Language of document : ECLI:EU:T:2014:997

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

27 novembre 2014 (*)

«Marchio comunitario – Opposizione – Domanda di marchio comunitario figurativo Ripassa ZENATO – Marchio nazionale denominativo anteriore RIPASSO – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009»

Nella causa T‑154/11,

Cantina Broglie 1 Srl, con sede in Peschiera del Garda (Italia), rappresentata da A. Rizzoli, avvocato, ammessa a sostituirsi alla Zenato Azienda Vitivinicola Srl,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato da P. Bullock, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI:

Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Verona, con sede in Verona (Italia),

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della seconda commissione di ricorso dell’UAMI del 16 dicembre 2010 (procedimento R 700/2010‑2), relativa a un procedimento di opposizione tra la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Verona e la Zenato Azienda Vitivinicola Srl,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto da M. van der Woude, presidente, I. Wiszniewska‑Białecka (relatore) e I. Ulloa Rubio, giudici,

cancelliere: C. Kristensen, amministratore

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 marzo 2011,

visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 ottobre 2013,

vista la replica depositata presso la cancelleria del Tribunale il 3 marzo 2014,

viste le ordinanze di sospensione del 14 luglio 2011, 16 febbraio e 13 luglio 2012,

vista l’ordinanza del 22 maggio 2014 che autorizza una sostituzione di parti,

vista l’ordinanza del 1° agosto 2014 che dispone la riunione delle cause T‑153/11 e T‑154/11 ai fini della trattazione orale,

in seguito all’udienza del 25 settembre 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 7 maggio 2007, la Zenato Azienda Vitivinicola Srl ha presentato una domanda di registrazione di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1)].

2        Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il seguente segno figurativo:

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3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nella classe 33 ai sensi dell’Accordo di Nizza, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Bevande alcoliche (tranne le birre)».

4        La domanda di marchio comunitario è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 56/2007, del 1° ottobre 2007.

5        Il 21 dicembre 2007, la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Verona (in prosieguo: l’«opponente») ha proposto opposizione, ex articolo 42 del regolamento n. 40/94 (divenuto articolo 41 del regolamento n. 207/2009), alla registrazione del marchio richiesto per tutti i prodotti oggetto della domanda di registrazione.

6        L’opposizione si fondava sul marchio denominativo anteriore RIPASSO, oggetto della registrazione italiana n. 682213, chiesta il 15 maggio 1996, accordata il 27 giugno 1996 e rinnovata il 21 aprile 2006, per i «vini, spiriti e liquori», appartenenti alla classe 33.

7        Il motivo dedotto a sostegno dell’opposizione era quello indicato all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 40/94 [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009].

8        Con decisione del 26 febbraio 2010, la divisione di opposizione ha respinto l’opposizione. Essa ha ritenuto che i prodotti interessati dai marchi in conflitto fossero identici, che non sussistesse alcuna somiglianza sul piano concettuale e le differenze sui piani visivo e fonetico tra detti marchi fossero sufficienti a compensare le loro somiglianze sotto tali profili e che, pertanto, non vi fosse alcun rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

9        Il 26 aprile 2010, l’opponente ha presentato ricorso all’UAMI, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009, contro la decisione della divisione di opposizione.

10      Con decisione del 16 dicembre 2010 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la seconda commissione di ricorso dell’UAMI ha annullato la decisione della divisione di opposizione e ha accolto l’opposizione. La commissione di ricorso ha osservato che, poiché il marchio anteriore era registrato in Italia, il territorio rilevante era quello di detto Stato membro e che, poiché i prodotti di cui trattasi erano di consumo corrente, il pubblico di riferimento era composto dal consumatore medio, il cui livello di attenzione non sarebbe particolarmente elevato. Essa ha indicato che il marchio anteriore era validamente registrato in Italia e possedeva un carattere distintivo di grado medio. Ha inoltre ritenuto che i marchi in conflitto presentassero un certo grado di somiglianza sul piano visivo, benché ridotto, e un certo grado di somiglianza sul piano fonetico e che gli stessi fossero simili sul piano concettuale per la parte dei consumatori italiani che ignoravano l’accezione della parola «ripasso» nel settore del vino. Tenendo conto dell’identità dei prodotti di cui trattasi e del fatto che il consumatore serba nella memoria un’immagine imperfetta dei marchi, la commissione di ricorso ha ritenuto che il grado di somiglianza tra i marchi in conflitto, sebbene non particolarmente elevato, fosse sufficiente per concludere nel senso dell’esistenza di un rischio di confusione per una parte significativa del pubblico di riferimento, vale a dire i consumatori italiani che ignoravano l’accezione descrittiva del termine «ripasso» in relazione al vino.

11      A seguito del trasferimento della domanda di registrazione del marchio Ripassa ZENATO, la ricorrente, Cantina Broglie 1 Srl, è stata ammessa a sostituirsi alla Zenato Azienda Vitivinicola nel presente procedimento.

 Conclusioni delle parti

12      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’UAMI alle spese.

13      L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

14      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce un unico motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

15      Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o della somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore. Inoltre, a norma dell’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 207/2009, s’intendono per marchi anteriori i marchi registrati in uno Stato membro la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio comunitario.

16      Per giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico creda che i prodotti o i servizi controversi provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente collegate. Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione dev’essere valutato globalmente, sulla scorta della percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi, tenendo conto di tutti i fattori che caratterizzano il caso di specie, in particolare dell’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o dei servizi designati [v. sentenza del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T‑162/01, Racc., EU:T:2003:199, punti da 30 a 33 e la giurisprudenza ivi citata].

17      Preliminarmente, si deve constatare che, nella fattispecie, non è contestato che l’opponente abbia apportato la prova della circostanza che il marchio anteriore è stato oggetto di un uso effettivo in Italia soltanto per i «vini». Inoltre, è pacifico che, in quanto i «vini» contrassegnati dal marchio anteriore rientrano nelle «bevande alcoliche», indicate nella domanda di marchio, i prodotti di cui trattasi sono identici.

18      La ricorrente contesta le valutazioni della commissione di ricorso relative al pubblico di riferimento, al carattere distintivo del marchio anteriore, alla somiglianza tra i segni in conflitto sui piani visivo e concettuale e all’esistenza di un rischio di confusione.

 Sul pubblico di riferimento

19      Riguardo al pubblico di riferimento, la commissione di ricorso ha considerato che, poiché i prodotti di cui trattasi sono di consumo corrente, il pubblico di riferimento è composto dal consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, il cui livello di attenzione non sarebbe particolarmente elevato.

20      La ricorrente fa valere che i vini lavorati con la tecnica del «ripasso» sono costosi e che il consumatore di detti vini è un intenditore che sarà particolarmente attento al momento dell’acquisto. Essa aggiunge che i consumatori di vino di qualità, meglio informati, sono più numerosi in questi ultimi anni.

21      Secondo la giurisprudenza, nell’ambito della valutazione globale del rischio di confusione occorre prendere in considerazione il consumatore medio della categoria di prodotti interessata, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre altresì tenere conto del fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare a seconda della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi [v. sentenza del 13 febbraio 2007, Mundipharma/UAMI – Altana Pharma (RESPICUR), T‑256/04, Racc., EU:T:2007:46, punto 42 e la giurisprudenza ivi citata].

22      Riguardo ai consumatori di vini, si deve considerare che, secondo una giurisprudenza consolidata, i vini sono destinati al grande pubblico. Infatti, poiché i vini sono normalmente oggetto di una distribuzione generalizzata, che va dal reparto alimentari dei grandi magazzini ai ristoranti e ai bar, si tratta di prodotti di consumo corrente, il cui pubblico di riferimento è il consumatore medio dei prodotti di largo consumo, che si presume sia mediamente informato e ragionevolmente accorto e avveduto [v. sentenza del 9 marzo 2012, Ella Valley Vineyards/UAMI – HFP (ELLA VALLEY VINEYARDS), T‑32/10, Racc., EU:T:2012:118, punto 25 e la giurisprudenza ivi citata, e sentenza del 14 maggio 2013, Masottina/UAMI – Bodegas Cooperativas de Alicante (CA’ MARINA), T‑393/11, EU:T:2013:241, punto 24].

23      La circostanza che, come dedotto dalla ricorrente, i vini oggetto dei marchi in conflitto siano vini costosi non è pertinente, dato che la registrazione non è stata chiesta specificamente per vini destinati ad essere venduti a prezzi relativamente elevati, bensì, in generale, per l’insieme delle bevande alcoliche ad eccezione delle birre.

24      Pertanto, giustamente la commissione di ricorso ha ritenuto che il pubblico di riferimento fosse il consumatore medio il cui livello di attenzione non sarebbe particolarmente elevato.

 Sul carattere distintivo del marchio anteriore

25      Per quanto riguarda il carattere distintivo del marchio anteriore, da un lato, la commissione di ricorso ha rilevato che la divisione di opposizione aveva giustamente tenuto conto della decisione della seconda commissione di ricorso dell’UAMI del 3 agosto 2004 nel procedimento R 75/2001‑2 (in prosieguo: la «decisione del 2004»), con la quale era stata respinta la domanda di registrazione del marchio anteriore sulla base dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento n. 40/94 [divenuto articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento n. 207/2009], con la motivazione che esso consisteva unicamente nella parola «ripasso», descrittiva di una tecnica di rifermentazione del vino Valpolicella. Dall’altro lato, la commissione di ricorso ha sottolineato che il marchio anteriore era validamente registrato in Italia e costituiva un marchio anteriore opponibile a una domanda di registrazione, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009.

26      La commissione di ricorso ha poi affermato che il significato della parola «ripasso», nel settore vinicolo, non era noto alla maggior parte del pubblico italiano, costituito da consumatori finali non specializzati e non provenienti dalla Regione Veneto (Italia). Essa ne ha tratto la conclusione che, per tali consumatori finali, la parola «ripasso» non aveva alcuna attinenza con i prodotti in esame e possedeva un carattere distintivo di grado medio.

27      La ricorrente contesta alla commissione di ricorso di non aver rilevato che il marchio anteriore presentava un carattere distintivo debole. Essa fa valere, da un lato, che la parola «ripasso» è descrittiva di una tecnica di «rifermentazione» del vino e, dall’altro, che la commissione di ricorso ha ritenuto a torto che la maggior parte del pubblico italiano ignorasse il significato del termine «ripasso».

28      Preliminarmente, si deve constatare che la ricorrente, quando sostiene che il marchio anteriore non è idoneo a distinguere i prodotti provenienti da un’impresa determinata da quelli provenienti da altre imprese e che la parola «ripasso» è descrittiva, sembra intendere che il marchio anteriore è privo di carattere distintivo. Orbene, essa si limita a trarne la conclusione che detto marchio presenta un carattere distintivo «inferiore alla media».

29      In primo luogo, la ricorrente, basandosi sulle prove dell’uso del marchio anteriore prodotte dall’opponente e sulla decisione del 2004, sostiene che questo marchio presenta un carattere distintivo debole perché è costituito dalla parola «ripasso», che è un termine descrittivo di una tecnica di «rifermentazione» del vino. Essa fa valere che il marchio anteriore è utilizzato da numerose aziende e produttori di vini e non è, quindi, idoneo a distinguere i prodotti provenienti da un’impresa determinata da quelli provenienti da altre imprese.

30      Si deve ricordare che l’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 207/2009 prevede espressamente che, nell’ambito di un’opposizione, vengano presi in considerazione come marchi anteriori i marchi registrati in uno Stato membro.

31      Nel caso di specie, il marchio anteriore è stato registrato in Italia in data 15 maggio 1996.

32      Il fatto che un marchio nazionale sia stato registrato implica che detto marchio sia dotato di un grado minimo di carattere distintivo intrinseco, poiché l’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU L 299, pag. 25), esclude la registrazione di un marchio che sia privo di carattere distintivo.

33      Secondo la giurisprudenza, la validità di un marchio internazionale o nazionale non può essere messa in discussione nell’ambito di un procedimento di registrazione di un marchio comunitario, ma solamente nell’ambito di un procedimento di nullità avviato nello Stato membro interessato. Si deve osservare che questa giurisprudenza si basa sull’idea secondo cui il legislatore dell’Unione europea ha istituito un sistema basato sulla coesistenza del marchio comunitario con i marchi nazionali (v. sentenza del 24 maggio 2012, Formula One Licensing/UAMI, C‑196/11 P, Racc., EU:C:2012:314, punto 38 e la giurisprudenza ivi citata).

34      Dalla coesistenza tra marchi comunitari e marchi nazionali nonché dal fatto che la registrazione di questi ultimi non rientra nella competenza dell’UAMI, né il loro controllo giurisdizionale rientra nella competenza del Tribunale, discende che, nel corso di un’opposizione a una domanda di registrazione di un marchio comunitario, la validità dei marchi nazionali non può essere messa in discussione (sentenza Formula One Licensing/UAMI, cit. al punto 33 supra, EU:C:2012:314, punto 40).

35      Ne consegue che, per non violare l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, al marchio nazionale fatto valere a sostegno di un’opposizione alla registrazione di un marchio comunitario va riconosciuto un certo grado di carattere distintivo (sentenza Formula One Licensing/UAMI, cit. al punto 33 supra, EU:C:2012:314, punto 47).

36      Di conseguenza, nel caso di specie non si può affermare, come fa la ricorrente, che il segno anteriore non è atto a identificare la provenienza dei prodotti da esso designati. Ciò presupporrebbe che il marchio anteriore fosse considerato descrittivo oppure privo di qualsiasi carattere distintivo e, in tal caso, sarebbe messa in discussione la validità del marchio anteriore nell’ambito di una procedura di registrazione di un marchio comunitario, in violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

37      Per le stesse ragioni, la ricorrente non può neppure sostenere che la parola «ripasso» è una componente descrittiva del marchio comunitario collettivo VALPOLICELLA RIPASSO, registrato il 5 dicembre 2007 con il numero 5054606, e non è idonea a svolgere la funzione di marchio.

38      In secondo luogo, la ricorrente contesta la valutazione della commissione di ricorso secondo cui il significato della parola «ripasso» non sarebbe noto alla maggior parte del pubblico italiano, in particolare a coloro che non provengono dal Veneto. Dalla decisione del 2004 risulterebbe che il consumatore italiano, ma anche il consumatore europeo, assocerebbe la parola «ripasso» a una tecnica di vinificazione. Secondo la ricorrente, la tecnica di lavorazione del vino ripasso, tecnica particolare di «rifermentazione» (o «rigoverno»), sarebbe utilizzata non solo per la produzione del vino Valpolicella in Veneto, ma anche in altre regioni italiane, e numerose riviste a livello nazionale e siti Internet assocerebbero il termine «ripasso» ad una tecnica di vinificazione. Inoltre, la parola «ripasso» sarebbe riconosciuta dalla legislazione italiana come la denominazione generica di una particolare tecnica di «rifermentazione» del vino. Il decreto del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali del 24 marzo 2010 avrebbe riconosciuto la denominazione d’origine controllata dei vini «Valpolicella Ripasso».

39      Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la conclusione della commissione di ricorso nella decisione impugnata secondo cui la maggior parte del pubblico italiano ignorerebbe il significato della parola «ripasso» nel settore vinicolo non è in contraddizione con la conclusione tratta nella decisione del 2004 secondo cui il segno RIPASSO era descrittivo per il vino ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009.

40      A tal riguardo occorre ricordare che, affinché un segno sia soggetto al divieto di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009, esso deve presentare con i prodotti o i servizi in causa un nesso sufficientemente diretto e concreto tale da consentire al pubblico di riferimento di percepire immediatamente, e senza ulteriore riflessione, una descrizione dei prodotti e dei servizi di cui trattasi o di una delle loro caratteristiche. Orbene, si deve precisare che la scelta del termine «caratteristica» da parte del legislatore mette in evidenza il fatto che i segni cui si riferisce la suddetta disposizione sono unicamente quelli che servono a designare una proprietà, facilmente riconoscibile dagli ambienti interessati, dei prodotti o dei servizi per i quali è richiesta la registrazione. Pertanto, un segno può essere escluso dalla registrazione in base all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 solo se è ragionevole prevedere che esso sarà effettivamente riconosciuto negli ambienti interessati come descrizione di una delle suddette caratteristiche [v. sentenza del 24 aprile 2012, Leifheit/UAMI (EcoPerfect), T‑328/11, EU:T:2012:197, punto 16 e la giurisprudenza ivi citata].

41      Ne consegue che, per giungere alla conclusione che il marchio anteriore era descrittivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009, era sufficiente constatare che gli ambienti interessati, per esempio i professionisti del vino e gli amatori aventi nozioni di enologia oppure i consumatori originari del Veneto, comprendevano che la parola «ripasso» indicava una tecnica di «rifermentazione» del vino. Orbene, una tale constatazione non contraddice la valutazione della commissione di ricorso nella decisione impugnata, adottata sulla base dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, secondo cui la maggior parte del pubblico italiano, che si trova fuori dal Veneto ed è composta di consumatori medi non specializzati, ignorava il significato della parola «ripasso» nel settore vinicolo.

42      Del resto, la ricorrente non ha dimostrato che il consumatore medio italiano di vino comprenda il significato della parola «ripasso» nel settore vinicolo.

43      Da un lato, il fatto che, come sostiene la ricorrente, la legislazione italiana riconosca la denominazione di origine controllata dei vini «Valpolicella Ripasso» conferma che si tratta di una tecnica particolare di «rifermentazione» del vino utilizzata soltanto per il vino Valpolicella e, quindi, il cui impiego è limitato dal punto di vista geografico a una sola regione, il Veneto. Siffatto argomento non rimette quindi in discussione la valutazione della commissione di ricorso secondo cui il significato della parola «ripasso», nel settore vinicolo, è sconosciuto ai consumatori italiani non originari del Veneto.

44      Dall’altro lato, la mera affermazione della ricorrente secondo la quale numerose riviste a livello nazionale e siti Internet assocerebbero la parola «ripasso» ad una tecnica di vinificazione, affermazione non corroborata da elementi di prova, non è sufficiente a dimostrare che i consumatori medi italiani al di fuori del Veneto comprendano il significato di tale parola nel settore vinicolo.

45      Da quanto precede deriva che la ricorrente non ha dimostrato che la commissione di ricorso abbia errato nel ritenere che il marchio anteriore presentasse un carattere distintivo di grado medio.

 Sulla somiglianza tra i segni in conflitto

46      Si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza, due marchi sono simili quando, dal punto di vista del pubblico pertinente, esiste tra loro un’uguaglianza almeno parziale per quanto riguarda uno o più aspetti pertinenti [sentenze del 23 ottobre 2002, Matrazen Concord/UAMI – Hukla Germany (MATRAZEN), T‑6/01, Racc., EU:T:2002:261, punto 30, e del 10 dicembre 2008, MIP Metro/UAMI – Metronia (METRONIA), T‑290/07, EU:T:2008:562, punto 41].

47      Inoltre, la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta da questi ultimi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi da parte del consumatore medio dei prodotti o dei servizi di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio. A tale riguardo, il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non ne esamina i vari dettagli (v. sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, Racc., EU:C:2007:333, punto 35 e la giurisprudenza ivi citata).

48      Nel caso di specie, il confronto va effettuato tra il marchio denominativo anteriore RIPASSO e il marchio figurativo richiesto Ripassa ZENATO, riprodotto al punto 2 supra.

49      Sul piano visivo, la commissione di ricorso ha constatato che l’elemento «ripassa» del marchio richiesto era quasi identico all’elemento «ripasso» in cui consisteva il marchio anteriore. Essa ha ritenuto che l’elemento denominativo «ripassa» occupasse, per posizione e dimensioni, un ruolo dominante nel marchio richiesto e che l’elemento denominativo «zenato», pur non essendo trascurabile, apparisse subordinato a motivo della sua posizione in basso a destra nell’etichetta, della grafia meno marcata e delle dimensioni ridotte. Essa ha osservato che gli elementi figurativi del marchio richiesto, precisamente l’etichetta di color nero e lo stemma contenente la lettera «z», avessero una funzione decorativa rispetto agli elementi denominativi. Essa ne ha tratto la conclusione che i marchi in conflitto presentavano un certo grado di somiglianza sul piano visivo, sebbene ridotto.

50      La ricorrente contesta la valutazione della commissione di ricorso secondo cui l’elemento «ripassa» occupa una posizione dominante nel marchio richiesto. Ad avviso della ricorrente, i due elementi denominativi, «ripassa» e «zenato», hanno uguale capacità di attirare l’attenzione del consumatore, il primo per la sua posizione centrale e il secondo per il suo carattere stampatello e per il fatto che l’iniziale «z» è ripresa, in rosso, nell’elemento figurativo che sovrasta la scritta «zenato». Essa ne conclude che la somiglianza visiva dei marchi in conflitto sul piano visivo è «veramente minima».

51      Si deve rilevare che, al fine di dimostrare che nel marchio richiesto l’elemento denominativo «zenato» ha la stessa importanza dell’elemento «ripassa», la ricorrente non tiene conto né delle dimensioni né della posizione di tali diversi elementi all’interno del marchio. Inoltre, essa non spiega in che senso la sua affermazione secondo cui la somiglianza visiva è «veramente minima» differisca da quella della commissione di ricorso secondo cui il grado di somiglianza è ridotto.

52      Pertanto, gli argomenti della ricorrente non rimettono in discussione la valutazione della commissione di ricorso secondo cui l’elemento «ripassa» occupa una posizione dominante nel marchio richiesto, né la conclusione della medesima secondo cui i marchi in conflitto presentano un grado di somiglianza ridotto sul piano visivo.

53      Sul piano fonetico, la commissione di ricorso ha ritenuto che i marchi in conflitto presentassero un certo grado di somiglianza, in quanto le prime due sillabe della prima parola del marchio richiesto erano identiche alle prime due sillabe dell’elemento «ripasso» in cui consisteva il marchio anteriore e in quanto la loro terza sillaba aveva lo stesso suono consonantico «s». Essa ha affermato che l’aggiunta della parola «zenato» nel marchio richiesto, che sarebbe percepita come il cognome del produttore vinicolo, non può mettere in discussione tale somiglianza. Ha aggiunto che l’elemento «ripassa» costituiva l’elemento dominante del marchio richiesto e che non si poteva escludere che il consumatore pronunciasse soltanto questa parola.

54      La ricorrente non contesta la conclusione della commissione di ricorso relativa all’esistenza di un certo grado di somiglianza sul piano fonetico.

55      Sul piano concettuale, la commissione di ricorso ha rilevato che, certamente, la parola «ripasso» era utilizzata nel settore vinicolo per designare una tecnica particolare di lavorazione del vino usata in Veneto. Tuttavia, essa ha considerato che la maggior parte dei consumatori italiani finali di vini ignorava tale accezione specifica. Al fine di valutare la somiglianza dei segni in conflitto sul piano concettuale, la commissione di ricorso ha distinto tra i consumatori italiani che conoscevano il significato della parola «ripasso» nel settore vinicolo e quelli che lo ignoravano. Essa ha ritenuto che i secondi avessero la tendenza ad associare le parole «ripasso» e «ripassa» ai concetti di «ripasso» e di «ripassare» quali definiti nel dizionario Garzanti della lingua italiana. Inoltre, la commissione di ricorso ha affermato che la parola «zenato» era priva di significato per il pubblico italiano di riferimento ed era percepita come un cognome, più specificamente come il nome del produttore del vino di cui trattasi.

56      La commissione di ricorso ha considerato che, riguardo al marchio richiesto, per i consumatori italiani che ignorano la tecnica di lavorazione del vino ripasso, che costituiscono una parte significativa del pubblico italiano, il carattere distintivo dell’elemento «zenato» era pari a quello dell’elemento «ripassa»; quest’ultimo, a motivo della sua posizione centrale nel marchio richiesto, sarebbe inteso come identificativo del prodotto in sé, più che del produttore di vino. Essa ha quindi concluso che, per questa parte del pubblico di riferimento, esisteva una somiglianza tra i marchi in conflitto sul piano concettuale, in quanto entrambi fanno riferimento ai concetti di «ripasso» o di «ripassare», sotto forma di sostantivo nel caso del marchio anteriore («ripasso») o sotto forma di verbo nel caso del primo elemento denominativo del marchio richiesto («ripassa»).

57      La ricorrente contesta la valutazione della commissione di ricorso secondo cui, in quanto i marchi in conflitto fanno riferimento ai concetti di «ripasso» o di «ripassare», sussisterebbe una somiglianza fra gli stessi sul piano concettuale.

58      In primo luogo, si deve constatare che, poiché per giungere alla conclusione dell’esistenza di una somiglianza tra i marchi in conflitto sul piano concettuale la commissione di ricorso ha tenuto conto soltanto dei consumatori italiani che non conoscono il significato della parola «ripasso» nel settore del vino, gli argomenti della ricorrente relativi alla valutazione della somiglianza sul piano concettuale in relazione ai consumatori italiani che comprendono che la parola «ripasso» designa una tecnica di lavorazione del vino sono inoperanti.

59      In secondo luogo, riguardo ai consumatori italiani che ignorano il significato della parola «ripasso» nel settore del vino, la ricorrente non può affermare, da un lato, che il consumatore non percepirà la parola «ripasso» nell’accezione datane dal dizionario e, dall’altro, che, sebbene la parola «ripassa» non esista come sostantivo, il consumatore la percepirà comunque come un sostantivo e non come un verbo (il verbo «ripassare» coniugato alla terza persona singolare) e la riterrà una parola di fantasia.

60      Infatti, va osservato che, al fine di valutare la somiglianza dei segni sul piano concettuale, la commissione di ricorso deve basarsi sul significato delle parole che compongono il marchio quale figura, in particolare, nei dizionari. Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, non vi è alcuna ragione per affermare che, di fronte a una parola contenuta in un marchio, il consumatore attribuirà a tale parola un significato di fantasia privilegiandolo rispetto a quello che figura nei dizionari.

61      Di conseguenza, la ricorrente non deduce alcun argomento idoneo a rimettere in discussione la conclusione della commissione di ricorso secondo cui tra i marchi in conflitto sussisteva una somiglianza sul piano concettuale.

62      Si deve quindi constatare che giustamente la commissione di ricorso ha concluso che, nel complesso, tra i marchi in conflitto esisteva una somiglianza, di grado non particolarmente elevato.

63      Detta conclusione non è rimessa in discussione dall’argomento della ricorrente secondo cui la commissione di ricorso avrebbe dato troppa importanza alla somiglianza tra i marchi in conflitto sul piano concettuale a scapito delle loro differenze sui piani visivo e fonetico.

64      Tale argomento poggia infatti su una lettura erronea della decisione impugnata, nella quale la commissione di ricorso ha ritenuto sussistere non una differenza tra i marchi in conflitto sui piani visivo e fonetico, bensì un certo grado di somiglianza, sebbene ridotto sul piano visivo.

65      Inoltre, la ricorrente non può affermare che l’elemento «zenato» del marchio richiesto ha un’importanza fondamentale per il pubblico di riferimento, il quale lo percepirà come il cognome del produttore di vino, e che la commissione di ricorso ha praticamente ignorato detto elemento.

66      Si deve infatti ricordare che la valutazione della somiglianza tra i marchi in conflitto deve essere fondata sull’impressione complessiva dagli stessi prodotta. Dalla decisione impugnata risulta che è proprio perché ha preso in considerazione l’elemento «zenato» del marchio richiesto che la commissione di ricorso ha concluso che i marchi in conflitto presentavano soltanto un debole grado di somiglianza sui piani visivo e fonetico, mentre l’elemento «ripassa» del marchio richiesto e il marchio anteriore presentavano un grado di somiglianza molto elevato.

67      Infine, dev’essere respinto altresì l’argomento della ricorrente secondo cui, anche se il consumatore dovesse pronunciare unicamente la parola «ripassa», il venditore o il ristoratore, quale esperto, comprenderebbe che si tratta dei prodotti oggetto del marchio richiesto. La ricorrente non spiega le ragioni per le quali siffatto argomento sarebbe tale da rimettere in discussione la conclusione della commissione di ricorso secondo cui tra i marchi in conflitto esiste globalmente una somiglianza, di grado non particolarmente elevato.

 Sul rischio di confusione

68      La valutazione globale del rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori presi in considerazione e, in particolare, tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. In tal senso, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi, e viceversa [sentenze del 29 settembre 1998, Canon, C‑39/97, Racc., EU:C:1998:442, punto 17, e del 14 dicembre 2006, Mast‑Jägermeister/UAMI – Licorera Zacapaneca (VENADO con riquadro e a.), T‑81/03, T‑82/03 e T‑103/03, Racc., EU:T:2006:397, punto 74].

69      Occorre tener conto del fatto che il consumatore medio ha solo raramente la possibilità di effettuare un confronto diretto tra i diversi marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine imperfetta che ne conserva nella memoria (sentenza del 22 giugno 1999, Lloyd Schuhfabrik Meyer, C‑342/97, Racc., EU:C:1999:323, punto 26).

70      Dall’insieme di quanto precede risulta che la commissione di ricorso – tenendo conto del fatto che i prodotti di cui trattasi erano identici, che il marchio anteriore presentava un carattere distintivo di grado medio, che il consumatore conservava nella memoria un’immagine imperfetta dei marchi in conflitto e che tra i marchi in conflitto esisteva una somiglianza, di grado non particolarmente elevato, sui piani visivo, fonetico e concettuale per una parte significativa del pubblico di riferimento, composto dei consumatori italiani che ignoravano l’accezione del termine «ripasso» nel settore del vino – giustamente ha concluso nel senso dell’esistenza di un rischio di confusione.

71      Inoltre, anche ammettendo che il marchio anteriore abbia un carattere distintivo debole, occorre ricordare che, sebbene il carattere distintivo del marchio anteriore debba essere preso in considerazione ai fini della valutazione del rischio di confusione, si tratta soltanto di uno tra vari altri elementi che rilevano nell’ambito di tale valutazione. Così, anche in presenza di un marchio anteriore di carattere distintivo debole, può sussistere un rischio di confusione, per effetto, in particolare, di una somiglianza dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi [v. sentenza del 13 dicembre 2007, Xentral/UAMI – Pages jaunes (PAGESJAUNES.COM), T‑134/06, Racc., EU:T:2007:387, punto 70 e la giurisprudenza ivi citata; sentenza del 16 gennaio 2014, Message Management/UAMI – Absacker (ABSACKER of Germany), T‑304/12, EU:T:2014:5, punto 55].

72      Quindi, anche volendo supporre che, come sostiene la ricorrente, il marchio anteriore presentasse un carattere distintivo debole, l’identità dei prodotti in causa e la somiglianza tra i segni in conflitto sarebbero sufficienti per ravvisare l’esistenza di un rischio di confusione.

73      Inoltre, accogliere tale argomento avrebbe la conseguenza di vanificare il fattore basato sulla somiglianza dei marchi in favore di quello basato sul carattere distintivo del marchio anteriore, al quale in tal modo sarebbe riconosciuta un’eccessiva importanza. Ne conseguirebbe che, in caso di marchio anteriore dotato solamente di un debole carattere distintivo, un rischio di confusione sussisterebbe solo in caso di una sua riproduzione completa da parte del marchio richiesto e indipendentemente dal grado di somiglianza tra i segni di cui trattasi. Tale risultato non sarebbe conforme alla natura stessa della valutazione globale che le autorità competenti sono incaricate di intraprendere ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 (v. sentenza PAGESJAUNES.COM, cit. al punto 71 supra, EU:T:2007:387, punto 71 e la giurisprudenza ivi citata).

74      In considerazione di tutto quanto precede, il motivo unico, vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, e, di conseguenza, il ricorso nella sua interezza devono essere respinti.

 Sulle spese

75      Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, poiché è rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alle conclusioni dell’UAMI.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Cantina Broglie 1 Srl è condannata alle spese.

van der Woude

Wiszniewska-Białecka

Ulloa Rubio

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 27 novembre 2014.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.