Language of document : ECLI:EU:T:2013:260

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

17 maggio 2013(*)

«Concorrenza – Intese – Mercato europeo dei tubi marini – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 81 CE e all’articolo 53 dell’accordo SEE – Fissazione dei prezzi, ripartizione del mercato e scambi di informazioni commerciali sensibili – Nozione di infrazione permanente o ripetuta – Prescrizione – Obbligo di motivazione – Parità di trattamento – Legittimo affidamento – Ammende – Gravità e durata dell’infrazione – Circostanze attenuanti – Cooperazione»

Nella causa T‑154/09,

Manuli Rubber Industries SpA (MRI), con sede in Milano, rappresentata da L. Radicati di Brozolo, M. Pappalardo e E. Marasà, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da V. Di Bucci, S. Noë e L. Prete, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto, in via principale, una domanda di annullamento parziale della decisione C (2009) 428 def. della Commissione, del 28 gennaio 2009, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/39406 – Tubi marini), nella misura in cui tale decisione riguarda la ricorrente, e, in subordine, una domanda di annullamento o di riduzione sostanziale dell’ammenda ad essa inflitta in detta decisione,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da J. Azizi, presidente, M. Prek e S. Frimodt Nielsen (relatore), giudici,

cancelliere: J. Weychert, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 aprile 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

A –  Settore dei tubi marini destinati al petrolio e al gas

1        I tubi marini sono impiegati per caricare petrolio dolce o petrolio grezzo lavorato e altri prodotti petroliferi dagli impianti offshore (ad esempio, le boe – normalmente ancorate al largo, che fungono da punto di ormeggio per le petroliere – o le piattaforme galleggianti di produzione, stoccaggio e scarico – che sono sistemi di cisterne galleggianti utilizzate per estrarre il petrolio o il gas da una piattaforma limitrofa, trattarlo e stoccarlo fino al trasbordo su una petroliera) su navi‑cisterna e successivamente scaricare tali prodotti da tali navi in impianti offshore (ad esempio, boe) o sulla terraferma.

2        I tubi marini vengono utilizzati offshore – vale a dire in acqua o in prossimità dell’acqua – mentre i tubi industriali o terrestri vengono utilizzati sulla terraferma.

3        Ogni impianto di tubi marini include, a seconda delle specifiche esigenze dei clienti, un certo numero di tubi standard, di tubi speciali muniti di giunti alle due estremità e di dispositivi complementari, quali valvole, ingranaggi terminali o apparecchiature galleggianti. Nella fattispecie, l’espressione «tubi marini» include tali dispositivi complementari.

4        I tubi marini vengono utilizzati dalle compagnie petrolifere, dai produttori di boe, dai terminal portuali, dall’industria petrolifera e dai governi, e vengono acquistati sia per nuovi progetti che come pezzi di ricambio.

5        Per quanto riguarda i nuovi progetti, i terminal petroliferi o gli altri utenti finali si avvalgono generalmente di una società di ingegneria (detta anche «costruttore di materiale», «costruttore OEM» o «fornitore di componenti») per costruire o installare nuovi impianti di distribuzione petrolifera, quali i sistemi di punto unico di ormeggio o le piattaforme galleggianti di produzione, stoccaggio e scarico. Per tali progetti, il fornitore di componenti acquista un impianto completo di tubi marini presso un produttore.

6        Una volta che tali tubi marini siano stati installati, i singoli pezzi devono essere sostituiti entro un periodo compreso tra uno e sette anni. Gli acquisti di tubi marini a fini sostitutivi (noti anche come «settore dei pezzi di ricambio») sono spesso effettuati direttamente dagli utenti finali. Tuttavia, in alcuni casi, questi ultimi subappaltano e centralizzano i loro acquisti presso controllate o imprese esterne. Le vendite di pezzi di ricambio rappresentano una quota del mercato mondiale dei tubi marini superiore a quella delle vendite di prodotti nuovi.

7        La domanda di tubi marini dipende in gran parte dallo sviluppo del settore petrolifero e, in particolare, quello dell’estrazione del petrolio in zone lontane dai luoghi di consumo. La domanda, aumentata nel corso del tempo, è ciclica e dipende in una certa misura dall’andamento del prezzo del petrolio. Essa ha iniziato ad assumere dimensioni rilevanti alla fine degli anni ‘60 ed è aumentata all’inizio degli anni ‘70, in particolare con provenienza da regioni produttrici di petrolio nel Golfo Persico, nel Mare del Nord e nell’Africa settentrionale. Negli anni ‘80 la domanda è aumentata con provenienza dalle imprese petrolifere nazionali in via di sviluppo dell’America del Sud. Alla fine degli anni ‘90 la domanda si è spostata verso l’Africa occidentale.

8        I tubi marini sono fabbricati da imprese note nel settore degli pneumatici e della gomma o da loro «spin-off». Essi vengono prodotti su richiesta, conformemente alle esigenze dei clienti. Poiché la domanda di tubi marini è molto dispersa sul piano geografico, la maggior parte dei produttori ricorre ad un numero considerevole di agenti che, per mercati specifici, forniscono servizi generali di marketing e offrono i loro prodotti nell’ambito di gare d’appalto pubbliche.

9        I tubi marini vengono commercializzati in tutto il mondo e i principali produttori operano su scala internazionale. I requisiti normativi applicabili ai tubi marini non presentano sostanziali differenze da un paese all’altro e, sebbene i requisiti tecnici varino in funzione dell’ambiente e delle modalità di impiego, tuttavia ciò non viene percepito come un ostacolo alla vendita di tubi marini in tutto il mondo.

10      Infine, nel periodo considerato nella decisione impugnata, i partecipanti al cartello hanno venduto tubi marini prodotti in Giappone, nel Regno Unito, in Italia e in Francia a utenti finali e a fornitori di componenti stabiliti in vari paesi dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo (SEE). Benché la maggior parte dei sistemi di tubi marini abbia quale destinazione finale regioni extraeuropee, alcuni dei principali fornitori mondiali di componenti hanno invece sede in vari paesi dell’Unione e del SEE.

B –  Presentazione della ricorrente

11      La ricorrente, la Manuli Rubber Industries SpA (in prosieguo: la «MRI»), è una società attiva nella progettazione, produzione e distribuzione in tutto il mondo di apparecchiature, sistemi e componenti in gomma/metallo per il trasporto di fluidi destinati ad applicazioni marittime/petrolifere e a sistemi idraulici ad alta pressione.

12      La ricorrente è la società controllante del gruppo Manuli. Essa ha sede a Milano.

13      Il 2 dicembre 1984 la Manuli ha fondato la Uniroyal Manuli (USA) Inc., con sede nel Delaware (Stati Uniti) ed interamente detenuta dalla MRI. Tale società è stata in seguito ridenominata Uniroyal Manuli Rubber (USA) Inc. nel 1986, Manuli Rubber Industries (USA) Inc. nel 1990 e Manuli Oil & Marine (USA) Inc. (in prosieguo: la «MOM») nel 1997. La società è stata liquidata il 31 dicembre 2006.

14      Fin dalla sua costituzione, la MOM ha esercitato le attività di vendita e di commercializzazione dei tubi marini della MRI a livello internazionale.

15      [riservato](1).

16      [riservato].

17      [riservato].

18      Nel gennaio 2006 il settore dei tubi marini è stato posto sotto il controllo del gruppo d’imprese Ingegneria, e la MOM rendeva conto al capo di tale gruppo.

19      Il 1° gennaio 2007, in seguito alla liquidazione della MOM, le attività operative in materia di tubi marini sono state rilevate dalla MRI.

C –  Procedimento amministrativo

20      Mentre veniva avviata un’indagine da parte del Ministero della giustizia degli Stati Uniti e dalle Autorità garanti della concorrenza del Giappone e del Regno Unito per fatti analoghi, [riservato], invocando il programma di clemenza previsto dalla Comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (GU 2006, C 298, pag. 17) (in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione»), presentava alla Commissione delle Comunità europee, il 20 dicembre 2006, una richiesta di immunità denunciando l’esistenza di un cartello nel mercato dei tubi marini.

21      La Commissione ha quindi avviato un’indagine per violazione dell’articolo 81 CE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE e il 2 maggio 2007 ha effettuato una serie di accertamenti presso la Parker ITR ed altri produttori interessati, nonché presso [riservato] e il sig. W.

22      La MRI, la Parker ITR e la Bridgestone hanno rispettivamente inviato una domanda di trattamento favorevole alla Commissione nelle date 4 maggio, 17 luglio e 7 dicembre 2007.

23      Il 28 aprile 2008 la Commissione ha adottato una comunicazione degli addebiti, che è stata notificata alle diverse società interessate tra il 29 aprile e il 1° maggio 2008.

24      Tutte le società interessate hanno risposto alla comunicazione degli addebiti entro i termini impartiti e, ad eccezione della [riservato]/DOM, della ContiTech AG e della Continental AG, hanno chiesto di essere sentite nel corso di un’audizione tenutasi il 23 luglio 2008.

D –  Decisione impugnata

25      Il 28 gennaio 2009 la Commissione ha adottato la decisione C (2009) 428 def., relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/39406 – Tubi marini) (in prosieguo: la «decisione impugnata»). Dalla decisione impugnata risulta sostanzialmente che:

–        la stessa è stata inviata a undici società, tra le quali la ricorrente;

–        le società destinatarie della decisione impugnata hanno partecipato, con modalità variabili, ad un’infrazione unica e complessa, avente ad oggetto:

–        l’attribuzione degli appalti;

–        la fissazione dei prezzi;

–        la fissazione di quote;

–        la definizione delle condizioni di vendita;

–        la ripartizione dei mercati dal punto di vista geografico;

–        lo scambio di informazioni sensibili riguardanti prezzi, volumi di vendita e gare d’appalto;

–        il cartello è iniziato quanto meno il 1° aprile 1986 (benché risalga verosimilmente all’inizio degli anni ‘70) ed è terminato il 2 maggio 2007;

–        dal 13 maggio 1997 sino all’11 giugno 1999 con riferimento ad alcune società, sino al 21 giugno 1999 con riferimento ad altre, e sino al 9 maggio 2000 con riferimento alla MRI, il cartello è stato poco attivo e si sono verificati contrasti tra i suoi membri; tuttavia, secondo la Commissione, ciò non ha comportato una reale interruzione dell’infrazione; infatti, la struttura realizzata dal cartello è stata completamente ristabilita a partire dal giugno 1999 con le stesse modalità e con gli stessi partecipanti, ad eccezione della ricorrente, la quale ha riaderito pienamente al cartello il 9 giugno 2000; si dovrebbe pertanto ritenere che i produttori abbiano commesso un’infrazione unica e continuata protrattasi dal 1° aprile 1986 al 2 maggio 2007, o quanto meno, se si dovesse malgrado tutto considerare che vi sia stata un’interruzione, un’infrazione unica e ripetuta; il periodo compreso, riguardo alla ricorrente, tra il 13 maggio 1997 e il 9 giugno 2000, non va tuttavia preso in considerazione ai fini del calcolo dell’ammenda, tenuto conto del numero limitato di prove dell’infrazione per tale periodo;

–        è stato stabilito che la ricorrente ha partecipato all’infrazione nei periodi compresi tra il 1° aprile 1986 e il 1° agosto 1992 e tra il 3 settembre 1996 e il 2 maggio 2007;

–        in applicazione dei criteri previsti dagli Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti»), l’importo di base dell’ammenda da irrogare a ciascuna delle società è stato determinato come segue:

–        la Commissione si è basata sulla media delle vendite annue mondiali di ciascuna delle società nel periodo 2004‑2006, ad eccezione della Yokohama Rubber, per la quale è stato preso in considerazione il periodo 2003‑2005; a tal riguardo, la Commissione ha tenuto conto delle vendite fatturate agli acquirenti stabiliti nel SEE;

–        essa ha determinato le vendite pertinenti di ciascuna di esse applicando la loro quota di mercato mondiale alle vendite aggregate realizzate all’interno del SEE, conformemente al punto 18 degli orientamenti;

–        ha preso in considerazione il 25% di quest’ultimo valore (anziché il massimo del 30% previsto dagli orientamenti) a titolo della gravità dell’infrazione;

–        ha moltiplicato il valore risultante dalle operazioni precedenti per il numero di anni in cui ciascuna società ha partecipato all’infrazione;

–        conformemente al punto 25 degli orientamenti, ha infine applicato una somma aggiuntiva pari al 25% delle vendite pertinenti a fini dissuasivi;

–        la Commissione ha poi riconosciuto talune circostanze aggravanti a carico della Parker ITR e della Bridgestone e ha escluso l’applicazione di circostanze attenuanti per le altre società;

–        infine, a titolo della comunicazione sulla cooperazione, la Commissione ha ridotto l’ammenda della [riservato] (100%) e della MRI (30%), mentre ha respinto le richieste di riduzione presentate dalla Bridgestone e dalla Parker ITR.

26      [riservato].

27      Nessuna circostanza attenuante è stata ammessa a favore della MRI.

28      Le è stata tuttavia concessa una riduzione pari al 30% dell’ammenda in applicazione della comunicazione sulla cooperazione, portando così l’importo dell’ammenda ad essa inflitta a EUR 4 900 000.

 Procedimento e conclusioni delle parti

29      Con atto introduttivo, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 10 aprile 2009, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

30      Dato l’impedimento di un membro della Prima Sezione a partecipare al procedimento, il presidente del Tribunale ha designato un altro giudice per completare la sezione, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale.

31      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione) ha deciso di avviare la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 64 del regolamento di procedura, ha invitato le parti a produrre taluni documenti ed ha sottoposto loro alcuni quesiti scritti. Le parti hanno ottemperato a tale richiesta.

32      Con lettera del 25 aprile 2012, la ricorrente ha chiesto che l’udienza fosse tenuta a porte chiuse.

33      Le parti hanno esposto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti orali posti dal Tribunale all’udienza del 26 aprile 2012.

34      La ricorrente, in tale occasione, ha desistito dalla sua domanda di udienza a porte chiuse.

35      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        in via principale:

–        annullare l’articolo 1 della decisione impugnata nella parte in cui si dichiara che la ricorrente ha partecipato a un’infrazione unica e continuata nel mercato dei tubi marini dal 1° aprile 1986 al 1° agosto 1992 e dal 3 settembre 1996 al 2 maggio 2007, in particolare per il periodo dal 3 settembre 1996 al 9 maggio 2000;

–        annullare l’articolo 2 della decisione impugnata laddove le è inflitta un’ammenda di EUR 4 900 000;

–        respingere ogni eccezione e difesa contraria;

–        in subordine:

–        ridurre, ai sensi dell’articolo 229 CE, l’ammenda di EUR 4 900 000 prevista a suo carico nell’articolo 2 della decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

36      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

A –  Sulle conclusioni di annullamento

37      La ricorrente deduce tre motivi a sostegno del suo ricorso di annullamento.

38      Il primo motivo riguarda un errore nella qualificazione dell’infrazione e una violazione dell’articolo 253 CE.

39      Il secondo motivo si basa su diversi errori di valutazione nella determinazione della durata dell’infrazione, nonché sulla violazione degli articoli 81 CE e 253 CE e dell’articolo 2 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1).

40      Esso è suddiviso in sei parti, concernenti, rispettivamente, errori nella valutazione delle prove fatte valere dalla Commissione (prima parte), il fatto che quest’ultima non avrebbe assolto il suo onere probatorio (seconda parte), il fatto che la ricorrente avrebbe fornito prove contrarie e una spiegazione alternativa plausibile (terza parte), la violazione del principio della parità di trattamento e un difetto di motivazione, dovuti ad errori di valutazione nel confronto fra il comportamento della MRI tra il settembre 1996 e il maggio 1997 e il suo comportamento tra il maggio 1997 e il maggio 2000 (quarta parte), il fatto che si sarebbe dovuta applicare la prescrizione alle distinte infrazioni individuali eventualmente commesse nel periodo 1996‑2000 (quinta parte) e il fatto che l’utilizzo dei documenti forniti dalla MRI nell’ambito del programma di clemenza per dimostrare l’esistenza di un’infrazione nel periodo dal 3 settembre 1996 al 13 maggio 1997 è in contrasto con la comunicazione sulla cooperazione e lede il suo legittimo affidamento (sesta parte).

41      Il terzo motivo è suddiviso in cinque parti, concernenti rispettivamente un errore di valutazione della gravità dell’infrazione e la violazione del principio della parità di trattamento (prima parte), un errore nel calcolo dell’ammenda in funzione della durata dell’infrazione e una violazione del principio del legittimo affidamento (seconda parte), l’applicazione erronea di una maggiorazione per deterrenza e la violazione dell’obbligo di motivazione e del principio della parità di trattamento (terza parte), l’erroneo rigetto delle circostanze attenuanti e la violazione dell’obbligo di motivazione (quarta parte) e una riduzione insufficiente dell’ammenda per la collaborazione prestata nell’ambito del programma di clemenza (quinta parte).

42      Occorre esaminare congiuntamente il primo motivo e le sei parti del secondo motivo.

B –  Sul primo motivo, concernente un errore nella qualificazione dell’infrazione e una violazione dell’articolo 253 CE, e sul secondo motivo, concernente errori manifesti di valutazione nella determinazione della durata dell’infrazione, la violazione degli articoli 81 CE e 253 CE e dell’articolo 2 del regolamento n. 1/2003

1.     Decisione impugnata

43      Riguardo al primo motivo, dal punto 412 della decisione impugnata risulta, in sostanza, che la Commissione ha considerato che la MRI aveva interrotto la sua partecipazione al cartello tra il 1° agosto 1992 e il 3 settembre 1996, che la prescrizione poteva applicarsi per il periodo d’infrazione compreso tra il 1° aprile 1986 e il 1° agosto 1992 e che essa decideva quindi di non infliggerle un’ammenda per questo stesso periodo. Risulta peraltro dall’articolo 1 della decisione impugnata che la Commissione ha considerato che sia stata commessa un’infrazione continuata tra il 1° aprile 1986 e il 2 maggio 2007, alla quale la MRI ha partecipato dal 1° aprile 1986 al 1° agosto 1992 e dal 3 settembre 1996 al 2 maggio 2007, e dai punti 187, da 201 a 208 e da 446 a 448 della decisione impugnata, che il periodo d’infrazione considerato dalla Commissione per il calcolo dell’ammenda decorre dal 3 settembre 1996 al 13 maggio 1997 e dal 9 maggio 2000 al 2 maggio 2007, mentre il periodo compreso tra il 13 maggio 1997 e il 9 maggio 2000 è ritenuto, per quanto riguarda la ricorrente, come un periodo di attività ridotta del cartello, che non giustifica l’imposizione di un’ammenda.

44      Riguardo al secondo motivo, dai punti da 141 a 147 della decisione impugnata risulta che la Commissione, basandosi su diversi documenti, tra cui talune note interne trasmesse dalla MRI nell’ambito della sua domanda di trattamento favorevole (punti da 143 a 145 della decisione impugnata) ha considerato che quest’ultima avesse ripreso ad essere attiva nel cartello a partire dal 3 settembre 1996.

45      I punti da 148 a 187 della decisione impugnata espongono, peraltro, gli elementi di prova, tra i quali diversi documenti trasmessi dalla MRI nell’ambito della sua domanda di trattamento favorevole, sui quali si è basata la Commissione per considerare che il periodo tra il 13 maggio 1997 e il maggio 1999 aveva costituito, per il cartello, un periodo di attività limitate, durante il quale erano stati intrattenuti contatti, che coinvolgevano la ricorrente, allo scopo, in particolare, di rilanciare il cartello e negoziare le condizioni di partecipazione dei diversi membri di quest’ultimo. La Commissione ha tuttavia ritenuto che, tenuto conto della limitata attività dei membri del cartello, non dovevano essere imposte loro ammende per detto periodo, prolungato, riguardo alla MRI, al 9 maggio 2000 (punto 447 della decisione impugnata).

46      I punti da 289 a 307 della decisione impugnata espongono, inoltre, i motivi per i quali la Commissione ha considerato che l’infrazione fosse continuata, o, in subordine, ripetuta, malgrado essa ritenesse che il cartello avesse svolto un’attività limitata tra il 13 maggio 1997 e il maggio 1999 e non si dovesse imporre un’ammenda per tale periodo.

47      I punti da 480 a 488 della decisione impugnata espongono infine i motivi per cui la Commissione concede alla MRI una riduzione dell’ammenda del 30% in base alla comunicazione sulla cooperazione, ma respinge l’argomento di quest’ultima diretto ad ottenere che, ai sensi del punto 26 di tale comunicazione, non siano utilizzati contro la MRI gli elementi di prova dalla stessa forniti alla Commissione per il periodo 1996‑1997.

2.     Argomenti delle parti

a)     Sul primo motivo

48      La ricorrente deduce sostanzialmente che, poiché la Commissione ha ammesso, in primo luogo, che essa si era ritirata dal cartello tra il 1° agosto 1992 e il 3 settembre 1996, in secondo luogo, che si trattava di una reale interruzione e non di una sospensione della sua partecipazione al cartello, nel senso in cui la giurisprudenza distingue queste due nozioni (punti 129, 130 e 402 della decisione impugnata), e in terzo luogo, che essa doveva quindi beneficiare delle disposizioni relative alla prescrizione per il periodo anteriore al 1992 (punto 412 della decisione impugnata), periodo che conseguentemente non doveva essere preso in considerazione ai fini del calcolo dell’ammenda, la Commissione non poteva dichiarare al contempo che la MRI aveva partecipato ad un’infrazione complessa e continuata dal 1° aprile 1986 al 2 maggio 2007, il che sarebbe in contrasto con le disposizioni dell’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003. Il periodo successivo alla ripresa della sua partecipazione al cartello potrebbe quindi essere considerato solo come un’infrazione nuova e distinta dalla precedente.

49      Inoltre, la ricorrente contesta sostanzialmente che la prescrizione le sia stata concessa «discrezionalmente» dalla Commissione, come affermato dalla stessa (punto 412 della decisione impugnata).

50      A suo parere, tale motivazione è peraltro contraddittoria e lacunosa.

51      La ricorrente ritiene peraltro che, tenuto conto di tale interruzione della sua partecipazione al cartello, la sua posizione non sia equiparabile a quella degli altri partecipanti.

52      La Commissione contesta tali argomenti e sostiene che non aveva l’obbligo di constatare il compiersi della prescrizione, e che pertanto si è limitata a indicare che quest’ultima avrebbe potuto essere applicata.

b)     Sul secondo motivo

 Sulla prima parte

53      La ricorrente sostiene che, per concludere che essa aveva partecipato al cartello nel periodo 1996‑2000, la Commissione si basa su taluni documenti dai quali risulterebbero i contatti intercorsi tra essa e i suoi concorrenti ed emergerebbe che «alla fine del 1996 [essa] ha ripreso a coordinare alcuni appalti aventi ad oggetto tubi marini con membri del cartello» (punto 141 della decisione impugnata) e che, in tale periodo, essa «ha beneficiato delle informazioni esaustive sul mercato scambiate al fine di supervisionare gli accordi per l’attribuzione degli appalti tra i membri del cartello» (punto 147 della decisione impugnata).

54      Orbene, a suo parere, sostanzialmente, gli elementi di prova sui quali si basa la Commissione [riservato] non consentono di giungere a una tale conclusione ed essa contesta sia la lettura che l’interpretazione da parte di quest’ultima di tali elementi di prova, sempre ammettendo che la Commissione possa validamente basarsi sugli elementi forniti dalla ricorrente stessa nell’ambito del programma di clemenza per concludere che quest’ultima abbia partecipato al cartello nel periodo tra il 3 settembre 1996 e il 13 maggio 1997, periodo considerato per il calcolo dell’ammenda che le è inflitta.

55      La Commissione contesta tale argomento e precisa che la ricorrente ammette più volte nelle sue memorie di avere avuto numerosi contatti vietati con i suoi concorrenti tra il 1997 e il 2000, anche se tenta di sminuirne la portata ed il significato.

 Sulla seconda parte

56      La ricorrente rileva in sostanza che le prove prodotte dalla Commissione non sono sufficienti a dimostrare che essa avesse aderito ex novo ad un piano comune nel periodo considerato. Orbene, a suo parere, spettava alla Commissione provare che essa aveva partecipato ad una nuova infrazione, dato che era completamente uscita dal cartello nel 1992 e, per il periodo anteriore al 1992, l’infrazione era prescritta. La Commissione non poteva quindi accontentarsi di indizi sulla base dei quali presumere che la partecipazione della MRI avesse carattere continuato. Tuttavia lo avrebbe fatto, basandosi erroneamente sulla tesi secondo cui l’infrazione era continuata dal 1986.

57      Inoltre, la ricorrente considera che, in ogni caso, gli indizi raccolti dalla Commissione dimostrano il suo esplicito rifiuto di accogliere le proposte di collaborazione degli altri partecipanti al cartello.

58      La Commissione contesta quest’argomentazione.

 Sulla terza parte

59      In primo luogo la ricorrente, da un lato, contesta sostanzialmente l’addebito di non aver fornito una plausibile spiegazione degli elementi di prova utilizzati dalla Commissione che fosse alternativa a quella della partecipazione all’accordo di cartello (punto 142 della decisione impugnata) e, dall’altro, si oppone alla tesi della Commissione secondo la quale, l’infrazione può essere desunta da semplici presunzioni, una volta che siano stati dimostrati scambi di informazioni e contatti illeciti con i concorrenti, con la conseguenza che spetta poi all’impresa fornire una spiegazione alternativa plausibile (punto 262 della decisione impugnata).

60      Infatti, la ricorrente ritiene di aver fornito una spiegazione alternativa non solo plausibile, ma corredata di diverse prove – la prima deposizione orale della [riservato] – che permetterebbe di considerare che essa non aveva partecipato al cartello tra il 3 settembre 1986 e il 9 maggio 2000, ma vi aveva di nuovo aderito soltanto in quest’ultima data.

61      Essa afferma, al riguardo, che i documenti menzionati dalla Commissione nella decisione impugnata rivelano che i contatti intervenuti erano in realtà il risultato degli sforzi delle altre imprese per tentare di convincerla ad entrare nel cartello e testimoniano la strategia di uno dei suoi dirigenti di «fingere una vaga disponibilità a collaborare con i concorrenti», onde evitare di istigarli a organizzare azioni concertate di boicottaggio che avrebbero potuto risultare per essa pericolose, come quelle messe in atto dalla Dunlop e dalla Bridgestone, continuando al contempo ad operare sul mercato in modo autonomo e, anzi, aggressivo nei confronti della concorrenza.

62      In secondo luogo, la ricorrente afferma sostanzialmente che la Commissione avrebbe erroneamente ignorato vari documenti che suffragano tale spiegazione, negandone il valore probatorio.

63      La ricorrente ritiene, al riguardo, che la Commissione, pur riconoscendo che gli stessi documenti «confermano (…) [che essa] non faceva parte della struttura formale del Club prima di tale data [il 9 maggio 2000]», sostiene tuttavia che essi «non smentiscono la conclusione (…) secondo cui essa ha continuato ad essere coinvolta in taluni contatti illeciti con gli altri membri del cartello ed era tenuta al corrente dagli stessi circa la collaborazione in atto» e che tali contatti riguardavano «una collaborazione sul mercato dei tubi marini», il che l’ha indotta a ritenere che anche essa fosse stata parte dell’accordo tra il 1997 e il 9 maggio 2000 (punti 146, 209 e 210 della decisione impugnata).

64      La ricorrente afferma che la Commissione sembra quindi basarsi sulla giurisprudenza secondo cui il fatto che ogni partecipante al cartello abbia svolto un ruolo differente, adottando una condotta che integra solo alcuni degli elementi costitutivi dell’infrazione, non esclude che ogni impresa sia comunque responsabile per l’infrazione nella sua interezza, inclusi gli atti commessi da altri partecipanti (punti da 284 a 288 della decisione impugnata).

65      Orbene, essa sostiene che tale giurisprudenza non è applicabile nel caso di specie, dato che riguarda la dimostrazione della partecipazione a un cartello da parte di imprese di cui è stata accertata la presenza a riunioni volte a definire accordi anticoncorrenziali e che non hanno mai manifestato dissenso nei confronti del cartello di cui trattasi.

66      Infatti, risulterebbe accertato che essa era uscita dal cartello nel 1992 e i contatti intercorsi tra il 1996 e il 2000 dovrebbero quindi essere valutati per la loro capacità di dimostrare l’adesione ex novo ad un piano comune.

67      La Commissione non può quindi considerare sufficienti semplici presunzioni.

68      Inoltre, la ricorrente asserisce che, conformemente alla giurisprudenza, per dimostrare la sua adesione al piano comune perseguito dagli altri membri del cartello, non è sufficiente che la Commissione dimostri che essa era a conoscenza dell’esistenza del cartello o perseguiva un generico obiettivo di restringere la concorrenza nel mercato dei tubi marini – quanto essa comunque contesta –, ma deve anche dimostrare che la sua condotta era «strettamente connessa» alla realizzazione «di tutti gli effetti anticoncorrenziali voluti dai rispettivi autori, nell’ambito di un piano complessivo diretto ad ottenere un unico obiettivo». Orbene, secondo la ricorrente, i documenti su cui si basa la Commissione dimostrano in realtà che non solo la ricorrente non aveva nessuna intenzione di aderire al piano comune perseguito dalle altre imprese produttrici, ma che addirittura preferiva agire in contrasto ad esso, cercando però comprensibilmente di evitare rappresaglie da parte dei concorrenti, che potevano anche agire di concerto per escluderla dal mercato o procurarle gravi danni.

69      La ricorrente afferma inoltre sostanzialmente che la Commissione, in spregio alla giurisprudenza della Corte, non ha tenuto conto del fatto che, per valutare l’effettiva partecipazione di una data impresa al cartello, è determinante la consapevolezza, da parte dei membri del cartello, dell’appartenenza o dell’estraneità a questo dell’impresa in questione. Ebbene, essa ritiene di avere dimostrato che, nei contatti con i concorrenti, avvenuti su iniziativa di questi ultimi, essa aveva sempre espressamente rifiutato ogni proposta di collaborazione, se non in termini ipotetici e per il futuro, e che gli stessi concorrenti avevano la netta comprensione che essa era di fatto estranea al loro piano generale.

70      La ricorrente contesta infine che le prove da essa addotte abbiano un valore probatorio inferiore rispetto a quelle della Commissione e considera che la distinzione, operata dalla Commissione, tra la struttura formale del Club ed una partecipazione al di fuori di detta struttura è erronea, poiché tale distinzione non esisteva per i membri del Club, i quali conoscevano solo la struttura formale. È proprio per questo motivo che gli altri membri del Club, secondo la stessa, la consideravano estranea ad esso.

71      La Commissione contesta tali argomenti.

 Sulla quarta parte

72      La ricorrente afferma che la Commissione ha considerato che per il periodo compreso tra il 13 maggio 1997 e il 9 maggio 2000 non occorresse sanzionarla, tenuto conto della minore gravità e intensità del cartello. Essa l’ha quindi sanzionata solo per il periodo 1996‑1997. Orbene, secondo la ricorrente, il proprio comportamento non è cambiato tra il 1996 e il 2000, come risulterebbe, a suo avviso, dai documenti da essa menzionati in precedenza nell’ambito del secondo motivo, dato che le prove relative al periodo dal settembre 1996 al maggio 1997 non sono più concludenti di quelle relative al periodo dal maggio 1997 al giugno 1999. Nessuna sanzione avrebbe dovuto quindi essere inflitta per il periodo tra il settembre 1996 e il maggio 1997.

73      Essa ritiene inoltre che l’incoerenza del ragionamento e delle conclusioni della Commissione sia dimostrata dal fatto che, a differenza delle altre imprese, essa non è stata sanzionata per il periodo dal giugno 1999 al maggio 2000, poiché la sua partecipazione al cartello non è stata considerata grave, mentre le altre imprese sono state sanzionate per il medesimo periodo.

74      La Commissione contesta tali argomenti.

 Sulla quinta parte

75      In primo luogo la ricorrente sostiene che, a prescindere dalla qualificazione del cartello come accordo o pratica concordata, i contatti e i limitati scambi di informazioni tra essa e i concorrenti nel periodo dal 1996 al 2000 sono avvenuti fuori dal meccanismo del cartello a cui partecipavano le altre imprese.

76      Secondo la stessa, quand’anche fossero configurabili come infrazioni dell’articolo 81 CE, tali comportamenti sarebbero di natura e gravità diversa dalla partecipazione al cartello, poiché non sarebbero riconducibili all’obiettivo unico dello stesso; la Commissione non avrebbe peraltro dimostrato il contrario.

77      Tali comportamenti sarebbero quindi, semmai, da considerare come singoli e distinti episodi di infrazione dell’articolo 81 CE, da valutare isolatamente, sia dall’infrazione commessa dalla ricorrente dal 1986 al 1992, sia dalla sua nuova adesione al cartello a partire dal 2000.

78      Ne consegue, secondo la ricorrente, che non facendo parte di un’infrazione unica e continuata o ripetuta, tali infrazioni, ritenendole dimostrate, si sarebbero esaurite nel momento stesso in cui sono state compiute. Essendo per ciascuna di esse trascorsi più di cinque anni, dal momento in cui sarebbero state commesse al momento della loro contestazione da parte della Commissione, esse sarebbero in ogni caso prescritte ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1/2003.

79      In secondo luogo, la ricorrente rileva che, tenuto conto del fatto che l’interruzione tra gli atti commessi sino al 1992 e gli atti commessi a partire dal 2000 si è protratta per otto anni, tali atti non potrebbero essere considerati sufficientemente ravvicinati nel tempo per dimostrare che il cartello è stato ininterrotto.

80      Ciò varrebbe peraltro anche se la durata dell’interruzione fosse stata di soli quattro anni (1992-1996).

81      In terzo luogo, la ricorrente deduce che, in ogni caso, essa ha cessato di partecipare al cartello nel 1992 e che si tratta dunque di un’interruzione, non di una sospensione della sua partecipazione, il che sarebbe peraltro riconosciuto dalla Commissione, che avrebbe considerato prescritti i fatti anteriori al 1992.

82      In quarto luogo, ne consegue altresì che, avendo ammesso che l’interruzione del 1992 era tale da potere comportare la prescrizione, la Commissione non poteva lasciare aperta tale questione e affermare che la mancata sanzione per il periodo precedente era solo frutto della sua discrezionalità. Ne deriva un vizio di motivazione dal quale dipende la qualificazione dell’infrazione.

83      Infine, in quinto luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione non ha fornito alcuna prova che essa abbia tenuto qualcuno dei comportamenti che secondo la decisione impugnata (punto 300) dimostrerebbero la continuità del cartello tra il periodo 1996‑1997 e il 2000.

84      Essa afferma di non avere partecipato ad alcuna riunione con gli altri membri del cartello, di non aver fornito alcuna informazione al coordinatore riguardo a future gare, di non avere, nel corso di riunioni, discusso e proposto campioni ai sensi di pretesi accordi generali, e che non le è stata applicata alcuna sanzione per il mancato rispetto di asseriti pregressi accordi.

85      La Commissione non avrebbe dunque dimostrato che la ricorrente era rientrata nel cartello, sebbene in modo limitato, nel periodo 1996‑2000.

86      La Commissione contesta tali argomenti.

 Sulla sesta parte

87      La ricorrente afferma che tutti gli elementi di prova – tranne uno, vale a dire [riservato] – utilizzati dalla Commissione per provare la sua colpevolezza nel periodo tra il 3 settembre 1996 e il 13 maggio 1997, e poi per calcolare l’ammenda impostale, sono stati forniti dalla stessa nell’ambito del programma di clemenza.

88      La ricorrente precisa che la Commissione ha in tal modo allungato in maniera significativa la durata dell’infrazione, con conseguente rilevante aumento dell’ammenda (punti 243 e 448 della decisione impugnata).

89      La ricorrente aggiunge di avere collaborato all’indagine amministrativa ritenendosi legittimata a considerare che ciò non potesse arrecarle pregiudizio. Orbene, il risultato di tale collaborazione, secondo la stessa, sarebbe stato utilizzato dalla Commissione per sanzionarla, sebbene quest’ultima non disponesse di alcuna prova relativa al periodo controverso prima che la ricorrente gliene fornisse. La Commissione non avrebbe pertanto rispettato il suo legittimo affidamento.

90      Essa contesta inoltre l’interpretazione della Commissione secondo cui la riduzione dell’ammenda e l’immunità parziale non sarebbero cumulabili nell’ambito dell’applicazione della comunicazione sulla cooperazione.

91      Secondo la Commissione, gli argomenti della ricorrente in realtà riguardano il calcolo dell’ammenda e non l’accertamento dell’infrazione.

92      Inoltre, essa sostiene di poter sempre utilizzare i documenti forniti nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione per accertare un’infrazione.

93      La Commissione sostiene che la ricorrente è stata ricompensata per la sua cooperazione mediante una riduzione dell’ammenda del 30%, che in termini assoluti è ben superiore a quella che risulterebbe da un’eventuale immunità parziale. Orbene, nel sistema della comunicazione sulla cooperazione, i due benefici non sono cumulabili.

94      Inoltre, secondo la stessa, il punto 26 della comunicazione sulla cooperazione stabilisce solo che, nei confronti della prima impresa che si qualifica al fine di una riduzione dell’ammenda, gli «elementi probatori concludenti» (ai sensi del punto 25 della stessa comunicazione, e cioè tali da non dover essere corroborati in caso di contestazione), che servono per «accertare altri fatti tali da accrescere la gravità o la durata dell’infrazione», non saranno utilizzati per determinare l’importo delle ammende da infliggere a detta impresa.

95      Sebbene gli elementi di prova forniti dalla ricorrente fossero certamente importanti al fine di corroborare le prove ottenute tramite la richiesta di immunità presentata dalla [riservato] e le ispezioni in loco condotte il 2 maggio 2007, tuttavia ciò non basta, secondo la Commissione, per soddisfare le condizioni menzionate al punto 26 della comunicazione sulla cooperazione, che richiede che gli elementi di prova permettano di «accertare altri fatti tali da accrescere la gravità o la durata dell’infrazione» e, sottolinea la Commissione, dell’infrazione nel suo complesso, non solo in relazione ad una o più imprese partecipanti prese singolarmente.

96      La Commissione ritiene che il fine di tale disposizione consista infatti nel permetterle di concedere un’immunità parziale all’impresa che fornisce elementi nuovi, tali da rafforzare la gravità o aumentare la durata di un’infrazione della quale essa era già a conoscenza ed a proposito della quale aveva già concesso la totale immunità ad un’altra impresa partecipante. Per contro, non ne può godere un’impresa che abbia semplicemente migliorato la conoscenza che essa già aveva di un certo periodo o aspetto dell’infrazione, neppure quando la sua collaborazione conduce ad estendere l’accertamento della sua stessa partecipazione al cartello.

97      Orbene, secondo la Commissione, gli elementi di prova forniti dalla ricorrente non hanno permesso di accertare né la maggiore gravità né la più lunga durata dell’infrazione di cui la Commissione era a conoscenza.

98      Infine, la Commissione considera che la ricorrente non l’abbia informata di fatti nuovi neppure per quanto riguarda la sua partecipazione al cartello nel periodo dal 1996 al 1997. Infatti, [riservato] – che conferma l’accordo delle due imprese affinché la ricorrente si aggiudicasse un lotto di una gara e che dimostra inequivocabilmente la collaborazione della MRI all’attività illecita già da quel momento – era stato rinvenuto in occasione delle ispezioni del 2 maggio 2007 ed era dunque già in possesso della Commissione quando la MRI ha presentato la domanda di trattamento favorevole del 4 maggio 2007.

99      Essa conclude pertanto per il rigetto della sesta parte del secondo motivo.

3.     Giudizio del Tribunale

a)     Richiamo dei principi relativi all’onere della prova

100    Secondo una costante giurisprudenza in materia di onere della prova, da un lato, alla parte o all’autorità che asserisce l’esistenza di un’infrazione alle regole sulla concorrenza spetta l’onere di dimostrarla, dando piena prova dei fatti che integrano l’infrazione, e, dall’altro, all’impresa che invoca il beneficio della difesa contro la constatazione dell’infrazione incombe l’onere di provare che le condizioni per l’applicazione di detta difesa sono soddisfatte, di modo che detta autorità dovrà ricorrere ad altri elementi di prova (sentenza del Tribunale del 16 novembre 2006, Peróxidos Orgánicos/Commissione, T‑120/04, Racc. pag. II‑4441, punto 50; v. altresì, in tal senso, sentenze della Corte del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione, C‑185/95 P, Racc. pag. I‑8417, punto 58, e del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Racc. pag. I‑123, punto 78). La durata dell’infrazione è un elemento costitutivo della nozione di infrazione ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE; l’onere della prova di tale elemento incombe in via principale alla Commissione (sentenze del Tribunale del 7 luglio 1994, Dunlop Slazenger/Commissione, T‑43/92, Racc. pag. II‑441, punto 79, e Peróxidos Orgánicos/Commissione, cit., punto 51).

101    Tale ripartizione dell’onere della prova può però variare, in quanto gli elementi di fatto che una parte fa valere possono essere tali da obbligare l’altra parte a fornire una spiegazione o una giustificazione, in mancanza della quale è lecito ritenere che l’onere della prova sia stato soddisfatto (v., in tal senso, sentenze Aalborg Portland e a./Commissione, punto 100 supra, punto 79, e Peróxidos Orgánicos/Commissione, punto 100 supra, punto 53).

102    Per quanto riguarda i mezzi di prova che possono essere invocati dalla Commissione, nel diritto della concorrenza prevale il principio della libertà di forma dei mezzi probatori (sentenza della Corte del 25 gennaio 2007, Dalmine/Commissione, C‑407/04 P, Racc. pag. I‑829, punto 63, e sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2004, JFE Engineering e a./Commissione, T‑67/00, T‑68/00, T‑71/00 e T‑78/00, Racc. pag. II‑2501, punto 273). Poiché sono noti tanto il divieto di partecipare a pratiche e accordi anticoncorrenziali quanto le sanzioni che possono essere irrogate ai contravventori, di norma le attività derivanti da tali pratiche e accordi si svolgono in modo clandestino, le riunioni sono segrete, spesso in un paese terzo, e la documentazione ad esse relativa è ridotta al minimo. Anche se la Commissione scoprisse documenti attestanti in modo esplicito un contatto illegittimo tra operatori, come i resoconti di una riunione, questi ultimi sarebbero di regola solo frammentari e sporadici, di modo che si rivela spesso necessario ricostituire taluni dettagli per via di deduzioni. Nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole sulla concorrenza (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, punto 100 supra, punti da 55 a 57). Tali indizi e coincidenze consentono di rivelare non soltanto l’esistenza di comportamenti o accordi anticoncorrenziali, ma anche la durata di un comportamento anticoncorrenziale continuato e il periodo di applicazione di un accordo concluso in violazione del diritto della concorrenza (sentenza della Corte del 21 settembre 2006, Technische Unie/Commissione, C‑113/04 P, Racc. pag. I‑8831, punto 166).

103    È necessario che la Commissione fornisca prove precise e concordanti atte a fondare il fermo convincimento che l’infrazione è stata commessa (v. sentenze del Tribunale del 6 luglio 2000, Volkswagen/Commissione, T‑62/98, Racc. pag. II‑2707, punti 43 e 72 e giurisprudenza ivi citata, e del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, T‑38/02, Racc. pag. II‑4407, punto 217). Tuttavia, ciascuna delle prove prodotte dalla Commissione non deve necessariamente rispondere a tali criteri in relazione a ciascun elemento dell’infrazione. È sufficiente, infatti, che il complesso degli indizi invocato dall’istituzione (v. punto 102 supra), valutato globalmente, risponda a tale requisito (sentenze JFE Engineering e a./Commissione, punto 102 supra, punto 180, e Groupe Danone/Commissione, cit., punto 218; v. anche, in tal senso, sentenze del Tribunale del 20 aprile 1999, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, detta «PVC II», da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, Racc. pag. II‑931, punti da 768 a 778, e in particolare, punto 777). Per quanto riguarda la durata dell’infrazione, la giurisprudenza esige che, in mancanza di elementi di prova tali da dimostrare direttamente la durata dell’infrazione, la Commissione si fondi quanto meno su elementi di prova riferentisi a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che si possa ragionevolmente ammettere che l’infrazione sia durata ininterrottamente entro due date precise (sentenza Technische Unie/Commissione, punto 102 supra, punto 169; sentenze Dunlop Slazenger/Commissione, punto 100 supra, punto 79, e Peróxidos Orgánicos/Commissione, punto 100 supra, punto 51).

104    Quanto al valore probatorio che occorre riconoscere ai differenti elementi di prova, si deve sottolineare che l’unico criterio pertinente per valutare le prove liberamente prodotte consiste nella loro attendibilità (sentenza Dalmine/Commissione, punto 102 supra, punto 63; v. sentenze del Tribunale dell’8 luglio 2004, Mannesmannröhren-Werke/Commissione, T‑44/00, Racc. pag. II‑2223, punto 84 e giurisprudenza ivi citata, e JFE Engineering e a./Commissione, punto 102 supra, punto 273). Secondo le regole generalmente applicabili in materia di prova, l’affidabilità e, pertanto, il valore probatorio di un documento dipendono dalla sua fonte, dalle circostanze in cui è stato redatto, dal suo destinatario e dal suo contenuto (sentenza del Tribunale del 15 marzo 2000, Cimenteries CBR e a./Commissione, T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, Racc. pag. II‑491, punto 1053; conclusioni del giudice Vesterdorf facente funzione di avvocato generale nella causa decisa con sentenza del Tribunale del 24 ottobre 1991, Rhône‑Poulenc/Commissione, T‑1/89, Racc. pagg. II‑867, II‑869, pag. II‑956). In particolare, occorre riconoscere speciale valore alla circostanza che un documento sia stato redatto in collegamento immediato con i fatti (sentenza del Tribunale dell’11 marzo 1999, Ensidesa/Commissione, T‑157/94, Racc. pag. II‑707, punto 312), o da un testimone diretto degli stessi (v., in tal senso, sentenza JFE Engineering e a./Commissione, punto 102 supra, punto 207). I documenti dai quali risulta che fra varie imprese hanno avuto luogo contatti con i quali esse hanno per l’appunto perseguito lo scopo di eliminare in anticipo ogni incertezza relativa al futuro comportamento dei loro concorrenti provano a sufficienza l’esistenza di una pratica concordata (v., in tal senso, sentenza della Corte del 16 dicembre 1975, Suiker Unie e a./Commissione, da 40/73 a 48/73, 50/73, da 54/73 a 56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Racc. pag. 1663, punti 175 e 179). Inoltre, le dichiarazioni contrarie agli interessi del dichiarante devono essere considerate, in linea di principio, come elementi di prova particolarmente affidabili (v., in tal senso, sentenza JFE Engineering e a./Commissione, punto 102 supra, punti 207, 211 e 212).

105    Peraltro, secondo giurisprudenza costante, il fatto di aver trasmesso informazioni ai propri concorrenti al fine di preparare un accordo anticoncorrenziale è sufficiente a provare l’esistenza di una pratica concordata ai sensi dell’articolo 81 CE (sentenze del Tribunale del 6 aprile 1995, Tréfilunion/Commissione, T‑148/89, Racc. pag. II‑1063, punto 82, e dell’8 luglio 2008, BPB/Commissione, T‑53/03, Racc. pag. II‑1333, punto 178).

106    Infine, occorre rammentare che il ruolo del giudice investito di un ricorso di annullamento proposto ai sensi dell’articolo 230 CE e diretto contro una decisione della Commissione che constata l’esistenza di un’infrazione alle norme della concorrenza e che infligge ammende ai destinatari consiste nel valutare se le prove e altri elementi fatti valere dalla Commissione nella sua decisione siano sufficienti a dimostrare l’esistenza dell’infrazione (sentenza JFE Engineering e a./Commissione, punto 102 supra, punti 174 e 175; v. altresì, in tal senso, sentenza «PVC II», punto 103 supra, punto 891). Qualora il giudice nutra un qualsivoglia dubbio, tale circostanza deve avvantaggiare i destinatari della decisione, cosicché il giudice non può concludere che la Commissione ha sufficientemente dimostrato l’esistenza dell’infrazione in questione se nutre ancora dubbi in merito a tale questione (sentenze JFE Engineering e a./Commissione, punto 102 supra, punto 177, e Groupe Danone/Commissione, punto 103 supra, punto 215). Infatti, in quest’ultima situazione, è necessario tener conto del principio della presunzione d’innocenza, quale risulta in particolare dall’articolo 6, paragrafo 2, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950, principio che fa parte dei diritti fondamentali che, secondo la giurisprudenza della Corte, riaffermata peraltro dal preambolo dell’Atto unico europeo, dall’articolo 6, paragrafo 2, UE, nonché dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU C 364, pag. 1), sono oggetto di tutela nell’ordinamento giuridico dell’Unione. Considerata la natura delle infrazioni di cui trattasi, nonché la natura e il grado di severità delle sanzioni che vi sono connesse, il principio della presunzione d’innocenza si applica segnatamente alle procedure relative a violazioni delle norme sulla concorrenza che possono sfociare nella pronuncia di multe o ammende (sentenze della Corte dell’8 luglio 1999, Hüls/Commissione, C‑199/92 P, Racc. pag. I‑4287, punti 149 e 150, e Montecatini/Commissione, C‑235/92 P, Racc. pag. I‑4539, punti 175 e 176; sentenza Groupe Danone/Commissione, punto 103 supra, punto 216).

107    L’esistenza di un’infrazione dev’essere accertata unicamente in base agli elementi di prova indicati dalla Commissione nella decisione che constata detta infrazione e l’unica questione rilevante è quindi quella, di merito, di stabilire se la prova dell’infrazione sia stata o meno fornita in base a tali elementi di prova (sentenza Cimenteries CBR e a./Commissione, punto 104 supra, punto 726).

108    Infine, la motivazione prescritta all’articolo 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La necessità della motivazione dev’essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo riguardate direttamente e individualmente, possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento del se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti dell’articolo 253 CE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia interessata (sentenze della Corte del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, Racc. pag. I‑1719, punto 63; del 30 settembre 2003, Germania/Commissione, C‑301/96, Racc. pag. I‑9919, punto 87, e del 22 giugno 2004, Portogallo/Commissione, C‑42/01, Racc. pag. I‑6079, punto 66).

109    La giurisprudenza sopra citata è applicabile per analogia all’articolo 53 dell’accordo SEE e alle decisioni della Commissione adottate in applicazione di tale articolo.

110    È rispetto alle norme esposte ai precedenti punti da 100 a 109 che occorre verificare se, nella decisione impugnata, la Commissione abbia fornito elementi sufficientemente affidabili, precisi e concordanti atti a fondare, nell’ambito di una valutazione globale e dopo aver esaminato le spiegazioni o giustificazioni alternative fornite dalla ricorrente, il fermo convincimento che quest’ultima abbia di nuovo aderito al cartello a partire dal 3 settembre 1996 e a stabilire in quale misura abbia partecipato all’infrazione tra tale data e il 9 maggio 2000, dal momento che essa non contesta la sua partecipazione all’infrazione né per il periodo anteriore, dal 1986 al 1992, né per il periodo successivo, dal 9 maggio 2000 al 2 maggio 2007.

b)     Sulla partecipazione della ricorrente all’infrazione tra il 3 settembre 1996 e il 9 maggio 2000

111    L’argomento della ricorrente presuppone la distinzione di due periodi: da un lato quello compreso tra il 3 settembre 1996 e il 13 maggio 1997, per il quale le è stata inflitta un’ammenda, e riguardo al quale la ricorrente contesta sostanzialmente alla Commissione di essersi avvalsa, nei suoi confronti, di elementi di prova che essa stessa le aveva fornito e che le hanno consentito di ritenere che l’infrazione si fosse protratta fino al 13 maggio 1997, e, dall’altro, il periodo compreso tra il 13 maggio 1997 e il 9 maggio 2000 (in prosieguo: il «periodo intermedio»), per il quale la Commissione non le ha imposto ammende e riguardo al quale la ricorrente sostiene in sostanza che gli elementi di prova dedotti dalla Commissione nei suoi confronti dimostrano soltanto il suo intento di lasciar credere agli altri membri del cartello che essa fosse in una certa misura disponibile a discutere, ma al fine di sviarli e di evitare le loro rappresaglie, e non il suo coinvolgimento nel cartello, anche durante tale periodo di attività ridotte.

 Sul periodo compreso tra il 3 settembre 1996 e il 13 maggio 1997

112    Occorre al riguardo esaminare, anzitutto, la sesta parte del secondo motivo.

113    Si deve infatti valutare la fondatezza del rilievo della ricorrente riguardo al fatto che, considerato il tenore dell’ultimo comma del punto 26 della comunicazione sulla cooperazione, la Commissione non poteva utilizzare contro la ricorrente, per il periodo dal 3 settembre 1996 al 13 maggio 1997, gli elementi di prova che essa stessa le aveva comunicato nel contesto della sua domanda di trattamento favorevole.

–       Sulla portata del punto 26 della comunicazione sulla cooperazione

114    L’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 dispone che, per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata.

115    Risulta peraltro da una giurisprudenza costante che, nei limiti previsti dal regolamento n. 1/2003 la Commissione gode di ampia discrezionalità nell’esercizio del potere impositivo di tali ammende (sentenze della Corte del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Racc. pag. I‑5425, punto 172, e del 24 settembre 2009, Erste Group Bank e a./Commissione, C‑125/07 P, C‑133/07 P, C‑135/07 P et C‑137/07 P, Racc. pag. I‑8681, punto 123). Tale potere incontra tuttavia dei limiti; infatti, quando la Commissione adotta orientamenti destinati a precisare, nel rispetto del Trattato, i criteri che intende applicare nell’esercizio del suo potere discrezionale, ne consegue un’autolimitazione di tale potere in quanto è suo compito conformarsi agli orientamenti che si è imposta (v., in tal senso, sentenza della Corte del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, C‑413/08 P, Racc. pag. I‑5361, punto 95, e sentenza del Tribunale dell’8 ottobre 2008, Carbone-Lorraine/Commissione, T‑73/04, Racc. pag. II‑2661, punto 192 e giurisprudenza ivi citata). Essa non può discostarsene in un caso specifico senza fornire ragioni compatibili con il principio di parità di trattamento o di tutela del legittimo affidamento (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 209).

116    In tale contesto, occorre considerare i punti da 23 a 26 della comunicazione sulla cooperazione, che stabiliscono quanto segue:

«23. Le imprese che rivelano la loro partecipazione a un presunto cartello avente ripercussioni negative sulla Comunità, ma che non soddisfano i requisiti indicati nella precedente parte II, possono eventualmente beneficiare di una riduzione dell’importo dell’ammenda, rispetto a quello che altrimenti sarebbe loro inflitto.

24. Al fine di poter beneficiare di un simile trattamento, un’impresa deve fornire alla Commissione elementi probatori della presunta infrazione che costituiscano un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi probatori già in possesso della Commissione. Inoltre, l’impresa deve soddisfare le condizioni cumulative indicate al punto (12), lettere (a), (b) e (c).

25. Il concetto di “valore aggiunto” si riferisce alla misura in cui gli elementi probatori forniti rafforzano, per la loro stessa natura e/o per il loro grado di precisione, la capacità della Commissione di provare l’esistenza del presunto cartello. Nel procedere a tale valutazione, la Commissione ritiene di norma che elementi probatori documentali risalenti al periodo cui si riferiscono i fatti abbiano maggior valore rispetto a elementi probatori venuti ad esistenza successivamente. Gli elementi probatori direttamente legati ai fatti in questione vengono in genere considerati come più importanti di quelli che hanno solo un legame indiretto. Allo stesso modo, sul valore degli elementi probatori presentati influisce la misura in cui altre fonti li corroborano, il che è necessario per poterli ritenere affidabili come prove a carico delle altre imprese implicate nel caso: agli elementi probatori concludenti è attribuito maggior valore rispetto a elementi probatori quali le dichiarazioni, che devono essere corroborate in caso di contestazione.

26. Nella decisione finale che adotta alla conclusione del procedimento amministrativo, la Commissione determina l’entità della riduzione dell’importo dell’ammenda di cui beneficerà l’impresa, rispetto a quello che altrimenti le sarebbe stato imposto. Rispettivamente per

–        la prima impresa che fornisca elementi probatori aventi un valore aggiunto significativo: riduzione del 30-50 %,

(…).

Al fine di definire il livello della riduzione all’interno di queste forcelle, la Commissione tiene conto della data in cui gli elementi probatori che soddisfano le condizioni menzionate al punto (24) le sono stati comunicati e del grado di valore aggiunto che detti elementi hanno rappresentato.

Se l’impresa che chiede una riduzione dell’ammenda è la prima a presentare elementi probatori concludenti ai termini del punto (25), che serviranno alla Commissione per accertare altri fatti tali da accrescere la gravità o la durata dell’infrazione, la Commissione non terrà conto di questi elementi nel determinare l’importo di eventuali ammende da infliggere all’impresa che li ha forniti».

117    In altri termini, per poter beneficiare delle disposizioni dell’ultimo comma del punto 26 della comunicazione sulla cooperazione, devono essere soddisfatte diverse condizioni: l’impresa deve presentare elementi probatori concludenti ai sensi del punto 25 della comunicazione sulla cooperazione, il che significa che essi devono avere un valore aggiunto significativo e non occorre corroborarli; tali elementi di prova devono permettere di accertare altri fatti rispetto a quelli che la Commissione può stabilire, che accrescono sia la gravità sia la durata dell’infrazione.

118    Qualora tali condizioni siano soddisfatte, la Commissione non terrà conto di tali fatti nel determinare l’importo dell’ammenda – che è in funzione della gravità e della durata dell’infrazione, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 – che sarà inflitta all’impresa che ha consentito di accertare tali fatti con gli elementi probatori da essa forniti alla Commissione, come precisato nell’ultimo comma del punto 26 della comunicazione sulla cooperazione.

119    Risulta pertanto dall’ultimo periodo dell’ultimo comma del punto 26 della comunicazione sulla cooperazione che la Commissione non si baserà su tali elementi di prova per determinare la gravità o la durata dell’infrazione dell’autore della domanda di trattamento favorevole, qualora quest’ultimo soddisfi le condizioni previste al punto 26 di detta comunicazione, permettendogli di beneficiare, inoltre, della riduzione prevista da tale comunicazione per la restante parte del periodo d’infrazione ad esso imputato.

120    Occorre sottolineare che il fatto che il meccanismo di tutela dell’autore della domanda di trattamento favorevole sia stato previsto al punto 26, riguardante la riduzione dell’ammenda, conferma che le due misure possono essere applicate simultaneamente dalla Commissione, contrariamente a quanto sostiene quest’ultima.

121    La riduzione dell’ammenda in percentuale dev’essere quindi proporzionata al valore aggiunto delle prove fornite dall’autore della domanda di trattamento favorevole, dato che l’ultimo comma del punto 26 ha inoltre il fine di evitare che un’impresa sia sanzionata soltanto in base a elementi di prova che essa stessa ha fornito alla Commissione.

122    La tesi della Commissione deve quindi essere respinta per quanto riguarda tale punto.

–       Sull’accertamento, nella fattispecie, di altri fatti che accrescono sia la gravità sia la durata dell’infrazione

123    Occorre esaminare, in seguito, l’obiezione mossa dalla Commissione secondo la quale gli elementi di prova prodotti dalla ricorrente non le avrebbero permesso di accertare fatti nuovi, circostanza che costituisce una delle condizioni di applicazione dell’ultimo comma del punto 26 della comunicazione sulla cooperazione.

124    Si deve osservare che la comunicazione sulla cooperazione menziona «altri fatti» tali da accrescere la gravità o la durata dell’infrazione.

125    Nella fattispecie, per dimostrare l’attività del cartello tra il settembre 1996 e il maggio 1997, la Commissione si è basata essenzialmente sui seguenti elementi:

–        [riservato] (punto 142 della decisione impugnata);

–        [riservato] (punti da 143 a 145 della decisione impugnata);

–        «quattro esempi di comunicazione con altri membri del cartello tra il maggio 1995 e il marzo 1996 e tra il settembre 1996 e il gennaio 1997, registrati su floppy disk rinvenuti negli uffici del sig. W. (…)» (punto 139 della decisione impugnata); essa precisa tuttavia nella decisione impugnata, nella nota a fondo pagina n. 216, che «anche se dalle directory di tali floppy disk risultano diversi altri file con nomi simili relativi a questo periodo, il che suggerisce che essi contengano altri fax scambiati tra i membri del cartello, la Commissione non utilizzerà il loro contenuto quale materiale probatorio, in quanto non appartenente al file cui essa aveva accesso»;

–        la risposta della Bridgestone alla comunicazione degli addebiti («la Bridgestone ha sostenuto che il cartello formato nel 1986 era venuto meno nella primavera del 1997») (punto 291 della decisione impugnata);

–        le risposte della DOM a questa stessa comunicazione degli addebiti («la DOM ha sostenuto che [era] chiaramente dimostrato che il cartello aveva smesso di operare dal marzo 1997 sino al 1999») (punto 292 della decisione impugnata);

–        la cronistoria dell’attività predisposta dal sig. W. («3/97: cessazione di ogni collaborazione») (punto 157 della decisione impugnata);

–        le dichiarazioni della [riservato] («il club dei tubi marini si è pressoché dissolto nel 1998») (punto 151 della decisione impugnata);

–        alcune risposte, della P. in data 29 giugno 2007 e della Trelleborg in data 15 giugno 2007, alla richiesta di informazioni, nonché documenti rinvenuti presso la Trelleborg e presso la Dunlop (punto 163 del controricorso);

–        e, infine, le tabelle del sig. W. riguardanti il periodo tra il novembre 1996 e il dicembre 1997, nonché gli anni 1998 e 1999 (punto 165 della decisione impugnata).

126    Sebbene la Commissione disponesse quindi, certamente, di un certo numero di indizi, essa era tuttavia in possesso di una sola prova documentale contemporanea, ossia [riservato], nonché le tabelle del sig. W. – che essa riconosce di non poter datare con precisione –, e le dichiarazioni dei diversi membri del cartello, fatti salvi gli elementi di prova forniti dalla MRI nel contesto della sua domanda di trattamento favorevole.

127    Occorre quindi esaminare se gli elementi dell’insieme di indizi considerati dalla Commissione nella decisione impugnata per concludere nel senso della prosecuzione della piena attività del cartello tra il 3 settembre 1996 e il 13 maggio 1997, diversi dagli elementi di prova forniti dalla MRI nel contesto della sua domanda di trattamento favorevole, siano da soli sufficienti per giungere a una siffatta conclusione.

128    Si deve anzitutto considerare [riservato] inviato alla DOM (punto 142 della decisione impugnata).

129    Il testo [riservato] controverso è redatto come segue:

«Credo ci si presenti un’occasione unica per ristabilire un livello di prezzi migliore quest’anno; da quanto ho capito, la Sumed dovrebbe essere ora pronta per un aumento di prezzo significativo.

Approvo la Sua proposta di consentire a C di aggiudicarsi una quota sostanziale di questo appalto e propongo le cifre seguenti, in cui il secondo, dopo il campione, è a PL x 0,65; dovremmo fare un tentativo in tal senso.

La prego di confermarmi se tutti i membri siano d’accordo; in caso contrario, attendo Suoi suggerimenti quanto prima possibile».

130    Questo testo è seguito da una tabella, nella quale i diversi lotti (o quote) dell’appalto «Sumed» sono ripartiti tra diversi «campioni» designati tra le sei imprese membri del cartello:

ITEM

Qty

Designation

PL

A 1

A 2

C

B 1

B 2

B 3

1

2

FOB 24" 35’

80,900

52,640

53,920

53,210

54,860

Champion

54,155

2

3

FOB 20" 35’

63,420

42,380

41,220

41,900

43,280

Champion

41,468

3

12

FF 24" 35’

73,590

50,290

49,300

50,150

47,830

Champion

48,116

4

36

FF 20" 35’

50,370

33,720

34,380

Champion

34,150

32,600

32,740

5

34

FF 16" 35’

45,170

29,860

Champion

29,360

30,440

30,830

30,793

6

1

Red 24/20" 35’

67,790

46,270

46,190

44,130

44,060

Champion

44,222

7

3

Red 20/16" 35’

47,230

32,355

32,910

30,700

30,950

Champion

30,735

8

3

TRH 16" 35’

55,180

36,830

Champion

35,870

36,090

37,660

35,982


131    I riferimenti A 1, A 2, B 1, B 2, B 3 e C sono i nomi in codice utilizzati solitamente dai diversi membri del cartello (punto 114 della decisione impugnata). Secondo questi nomi in codice, la Bridgestone è A 1, la Yokohama Rubber è A 2, la DOM è B 1, la Trelleborg è B 2, la Parker ITR è B 3 e la MRI è C.

132    Questa tabella mostra non solo che per ciascun lotto o per ciascuna quota dell’appalto è stato designato un «champion», ma anche che sono stati altresì previsti il prezzo offerto dal «secondo», che appare nella tabella in grassetto, corsivo e sottolineato, e i prezzi offerti dagli altri partecipanti.

133    L’importanza del ruolo svolto dal «secondo» nella manipolazione dell’offerta può essere anche dedotto dal testo del fax, che precisa infatti: («Propongo le cifre seguenti, in cui il secondo dopo il campione è a PL x 0,65»).

134    Si può constatare inoltre che il prezzo indicato per ciascun lotto rispetto al secondo corrisponde sempre a questo calcolo: prezzo PL x 0,65. Vi è una sola eccezione concernente l’«item 5» ove, secondo tale calcolo, il prezzo del secondo dovrebbe essere pari a 29 360 (colonna C, ossia MRI) e non a 29 860. Si tratta tuttavia, con ogni probabilità, di un errore materiale commesso dall’autore della tabella nell’evidenziare in grassetto e sottolineare la cifra 29 860.

135    L’importanza del ruolo del «secondo» è altresì confermata dalla ricorrente nelle sue risposte ai quesiti scritti che le sono stati posti dal Tribunale. Essa indica infatti che «la regola nota del cartello consisteva proprio nel decidere il prezzo del “secondo offerente che presentava l’offerta più bassa” mentre i dettagli dell’offerta del campione erano (...) lasciati alla sua discrezionalità».

136    Risulta pertanto dalla tabella che la ricorrente è il campione designato per un’offerta – il che non avrebbe potuto essere organizzato senza la sua partecipazione alle discussioni e senza addirittura che ne fosse al corrente, come essa sostiene –, ma anche che la stessa è designata per arrivare seconda due volte, se non tre, considerando l’errore relativo all’«item 5».

137    Affinché la manipolazione dell’offerta prevista in questa tabella funzionasse occorreva necessariamente che ciascuna società assumesse il ruolo che le era stato assegnato e, in particolare, il secondo, poiché, in caso contrario, il campione non sarebbe mai stato sicuro di prevalere.

138    Ne consegue che non è verosimile che l’orchestrazione minuziosa e dettagliata della gara d’appalto «Sumed» che figura in questa tabella abbia potuto funzionare senza la partecipazione attiva e volontaria della ricorrente e che il ruolo di «secondo» per essa previsto le fosse attribuito dagli altri membri del cartello senza che la stessa fosse pienamente associata alle attività del cartello fin dal settembre 1996.

139    Ne consegue che, anche se questo documento promana da terzi, esso dimostra in modo sufficiente la partecipazione della MRI alle discussioni riguardanti l’appalto «Sumed».

140    Di conseguenza, l’argomento della ricorrente secondo il quale, sostanzialmente, essa ignorava tutto di questo documento e della discussione cui in esso si fa riferimento, deve essere respinto.

141    Risulta peraltro dalla tabella predisposta dal sig. W. (allegato 10 al ricorso, linea 87), riguardante i mercati effettivamente ripartiti tra i membri del cartello, che tre imprese si sono ripartite un appalto «Sumed» aggiudicato nel novembre 1996, ossia poco più di due mesi dopo la proposta di coordinamento inviata [riservato]. Si tratta, nella fattispecie, della Yokohama Rubber (designata come Japan C0.2), della Trelleborg (designata come European C0.2) e della MRI (designata come European C0.4).

142    Orbene, si tratta delle tre imprese tra cui i lotti dell’appalto «Sumed» erano ripartiti nella tabella che figura in allegato al fax della Trelleborg.

143    Si deve certamente constatare, come rileva la ricorrente, che la tabella del sig. W. riporta la menzione «stime» (estimates) rispetto all’appalto «Sumed», ma ciò non toglie che i tre aggiudicatari dei lotti corrispondano alla ripartizione quale proposta nel fax della Trelleborg e che, per due degli aggiudicatari, gli importi corrispondano al valore dei lotti moltiplicato per il prezzo unitario del vincitore, quali risultanti dallo stesso fax.

144    Il Tribunale considera che, date le circostanze, non può trattarsi di pure coincidenze o congetture riguardanti la MRI, come rivendica quest’ultima.

145    Inoltre il Tribunale considera che, dal momento che la tabella del sig. W. riflette quindi i risultati del coordinamento della gara d’appalto «Sumed» quale appare dal fax della Trelleborg, il valore probatorio di quest’elemento di prova ne risulta rafforzato.

146    Orbene, le tabelle del sig. W. espongono in diverse pagine i risultati delle varie operazioni di coordinamento di gare d’appalto intervenute tra i diversi membri del cartello tra il 1996 e la fine del 1997.

147    Ne consegue che la Commissione si basava a ragione su tale tabella non solo per considerare avvenuto il rientro della MRI nel cartello a partire dal 3 settembre 1996 e la sua piena e completa partecipazione sino al 13 maggio 1997, ma anche per corroborare, in maniera più generale, gli elementi – e in particolare le diverse dichiarazioni da essa raccolte (v. supra punto 125) – di cui disponeva rispetto alla prosecuzione del cartello da parte degli altri membri dello stesso sino a tale data.

148    I documenti forniti dalla MRI non le erano quindi necessari per giungere a una conclusione siffatta.

149    Ne consegue che gli elementi di prova forniti dalla MRI alla Commissione riguardanti il periodo tra il 3 settembre 1996 e il 13 maggio 1997 non hanno permesso alla Commissione di constatare una più lunga durata o una maggiore gravità dell’infrazione.

150    La ricorrente non può quindi fondatamente rivendicare la concessione del beneficio di cui all’ultimo comma del punto 26 della comunicazione sulla cooperazione.

151    Ne consegue altresì che tali elementi di prova potevano essere utilizzati dalla Commissione nei suoi confronti.

152    Di conseguenza, la sesta parte del secondo motivo dev’essere respinta.

153    Inoltre alcuni di tali elementi di prova confermano indubbiamente il coinvolgimento della MRI nel coordinamento di talune gare di appalto.

154    In tal senso, [riservato], il sig. F. indicava quanto segue:

«[H]o respinto quest’offerta in quanto modificava l’accordo iniziale propostomi dalla Dunlop e anche in quanto, nell’ambito della prima gara d’appalto, abbiamo ricevuto soltanto 18 lunghezze invece delle 36 previste a causa di vincoli di bilancio della Sumed. Siamo certi che la Kléber ha problemi con le 24” in Sumed e per questo essi hanno ricevuto soltanto 4 lunghezze invece delle 12 indicate in un bando di gara precedente».

155    Orbene, nella tabella che figura in allegato al fax della Trelleborg (v. supra punto 130), la MRI è designata come campione per un lotto di 36 lunghezze di FF 20’’ e la «Kléber» – ossia la Trelleborg – per cinque lotti, tra i quali un lotto di 12 lunghezze di FF 24’’.

156    I riferimenti effettuati dal sig. F. a un precedente appalto «Sumed» corrispondono quindi perfettamente alla tabella che figura in allegato a [riservato] (v. supra punto 130), il che non può costituire una semplice coincidenza.

157    Inoltre, le precisazioni che figurano in questa comunicazione permettono di comprendere la menzione «stime» riportata dal sig. W. nella sua tabella riguardo alla gara d’appalto «Sumed», oggetto [riservato] che indica che la MRI aveva ottenuto, infine, un lotto di entità minore rispetto a quella inizialmente prevista.

158    Si deve quindi respingere per il resto l’argomento della ricorrente secondo cui, in sostanza, essa non è più in grado di determinare ad oggi se l’appalto «Sumed» di cui trattasi in questa [riservato] corrisponda a quello oggetto [riservato].

159    Per quanto necessario (v. supra punto 147), la partecipazione della ricorrente all’infrazione dal 3 settembre 1996 al 13 maggio 1997 è pertanto confermata.

 Sul periodo intermedio

160    Secondo una giurisprudenza costante, la nozione di pratica concordata corrisponde ad una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere stata spinta fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce consapevolmente una pratica collaborazione fra le stesse ai rischi della concorrenza (sentenze della Corte dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, Racc. pag. I‑4125, punto 115, e Hüls/Commissione, punto 106 supra, punto 158).

161    A tal riguardo, l’articolo 81, paragrafo 1, CE osta a qualsivoglia contatto diretto o indiretto tra operatori economici che possa influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente attuale o potenziale, o rivelare a tale concorrente la condotta che l’operatore economico interessato ha deciso o intende seguire sul mercato quando tali contatti abbiano lo scopo o l’effetto di restringere la concorrenza (v., in tal senso, sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, punto 160 supra, punti 116 e 117).

162    Il fatto di aver trasmesso informazioni ai propri concorrenti al fine di preparare un accordo anticoncorrenziale è sufficiente a provare l’esistenza di una pratica concordata ai sensi dell’articolo 81 CE (sentenze Tréfilunion/Commissione, punto 105 supra, punto 82, e BPB/Commissione, punto 105 supra, punto 178).

163    Secondo una giurisprudenza costante, le nozioni di accordo e di pratica concordata, ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE, ricomprendono forme di collusione che condividono la stessa natura e si distinguono solo per la loro intensità e per le forme con cui si manifestano (sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, punto 160 supra, punti 131 e 132, e sentenza del Tribunale del 20 marzo 2002, HFB e a./Commissione, T‑9/99, Racc. pag. II‑1487, punto 190).

164    Nell’ambito di una violazione complessa, la quale ha coinvolto svariati produttori che durante parecchi anni hanno perseguito un obiettivo di regolazione in comune del mercato, non si può pretendere da parte della Commissione che essa qualifichi esattamente la violazione come accordo o come pratica concordata, dal momento che, in ogni caso, l’una e l’altra di tali forme di violazione sono previste dall’articolo 81 CE (v., in tal senso, sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, punto 160 supra, punti da 111 a 114, e sentenza PVC II, punto 103 supra, punto 696).

165    La doppia qualificazione dell’infrazione come accordo «e/o» pratica concordata deve essere intesa nel senso che indica un insieme complesso che comporta elementi di fatto, taluni dei quali sono stati qualificati come accordo ed altri come pratica concordata ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE, il quale non prevede qualificazioni specifiche per tale tipo di violazione complessa (sentenze del Tribunale del 17 dicembre 1991, Hercules Chemicals/Commissione, T‑7/89, Racc. pag. II‑1711, punto 264, e HFB e a./Commissione, punto 163 supra, punto 187).

166    Si deve osservare che, nel caso di specie, la Commissione ha deciso di sanzionare la ricorrente e i suoi concorrenti per aver partecipato a «un insieme di accordi e di pratiche concordate nel settore dei tubi marini» nel periodo considerato.

167    Essa ha indicato, ai punti da 263 a 272 della decisione impugnata, come intendeva qualificare i fatti illeciti di cui aveva conoscenza e ha precisato, in particolare, ai punti 271 e 272 della decisione impugnata, che gli scambi d’informazioni costituivano pratiche concordate.

168    La Commissione ha addebitato alla ricorrente di aver scambiato informazioni con alcuni membri del cartello nel periodo intermedio, allo scopo, in particolare, di rilanciare il cartello.

169    Orbene, il fatto di trasmettere informazioni ai propri concorrenti al fine di preparare un accordo anticoncorrenziale è sufficiente a provare l’esistenza di una pratica concordata ai sensi dell’articolo 81 CE (v. sentenza della Corte del 4 giugno 2009, T‑Mobile Netherlands e a., C‑8/08, Racc. pag. I‑4529, punti 51 e 52, e conclusioni dell’avvocato generale Kokott presentate nella causa decisa con detta sentenza, Racc. pag. I‑4523, paragrafi 90 e 91 e giurisprudenza ivi citata).

170    La questione se tale comportamento sia intervenuto nell’ambito della «struttura del club» o al di fuori di essa è pertanto irrilevante, e l’argomento presentato dalla ricorrente al riguardo, nella terza parte del secondo motivo, dev’essere respinto.

171    Risulta inoltre dalla decisione impugnata che la ricorrente si è ritirata dal cartello nel 1992.

172    Peraltro, è altresì dimostrato che la ricorrente ha di nuovo aderito al cartello nel 1996 in occasione della manipolazione della gara d’appalto «Sumed», che è consistita nell’allocazione di quote e nella fissazione dei prezzi sul mercato dei tubi marini a seguito di una concertazione a tal fine, cui deve considerarsi la ricorrente abbia partecipato (v. supra punti da 128 a 159).

173    Con riferimento al periodo intermedio, che riguardo alla ricorrente si situa tra il maggio 1997 e il maggio 2000, si deve precisare che la ricorrente ha confermato, in udienza, rispondendo a un quesito rivoltole dal Tribunale, che il suo motivo si limitava ai soli elementi di prova relativi al periodo compreso tra il 3 settembre 1996 e il 13 maggio 1997.

174    Tali elementi di prova potevano pertanto essere utilizzati dalla Commissione per stabilire che la ricorrente era stata coinvolta in taluni contatti e aveva partecipato ad alcune discussioni nel corso del periodo intermedio.

175    La ricorrente contesta tuttavia la portata di tali contatti, nonché l’interpretazione data dalla Commissione ai documenti che vi si riferiscono.

176    Si devono quindi esaminare tali documenti per stabilire se la Commissione abbia fondatamente concluso che la ricorrente aveva partecipato ad un’infrazione continuata nel periodo intermedio, nonostante l’assenza di ammende inflitte a quest’ultima o agli altri membri del cartello in questo stesso periodo.

177    Si deve constatare, alla luce dei documenti della ricorrente [riservato] (punti 174 e 176 della decisione impugnata) che questi ultimi consentono perlomeno di stabilire, da un lato, che il sig. W. ha contattato il sig. F., della MRI, riguardo a tre bandi di gara (CPC Taiwan, Ancap Uruguay e Petrobras Brazil), tentativo di coordinamento che ha coinvolto anche la Bridgestone, la DOM, la Yokohama Rubber e la Parker ITR, e, dall’altro, che sebbene il sig. F. avesse respinto l’offerta che gli era stata fatta, il cartello, in questo periodo, almeno tentava di funzionare. Non vi è quindi alcun dubbio che le diverse imprese erano in contatto fra loro e con la ricorrente al fine di coordinare talune gare d’appalto. Il fatto che tali documenti possano lasciar presumere che nell’ambito del cartello non andasse tutto per il meglio e che esistessero alcuni dissidi, è del resto conforme all’analisi di questo periodo compiuta dalla Commissione nella decisione impugnata. Riguardo al documento del sig. F. datato 4 febbraio 1999, nel quale egli traccia la cronologia del cartello, ma presenta altresì la situazione all’epoca, documento destinato ad uno degli agenti commerciali della ricorrente, si deve constatare che, sebbene il sig. F. in esso asserisca che la ricorrente non partecipava al cartello, tale documento attesta perlomeno alcuni contatti nei quali il sig. F. era coinvolto, assieme ad altri membri del cartello. Tali documenti dimostrano quindi chiaramente che tra le diverse imprese interessate hanno avuto luogo alcuni contatti, perlomeno al fine di tentare di coordinare talune offerte.

178    [riservato] (punto 177 della decisione impugnata) attesta l’esistenza di contatti tra diversi protagonisti del cartello (il sig. W., il sig. F. e il sig. P.), in occasione dei quali essi si sono scambiati dati commerciali. Il fatto che il cartello in questo momento attraversasse un periodo di crisi, come pure testimonia tale documento, non esclude l’illiceità di tali contatti. Inoltre l’attività di cartello è ripresa poco dopo che si erano verificati tali contatti, circostanza che tende a corroborare l’idea che questi ultimi abbiano contribuito a rilanciare il cartello, anche se la ricorrente stessa è rientrata a farne parte soltanto un anno dopo le altre protagoniste.

179    [riservato] (punto 201 della decisione impugnata) attesta, quanto ad essa, un contatto tra il sig. C. e il sig. F. in un momento in cui il cartello non si era ancora del tutto ricostituito – perlomeno rispetto alla ricorrente. Essa dimostra tuttavia che il sig. C. e il sig. F. hanno scambiato informazioni commerciali riservate, ma anche che il sig. F., a partire da questo momento, era alla ricerca di un nuovo modo di operare del cartello, segnatamente riguardo al coordinamento dello stesso, tentando comunque di stabilire da subito la quota di mercato della ricorrente al 12%. Come indica inoltre la Commissione, tale elemento di prova dev’essere considerato nella prospettiva delle riunioni che hanno ricominciato ad avere luogo a partire dal giugno 1999. Pur se è vero che il pieno e completo coinvolgimento della ricorrente avrà luogo solo più tardi, nondimeno, a partire da questo momento, essa preparava il suo rientro nel cartello e collaborava, almeno marginalmente, con alcuni dei suoi concorrenti.

180    Infine, il documento intitolato [riservato] (punto 190 della decisione impugnata) stabilisce chiaramente il contesto della rinnovata collaborazione. La ricorrente sostiene di non aver partecipato alla riunione – quanto la Commissione non contesta – e che il fatto che la quota di mercato ad essa attribuita figuri in questo documento non significa che essa facesse parte del cartello. È certamente vero che la Commissione ha considerato che la ricorrente fosse rientrata a far parte del cartello solo dal 9 maggio 2000 (punto 202 della decisione impugnata, in cui la Commissione indica che essa ha le prove del fatto che la MRI si è vista riassegnare quote da questo momento). Esiste tuttavia, in primo luogo, una prova diretta del fatto che la ricorrente abbia intrattenuto contatti illeciti al fine di rientrare nel cartello nel giugno 1999 (la comunicazione interna della ricorrente del 30 giugno 1999), in secondo luogo, sussiste un documento distribuito nel dicembre 1999 nel contesto di una riunione tenutasi successivamente alla ripresa del cartello da parte degli altri membri dello stesso, nel quale è stabilita la quota di mercato spettante alla ricorrente, e, in terzo luogo, prove del fatto che essa ha effettivamente aderito di nuovo al cartello nel maggio 2000, quanto la ricorrente del resto non contesta. Si deve pertanto considerare che, poiché gli altri membri del cartello avevano ripreso le loro attività illecite, la quota di mercato che essi intendevano riservare alla ricorrente non poteva che risultare da uno stretto coordinamento con quest’ultima. Orbene, è accertato che la MRI negoziasse le condizioni del suo rientro nel giugno 1999, ossia sei mesi prima della predisposizione delle tabelle distribuite nel dicembre 1999. Tali tabelle costituiscono quindi un indizio particolarmente serio della partecipazione della ricorrente, nel dicembre 1999, alle discussioni relative alla ripartizione e al coordinamento delle quote di mercato rispettive dei membri del cartello.

181    In conclusione, si deve considerare che la Commissione ha apportato prove sufficienti a stabilire, per il periodo intermedio, l’esistenza di un comportamento illecito da parte della ricorrente, certamente ridotto rispetto ai periodi antecedenti e successivi, il che del resto ha indotto la Commissione a non infliggerle un’ammenda per tale periodo.

182    Per il resto si devono respingere le allegazioni della ricorrente secondo le quali essa intendeva in tal modo dare agli altri membri del cartello l’impressione di nutrire un certo interesse al rilancio dello stesso, proteggendosi al contempo, mediante tale artificio, da loro eventuali rappresaglie commerciali.

183    Infatti, non solo le asserite intenzioni della ricorrente sono al riguardo irrilevanti, ma occorre inoltre constatare che essa così riconosce che, intrattenendo contatti con gli altri membri del cartello, ha cercato di eludere la loro concorrenza, fatto sufficiente a stabilire l’esistenza di un’infrazione.

184    Inoltre, i predetti documenti provano che tali contatti miravano essenzialmente al rilancio del cartello e che la ricorrente vi ha partecipato in particolare per negoziare la posizione che ad essa sarebbe spettata nell’ambito di quest’ultimo.

185    Si deve quindi respingere il suo argomento secondo il quale essa avrebbe partecipato a tali dibattiti al solo fine di ingannare i suoi ex – e futuri – partner del cartello e fornirebbe una spiegazione alternativa plausibile dei diversi documenti presi in considerazione dalla Commissione per accertare la sua partecipazione all’infrazione nel periodo intermedio.

186    Tale conclusione, del resto, non è affatto rimessa in discussione dai diversi elementi di prova – [riservato] – di cui si avvale la ricorrente a sostegno della sua tesi.

187    Questi diversi documenti provano, infatti, indubbiamente, che la MRI è rientrata appieno nel cartello nel maggio 2000, ma non smentiscono l’esistenza delle sue manovre finalizzate a tale rientro nel corso degli anni precedenti.

188    Si deve quindi respingere l’argomento della ricorrente per la restante parte.

c)     Sull’esistenza di un’infrazione continuata

189    La ricorrente contesta, sostanzialmente, da un lato, l’esistenza di un’infrazione continuata tra il 3 settembre 1996 e il 13 maggio 1997 ritenendo che, qualora dovessero esserle imputate infrazioni in questo periodo, si tratterebbe di infrazioni isolate non collegate ai periodi precedenti e successivi e, dall’altro, che l’infrazione sia da ritenere continuata tra il 13 maggio 1997 e il 9 maggio 2000, dal momento che essa non ha partecipato alle discussioni per un fine anticoncorrenziale, ma, al contrario, per difendersi da eventuali rappresaglie da parte degli altri membri del cartello e che, comunque, la Commissione non potrebbe, al contempo, considerare che sussista un’infrazione continuata e riscontrare tuttavia un’attività ridotta a causa di una situazione di crisi tra i membri del cartello, che la induce per di più a non infliggere un’ammenda per tale periodo.

 Sulla nozione d’infrazione continuata e d’infrazione ripetuta

190    Ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, la prescrizione decorre dal giorno in cui è stata commessa l’infrazione. Tuttavia, per quanto concerne le infrazioni continuate o ripetute, essa decorre dal giorno in cui è cessata l’infrazione.

191    La giurisprudenza ha precisato al riguardo che, nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole sulla concorrenza. Tali indizi e coincidenze consentono, considerati nel loro insieme, di rivelare non soltanto l’esistenza di comportamenti o accordi anticoncorrenziali, ma anche la durata di un comportamento anticoncorrenziale continuato e il periodo di applicazione di un accordo concluso in violazione delle regole di concorrenza (v., in tal senso, sentenze della Corte Aalborg Portland e a./Commissione, punto 100 supra, punto 57, e del 21 settembre 2006, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, C‑105/04 P, Racc. pag. I‑8725, punti da 94 a 96 e giurisprudenza ivi citata).

192    Peraltro, una tale violazione dell’articolo 81, paragrafo 1, CE può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti oppure da un comportamento continuato. Tale interpretazione non può essere rimessa in discussione sulla base del fatto che uno o più elementi di questa serie di atti o di questo comportamento continuato potrebbero anche costituire di per se stessi e presi isolatamente una violazione di detta disposizione. Qualora le diverse azioni facciano parte di un «piano d’insieme», a causa del loro identico oggetto di distorsione del gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, la Commissione può imputare la responsabilità di tali azioni in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme (sentenze Aalborg Portland e a./Commissione, punto 100 supra, punto 258, e Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, punto 191 supra, punto 110).

193    Con riferimento alla mancanza di prove quanto all’esistenza di un accordo nel corso di alcuni periodi determinati o quanto meno riguardo alla sua esecuzione da parte di un’impresa nel corso di un dato periodo, si deve ricordare che il fatto che la prova dell’infrazione non sia stata fornita per alcuni periodi determinati non impedisce di ritenere che l’infrazione abbia abbracciato un periodo complessivo più esteso, qualora una constatazione siffatta si basi su indizi obiettivi e concordanti. Nell’ambito di un’infrazione estesa su più anni, il fatto che le manifestazioni dell’intesa si verifichino in periodi differenti, eventualmente separati da intervalli di tempo più o meno lunghi, resta ininfluente ai fini dell’esistenza dell’intesa stessa, a condizione che le diverse azioni che compongono tale infrazione perseguano una medesima finalità e si inscrivano nel contesto di un’infrazione unica e continuata (sentenza Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, punto 191 supra, punti 97 e 98; v. altresì, in tal senso, sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, punto 100 supra, punto 260).

194    Al riguardo, la giurisprudenza ha identificato vari criteri pertinenti per valutare il carattere unico di un’infrazione, vale a dire l’identità degli obiettivi delle pratiche in questione (v., in tal senso, sentenza Technische Unie/Commissione, punto 102 supra, punti 170 et 171, e sentenze del Tribunale del 20 marzo 2002, Dansk Rørindustri/Commissione, T‑21/99, Racc. pag. II‑1681, punto 67, e del 27 settembre 2006, Jungbunzlauer/Commissione, T‑43/02, Racc. pag. II‑3435, punto 312), l’identità dei prodotti e dei servizi interessati (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 15 giugno 2005, Tokai Carbon e a./Commissione, T‑71/03, T‑74/03, T‑87/03 e T‑91/03, non pubblicata nella Raccolta, punti 118, 119 e 124, e Jungbunzlauer/Commissione, cit., punto 312), l’identità delle imprese partecipanti (sentenza Jungbunzlauer/Commissione, cit., punto 312) e l’identità delle modalità della sua attuazione (sentenza Dansk Rørindustri/Commissione, cit., punto 68). Inoltre, ai fini di tale esame possono essere altresì prese in considerazione l’identità delle persone fisiche coinvolte per conto delle imprese e l’identità dell’ambito di applicazione geografico delle pratiche in questione.

195    La giurisprudenza consente pertanto alla Commissione di presumere che l’infrazione – o la partecipazione di un’impresa all’infrazione – non si sia interrotta, anche se la Commissione non possieda prove dell’infrazione per taluni periodi determinati, a condizione che le diverse azioni che compongono tale infrazione perseguano una medesima finalità e possano iscriversi nell’ambito di un’infrazione con carattere unico e continuato, constatazione che deve basarsi su indizi oggettivi e concordanti che dimostrino l’esistenza di un piano d’insieme.

196    Quando tali condizioni siano soddisfatte la nozione di infrazione continuata consente quindi alla Commissione di infliggere un’ammenda per tutto il periodo d’infrazione preso in considerazione e determina la data dalla quale comincia a decorrere il termine di prescrizione, vale a dire la data in cui l’infrazione continuata ha avuto termine.

197    Tuttavia, le imprese accusate di collusione possono invertire tale presunzione facendo valere indizi o elementi di prova i quali dimostrino che, al contrario, l’infrazione – o la loro partecipazione a quest’ultima – non si è protratta in questi stessi periodi.

198    Si deve peraltro distinguere la nozione di infrazione ripetuta da quella di infrazione continuata (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 19 maggio 2010, IMI e a./Commissione, T‑18/05, Racc. pag. II‑1769, punti 96 e 97), distinzione del resto confermata dall’uso della congiunzione «o» all’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

199    Quando si può stabilire che la partecipazione di un’impresa all’infrazione si è interrotta e che l’infrazione commessa dall’impresa prima e dopo tale periodo presenta le stesse caratteristiche, da valutare in particolare in considerazione dell’identità degli obiettivi delle pratiche in questione, dei prodotti interessati, delle imprese partecipanti alla collusione, delle modalità principali della sua esecuzione, delle persone fisiche coinvolte per conto delle imprese e, infine, dell’ambito di applicazione geografico di dette pratiche, l’infrazione in parola deve essere qualificata unica e ripetuta.

200    In tal caso, la Commissione non può imporre un’ammenda per il periodo nel quale l’infrazione è stata interrotta.

201    Inoltre, in conformità alle disposizioni dell’articolo 25, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1/2003, la durata dell’interruzione non può eccedere i cinque anni; in tal caso, l’imposizione di un’ammenda per il periodo d’infrazione precedente tale interruzione sarebbe infatti prescritta.

 Sull’esistenza di un’infrazione continuata nel caso di specie

202    Occorre di conseguenza determinare se, in tali condizioni, la Commissione fosse legittimata a considerare esistente un’infrazione continuata da parte della ricorrente tra il 1° aprile 1986 e il 1° agosto 1992 e tra il 3 settembre 1996 e il 2 maggio 2007.

203    Si deve ricordare che, nel caso di specie, dalla decisione impugnata risulta che le imprese destinatarie di quest’ultima hanno partecipato, con modalità a volte diverse, a un’infrazione che si è concretizzata attraverso l’aggiudicazione di appalti, la fissazione dei prezzi, di quote di mercato, di condizioni di vendita, la suddivisione di mercati geografici, e lo scambio di informazioni sensibili sui prezzi, sui volumi di vendita e sugli appalti, nell’ambito del mercato mondiale dei tubi marini.

204    Occorre rilevare al riguardo che l’esistenza di un piano d’insieme è chiaramente accertata nella decisione impugnata. Quest’ultimo risulta dall’identità, prima e dopo il periodo intermedio, degli obiettivi delle pratiche in questione, dei prodotti interessati, delle imprese partecipanti alla collusione, delle modalità principali della sua attuazione, delle persone fisiche coinvolte per conto delle imprese e, infine, dell’ambito di applicazione geografico di dette pratiche.

205    Inoltre, i comportamenti finalizzati ad appianare le divergenze tra i membri del cartello e rilanciare lo stesso nel periodo intermedio, quali risultanti dai documenti forniti dalla ricorrente esaminati ai precedenti punti da 177 a 180, devono di conseguenza essere considerati rientranti nel contesto del piano d’insieme perseguito dai membri del cartello.

206    Peraltro, la ricorrente, sentita in udienza in ordine a tale punto, non contesta di aver partecipato all’infrazione tra il 1° aprile 1986 e il 1° agosto 1992 e, successivamente, tra il 9 maggio 2000 e il 2 maggio 2007.

207    La ricorrente sostiene, certamente, che si tratta di infrazioni distinte e che esse non possono essere qualificate come un’infrazione continuata o ripetuta, quanto essa ha confermato in udienza, ma si deve considerare che l’esistenza di un piano d’insieme risulta chiaramente dalla decisione impugnata tenuto conto dell’identità, tra il 1986 e il 2007, degli obiettivi delle pratiche in questione, dei prodotti interessati, delle imprese partecipanti alla collusione, delle modalità principali della sua attuazione, delle persone fisiche coinvolte per conto delle imprese e, infine, dell’ambito di applicazione geografico di dette pratiche.

208    È inoltre provato che la ricorrente è tornata a far parte del cartello dal 3 settembre 1996 e ha partecipato all’infrazione fino al 13 maggio 1997 (v. supra punti 147 e segg.) e che essa ha partecipato attivamente alle discussioni intervenute nel periodo intermedio al fine di rilanciare il cartello e di rientrarvi a far parte (v. supra punti 181 e segg.).

209    Le spiegazioni alternative che la ricorrente ha fornito riguardo al suo comportamento in questo periodo sono state peraltro respinte dal Tribunale (v. supra punti 181 e segg.).

210    La Commissione ha inoltre ammesso, e risulta dall’articolo 1 della decisione impugnata, che la ricorrente ha interrotto la sua partecipazione al cartello tra il 1° agosto 1992 e il 3 settembre 1996.

211    La Commissione ha certamente constatato l’esistenza di un’infrazione continuata imputabile alla MRI, e, al contempo, che la partecipazione di quest’ultima al cartello si era interrotta tra il 1° agosto 1992 e il 3 settembre 1996.

212    La Commissione, tuttavia, non ha errato nel constatare che la ricorrente aveva partecipato al cartello in due periodi d’infrazione distinti, dal 1° aprile 1986 al 1° agosto 1992 e dal 3 settembre 1996 al 2 maggio 2007.

213    L’errore di valutazione della Commissione di cui al precedente punto 211 non incide quindi sulla legittimità della decisione impugnata, dal momento che essa avrebbe potuto accertare che l’infrazione commessa dalla ricorrente era un’infrazione ripetuta ai sensi dell’articolo 25 del regolamento n. 1/2003 – i due periodi d’infrazione sono caratterizzati infatti dall’esistenza di un piano d’insieme (v. supra punti 203 e 204) – e che l’interruzione della partecipazione della MRI all’infrazione tra il 1° agosto 1992 e il 3 settembre 1996 era inferiore a cinque anni (v. supra punto 201).

214    In conclusione, da un lato, poiché si deve considerare che l’infrazione commessa tra il 1° aprile 1986 e il 1° agosto 1992 non era prescritta, si deve respingere il primo motivo, basato in sostanza sul fatto che la Commissione non poteva constatare un’infrazione prescritta. Si deve altresì respingere la censura relativa al difetto di motivazione, in quanto dalla decisione impugnata risulta che la ricorrente aveva partecipato al cartello durante due periodi d’infrazione distinti, dal 1° aprile 1986 al 1° agosto 1992 e dal 3 settembre 1996 al 2 maggio 2007.

215    D’altro lato, l’argomentazione presentata dalla ricorrente a sostegno del suo secondo motivo riguardante la prescrizione del periodo d’infrazione dal 3 settembre 1996 al 9 maggio 2000, dev’essere anch’essa respinta, poiché è accertato che essa è rientrata nel cartello dal 3 settembre 1996 e ha partecipato, nel periodo intermedio, a discussioni miranti a rilanciare il cartello e a determinare la sua posizione nell’ambito dello stesso.

216    Risulta da quanto precede che le parti prima, seconda e terza del secondo motivo devono essere respinte, nella misura in cui in esse la ricorrente sostanzialmente rileva, da un lato, che la Commissione avrebbe erroneamente interpretato gli elementi di prova a sua disposizione e non avrebbe fornito la prova del suo coinvolgimento nel cartello tra il 3 settembre 1996 e il 9 maggio 2000 e, dall’altra, che la ricorrente avrebbe fornito una spiegazione alternativa plausibile degli elementi di prova considerati dalla Commissione e del suo comportamento durante tale periodo.

d)     Sulla fondatezza delle altre parti del secondo motivo

217    Peraltro, rispetto all’argomento avanzato dalla ricorrente nell’ambito della seconda parte del suo secondo motivo, argomento secondo cui la Commissione avrebbe dovuto provare che essa aveva partecipato a un’infrazione nuova, dato che l’infrazione precedente al 1992 era prescritta e la Commissione non poteva affermare al riguardo l’esistenza di un’infrazione continuata a partire dal 1° aprile 1986, si deve ricordare che la Commissione non ha errato nel constatare che la ricorrente aveva partecipato al cartello durante due periodi d’infrazione, certamente distinti, ma nel corso dei quali quest’ultima aveva partecipato a un piano comune caratterizzato dall’identità, prima e dopo il periodo intermedio, degli obiettivi delle pratiche in questione, dei prodotti interessati, delle imprese partecipanti alla collusione, delle modalità principali della sua attuazione, delle persone fisiche coinvolte per conto delle imprese e, infine, dell’ambito di applicazione geografico di dette pratiche (v. supra punti 203 e 204). La ricorrente versa quindi in errore nel sostenere che essa avrebbe partecipato a un’infrazione nuova, e il suo argomento dev’essere pertanto respinto.

218    Quanto all’argomento avanzato dalla ricorrente a sostegno della terza parte del secondo motivo, secondo cui la Commissione non avrebbe dimostrato che la condotta della stessa, tra il 3 settembre 1996 e il 9 maggio 2000, fosse strettamente connessa alla realizzazione di tutti gli effetti anticoncorrenziali voluti dagli altri autori dell’infrazione, nell’ambito di un piano complessivo diretto ad ottenere un unico obiettivo, si deve constatare che poiché essa, da un lato, è entrata a far parte del coordinamento organizzato dal cartello il 3 settembre 1996 e ha ottenuto in tale occasione un lotto dell’appalto «Sumed» e, dall’altro, ha avuto parte attiva nei contatti diretti al rilancio del cartello nel periodo intermedio, è chiaramente accertato che la condotta della ricorrente è stata strettamente connessa alla realizzazione di tutti gli effetti anticoncorrenziali di un piano complessivo voluto dagli altri autori dell’infrazione. Il suo argomento dev’essere conseguentemente respinto.

219    Si deve altresì respingere l’argomento della ricorrente sostenuto nell’ambito della quarta parte del secondo motivo, secondo il quale essa è stata sanzionata soltanto per il periodo compreso tra il 3 settembre 1996 e il 13 maggio 1997 mentre la sua condotta sarebbe stata la stessa nel periodo intermedio e tale differenza di trattamento sarebbe ingiustificata. Risulta, infatti, da quanto precede che essa ha nuovamente partecipato al cartello tra il 3 settembre 1996 e il 13 maggio 1997, ottenendo un lotto dell’appalto «Sumed» a seguito di un coordinamento a tal fine con gli altri membri del cartello e che, nel periodo intermedio, essa ha partecipato ai contatti volti al rilancio del cartello e ha negoziato la sua posizione nell’ambito di quest’ultimo. Si tratta dunque di comportamenti diversi che giustificano la decisione della Commissione di infliggere un’ammenda per il periodo compreso tra il 3 settembre 1996 e il 13 maggio 1997 e non per il periodo intermedio.

220    Tale conclusione non è affatto inficiata dall’argomento della ricorrente secondo cui essa non è stata sanzionata per il periodo compreso tra il maggio 1999 e il maggio 2000 mentre lo sono stati gli altri membri del cartello, poiché tale distinzione è giustificata dalla circostanza che essa è rientrata attivamente nel cartello soltanto un anno dopo gli altri membri dello stesso, avendo infatti prolungato i suoi contatti con questi ultimi al fine di rinegoziare le condizioni della sua partecipazione.

221    La quarta parte del secondo motivo deve dunque essere complessivamente respinta.

222    Quanto alla quinta parte del secondo motivo, nell’ambito della quale la ricorrente afferma sostanzialmente che i fatti illeciti relativi al periodo dal 1996 al 2000 sono distinti dai comportamenti illeciti posti in essere nell’ambito del cartello propriamente detto e devono quindi essere sanzionati diversamente, sempreché non prescritti, occorre rinviare alle valutazioni esposte ai precedenti punti da 123 a 187 e da 202 a 214 e respingere di conseguenza sia l’argomentazione di merito della ricorrente sia la censura relativa al difetto di motivazione.

223    In conclusione, il primo e il secondo motivo devono essere pertanto respinti.

C –  Sul terzo motivo, concernente vari errori nella determinazione dell’importo dell’ammenda, la violazione dei principi di proporzionalità, di adeguatezza della sanzione, di parità di trattamento, di tutela del legittimo affidamento, nonché la carenza di motivazione

224    Si deve ricordare, preliminarmente, che il principio della parità di trattamento impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v. sentenza della Corte del 3 maggio 2007, Advocaten voor de Wereld, C‑303/05, Racc. pag. I‑3633, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

225    Peraltro, il principio di proporzionalità esige che gli atti delle istituzioni non vadano oltre quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefisso. Nel contesto del calcolo delle ammende, la gravità delle infrazioni deve essere determinata in funzione di numerosi fattori e non si deve attribuire ad alcuno di tali elementi un’importanza sproporzionata rispetto agli altri elementi di valutazione. Il principio di proporzionalità comporta in tale contesto che la Commissione debba fissare l’ammenda proporzionalmente agli elementi presi in considerazione per valutare la gravità dell’infrazione e che essa debba a tal proposito applicare tali elementi in modo coerente e obiettivamente giustificato (v. sentenze del Tribunale Jungbunzlauer/Commissione, punto 194 supra, punti da 226 a 228 e giurisprudenza ivi citata, e del 28 aprile 2010, Gütermann e Zwicky/Commissione, T‑456/05 e T‑457/05, Racc. pag. II‑1443, punto 264).

226    Infine, conformemente a una giurisprudenza costante, il diritto di avvalersi del principio di tutela del legittimo affidamento si estende a ogni persona in capo alla quale un’istituzione dell’Unione, fornendole precise assicurazioni, abbia fatto sorgere aspettative fondate (sentenze della Corte del 24 novembre 2005, Germania/Commissione, C‑506/03, non pubblicata nella Raccolta, punto 58, e del 18 luglio 2007, AER/Karatzoglou, C‑213/06 P, Racc. pag. I‑6733, punto 33). Costituiscono assicurazioni siffatte informazioni precise, incondizionate e concordanti, quale che sia la forma in cui queste vengono comunicate [v., in tal senso, sentenza della Corte del 16 dicembre 2008, Masdar (UK)/Commissione, C‑47/07 P, Racc. pag. I‑9761, punti 34 e 81].

1.     Sulla prima parte del terzo motivo, relativa a un errore di valutazione della gravità dell’infrazione e alla violazione del principio di parità di trattamento

a)     Decisione impugnata

227    Risulta dai punti da 437 a 445 della decisione impugnata che la Commissione ha considerato una percentuale del 25% delle vendite rilevanti per determinare l’importo di base dell’ammenda, in funzione della gravità dell’infrazione.

b)     Argomenti delle parti

228    La ricorrente considera che l’utilizzo di una percentuale del 25% delle vendite rilevanti per la determinazione dell’importo di base della sanzione calcolato in funzione della gravità dell’infrazione è erroneo e ingiustificato dato che, in tal modo, la Commissione l’ha equiparata in maniera discriminatoria alle altre imprese produttrici, mentre, secondo la ricorrente, la gravità dell’infrazione da essa commessa è nettamente inferiore a quella delle infrazioni commesse dalle altre imprese.

229    Orbene, dalla giurisprudenza risulta, a suo parere, che, per rispettare i principi di parità di trattamento e di proporzionalità della sanzione, la Commissione non può prescindere da un esame dei fattori che determinano una diversa valutazione della gravità dell’infrazione imputabile a ciascuna impresa e di conseguenza deve commisurare l’ammenda tenendo ragionevolmente conto delle specifiche circostanze che differenziano la posizione di un’impresa rispetto alle altre. Orbene, secondo la ricorrente, la Commissione ha omesso qualsiasi valutazione in merito al diverso grado e alla diversa intensità del suo coinvolgimento nel cartello, pur avendo nella decisione in più occasioni riconosciuto la sua posizione particolare nell’ambito del cartello (ad esempio ai punti 170, 187 e da 211 a 214 della decisione impugnata).

230    La ricorrente sostiene che la Commissione non ha in particolare tenuto conto della circostanza che, a differenza delle altre imprese produttrici, essa non è mai stata una «partecipante fedele, entusiasta e propulsiva» del cartello, come testimonia il fatto che in ben due occasioni ha deciso di porre fine alla propria partecipazione al cartello, che essa è l’unica che abbia svolto attività in contrasto con il cartello, che ha costantemente subito pressioni, minacce e ritorsioni da parte dei concorrenti e che inoltre non le può essere imputata la partecipazione ad un’unica infrazione complessa durante l’intero periodo preso in considerazione dalla Commissione.

231    Ne consegue, a suo parere, che la Commissione ha violato i principi di proporzionalità e di parità di trattamento, principi che gli orientamenti per il calcolo delle ammende non possono mettere nel nulla.

232    La Commissione contesta quest’argomentazione.

c)     Giudizio del Tribunale

233    La ricorrente invoca in sostanza, rispettivamente, un errore di valutazione, la violazione dei principi di proporzionalità e di parità di trattamento.

234    Come ricorda giustamente la Commissione, secondo giurisprudenza costante, la gravità dell’infrazione è determinata tenendo conto di numerosi elementi – quali le circostanze proprie del caso di specie, il contesto in cui questo si inserisce e l’efficacia dissuasiva delle ammende – rispetto ai quali la Commissione dispone di un potere discrezionale (sentenza della Corte del 10 maggio 2007, SGL Carbon/Commissione, C‑328/05 P, Racc. pag. I‑3921, punto 43).

235    Tra i fattori che possono incidere sulla valutazione della gravità dell’infrazione figurano il comportamento di ciascuna impresa, la parte svolta da ciascuna di esse nel porre in essere il cartello, il vantaggio che esse possono aver tratto da quest’ultimo, le loro dimensioni e il valore delle merci in questione nonché la minaccia che infrazioni di questo tipo costituiscono per gli scopi dell’Unione. Ciò premesso, ai fini della determinazione dell’ammenda, ben può tenersi conto tanto del fatturato complessivo dell’impresa, che costituisce un’indicazione, sia pure approssimativa ed imperfetta, delle dimensioni e della potenza economica dell’impresa stessa, quanto della frazione di tale fatturato riferibile alle merci oggetto dell’infrazione e, perciò, atta a fornire un’indicazione della gravità di quest’ultima. Non si deve attribuire né all’uno né all’altro di questi dati un peso eccessivo rispetto agli altri criteri di valutazione, e, di conseguenza, la determinazione di un’ammenda adeguata non può essere il risultato di un semplice calcolo fondato sul fatturato realizzato con la vendita del prodotto interessato. Inoltre, il diritto dell’Unione non contiene un principio di applicazione generale secondo il quale la sanzione dev’essere proporzionata al fatturato realizzato dall’impresa mediante la vendita del bene oggetto dell’infrazione (sentenza della Corte dell’8 dicembre 2011, KME Germany e a./Commissione, C‑389/10 P, punti da 58 a 60).

236    Nel caso di specie occorre constatare che, pur se la ricorrente ha interrotto la sua partecipazione al cartello nel 1992, essa ha nondimeno ripreso detta partecipazione il 3 settembre 1996 e, dal maggio 1997 al dicembre 1999, ha intrattenuto contatti illeciti con i membri del cartello per entrarne di nuovo a far parte, pienamente e integralmente, nel maggio 2000, fino al maggio 2007. Essa sostiene di esservi stata costretta, ma tale argomento non può essere accolto, così come non si possono accogliere le sue asserzioni riguardanti il fatto che essa non avrebbe partecipato a un’infrazione unica e complessa (v. supra punti 159, 185 e da 202 a 214).

237    Ne consegue che essa non si trovava in una situazione che la distingueva dalle altre partecipanti al cartello, che possa giustificare l’applicazione nei suoi confronti di una diversa percentuale delle vendite rilevanti per determinare l’importo di base dell’ammenda.

238    Ne consegue altresì che la Commissione non ha violato il principio di proporzionalità.

239    La prima parte del terzo motivo deve pertanto essere integralmente respinta.

2.     Sulla seconda parte del terzo motivo, relativa a un errore nel calcolo dell’ammenda in funzione della durata dell’infrazione e alla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

a)     Decisione impugnata

240    Dai punti da 141 a 147 della decisione impugnata risulta che la Commissione, basandosi su diversi documenti, tra cui alcune note interne trasmesse dalla MRI nell’ambito della sua domanda di trattamento favorevole (punti da 143 a 145 della decisione impugnata), ha considerato che quest’ultima era tornata a partecipare attivamente al cartello dal 3 settembre 1996.

241    Il punto 487 della decisione impugnata espone le ragioni per le quali la Commissione contesta l’argomento in base al quale la ricorrente chiede che, ai sensi del punto 26 della comunicazione sulla cooperazione, non siano utilizzati nei suoi confronti gli elementi di prova da essa forniti alla Commissione per il periodo 1996‑1997.

242    I punti 447 e 448 della decisione impugnata precisano infine la durata del periodo d’infrazione preso in considerazione dalla Commissione ai fini del calcolo dell’ammenda.

b)     Argomenti delle parti

243    In sostanza, la ricorrente fa valere che, aggiungendo il periodo dal 3 settembre 1996 al 13 maggio 1997, la durata dell’infrazione è stata portata erroneamente ad otto anni (il menzionato periodo di otto mesi è stato arrotondato ad un anno supplementare), il che ha comportato una maggiorazione dell’ammenda di circa [riservato]. Essa ritiene infatti di essere stata erroneamente sanzionata per tale periodo, e per di più esclusivamente sulla base di prove da essa stessa fornite alla Commissione nell’ambito del programma di clemenza. Orbene, secondo la comunicazione sulla cooperazione, non sarebbe stato possibile utilizzare tali prove contro la ricorrente, e siffatta violazione dei suoi diritti configura anche una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento. La decisione impugnata sarebbe inoltre priva in proposito di una motivazione adeguata.

244    A tal riguardo, la Commissione si limita a rinviare alla sua argomentazione esposta nell’ambito del secondo motivo.

c)     Giudizio del Tribunale

245    Dall’esame del secondo motivo risulta che la Commissione ha giustamente considerato che la ricorrente fosse tornata a far parte del cartello il 3 settembre 1996 e avesse pienamente partecipato all’infrazione sino al 13 maggio 1997 (v. supra punto 159).

246    La Commissione non è dunque incorsa in errore prendendo in considerazione il periodo d’infrazione dal 3 settembre 1996 al 13 maggio 1997 e portando la durata dell’infrazione da sette anni e mezzo a otto anni, conformemente ai propri orientamenti.

247    Si deve peraltro constatare che la decisione impugnata contiene una motivazione adeguata, che figura ai punti da 141 a 147 e 487 della stessa. La censura relativa alla carenza di motivazione deve pertanto essere respinta.

248    Si deve inoltre respingere la censura relativa alla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento basata sulla circostanza che la Commissione ha utilizzato contro la ricorrente taluni documenti da essa prodotti nell’ambito della sua domanda di cooperazione, poiché la Commissione non era tenuta a escludere tali documenti ai sensi del punto 26, ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione e, in ogni caso, tali documenti non erano necessari a dimostrare l’infrazione da essa commessa tra il settembre 1996 e il maggio 1997 (v. supra punti da 123 a 159).

249    La seconda parte del terzo motivo dev’essere pertanto integralmente respinta.

3.     Sulla terza parte del terzo motivo, relativa a un errore nella maggiorazione dell’ammenda a fini di deterrenza, e alla violazione dell’obbligo di motivazione e del principio di parità di trattamento

a)     Decisione impugnata

250    Dai punti 449 e 450 della decisione impugnata risulta che la Commissione ha applicato, ai sensi del punto 25 degli orientamenti, una maggiorazione dell’importo di base pari al 25% del valore delle vendite a fini di deterrenza.

b)     Argomenti delle parti

251    La ricorrente ricorda che l’aumento del 25% per la deterrenza è quello massimo consentito dagli orientamenti, ai sensi dei quali la maggiorazione può essere compresa tra un minimo del 15% e un massimo del 25% delle vendite rilevanti.

252    Essa ritiene che, imponendole tale maggiorazione massima, la Commissione l’abbia erroneamente equiparata alle altre imprese produttrici, in violazione dei principi applicabili e senza che tale equiparazione sia motivata.

253    La Commissione, secondo la ricorrente, ha quindi omesso di considerare che essa era notevolmente più piccola delle altre imprese produttrici. Orbene, la giurisprudenza richiederebbe che nell’applicazione dell’aumento a fini di deterrenza si tenga conto della diversa dimensione delle imprese che hanno partecipato al cartello.

254    La ricorrente afferma che lo stesso può dirsi per la diversità del suo comportamento, dal momento che essa non era una partecipante convinta al cartello, ne è uscita nel 1992 e ha fatto di tutto per distanziarsene, e vi è rientrata solo in quanto non poteva resistere alle pressioni e minacce degli altri partecipanti. Inoltre, nel 2003, i suoi dirigenti hanno manifestato un’inequivocabile volontà di uscire dal cartello e se essa malgrado tutto è rimasta nel medesimo anche dopo tale periodo, ciò è avvenuto solo ad opera di alcuni dipendenti infedeli della controllata statunitense, che hanno agito a sua insaputa e contro la sua volontà; peraltro, la Commissione non ha mai sostenuto che la ricorrente conoscesse o tanto meno fosse connivente con le attività della sua controllata americana. Inoltre, appena è emerso il ruolo di tali collaboratori nel cartello e la violazione da parte loro del suo codice etico, essa ha immediatamente risolto i rapporti con il sig. F., consulente, e il suo rapporto di lavoro con un ex dipendente della MOM.

255    Inoltre, sin dal 2005 essa aveva posto in essere una procedura interna finalizzata a imporre ai propri dipendenti il rispetto della normativa sulla concorrenza e, in forza del nuovo codice etico di condotta adottato in esecuzione di questa procedura, ha sanzionato uno dei suoi dipendenti.

256    Ciò dimostra, a suo parere, che essa era ed è pienamente convinta della necessità di non partecipare in futuro ad attività anticoncorrenziali e che la maggiorazione dell’ammenda a scopo di deterrenza è del tutto inutile e immotivata.

257    Infine, in ogni caso, l’applicazione della maggiorazione nella misura massima appare ingiustificata, tenuto conto del ruolo da essa svolto nel cartello.

258    La Commissione contesta quest’argomentazione.

c)     Giudizio del Tribunale

259    In primo luogo si deve ricordare che gli orientamenti prevedono quanto segue:

«10. In primo luogo la Commissione determinerà un importo di base per ciascuna impresa o associazione di imprese.

11. Essa potrà in seguito adeguare l’importo di base aumentandolo o riducendolo.

(…)

19. L’importo di base dell’ammenda sarà legato ad una proporzione del valore delle vendite, determinata in funzione del grado di gravità dell’infrazione, moltiplicata per il numero di anni dell’infrazione.

20. La gravità sarà valutata caso per caso per ciascun tipo di infrazione, tenendo conto di tutte le circostanze rilevanti.

(…)

23. Per la loro stessa natura, gli accordi orizzontali di fissazione dei prezzi, di ripartizione dei mercati e di limitazione della produzione, che sono generalmente segreti, costituiscono alcune delle più gravi restrizioni della concorrenza. Nell’ambito della politica di concorrenza essi saranno severamente sanzionati (…)».

260    In secondo luogo, è stato reiteratamente dichiarato che, mentre l’importo di partenza dell’ammenda è fissato in ragione dell’infrazione, la gravità relativa di quest’ultima va accertata in funzione di numerosi altri elementi, in ordine ai quali la Commissione dispone di un margine di discrezionalità (sentenza KME Germany e a./Commissione, punto 235 supra, punto 58). Inoltre, risulta dagli orientamenti che la valutazione della gravità della violazione viene svolta in due fasi. In una prima fase, la gravità generale è valutata esclusivamente in funzione degli elementi propri alla violazione, come la sua natura e la sua incidenza sul mercato, e, in una seconda fase, la valutazione della gravità relativa è modulata sulla base delle circostanze proprie all’impresa interessata, ciò che, peraltro, conduce la Commissione a prendere in considerazione non soltanto eventuali circostanze aggravanti, bensì anche, se del caso, circostanze attenuanti. Questa pratica consente, segnatamente nell’ambito di violazioni nelle quali sono implicate diverse imprese, di tener conto, in sede di valutazione della gravità della violazione, del diverso ruolo svolto da ciascuna impresa e del comportamento da questa tenuto nei confronti della Commissione durante lo svolgersi del procedimento (sentenze del Tribunale del 12 luglio 2001, Tate & Lyle e a./Commissione, T‑202/98, T‑204/98 e T‑207/98, Racc. pag. II‑2035, punto 109, e del 28 aprile 2010, BST/Commissione, T‑452/05, Racc. pag. II‑1373, punto 48). Pertanto, anche ritenendolo trascurabile, il ruolo individuale della ricorrente non può rimettere in discussione il grado di gravità dell’infrazione.

261    Di conseguenza, non si può contestare la Commissione per aver ritenuto che l’infrazione – che si è protratta perlomeno dal 1986 al 2007 ed è stata caratterizzata tanto da accordi sui prezzi che da ripartizioni di mercati geografici e di quote – presentasse una rilevante gravità generale.

262    Orbene, la ricorrente ha preso pienamente parte ai comportamenti illeciti, pur essendosi distaccata dal cartello nel 1992 e avendo fatto rientro in esso soltanto nel 1996, circostanza considerata nel calcolo dell’ammenda che le è stata inflitta, dal momento che infatti non le è stata inflitta nessuna ammenda per il periodo precedente il 3 settembre 1996 (punto 448 della decisione impugnata).

263    La censura relativa alla violazione del principio di parità di trattamento dev’essere quindi respinta.

264    In terzo luogo, secondo giurisprudenza costante, la Commissione, non essendo obbligata ad effettuare il calcolo dell’importo dell’ammenda partendo da importi basati sul fatturato delle imprese in questione, non è tenuta neppure a garantire, nel caso in cui vengano inflitte ammende a più imprese implicate in una medesima infrazione, che gli importi finali delle ammende alle quali conduce il suo calcolo per le imprese coinvolte rendano conto di qualsiasi differenza tra queste ultime quanto al loro fatturato complessivo o al loro fatturato sul mercato del prodotto in questione. Al riguardo, occorre precisare che l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 del Consiglio, del 6 febbraio 1962, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 13, pag. 204) e l’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 non impongono neppure che, qualora vengano inflitte ammende a più imprese coinvolte in una medesima infrazione, l’importo dell’ammenda inflitta ad un’impresa di dimensioni piccole o medie non superi, in termini di percentuale del fatturato, quello delle ammende inflitte alle imprese più grandi. Infatti, risulta da dette disposizioni che, per determinare l’importo dell’ammenda, tanto per le imprese di dimensioni piccole o medie quanto per le imprese di dimensioni superiori, occorre considerare la gravità e la durata dell’infrazione. Qualora la Commissione infligga, alle imprese implicate in una medesima infrazione, ammende giustificate, per ciascuna di esse, in rapporto alla gravità e alla durata dell’infrazione, non può addebitarsi a detta istituzione il fatto che, per talune di queste imprese, l’importo dell’ammenda sia superiore, in proporzione al fatturato, a quello di altre imprese. La Commissione, quindi, non è tenuta a ridurre le ammende qualora le imprese coinvolte siano piccole e medie imprese. La dimensione dell’impresa, infatti, viene già presa in considerazione dal tetto massimo fissato dall’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dall’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 nonché dalle disposizioni degli orientamenti. A parte tali considerazioni relative alle dimensioni, non vi è alcuna ragione di trattare le piccole e medie imprese diversamente dalle altre imprese. Il fatto che le imprese coinvolte siano piccole e medie imprese non le esonera dal loro dovere di rispettare le regole di concorrenza (v. sentenze del Tribunale Gütermann e Zwicky/Commissione, punto 225 supra, punti da 279 a 281 e la giurisprudenza ivi citata, e del 28 aprile 2010, Amann & Söhne e Cousin Filterie/Commissione, T‑446/05, Racc. pag. II‑1255, punti da 198 a 200).

265    Di conseguenza la ricorrente ha errato nel rilevare che per le sue dimensioni ridotte avrebbe dovuto esserle riservato un trattamento differenziato sotto il profilo della valutazione della gravità dell’infrazione, cui del resto è accertato che essa abbia pienamente partecipato.

266    Anche la censura basata sulla violazione del principio di proporzionalità dev’essere di conseguenza respinta.

267    In quarto luogo, poiché la ricorrente non può utilmente rilevare di aver partecipato al cartello in maniera soltanto marginale tra il 1996 e il 2000 o che la sua partecipazione era determinata da un atteggiamento di difesa nei confronti dei suoi concorrenti (v. in particolare supra punto 185), non si può contestare alla Commissione di non aver tenuto conto di tali elementi nell’ambito della sua valutazione della gravità dell’infrazione.

268    Peraltro, per quanto la ricorrente rilevi di non essere stata al corrente delle condotte illecite della sua controllata americana MOM, essa non contesta, nel presente ricorso, di essere pienamente responsabile degli atti commessi da quest’ultima ai sensi della giurisprudenza (sentenza della Corte del 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, C‑97/08 P, Racc. pag. I‑8237). Essa si limita, infatti, a contestare la percentuale di maggiorazione applicata a fini di deterrenza dalla Commissione, che non avrebbe tenuto sufficientemente conto del suo comportamento, in particolare rispetto alle altre imprese coinvolte nel cartello.

269    In tali circostanze, l’intento di abbandonare il cartello che essa ha potuto esprimere nel 2003 resta privo di rilevanza poiché, come minimo, è accertato che la sua controllata ha continuato a partecipare all’infrazione sino al 2007.

270    La Commissione aveva dunque il diritto di prendere in considerazione il fatto che la ricorrente, perlomeno attraverso la sua controllata, aveva partecipato al cartello sino al maggio 2007.

271    Di conseguenza, la Commissione non è incorsa in errore nella sua valutazione, al riguardo, della gravità dell’infrazione.

272    Lo stesso vale riguardo al programma interno della ricorrente volto al rispetto del diritto della concorrenza, poiché è stato giudicato che, se è certo importante che un’impresa abbia adottato provvedimenti volti ad impedire che in futuro nuove infrazioni al diritto della concorrenza dell’Unione vengano commesse da parte di membri del suo personale, tale circostanza non muta in nulla la realtà dell’infrazione rilevata. Essa non obbliga la Commissione, a titolo di circostanza attenuante, a ridurre l’importo dell’ammenda inflitta a detta impresa (v., in tal senso, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 115 supra, punto 373).

273    Dev’essere quindi respinta la censura basata sull’asserita insussistenza di effetto deterrente della maggiorazione dell’ammenda in quanto la ricorrente avrebbe già adottato disposizioni che rivelavano la sua volontà di evitare il proprio coinvolgimento in attività collusorie.

274    Infine, in quinto luogo, dalle considerazioni che precedono risulta che la censura basata sulla carenza di motivazione dev’essere anch’essa respinta.

275    Pertanto, la terza parte del terzo motivo dev’essere respinta.

4.     Sulla quarta parte del terzo motivo, relativa a un errore nella valutazione delle condizioni per l’applicazione di circostanze attenuanti e alla violazione dell’obbligo di motivazione

a)     Decisione impugnata

276    Dal punto 464 della decisione impugnata risulta che la Commissione non riconosce ai membri del cartello nessuna circostanza attenuante che possa derivare da un ruolo passivo o secondario nell’ambito del cartello.

b)     Argomenti delle parti

277    La ricorrente ritiene che, al punto 464 della decisione impugnata, la Commissione abbia del tutto immotivatamente escluso l’applicabilità di circostanze attenuanti prescindendo da un esame specifico della posizione individuale delle imprese.

278    Essa avrebbe, quindi, del tutto omesso di tenere conto della particolarità della posizione della ricorrente e di una serie di circostanze determinanti per qualificarne il comportamento in relazione al cartello e nell’ambito dello stesso, così violando il principio di parità di trattamento.

279    La ricorrente sostiene, inoltre, che essa non figura tra le «varie imprese» (punto 434 della decisione impugnata) che hanno invocato la scarsa importanza della loro attività nel settore dei tubi marini per vedersi riconoscere le attenuanti, il che costituisce un’assimilazione acritica e superficiale della sua difesa a quella di altre imprese produttrici.

280    La Commissione si è inoltre limitata, a suo parere, ad applicarle il medesimo trattamento applicato alla Trelleborg e alla Dunlop, sebbene né il comportamento né il peso di tali imprese fossero paragonabili ai suoi.

281    La ricorrente ritiene infine che la riduzione che avrebbe dovuto esserle concessa non avrebbe potuto in ogni caso essere inferiore al 30%.

282    La Commissione contesta tali argomenti.

c)     Giudizio del Tribunale

283    Si deve ricordare che gli orientamenti prevedono quanto segue:

«29. L’importo di base dell’ammenda può essere ridotto qualora la Commissione constati l’esistenza di circostanze attenuanti, quali:

(…)

–        quando l’impresa fornisce la prova che la propria partecipazione all’infrazione è sostanzialmente marginale dimostrando altresì che, nel periodo in cui ha aderito agli accordi illeciti, non ha di fatto dato loro applicazione adottando un comportamento concorrenziale sul mercato; il fatto che un’impresa abbia partecipato a un’infrazione per una durata inferiore rispetto alle altre imprese non costituisce di per sé una circostanza attenuante, in quanto di tale circostanza si è già tenuto conto nella determinazione dell’importo di base;

(...)».

284    Il punto 464 della decisione impugnata, sotto il titolo «Ruolo passivo e/o secondario», è redatto come segue:

«Diverse imprese interessate affermano che la loro attività [relativa ai tubi marini] è poco importante. La Commissione ritiene generalmente che ciò non possa costituire il punto di partenza per stabilire se un ruolo sia passivo o secondario, determinazione che è unicamente basata sul tipo di ruolo che un’impresa ha avuto nell’ambito di un cartello e non sull’importanza dell’attività svolta all’interno del gruppo. La Commissione rileva peraltro che malgrado l’importanza relativa dell’attività, tutte le imprese coinvolte hanno considerato che l’attività [relativa ai tubi marini] era sufficientemente importante per mantenerla, probabilmente per ragioni di redditività (ad eccezione della Bridgestone, che ha cessato la sua attività al cessare dell’infrazione). Infine, la Commissione rileva che l’importanza relativa dell’attività traspare a sufficienza nel calcolo dell’importo di base e che di essa non deve più tenersi conto».

285    Occorre anzitutto esaminare se, come sostiene la ricorrente, la Commissione abbia commesso un errore di valutazione nel concludere che non le si dovesse riconoscere il beneficio di circostanze attenuanti.

286    Si deve ricordare al riguardo che, secondo la giurisprudenza, le pressioni esercitate dalle imprese e volte a indurre altre imprese a partecipare a una violazione del diritto della concorrenza, indipendentemente dalla loro importanza, non liberano l’impresa interessata dalla propria responsabilità per l’infrazione commessa, nulla cambiano alla gravità dell’intesa e non possono costituire una circostanza attenuante ai fini del calcolo degli importi delle ammende, in quanto l’impresa interessata avrebbe potuto denunciare le eventuali pressioni alle competenti autorità e presentare alle stesse una denuncia (v., in tal senso, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 115 supra, punti 369 e 370, e sentenza del Tribunale del 29 novembre 2005, Union Pigments/Commissione, T‑62/02, Racc. pag. II‑5057, punto 63). Ne consegue che la Commissione non era tenuta a prendere in considerazione come circostanze attenuanti minacce come quelle fatte valere nella fattispecie (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 26 aprile 2007, Bolloré e a./Commissione, T‑109/02, T‑118/02, T‑122/02, T‑125/02, T‑126/02, T‑128/02, T‑129/02, T‑132/02 e T‑136/02, Racc. pag. II‑947, punto 640).

287    Peraltro, emerge dalla giurisprudenza che, tra gli elementi atti a dimostrare il ruolo passivo di un’impresa nell’ambito di un’intesa, possono essere presi in considerazione il carattere ben più sporadico della sua partecipazione alle riunioni rispetto a quella degli altri membri dell’intesa (sentenza del Tribunale del 9 luglio 2003, Cheil Jedang/Commissione, T‑220/00, Racc. pag. II‑2473, punto 168; v., altresì, sentenza del Tribunale del 29 aprile 2004, Tokai Carbon e a./Commissione, T‑236/01, T‑239/01, da T‑244/01 a T‑246/01, T‑251/01 e T‑252/01, Racc. pag. II‑1181, punto 331 e giurisprudenza ivi citata) come pure il fatto di essere giunta tardi sul mercato oggetto dell’infrazione, indipendentemente dalla durata della sua partecipazione a quest’ultima (v., in tal senso, sentenza della Corte del 10 dicembre 1985, Stichting Sigarettenindustrie e a./Commissione, da 240/82 a 242/82, 261/82, 262/82, 268/82 e 269/82, Racc. pag. 3831, punto 100, e sentenza Carbone‑Lorraine/Commissione, punto 115 supra, punto 164 e giurisprudenza ivi citata), oppure ancora l’esistenza di dichiarazioni esplicite in tal senso provenienti da rappresentanti di imprese terze che hanno partecipato all’infrazione (v. sentenza del 29 aprile 2004,Tokai Carbon e a./Commissione, cit., punto 331 e giurisprudenza ivi citata). Peraltro, il Tribunale ha dichiarato che il «ruolo esclusivamente passivo» di un membro di un cartello implica che quest’ultimo tenga un «basso profilo», ossia non partecipi attivamente all’elaborazione dell’accordo o degli accordi anticoncorrenziali (v. sentenza Jungbunzlauer/Commissione, punto 194 supra, punto 252 e giurisprudenza ivi citata).

288    Inoltre, la mera circostanza che un’impresa, la cui partecipazione ad una concertazione con le sue concorrenti sia dimostrata, non abbia adeguato il proprio comportamento sul mercato a quello concordato con le sue concorrenti, perseguendo una politica più o meno indipendente sul mercato, non costituisce necessariamente un elemento da prendere in considerazione alla stregua di circostanza attenuante. Non si può escludere che tale impresa abbia semplicemente tentato di utilizzare il cartello a suo vantaggio (sentenza del Tribunale del 16 giugno 2011, FMC Foret/Commissione, T‑191/06, Racc. pag. II-2959, punti 345 e 346).

289    Infine, seguendo una giurisprudenza costante, per determinare se un’impresa possa beneficiare di una circostanza attenuante per non aver effettivamente applicato accordi illeciti, si deve verificare se l’impresa abbia dedotto argomenti tali da provare che, nel periodo durante il quale ha aderito agli accordi illeciti, essa si è effettivamente sottratta alla loro applicazione adottando un comportamento concorrenziale sul mercato o quantomeno ha violato chiaramente e in modo rilevante gli obblighi miranti ad attuare tale cartello, al punto di aver perturbato lo stesso funzionamento dello stesso (v. sentenze del Tribunale del 15 marzo 2006, Daiichi Pharmaceutical/Commissione, T‑26/02, Racc. pag. II‑713, punto 113, e Carbone-Lorraine/Commissione, punto 115 supra, punto 196).

290    Ne consegue che la ricorrente non può utilmente far valere né pretese pressioni che sulla stessa sarebbero state esercitate, né la minore durata della sua partecipazione all’infrazione.

291    Quanto all’asserita passività del suo comportamento e alla ripercussione di quest’ultimo sull’ammenda, si deve ricordare che la ricorrente è tornata pienamente a far parte del cartello il 3 settembre 1996, che ha partecipato alle discussioni volte a rilanciare il cartello intervenute tra il 1997 e il 1999 e che, dal maggio 2000, ha ripreso in pieno la propria attività nell’ambito del cartello.

292    Essa non può quindi far valere un qualsiasi ruolo passivo nell’ambito del cartello né, pertanto, rivendicare il beneficio di attenuanti basate su una circostanza siffatta.

293    Inoltre, seguendo il suo stesso ragionamento, la sua volontà e il suo comportamento erano in quel periodo diretti a far credere che essa fosse favorevole al cartello e, a tal fine, essa intratteneva quantomeno alcuni contatti e scambiava talune informazioni con determinati membri del cartello, il che significa, per sua stessa confessione, che essa ha partecipato all’infrazione in modo attivo.

294    Quanto alla censura riguardante la carenza di motivazione, si deve rilevare che la Commissione non contesta l’argomento della ricorrente secondo cui quest’ultima, da parte sua, non ha rilevato, nell’ambito del procedimento amministrativo, la scarsa importanza delle sue attività nel settore dei tubi marini per vedersi riconoscere il beneficio delle circostanze attenuanti.

295    La Commissione non contesta nemmeno che, nell’ambito del procedimento amministrativo la ricorrente abbia fatto valere argomenti simili a quelli sollevati nell’ambito del presente ricorso, vale a dire «la minor durata della propria partecipazione al cartello e (…) il proprio ruolo minore o marginale nell’ambito di [quest’ultimo]».

296    Tuttavia, anche se nell’ambito dei punti della decisione impugnata dedicati all’esame delle circostanze attenuanti la Commissione non ha espressamente risposto ai diversi argomenti della ricorrente, dalle considerazioni esposte ai precedenti punti da 283 a 293 risulta che la decisione impugnata, considerata nel suo complesso, contiene una motivazione sufficientemente dettagliata che consente al Tribunale, come pure alla ricorrente, di capire per quali ragioni essa non possa beneficiare di attenuanti nel caso di specie.

297    Si deve pertanto considerare che la motivazione della decisione impugnata soddisfa i criteri giurisprudenziali ricordati al precedente punto 108.

298    Ne consegue che la quarta parte del terzo motivo deve essere respinta nel suo complesso.

5.     Sulla quinta parte del terzo motivo, relativa alla riduzione dell’ammenda per la collaborazione nell’ambito del programma di clemenza

a)     Decisione impugnata

299    I punti da 480 a 488 della decisione impugnata espongono i motivi per cui la Commissione ha considerato che si dovesse accordare alla ricorrente una riduzione del 30% dell’ammenda ad essa inflitta in considerazione del suo contributo all’istruttoria.

300    La Commissione ha ritenuto al riguardo, in sostanza, che occorreva certamente tenere conto della data in cui la MRI aveva deciso di collaborare all’indagine (punti 480 e 485 della decisione impugnata), ma che il contributo di quest’ultima aveva un valore limitato, poiché in quel momento essa disponeva già di un buon numero di elementi di prova che permettevano di determinare le caratteristiche principali del cartello (punto 485 della decisione impugnata).

301    Essa precisa in sostanza che la MRI ha fornito alcuni elementi di prova riguardo al cartello a partire dalla fine degli anni ‘80 (punto 481 della decisione impugnata), e in particolare un documento con data del 1989 che dimostra che i membri del cartello si scambiavano dati statistici (punto 482 della decisione impugnata) nonché due documenti scambiati nel 2000 con il coordinatore del cartello che permettono di accertare una ripartizione geografica dei mercati tra membri dell’intesa (punto 483 della decisione impugnata) e, infine, documenti interni con data dell’inizio del 1997 riguardanti l’esistenza del cartello in tale momento, che consentono di accertare il ruolo della MRI nel cartello tra il 1996 e il 1997 e rafforzano la capacità della Commissione di dimostrare l’esistenza del cartello nella seconda metà degli anni ‘90 (punto 484 della decisione impugnata).

b)     Argomenti delle parti

302    La ricorrente sostiene che la Commissione ha errato nello stabilire la percentuale di riduzione dell’ammenda in funzione della collaborazione da essa prestata nell’ambito del programma di clemenza. La Commissione le ha concesso la riduzione nella misura minima del 30%, laddove la comunicazione sulla cooperazione prevede che la prima impresa che viene ammessa al beneficio del trattamento favorevole ha diritto ad una riduzione fino al 50%, conformemente al punto 26 della comunicazione sulla cooperazione. Essa ritiene che tale errore risulti dal fatto che la Commissione non ha tenuto conto in maniera sufficiente del ruolo determinante del contributo da essa fornito all’istruttoria.

303    Essa rammenta che la tempestività e il valore aggiunto delle prove fornite con la domanda sono i due criteri che, secondo la comunicazione sulla cooperazione, permettono di valutare l’entità della riduzione.

304    Orbene, la sua diligenza sarebbe stata massima, come proverebbe il punto 480 della decisione impugnata, poiché essa ha fornito la maggior parte delle prove più significative in suo possesso il giorno seguente le ispezioni, ossia il 4 maggio 2007.

305    Inoltre, essa ritiene che il suo contributo sia stato estremamente significativo. Contrariamente a quanto affermato dalla Commissione al punto 482 della decisione impugnata, le prove e le informazioni da essa fornite non hanno semplicemente «rafforzato» o «raffinato» la capacità della Commissione di formulare la comunicazione degli addebiti mossi nei confronti delle imprese produttrici ma, dalla lettura di quest’ultima e della decisione impugnata, appare, secondo la stessa, che le informazioni da essa fornite hanno avuto un peso determinante per fondare le accuse della Commissione relative alle caratteristiche del cartello, al suo funzionamento e alla durata dell’infrazione, nonché alla misura della partecipazione delle imprese produttrici. In molti casi, tali informazioni sarebbero gli unici elementi a supporto della tesi della Commissione.

306    La ricorrente precisa al riguardo che le informazioni e i dati da essa forniti, da un lato hanno permesso di corroborare le deposizioni orali rese dal primo denunciante – insufficienti, in assenza di prove documentali o oggettive tali da confermarle, a fondare in maniera inattaccabile le relative accuse – nonché le informazioni rese dalle altre imprese e, dall’altro, sono stati gli unici veri elementi per sostanziare l’accusa della Commissione secondo cui le altre imprese produttrici avrebbero partecipato a un’infrazione unica e continuata.

307    Peraltro, la ricorrente sostiene che le prove da essa fornite relative al periodo dal marzo 1997 al giugno 1999 sono l’unico o il principale fondamento delle conclusioni della Commissione su tale periodo. Se è pur vero che esistono altri elementi di prova, tuttavia essi sono chiaramente insufficienti, a suo avviso, a dimostrare alcunché per quanto riguarda il cartello nel suddetto periodo. Pertanto, a suo parere, in mancanza di tali prove la Commissione avrebbe dovuto limitarsi a contestare due infrazioni distinte, e non un’infrazione unica e continuata o ripetuta.

308    La Commissione avrebbe quindi ritenuto erroneamente, al punto 485 della decisione impugnata, di essere «già in possesso di una quantità considerevole di documenti, sulla base dei quali è stata in grado di provare i principali elementi del cartello».

309    Di conseguenza, secondo la ricorrente, l’applicazione della percentuale minima di riduzione è ingiustificata e, per giunta, immotivata. Essa ritiene inoltre che tale decisione violi il principio di parità di trattamento in quanto, in altri casi, la Commissione ha concesso riduzioni superiori per un minore apporto di informazioni.

310    La Commissione contesta tali argomenti.

311    La Commissione considera che, secondo costante giurisprudenza, essa gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo delle ammende e può, a questo proposito, tener conto di molteplici elementi, tra i quali figura la cooperazione delle imprese interessate in occasione dell’indagine condotta dai suoi servizi. In tale contesto, essa è chiamata ad effettuare complesse valutazioni di fatto, quali quelle riguardanti la cooperazione fornita da ciascuna delle imprese suddette. In particolare, essa dispone di un ampio potere discrezionale per valutare la qualità e l’utilità della cooperazione fornita da un’impresa, segnatamente in rapporto ai contributi offerti da altre imprese. Le sue valutazioni costituirebbero oggetto di un controllo giurisdizionale ristretto.

312    La Commissione contesta che la MRI sia stata la prima e l’unica impresa il cui contributo sia stato ritenuto adeguato a giustificare la sua ammissione al programma di clemenza. Essa ritiene, infatti, che il procedimento abbia avuto origine dalla domanda di immunità della [riservato], che ha cessato di partecipare al cartello prima di tale domanda e che ha svelato l’esistenza, l’oggetto e le caratteristiche del cartello, il che ha permesso alla Commissione di condurre l’indagine e ha giustificato che fosse concesso a [riservato] il beneficio di un’immunità totale. Viceversa, la MRI ha iniziato a cooperare solo dopo le ispezioni.

313    Quanto all’importanza ed all’utilità della cooperazione prestata dalla MRI, essa ha certo facilitato il compito della Commissione, ma, in primo luogo, quest’ultima conosceva già l’esistenza, l’oggetto e le modalità di funzionamento del cartello, in secondo luogo la stessa contesta che, senza la MRI, non sarebbe stata in grado di provare la persistenza dell’infrazione, in terzo luogo, nessuna delle imprese partecipanti è stata sanzionata per il periodo che va dal 13 maggio 1997 all’11 giugno 1999 per il quale la cooperazione della MRI si è dimostrata più utile, in quarto luogo, secondo la Commissione, sarebbe stato possibile qualificare l’infrazione come ripetuta anche se essa si fosse interrotta per qualche anno, per poi ricominciare, con gli stessi partecipanti, con lo stesso oggetto e con metodi analoghi, per l’esecuzione di un medesimo piano complessivo. Pertanto, a suo parere, la MRI sostiene erroneamente che la sua cooperazione sia stata necessaria per poter qualificare l’infrazione come continuata.

314    Peraltro, per gli altri periodi, la cooperazione della MRI sarebbe stata di limitata utilità, tenuto conto delle indicazioni già fornite dalla [riservato] e della massa di documenti rinvenuti nel corso delle ispezioni.

315    Una riduzione dell’ammenda fissata al 30% sarebbe pertanto ampiamente giustificata.

316    La Commissione considera inoltre fuori luogo i raffronti con altre imprese proposti dalla MRI, in quanto, da un lato, questo tipo di raffronto tra casi diversi è estremamente difficile e, dall’altro, secondo la giurisprudenza, il fatto che la Commissione abbia concesso, nella sua precedente prassi decisionale, un certo tasso di riduzione per un determinato comportamento, non vuol dire che essa sia tenuta a concedere la stessa riduzione quando valuta un comportamento analogo nell’ambito di un successivo procedimento amministrativo.

317    Infine, essa osserva che la sua decisione di non concedere una riduzione superiore al 30% è motivata al punto 485 della decisione impugnata.

c)     Giudizio del Tribunale

318    Il punto 26 della comunicazione sulla cooperazione dispone quanto segue:

«Nella decisione finale che adotta alla conclusione del procedimento amministrativo, la Commissione determina l’entità della riduzione dell’importo dell’ammenda di cui beneficerà l’impresa, rispetto a quello che altrimenti le sarebbe stato imposto. Rispettivamente per

–        la prima impresa che fornisca elementi probatori aventi un valore aggiunto significativo: riduzione del 30-50%,

–        la seconda impresa che fornisca elementi probatori aventi un valore aggiunto significativo: riduzione del 20-30%,

–        le altre imprese che forniscano elementi probatori aventi un valore aggiunto significativo: riduzione fino al massimo del 20%.

Al fine di definire il livello della riduzione all’interno di queste forcelle, la Commissione tiene conto della data in cui gli elementi probatori che soddisfano le condizioni menzionate al punto (24) le sono stati comunicati e del grado di valore aggiunto che detti elementi hanno rappresentato».

319    Si deve ricordare che il punto 24 della comunicazione sulla cooperazione precisa che, al fine di poter beneficiare di un simile trattamento, l’impresa interessata deve fornire alla Commissione elementi probatori della presunta infrazione che costituiscano un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi probatori già in possesso della Commissione; quanto alla nozione di valore aggiunto, essa è specificata al punto 25 della comunicazione sulla cooperazione (v. supra punto 116).

320    I termini della comunicazione sulla cooperazione presuppongono quindi una distinzione tra due fasi:

–        in primo luogo, per poter beneficiare di una riduzione dell’ammenda, occorre che l’impresa fornisca alla Commissione elementi di prova che abbiano un valore aggiunto significativo; la prima impresa a cooperare in tal modo si vedrà concedere una riduzione dell’importo dell’ammenda compresa tra un livello minimo del 30% e un livello massimo del 50% dell’importo di base;

–        in secondo luogo, per stabilire la percentuale di riduzione nell’ambito di tale forcella, la Commissione si deve basare su due criteri: la data in cui gli elementi di prova sono stati comunicati e il grado di valore aggiunto da essi rappresentato.

321    Inoltre, il concetto di valore aggiunto significativo è inteso, ai sensi della comunicazione sulla cooperazione, come riferito alla misura in cui gli elementi probatori forniti rafforzano, per la loro natura e/o per il loro grado di precisione, la capacità della Commissione di provare l’esistenza del presunto cartello; tale valore è esso stesso valutato in funzione di un certo numero di parametri indicati al punto 25 della comunicazione sulla cooperazione.

322    Pertanto, qualora gli elementi di prova forniti alla Commissione presentino un valore aggiunto significativo e l’impresa sia la prima a fornire tali elementi, la percentuale minima di riduzione dell’ammenda sarà del 30%. Dopodiché, quanto più tempestiva sarà la cooperazione e maggiore il valore aggiunto, tanto più aumenterà la percentuale di riduzione, per raggiungere un massimo del 50% dell’importo dell’ammenda.

323    Nel caso di specie si deve constatare che, nella decisione impugnata, la Commissione ha riconosciuto che la MRI era la prima impresa a soddisfare le condizioni per ottenere una riduzione dell’ammenda, nella misura in cui i documenti da essa forniti alla Commissione avevano un valore aggiunto significativo, ma quest’ultima si è limitata a concedere alla MRI il livello minimo di riduzione dell’ammenda, ossia il 30%. La sola questione controversa tra le parti e sulla quale il Tribunale è chiamato a decidere resta quindi l’entità della riduzione concessa dalla Commissione all’interno della predetta forcella e non il principio stesso di tale riduzione.

324    Anche se, certamente, la Commissione esegue una valutazione discrezionale, considerati gli elementi di prova forniti dalla MRI, della percentuale di riduzione da applicare al richiedente il trattamento favorevole, nondimeno occorre verificare se la Commissione abbia fissato tale percentuale conformemente ai criteri dalla stessa stabiliti nella comunicazione sulla cooperazione e se essa abbia indicato, nella decisione impugnata, il ragionamento seguito a tale effetto, in modo da consentire alla ricorrente di conoscere le giustificazioni della misura adottata nei suoi confronti e al Tribunale di esercitare il suo sindacato.

325    Quanto alla data in cui gli elementi di prova sono stati forniti, è accertato che la domanda di trattamento favorevole è stata presentata, accompagnata da elementi di prova, il 4 maggio 2007 (punto 480 della decisione impugnata) – vale a dire due giorni dopo l’ispezione organizzata dalla Commissione a seguito della domanda di immunità presentata da [riservato] il 20 dicembre 2006.

326    La Commissione ritiene che si tratti in tal caso di una collaborazione intervenuta in una fase preliminare dell’indagine (punto 486 della decisione impugnata).

327    Orbene, si deve constatare che tale valutazione non si riflette nella percentuale di riduzione applicata all’ammenda inflitta alla ricorrente.

328    Quanto al grado del valore aggiunto significativo degli elementi di prova forniti dalla MRI, si deve rilevare quanto segue.

329    Nella decisione impugnata la Commissione ha precisato che la MRI aveva fornito elementi di prova relativi al cartello a partire dalla fine degli anni ‘80 – in particolare un documento del 1989 che dimostrava che i membri del cartello si scambiavano dati statistici – nonché due documenti scambiati nel 2000 con il coordinatore del cartello che permettono di provare una ripartizione geografica dei mercati tra i membri del cartello e, infine, alcuni documenti interni risalenti all’inizio del 1997 riguardanti l’esistenza del cartello in quel momento, che permettono di stabilire quale fosse il ruolo della MRI nel cartello tra il 1996 e il 1997 e che rafforzano la capacità della Commissione di provare l’esistenza del cartello nella seconda metà degli anni ‘90. Essa ha tuttavia indicato che il contributo della MRI aveva soltanto un valore limitato, in quanto essa disponeva già, al momento in cui la MRI è intervenuta, di abbondanti elementi di prova che consentivano di individuare le caratteristiche principali del cartello (v. supra punti 300 e 301).

330    Si deve tuttavia rilevare che i punti da 148 a 187 della decisione impugnata espongono gli elementi di prova sui quali si è basata la Commissione per considerare che, il periodo tra il 13 maggio 1997 e il giugno 1999, era stato per il cartello un periodo di attività limitate, nel corso del quale erano stati intrattenuti contatti, in cui era coinvolta la ricorrente, segnatamente finalizzati al rilancio dello stesso.

331    Tali elementi di prova sono i seguenti: [riservato].

332    La Commissione precisa peraltro che diversi documenti – vale a dire due fax inviati dalla [riservato], datati 11 giugno 1999, e un fax proveniente dalla Parker ITR, datato 21 giugno 1999 – permettono di constatare che i dissensi tra i membri del cartello erano cessati a partire dall’11 giugno 1999 (punto 178 della decisione impugnata).

333    Essenzialmente, le prove documentali raccolte dalla Commissione riguardanti il periodo intermedio compreso tra il 13 maggio 1997 e il giugno 1999 provengono quindi dalla MRI e sono state fornite da quest’ultima nell’ambito della sua domanda di trattamento favorevole.

334    Si deve inoltre constatare che la Commissione si limita a rilevare il valore relativo dei documenti forniti dalla MRI e non evoca il loro valore intrinseco, mentre questi ultimi le hanno comunque permesso di corroborare un certo numero di dichiarazioni e di indizi di cui essa soltanto disponeva fino ad allora.

335    Orbene, da un lato, le prove fornite dalla MRI alla Commissione riguardanti il periodo compreso tra il 13 maggio 1997 al giugno 1999 – a differenza di quelle fornite per il periodo compreso tra il 3 settembre 1996 e il 13 maggio 1997 (v. supra punti 148 e 149) – sono prove documentali, che hanno rafforzato la capacità della Commissione di provare l’esistenza del cartello tra il maggio 1997 e il giugno 1999 e le hanno permesso di dimostrare che talune affermazioni degli altri membri del cartello, circa il fatto che esso sarebbe stato completamente interrotto tra il maggio 1997 e il giugno 1999, erano inesatte.

336    Dall’altro, tali elementi di prova hanno permesso alla Commissione di dare fondamento alla sua tesi secondo cui l’infrazione aveva carattere continuato dall’aprile 1986 al maggio 2007, malgrado la crisi che aveva investito il cartello tra il maggio 1997 e il giugno 1999 (punti 289, 293 e 294 della decisione impugnata), sebbene essa non abbia irrogato un’ammenda per tale periodo intermedio. Al riguardo, si deve constatare che la Commissione si limita a fare riferimento, alla nota a fondo pagina n. 733 della decisione impugnata e ad altre note a fondo pagina di questa stessa decisione, che rinviano a tre documenti relativi al periodo intermedio, senza però che i punti da 481 a 484 della decisione impugnata menzionino detto periodo, o il contributo della MRI.

337    Si deve in proposito ricordare che, ai sensi del punto 25 della comunicazione sulla cooperazione, il concetto di valore aggiunto si riferisce alla misura in cui gli elementi probatori forniti rafforzano, per la loro stessa natura o per il loro grado di precisione, la capacità della Commissione di provare l’esistenza del presunto cartello. Il punto 25 di detta comunicazione indica che sul valore degli elementi probatori presentati influisce la misura in cui altre fonti li corroborano, il che è necessario per poterli ritenere affidabili come prove a carico delle altre imprese implicate nel caso: agli elementi probatori concludenti è attribuito maggior valore rispetto a elementi probatori quali le dichiarazioni, che devono essere corroborate in caso di contestazione.

338    Si deve quindi constatare che il grado di valore aggiunto degli elementi di prova forniti dalla ricorrente alla Commissione non si è riflesso nella percentuale di riduzione dell’ammenda fissata dalla Commissione al minimo del 30%.

339    La Commissione non ha pertanto rispettato i criteri che si era imposta al punto 26 della comunicazione sulla cooperazione.

340    Quanto alla censura riguardante la carenza di motivazione, la Commissione si limita a indicare, al punto 486 della decisione impugnata, che «considerando il valore del suo contributo nel caso di specie, la fase preliminare nell’ambito della quale essa ha fornito il suo contributo e la portata della sua cooperazione a seguito delle sue dichiarazioni, alla MRI dev’essere concessa una riduzione del 30% dell’ammenda che, altrimenti, le sarebbe stata imposta».

341    Si deve quindi considerare, in subordine, che, se la Commissione avesse avuto motivi particolari per limitare al 30% la percentuale di riduzione dell’ammenda concessa alla ricorrente e non aumentarla nonostante la tempestività della cooperazione di quest’ultima e il grado significativo di valore aggiunto degli elementi di prova forniti, essa avrebbe dovuto motivare la decisione impugnata in ordine a tale punto, ciò che tuttavia la Commissione non ha fatto, cosicché il Tribunale non è in grado di valutare con certezza se essa abbia altresì commesso un errore manifesto di valutazione al riguardo.

342    Tenuto conto della circostanza che né la tempestività della cooperazione della ricorrente, né il grado di valore aggiunto degli elementi di prova da essa forniti si riflettono nella percentuale di riduzione applicata dalla Commissione nella decisione impugnata, e considerata la carenza di motivazione di quest’ultima, si deve parzialmente accogliere la quinta parte del terzo motivo e annullare l’articolo 2, lettera f), della decisione impugnata.

343    Quanto alla censura basata sulla violazione del principio della parità di trattamento, si deve constatare che la ricorrente non ha presentato elementi sufficienti che consentano di stabilire che la sua situazione sarebbe stata simile a quella di altre imprese in circostanze identiche. Tale censura dev’essere quindi respinta.

344    La quinta parte del terzo motivo è quindi respinta per il resto.

D –  Sulle conclusioni dirette ad ottenere la riduzione dell’ammenda

345    Si deve rammentare che, conformemente all’articolo 229 CE, i regolamenti adottati congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea in virtù delle disposizioni del Trattato possono attribuire alla Corte una competenza giurisdizionale anche di merito per quanto riguarda le sanzioni previste nei regolamenti stessi. Una siffatta competenza è stata attribuita al giudice dell’Unione dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003. Esso è quindi autorizzato, al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, a sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, a sopprimere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità inflitta. Ne discende che il giudice dell’Unione può esercitare la sua competenza anche di merito quando la questione riguardante l’importo dell’ammenda è sottoposta alla sua valutazione e che tale competenza può essere esercitata tanto per ridurre quanto per aumentare detto importo (v. sentenza della Corte dell’8 febbraio 2007, Groupe Danone/Commissione, C‑3/06 P, Racc. pag. I‑1331, punti da 60 a 62 e giurisprudenza ivi citata).

346    Peraltro, ai termini dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata. L’importo dell’ammenda non può inoltre superare il 10% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente, conformemente all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

347    Inoltre, come sancito dall’articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali, le pene inflitte non devono essere sproporzionate rispetto all’infrazione.

348    Occorre poi ricordare che, per sua natura, la fissazione di un’ammenda ad opera del Tribunale, nell’esercizio della sua competenza anche di merito, non corrisponde a un calcolo aritmetico preciso. D’altronde, il Tribunale non è tenuto ad attenersi ai calcoli della Commissione, ma deve effettuare la propria valutazione tenendo conto di tutte le circostanze della fattispecie (sentenza del Tribunale del 14 settembre 2004, Aristrain/Commissione, T‑156/94, non pubblicata nella Raccolta, punto 43).

349    La Corte ha dichiarato che, per determinare l’importo delle ammende, si deve tenere conto della durata delle infrazioni e di tutti gli elementi idonei a rientrare nella valutazione della loro gravità, quali il comportamento di ciascuna delle imprese, il ruolo giocato da ciascuna di esse nella determinazione delle pratiche concordate, il profitto che esse hanno potuto trarre da tali pratiche, le loro dimensioni e il valore delle merci interessate nonché il rischio che infrazioni di tale tipo rappresentano per l’Unione (v. sentenza della Corte dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, Racc. pag. I-13085, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

350    La Corte ha altresì indicato che devono essere presi in considerazione elementi obiettivi come il contenuto e la durata dei comportamenti anticoncorrenziali, il loro numero e la loro intensità, l’estensione del mercato interessato e il deterioramento subito dall’ordine pubblico economico. L’analisi deve considerare altresì l’importanza relativa e la parte di mercato delle imprese responsabili, nonché un’eventuale recidiva (sentenza Chalkor/Commissione, punto 349 supra, punto 57).

351    Inoltre, secondo giurisprudenza costante, si deve ricordare che il principio di proporzionalità richiede che gli atti delle istituzioni non superino i limiti di ciò che è idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti dalla disposizione di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla misura meno restrittiva e gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti. Ne consegue che le ammende non devono essere sproporzionate rispetto agli scopi perseguiti, vale a dire rispetto alle norme in materia di concorrenza, e che l’importo dell’ammenda inflitta ad un’impresa per un’infrazione in materia di concorrenza deve essere proporzionato all’infrazione, valutata complessivamente, tenendo conto, in particolare, della gravità di quest’ultima (v. sentenza del Tribunale del 5 ottobre 2011, Romana Tabacchi/Commissione, T‑11/06, Racc. pag. II-6681, punto 280 e la giurisprudenza ivi citata).

352    Nel caso di specie, tenuto conto della valutazione effettuata dal Tribunale nell’ambito della quinta parte del terzo motivo e degli errori constatati in quest’occasione (v. supra punto 342), il Tribunale considera adeguato esercitare la competenza anche di merito che gli è stata attribuita dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003 e sostituire la sua valutazione a quella della Commissione riguardo all’importo dell’ammenda da imporre alla ricorrente.

353    Si deve ricordare, anzitutto, nel caso di specie, da un lato, che il fatturato consolidato su scala mondiale realizzato dalla MRI per tutti i suoi prodotti era, nel 2006, di [riservato] e, nel 2007, di [riservato] (punto 44 della decisione impugnata) e, dall’altro, che la quota di mercato mondiale dell’impresa è stata valutata dalla Commissione a [riservato], dato che la ricorrente non ha contestato (punto 433 della decisione impugnata).

354    Si deve inoltre rilevare che la gravità del cartello è certa, tenuto conto della durata dell’infrazione e del fatto che i comportamenti illeciti, cui la ricorrente ha pienamente partecipato, sono consistiti nell’aggiudicazione di appalti, nella fissazione dei prezzi, di quote, di condizioni di vendita, nella ripartizione di mercati geografici, nonché nello scambio d’informazioni sensibili relative ai prezzi, ai volumi di vendita e agli appalti. Si tratta inoltre di un cartello di dimensione mondiale.

355    È stato peraltro accertato che la ricorrente ha partecipato all’infrazione dal 1° aprile 1986 al 1° agosto 1992 – periodo per il quale la prescrizione non è intervenuta (v. supra punti da 212 a 214) – e successivamente dal 3 settembre 1996 al 2 maggio 2007, e che nel corso di questo secondo periodo d’infrazione vi è stato un periodo intermedio di attività certamente limitate, ma alle quali il sig. F. ha pienamente partecipato, segnatamente nella prospettiva di rilancio del cartello e della negoziazione della posizione della ricorrente nell’ambito di quest’ultimo.

356    Si deve certamente tenere conto della collaborazione fornita dalla ricorrente all’indagine della Commissione. La ricorrente, grazie agli elementi di prova da essa tempestivamente forniti alla Commissione, ha infatti permesso a quest’ultima di accertare un’infrazione continuata da addebitare agli altri membri del cartello, nonostante la sussistenza di un periodo di crisi che senza tali elementi di prova, con ogni probabilità, avrebbe potuto condurre la Commissione a ritenere che il cartello si fosse interrotto per un periodo di due anni – se non addirittura di tre anni per quanto riguarda la ricorrente stessa.

357    Occorre tuttavia considerare il fatto che, anche senza tali elementi di prova, la Commissione avrebbe potuto stabilire l’esistenza di un’infrazione ripetuta da addebitare ai membri del cartello (v. al riguardo gli elementi presentati dalla Commissione ai punti da 296 a 304 e 307 della decisione impugnata), il che tende a relativizzare l’importanza del valore aggiunto della cooperazione della MRI.

358    Il Tribunale considera che, in tali condizioni, la percentuale di riduzione dell’ammenda avrebbe dovuto essere del 40%.

359    Nondimeno, tenuto conto delle considerazioni che precedono e della necessità di ponderare i diversi elementi di cui tenere conto al fine di stabilire l’importo dell’ammenda (v. supra punti 349 e 350), il Tribunale considera che l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente, tenuto conto, in particolare, della gravità dell’infrazione e della durata della partecipazione della MRI a quest’ultima, è adeguato e che quindi non occorre ridurlo.

360    Si devono pertanto respingere le conclusioni di riforma presentate dalla ricorrente nella misura in cui sono dirette alla riduzione dell’importo dell’ammenda di EUR 4 900 000 ad essa inflitta.

 Sulle spese

361    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. In applicazione del paragrafo 3, primo comma, della stessa disposizione, il Tribunale può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi.

362    Poiché la ricorrente e la Commissione sono rimaste ciascuna parzialmente soccombente, vanno condannate a sostenere le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      L’articolo 2, lettera f), della decisione C (2009) 428 def. della Commissione, del 28 gennaio 2009, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/39406 – Tubi marini), è annullato.

2)      L’importo dell’ammenda inflitta alla MRI è fissato in EUR 4 900 000.

3)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

4)      Ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

Azizi

Prek

Frimodt Nielsen

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 17 maggio 2013.

Firme

Indice


Fatti

A – Settore dei tubi marini destinati al petrolio e al gas

B – Presentazione della ricorrente

C – Procedimento amministrativo

D – Decisione impugnata

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

A – Sulle conclusioni di annullamento

B – Sul primo motivo, concernente un errore nella qualificazione dell’infrazione e una violazione dell’articolo 253 CE, e sul secondo motivo, concernente errori manifesti di valutazione nella determinazione della durata dell’infrazione, la violazione degli articoli 81 CE e 253 CE e dell’articolo 2 del regolamento n. 1/2003

1. Decisione impugnata

2. Argomenti delle parti

a) Sul primo motivo

b) Sul secondo motivo

Sulla prima parte

Sulla seconda parte

Sulla terza parte

Sulla quarta parte

Sulla quinta parte

Sulla sesta parte

3. Giudizio del Tribunale

a) Richiamo dei principi relativi all’onere della prova

b) Sulla partecipazione della ricorrente all’infrazione tra il 3 settembre 1996 e il 9 maggio 2000

Sul periodo compreso tra il 3 settembre 1996 e il 13 maggio 1997

– Sulla portata del punto 26 della comunicazione sulla cooperazione

– Sull’accertamento, nella fattispecie, di altri fatti che accrescono sia la gravità sia la durata dell’infrazione

Sul periodo intermedio

c) Sull’esistenza di un’infrazione continuata

Sulla nozione d’infrazione continuata e d’infrazione ripetuta

Sull’esistenza di un’infrazione continuata nel caso di specie

d) Sulla fondatezza delle altre parti del secondo motivo

C – Sul terzo motivo, concernente vari errori nella determinazione dell’importo dell’ammenda, la violazione dei principi di proporzionalità, di adeguatezza della sanzione, di parità di trattamento, di tutela del legittimo affidamento, nonché la carenza di motivazione

1. Sulla prima parte del terzo motivo, relativa a un errore di valutazione della gravità dell’infrazione e alla violazione del principio di parità di trattamento

a) Decisione impugnata

b) Argomenti delle parti

c) Giudizio del Tribunale

2. Sulla seconda parte del terzo motivo, relativa a un errore nel calcolo dell’ammenda in funzione della durata dell’infrazione e alla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

a) Decisione impugnata

b) Argomenti delle parti

c) Giudizio del Tribunale

3. Sulla terza parte del terzo motivo, relativa a un errore nella maggiorazione dell’ammenda a fini di deterrenza, e alla violazione dell’obbligo di motivazione e del principio di parità di trattamento

a) Decisione impugnata

b) Argomenti delle parti

c) Giudizio del Tribunale

4. Sulla quarta parte del terzo motivo, relativa a un errore nella valutazione delle condizioni per l’applicazione di circostanze attenuanti e alla violazione dell’obbligo di motivazione

a) Decisione impugnata

b) Argomenti delle parti

c) Giudizio del Tribunale

5. Sulla quinta parte del terzo motivo, relativa alla riduzione dell’ammenda per la collaborazione nell’ambito del programma di clemenza

a) Decisione impugnata

b) Argomenti delle parti

c) Giudizio del Tribunale

D – Sulle conclusioni dirette ad ottenere la riduzione dell’ammenda

Sulle spese


** Lingua processuale: l’italiano.


1–            Dati riservati omessi.