Language of document : ECLI:EU:T:2022:677

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

26 ottobre 2022 (*)

«Aiuti di Stato – Trasporto marittimo – Aiuto per il salvataggio – Decisione che dichiara l’aiuto illegittimo – Decisione che dichiara l’aiuto in parte compatibile e in parte incompatibile con il mercato interno e che ne ordina il recupero – Servizio di interesse economico generale – Obbligo di presentare un piano di ristrutturazione o liquidazione – Termine di sei mesi – Proroga – Esenzione fiscale – Vantaggio – Incidenza sugli scambi tra Stati membri – Lesione della concorrenza – Durata del procedimento – Legittimo affidamento – Certezza del diritto – Principio di buon andamento dell’amministrazione»

Nella causa T‑668/21,

Sicilia Regionale Marittima SpA – Siremar, con sede in Roma (Italia), rappresentata da B. Nascimbene, F. Rossi Dal Pozzo e A. Moriconi, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da G. Braga da Cruz, C‑M. Carrega e D. Recchia, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto, al momento della deliberazione, da J. Svenningsen, presidente, C. Mac Eochaidh e T. Pynnä (relatrice), giudici,

cancelliere: E. Coulon

vista la fase scritta del procedimento,

vista la mancata presentazione, ad opera delle parti, nel termine di tre settimane a decorrere dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, di una domanda di fissazione di un’udienza, e avendo deciso, a norma dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza fase orale,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, la Sicilia Regionale Marittima SpA – Siremar (in prosieguo: la «ricorrente» o la «Siremar») chiede l’annullamento parziale della decisione C(2021) 4268 final della Commissione, del 17 giugno 2021, relativa alle misure SA.32014, SA.32015, SA.32016 (2011/C) (ex 2011/NN) cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di Siremar e della sua acquirente Società Navigazione Siciliana (SNS) (in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Fatti

2        La presente causa trae origine dalla privatizzazione delle società dell’ex gruppo Tirrenia. Tale gruppo apparteneva originariamente allo Stato italiano per il tramite della Finanziaria per i Settori Industriale e dei Servizi SpA (in prosieguo: la «Fintecna») e comprendeva sei società, ossia la Tirrenia, l’Adriatica, la Caremar, la Saremar, la Siremar e la Toremar. Dette società fornivano servizi di trasporto marittimo sulla base di contratti distinti di servizio pubblico conclusi nel 1991 con lo Stato italiano e rimasti in vigore per venti anni, tra il gennaio 1989 e il dicembre 2008 (in prosieguo: le «convenzioni iniziali»).

3        Le convenzioni iniziali, compresa quella applicabile alla Siremar, sono state prorogate da ultimo dalla legge del 1º ottobre 2010, n. 163 (in prosieguo: la «legge del 2010»), recante conversione del decreto-legge del 5 agosto 2010, n. 125 (in prosieguo: il «decreto-legge n. 125/2010»), dal 1º ottobre 2010 fino alla data di completamento delle procedure di privatizzazione della Tirrenia e della Siremar.

4        Nell’ottobre 2010 è stata avviata una procedura di gara per la ricerca di un acquirente per il ramo d’azienda Siremar, limitato ai beni e ai contratti necessari per l’adempimento degli obblighi di servizio pubblico (in prosieguo: il «ramo d’azienda Siremar»).

5        Dopo che la Compagnia delle Isole (in prosieguo: la «CdI»), designata in primo momento aggiudicataria, è stata esclusa sulla base della decisione n. 5172 del 2012 del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, confermata dalla sentenza n. 592 del 2014 del Consiglio di Stato, la SNS si è aggiudicata la procedura di gara e ha quindi rilevato il ramo d’azienda Siremar e firmato la nuova convenzione con il governo italiano l’11 aprile 2016 (in prosieguo: il «contratto di cessione»).

6        La convenzione conclusa con la SNS è entrata in vigore il 12 aprile 2016 e scadrà l’11 aprile 2028.

7        La cessione del ramo d’azienda Siremar, avvenuta per la somma di EUR 55 100 000 (in prosieguo: il «valore di cessione»), sulla base dell’esito della perizia resa dalla Banca Profilo, ha avuto quale oggetto il patrimonio costituito da immobilizzazioni immateriali (diritti su brevetti e di proprietà intellettuale; concessioni, licenze, marchi e diritti analoghi e altri beni immateriali) e materiali (sistemi e macchinari; apparecchiature industriali e commerciali; altri beni materiali), rimanenze e contratti, utilizzati dall’impresa nell’adempimento dei suoi obblighi di servizio pubblico.

8        In base alla convenzione stipulata con il governo italiano, la SNS si è impegnata a fornire servizi di trasporto passeggeri e merci su venti rotte di cabotaggio suddivise in cinque raggruppamenti, a volte con frequenze e rotte diverse tra l’alta e la bassa stagione.

9        A seguito di numerose denunce ricevute dalla Commissione, quest’ultima, il 5 ottobre 2011, ha avviato un procedimento d’indagine formale, conformemente all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, nei confronti di diverse misure adottate dalla Repubblica italiana a favore di varie compagnie dell’ex gruppo Tirrenia, ossia la Tirrenia, l’Adriatica, la Caremar, la Saremar, la Siremar e la Toremar (in prosieguo: la «decisione del 2011»).

10      La decisione del 2011 riguardava diverse misure tra le quali, in particolare, quella prevista dall’articolo 1 della legge del 2010, secondo cui gli atti e le operazioni descritti all’articolo 19 ter, commi da 1 a 15, del decreto legge n. 135/2009 (che riguardano la liberalizzazione del settore del cabotaggio marittimo mediante la privatizzazione del Gruppo Tirrenia) sono esenti da qualsiasi tassa normalmente dovuta su tali atti ed operazioni.

11      Il 7 novembre 2012 la Commissione ha esteso il procedimento d’indagine formale, segnatamente, alla proroga illegittima dell’aiuto per il salvataggio concesso alla Siremar (in prosieguo: la «decisione del 2012»).

12      Numerosi scambi sono intervenuti tra il 2011 e il 2021 (v. i punti da 13 a 18 della decisione controversa).

 Decisione controversa

13      Il 17 giugno 2020 la Commissione ha adottato la decisione controversa. Con tale decisione, la Commissione ha chiuso il procedimento d’indagine formale riguardo alle misure oggetto delle decisioni del 2011 e del 2012, vale a dire:

–        la compensazione versata per la fornitura di servizi di interesse economico generale (SIEG) nell’ambito della proroga delle convenzioni iniziali;

–        la proroga illegittima dell’aiuto per il salvataggio a favore della Siremar (in prosieguo: la «misura 2»);

–        la privatizzazione delle società dell’ex gruppo Tirrenia;

–        la compensazione versata per la prestazione del SIEG nell’ambito delle future convenzioni o dei futuri contratti di servizio pubblico;

–        la priorità nell’assegnazione degli accosti;

–        l’esenzione fiscale prevista dalla legge del 2010 (in prosieguo: la «misura 6»).

14      La presente causa riguarda unicamente le misure 2 e 6, di cui al precedente punto 13.

 Sulla misura 2

15      La misura 2 è descritta nella sezione 2.3.2 della decisione controversa. Per quanto riguarda la qualificazione di tale misura come aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, la Commissione ha ritenuto quanto segue:

«(320)      Nella decisione del 2010 la Commissione ha dichiarato l’aiuto per il salvataggio notificato concesso a Siremar compatibile con il mercato interno. Conformemente agli orientamenti per il salvataggio e la ristrutturazione del 2004, l’Italia si è impegnata a comunicare alla Commissione entro sei mesi un piano di ristrutturazione (o liquidazione) oppure elementi di prova del fatto che il prestito era stato rimborsato integralmente e/o che la garanzia era stata revocata.

(321)            La prima rata del prestito garantito è stata versata a Siremar il 28 febbraio 2011 e, pertanto, il termine dei sei mesi è scaduto il 28 agosto 2011.

(322)            L’Italia non ha presentato alla Commissione un piano di ristrutturazione (o liquidazione) entro tale data. L’11 luglio 2011 la garanzia è stata invocata da BIIS e Siremar è diventata debitrice nei confronti dello Stato (cfr. [punto] 63). Il 18 settembre 2012 Siremar ha rimborsato allo Stato l’importo dovuto (cfr. [punto] 65). Fino a tale data Siremar ha continuato a beneficiare integralmente della misura di aiuto per il salvataggio.

(323)            Le autorità italiane non hanno né sostenuto né dimostrato che la proroga dell’aiuto per il salvataggio non costituisce più un aiuto di Stato, limitandosi a fornire argomentazioni (cfr. sezione 4.2) sul perché la misura sarebbe rimasta compatibile anche dopo la scadenza del termine di sei mesi.

(324)            La Commissione ritiene quindi che anche la proroga dell’aiuto per il salvataggio oltre il termine di sei mesi, ossia dal 28 agosto 2011 al 18 settembre 2012, costituisca un aiuto di Stato a favore di Siremar ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE».

16      Dopo aver concluso che la misura 2 era stata adottata in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, la Commissione ha proceduto all’esame della compatibilità di tale misura alla sezione 8.3.2 della decisione controversa, ai sensi della quale si afferma quanto segue:

«(491)      Sulla base della decisione del 2010, l’aiuto per il salvataggio concesso a Siremar era, limitatamente al periodo di sei mesi scaduto il 28 agosto 2011, compatibile con il mercato interno. Tuttavia, conformemente agli orientamenti per il salvataggio e la ristrutturazione del 2004, l’Italia era tenuta a comunicare alla Commissione entro sei mesi i) la prova del fatto che il prestito era stato integralmente rimborsato e/o che la garanzia era stata revocata oppure ii) un piano di ristrutturazione (o liquidazione).

(492)            La garanzia è stata attivata l’11 luglio 2011 e Siremar ha rimborsato l’intero importo dovuto allo Stato soltanto il 18 settembre 2012 (cfr. [punto] 65). Di conseguenza l’Italia non ha potuto dimostrare che il prestito era stato rimborsato integralmente e/o che la garanzia era stata revocata entro il periodo di sei mesi scaduto il 28 agosto 2011.

(493)            Secondo le informazioni fornite dall’Italia (cfr. sezione 4.2) nel corso del procedimento di indagine formale, sul sito di Siremar in AS era disponibile un piano di liquidazione relativo a Siremar prima della scadenza del termine di sei mesi fissato dagli orientamenti per il salvataggio e la ristrutturazione del 2004. Inoltre l’Italia sostiene di aver sempre tenuto la Commissione aggiornata in merito ai progressi del processo di privatizzazione del ramo d’azienda di Siremar.

(494)            Le informazioni incluse nel fascicolo della Commissione confermano che le autorità italiane hanno in effetti aggiornato la Commissione in merito alla privatizzazione in corso del ramo d’azienda di Siremar. Inoltre l’Italia ha confermato altresì l’intenzione di Siremar di rimborsare l’aiuto per il salvataggio prima della scadenza del termine di sei mesi, utilizzando i proventi della privatizzazione. Tuttavia le autorità italiane non hanno formalmente presentato alla Commissione un piano di ristrutturazione o liquidazione. All’epoca la Commissione non era a conoscenza del fatto che il piano di liquidazione fosse stato pubblicato sul sito web di Siremar in AS. Inoltre, il fatto di informare la Commissione in merito al processo di privatizzazione del ramo d’azienda di Siremar non può sostituire l’obbligo di presentazione formale di un piano di liquidazione. Più specificamente, alla Commissione deve essere data la possibilità di valutare se il piano di liquidazione rispetta gli orientamenti per il salvataggio e la ristrutturazione del 2004 e quindi l’Italia avrebbe dovuto presentarlo formalmente.

(495)            Inoltre, la Commissione osserva che il 5 ottobre 2011 aveva inviato una lettera nella quale chiedeva all’Italia di confermare di aver soddisfatto i requisiti di cui agli orientamenti per il salvataggio e la ristrutturazione del 2004 e della decisione del 2010. La Commissione ha inviato una lettera di sollecito all’Italia il 28 novembre 2011 e ha ricevuto una risposta dalle autorità italiane il 12 dicembre 2011. Pertanto, per quanto riguarda la Commissione, fino a quest’ultima data (e quindi dopo la scadenza del periodo di sei mesi) l’Italia non aveva presentato né i) prove del fatto che il prestito era stato rimborsato integralmente e/o che la garanzia era stata revocata, né ii) un piano di ristrutturazione (o liquidazione).

(496)            Nella risposta alla lettera della Commissione del 5 ottobre 2011, l’Italia ha confermato che la propria intenzione era che Siremar rimborsasse l’aiuto per il salvataggio prima del 28 agosto 2011, dopo la vendita del ramo d’azienda di Tirrenia, ma che il processo di privatizzazione di quest’ultimo era stato ritardato a causa della necessità di ottenere l’approvazione della concentrazione da parte della Commissione. Poiché per rimborsare lo Stato erano necessari i proventi della privatizzazione del ramo d’azienda di Tirrenia, non è stato possibile effettuare tale rimborso prima della scadenza del termine previsto del 28 agosto 2011. La Commissione sottolinea che nella lettera del 12 dicembre 2011 le autorità italiane non hanno fatto affatto riferimento al piano di liquidazione di Siremar che, secondo le osservazioni presentate successivamente da dette autorità, sarebbe stato reso accessibile al pubblico prima del 28 agosto 2011. Al contrario, l’Italia ha soltanto cercato di spiegare perché il rimborso non poteva essere effettuato prima della scadenza del periodo di sei mesi. Tuttavia, se le autorità italiane avessero presentato alla Commissione un piano di ristrutturazione o liquidazione prima del 28 agosto 2011, esse non avrebbero dovuto fornire tali spiegazioni. La Commissione considera tale circostanza un’ulteriore prova del fatto che l’Italia non ha presentato un piano di ristrutturazione o liquidazione entro il periodo di sei mesi previsto.

(497)            Alla luce di quanto precede, sebbene la Commissione fosse a conoscenza del processo di privatizzazione, l’Italia non ha rispettato il proprio impegno, di cui alla decisione del 2010, di comunicare alla Commissione un piano di ristrutturazione (o liquidazione) entro sei mesi dall’autorizzazione dell’aiuto per il salvataggio. Di conseguenza, dalla scadenza del periodo di sei mesi, ossia a partire dal 28 agosto 2011, l’aiuto per il salvataggio deve essere considerato un aiuto illegale e incompatibile. La Commissione ritiene che l’aiuto per il salvataggio illegalmente prorogato non possa essere considerato compatibile sulla base di altri motivi, in quanto non soddisfa né le condizioni pertinenti degli orientamenti per il salvataggio e la ristrutturazione né quelle della disciplina SIEG del 2011.

(498)            In effetti, nel caso in esame, la Commissione osserva che l’aiuto per il salvataggio illegalmente prorogato non è stato concesso per un servizio di interesse economico generale effettivo e definito correttamente, come richiesto dal punto 12 della disciplina SIEG del 2011. Siremar aveva già ricevuto una compensazione per la gestione di servizi pubblici sulla base della convenzione iniziale (prorogata) mentre l’aiuto per il salvataggio è stato notificato e approvato come misura temporanea di aiuto per il salvataggio e non come compensazione per un SIEG. Pertanto, esso non può essere dichiarato compatibile sulla base della disciplina SIEG del 2011.

(499)            In tale contesto, la Commissione constata che il 18 settembre 2012 Siremar in AS ha rimborsato un importo pari a 15 511 529,35 EUR, pagamento che supera i 15 121 838,33 EUR già dovuti allo Stato l’11 luglio 2011. Tuttavia, poiché l’aiuto per il salvataggio illegalmente prorogato è stato ritenuto incompatibile, il rimborso deve comprendere almeno l’importo degli interessi di recupero. Se gli interessi già versati da Siremar in AS risultassero insufficienti, resterebbe da recuperare l’importo residuo degli interessi».

 Sulla misura 6

17      La misura 6 è descritta al punto 133, lettera b), della decisione controversa, il cui contenuto è riassunto al precedente punto 10.

18      Dopo aver esaminato gli argomenti degli interessati, la Commissione ha concluso che la misura 6 costituiva un aiuto di Stato per i seguenti motivi:

«(419)      Come descritto al [punto] 133(b), ai sensi dell’articolo 1 della legge del 2010, gli atti e le operazioni intrapresi per privatizzare il gruppo Tirrenia e descritti nei commi da 1 a 15 dell’articolo 19-ter del decreto-legge [n.] 135/2009, convertito con modifiche nella legge del 2009, sono esenti da qualsiasi tassa normalmente dovuta su tali atti e operazioni.

(420)            La Commissione osserva in primo luogo che tale esenzione fiscale, che non è soggetta a condizioni, riguarda due distinte serie di trasferimenti: 1) i trasferimenti delle ex controllate di Tirrenia (Caremar, Saremar e Toremar) da Tirrenia (ora in amministrazione straordinaria) alle regioni Campania, Sardegna e Toscana e 2) il trasferimento del ramo d’azienda di Siremar da Siremar in AS a CdI e successivamente a SNS. Le imposte oggetto di esenzione riguardano in particolare l’imposta di registro, le tasse di iscrizione al registro fondiario e ipotecaria, l’imposta di bollo (in appresso, congiuntamente: le «imposte indirette»), l’IVA e l’imposta sul reddito delle società. I beneficiari di tale misura di aiuto sarebbero il venditore, l’acquirente o entrambi. Nella presente decisione verrà valutata soltanto la seconda serie di trasferimenti.

(421)            (…)

(422)            In considerazione del contesto di cui sopra la Commissione valuterà quanto segue:

(i)      se Siremar (in AS) e SNS hanno beneficiato di eventuali esenzioni dall’imposta di registro, dalle tasse di iscrizione al registro fondiario e ipotecaria e dall’imposta di bollo («le imposte indirette») per il trasferimento del ramo d’azienda di Siremar a SNS e

(ii)      se Siremar (in AS) ha beneficiato di eventuali esenzioni dall’imposta sul reddito delle società per quanto concerne i proventi ottenuti dal trasferimento del ramo d’azienda di Siremar a SNS.

(423)            Risorse statali: un’esenzione fiscale comporta per definizione la rinuncia a risorse statali. Inoltre, poiché sono state concesse in virtù della legge del 2010 [cfr. [punto] 133(b)], tali esenzioni sono anch’esse imputabili allo Stato.

(424)            Selettività: poiché sono concesse solo per le operazioni e gli atti relativi alla privatizzazione dell’ex gruppo Tirrenia, le esenzioni fiscali sono selettive. L’Italia non ha sostenuto né dimostrato che le esenzioni fiscali non sono selettive.

(425)            Vantaggio economico: per quanto riguarda le imposte indirette, Siremar è stata esentata dal pagamento di tali imposte per le operazioni e gli atti concernenti il trasferimento del ramo d’azienda di Siremar a SNS e ha quindi beneficiato di un vantaggio economico pari alle imposte normalmente dovute per questi tipi di operazioni e atti ai sensi del diritto italiano.

(426)            (…)

(427)            Per quanto riguarda l’esenzione dall’imposta sul reddito delle società sui proventi del trasferimento del ramo d’azienda di Siremar a CdI e successivamente a SNS, la Commissione osserva in via preliminare che il momento rilevante per valutare se una misura costituisce aiuto di Stato è quello in cui tale misura viene concessa, ossia quando il beneficiario acquisisce un diritto, ai sensi del diritto nazionale, a ricevere un aiuto ai sensi di tale misura. Nel caso di specie tale momento coincide con l’entrata in vigore della legge del 2010. Di conseguenza, nella sua indagine sugli aiuti concessi illegalmente, la Commissione può tener conto, sulla base delle informazioni a sua disposizione, della possibilità che tale aiuto sia già stato erogato o meno e che possa essere erogato in futuro, in base alle normative vigenti previste dal diritto nazionale. Sulla base di tale constatazione la Commissione ordinerà o meno il recupero di eventuali aiuti ritenuti incompatibili o deciderà se ingiungere o meno agli Stati membri di non versare alcun aiuto ritenuto incompatibile in futuro, ma non mette in dubbio l’esistenza dell’aiuto nel momento in cui è stato concesso.

(428)            In tale contesto la Commissione rileva innanzitutto che il trasferimento del ramo d’azienda di Siremar è stato effettuato a fronte del versamento di un corrispettivo, inizialmente corrisposto da CdI e successivamente da SNS. Tuttavia, la vendita del ramo d’azienda a CdI per 69,15 milioni di EUR è stata annullata (cfr. [punto] 99). Di conseguenza, tale esenzione non ha avuto alcun effetto pratico e nessun vantaggio è stato concesso a Siremar nel quadro di quel primo trasferimento. Al contrario la vendita a SNS per 55,1 milioni di EUR sarebbe di norma soggetta all’imposta sul reddito delle società. L’esenzione da tale imposta costituisce un vantaggio economico poiché i proventi della vendita di determinati attivi sono normalmente presi in considerazione nel calcolo dell’imposta sul reddito delle società. In effetti, in caso di procedure di insolvenza come quella che interessa Siremar in AS, la metodologia per calcolare il reddito è descritta all’articolo 183 del Testo unico delle imposte sui redditi. In base a tale articolo, il reddito di impresa relativo al periodo compreso tra l’inizio e la chiusura del procedimento concorsuale è costituito dalla differenza tra l’attivo dell’impresa all’inizio del procedimento e l’attivo residuo alla fine del procedimento. Al momento dell’adozione della presente decisione, il procedimento di liquidazione è ancora in corso e non è quindi possibile prevedere se ci saranno passività fiscali, né la loro eventuale entità, poiché non è ancora chiaro se un’imposta sul reddito risulterà dovuta. Tuttavia, per i motivi esposti al [punto] 427, ciò non incide sulla constatazione dell’esistenza di un vantaggio economico, in quanto la legge del 2010 prevedeva il diritto incondizionato all’esenzione fiscale.

(429)            Incidenza sugli scambi: per i motivi descritti ai [punti] 312 e 313, la Commissione ritiene che l’esenzione concessa a Siremar e SNS da determinate imposte sia suscettibile di incidere sugli scambi dell’Unione e di falsare la concorrenza nel mercato interno.

(430)            Conclusione: costituiscono aiuti di Stato a favore di Siremar l’esenzione dall’imposta sul reddito delle società relativa ai proventi della vendita del ramo d’azienda di Siremar a SNS così come l’esenzione dalle imposte indirette sui trasferimenti del medesimo ramo d’azienda a SNS, concesse dalla legge del 2010 (…)».

19      Per quanto riguarda la compatibilità della misura 6, la Commissione ha ritenuto quanto segue nella sezione 8.3.3 della decisione controversa:

«(500)      La Commissione ha concluso (cfr. [punti] da 419 a 430) che l’esenzione dall’imposta sul reddito delle società relativa ai proventi della vendita del ramo d’azienda di Siremar, concessa a Siremar, nonché l’esenzione dalle imposte indirette sui trasferimenti del medesimo ramo d’azienda, concessa a Siremar e SNS, ai sensi della legge del 2010, costituiscono un aiuto di Stato a favore di Siremar e SNS.

(501)            In entrambi i casi l’aiuto è pari alla differenza tra l’imposta normalmente dovuta per questi tipi di operazioni e l’imposta effettivamente versata. La compatibilità di questo aiuto di Stato deve pertanto essere valutata alla luce delle deroghe di cui all’articolo 107, paragrafi 2 e 3, e dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE.

(502)            Innanzitutto la Commissione ritiene che nessuna di queste esenzioni possa essere considerata compatibile sulla base delle deroghe previste all’articolo 107, paragrafi 2 e 3, TFUE.

(503)            In secondo luogo la Commissione osserva che tali esenzioni fiscali relative alla vendita del ramo d’azienda di Siremar sono misure una tantum relative a un trasferimento di attivi che faceva parte del processo più ampio di riorganizzazione e privatizzazione del gruppo Tirrenia. Pertanto la Commissione ritiene che questo aiuto non sia indissolubilmente connesso al SIEG svolto da Siremar e, successivamente, da SNS e che non debba pertanto essere valutato facendo riferimento alla stessa base di compatibilità. In effetti, tali esenzioni non riguardano la gestione dei servizi di interesse economico generale, così come definiti nella convenzione iniziale o nella nuova convenzione. Di conseguenza, non possono essere invocati i motivi di compatibilità di cui all’articolo 106, paragrafo 2, TFUE.

(504)            La Commissione conclude quindi che le esenzioni fiscali concesse a Siremar e a SNS costituiscono un aiuto al funzionamento che ha ridotto i costi che Siremar in AS e SNS avrebbero altrimenti dovuto sostenere utilizzando risorse proprie e sono quindi incompatibili con il mercato interno».

 Sul dispositivo

20      L’articolo 2 della decisione controversa dispone quanto segue:

«1. La proroga dell’aiuto per il salvataggio dal 28 agosto 2011 al 18 settembre 2012 costituisce un aiuto a favore di Siremar, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. L’aiuto di Stato è stato illegalmente attuato dall’Italia, in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE.

2. L’aiuto di cui al paragrafo 1 del presente articolo, che ammonta a 15 121 838,33 EUR, è incompatibile con il mercato interno».

21      Ai sensi dell’articolo 3 della decisione controversa:

«1. L’esenzione dalle imposte indirette sul trasferimento del ramo d’azienda di Siremar a SNS costituisce un aiuto di Stato a favore di Siremar ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. L’aiuto di Stato è stato illegalmente attuato dall’Italia, in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE.

2. (…)

3. L’esenzione dall’imposta sul reddito delle società per i proventi derivanti dalla vendita del ramo d’azienda di Siremar a SNS costituisce un aiuto di Stato a favore di Siremar ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. L’aiuto di Stato è stato illegalmente attuato dall’Italia, in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE.

4. L’aiuto di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 del presente articolo è incompatibile con il mercato interno.

5. Al momento dell’adozione della presente decisione, l’Italia non ha ancora erogato l’aiuto di cui al paragrafo 3 del presente articolo».

22      L’articolo 5 della decisione controversa ordina il recupero dell’aiuto dichiarato illegittimo e incompatibile e prevede che gli importi da recuperare producano interessi a decorrere dalla data in cui sono stati posti a disposizione del beneficiario.

23      L’articolo 6 prevede che il recupero dell’aiuto di cui all’articolo 5 sia immediato ed effettivo e che l’Italia sia tenuta all’attuazione della decisione controversa entro quattro mesi dalla notifica di tale decisione.

 Conclusioni delle parti

24      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare gli articoli 2 e 3 della decisione controversa;

–        in subordine, annullare gli articoli 5 e 6 della decisione controversa;

–        condannare la Commissione alle spese.

25      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

26      La ricorrente deduce tre motivi a sostegno del suo ricorso. Il primo, che riguarda la misura 2, verte su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, e dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE nonché degli orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (GU 2004, C 244, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti del 2004»), in quanto la Commissione ha concluso che la proroga dell’aiuto per il salvataggio concesso alla Siremar costituiva un aiuto illegittimo e incompatibile. Il secondo, che riguarda la misura 6, verte su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, e dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, in relazione all’esenzione dal pagamento di talune imposte. Il terzo ed ultimo motivo verte su una violazione dei principi di certezza del diritto e di buon andamento dell’amministrazione in relazione alla durata del procedimento amministrativo.

 Sul primo motivo di ricorso, vertente su una violazione dellarticolo 107, paragrafo 1, e dellarticolo 108, paragrafo 2, TFUE nonché degli orientamenti del 2004, in quanto la Commissione ha concluso che la proroga dellaiuto per il salvataggio concesso alla Siremar costituiva un aiuto illegittimo e incompatibile

27      Con il suo primo motivo, la ricorrente deduce una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, e dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, nonché degli orientamenti del 2004, in quanto la Commissione ha concluso che la proroga dell’aiuto per il salvataggio concesso alla Siremar costituiva un aiuto illegittimo e incompatibile.

28      Basandosi su alcuni punti della motivazione della decisione controversa, la ricorrente fa valere che la Commissione sarebbe stata regolarmente informata della procedura di privatizzazione, compresa la procedura parallela di controllo delle concentrazioni. Secondo la ricorrente, il fatto che il piano di ristrutturazione fosse stato attuato prima della scadenza del termine di sei mesi, come comunicato sul sito Internet della società in amministrazione straordinaria, che l’importo dell’aiuto fosse stato integralmente restituito e che il servizio pubblico non fosse stato interrotto nel corso del periodo considerato consentirebbero di ritenere che la Commissione sia incorsa in un errore di diritto, concludendo nel senso dell’illegittimità e dell’incompatibilità della proroga dell’aiuto per il salvataggio. Per le stesse ragioni, la Commissione avrebbe violato il principio di buon andamento dell’amministrazione, quale corollario del principio di proporzionalità.

29      La Commissione contesta tali argomenti.

30      In via preliminare, occorre ricordare che i punti 25 e 26 degli orientamenti del 2004, applicabili nel caso di specie, prevedono quanto segue:

«25. Perché possano essere autorizzati dalla Commissione, gli aiuti per il salvataggio, di cui alla definizione del punto 15, devono:

a)      consistere in aiuti di tesoreria sotto forma di garanzie sui prestiti o di prestiti. In entrambi i casi, il prestito deve essere gravato da un tasso di interesse almeno equivalente ai tassi praticati sui prestiti concessi ad imprese sane e, in particolare, ai tassi di riferimento adottati dalla Commissione. I prestiti devono essere rimborsati e le garanzie devono cessare entro un termine non superiore a 6 mesi dall’erogazione all’impresa della prima tranche;

(…)

c)      essere corredati, all’atto della notificazione, di un impegno dello Stato membro interessato a presentare alla Commissione, entro sei mesi dall’autorizzazione dell’aiuto per il salvataggio, o, in caso di aiuto non notificato, entro sei mesi dalla prima attuazione della misura, un piano di ristrutturazione o un piano di liquidazione o la prova che il prestito è stato integralmente rimborsato e/o che la garanzia è stata revocata;

26.      Qualora lo Stato membro presenti, entro 6 mesi dalla data dell’autorizzazione, o, nel caso di aiuto non notificato, dall’attuazione della misura, un piano di ristrutturazione, il termine per il rimborso del prestito o per la cessazione della garanzia viene prorogato fino al momento dell’adozione da parte della Commissione di una decisione in merito al piano, a meno che la Commissione non decida che una tale proroga sia ingiustificata».

31      Occorre anzitutto constatare che, almeno formalmente, nessuna delle condizioni alternative di cui al punto 25, lettera c), degli orientamenti è stata rispettata.

32      Infatti, da un lato, alla data del 28 agosto 2011, vale a dire sei mesi dopo l’erogazione della prima rata del prestito garantito, il 28 febbraio 2011, l’aiuto non era stato rimborsato. Tale aiuto, secondo la ricorrente, sarebbe stato rimborsato il 18 settembre 2012.

33      Dall’altro lato, come emerge dal punto 497 della decisione controversa, anche se, alla data del 28 agosto 2011, la Commissione era venuta a conoscenza del fatto che la Siremar era in liquidazione, a tale data le autorità italiane non avevano presentato ufficialmente alla Commissione alcun piano di ristrutturazione o liquidazione.

34      Orbene, tali constatazioni non sono rimesse in discussione dagli argomenti addotti dalla ricorrente.

35      In primo luogo, la ricorrente non ha dimostrato che, contrariamente a quanto esposto al punto 494 della decisione controversa, la Commissione sarebbe stata a conoscenza dell’esistenza del piano di ristrutturazione o liquidazione pubblicato sul sito Internet dedicato alla sua amministrazione straordinaria, anche ipotizzando che detto piano fosse ivi pubblicato all’epoca e che una siffatta pubblicazione, portata a conoscenza della Commissione, possa bastare ai fini del rispetto delle condizioni di cui al punto 25, lettera c), degli orientamenti del 2004. Nello stesso senso, occorre rilevare che, come si evince dal punto 496 della decisione controversa, nella loro lettera del 12 dicembre 2011, in risposta alle richieste di informazioni della Commissione, le autorità italiane non hanno fatto alcun riferimento all’esistenza di un piano di ristrutturazione o liquidazione che avrebbe potuto essere consultabile dal pubblico prima del 28 agosto 2011.

36      In secondo luogo, nonostante il fatto che la Commissione abbia potuto disporre di informazioni circa il processo di privatizzazione in corso, tale circostanza, anche ipotizzando che dette informazioni implichino la conoscenza di una liquidazione della Siremar, non può equivalere alla presentazione formale di un piano di ristrutturazione o liquidazione sul quale la Commissione sarebbe stata in grado di prendere posizione.

37      In terzo luogo, per quanto riguarda l’asserita disponibilità di informazioni rilevanti trasmesse alla Commissione nell’ambito del suo esame relativo alla procedura di concentrazione COMP/M.6362-CIN/Tirrenia, basta osservare che, secondo la ricorrente stessa, la notifica della concentrazione di cui trattasi sarebbe stata effettuata il 21 novembre 2011, vale a dire diversi mesi dopo la scadenza, il 28 agosto 2011, del termine di sei mesi previsto dal punto 25, lettera c), degli orientamenti del 2004. Peraltro, come osserva correttamente la Commissione, detta procedura riguardava la Tirrenia, e non la Siremar. Pertanto, neppure la trasmissione alla Commissione, nell’ambito dell’esame di tale procedura di concentrazione, di informazioni relative allo svolgimento del processo di privatizzazione della Tirrenia può equivalere alla presentazione formale, da parte della Repubblica italiana, di un piano di ristrutturazione o liquidazione riguardante la Siremar ai sensi degli orientamenti del 2004.

38      In quarto luogo, la ricorrente non può sostenere che l’efficacia pratica dei punti 25 e 26 degli orientamenti del 2004 sarebbe stata rispettata, dal momento che l’importo integrale dell’aiuto sarebbe stato rimborsato il 18 settembre 2012, ossia 48 giorni dopo la conclusione della cessione del ramo d’azienda Siremar, e che sarebbe stata applicata la massima trasparenza per ciascuno degli elementi rilevanti nel caso di specie.

39      Al riguardo, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, adottando norme di condotta ed annunciando, con la loro pubblicazione, che esse verranno applicate, da quel momento in poi, ai casi cui esse si riferiscono, la Commissione si autolimita nell’esercizio del proprio potere discrezionale e non può, in linea di principio, discostarsi da tali norme, pena una sanzione, eventualmente, a titolo di violazione di principi generali del diritto, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento (v. sentenza dell’8 marzo 2016, Grecia/Commissione, C‑431/14 P, EU:C:2016:145, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).

40      Nell’ambito specifico degli aiuti di Stato, la Commissione è vincolata alle discipline da essa emanate, nei limiti in cui non si discostino dalle norme del Trattato FUE e la loro applicazione non violi i principi generali del diritto (v., in tal senso, sentenza dell’8 marzo 2016, Grecia/Commissione, C‑431/14 P, EU:C:2016:145, punto 70 e giurisprudenza ivi citata).

41      Nel caso di specie, occorre osservare che il punto 15 degli orientamenti, al quale rinvia il punto 25 degli stessi, definisce gli aiuti per il salvataggio nei seguenti termini:

«Gli aiuti per il salvataggio sono, per loro stessa natura, una forma di assistenza temporanea e reversibile. Il loro obiettivo principale è quello di consentire di mantenere in attività un’impresa in difficoltà per il tempo necessario a elaborare un piano di ristrutturazione o di liquidazione. Come principio generale, gli aiuti per il salvataggio consentono di sostenere temporaneamente un’impresa che si trovi a dover affrontare un grave deterioramento della sua situazione finanziaria, che si manifesta in un’acuta crisi di liquidità o nell’insolvenza tecnica. Un tale sostegno temporaneo deve consentire di guadagnare tempo per analizzare le circostanze all’origine delle difficoltà e per elaborare un piano idoneo a porvi rimedio. Inoltre, gli aiuti per il salvataggio devono essere limitati al minimo necessario. In altre parole, l’aiuto per il salvataggio offre una breve tregua, non superiore a 6 mesi, alle imprese in difficoltà. L’aiuto deve consistere in un sostegno finanziario reversibile, in forma di garanzie sui prestiti o di prestiti ad un tasso di interesse almeno equivalente ai tassi praticati sui prestiti concessi ad imprese sane e, in particolare, ai tassi di riferimento adottati dalla Commissione. Le misure strutturali che non richiedono un intervento immediato, quali ad esempio la partecipazione irreversibile e automatica dello Stato nei fondi propri dell’impresa, non possono essere finanziate con aiuti per il salvataggio».

42      Pertanto, è necessario constatare che, lungi dal costituire requisiti meramente formali, l’obiettivo dei requisiti di cui ai punti 25 e 26 degli orientamenti del 2004 è proprio quello di garantire che gli aiuti per il salvataggio o la ristrutturazione abbiano effetti molto limitati nel mercato interno, il che è garantito, in particolare, dal carattere temporaneo e reversibile del sostegno concesso. Ciò doveva tradursi, nel caso di specie, nel rimborso dell’aiuto per il salvataggio entro un termine massimo di sei mesi, fatta salva la presentazione, entro tale termine, di un piano di ristrutturazione o liquidazione.

43      In quinto luogo, alla luce di tali considerazioni, neppure la mera circostanza che il servizio pubblico sia stato mantenuto nel corso del periodo che va fino alla fine del processo di privatizzazione consente, di per sé, di dimostrare che siano stati soddisfatti i requisiti previsti dagli orientamenti del 2004.

44      Pertanto, la ricorrente non ha dimostrato che, applicando i requisiti di cui ai punti 25 e 26 degli orientamenti del 2004, la Commissione abbia violato un principio generale del diritto, quale il principio di buon andamento dell’amministrazione o di proporzionalità, né che essa abbia violato il potere discrezionale di cui dispone in forza dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), TFUE.

45      Dalle considerazioni che precedono risulta che il primo motivo di ricorso deve essere respinto.

 Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dellarticolo 107, paragrafo 1, e dellarticolo 108, paragrafo 2, TFUE, in relazione allesenzione dal pagamento di alcune imposte

46      Con il suo secondo motivo, la ricorrente fa valere che la Commissione avrebbe erroneamente qualificato la misura 6 come aiuto di Stato. Essa contesta in particolare il fatto che la Commissione abbia ritenuto, nella decisione controversa, che l’esenzione dall’imposta sul reddito delle società per quanto riguarda i proventi generati dal trasferimento del ramo aziendale Siremar alla SNS costituisse un vantaggio economico selettivo. Orbene, la Commissione non avrebbe tenuto conto del fatto che, finché il procedimento concorsuale di amministrazione straordinaria non fosse terminato, sarebbe stato impossibile determinare se l’imposta sul reddito fosse dovuta o meno e, pertanto, se e in quale misura la Siremar avrebbe effettivamente beneficiato dell’esenzione di cui trattasi. Di conseguenza, non sarebbe stato concesso alcun aiuto di Stato, poiché l’esenzione dall’imposta sul reddito delle società sarebbe subordinata alla realizzazione di eventi futuri e incerti, il che sarebbe stato del resto riconosciuto nella decisione controversa.

47      Peraltro, esaminando la compatibilità dell’aiuto di cui trattasi, la Commissione avrebbe erroneamente ritenuto che le esenzioni fiscali relative alla vendita del ramo d’azienda Siremar non fossero inscindibilmente connesse al SIEG garantito dalla Siremar. Tale affermazione sarebbe parziale, in quanto la ricorrente non solo non assicurerebbe più alcun SIEG, ma non offrirebbe neppure alcun tipo di servizio di trasporto marittimo, né erogherebbe prestazioni di altra natura sul mercato. Pertanto la Siremar, in amministrazione straordinaria, avrebbe ufficialmente cessato ogni attività economica e non rientrerebbe quindi nella nozione di impresa cui si applicano le norme in materia di aiuti di Stato.

48      Inoltre, anche se la misura di cui trattasi dovesse concretizzarsi in termini di vantaggio, dal momento che la Siremar ha cessato ogni attività d’impresa, essa non sarebbe idonea a falsare o a minacciare di falsare la concorrenza e ad incidere sugli scambi tra Stati membri. La decisione controversa sarebbe manifestamente lacunosa al riguardo, in quanto l’incidenza sugli scambi non potrebbe essere puramente ipotetica o presunta.

49      La Commissione contesta tali argomenti.

50      In via preliminare occorre rilevare, al pari della Commissione, che, anche se la ricorrente ha formalmente contestato le misure fiscali elencate all’articolo 3 della decisione controversa, i motivi invocati a sostegno delle sue conclusioni riguardano unicamente l’esenzione dall’imposta sul reddito delle società relativa al ricavato della vendita del ramo d’azienda Siremar.

51      Orbene, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 76, primo comma, lettera d), del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve contenere l’esposizione sommaria dei motivi dedotti, e detta indicazione deve essere sufficientemente chiara e precisa onde consentire al convenuto di predisporre la propria difesa e al Tribunale di decidere sul ricorso. Lo stesso deve ritenersi valido per le conclusioni, che devono essere integrate con i mezzi e gli argomenti che consentano, sia al convenuto sia al giudice, di valutarne la fondatezza (sentenza del 7 luglio 1994, Dunlop Slazenger/Commissione, T‑43/92, EU:T:1994:79, punto 183; v. anche, in tal senso, sentenza del 19 gennaio 2017, Commissione/Frieberger e Vallin, T‑232/16 P, non pubblicata, EU:T:2017:15, punto 34).

52      Per garantire la certezza del diritto e una buona amministrazione della giustizia occorre, affinché un ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano, per lo meno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo stesso dell’atto introduttivo (ordinanza del 29 novembre 1993, Koelman/Commissione, T‑56/92, EU:T:1993:105, punto 21, e sentenza del 18 settembre 1996, Asia Motor France e a./Commissione, T‑387/94, EU:T:1996:120, punto 106).

53      Pertanto, dato che la ricorrente non ha addotto alcuna censura nei confronti della decisione controversa per quanto riguarda le misure di cui all’articolo 3, paragrafi 1 e 2, di tale decisione, occorre esaminare unicamente il presente motivo nella parte in cui è diretto contro l’articolo 3, paragrafo 3, della decisione controversa, nei limiti in cui la Commissione ha ivi ritenuto che l’esenzione dall’imposta sul reddito delle società per i proventi della vendita del ramo d’azienda costituisse un aiuto illegittimo e incompatibile con il mercato interno.

54      A tal riguardo, occorre constatare che, benché il ricorso manchi in una certa misura di chiarezza, la ricorrente sembra far valere, in sostanza, da un lato, l’assenza di vantaggio per il fatto che l’esenzione fiscale di cui trattasi sarebbe subordinata alla realizzazione di eventi futuri e incerti e, dall’altro, l’assenza di un aiuto idoneo a pregiudicare gli scambi tra Stati membri e a falsare la concorrenza all’interno dell’Unione, in quanto essa avrebbe ufficialmente cessato ogni attività d’impresa.

55      Per quanto riguarda la prima censura, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, spetta alla Commissione fornire la prova dell’esistenza di un «aiuto di Stato» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e, pertanto, anche la prova della sussistenza della condizione relativa alla concessione di un vantaggio ai beneficiari. In particolare, la Commissione è tenuta a condurre il procedimento d’indagine sulle misure sotto inchiesta in modo diligente ed imparziale per poter disporre, all’atto dell’adozione della decisione definitiva sull’esistenza e, se del caso, sull’incompatibilità o sull’illegittimità dell’aiuto, degli elementi più completi e affidabili possibile a tale scopo (v. sentenza del 4 marzo 2021, Commissione/Fútbol Club Barcelona, C‑362/19 P, EU:C:2021:169, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

56      Si deve tuttavia rammentare che la nozione di aiuto comprende non soltanto prestazioni positive, ma anche interventi che, sotto forme diverse, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa e che, di conseguenza, senza essere sovvenzioni nel senso stretto del termine, sono della stessa natura e hanno identici effetti. Sono ugualmente considerati aiuti tutti gli interventi statali che, sotto qualsiasi forma, sono atti a favorire direttamente o indirettamente determinate imprese o che devono ritenersi un vantaggio economico che l’impresa beneficiaria non avrebbe ottenuto in condizioni normali di mercato (v. sentenza del 3 aprile 2014, Francia/Commissione, C‑559/12 P, EU:C:2014:217, punto 94 e giurisprudenza ivi citata).

57      Ne deriva che misure nazionali che conferiscono un vantaggio fiscale le quali, pur non comportando un trasferimento di risorse statali, collocano i beneficiari in una situazione finanziaria più favorevole rispetto agli altri contribuenti, sono idonee a procurare un vantaggio selettivo ai beneficiari e costituiscono pertanto aiuti di Stato, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (v. sentenza del 4 marzo 2021, Commissione/Fútbol Club Barcelona, C‑362/19 P, EU:C:2021:169, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

58      Inoltre va ricordato che, secondo la giurisprudenza, si deve giudicare che un regime fiscale speciale concede un vantaggio ai suoi beneficiari quando, al momento della sua adozione, può condurre ad un’imposizione inferiore a carico degli stessi, anche qualora l’effettiva materializzazione di tale vantaggio dipenda da circostanze esterne quali la realizzazione di un utile (v., in tal senso, sentenze dell’8 dicembre 2011, France Télécom/Commissione, C‑81/10 P, EU:C:2011:811, punti da 19 a 22, e del 4 marzo 2021, Commissione/Fútbol Club Barcelona, C‑362/19 P, EU:C:2021:169, punti 104 e 115).

59      Nel caso di specie, per quanto riguarda l’esenzione dall’imposta sul reddito relativo al trasferimento del ramo d’azienda Siremar alla SNS, la Commissione ha dimostrato l’esistenza di un vantaggio economico, ai punti 427 e 428 della decisione controversa, richiamati al precedente punto 19. Orbene, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, tale ragionamento non è viziato da alcun errore di diritto.

60      Infatti, il criterio per determinare il momento di concessione dell’aiuto è quello dell’atto giuridicamente vincolante con cui la competente autorità nazionale si impegna a concedere l’aiuto al suo beneficiario con una promessa incondizionata e legalmente vincolante (v. sentenza del 25 gennaio 2018, BSCA/Commissione, T‑818/14, EU:T:2018:33, punto 72 e giurisprudenza ivi citata). Analogamente, a partire dal momento in cui il diritto di ricevere un’assistenza, fornita mediante risorse statali, è conferito al beneficiario in forza della normativa nazionale applicabile, l’aiuto deve essere considerato concesso, cosicché il trasferimento effettivo delle risorse di cui trattasi non è decisivo (sentenza del 19 dicembre 2019, Arriva Italia e a., C‑385/18, EU:C:2019:1121, punto 36).

61      Orbene, la ricorrente non contesta che, in forza della legge del 2010, esaminata nella decisione controversa, le entrate relative ai proventi derivanti dalla vendita del ramo d’azienda della Tirrenia alla SNS siano esenti dall’imposta sul reddito delle società, che sarebbe normalmente dovuta per un’operazione del genere. La ricorrente non contesta neppure che, alla data di adozione della decisione controversa, essa avesse effettuato l’operazione di vendita di cui alla legge del 2010, che poteva beneficiare dell’esenzione da imposte a tale titolo. Pertanto, come risulta dalla giurisprudenza citata al precedente punto 63, la circostanza che un aiuto siffatto si materializzi effettivamente solo al momento della realizzazione di eventi futuri ed incerti quali, nel caso di specie, l’esistenza di una differenza positiva tra, da un lato, l’attivo dell’impresa all’inizio della procedura di amministrazione straordinaria e, dall’altro, l’attivo residuo alla fine di tale procedura, non può condurre a constatare la sussistenza di un errore di diritto per quanto riguarda la condizione relativa all’esistenza di un vantaggio nel caso di specie.

62      Inoltre, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, nessuna norma di diritto dell’Unione impone che la Commissione, all’atto di ordinare la restituzione di un aiuto dichiarato incompatibile con il mercato comune, determini l’importo esatto dell’aiuto da restituire. È sufficiente che la decisione della Commissione contenga elementi che permettano al destinatario della decisione di determinare egli stesso, senza difficoltà eccessive, tale importo (sentenze del 12 ottobre 2000, Spagna/Commissione, C‑480/98, EU:C:2000:559, punto 25; del 12 maggio 2005, Commissione/Grecia, C‑415/03, EU:C:2005:287, punto 39, e del 18 ottobre 2007, Commissione/Francia, C‑441/06, EU:C:2007:616, punto 29).

63      Risulta inoltre dalla giurisprudenza della Corte che uno Stato membro, il quale, al momento dell’esecuzione di una decisione della Commissione in materia di aiuti di Stato, incontri difficoltà impreviste ed imprevedibili, siano esse di natura politica, giuridica o pratica, o si renda conto di conseguenze non considerate dalla Commissione, deve sottoporre questi problemi alla valutazione della stessa, proponendo opportune modifiche della decisione in questione. In questo caso, la Commissione e lo Stato membro interessato devono collaborare in buona fede onde superare le difficoltà osservando scrupolosamente le disposizioni del Trattato FUE, in particolare quelle relative agli aiuti (sentenze del 3 luglio 2001, Commissione/Belgio, C‑378/98, EU:C:2001:370, punto 31; del 2 luglio 2002, Commissione/Spagna, C‑499/99, EU:C:2002:408, punto 24, e del 18 ottobre 2007, Commissione/Francia, C‑441/06, EU:C:2007:616, punto 28).

64      Basta dunque, secondo la giurisprudenza, che la Commissione fornisca un metodo di calcolo sufficientemente affidabile per determinare l’importo dell’aiuto da restituire (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2007, Commissione/Francia, C‑441/06, EU:C:2007:616, punti 40 e 41).

65      Orbene, è necessario constatare che la decisione controversa contiene le indicazioni adeguate per permettere alla Repubblica italiana di stabilire essa stessa, senza eccessive difficoltà, l’importo definitivo dell’aiuto da recuperare.

66      Infatti, la decisione controversa ricorda, al suo articolo 3, paragrafo 5, che l’aiuto consistente nell’esenzione dall’imposta sul reddito delle società relativo ai proventi della vendita del ramo d’azienda Siremar alla SNS non era stato ancora versato. L’articolo 5, paragrafo 1, della decisione controversa riconosce espressamente che gli aiuti devono essere recuperati a condizione che siano stati versati. Come sostiene la Commissione, anche supponendo che il trasferimento del ramo d’azienda Siremar alla SNS non generi utili soggetti all’imposta sul reddito, non potrebbe essere applicata alcuna esenzione, di modo che non sarebbe ipotizzabile alcun recupero.

67      Tuttavia, il fatto che non vi siano eventualmente importi da recuperare non significa che la legge del 2010 non abbia conferito alcun vantaggio alla Siremar. Infatti, alla data in cui la Commissione ha adottato la decisione controversa, il principio dell’aiuto era acquisito, in quanto tale legge prevedeva un diritto incondizionato all’esenzione fiscale e poiché il vantaggio derivante da tale legge poteva ancora concretizzarsi, come del resto riconosciuto dalla ricorrente.

68      A tal riguardo, occorre ancora ricordare che, ai fini della stima dell’importo degli aiuti da recuperare, le autorità nazionali devono prendere in considerazione l’insieme degli elementi rilevanti portati a loro conoscenza, ivi compresi gli scambi di comunicazioni intervenuti tra loro e la Commissione in applicazione del principio di leale cooperazione. Non si può dunque escludere che, tenuto conto dell’insieme di tali elementi, i calcoli effettuati in relazione alla stima dell’importo degli aiuti da restituire abbiano come risultato un valore pari a zero, senza che ciò rimetta in discussione la validità della decisione della Commissione né l’obbligo di restituzione degli aiuti dichiarati illegittimi e incompatibili con il mercato interno (v., in tal senso, sentenza del 13 febbraio 2014, Mediaset, C‑69/13, EU:C:2014:71, punti 36, 37 e 39)

69      Pertanto, la prima censura della ricorrente deve essere respinta.

70      Per quanto riguarda la seconda censura, la ricorrente fa valere, in sostanza, che non sarebbero soddisfatte due delle condizioni di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, vale a dire la condizione relativa all’incidenza sugli scambi all’interno dell’Unione, in quanto essa non parteciperebbe più a detti scambi, e la condizione relativa al fatto di falsare o minacciare di falsare la concorrenza poiché, in seguito al processo di privatizzazione, essendo in amministrazione straordinaria, essa non deterrebbe più alcuna posizione sul mercato nazionale che possa risultare mantenuta o incrementata, con conseguente diminuzione delle possibilità per le imprese con sede in altri Stati membri di penetrare nel mercato italiano.

71      In primo luogo, per quanto attiene alla condizione relativa all’incidenza sugli scambi all’interno dell’Unione, si deve anzitutto ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, per accertare se un aiuto costituisca un aiuto di Stato ai sensi del Trattato FUE occorre basarsi su elementi oggettivi, da valutare nel momento in cui la Commissione prende la propria decisione. Pertanto, il controllo del giudice dell’Unione verte sulla valutazione della situazione operata dalla Commissione in tale momento (v. sentenza dell’11 dicembre 2008, Commissione/Freistaat Sachsen, C‑334/07 P, EU:C:2008:709, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

72      Inoltre, dalla giurisprudenza emerge che, ai fini della qualificazione di una misura nazionale come «aiuto di Stato», non è necessario dimostrare una reale incidenza dell’aiuto di cui trattasi sugli scambi tra gli Stati membri e un’effettiva distorsione della concorrenza, ma occorre solo verificare se detto aiuto sia idoneo a incidere su tali scambi e a falsare la concorrenza (v. sentenza del 19 dicembre 2019, Arriva Italia e a., C‑385/18, EU:C:2019:1121, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

73      Peraltro, non è necessario che le imprese beneficiarie partecipino direttamente agli scambi tra gli Stati membri. Infatti, quando uno Stato membro concede un aiuto a talune imprese, l’attività sul piano interno può risultarne mantenuta o incrementata, con conseguente diminuzione delle possibilità per le imprese stabilite in altri Stati membri di penetrare nel mercato di tale Stato membro (v. sentenza del 19 dicembre 2019, Arriva Italia e a., C‑385/18, EU:C:2019:1121, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

74      Infine, dalla giurisprudenza risulta che la condizione in base alla quale l’aiuto dev’essere idoneo a incidere sugli scambi tra gli Stati membri non dipende dalla natura locale o regionale dei servizi di trasporto forniti o dall’importanza del settore di attività interessato (v. sentenza del 19 dicembre 2019, Arriva Italia e a., C‑385/18, EU:C:2019:1121, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

75      Alla luce di tale giurisprudenza, occorre rilevare che, al momento dell’adozione della legge del 2010 che concede l’esenzione in questione, la ricorrente forniva servizi di trasporto marittimo di passeggeri o merci su base estremamente intensiva e regolare tra alcune regioni d’Italia e che detta esenzione incideva necessariamente sugli scambi all’interno dell’Unione, ai quali partecipava la ricorrente, potendo dissuadere imprese con sede in altri Stati membri dal penetrare nel mercato italiano.

76      In secondo luogo, per quanto riguarda la condizione in base alla quale l’aiuto deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, non è necessario accertare un’effettiva distorsione della concorrenza, ma è sufficiente esaminare se tale aiuto sia idoneo a falsare la concorrenza. La medesima giurisprudenza precisa che gli aiuti diretti a sgravare un’impresa dai costi cui essa avrebbe dovuto normalmente far fronte nell’ambito della propria gestione corrente o delle proprie normali attività falsano, in linea di principio, le condizioni di concorrenza (v. sentenza del 19 dicembre 2019, Arriva Italia e a., C‑385/18, EU:C:2019:1121, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

77      Peraltro, allorché un aiuto concesso da uno Stato o con risorse statali rafforza la posizione di un’impresa nei confronti di altre imprese concorrenti negli scambi all’interno dell’Unione, questi ultimi sono da considerarsi influenzati dall’aiuto (v. sentenza del 14 gennaio 2004, Fleuren Compost/Commissione, T‑109/01, EU:T:2004:4, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

78      Ciò si verifica nel caso di specie. Infatti, qualsiasi esenzione dal pagamento di determinati tributi, la quale consenta a un’impresa che versa in gravi difficoltà finanziarie di continuare a essere presente sul mercato e a partecipare agli scambi all’interno dell’Unione, è necessariamente idonea a falsare le condizioni di concorrenza sul mercato.

79      La ricorrente fa tuttavia valere che essa non eserciterebbe più alcuna attività economica di modo che, anche supponendo che il vantaggio si concretizzi, l’aiuto in questione non sarebbe idoneo a falsare o a minacciare di falsare la concorrenza e ad incidere sugli scambi tra Stati membri.

80      A tal riguardo, occorre rilevare che, sebbene, alla data di adozione della decisione controversa, la ricorrente fosse oggetto di una procedura concorsuale per insolvenza, che probabilmente porterà alla cessazione della sua esistenza, tale procedura riguarda imprese che, in quanto tali, sono soggette alle norme relative agli aiuti di Stato. Infatti, come correttamente sostenuto dalla Commissione, la vendita di un ramo d’azienda a un’altra impresa costituisce un’attività economica che, in quanto tale, è normalmente soggetta ad imposta. Anche supponendo che, al momento di procedere al recupero dell’aiuto in questione, la ricorrente abbia cessato di esistere come impresa, spetterà alle autorità nazionali informarne la Commissione, nell’ambito del loro dovere di leale cooperazione, in quanto una circostanza del genere può costituire un’esecuzione effettiva della decisione controversa, senza per questo rimettere in discussione la legittimità di quest’ultima. Infatti, in siffatta ipotesi, il ripristino della situazione precedente e l’eliminazione della distorsione della concorrenza risultante dagli aiuti illegittimamente versati possono, in linea di principio, essere compiuti con l’iscrizione al passivo fallimentare di un obbligo relativo alla restituzione degli aiuti di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 6 aprile 2017, Saremar/Commissione, T‑220/14, EU:T:2017:267, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

81      Da tutto quanto precede risulta che il secondo motivo di ricorso deve essere respinto.

 Sul terzo motivo di ricorso, vertente sula violazione dei principi di certezza del diritto e di buon andamento dellamministrazione in relazione alla durata del procedimento amministrativo

82      Con il suo terzo e ultimo motivo, la ricorrente fa valere che la procedura d’indagine avrebbe avuto una durata eccessiva, in violazione dei principi di certezza del diritto e di buon andamento dell’amministrazione, e ricorda che il rispetto di un termine ragionevole nello svolgimento di un procedimento amministrativo costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, tutelato parimenti dall’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

83      Nonostante il fatto che non sia previsto alcun termine per la conclusione del procedimento, la ricorrente ritiene che tale mancanza di un termine non osti a che il giudice dell’Unione verifichi se la Commissione non abbia osservato un termine ragionevole o abbia agito in modo eccessivamente tardivo. Una violazione del termine ragionevole potrebbe quindi, in taluni casi, giustificare l’annullamento di una decisione adottata in esito ad un procedimento amministrativo. La ragionevolezza della durata del procedimento amministrativo andrebbe valutata in funzione delle circostanze proprie di ciascun caso.

84      La ricorrente rileva che nessuna circostanza giustificherebbe, nel caso di specie, il decorso di un periodo di dieci anni per la conclusione della fase di indagine formale, la cui durata eccessiva sarebbe unicamente frutto di carenze della Commissione nella gestione di quest’ultima e di una violazione manifesta del dovere di diligenza, che deve caratterizzare l’attività di tale istituzione.

85      Pertanto, le fasi d’indagine preliminare e il procedimento d’indagine formale avrebbero avuto una durata eccessiva che, oltre ad aver contribuito a ingenerare nella ricorrente un legittimo affidamento quanto alla compatibilità delle misure che la riguardavano, violerebbe i principi di certezza del diritto e di buon andamento dell’amministrazione.

86      Una siffatta violazione causerebbe alla ricorrente un illegittimo danno economico estremamente grave e circostanziato in quanto, a causa di tale durata ingiustificata del procedimento, l’ammontare delle somme da recuperare sarebbe abnorme rispetto all’effettiva dimensione della misura sanzionata, a causa dell’applicazione degli interessi di recupero sull’importo dell’aiuto concesso illegittimamente per un periodo di dieci anni, corrispondente a tale durata abnorme del procedimento. Ciò comporterebbe conseguenze economiche sproporzionate e prive di rilevanza rispetto alla finalità del recupero dell’aiuto.

87      Inoltre, la durata irragionevole del procedimento avrebbe fatto sorgere, nei confronti della ricorrente, un legittimo affidamento che implicherebbe, anche supponendo che la decisione controversa non fosse annullata, il venir meno dell’obbligo di recupero dell’aiuto dichiarato illegittimo e incompatibile con il mercato interno, in forza dell’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 TFUE (GU 2015, L 248, pag. 9), il quale enuncia che la Commissione non impone il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto dell’Unione. La Commissione avrebbe anche dovuto rinunciare d’ufficio, in applicazione di tale disposizione, ad esigere il recupero dell’aiuto al fine di non violare il principio di tutela del legittimo affidamento. Nel caso di specie, al pari di altri casi in cui sarebbe stato accertato un ritardo indebito nel procedimento, il comportamento della Commissione, durato quasi dieci anni, costituirebbe una circostanza eccezionale che avrebbe indotto la ricorrente a fondare un legittimo affidamento quanto al fatto che le misure in questione non potessero essere qualificate come aiuti di Stato.

88      La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

89      Anzitutto, occorre ricordare che il principio di tutela del legittimo affidamento, principio fondamentale del diritto dell’Unione, consente a qualsiasi operatore economico, in capo al quale un’istituzione abbia fatto sorgere speranze fondate, di fare affidamento su di esse. Tuttavia, quando un operatore economico prudente ed accorto è in condizioni di prevedere l’adozione da parte delle istituzioni di un atto idoneo a ledere i suoi interessi, egli non può invocare il beneficio di tale principio nel caso in cui detto provvedimento venga adottato. Il diritto di far valere il legittimo affidamento presuppone la presenza di tre condizioni cumulative. In primo luogo, l’amministrazione deve aver fornito all’interessato assicurazioni precise, categoriche e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili. In secondo luogo, tali assicurazioni devono essere idonee a ingenerare fondate aspettative nella mente del soggetto cui si rivolgono. In terzo luogo, le assicurazioni fornite devono essere conformi alle norme applicabili (v. sentenza del 22 aprile 2016, Italia e Eurallumina/Commissione, T‑60/06 RENV II e T‑62/06 RENV II, EU:T:2016:233, punto 178 e giurisprudenza ivi citata).

90      Occorre poi ricordare, per quanto attiene più in particolare all’applicabilità del principio di tutela del legittimo affidamento in materia di aiuti di Stato, che uno Stato membro, le cui autorità abbiano concesso un aiuto in violazione delle norme procedurali di cui all’articolo 108 TFUE, può invocare il legittimo affidamento dell’impresa beneficiaria per contestare dinanzi al giudice dell’Unione la validità di una decisione della Commissione che gli ordini di recuperare l’aiuto, ma non per sottrarsi all’obbligo di adottare i provvedimenti necessari ai fini della sua esecuzione. Emerge inoltre dalla giurisprudenza che, tenuto conto del ruolo fondamentale svolto dall’obbligo di notifica per consentire l’effettiva esecuzione del controllo degli aiuti di Stato da parte della Commissione, che riveste carattere imperativo, i beneficiari di un aiuto possono nutrire, in linea di principio, un legittimo affidamento sulla regolarità di detto aiuto solo se quest’ultimo sia stato concesso nel rispetto della procedura prevista dall’articolo 108 TFUE, e un operatore economico diligente deve essere normalmente in grado di assicurarsi che detta procedura sia stata osservata. In particolare, quando un aiuto è posto in esecuzione senza preventiva notifica alla Commissione, di modo che esso è illegittimo ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, il beneficiario dell’aiuto non può nutrire, in tale momento, un legittimo affidamento sulla regolare concessione di quest’ultimo, a meno che non sussistano circostanze eccezionali (v. sentenza del 22 aprile 2016, Italia e Eurallumina/Commissione, T‑60/06 RENV II e T‑62/06 RENV II, EU:T:2016:233, punto 179 e giurisprudenza ivi citata).

91      Peraltro, come risulta dall’articolo 16, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento 2015/1589, «[l]a Commissione non impone il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto dell’Unione», quale il principio di tutela del legittimo affidamento.

92      Va altresì ricordato che l’osservanza di un termine ragionevole nello svolgimento di un procedimento amministrativo costituisce un principio generale del diritto dell’Unione. Inoltre, il principio fondamentale della certezza del diritto, il quale osta a che la Commissione possa ritardare indefinitamente l’esercizio dei suoi poteri, porta il giudice ad esaminare se lo svolgimento del procedimento amministrativo riveli l’esistenza di un’azione eccessivamente tardiva da parte di tale istituzione (v. sentenze del 15 giugno 2005, Regione autonoma della Sardegna/Commissione, T‑171/02, EU:T:2005:219, punto 53 e giurisprudenza ivi citata, e del 22 aprile 2016, Italia e Eurallumina/Commissione, T‑60/06 RENV II e T‑62/06 RENV II, EU:T:2016:233, punto 180 e giurisprudenza ivi citata).

93      Occorre aggiungere che la ragionevolezza della durata del procedimento deve essere valutata alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso di specie, quali la complessità dello stesso e il comportamento delle parti (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 25 gennaio 2007, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, C‑403/04 P e C‑405/04 P, EU:C:2007:52, punto 116 e giurisprudenza ivi citata, e del 13 giugno 2013, HGA e a./Commissione, da C‑630/11 P a C‑633/11 P, EU:C:2013:387, punto 82 e giurisprudenza ivi citata).

94      Il ritardo della Commissione nel decidere che un aiuto è illegittimo e che deve essere eliminato e recuperato da uno Stato membro può, in talune circostanze, giustificare per i beneficiari di detto aiuto un legittimo affidamento tale da impedire alla Commissione di intimare al suddetto Stato membro di ordinare la restituzione dell’aiuto in questione. In presenza di aiuti di Stato non notificati, un siffatto ritardo può tuttavia essere imputato alla Commissione solo a partire dal momento in cui essa ha avuto conoscenza dell’esistenza degli aiuti incompatibili con il mercato interno (v. sentenza del 22 aprile 2016, Italia e Eurallumina/Commissione, T‑60/06 RENV II e T‑62/06 RENV II, EU:T:2016:233, punto 181 e giurisprudenza ivi citata).

95      Infine, conformemente all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento 2015/1589, nel caso di presunti aiuti illegittimi, la Commissione non è vincolata al rispetto dei termini applicabili in materia di aiuti notificati.

96      È alla luce dei principi richiamati ai precedenti punti da 89 a 95 che occorre valutare gli argomenti della ricorrente.

97      In primo luogo, per quanto riguarda l’asserita violazione dei principi di certezza del diritto e di buon andamento dell’amministrazione, si deve constatare che il procedimento amministrativo è durato quasi dieci anni, nel caso di specie (dall’ottobre 2011, data di adozione della decisione del 2011, al giugno 2021, data di adozione della decisione controversa), il che può apparire prima facie eccessivo.

98      Tuttavia, va ricordato che, conformemente alla giurisprudenza menzionata al precedente punto 93, la ragionevolezza della durata del procedimento deve essere valutata alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso di specie.

99      Orbene, occorre rilevare, anzitutto, che la ricorrente non precisa affatto e concretamente le circostanze che a suo avviso rivelerebbero, nella presente causa, una violazione dei principi di certezza del diritto e di buon andamento dell’amministrazione, ad eccezione della sua affermazione secondo la quale il procedimento sarebbe stato troppo lungo.

100    Occorre poi rilevare che la complessità materiale e giuridica del procedimento è evidenziata dalla lunghezza della decisione controversa nonché dal gran numero di misure attuate dalle autorità italiane a favore del Gruppo Tirrenia.

101    Infatti, gli aiuti in questione si caratterizzano per un contesto particolare, in quanto la concessione di questi ultimi al gruppo Tirrenia è stata oggetto di diverse decisioni della Commissione, oltre alla decisione controversa, vale a dire, in particolare, la decisione (UE) 2020/1411 della Commissione, del 2 marzo 2020, relativa all’aiuto di Stato n. C 64/99 (ex NN 68/99) al quale l’Italia ha dato esecuzione in favore delle compagnie marittime Adriatica, Caremar, Siremar, Saremar e Toremar (Gruppo Tirrenia) (GU 2020, L 332, pag. 1).

102    Inoltre, dallo svolgimento del procedimento d’indagine, come richiamato ai punti da 1 a 21 della decisione controversa e sintetizzato ai precedenti punti da 9 a 12, risulta che la Commissione ha concluso un procedimento relativo a sei diverse misure di aiuto e che, a tal riguardo, non si può constatare un periodo di inattività da parte sua per quanto riguarda l’istruttoria di tale caso, che ha richiesto numerose domande di informazioni e di chiarimenti inoltrate presso le autorità italiane. La ricorrente non invoca, del resto, alcun periodo di inattività specifico né alcun ritardo che sia imputabile alla Commissione.

103    Peraltro, nel corso del procedimento la Commissione ha dovuto estendere il procedimento d’indagine a nuove misure ed è stata adottata una nuova decisione di apertura di tale procedimento, con la quale le parti interessate sono state invitate a presentare le loro osservazioni (v. punti 10 e 11 della decisione controversa).

104    Inoltre, la Commissione ha dovuto richiedere una relazione al fine di determinare il valore di mercato dei beni della ricorrente, relazione che è stata oggetto di una controvalutazione redatta dagli esperti delle autorità italiane (v. punto 13 della decisione controversa).

105    Dal punto 15 della decisione controversa emerge peraltro che la Commissione ha chiuso il procedimento d’indagine formale in relazione a talune altre misure adottate dalla Regione autonoma della Sardegna (Italia), le quali sono state contestate dinanzi al Tribunale, che ha respinto il ricorso con sentenza del 6 aprile 2017, Regione autonoma della Sardegna/Commissione (T‑219/14, EU:T:2017:266).

106    Infine, dai punti da 16 a 18 della decisione controversa risulta che, per quanto riguarda la Siremar, la Commissione ha chiesto ulteriori informazioni alla Repubblica italiana con lettere del 30 gennaio, 16 marzo, 1° agosto e 22 novembre 2012, 12 aprile, 12 giugno, 27 giugno e 11 luglio 2013, 29 luglio e 6 novembre 2014, 16 ottobre 2015, 25 gennaio, 29 marzo e 31 agosto 2018, 18 marzo e 16 ottobre 2019, 31 luglio e 29 ottobre 2020. La Repubblica italiana ha risposto a tali domande con lettere del 28 marzo, 5 ottobre e 23 ottobre 2012, 13 maggio e 8 agosto 2013, 19 settembre, 20 novembre 2014 e 12 dicembre 2014, 12 febbraio e 13 novembre 2015, 18 aprile 2016, 2 agosto 2017, 26 aprile e 31 maggio 2018, 29 maggio e 26 luglio 2019, 3 gennaio e 24 gennaio 2020, 8 febbraio e 11 marzo 2021. Peraltro, il 15 ottobre 2014, i servizi della Commissione hanno incontrato i rappresentanti della Siremar e delle autorità italiane e, il 23 ottobre 2014, i servizi della Commissione hanno incontrato anche i rappresentanti della CdI e delle stesse autorità. A seguito di quest’ultima riunione, il 30 ottobre 2014, la CdI ha fornito informazioni supplementari alla Commissione.

107    Pertanto, dalla cronologia degli eventi quale appena descritta non risulta affatto che la Commissione abbia ritardato indefinitamente l’esercizio dei propri poteri. In particolare, tale cronologia non fa emergere nessun periodo di inattività della Commissione che possa pregiudicare gli interessi della ricorrente, cosicché si deve giudicare che lo svolgimento del procedimento amministrativo non ha rivelato l’esistenza di un’azione eccessivamente tardiva da parte della stessa ai sensi della giurisprudenza.

108    Tenuto conto di tali scambi di documenti, del contesto in cui tale caso si inserisce, ossia segnatamente che esso costituisce un caso tra altri casi simili riguardanti la privatizzazione del gruppo Tirrenia, nonché della complessità del caso di cui trattasi, non si può concludere che la chiusura del procedimento mediante l’adozione della decisione controversa possa essere considerata eccessivamente tardiva. Di conseguenza, si deve concludere che la Commissione non ha affatto violato i principi di buon andamento dell’amministrazione e di certezza del diritto.

109    In ogni caso, va ricordato che, secondo la giurisprudenza, una violazione dell’osservanza di un termine ragionevole, quand’anche sia accertata, giustifica l’annullamento della decisione impugnata soltanto nei limiti in cui comporta anche una violazione dei diritti della difesa dell’impresa interessata (v., in tal senso, sentenze del 1° febbraio 2017, Portovesme/Commissione, C‑606/14 P, non pubblicata, EU:C:2017:75, punto 40, e del 20 ottobre 2011, Eridania Sadam/Commissione, T‑579/08, non pubblicata, EU:T:2011:608, punto 80). Orbene, nel caso di specie, la ricorrente non ha dimostrato in che modo la durata del procedimento amministrativo avrebbe leso i suoi diritti della difesa.

110    La ricorrente fa tuttavia valere che la durata eccessivamente lunga del procedimento le avrebbe causato un danno economico in quanto, a causa di tale durata ingiustificata, l’importo delle somme da recuperare sarebbe anormalmente elevato a causa dell’applicazione degli interessi di recupero sull’importo dell’aiuto concesso illegittimamente per un periodo di dieci anni.

111    Al riguardo, occorre tuttavia ricordare che la soppressione di un aiuto illegittimo mediante recupero è la logica conseguenza dell’accertamento della sua illegittimità, cosicché il recupero di un tale aiuto, onde ripristinare lo statu quo ante, non può, in linea di principio, ritenersi una misura sproporzionata rispetto alle finalità delle disposizioni del Trattato FUE in materia di aiuti di Stato, anche se essa è messa in atto molto tempo dopo la concessione degli aiuti di cui trattasi (sentenza del 29 aprile 2004, Italia/Commissione, C‑298/00 P, EU:C:2004:240, punto 75 e giurisprudenza ivi citata; v. anche, in tal senso e per analogia, sentenza del 17 giugno 1999, Belgio/Commissione, C‑75/97, EU:C:1999:311, punto 65).

112    Orbene, in forza dell’articolo 16, paragrafo 2, del regolamento 2015/1589, all’aiuto da recuperare ai sensi di una decisione di recupero si aggiungono gli interessi che decorrono dalla data in cui l’aiuto illegittimo è divenuto disponibile per il beneficiario, fino alla data del recupero. Infatti, dal punto di vista del beneficiario dell’aiuto, in mancanza di un recupero degli interessi, questi beneficerebbe di un vantaggio indebito consistente, da un lato, nel mancato versamento degli interessi che avrebbe versato sull’importo in questione dell’aiuto, qualora avesse dovuto prendere in prestito tale importo sul mercato, e, dall’altro, nel miglioramento della sua posizione concorrenziale rispetto agli altri operatori del mercato durante il periodo dell’illegalità (v., in tal senso, sentenza del 12 febbraio 2008, CELF e ministre de la Culture et de la Communication, C‑199/06, EU:C:2008:79, punto 51).

113    Inoltre occorre rilevare che le conseguenze eventualmente pregiudizievoli, per la ricorrente, dell’importo asseritamente elevato degli interessi da rimborsare, a causa della durata del procedimento amministrativo, derivano principalmente dal fatto che le misure di aiuto in questione sono state attuate prima di essere state notificate e, in ogni caso, prima dell’adozione, da parte della Commissione, di una decisione definitiva di approvazione di dette misure, in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE. Pertanto una siffatta circostanza non può, in ogni caso, essere invocata per opporsi alla restituzione dell’importo integrale degli aiuti in questione, unitamente agli interessi.

114    In secondo luogo, per quanto riguarda l’asserita violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, occorre ricordare che, come risulta dal precedente punto 90, quando un aiuto è posto in esecuzione senza preventiva notifica, il beneficiario dell’aiuto non può riporre, a quel punto, alcun legittimo affidamento nella regolare concessione di quest’ultimo, salvo circostanze eccezionali.

115    Nel caso di specie, è pacifico che le misure di aiuto in questione sono state concesse in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, il che basta, di per sé, per escludere l’esistenza di un qualsivoglia legittimo affidamento da parte della ricorrente sulla regolarità di questi ultimi aiuti. Occorre ricordare, tuttavia, che la giurisprudenza non esclude la possibilità per i beneficiari di un aiuto illegittimo, in quanto non notificato, di invocare circostanze eccezionali, che abbiano legittimamente potuto far sorgere un loro affidamento sulla regolarità di tale aiuto, per opporsi al suo rimborso (v. sentenza del 9 settembre 2009, Diputación Foral de Álava e a./Commissione, da T‑30/01 a T‑32/01 e da T‑86/02 a T‑88/02, EU:T:2009:314, punto 282 e giurisprudenza ivi citata).

116    Nel caso di specie, non si può tuttavia ritenere che il mero richiamo, da parte della ricorrente, della giurisprudenza applicabile o di esempi tratti dalla precedente prassi della Commissione, in cui sarebbero state riconosciute circostanze eccezionali, possa essere interpretato come l’invocazione di circostanze eccezionali proprie della causa sottoposta al Tribunale nella fattispecie.

117    Invero, non può spettare al Tribunale ricercare, tra gli elementi di fatto della causa sottopostagli, le circostanze eccezionali che consentano di concludere nel senso dell’esistenza di un legittimo affidamento da parte della ricorrente, che conferisca a quest’ultima la possibilità di ottenere l’irrogazione di una sanzione derivante dalla violazione del principio del termine ragionevole. La violazione del principio di tutela del legittimo affidamento deve essere ricollegata ad argomenti che spetta alla ricorrente sollevare e al Tribunale esaminare al fine di determinare l’eventuale violazione di tale principio (v., in tal senso, sentenza del 15 giugno 2005, Regione autonoma della Sardegna/Commissione, T‑171/02, EU:T:2005:219, punto 66).

118    Inoltre, occorre rilevare che una parte della giurisprudenza invocata dalla ricorrente non è rilevante, dato che essa si riferisce vuoi a decisioni adottate al termine della fase di esame preliminare, e non al termine di un procedimento d’indagine formale come nel caso di specie, vuoi ad aiuti notificati.

119    La ricorrente fa valere, tuttavia, che la Commissione avrebbe dovuto rinunciare d’ufficio a ordinare il recupero degli aiuti in questione, in quanto un siffatto recupero sarebbe contrario a un principio generale del diritto dell’Unione.

120    La ricorrente si riferisce in particolare, a tal riguardo, alla decisione (UE) 2019/422 della Commissione, del 20 settembre 2018, relativa all’aiuto di [S]tato SA.36112 (2016/C) (ex 2015/NN) cui l’Italia ha dato esecuzione a favore dell’Autorità portuale di Napoli e di Cantieri del Mediterraneo SpA (GU 2019, L 78, pag. 63). Occorre rilevare che, in tale caso, la Commissione stessa aveva riconosciuto in detta decisione di non poter chiedere la restituzione dell’aiuto concesso, a causa della durata particolarmente lunga del procedimento. Orbene, nel caso di specie la Commissione nega, in maniera circostanziata, che il procedimento sia stato troppo lungo, in quanto la situazione del caso di cui trattasi si distingue dalla situazione all’origine della decisione 2019/422.

121    Inoltre, occorre ricordare che è solo nell’ambito dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE che deve essere valutato il carattere di aiuto di Stato di una determinata misura, e non con riferimento alla pretesa prassi decisionale anteriore della Commissione (v. sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito, C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 136 e giurisprudenza ivi citata).

122    Orbene, allo stesso modo, la valutazione dell’esistenza di circostanze eccezionali che giustifichino il mancato recupero di aiuti, ritenuti incompatibili dalla Commissione in esito a un procedimento di indagine formale non può essere funzione di una presunta prassi decisionale anteriore, quand’anche sia accertata, salvo che non costituisca altrimenti una violazione del principio di parità di trattamento (v., in tal senso, sentenza del 7 giugno 2007, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, C‑76/06 P, EU:C:2007:326, punto 60 e giurisprudenza ivi citata), il che non è stato affatto dimostrato dalla ricorrente nel caso di specie.

123    In ogni caso occorre rilevare, al pari della Commissione, che, a differenza delle circostanze di cui trattavasi nella decisione 2019/422, non risulta né dagli elementi del fascicolo, né dagli argomenti della ricorrente che quest’ultima sia stata indotta a ritenere, a causa della prolungata inattività della Commissione, che quest’ultima avesse tacitamente dato il suo avallo alla posizione delle autorità italiane in merito alla determinazione e all’interpretazione del contesto normativo relativo alla valutazione delle misure in questione, né che sussistesse un margine di dubbio quanto alla legittimità di tali misure.

124    Infatti, in particolare in seguito alla pubblicazione delle due decisioni di avvio del procedimento di indagine formale adottate dalla Commissione il 5 ottobre 2011 e il 7 novembre 2012, che menzionano proprio i dubbi della Commissione circa la compatibilità delle misure in questione con il mercato interno, la ricorrente non può invocare alcun legittimo affidamento quanto alla legittimità di tali misure dopo queste due date.

125    Per altro verso, la ricorrente non sostiene nemmeno che la Commissione le avrebbe fornito garanzie precise tali da darle speranze fondate quanto alla regolarità degli aiuti (v., in tal senso, sentenze del 31 marzo 1998, Preussag Stahl/Commissione, T‑129/96, EU:T:1998:69, punto 78; del 5 giugno 2001, ESF Elbe-Stahlwerke Feralpi/Commissione, T‑6/99, EU:T:2001:145, punto 185, e del 14 gennaio 2004, Fleuren Compost/Commissione, T‑109/01, EU:T:2004:4, punto 142).

126    Infine, per quanto riguarda la sentenza del 24 novembre 1987, RSV/Commissione (223/85, EU:C:1987:502), invocata dalla ricorrente, è certamente vero che la Corte ha dichiarato che il termine di 26 mesi impiegato dalla Commissione per adottare la sua decisione aveva potuto ingenerare nella ricorrente, beneficiaria dell’aiuto, un legittimo affidamento tale da impedire all’istituzione di intimare alle autorità nazionali interessate di ordinare la restituzione di detto aiuto.

127    Tuttavia, le circostanze della causa sfociata nella sentenza del 24 novembre 1987, RSV/Commissione (223/85, EU:C:1987:502), hanno avuto un ruolo decisivo nell’orientamento seguito dalla Corte in tale sentenza, sicché quest’ultima non può necessariamente essere applicata al caso di specie. In particolare, l’aiuto all’origine della causa sfociata nella sentenza del 24 novembre 1987, RSV/Commissione (223/85, EU:C:1987:502), era stato oggetto, ancorché successivamente al suo versamento, di una notifica formale alla Commissione. Peraltro, esso era collegato a costi supplementari inerenti agli aiuti autorizzati dalla Commissione e riguardava un settore che sin dal 1977 aveva beneficiato di aiuti autorizzati dalla Commissione. Infine, l’esame della compatibilità dell’aiuto non richiedeva una ricerca approfondita [v. sentenza del 13 dicembre 2018, Comune di Milano/Commissione, T‑167/13, EU:T:2018:940, punto 158 (non pubblicato) e giurisprudenza ivi citata].

128    Orbene, tali circostanze si distinguono chiaramente dalle circostanze all’origine della presente causa, anche se gli aiuti si inseriscono in un settore che aveva beneficiato in passato di aiuti esaminati dalla Commissione. In particolare, nella presente causa gli aiuti controversi non sono mai stati notificati alla Commissione. Di conseguenza, alla luce delle differenze fondamentali tra la fattispecie di cui alla sentenza del 24 novembre 1987, RSV/Commissione (223/85, EU:C:1987:502), e quella oggetto del presente ricorso, la ricorrente non può avvalersi utilmente di detta sentenza.

129    Da tutto quanto precede risulta che anche il terzo motivo di ricorso deve essere respinto.

 Sulla nuova offerta di prova presentata dalla ricorrente

130    Con lettera del 7 marzo 2022, trasmessa alla cancelleria del Tribunale, la ricorrente ha chiesto spontaneamente che fosse inserita nel fascicolo la decisione della Commissione C(2021) 6990 final, del 30 settembre 2021, relativa alle misure di aiuto SA.32014, SA.32015, SA.32016 (2011/C) (ex 2011/NN) cui l’Italia e la Regione Sardegna hanno dato esecuzione a favore della Saremar, non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale.

131    La Commissione contesta la ricevibilità di tale nuova offerta di prova e ritiene, in ogni caso, che essa sia irrilevante ai fini della presente controversia.

132    L’articolo 85, paragrafo 1, del regolamento di procedura prevede, di regola, che «[l]e prove e le offerte di prova sono presentate nell’ambito del primo scambio di memorie». L’articolo 85, paragrafo 3, del medesimo regolamento dispone che «[i]n via eccezionale, le parti principali possono ancora produrre prove od offerte di prova prima della chiusura della fase orale del procedimento oppure prima della decisione del Tribunale di statuire senza fase orale, a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato».

133    Nel caso di specie, senza che sia necessario statuire sulla ricevibilità di tale offerta di prova, occorre constatare, al pari della Commissione, che quest’ultima è irrilevante ai fini della presente controversia. Infatti, nelle sue osservazioni, la ricorrente si limita ad osservare che la decisione C(2021) 6990 final conterrebbe diversi rinvii alla decisione controversa, senza tuttavia spiegare in che modo tali rinvii consentirebbero di suffragare l’uno o l’altro dei suoi motivi o argomenti e di rimettere in discussione la legittimità della decisione controversa.

134    Inoltre, occorre ricordare che è solo nell’ambito dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, che deve essere valutato il carattere di aiuto di Stato di una determinata misura e non alla luce di una presunta prassi decisionale anteriore o posteriore della Commissione (v. precedente punto 121).

135    È necessario constatare, pertanto, che la nuova offerta di prova prodotta dalla ricorrente, quand’anche fosse ricevibile, non è idonea a rimettere in discussione la conclusione del Tribunale relativa al rigetto dei motivi di ricorso dal primo al terzo.

136    Di conseguenza, il ricorso deve essere respinto nella sua integralità.

 Sulle spese

137    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Sicilia Regionale Marittima SpA – Siremar è condannata alle spese.

Svenningsen

Mac Eochaidh

Pynnä

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 26 ottobre 2022.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

S. Papasavvas


*      Lingua processuale: l’italiano.