanto sviluppatrice originaria e proprietaria della piattaforma in questione.

75.      Dalla considerazione precedente deriva che un’impresa dominante deve poter invocare vincoli relativi alle risorse come giustificazione oggettiva per il mancato sviluppo di un template per un’applicazione di terzi. Tuttavia, affinché tale giustificazione possa essere accolta, è importante assicurarsi, conformemente alla giurisprudenza citata ai paragrafi 70 e 71 delle presenti conclusioni, che all’impresa che chiede l’accesso sia offerta la possibilità di versare un prezzo equo, essenzialmente dopo aver valutato i costi dello sviluppo del template necessario. La mera invocazione di limiti relativi alle risorse da parte di un’impresa dominante, senza offrire la suddetta possibilità, non soddisferebbe, a mio avviso, i requisiti che consentono di ravvisare una giustificazione oggettiva (57). Se l’impresa richiedente dovesse ritenere il costo inadeguato o sproporzionato, l’autorità di concorrenza competente, qualora intenda affermare che esiste un abuso di posizione dominante, dovrebbe dimostrare che gli argomenti e gli elementi di prova addotti dall’impresa dominante per calcolare tale costo non sono convincenti e, di conseguenza, che la giustificazione addotta non può essere accolta.

76.      Dalle considerazioni che precedono risulta che, al fine di stabilire se la giustificazione obiettiva addotta da un’impresa dominante in termini di limiti di tempo e di risorse possa essere accolta, detta giustificazione deve essere sottoposta a un controllo sotto il profilo della necessità e della proporzionalità, conformemente alle considerazioni condivise ai precedenti paragrafi delle presenti conclusioni.

77.      Resta la questione se la circostanza che più richieste di accesso siano ricevute contemporaneamente da un’impresa dominante possa parimenti costituire una giustificazione oggettiva ai sensi dell’articolo 102 TFUE. Ciò rientra altresì tra i dubbi espressi dal giudice del rinvio, che si chiede se, in tale contesto, l’impresa dominante, sulla base della sua speciale responsabilità sul mercato, debba prefissare criteri oggettivi per l’esame delle richieste che le vengono rivolte e per graduarne l’ordine di priorità.

78.      Vorrei sottolineare che il riferimento alla speciale responsabilità che incombe alle imprese dominanti, come stabilita dalla reiterata giurisprudenza della Corte (58), non dovrebbe essere confuso nell’analisi dell’eccezione addotta da tale impresa per giustificare il diniego di accesso a una piattaforma da essa sviluppata. Infatti, la Corte potrebbe ritenere, come già sostenuto nelle presenti conclusioni, che detta responsabilità giustifichi un obbligo di accesso, purché trovino applicazione le condizioni indicate al paragrafo 46 delle presenti conclusioni. Tuttavia, come sostiene Google, in assenza di un obbligo normativo al riguardo, essa non può di per sé costituire un fondamento per stabilire un obbligo di prevedere e definire, in una prospettiva ex ante, i criteri oggettivi per l’esame delle richieste di accesso presentate contemporaneamente.

79.      Ciò è particolarmente rilevante in una causa come quella di cui al procedimento principale, in cui, a mio avviso, l’accoglimento della giustificazione addotta dall’impresa dominante non può dipendere dall’esistenza o meno di una previa definizione di criteri oggettivi. Certamente, nell’ambito di più richieste presentate contemporaneamente, l’assenza di tali criteri potrebbe costituire un elemento da prendere in considerazione per valutare il carattere abusivo della condotta contestata all’impresa dominante, quando ciò porta a una situazione di eccessivo ritardo nella concessione dell’accesso o a un trattamento discriminatorio tra i soggetti che hanno presentato richieste contemporanee. Tuttavia, dalla decisione di rinvio non risulta che ciò si verifichi nel caso di specie, il che implica che detta assenza non può, di per sé, costituire la base per la constatazione del comportamento abusivo di cui trattasi.

80.      Alla luce dell’analisi che precede, concludo, per quanto riguarda la terza questione pregiudiziale, che l’articolo 102 TFUE deve essere interpretato nel senso che un comportamento dell’impresa dominante consistente nel rifiuto di concedere a un operatore terzo l’accesso a una piattaforma come quella oggetto del procedimento principale può essere oggettivamente giustificato qualora l’accesso richiesto sia tecnicamente impossibile o qualora esso possa incidere, da un punto di vista tecnico, sulle prestazioni della piattaforma o porsi in contrasto con il suo modello economico o con la sua finalità economica. Il semplice fatto che, al fine di concedere l’accesso a tale piattaforma, l’impresa dominante debba, oltre che prestare il proprio consenso, sviluppare un template del software che tenga conto delle esigenze specifiche dell’operatore che chiede l’accesso, non può di per sé giustificare un diniego di accesso, a condizione che sia concesso un lasso di tempo adeguato per lo sviluppo in parola e che quest’ultimo sia oggetto di un adeguato compenso a favore dell’impresa dominante. Entrambi gli elementi devono essere comunicati dall’impresa dominante all’operatore che chiede l’accesso all’atto della sua richiesta.

81.      Per quanto riguarda la quarta questione sottoposta, l’articolo 102 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non può di per sé costituire il fondamento di un obbligo di definire, in una prospettiva ex ante, criteri oggettivi per l’esame delle richieste di accesso a una piattaforma. Solo nell’ambito di più richieste presentate contemporaneamente, l’assenza di tali criteri potrebbe costituire un elemento da prendere in considerazione per valutare il carattere abusivo della condotta contestata all’impresa dominante, quando ciò porta a una situazione di eccessivo ritardo nella concessione dell’accesso o a un trattamento discriminatorio tra i soggetti che hanno presentato richieste contemporanee.

C.      Quinta questione

82.      Con la quinta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, nell’ambito di un abuso consistente nel rifiutare l’accesso a una piattaforma digitale, l’articolo 102 TFUE debba essere interpretato nel senso che un’autorità di concorrenza è tenuta a definire il mercato rilevante a valle interessato dall’abuso e se questo possa essere anche solo potenziale.

83.      Com’è ampiamente noto, nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 102 TFUE, per dichiarare l’esistenza di una posizione dominante è necessaria la previa definizione del prodotto o del mercato geografico rilevante in cui l’impresa in questione detiene detta posizione. Nel caso di un comportamento consistente nel rifiutare l’accesso a un’infrastruttura, si tratta, di norma, del mercato a monte in cui è collocata l’infrastruttura stessa. In tale categoria di ipotesi si richiede anche l’individuazione del mercato vicino (a valle), in cui l’impresa che chiede l’accesso intende operare e in cui è probabile che si producano gli effetti anticoncorrenziali del comportamento dell’impresa dominante (59).

84.      Ciò premesso, per quanto riguarda il mercato vicino, la giurisprudenza della Corte dichiara che è sufficiente che possa essere identificato un mercato potenziale, o addirittura ipotetico (60). Infatti, può essere necessario solo identificare due diversi stadi di produzione e l’effettivo collegamento tra essi (61).

85.      Pertanto, come osservano correttamente il governo italiano e la Commissione, non vi è alcun obbligo di definire in maniera completa il mercato rilevante a valle nel valutare se il comportamento dell’impresa dominante fosse idoneo a restringere la concorrenza, in particolare nell’ipotesi in cui il comportamento consistesse in un diniego di accesso. È vero che, in tali ipotesi, l’idoneità a restringere la concorrenza deve, in linea di principio, essere valutata con riferimento al mercato in cui gli effetti anticoncorrenziali potrebbero prodursi, ossia il mercato a valle o vicino rispetto al mercato a monte al quale l’impresa dominante rifiuta l’accesso. Tuttavia, a mio avviso, ciò non impone necessariamente una definizione del mercato del prodotto e del mercato geografico rilevanti ai sensi della comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante (62) e della sua portata, come sostiene essenzialmente Google. È sufficiente che l’autorità garante della concorrenza dimostri che la condotta di cui trattasi è in grado di produrre effetti anticoncorrenziali riguardo a prodotti o servizi che sono in concorrenza tra loro, anche se si tratta solo di concorrenza potenziale.

86.      Ciò vale a maggior ragione quando il mercato di cui trattasi è ancora in fase di sviluppo o è oggetto di un rapido sviluppo e, di conseguenza, la sua portata non è completamente definita al momento del comportamento asseritamente abusivo. In tali casi, la definizione del mercato rilevante potrebbe rivelarsi molto difficile e dar luogo a considerazioni di carattere speculativo. Risulta quindi sufficiente che l’autorità di concorrenza esamini attentamente le caratteristiche e la portata del mercato rilevante e ne tenga debitamente conto nella sua analisi dei potenziali effetti del comportamento di cui trattasi.

87.      Per quanto riguarda la presente causa, devo sottolineare che, secondo la descrizione effettuata nella decisione di rinvio, il comportamento di Google sembra riguardare un mercato in evoluzione. Fermo restando che spetta al giudice del rinvio valutare detta questione, rilevo che, nella sua decisione, l’AGCM ha in primo luogo esaminato il settore delle applicazioni relative a servizi di ricarica elettrica. Ha poi definito lo «spazio competitivo dei servizi connessi alla ricarica elettrica forniti tramite app» in cui, a suo avviso, i servizi di ricarica elettrica e le applicazioni di navigazione sono in concorrenza tra loro e ha fornito una serie di elementi che indicano una situazione di concorrenza tra le due categorie di applicazioni, che sono almeno di natura potenziale. Di dette considerazioni si è quindi tenuto conto nella successiva analisi dell’idoneità del comportamento di Google a produrre gli effetti anticoncorrenziali in questione.

88.      Quanto alla quinta questione pregiudiziale sottoposta, concludo quindi che l’articolo 102 TFUE deve essere interpretato nel senso che, qualora un’impresa dominante rifiuti di concedere l’accesso a una piattaforma come quella oggetto del procedimento principale, un’autorità di concorrenza non è tenuta a definire in modo esaustivo, sulla base della comunicazione sulla definizione del mercato rilevante, il mercato nel quale è probabile che il diniego di accesso abbia effetti anticoncorrenziali. È sufficiente che l’autorità di concorrenza dimostri che il comportamento di cui trattasi era idoneo a produrre effetti anticoncorrenziali in relazione a prodotti o servizi che sono in concorrenza tra loro.

IV.    Conclusione

89.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Consiglio di Stato (Italia) come segue:

1)      Per quanto riguarda la prima questione pregiudiziale sottoposta, l’articolo 102 TFUE

deve essere interpretato nel senso che le condizioni enunciate nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569) non si applicano quando la piattaforma alla quale si chiede di accedere non è stata sviluppata dall’impresa dominante per il suo uso esclusivo, ma è stata concepita e progettata al fine di essere alimentata da applicazioni di sviluppatori terzi. In una situazione del genere, non è necessario dimostrare l’indispensabilità di detta piattaforma per il mercato vicino. Per contro, un’impresa abusa della sua posizione dominante se adotta un comportamento consistente nell’escludere, ostacolare o ritardare l’accesso dell’applicazione sviluppata da un operatore terzo a tale piattaforma, a condizione che il comportamento in parola sia idoneo a produrre effetti anticoncorrenziali a danno dei consumatori e non sia oggettivamente giustificato.

2)      Per quanto riguarda la seconda questione pregiudiziale sottoposta, l’articolo 102 TFUE

deve essere interpretato nel senso che la circostanza che l’impresa richiedente e altri operatori siano rimasti attivi sul mercato vicino e abbiano sviluppato la loro posizione sul mercato pur non beneficiando dell’accesso richiesto a una piattaforma digitale non significa di per sé che il rifiuto dell’impresa dominante di concedere l’accesso non fosse idoneo a produrre effetti anticoncorrenziali e che non possa quindi essere considerato abusivo. Il giudice del rinvio deve valutare se il comportamento dell’impresa dominante fosse idoneo ad ostacolare la conservazione o lo sviluppo della concorrenza, tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti del caso di specie e indipendentemente dal fatto che tali effetti restrittivi si siano effettivamente verificati.

3)      Per quanto riguarda la terza questione pregiudiziale sottoposta, l’articolo 102 TFUE

deve essere interpretato nel senso che un comportamento dell’impresa dominante consistente nel rifiuto di concedere a un operatore terzo l’accesso a una piattaforma come quella oggetto del procedimento principale può essere oggettivamente giustificato qualora l’accesso richiesto sia tecnicamente impossibile o qualora esso potrebbe incidere, da un punto di vista tecnico, sulle prestazioni della piattaforma o porsi in contrasto con il suo modello economico o con la sua finalità economica. Il semplice fatto che, al fine di concedere l’accesso a tale piattaforma, l’impresa dominante debba, oltre che prestare il proprio consenso, sviluppare un template del software che tenga conto delle esigenze specifiche dell’operatore che chiede l’accesso, non può di per sé giustificare un diniego di accesso, a condizione che sia concesso un lasso di tempo adeguato per lo sviluppo in parola e che quest’ultimo sia oggetto di un adeguato compenso a favore dell’impresa dominante. Entrambi gli elementi devono essere comunicati dall’impresa dominante all’operatore che chiede l’accesso all’atto della sua richiesta.

4)      Per quanto riguarda la quarta questione pregiudiziale sottoposta, l’articolo 102 TFUE

deve essere interpretato nel senso che esso non può di per sé costituire il fondamento di un obbligo di definire, in una prospettiva ex ante, criteri oggettivi per l’esame delle richieste di accesso a una piattaforma. Solo nell’ambito di più richieste presentate contemporaneamente l’assenza di tali criteri potrebbe costituire un elemento da prendere in considerazione per valutare il carattere abusivo della condotta contestata all’impresa dominante, quando ciò porta a una situazione di eccessivo ritardo nella concessione dell’accesso o a un trattamento discriminatorio tra i soggetti che hanno presentato richieste contemporanee.

5)      Per quanto riguarda la quinta questione pregiudiziale sottoposta, l’articolo 102 TFUE

deve essere interpretato nel senso che, qualora un’impresa dominante rifiuti di concedere l’accesso a una piattaforma come quella oggetto del procedimento principale, un’autorità di concorrenza non è tenuta a definire in modo esaustivo, sulla base della comunicazione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto dell’Unione in materia di concorrenza (C/2024/1645), il mercato nel quale è probabile che il diniego di accesso abbia effetti anticoncorrenziali. È sufficiente che l’autorità di concorrenza dimostri che il comportamento di cui trattasi era idoneo a produrre effetti anticoncorrenziali in relazione a prodotti o servizi che sono in concorrenza tra loro.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Google Italy Srl è la società figlia italiana di Google LLC, a sua volta detenuta da Alphabet Inc. Per semplicità, farò riferimento congiuntamente alle tre imprese in esame, che sono le ricorrenti nel procedimento principale, con la denominazione «Google».


3      Autorità italiana Garante della Concorrenza e del Mercato (in prosieguo: l’«AGCM»).


4      In prosieguo: «Enel X».


5      Sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569) (in prosieguo: la «sentenza Bronner» o le «condizioni Bronner»).


6      Regolamento (UE) 2022/1925 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 settembre 2022, relativo a mercati equi e contendibili nel settore digitale e che modifica le direttive (UE) 2019/1937 e (UE) 2020/1828 (regolamento sui mercati digitali) (GU 2022, L 265, pag. 1).


7      V., in particolare, sentenza del 17 settembre 2007, Microsoft/Commissione (T‑201/04, EU:T:2007:289) (in prosieguo: la «sentenza Microsoft»).


8      Sentenza del 25 marzo 2021, Slovak Telekom/Commissione (C‑165/19 P, EU:C:2021:239, punto 40) (in prosieguo: la «sentenza Slovak Telekom»).


9      Per una spiegazione esaustiva dei motivi giuridici ed economici di un rifiuto di contrattare, v. O’Donoghue. R. KC, e Padilla, J., The Law and Economics of Article 102 TFEU, Bloomsbury, 2020, pagg. 509 e segg.


10      Sentenza Bronner, punto 41. V. altresì sentenze del 29 aprile 2004, IMS Health (C‑418/01, EU:C:2004:257); del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2011:83); del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione (C‑295/12 P, EU:C:2014:2062); sentenza Slovak Telekom; del 25 marzo 2021, Deutsche Telekom/Commissione (C‑152/19 P, EU:C:2021:238); del 12 maggio 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a. (C‑377/20, EU:C:2022:379), e del 12 gennaio 2023, Lietuvos geležinkeliai/Commissione (C‑42/21 P, EU:C:2023:12; in prosieguo: la «sentenza Baltic Rail)».


11      La prima e la seconda condizione citate sono talvolta presentate in ordine inverso.


12      Conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:264).


13      V., tra l’altro, Whish, R., e Bailey, D., Competition Law, 10ª ed., Oxford University Press, 2021, pagg. 772 e 773.


14      Conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:264, paragrafo 56).


15      Ibidem, paragrafi 57 e 62.


16      Ibidem, paragrafo 61.


17      Sentenza Slovak Telekom, punto 46.


18      Ibidem, punto 47.


19      V., in tal senso, sentenza Baltic Rail, punto 86. V., altresì, sentenza del 10 novembre 2021, Google e Alphabet/Commissione (Google Shopping) (T‑612/17, EU:T:2021:763, punto 217).


20      Ibidem.


21      V. conclusioni dell’avvocata generale Kokott nella causa Google e Alphabet/Commissione (C‑48/22 P, EU:C:2024:14). Al momento della redazione delle presenti conclusioni, la sentenza in tale causa non è stata ancora pronunciata.


22      Ibidem, paragrafi 83 e segg.


23      Sentenza Slovak Telekom, punto 45.


24      Sentenza Baltic Rail, punto 80.


25      Ibidem, punti 80 e 82.


26      Per un’analisi critica di detto approccio, v., tra l’altro, O’Donoghue, R., KC e Padilla, J., op. cit., pag. 585, e Muscat, A., «Testing for abusive refusals to supply in EU competition law: Past, present and future», European Competition Law Review, 42(5), 2021, pagg. da 256 a 268.


27      V., in particolare, la quarta questione pregiudiziale, che utilizza la locuzione «un’impresa dominante, che detiene il controllo di una piattaforma digitale». V. altresì la definizione di «Android Auto» fornita da Google in https://source.android.com/docs/automotive/start/what_automotive, in cui essa viene qualificata come una «piattaforma».


28      Shier, G., e Byrne, T., «Economic principles», in Wiggers, M., Struijlaart, R., e Dibbits, J. (ed.), Digital Competition Law in Europe, Kluwer Law International, 2023, pag. 17.


29      V., al riguardo, le linee guida in materia di qualità di Android Auto, che devono essere seguite dagli sviluppatori di applicazioni che costruiscono detto prodotto; disponibili su https://transparency.google/our-policies/product-terms/android-auto/.


30      V. altresì «Creazione di un ecosistema», disponibile su https://developer.android.com/cars.


31      V. Mens., T., De Roover, C., e Cleve, A., (ed.), Software Ecosystems: Tooling and Analytics, Springer, 2023, pag. 6.


32      V. l’obiettivo di Google di migliorare l’esperienza per gli utenti e di assistere gli sviluppatori nel raggiungimento di un maggior numero di automobilisti con applicazioni integrate nell’automobile attraverso Android Auto, disponibile su https://android-developers.googleblog.com/2020/08/android-for-cars.html#:~:text=We%20launched%20Android%20Auto%20for,cars%20in%20the%20coming%20months.


33      V. Andreangeli, A., «Case note on T‑201/04, Microsoft v Commission, Judgment of 17 September 2007», Common Market Law Review, vol. 45, n. 3, 2008, pag. 863, e O’Donoghue, R., KC e Padilla, J., op. cit., pagg. 534 e 535.


34      Sentenza Microsoft, punti 647 e 648.


35      V. paragrafi 30 e 31 delle presenti conclusioni.


36      V., a tale proposito, conclusioni dell’avvocata generale Kokott nella causa Google e Alphabet/Commissione (C‑48/22 P, EU:C:2024:14, paragrafo 89).


37      Uno dei principali argomenti dedotti da Google dinanzi al giudice del rinvio, quali descritti nella decisione di rinvio, è che Android Auto e un’applicazione come JuicePass non presentano alcun rapporto di concorrenza, il che implica che il diniego di accesso non può, in ogni caso, condurre alla constatazione che vi sono effetti anticoncorrenziali escludenti. Tuttavia, la seconda questione pregiudiziale non riguarda tale aspetto, ma piuttosto la possibilità di escludere l’esistenza di effetti anticoncorrenziali quando si verificano le circostanze descritte nella questione in parola. Pertanto, a mio avviso, gli argomenti dedotti da Google non devono essere esaminati dalla Corte, bensì su di essi deve pronunciarsi nel merito il giudice del rinvio.


38      Sentenza del 12 maggio 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a. (C‑377/20, EU:C:2022:379).


39      Ibidem, punto 44.


40      Ibidem, punto 53 e giurisprudenza citata, e sentenza del 19 gennaio 2023, Unilever Italia Mkt. Operations (C‑680/20, EU:C:2023:33, punto 41).


41      Ibidem, punti 56 e 72 e giurisprudenza ivi citata.


42      V., in tal senso, sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2011:83, punto 64).


43      V. conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Syfait e a. (C‑53/03, EU:C:2004:673, paragrafi 71 e 72).


44      Sentenza del 27 marzo 2012, Post Danmark (C‑209/10, EU:C:2012:172, punto 40 e giurisprudenza citata). V. altresì comunicazione della Commissione – Orientamenti sulle priorità della Commissione nell’applicazione dell’articolo [102 TFUE] al comportamento abusivo delle imprese dominanti volto all’esclusione dei concorrenti (GU 2009, C 45, pag. 7, «orientamenti della Commissione», paragrafi da 28 a 31).


45      V., per un’analisi critica, Castillo de la Torre, F. e Gippini‑Fournier, E., Evidence, Proof and Judicial Review in EU Competition Law, Edward Elgar Publishing, 2024, pagg. da 243 a 247.


46      V. sentenza del 27 marzo 2012, Post Danmark (C‑209/10, EU:C:2012:172, punto 41). A seguito di tale sentenza, una giustificazione oggettiva può anche consistere nel fatto che il comportamento dell’impresa dominante produce sostanziali vantaggi in termini di efficienza che superano eventuali effetti anticoncorrenziali sui consumatori. Tuttavia, alla luce della descrizione della controversia nel procedimento principale compiuta dal giudice del rinvio, tale genere di giustificazione non è rilevante nel caso di specie.


47      V. Whish, R., e Bailey, D., op. cit., pag. 220, e van der Vijver, T., «Article 102 TFEU: How to claim the application of objective justifications in the case of prima facie dominance abuses?», Journal of European Competition Law & Practice, vol. 4, 2ª ed., Oxford University Press, 2013, pagg. da 121 a 133. V. altresì orientamenti della Commissione, paragrafo 28.


48      V. paragrafo 5 delle presenti conclusioni.


49      V., in tal senso, sentenze del 5 settembre 2019, Regards Photographiques (C‑145/18, EU:C:2019:668, punto 43), e del 9 novembre 2017, AZ (C‑499/16, EU:C:2017:846, punto 24).


50      La dottrina osserva che la prassi decisionale della Commissione e la giurisprudenza della Corte hanno adottato un approccio restrittivo riguardo alle giustificazioni obiettive. V. O’Donoghue, R., KC e Padilla, J., op. cit., pag. 658.


51      V., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 1994, Tetra Pak/Commissione (T‑83/91, EU:T:1994:246, punto 138), confermata in appello dalla sentenza del 14 novembre 1996, Tetra Pak/Commissione (C‑333/94 P, EU:C:1996:436, punto 37).


52      V., in tal senso, sentenza del 27 marzo 2012, Post Danmark (C‑209/10, EU:C:2012:172, punto 42). V. altresì sentenza Microsoft, punto 688.


53      V., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 166). V. altresì sentenza Microsoft, punto 698, e sentenza del 14 settembre 2022, Google e Alphabet/Commissione (Google Android) (T‑604/18, EU:T:2022:541, punto 616).


54      V., a tal riguardo, Whish, R., e Bailey, D., op. cit., pag. 223.


55      V. sentenza Microsoft, punto 688.


56      V., al riguardo, sentenza del 9 settembre 2009, Clearstream/Commissione (T‑301/04, EU:T:2009:317, punto 106), in cui il Tribunale ha ritenuto che il semplice fatto che modifiche importanti nei sistemi informatici, preparazioni approfondite e numerose serie di test fossero necessari affinché l’impresa dominante consentisse l’accesso non giustificava di per sé un ritardo di due anni nella concessione dell’accesso.


57      Anche se i dubbi espressi dal giudice del rinvio non riguardano specificamente il modo in cui deve essere calcolato il costo dello sviluppo di un template, è importante tenere presente che i costi devono essere strettamente correlati alle ragioni che giustificano la necessità di un template e alla tempistica necessaria a tale scopo. Altri fattori, come lo sviluppo di un template a seguito di una richiesta personalizzata, anziché di un template che copra una categoria generale di applicazioni, potrebbero altresì influenzare il prezzo che deve essere versato dall’impresa richiedente. Infine, sarebbe rilevante prendere in considerazione il vantaggio che l’impresa dominante potrebbe ottenere dall’introduzione del nuovo template e, pertanto, delle nuove applicazioni compatibili nella sua piattaforma.


58      V., tra l’altro, sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione (C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punto 135 e giurisprudenza citata).


59      Sentenza Microsoft, punto 335.


60      Sentenza del 29 aprile 2004, IMS Health (C‑418/01, EU:C:2004:257, punto 44).


61      V., in questo senso, sentenza del 29 aprile 2004, IMS Health (C‑418/01, EU:C:2004:257, punto 45).


62      V., attualmente, comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto dell’Unione in materia di concorrenza (C/2024/1645) (in prosieguo: la «comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante»).