Language of document : ECLI:EU:T:2012:410

ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

6 settembre 2012 (*)

«Impugnazione – Funzione pubblica – Funzionari – Domanda di assistenza – Decisione della Commissione che nega al ricorrente il rimborso delle spese sostenute nell’ambito di un procedimento dinanzi ad un giudice penale nazionale – Impugnazione in parte manifestamente irricevibile e in parte manifestamente infondata»

Nella causa T‑519/11 P,

avente ad oggetto l’impugnazione diretta all’annullamento della sentenza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Prima Sezione) del 20 luglio 2011, Gozi/Commissione, F‑116/10,

Sandro Gozi, funzionario della Commissione europea, residente in Sogliano al Rubicone (Italia), rappresentato da G. Passalacqua e G. Calcerano, avvocati,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è

Commissione europea, rappresentata da J. Currall e J. Baquero Cruz, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

IL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni),

composto dai sigg. M. Jaeger, presidente, O. Czúcz (relatore) e H. Kanninen, giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        Mediante la sua impugnazione proposta ai sensi dell’articolo 9 dell’allegato I dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, il ricorrente, sig. Sandro Gozi, chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Prima Sezione) del 20 luglio 2011, Gozi/Commissione, F‑116/10 (in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale quest’ultimo ha respinto perché infondato il suo ricorso inteso ad ottenere, da un lato, l’annullamento della decisione della Commissione recante rigetto del suo reclamo e, dall’altro, il risarcimento del danno materiale asseritamente subìto.

 Contesto normativo

2        L’articolo 24 dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto») così recita:

«[L’Unione] assist[e] il funzionario, in particolare nei procedimenti a carico di autori di minacce, oltraggi, ingiurie, diffamazioni, attentati contro la persona o i beni di cui il funzionario o i suoi familiari siano oggetto, a motivo della sua qualità e delle sue funzioni.

Ess[a] risarcisc[e] solidalmente il funzionario dei danni subiti in conseguenza di tali fatti, sempreché egli, intenzionalmente o per negligenza grave, non li abbia causati e non abbia potuto ottenerne il risarcimento dal responsabile».

 Fatti all’origine della controversia

3        I fatti all’origine della controversia sono stati esposti ai punti 3‑5 della sentenza impugnata nei termini seguenti:

«3      Il ricorrente è funzionario della Commissione dal 1º aprile 1996. Il 1º dicembre 2000 egli è stato comandato nell’interesse del servizio per esercitare le funzioni di amministratore presso il gabinetto dell’allora Presidente della Commissione, sig. Prodi. Tale comando si è concluso il 16 novembre 2004, data in cui il ricorrente è stato assegnato ad un posto di amministratore presso il “Gruppo dei consiglieri politici” a Bruxelles. Con decisione 7 dicembre 2005 egli è stato messo a disposizione della Regione Puglia in Italia per un periodo di un anno a decorrere dal 1º gennaio 2006. Il 27 marzo 2006 l’interessato è stato collocato in aspettativa senza assegni per motivi personali, per il periodo dal 13 marzo al 10 aprile 2006, a motivo della sua partecipazione come candidato alle elezioni politiche italiane del 9 aprile 2006. Dopo la sua elezione a deputato, il 10 luglio 2006 la Commissione lo ha collocato in aspettativa senza assegni per motivi personali per un periodo uguale alla durata del suo mandato.

4      Il 13 febbraio 2008 il ricorrente è stato iscritto nel registro degli indagati della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro. Egli è stato infatti accusato, insieme ad altre nove persone, del reato di truffa aggravata. Tuttavia, conformemente alle richieste formulate dalla Procura generale della Repubblica in data 17 febbraio 2009, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catanzaro ha disposto, il 3 novembre 2009, l’archiviazione del procedimento penale promosso nei confronti dell’interessato.

5      Il 28 gennaio 2010 il ricorrente ha chiesto alla Commissione il rimborso delle spese legali da lui sostenute nell’ambito del suddetto procedimento penale, per un importo complessivo di EUR 24 480. La Commissione non ha risposto a tale domanda. L’11 giugno 2010 il ricorrente ha presentato un reclamo avverso il rigetto tacito della sua domanda (...). Tale reclamo è stato respinto con decisione 6 agosto 2010 (in prosieguo: la “decisione di rigetto del reclamo”), motivata con il fatto che, da un lato, il ricorrente non aveva presentato alcuna domanda di assistenza a norma dell’art. 24 dello Statuto e che, dall’altro, dalla decisione di archiviazione del procedimento emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catanzaro non risultava che il reato per il quale il ricorrente era stato perseguito avesse un collegamento con le attività da lui svolte presso la Commissione».

 Procedimento dinanzi al Tribunale della funzione pubblica e sentenza impugnata

4        Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale della funzione pubblica il 30 novembre 2010, il ricorrente ha proposto un ricorso, che è stato registrato con il numero di causa F‑116/10.

5        Il ricorrente ha concluso, in primo grado, chiedendo che il Tribunale della funzione pubblica volesse:

–        annullare la decisione di rigetto del reclamo;

–        condannare la Commissione a versargli la somma di EUR 24 480.

6        Al punto 18 della sentenza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha dichiarato che il ricorrente era legittimato a sostenere che la prima motivazione addotta a sostegno della decisione di rigetto del reclamo – riguardante il fatto che egli non avrebbe presentato alcuna domanda di assistenza a norma dell’articolo 24 dello Statuto – era viziata da un errore di diritto.

7        Tuttavia, il Tribunale della funzione pubblica ha ritenuto valida la seconda motivazione addotta a sostegno della decisione di rigetto del reclamo. Esso ha infatti statuito al riguardo che, come correttamente ritenuto dalla Commissione, il ricorrente non aveva presentato elementi che inducessero a ritenere, prima facie, che le accuse di truffa lo riguardassero a motivo della sua qualità di funzionario e delle sue funzioni. Secondo la sentenza impugnata, tale motivazione era di per sé sufficiente per supportare la conclusione raggiunta nella suddetta decisione.

8        Pertanto, il Tribunale della funzione pubblica ha respinto le conclusioni del ricorrente intese ad ottenere l’annullamento della decisione di rigetto del reclamo e, di conseguenza, le sue conclusioni miranti al risarcimento del danno, che detto giudice ha ritenuto avere carattere accessorio rispetto alle conclusioni dirette all’annullamento della citata decisione.

 Sull’impugnazione

 Procedimento e conclusioni delle parti

9        Con ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 settembre 2011, il ricorrente ha proposto la presente impugnazione.

10      Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        constatare che egli ha diritto al rimborso della somma di EUR 24 480;

–        condannare la Commissione alle spese.

11      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere l’impugnazione in quanto in parte irricevibile e in parte manifestamente infondata, oppure, in subordine, in quanto manifestamente infondata;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

12      Ai sensi dell’articolo 145 del regolamento di procedura del Tribunale, quando l’impugnazione è, in tutto o in parte, manifestamente irricevibile o manifestamente infondata, il Tribunale, su relazione del giudice relatore, può respingere in qualsiasi momento, totalmente o parzialmente, l’impugnazione con ordinanza motivata, e ciò anche se una parte abbia chiesto lo svolgimento di un’udienza (ordinanza del Tribunale del 24 settembre 2008, Van Neyghem/Commissione, T‑105/08 P, Racc. FP pagg. B‑1‑00049 e II‑B‑1‑00355, punto 21).

13      Nel caso di specie, il Tribunale ritiene di essere sufficientemente edotto dagli atti di causa e decide, ai sensi dell’articolo summenzionato, di statuire senza proseguire il procedimento.

14      Il ricorrente deduce un motivo unico a sostegno della sua impugnazione, relativo ad una violazione dell’articolo 24 dello Statuto nonché al carattere contraddittorio ed erroneo della motivazione della sentenza impugnata.

15      A sostegno di tale motivo unico, il ricorrente deduce tre censure.

 Sulla prima censura

16      Il ricorrente fa valere che il Tribunale della funzione pubblica ha erroneamente affermato che egli non aveva fornito alla Commissione, al momento del deposito della sua domanda di assistenza del 28 gennaio 2010, alcun elemento che inducesse a ritenere che le accuse in questione, aventi effetti pregiudizievoli nei suoi confronti, lo riguardassero a motivo della sua qualità e delle sue funzioni.

17      A tale proposito, il Tribunale della funzione pubblica ha statuito quanto segue:

«24      [S]ebbene l’obbligo di assistenza previsto dall’art. 24, primo comma, dello Statuto costituisca una garanzia statutaria fondamentale per il funzionario, è però necessario che costui fornisca elementi tali da far ritenere, prima facie, che i comportamenti di terzi – ad esempio accuse di truffa – lo riguardino a motivo della sua qualità e delle sue funzioni (sentenza della Corte 5 ottobre 1988, causa 180/87, Hamill/Commissione; sentenza del [Tribunale] 27 giugno 2000, causa T‑67/99, K/Commissione, punti 32‑42) e siano illeciti in base alla legge nazionale applicabile. Infatti, se nei confronti del funzionario non venissero imposte condizioni di questo tipo, un’amministrazione si vedrebbe costretta, non appena uno dei suoi dipendenti presentasse denuncia per fatti asseritamente correlati all’esercizio delle proprie funzioni, a prestargli assistenza, indipendentemente dalla natura di tali fatti, dalla serietà della denuncia e dalle sue probabilità di successo (sentenza del Tribunale [della funzione pubblica] 23 novembre 2010, causa F‑75/09, Wenig/Commissione, punto 48).

25      Infine, la legittimità del rifiuto della Commissione di adottare provvedimenti a norma dell’art. 24 dello Statuto deve essere valutata in base agli elementi di cui quest’ultima disponeva al momento dell’adozione della decisione controversa (...).

26      Nel caso di specie, come giustamente osservato dalla Commissione, il ricorrente si è limitato, nella domanda da lui presentata il 28 gennaio 2010, ad affermare, senza ulteriori precisazioni, che era stato iscritto nel registro degli indagati della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro nella sua qualità di funzionario della Commissione, distaccato presso il gabinetto del sig. Prodi.

27      Vero è che il ricorrente ha allegato alla lettera suddetta anche la decisione del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catanzaro, che ha disposto, il 3 novembre 2009, l’archiviazione del procedimento in questione. Tuttavia, da tale decisione non risulta che le accuse mosse contro il ricorrente vertessero su fatti che lo riguardavano a motivo della sua qualità di funzionario della Commissione e, in particolare, a motivo delle funzioni da lui esercitate fino al 2004 presso il gabinetto del sig. Prodi.

28      Poiché nella sua domanda del 28 gennaio 2010 il ricorrente non ha presentato elementi che inducessero a ritenere, prima facie, che le minacce o diffamazioni di cui era stato oggetto lo riguardassero a motivo della sua qualità e delle sue funzioni presso la Commissione, quest’ultima ha giustamente respinto la domanda suddetta sulla base di tale motivazione. Pertanto, il motivo relativo alla violazione dell’art. 24 dello Statuto deve essere respinto».

18      A sostegno della sua prima censura il ricorrente – al fine di confutare la constatazione del Tribunale della funzione pubblica relativa all’assenza di un principio di prova quanto al nesso tra le accuse rivolte nei suoi confronti e le funzioni da lui esercitate presso la Commissione – presenta alcune allegazioni in punto di fatto e cita il testo della decisione di archiviazione del procedimento penale avviato a suo carico (in prosieguo: la «decisione di archiviazione»), senza tuttavia asserire che il Tribunale della funzione pubblica abbia snaturato i fatti. Il ricorrente fa altresì riferimento ai nessi logici tra la propria qualità e le funzioni da lui esercitate e le accuse mosse nei suoi confronti, i quali dimostrerebbero che il Tribunale della funzione pubblica ha commesso degli errori nella qualificazione dei fatti.

19      Tenuto conto della natura di tali argomenti, occorre anzitutto determinare l’estensione del controllo esercitabile dal Tribunale, nell’ambito del procedimento di impugnazione, in ordine agli argomenti attinenti alla valutazione dei fatti.

20      A questo proposito occorre ricordare che dall’articolo 11 dell’allegato I dello Statuto della Corte, il quale riprende il dettato dell’articolo 58 del medesimo Statuto, risulta che l’impugnazione può avere ad oggetto soltanto questioni di diritto e deve essere fondata su motivi attinenti all’incompetenza del Tribunale della funzione pubblica, ad irregolarità del procedimento dinanzi al Tribunale della funzione pubblica recanti pregiudizio agli interessi della parte ricorrente, o alla violazione del diritto dell’Unione da parte di tale giudice (v. sentenza del Tribunale del 2 marzo 2010, Doktor/Consiglio, T‑248/08 P, punto 39 e la giurisprudenza ivi citata).

21      Dunque, solo il Tribunale della funzione pubblica è competente ad accertare i fatti, di modo che la valutazione di questi ultimi non costituisce una questione di diritto assoggettata, in quanto tale, al controllo del giudice dell’impugnazione. Tuttavia, il potere di controllo del Tribunale sugli accertamenti di fatto compiuti dal Tribunale della funzione pubblica si estende all’inesattezza materiale di tali accertamenti risultante dagli atti di causa, allo snaturamento degli elementi di prova, alla qualificazione giuridica dei fatti e alla questione se siano state rispettate le regole in materia di onere della prova e di assunzione delle prove (sentenza Doktor/Consiglio, cit., punti 40‑43; v. altresì, per analogia, sentenza della Corte del 25 gennaio 2007, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, C‑403/04 P e C‑405/04 P, Racc. pag. I‑729, punto 39 e la giurisprudenza ivi citata).

22      Pertanto, anche se le allegazioni in punto di mero fatto presentate dal ricorrente sono irricevibili, il Tribunale è competente a verificare se, sulla base degli elementi di fatto accertati dal Tribunale della funzione pubblica, tale giudice potesse validamente concludere che il ricorrente, nella sua domanda del 28 gennaio 2010, cui era allegata la decisione di archiviazione, non aveva presentato elementi che inducessero a ritenere, prima facie, che le accuse mosse nei suoi confronti lo riguardassero a motivo della sua qualità e delle sue funzioni presso la Commissione.

23      In primo luogo, in tale contesto, il ricorrente fa valere che il reato di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche (articolo 640 bis del codice penale italiano) riguarda i contributi finanziari concessi dall’Unione europea, ciò che creerebbe un nesso tra le accuse riguardanti detto ricorrente e le funzioni da lui svolte presso la Commissione. Orbene, il Tribunale della funzione pubblica non avrebbe tenuto conto di tale circostanza.

24      Occorre rilevare che l’articolo 640 bis del codice penale italiano non riguarda soltanto i contributi finanziari concessi dall’Unione europea, ma anche quelli accordati dallo Stato italiano o da altri enti pubblici. Pertanto, l’ipotesi di reato formulata nei confronti del ricorrente, fondata sull’articolo 640 bis del codice penale italiano, non costituisce un indizio o un principio di prova pertinente dal punto di vista dell’accertamento di un nesso tra le accuse riguardanti esso ricorrente e la qualità e le funzioni da lui ricoperte in seno alla Commissione. Pertanto, tale argomento deve essere respinto.

25      In secondo luogo, il ricorrente fa valere che il Tribunale della funzione pubblica ha omesso di prendere in considerazione il fatto che, se egli non fosse stato un alto funzionario dell’Unione europea, in grado di far valere la propria influenza, autorevolezza e la propria rete di conoscenze presso gli uffici dell’Unione, sarebbe stato illogico, per le autorità italiane, sospettare la sua implicazione in una truffa relativa a finanziamenti pubblici.

26      Come accertato dal Tribunale della funzione pubblica, il ricorrente ha occupato il proprio posto presso il gabinetto del sig. Prodi, all’epoca Presidente della Commissione, fino al 2004. Successivamente, il 27 marzo 2006, egli è stato collocato in aspettativa per motivi personali e, essendo stato eletto deputato nelle elezioni politiche italiane del 9 aprile 2006, ha svolto funzioni politiche importanti nel settore pubblico nazionale italiano. È soltanto in data 13 febbraio 2008 che il ricorrente è stato iscritto nel registro degli indagati della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro.

27      Inoltre, occorre sottolineare che il ricorrente non fa riferimento all’esercizio delle funzioni da lui svolte presso istituzioni europee come causa diretta dei sospetti o delle accuse aventi un effetto pregiudizievole nei suoi confronti, bensì invoca le conoscenze e la rete di contatti professionali, che le sue funzioni gli avrebbero permesso di instaurare, quale elemento che avrebbe potuto contribuire alla nascita dei sospetti da parte delle autorità italiane.

28      Orbene, anche supponendo che il fatto, per il ricorrente, di essere stato funzionario fosse un elemento in assenza del quale non si sarebbe prodotta una sequenza di avvenimenti successivi, il nesso di causalità tra la qualità di funzionario ed il danno subìto non potrebbe essere stabilito nel caso in cui i suddetti avvenimenti, costituenti le cause dirette del pregiudizio sofferto dal funzionario, fossero aleatori e/o estranei rispetto a detta qualità o alle funzioni esercitate dall’interessato (v., in tal senso, sentenza K/Commissione, cit., punti 34‑36).

29      Pertanto, il ricorrente non può fondatamente dolersi che il Tribunale della funzione pubblica non abbia preso in considerazione la presunta necessità dell’influenza, dell’autorevolezza e della rete di conoscenze di cui egli disponeva presso i servizi dell’Unione nell’esaminare se, all’interno del fascicolo da lui presentato alla Commissione, vi fossero indizi o un principio di prova in merito al nesso causale diretto tra la sua qualità e le sue funzioni, da un lato, e le accuse per lui pregiudizievoli, dall’altro.

30      In terzo luogo, riguardo alla citazione, da parte del ricorrente, del contenuto della decisione di archiviazione, è sufficiente rilevare che – come correttamente statuito dal Tribunale della funzione pubblica – egli non ha dimostrato in che modo, secondo la decisione suddetta, le accuse a suo carico avessero ad oggetto fatti che lo riguardavano nella sua qualità di funzionario della Commissione.

31      Occorre dunque concludere che il Tribunale della funzione pubblica non è incorso in alcun errore nella qualificazione dei fatti e non ha violato le regole in materia di onere della prova e di assunzione delle prove allorché ha dichiarato che il ricorrente non aveva presentato elementi che inducessero a ritenere, prima facie, che le accuse mosse nei suoi confronti lo riguardassero a motivo della sua qualità e delle sue funzioni presso la Commissione.

32      Occorre pertanto respingere la prima censura dedotta dal ricorrente in quanto manifestamente infondata.

 Sulla seconda censura

33      Il ricorrente si duole che il Tribunale della funzione pubblica abbia omesso di tener conto del fatto che egli non aveva ricevuto alcuna indicazione dalla Commissione in ordine a quali ulteriori informazioni o documenti sarebbe stato opportuno depositare, ciò che contrasterebbe con il principio, evocato nella sentenza impugnata, secondo cui l’istituzione deve rispondere con la tempestività e la sollecitudine richieste dalle circostanze del caso di specie al fine di accertare i fatti e di trarne le debite conseguenze. Pertanto, la motivazione della sentenza impugnata sarebbe contraddittoria.

34      È giocoforza constatare che, in tal modo, il ricorrente in realtà censura la Commissione per non avergli indicato quali informazioni o quali documenti egli avrebbe dovuto fornire al fine di dimostrare il nesso tra le accuse mosse nei suoi confronti e la sua qualità di funzionario della Commissione.

35      Tuttavia, occorre rilevare che tale censura non è stata sollevata dinanzi al Tribunale della funzione pubblica. Orbene, secondo una giurisprudenza consolidata, il fatto di permettere ad una parte di sollevare per la prima volta dinanzi al Tribunale un motivo e degli argomenti che essa non aveva dedotto dinanzi al Tribunale della funzione pubblica equivarrebbe a consentirle di sottoporre al Tribunale – la cui competenza in materia di impugnazioni è limitata – una controversia più ampia di quella di cui era stato investito il Tribunale della funzione pubblica. Nell’ambito di un’impugnazione, la competenza del Tribunale è dunque limitata alla valutazione della soluzione giuridica data ai motivi ed agli argomenti discussi dinanzi al giudice di primo grado (v., per analogia, sentenze della Corte del 30 marzo 2000, VBA/VGB e a., C‑266/97 P, Racc. pag. I‑2135, punto 79, e del 21 settembre 2006, JCB Service/Commissione, C‑167/04 P, Racc. pag. I‑8935, punto 114, nonché, in tal senso, ordinanza della Corte del 21 gennaio 2010, Iride e Iride Energia/Commissione, C‑150/09 P, non pubblicata nella Raccolta, punti 73 e 74).

36      Pertanto, la seconda censura è manifestamente irricevibile.

 Sulla terza censura

37      Il ricorrente fa valere che il Tribunale della funzione pubblica ha ritenuto in modo incongruo e illogico, al punto 29 della sentenza impugnata, che egli non avesse fornito alla Commissione «una seppur minima indicazione riguardo alla sue probabilità di successo». Infatti, la decisione di archiviazione indicherebbe che, di massima, le autorità italiane non intendevano proseguire il procedimento penale avviato nei suoi confronti, dimostrando così la certezza del suo successo, motivo per cui ne risulterebbe l’erroneità della constatazione contenuta al punto 29 della sentenza impugnata.

38      Al punto 29 della sentenza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha constatato che, «[p]er giunta, la Commissione era tanto più legittimata a respingere la domanda di rimborso delle spese legali per il fatto che il ricorrente (...) aveva presentato alla Commissione la propria domanda di assistenza vari mesi dopo l’inizio delle indagini penali svolte nei suoi confronti, senza però sostenere di avere in precedenza informato la propria istituzione dell’esistenza di tali indagini, e senza fornire a quest’ultima una seppur minima indicazione riguardo alla sue probabilità di successo, né una stima, anche solo approssimativa, dei costi del procedimento».

39      Pertanto, mentre la censura del ricorrente riguarda la dimostrazione della certezza del suo successo al momento della presentazione della domanda di assistenza – momento in cui il procedimento penale era già stato concluso dalla decisione di archiviazione –, il Tribunale della funzione pubblica ha criticato la tardività dell’informazione in merito alle investigazioni che erano state condotte e alle sue probabilità di successo nel corso del suddetto procedimento. Di conseguenza, l’argomento del ricorrente non si riferisce direttamente alla constatazione contenuta al punto 29 della sentenza impugnata.

40      Ad ogni modo, tale argomento non è idoneo a rimettere in discussione la constatazione principale della sentenza impugnata, su cui si fonda la conclusione ivi raggiunta, vale a dire il fatto che il ricorrente non ha presentato elementi che inducessero a ritenere, prima facie, che le accuse mosse nei suoi confronti lo riguardassero a motivo della sua qualità e delle sue funzioni. Pertanto, non risulta soddisfatto un presupposto necessario dell’obbligo di assistenza previsto dall’articolo 24 dello Statuto. Di conseguenza, la terza censura, anche a supporla pertinente dal punto di vista della valutazione del punto 29 della sentenza impugnata, non è comunque idonea a compromettere la validità della conclusione finale della sentenza impugnata, sicché deve essere respinta in quanto inoperante.

41      Tenuto conto dell’insieme delle considerazioni che precedono, il Tribunale constata che il ricorrente non ha dimostrato né l’esistenza di una violazione dell’articolo 24 dello Statuto, né la presenza di una contraddizione o di un errore nella motivazione della sentenza impugnata. Pertanto, occorre respingere l’impugnazione perché in parte manifestamente irricevibile e in parte manifestamente infondata.

 Sulle spese

42      Conformemente all’articolo 148, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, il Tribunale statuisce sulle spese.

43      Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, primo comma, di detto regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione a norma dell’articolo 144 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

44      Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il ricorrente, rimasto soccombente, deve essere condannato a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione nell’ambito del presente grado di giudizio.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

così provvede:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      Il sig. Sandro Gozi sopporterà le proprie spese, nonché quelle sostenute dalla Commissione europea nell’ambito del presente grado di giudizio.

Lussemburgo, 6 settembre 2012

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon

 

      M. Jaeger


* Lingua processuale: l’italiano.