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Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

29 luglio 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione amministrativa nel settore fiscale – Scambio automatico e obbligatorio di informazioni relative ai meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di notifica – Direttiva 2011/16/UE, come modificata dalla direttiva (UE) 2018/822 – Articolo 8 bis ter, paragrafo 1 – Obbligo di comunicazione – Articolo 8 bis ter, paragrafo 5 – Obbligo sussidiario di notifica – Segreto professionale – Validità – Articoli 7, 20 e 21 nonché articolo 49, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Diritto al rispetto della vita privata – Principi di parità di trattamento e di non discriminazione – Principio di legalità in materia penale – Principio di certezza del diritto»

Nella causa C‑623/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Cour constitutionnelle (Corte costituzionale, Belgio), con decisione del 15 settembre 2022, pervenuta in cancelleria il 29 settembre 2022, nel procedimento

Belgian Association of Tax Lawyers,

SR,

FK,

Ordre des barreaux francophones et germanophone,

Orde van Vlaamse Balies,

CQ,

Instituut van de Accountants en de Belastingconsulenten,

VH,

ZS,

NI,

EX

contro

Premier ministre/Eerste Minister,

con l’intervento di:

Conseil des barreaux européens AISBL,

Conseil national des barreaux de France,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da A. Prechal, presidente di sezione, F. Biltgen, N. Wahl, J. Passer (relatore) e M.L. Arastey Sahún, giudici,

avvocato generale: N. Emiliou

cancelliere: N. Mundhenke, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 30 novembre 2023,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Belgian Association of Tax Lawyers, SR e FK, da P. Malherbe, avocat, e P. Verhaeghe, advocaat;

–        per l’Ordre des barreaux francophones et germanophone, da J. Noël e S. Scarnà, avocats;

–        per l’Orde van Vlaamse Balies e CQ, da P. Wouters, advocaat;

–        per l’Instituut van de Accountants en de Belastingconsulenten, VH, ZS, NI ed EX, da F. Judo, advocaat;

–        per il Conseil national des barreaux de France, da J.-P. Hordies e J. Tacquet, avocats;

–        per il governo belga, da S. Baeyens, P. Cottin e C. Pochet, in qualità di agenti, assistiti da S. Hamerijck, esperta;

–        per il governo ceco, da J. Očková, M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;

–        per il governo spagnolo, da A. Ballesteros Panizo e I. Herranz Elizalde, in qualità di agenti;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna e A. Kramarczyk‑Szaładzińska, in qualità di agenti;

–        per il Consiglio dell’Unione europea, da I. Gurov, K. Pavlaki e K. Pleśniak, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da A. Ferrand, W. Roels e P.J.O. Van Nuffel, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 29 febbraio 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla valutazione della validità dell’articolo 8 bis ter, paragrafi 1, 5, 6 e 7, della direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE (GU 2011, L 64, pag. 1), come modificata dalla direttiva (UE) 2018/822 del Consiglio, del 25 maggio 2018 (GU 2018, L 139, pag. 1), alla luce dei diritti fondamentali, in particolare degli articoli 7, 20, 21 e dell’articolo 49, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), nonché del principio generale di certezza del diritto.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di diverse controversie tra, in particolare, da un lato, l’associazione di fatto Belgian Association of Tax Lawyers e altre persone (in prosieguo: la «BATL»), l’Ordre des barreaux francophones et germanophone (Ordine degli avvocati francofoni e germanofoni, in prosieguo: l’«OBFG»), l’Orde van Vlaamse Balies (Ordine degli avvocati fiamminghi) e altre persone (in prosieguo: l’«OVB»), e l’Instituut van de Accountants en de Belastingconsulenten (Istituto dei periti contabili e dei consulenti fiscali) e altre persone (in prosieguo: l’«ITAA») e, dall’altro, il Premier ministre/Eerste Minister (Primo Ministro, Belgio) in merito alla validità di talune disposizioni della loi du 20 décembre 2019 transposant la directive [2018/822] (legge del 20 dicembre 2019 che traspone la direttiva [2018/822], Moniteur belge del 30 dicembre 2019, pag. 119025).

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Direttiva 98/5/CE

3        L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 98/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica (GU 1998, L 77, pag. 36), come modificata dalla direttiva 2013/25/UE del Consiglio, del 13 maggio 2013 (GU 2013, L 158, pag. 368) (in prosieguo: la «direttiva 98/5»), dispone quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si intende per

a)      avvocato, ogni persona, avente la cittadinanza di uno Stato membro, che sia abilitata ad esercitare le proprie attività professionali facendo uso di uno dei seguenti titoli professionali:

in Belgio: Avocat/Advocaat/Rechtsanwalt

in Bulgaria: Aдвокат

nella Repubblica ceca: Advokát

in Danimarca: Advokat

in Germania: Rechtsanwalt

in Estonia: Vandeadvokaat

in Grecia: Δικηγόρος

in Spagna: Abogado/Advocat/Avogado/Abokatu

in Francia: Avocat

[in] Croazia: Odvjetnik/Odvjetnica

in Irlanda: Barrister/Solicitor

in Italia: Avvocato

a Cipro: Δικηγόρος

in Lettonia: Zvērināts advokāts

in Lituania: Advokatas

in Lussemburgo: Avocat

in Ungheria; Ügyvéd

a Malta: Avukat/Prokuratur Legali

nei Paesi Bassi: Advocaat

in Austria: Rechtsanwalt

in Polonia: Adwokat/Radca prawny

in Portogallo: Advogado

in Romania: Avocat

in Slovenia: Odvetnik/Odvetnica

in Slovacchia: Advokát/Komerčný právnik

in Finlandia: Asianajaja/Advokat

in Svezia: Advokat

nel Regno Unito: Advocate/Barrister/Solicitor».

 Direttiva 2011/16

4        La direttiva 2011/16 ha istituito un sistema di cooperazione tra le autorità fiscali nazionali degli Stati membri e stabilito le norme e le procedure da applicare nello scambio di informazioni a fini fiscali.

5        Tale direttiva è stata modificata più volte e, in particolare, dalla direttiva 2018/822 (in prosieguo: la «direttiva 2011/16 modificata»), che ha introdotto un obbligo di comunicazione alle autorità competenti riguardante i meccanismi fiscali transfrontalieri di pianificazione fiscale potenzialmente aggressiva (in prosieguo: l’«obbligo di comunicazione» o la «notifica»).

6        L’articolo 2 della direttiva 2011/16 modificata, intitolato «Ambito di applicazione», ai paragrafi 1 e 2 così prevede:

«1.      La presente direttiva si applica alle imposte di qualsiasi tipo riscosse da o per conto di uno Stato membro o delle ripartizioni territoriali o amministrative di uno Stato membro, comprese le autorità locali.

2.      Nonostante il paragrafo 1, la direttiva non si applica all’imposta sul valore aggiunto [IVA] e ai dazi doganali o alle accise contemplate da altre normative dell’Unione in materia di cooperazione amministrativa fra Stati membri. La presente direttiva non si applica inoltre ai contributi previdenziali obbligatori dovuti allo Stato membro o a una ripartizione dello stesso o agli organismi di previdenza sociale di diritto pubblico».

7        L’articolo 3 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», recita come segue:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

1)      “autorità competente” di uno Stato membro, l’autorità designata come tale dallo Stato membro. Ove agiscano a norma della presente direttiva, l’ufficio centrale di collegamento, un servizio di collegamento o qualsiasi funzionario competente sono anch’essi considerati autorità competenti per delega in conformità dell’articolo 4;

(...)

18)      “meccanismo transfrontaliero”: un meccanismo che interessa più Stati membri o uno Stato membro e un paese terzo, laddove almeno una delle condizioni seguenti sia soddisfatta:

a)      non tutti i partecipanti al meccanismo sono residenti a fini fiscali nella stessa giurisdizione;

b)      uno o più dei partecipanti al meccanismo sono simultaneamente residenti a fini fiscali in più di una giurisdizione;

c)      uno o più dei partecipanti al meccanismo svolgono un’attività d’impresa in un’altra giurisdizione tramite una stabile organizzazione situata in tale giurisdizione e il meccanismo fa parte dell’attività d’impresa o costituisce l’intera attività d’impresa della suddetta stabile organizzazione;

d)      uno o più dei partecipanti al meccanismo svolge un’attività in un’altra giurisdizione senza essere residente a fini fiscali né costituire una stabile organizzazione situata in tale giurisdizione;

e)      tale meccanismo ha un possibile impatto sullo scambio automatico di informazioni o sull’identificazione del titolare effettivo.

Ai fini del presente articolo, punti da 18 a 25, dell’articolo 8 bis ter e dell’allegato IV, un meccanismo include anche una serie di meccanismi. Un meccanismo può comprendere più di una fase o parte;

19)      “meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica”: qualunque meccanismo transfrontaliero che contenga almeno uno degli elementi distintivi di cui all’allegato IV;

20)      “elemento distintivo”: una caratteristica o peculiarità di un meccanismo transfrontaliero che presenti un’indicazione di potenziale rischio di elusione fiscale, come elencato nell’allegato IV;

21)      “intermediario”: qualunque persona che elabori, commercializzi, organizzi o metta a disposizione a fini di attuazione o gestisca l’attuazione di un meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica.

Indica altresì qualunque persona che, in considerazione dei fatti e delle circostanze pertinenti e sulla base delle informazioni disponibili e delle pertinenti competenze e comprensione necessarie per fornire tali servizi, sia a conoscenza, o si possa ragionevolmente presumere che sia a conoscenza, del fatto che si è impegnata a fornire, direttamente o attraverso altre persone, aiuto, assistenza o consulenza riguardo all’elaborazione, commercializzazione, organizzazione, messa a disposizione a fini di attuazione o gestione dell’attuazione di un meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica. Qualunque persona ha il diritto di fornire elementi a prova del fatto che non fosse a conoscenza, e non si potesse ragionevolmente presumere che fosse a conoscenza, del proprio coinvolgimento in un meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica. A tal fine, tale persona può fare riferimento a tutti i fatti e a tutte le circostanze pertinenti, come pure alle informazioni disponibili e alle sue pertinenti competenze e comprensione.

Per potersi qualificare come intermediario, è necessario che la persona soddisfi almeno una delle condizioni seguenti:

a)      essere residente a fini fiscali in uno Stato membro;

b)      disporre di una stabile organizzazione in uno Stato membro attraverso la quale sono forniti i servizi con riguardo al meccanismo;

c)      essere costituita in uno Stato membro o essere disciplinata dal diritto di uno Stato membro;

d)      essere registrata presso un’associazione professionale di servizi in ambito legale, fiscale o di consulenza in uno Stato membro;

22)      “contribuente pertinente”: qualunque persona a disposizione della quale è messo, a fini di attuazione, un meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica o che è pronta ad attuare un meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica o che ha attuato la prima fase di un tale meccanismo;

23)      ai fini dell’articolo 8 bis ter, per “impresa associata” si intende una persona che è legata a un’altra persona in almeno uno dei modi seguenti:

a)      una persona partecipa alla gestione di un’altra persona essendo nella posizione di esercitare un’influenza significativa sull’altra persona;

b)      una persona partecipa al controllo di un’altra persona attraverso una partecipazione che supera il 25% dei diritti di voto;

c)      una persona partecipa al capitale di un’altra persona mediante un diritto di proprietà che, direttamente o indirettamente, supera il 25% del capitale;

d)      una persona ha diritto al 25% o più degli utili di un’altra persona.

Nel caso in cui più di una persona partecipi, come indicato alle lettere da a) a d), alla gestione, al controllo, al capitale o agli utili della stessa persona, tutte le persone coinvolte sono considerate imprese associate.

Nel caso in cui le stesse persone partecipino, come indicato alle lettere da a) a d), alla gestione, al controllo, al capitale o agli utili di più di una persona, tutte le persone coinvolte sono considerate imprese associate.

Ai fini del presente punto, una persona che agisce congiuntamente con un’altra persona in relazione ai diritti di voto o alla proprietà del capitale di un’entità è considerata detentrice di una partecipazione in tutti i diritti di voto o nell’intera proprietà del capitale dell’entità detenuti dall’altra persona.

Nelle partecipazioni indirette, il rispetto dei requisiti di cui alla lettera c) è determinato moltiplicando le percentuali delle partecipazioni attraverso i livelli successivi. Una persona che detiene più del 50% dei diritti di voto è considerata detentrice del 100%.

Una persona fisica, il coniuge e gli ascendenti o discendenti sono considerati un’unica persona;

24)      “meccanismo commerciabile”: un meccanismo transfrontaliero che è elaborato, commercializzato, approntato per l’attuazione o messo a disposizione a fini di attuazione e che non necessita di personalizzazioni sostanziali;

25)      “meccanismo su misura”: un meccanismo transfrontaliero diverso da un meccanismo commerciabile».

8        L’articolo 8 bis ter della direttiva 2011/16 modificata, intitolato «Ambito di applicazione e condizioni dello scambio automatico obbligatorio di informazioni sui meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di notifica», enuncia quanto segue:

«1.      Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per imporre agli intermediari la comunicazione alle autorità competenti di informazioni sui meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di notifica di cui sono a conoscenza, che sono in loro possesso o di cui hanno controllo entro 30 giorni a decorrere da:

a)      il giorno seguente a quello in cui il meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica è messo a disposizione a fini di attuazione; o

b)      il giorno seguente a quello in cui il meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica è pronto per l’attuazione; o

c)      il giorno in cui è stata compiuta la prima fase nell’attuazione del meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica,

a seconda della situazione che si verifica per prima.

Fatto salvo il primo comma, gli intermediari di cui all’articolo 3, punto 21, secondo comma, sono inoltre tenuti a comunicare informazioni entro 30 giorni a decorrere dal giorno seguente a quello in cui hanno fornito, direttamente o attraverso altre persone, aiuto, assistenza o consulenza.

2.      In caso di meccanismi commerciabili, gli Stati membri adottano le misure necessarie per imporre agli intermediari la presentazione, ogni tre mesi, di una relazione periodica che fornisca un aggiornamento contenente nuove informazioni soggette all’obbligo di notifica ai sensi del paragrafo 14, lettere a), d), g) e h), che sono diventate disponibili dalla presentazione dell’ultima relazione.

(...)

5.      Ciascuno Stato membro può adottare le misure necessarie per concedere agli intermediari il diritto all’esenzione dalla comunicazione di informazioni su un meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica quando l’obbligo di comunicazione violerebbe il segreto professionale sulla base del diritto nazionale dello Stato membro. In tali circostanze, ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per imporre agli intermediari la notifica, senza indugio, dei rispettivi obblighi di comunicazione ai sensi del paragrafo 6 a un eventuale altro intermediario o, in sua assenza, al contribuente pertinente.

Gli intermediari possono avere diritto all’esenzione, ai sensi del primo comma, soltanto nella misura in cui operano nei limiti delle pertinenti norme nazionali che definiscono le loro professioni.

6.      Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per imporre che, laddove non vi sia un intermediario o l’intermediario notifichi al contribuente pertinente o a un altro intermediario l’applicazione di un’esenzione ai sensi del paragrafo 5, l’obbligo di comunicare informazioni su un meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica spetti all’altro intermediario notificato o, in sua assenza, al contribuente pertinente.

7.      Il contribuente pertinente a cui spetta l’obbligo di notifica comunica informazioni entro 30 giorni a decorrere dal giorno successivo a quello in cui il meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica è messo a disposizione di tale contribuente pertinente a fini di attuazione, è pronto per l’attuazione da parte del contribuente pertinente, o è stata compiuta la prima fase nella sua attuazione in relazione al contribuente pertinente, a seconda della situazione che si verifica per prima.

Quando il contribuente pertinente ha l’obbligo di comunicare informazioni sul meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica alle autorità competenti di più di uno Stato membro, tali informazioni sono comunicate soltanto alle autorità competenti dello Stato membro che appare per primo nell’elenco seguente:

a)      lo Stato membro in cui il contribuente pertinente è residente a fini fiscali;

b)      lo Stato membro in cui il contribuente pertinente dispone di una stabile organizzazione che beneficia del meccanismo;

c)      lo Stato membro in cui il contribuente pertinente percepisce un reddito o genera utili, pur non essendo residente a fini fiscali e non disponendo di una stabile organizzazione in alcun Stato membro;

d)      lo Stato membro in cui il contribuente pertinente svolge un’attività, pur non essendo residente a fini fiscali e non disponendo di una stabile organizzazione in alcun Stato membro.

8.      Quando vi è un obbligo di comunicazione multipla ai sensi del paragrafo 7, il contribuente pertinente è esonerato dalla comunicazione di informazioni se può provare, conformemente al diritto nazionale, che le stesse informazioni sono state comunicate in un altro Stato membro.

9.      Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per imporre che, laddove vi sia più di un intermediario, l’obbligo di comunicare informazioni sul meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica spetti a tutti gli intermediari coinvolti nello stesso meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica.

Un intermediario è esonerato dalla comunicazione di informazioni solo nella misura in cui può provare, conformemente al diritto nazionale, che le stesse informazioni di cui al paragrafo 14 sono già state comunicate da un altro intermediario.

(...)

12.      Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per imporre agli intermediari e ai contribuenti pertinenti la comunicazione di informazioni sui meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di notifica la cui prima fase è stata attuata tra il 25 giugno 2018 e il 30 giugno 2020. Gli intermediari e i contribuenti pertinenti, ove opportuno, comunicano informazioni su tali meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di notifica entro il 31 agosto 2020.

13.      L’autorità competente di uno Stato membro cui l’informazione è stata comunicata a norma dei paragrafi da 1 a 12 (...) è tenuta a trasmettere le informazioni di cui al paragrafo 14 del presente articolo (...) alle autorità competenti di tutti gli Stati membri, (...).

14.      Le informazioni che devono essere comunicate dall’autorità competente di uno Stato membro a norma del paragrafo 13 includono gli elementi seguenti, se del caso:

a)      l’identificazione degli intermediari e dei contribuenti pertinenti, compresi il nome, la data e il luogo di nascita (in caso di persona fisica), la residenza a fini fiscali, il cif e, ove opportuno, le persone che costituiscono imprese associate del contribuente pertinente;

b)      i dettagli di tutti gli elementi distintivi di cui all’allegato IV che rendono necessario notificare il meccanismo transfrontaliero;

c)      un riassunto del contenuto del meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica, incluso il riferimento al nome con il quale è comunemente noto e una descrizione in termini astratti delle pertinenti attività economiche o dei meccanismi, senza divulgare un segreto commerciale, industriale o professionale o un processo commerciale o informazioni la cui comunicazione sarebbe contraria all’ordine pubblico;

d)      la data in cui è stata attuata o sarà attuata la prima fase dell’attuazione del meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica;

e)      i dettagli delle disposizioni nazionali che costituiscono la base del meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica;

f)      il valore del meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica;

g)      l’identificazione dello Stato membro del contribuente pertinente o dei contribuenti pertinenti e degli eventuali altri Stati membri che sono suscettibili di essere interessati dal meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica;

h)      l’identificazione di qualunque altra persona nello Stato membro che potrebbe essere interessata dal meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica, indicando a quali Stati membri è legata tale persona.

(...)».

9        L’articolo 25 bis della direttiva 2011/16, intitolato «Sanzioni», è redatto come segue:

Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva e riguardanti gli articoli 8 bis bis e 8 bis ter e adottano tutte le misure necessarie per garantirne l’applicazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive».

10      L’allegato IV della direttiva 2011/16 modificata (in prosieguo: l’«allegato IV»), intitolato «Elementi distintivi», prevede un criterio del vantaggio principale e redige l’elenco delle categorie di elementi distintivi, nei seguenti termini:

«Parte I.      Criterio del vantaggio principale

Gli elementi distintivi generici della categoria A e quelli specifici della categoria B e della categoria C, paragrafo 1, lettera b), punto i), e lettere c) e d) possono essere presi in considerazione soltanto laddove soddisfino il “criterio del vantaggio principale”.

Tale criterio sarà soddisfatto se è possibile stabilire che il principale vantaggio o uno dei principali vantaggi che una persona, tenuto conto di tutti i fatti e le circostanze pertinenti, si può ragionevolmente attendere da un meccanismo è ottenere un vantaggio fiscale.

Nel contesto dell’elemento distintivo della categoria C, paragrafo 1, la presenza delle condizioni di cui alla categoria C, paragrafo 1, lettera b), punto i), e lettere c) o d) non può di per sé costituire un motivo per concludere che un meccanismo soddisfi il criterio del vantaggio principale.

Parte II.      Categorie degli elementi distintivi

A.      Elementi distintivi generici collegati al criterio del vantaggio principale

1.      Un meccanismo in cui il contribuente pertinente o un partecipante al meccanismo si impegna a rispettare una condizione di riservatezza che può comportare la non comunicazione ad altri intermediari o alle autorità fiscali delle modalità con cui il meccanismo potrebbe garantire un vantaggio fiscale.

2.      Un meccanismo in cui l’intermediario è autorizzato a ricevere una commissione (o un interesse e una remunerazione per i costi finanziari e altre spese) per il meccanismo e tale commissione è fissata in riferimento:

a)      all’entità del vantaggio fiscale derivante dal meccanismo; oppure

b)      al fatto che dal meccanismo sia effettivamente derivato un vantaggio fiscale. Ciò includerebbe l’obbligo per l’intermediario di rimborsare parzialmente o totalmente le commissioni se il vantaggio fiscale previsto derivante dal meccanismo non è stato in parte o del tutto conseguito.

3.      Un meccanismo che ha una documentazione e/o una struttura sostanzialmente standardizzate ed è a disposizione di più contribuenti pertinenti senza bisogno di personalizzarne in modo sostanziale l’attuazione.

B.      Elementi distintivi specifici collegati al criterio del vantaggio principale

1.      Un meccanismo in cui un partecipante al meccanismo stesso adotta misure artificiose consistenti nell’acquisire una società in perdita, interromperne l’attività principale e utilizzarne le perdite per ridurre il suo debito d’imposta, anche mediante il trasferimento di tali perdite verso un’altra giurisdizione o l’accelerazione dell’uso di tali perdite.

2.      Un meccanismo che ha come effetto la conversione del reddito in capitale, doni o altre categorie di reddito tassate a un livello inferiore o esenti da imposta.

3.      Un meccanismo comprendente operazioni circolari che si traducono in un “carosello” di fondi (“round-tripping”), in particolare tramite il coinvolgimento di entità interposte che non svolgono nessun’altra funzione commerciale primaria o di operazioni che si compensano o si annullano reciprocamente o che presentano altre caratteristiche simili.

C.      Elementi distintivi specifici collegati alle operazioni transfrontaliere

1.      Un meccanismo che prevede pagamenti transfrontalieri deducibili effettuati tra due o più imprese associate, dove si verifica almeno una delle condizioni seguenti:

a)      il destinatario non è residente a fini fiscali in alcuna giurisdizione fiscale;

b)      nonostante il destinatario sia residente a fini fiscali in una giurisdizione, quest’ultima:

i)      non impone alcuna imposta sul reddito delle società o impone un’imposta sul reddito delle società il cui tasso è pari o prossimo a zero; oppure

ii)      è inserita in un elenco di giurisdizioni di paesi terzi che sono state valutate collettivamente dagli Stati membri o nel quadro dell’[Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE)] come non cooperative;

c)      il pagamento beneficia di un’esenzione totale dalle imposte nella giurisdizione in cui il destinatario è residente a fini fiscali;

d)      il pagamento beneficia di un regime fiscale preferenziale nella giurisdizione in cui il destinatario è residente a fini fiscali.

2.      Per lo stesso ammortamento sul patrimonio sono chieste detrazioni in più di una giurisdizione.

3.      È chiesto lo sgravio dalla doppia tassazione rispetto allo stesso elemento di reddito o capitale in più di una giurisdizione.

4.      Esiste un meccanismo che include trasferimenti di attivi e in cui vi è una differenza significativa nell’importo considerato dovuto come contropartita degli attivi nelle giurisdizioni interessate.

D.      Elementi distintivi specifici riguardanti lo scambio automatico di informazioni e la titolarità effettiva

1.      Un meccanismo che può avere come effetto di compromettere l’obbligo di comunicazione imposto dalle leggi che attuano la normativa dell’Unione o eventuali accordi equivalenti sullo scambio automatico di informazioni sui conti finanziari, compresi accordi con i paesi terzi, o che trae vantaggio dall’assenza di tale normativa o tali accordi. Detti meccanismi includono come minimo gli elementi seguenti:

a)      l’uso di un conto, prodotto o investimento che non è un conto finanziario, o non appare come tale, ma ha caratteristiche sostanzialmente simili a quelle di un contro finanziario;

b)      il trasferimento di conti o attività finanziari in giurisdizioni che non sono vincolate dallo scambio automatico di informazioni sui conti finanziari con lo Stato di residenza del contribuente pertinente, o l’utilizzo di tali giurisdizioni;

c)      la riclassificazione di redditi e capitali come prodotti o pagamenti che non sono soggetti allo scambio automatico di informazioni sui conti finanziari;

d)      il trasferimento o la conversione di un’istituzione finanziaria, o di un conto finanziario o delle relative attività in un’istituzione finanziaria o in un conto o in attività finanziari non soggetti a comunicazione nell’ambito dello scambio automatico di informazioni sui conti finanziari;

e)      il ricorso a soggetti, meccanismi o strutture giuridici che eliminano o hanno lo scopo di eliminare la comunicazione di informazioni su uno o più titolari di conti o persone che esercitano il controllo sui conti nell’ambito dello scambio automatico di informazioni sui conti finanziari;

f)      meccanismi che compromettono le procedure di adeguata verifica utilizzate dalle istituzioni finanziarie per ottemperare agli obblighi di comunicazione di informazioni sui conti finanziari o ne sfruttano le debolezze, compreso l’uso di giurisdizioni con regimi inadeguati o deboli di attuazione della legislazione antiriciclaggio o con requisiti di trasparenza deboli per quanto riguarda le persone giuridiche o i dispositivi giuridici.

2.      Un meccanismo che comporta una catena di titolarità legale o effettiva non trasparente, con l’utilizzo di persone, dispositivi giuridici o strutture giuridiche:

a)      che non svolgono un’attività economica sostanziale supportata da personale, attrezzatura, attività e locali adeguati; e

b)      che sono costituiti, gestiti, residenti, controllati o stabiliti in una giurisdizione diversa dalla giurisdizione di residenza di uno o più dei titolari effettivi delle attività detenute da tali persone, dispositivi giuridici o strutture giuridiche; e

c)      in cui i titolari effettivi di tali persone, dispositivi giuridici o strutture giuridiche, quali definiti dalla direttiva (UE) 2015/849 [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2006/70/CE della Commissione (GU 2015, L 141, pag. 73], sono resi non identificabili.

E.      Elementi distintivi specifici relativi ai prezzi di trasferimento

1.      Un meccanismo che comporta l’uso di norme “porto sicuro” (safe harbour) unilaterali.

2.      Un meccanismo che comporta il trasferimento di beni immateriali di difficile valutazione. Si intende per “beni immateriali di difficile valutazione” (hard-to-value intangibles) quei beni immateriali o i diritti su beni immateriali, per i quali al momento del loro trasferimento tra imprese associate:

a)      non esistono affidabili transazioni comparabili; e

b)      al momento della definizione dell’accordo, le proiezioni dei flussi di cassa futuri o del reddito derivante dal bene immateriale trasferito o le assunzioni utilizzate nella sua valutazione sono altamente incerte, rendendo difficile prevedere il livello di successo finale del bene immateriale trasferito.

3.      Un meccanismo che implica un trasferimento transfrontaliero infragruppo di funzioni e/o rischi e/o attività, se la previsione annuale degli utili del cedente o dei cedenti al lordo di interessi e imposte (EBIT), nel periodo di tre anni successivo al trasferimento, è inferiore al 50% della previsione annuale degli EBIT del cedente o cedenti in questione in mancanza di trasferimento».

 Direttiva (UE) 2016/1164

11      Il considerando 11 della direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio, del 12 luglio 2016, recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno (GU 2016, L 193, pag. 1), enuncia quanto segue:

«Norme generali antiabuso sono presenti nei sistemi fiscali per contrastare le pratiche fiscali abusive che non sono ancora state oggetto di disposizioni specifiche. Tali norme sono pertanto destinate a colmare lacune e non dovrebbero pregiudicare l’applicabilità di norme antiabuso specifiche. All’interno dell’Unione [europea] le norme generali antiabuso dovrebbero essere applicate alle costruzioni che non sono genuine; in caso contrario il contribuente dovrebbe avere il diritto di scegliere la struttura più vantaggiosa dal punto di vista fiscale per i propri affari commerciali. (...)».

12      L’articolo 6 della direttiva 2016/1164, intitolato «Norma generale antiabuso», così dispone:

«1.      Ai fini del calcolo dell’imposta dovuta sulle società, gli Stati membri ignorano una costruzione o una serie di costruzioni che, essendo stata posta in essere allo scopo principale o a uno degli scopi principali di ottenere un vantaggio fiscale che è in contrasto con l’oggetto o la finalità del diritto fiscale applicabile, non è genuina avendo riguardo a tutti i fatti e le circostanze pertinenti. Una costruzione può comprendere più di una fase o parte.

2.      Ai fini del paragrafo 1, una costruzione o una serie di costruzioni è considerata non genuina nella misura in cui non sia stata posta in essere per valide ragioni commerciali che rispecchiano la realtà economica.

3.      Quando le costruzioni o una serie di costruzioni sono ignorate a norma del paragrafo 1, l’imposta dovuta è calcolata in conformità del diritto nazionale».

 Direttiva 2018/822

13      I considerando 2, 4, da 6 a 9, 14 e 18 della direttiva 2018/822 sono così formulati:

«(2)      Per gli Stati membri risulta sempre più difficile proteggere le basi imponibili nazionali dall’erosione poiché le strutture di pianificazione fiscale hanno subito un’evoluzione diventando particolarmente sofisticate e spesso traggono vantaggio dall’accresciuta mobilità di capitali e di persone nel mercato interno. Tali strutture consistono generalmente in meccanismi che si sviluppano tra varie giurisdizioni e trasferiscono gli utili imponibili verso regimi tributari favorevoli o hanno come effetto quello di ridurre le imposte esigibili nei confronti dei contribuenti. Questo determina spesso riduzioni considerevoli del gettito fiscale degli Stati membri e impedisce loro di applicare politiche fiscali favorevoli alla crescita. È pertanto fondamentale che le autorità fiscali degli Stati membri ottengano informazioni complete e pertinenti riguardo a meccanismi fiscali potenzialmente aggressivi. Tali informazioni permetterebbero a dette autorità di reagire prontamente alle pratiche fiscali dannose e di colmare le lacune mediante disposizioni legislative o lo svolgimento di adeguate valutazioni di rischio e audit fiscali. Tuttavia, il fatto che le autorità fiscali non reagiscano a un meccanismo soggetto a notifica non dovrebbe implicare l’accettazione della validità o il trattamento fiscale di tale meccanismo.

(...)

(4)      Poiché è stato riconosciuto che un quadro trasparente per lo sviluppo delle attività economiche può contribuire a contrastare l’elusione e l’evasione fiscali nel mercato interno, la Commissione è stata chiamata a intraprendere nuove iniziative sulla comunicazione obbligatoria di informazioni sui meccanismi di pianificazione fiscale potenzialmente aggressiva in linea con l’azione 12 del piano d’azione dell’OCSE sull’erosione della base imponibile e sul trasferimento degli utili [BEPS (Base Erosion and Profit Shifting)]. In questo contesto, il Parlamento europeo ha sollecitato misure più rigide contro gli intermediari che offrono assistenza in meccanismi che possono portare all’elusione e all’evasione fiscali. È inoltre importante osservare che, nella “Dichiarazione del G7 di Bari del 13 maggio 2017, sulla lotta ai reati fiscali e altri flussi finanziari illeciti” è stato chiesto all’OCSE di iniziare a discutere dei possibili modi per far fronte ai meccanismi elaborati per eludere l’obbligo di comunicazione nell’ambito del [Common Reporting Standard (CRS)] o volti a fornire ai titolari effettivi la protezione di strutture non trasparenti, tenendo anche conto dei modelli di norme sulla comunicazione obbligatoria di informazioni ispirati all’approccio adottato per i meccanismi di elusione delineato nell’ambito della relazione sull’azione 12 del BEPS.

(...)

(6)      La comunicazione di informazioni sui meccanismi transfrontalieri di pianificazione fiscale potenzialmente aggressiva può contribuire in modo efficace agli sforzi per la creazione di un ambiente di tassazione equa nel mercato interno. In tale prospettiva, l’istituzione dell’obbligo per gli intermediari di informare le autorità fiscali (...) costituirebbe un passo nella giusta direzione. (...)

(7)      È riconosciuto che la comunicazione di informazioni sui meccanismi transfrontalieri di pianificazione fiscale potenzialmente aggressiva avrebbe una migliore possibilità di raggiungere l’effetto deterrente previsto se le informazioni pertinenti raggiungessero le autorità fiscali in una fase precoce, ossia prima che tali meccanismi siano effettivamente attuati. Per agevolare il lavoro delle amministrazioni degli Stati membri, il successivo scambio automatico di informazioni su tali meccanismi potrebbe avvenire ogni trimestre.

(8)      Al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno e per evitare lacune nel quadro normativo proposto, l’obbligo di comunicazione di informazioni dovrebbe essere imposto a tutti gli attori che sono di solito coinvolti nell’elaborazione, commercializzazione, organizzazione e gestione dell’attuazione di un’operazione transfrontaliera soggetta all’obbligo di notifica o di una serie di tali operazioni, nonché a coloro che forniscono assistenza o consulenza. Non si dovrebbe neanche ignorare che, in alcuni casi, l’obbligo di comunicazione di informazioni non sarebbe applicabile a un intermediario a causa del segreto professionale o laddove non esistano intermediari perché, ad esempio, il contribuente elabora e attua un sistema internamente. In tali circostanze, sarebbe dunque fondamentale che le autorità fiscali non perdano l’opportunità di ricevere informazioni relative a meccanismi di natura fiscale che sono potenzialmente legati a una pianificazione fiscale aggressiva. In tali casi sarebbe dunque necessario trasferire l’obbligo di comunicazione di informazioni al contribuente che trae beneficio dal meccanismo.

(9)      I meccanismi di pianificazione fiscale aggressiva si sono evoluti negli anni diventando sempre più complessi e sono costantemente soggetti a modifiche e adattamenti per reagire alle contromisure difensive adottate dalle autorità fiscali. Tenendo conto di ciò, sarebbe più efficace cercare di individuare i meccanismi di pianificazione fiscale potenzialmente aggressiva attraverso la compilazione di un elenco delle peculiarità e degli elementi delle operazioni che presentano una forte indicazione di elusione e abuso fiscale, piuttosto che definire il concetto di pianificazione fiscale aggressiva. Tali indicazioni sono definite “elementi distintivi”.

(...)

(14)      Se da un lato l’imposizione diretta resta di competenza degli Stati membri, dall’altro è opportuno fare riferimento a un’imposta sul reddito delle società il cui tasso è pari o prossimo a zero al solo scopo di definire chiaramente l’ambito di applicazione dell’elemento distintivo riguardante i meccanismi (...) che dovrebbero essere soggetti all’obbligo di notifica (...). Inoltre, è opportuno ricordare che i meccanismi transfrontalieri di pianificazione fiscale aggressiva, il cui scopo principale o uno degli scopi principali è quello di ottenere un vantaggio fiscale che è in contrasto con l’oggetto o la finalità del diritto fiscale applicabile, sono soggetti alla norma generale antiabuso prevista dall’articolo 6 della direttiva [2016/1164].

(...)

(18)      La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente dalla Carta (...)».

 Diritto belga

14      La legge del 20 dicembre 2019, che traspone la direttiva 2018/822, ha apportato modifiche al code des impôts sur les revenus 1992 (codice delle imposte sui redditi 1992), al code des droits d’enregistrement, d’hypothèque et de greffe (codice delle imposte di registro, ipoteca e cancelleria), al code des droits de succession (codice delle imposte di successione) nonché al code des droits et taxes divers (codice delle imposte e tasse di varia natura) (in prosieguo: la «legge del 20 dicembre 2019»).

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

15      Con ricorsi depositati il 30 giugno, il 1º e il 2 luglio 2020, i ricorrenti nei procedimenti principali hanno chiesto alla Cour constitutionnelle (Corte costituzionale, Belgio), giudice del rinvio, l’annullamento totale o parziale della legge del 20 dicembre 2019. I procedimenti in questione sono stati riuniti dal giudice del rinvio ai fini procedurali.

16      Il giudice del rinvio rileva che alcuni ricorrenti nei procedimenti principali contestano l’ambito di applicazione della legge del 20 dicembre 2019 nei limiti in cui essa si applica anche alle imposte diverse dall’imposta sulle società. Poiché tale applicazione indifferenziata trova la sua fonte nelle disposizioni della direttiva 2018/822, il giudice del rinvio ritiene necessario sollevare una prima questione vertente sulla validità di tale direttiva alla luce dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione nonché degli articoli 20 e 21 della Carta.

17      Il giudice del rinvio rileva inoltre che alcuni ricorrenti nei procedimenti principali sostengono che le nozioni di «meccanismo», di «intermediario», di «partecipante» e di «impresa associata», nonché l’aggettivo qualificativo «transfrontaliero», i diversi «elementi distintivi» e il «criterio del vantaggio principale» non sono sufficientemente precisi. Poiché queste diverse nozioni nonché quelle di «meccanismo commerciabile» e di «meccanismo su misura» riproducono quelle contenute nella direttiva 2018/822 e poiché la violazione dell’obbligo di comunicazione istituito da tale direttiva è sanzionata mediante sanzioni amministrative pecuniarie previste dal diritto nazionale, il giudice del rinvio ritiene necessario sottoporre una seconda questione pregiudiziale in merito a dette nozioni, vertente sulla validità della direttiva 2018/822 alla luce del principio di certezza del diritto, del principio di legalità in materia penale sancito dall’articolo 49, paragrafo 1, della Carta e del diritto al rispetto della vita privata garantito dall’articolo 7 della Carta.

18      Poiché alcuni ricorrenti nei procedimenti principali hanno sostenuto che le disposizioni della legge del 20 dicembre 2019 non consentono di determinare con il grado di precisione richiesto la data a partire dalla quale inizia a decorrere il termine per procedere alla comunicazione prevista da tale legge e poiché dette disposizioni riproducono al riguardo quelle della direttiva 2018/822, il giudice del rinvio ritiene necessario sollevare una terza questione per valutare la validità di detta direttiva, vertente su tale aspetto, ancora una volta considerato alla luce dell’articolo 7 e dell’articolo 49, paragrafo 1, della Carta.

19      Chiamato altresì a pronunciarsi sulle censure dedotte da taluni ricorrenti nei procedimenti principali per quanto riguarda l’obbligo, per l’intermediario che si avvale del segreto professionale, di informare gli altri intermediari del loro obbligo di comunicazione, il giudice del rinvio ritiene che, prima di statuire nel merito, occorra sottoporre alla Corte una quarta questione pregiudiziale vertente sulla validità della disposizione della direttiva 2018/822 che prevede detto obbligo, simile a quella sollevata nella causa C‑694/20, che ha nel frattempo dato luogo alla sentenza dell’8 dicembre 2022, Orde van Vlaamse Balies e a. (C‑694/20, EU:C:2022:963), ma riguardante tutti gli intermediari che sono tenuti al segreto professionale e unicamente alla luce del diritto al rispetto della vita privata.

20      Infine, per quanto riguarda l’obbligo di comunicazione dei meccanismi transfrontalieri previsto dalla direttiva 2018/822 e oggetto di contestazioni da parte di alcuni ricorrenti nei procedimenti principali, il giudice del rinvio rileva che l’ambito di applicazione di tale obbligo è esteso e che esso può riguardare meccanismi che sono leciti, autentici, non abusivi e il cui vantaggio principale non è fiscale. Pertanto, si porrebbe la questione di stabilire se, alla luce di tale ampio ambito di applicazione e delle informazioni da fornire, detto obbligo di comunicazione sia ragionevolmente giustificato e proporzionato rispetto agli obiettivi perseguiti e se esso sia pertinente alla luce dell’obiettivo di garantire il buon funzionamento del mercato interno, dal momento che, in particolare, la condizione secondo cui il meccanismo deve essere transfrontaliero potrebbe essere tale da ostacolare l’esercizio delle libertà di circolazione. Al riguardo, il giudice del rinvio ritiene necessario sollevare una quinta questione pregiudiziale vertente sulla validità di tale direttiva e dell’obbligo di comunicazione così istituito alla luce del diritto al rispetto della vita privata sancito all’articolo 7 della Carta.

21      È in tale contesto che la Cour constitutionnelle (Corte costituzionale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la [direttiva 2018/822] violi l’articolo 6, paragrafo 3, [TUE] nonché gli articoli 20 e 21 della [Carta], e più specificamente il principio di uguaglianza e di non discriminazione sancito da tali disposizioni, in quanto la [direttiva 2018/822] non limita all’imposta sulle società l’obbligo di notifica dei meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di notifica, bensì lo rende applicabile a tutte le imposte che rientrano nell’ambito di applicazione della [direttiva 2011/16], il che include, nel diritto belga, non solo l’imposta sulle società, ma altresì imposte dirette diverse dall’imposta sulle società e imposte indirette, quale l’imposta di registro.

2)      Se la succitata [direttiva 2018/822] violi il principio di legalità in materia penale sancito dall’articolo 49, paragrafo 1, della [Carta] e dall’articolo 7, paragrafo 1, della [Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950; in prosieguo: la “CEDU”], violi il principio generale di certezza del diritto e violi il diritto al rispetto della vita privata sancito dall’articolo 7 della [Carta] e dall’articolo 8 della [CEDU], in quanto le nozioni di “meccanismo” (e pertanto quelle di “meccanismo transfrontaliero”, di “meccanismo commerciabile” e di “meccanismo su misura”), di “intermediario”, di “partecipante”, di “impresa associata”, l’aggettivo “transfrontaliero”, i vari “elementi distintivi” e il “criterio del vantaggio principale”, che la [direttiva 2018/822] utilizza per definire l’ambito di applicazione e la portata dell’obbligo di notifica dei meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di notifica, non sarebbero sufficientemente chiari e precisi.

3)      Se la succitata [direttiva 2018/822], in particolare nella parte in cui introduce l’articolo 8 bis ter, paragrafi 1 e 7, della succitata [direttiva 2011/16], violi il principio di legalità in materia penale sancito dall’articolo 49, paragrafo 1, della [Carta] e dall’articolo 7, paragrafo 1, della [CEDU], e violi il diritto al rispetto della vita privata sancito dall’articolo 7 della [Carta] e dall’articolo 8 della [CEDU], in quanto il dies a quo del termine di 30 giorni entro il quale l’intermediario o il contribuente pertinente deve adempiere l’obbligo di notifica di un meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica non sarebbe fissato con sufficiente chiarezza e precisione.

4)      Se l’articolo 1, [paragrafo] 2, della succitata [direttiva 2018/22] violi il diritto al rispetto della vita privata sancito dall’articolo 7 della [Carta] e dall’articolo 8 della [CEDU], in quanto [dal] nuovo articolo 8 bis ter, paragrafo 5, che lo ha inserito nella succitata [direttiva 2011/16] [e che] prevede che, se uno Stato membro adotta le misure necessarie per concedere agli intermediari il diritto all’esenzione dall’obbligo di comunicazione di informazioni su un meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica quando l’obbligo di comunicazione sarebbe in contrasto con il segreto professionale applicabile in forza del diritto nazionale di detto Stato membro, tale Stato membro è tenuto a imporre a suddetti intermediari di notificare, senza indugio, a un eventuale altro intermediario o, in sua assenza, al contribuente pertinente, i rispettivi obblighi di comunicazione, (...) discende che un intermediario che è soggetto al segreto professionale penalmente sanzionato in forza del diritto di tale Stato membro è tenuto a condividere con un altro intermediario che non è il suo cliente le informazioni che acquisisce nell’esercizio della sua professione.

5)      Se la succitata [direttiva 2018/822] violi il diritto al rispetto della vita privata sancito dall’articolo 7 della [Carta] e dall’articolo 8 della [CEDU], in quanto l’obbligo di notifica dei meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di notifica comporterebbe un’ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata degli intermediari e dei contribuenti pertinenti che non sarebbe ragionevolmente giustificata e proporzionata rispetto agli obiettivi perseguiti e non sarebbe rilevante con riguardo all’obiettivo di garantire il corretto funzionamento del mercato interno».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione pregiudiziale

22      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente alla Corte di esaminare la validità della direttiva 2011/16 modificata, alla luce dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione nonché degli articoli 20 e 21 della Carta, nella misura in cui tale direttiva non limita l’obbligo di comunicazione di cui al suo articolo 8 bis ter, paragrafi 1, 6 e 7, all’imposta sulle società, ma lo rende applicabile a tutte le imposte rientranti nel suo ambito di applicazione.

23      Per quanto riguarda il principio di non discriminazione enunciato all’articolo 21 della Carta, occorre rilevare anzitutto che non risulta in che modo l’applicazione indistinta dell’obbligo di comunicazione di cui trattasi nei confronti dei diversi tipi di imposte in questione possa rivelare l’esistenza di una differenza di trattamento fondata su un fattore specifico come quelli elencati da detta disposizione.

24      Ciò posto, occorre ricordare che il divieto di discriminazione è solo l’espressione specifica del principio generale di uguaglianza che fa parte dei principi fondamentali del diritto dell’Unione, e che tale principio, cui fa eco anche l’articolo 20 della Carta, impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che un simile trattamento non sia obiettivamente giustificato (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2020, Centraal Israëlitisch Consistorie van België e a., C‑336/19, EU:C:2020:1031, punto 85 e giurisprudenza citata).

25      La comparabilità di situazioni diverse è valutata tenendo conto di tutti gli elementi che le caratterizzano. Tali elementi devono, in particolare, essere determinati e valutati alla luce dell’oggetto e dello scopo dell’atto dell’Unione che stabilisce la distinzione di cui trattasi. Inoltre, devono essere presi in considerazione i principi e gli obiettivi del settore cui si riferisce l’atto in parola [sentenza del 10 febbraio 2022, OE (Residenza abituale di un coniuge – Criterio di cittadinanza), C‑522/20, EU:C:2022:87, punto 20 e giurisprudenza citata].

26      Inoltre, la Corte ha anche affermato, per quanto riguarda il controllo giurisdizionale del rispetto del principio di parità di trattamento da parte del legislatore dell’Unione, che quest’ultimo dispone, nell’esercizio delle competenze che gli sono conferite, di un ampio potere discrezionale quando interviene in un ambito che richiede scelte di natura politica, economica e sociale e quando è chiamato a effettuare valutazioni e accertamenti complessi. Pertanto, solo la manifesta inidoneità di una misura adottata in tale materia, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di tale misura [sentenza del 10 febbraio 2022, OE (Residenza abituale di un coniuge – Criterio di cittadinanza), C‑522/20, EU:C:2022:87, punto 21 e giurisprudenza citata].

27      Nel caso di specie, dall’articolo 2, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2011/16 modificata risulta che, in sostanza, l’obbligo di comunicazione previsto all’articolo 8 bis ter, paragrafi 1, 6 e 7, di tale direttiva si applica a tutti i tipi di imposte riscosse da uno Stato membro e dalle sue entità territoriali o amministrative, ma non all’IVA e ai dazi doganali, né alle accise contemplate da altre normative dell’Unione relative alla cooperazione amministrativa tra Stati membri.

28      Occorre ricordare che tale obbligo si inserisce nell’ambito dell’attuazione di una cooperazione fiscale internazionale per la lotta contro la pianificazione fiscale aggressiva che si concretizza in uno scambio di informazioni tra Stati membri. Detto obbligo ha come obiettivi di contribuire alla lotta contro tale pianificazione fiscale aggressiva e alla prevenzione del rischio di elusione ed evasione fiscali (sentenza dell’8 dicembre 2022, Orde van Vlaamse Balies e a., C‑694/20, EU:C:2022:963, punti 43 e 44 e giurisprudenza citata).

29      Ne consegue che il criterio di riferimento alla luce del quale, nel caso di specie, deve essere valutata l’esistenza di un’eventuale violazione del principio di parità di trattamento nella misura in cui la direttiva 2011/16 modificata non limita l’obbligo di comunicazione dei meccanismi transfrontalieri alle sole imposte sulle società, ma lo rende applicabile a tutte le imposte diverse dall’IVA, dai dazi doganali e dalle accise, è quello del rischio di pianificazione fiscale aggressiva nonché di elusione ed evasione fiscali.

30      Orbene, nulla nel fascicolo di cui dispone la Corte consente di concludere che le pratiche di pianificazione fiscale aggressiva possano essere attuate solo nel settore dell’imposta sulle società, ad esclusione del settore delle altre imposte dirette, come, ad esempio, l’imposta sul reddito applicabile alle persone fisiche, e del settore delle imposte indirette che, a differenza dell’IVA, dei dazi doganali e delle accise esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva 2011/16 modificata, non sono oggetto, al pari di questi tre tipi di imposte indirette, di normative specifiche dell’Unione nel cui ambito l’obiettivo della lotta contro simili pratiche può, eventualmente, essere più specificamente garantito.

31      Al riguardo, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 35 delle conclusioni, anche se lo studio d’impatto della Commissione del 21 giugno 2017 [SWD(2017) 236 final], che accompagna la proposta di modifica della direttiva 2011/16 (in prosieguo: lo «studio d’impatto»), attribuisce maggiore importanza alle imposte dirette, esso afferma tuttavia che qualsiasi tipo di imposta o tassa può essere oggetto di una pianificazione fiscale aggressiva. La circostanza che tale studio preveda che la lotta contro la pianificazione fiscale aggressiva in materia di IVA potrebbe essere meglio realizzata nell’ambito della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), circostanza riflessa dal fatto che quest’ultima imposta esula dall’ambito di applicazione ratione materiae della direttiva 2011/16 modificata, non implica che la lotta contro la pianificazione fiscale aggressiva non possa, per quanto riguarda altre imposte indirette, ricorrere utilmente all’obbligo di comunicazione.

32      Inoltre, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 28 delle conclusioni, il progetto OCSE/G20 relativo all’erosione della base imponibile e al trasferimento degli utili, alla quale, come risulta dal considerando 4 della direttiva 2018/822, si è ispirato il legislatore dell’Unione, attesta altresì che un regime di notifica come quello istituito da detta direttiva era tale da poter comprendere un insieme il più ampio possibile di tipi di imposte.

33      In tali circostanze, risulta che i diversi tipi di imposte soggetti all’obbligo di comunicazione previsto dalla direttiva 2011/16 modificata rientrano in situazioni comparabili alla luce degli obiettivi perseguiti da tale direttiva nel settore della lotta contro la pianificazione fiscale aggressiva e contro l’elusione ed evasione fiscali nel mercato interno e che un simile assoggettamento, in un settore nel quale il legislatore dell’Unione dispone di un ampio potere discrezionale nell’esercizio delle competenze che gli sono conferite, non presenta un carattere manifestamente inadeguato rispetto a detti obiettivi.

34      Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve concludere che dall’esame dell’aspetto su cui verte la prima questione non è emerso alcun elemento tale da inficiare la validità della direttiva 2011/16 modificata alla luce dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione nonché degli articoli 20 e 21 della Carta.

 Sulle questioni pregiudiziali seconda e terza

35      Con le questioni seconda e terza, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede alla Corte di esaminare la validità della direttiva 2011/16 modificata, alla luce del principio di certezza del diritto, del principio di legalità in materia penale sancito all’articolo 49, paragrafo 1, della Carta e del diritto al rispetto della vita privata garantito dall’articolo 7 della Carta, poiché la nozione di «meccanismo», e pertanto quelle di «meccanismo transfrontaliero», di «meccanismo commerciabile» nonché di «meccanismo su misura», di «intermediario», di «partecipante», di «impresa associata», nonché l’aggettivo qualificativo «transfrontaliero», i diversi «elementi distintivi», il «criterio del vantaggio principale» e, infine, il dies a quo del termine di 30 giorni impartito per l’adempimento dell’obbligo di comunicazione, che tale direttiva impiega e fissa per determinare l’ambito di applicazione e la portata di tale obbligo, non sarebbero sufficientemente chiari e precisi.

36      Il principio di certezza del diritto esige, da un lato, che le norme di diritto siano chiare e precise e, dall’altro, che la loro applicazione sia prevedibile per i singoli, in particolare quando esse possono avere conseguenze sfavorevoli. Detto principio impone in particolare che una normativa consenta agli interessati di conoscere con esattezza la portata degli obblighi che essa impone loro e che essi possano conoscere senza ambiguità i loro diritti e i loro obblighi e regolarsi di conseguenza (sentenza del 16 febbraio 2022, Ungheria/Parlamento e Consiglio, C‑156/21, EU:C:2022:97, punto 223 e giurisprudenza citata).

37      Tuttavia, tali esigenze non possono essere intese nel senso che ostano a che il legislatore dell’Unione, nell’ambito di una norma che esso adotta, utilizzi una nozione giuridica astratta né nel senso che impongono che una simile norma astratta menzioni le diverse ipotesi concrete in cui essa può essere applicata, in quanto il legislatore non può determinare in anticipo tutte le suddette ipotesi (sentenza del 16 febbraio 2022, Ungheria/Parlamento e Consiglio, C‑156/21, EU:C:2022:97, punto 224 nonché giurisprudenza citata).

38      Per quanto riguarda il principio di legalità in materia penale, occorre rilevare che, sebbene la direttiva 2011/16 modificata non fissi essa stessa alcuna sanzione per la violazione dell’obbligo di comunicazione, l’articolo 25 bis di quest’ultima prevede, al riguardo, che gli Stati membri debbano determinare sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, vale a dire sanzioni che possono rivestire carattere penale; il giudice del rinvio indica del resto che ciò avviene per quanto riguarda le sanzioni previste dal diritto belga. In tale misura, un’eventuale mancanza di chiarezza o di precisione delle nozioni e dei termini sui quali vertono le questioni seconda e terza, nozioni e termini che determinano i comportamenti di cui è richiesto il rispetto da parte dei singoli in questione, pena l’imposizione di simili sanzioni, può ledere il principio di legalità in materia penale.

39      Detto principio, sancito all’articolo 49, paragrafo 1, della Carta, e che costituisce una particolare espressione del principio generale di certezza del diritto, implica infatti, in particolare, che la legge definisca chiaramente i reati e le pene che li puniscono [sentenza dell’8 marzo 2022, Bezirkshauptmannschaft Hartberg-Fürstenfeld (Effetto diretto), C‑205/20, EU:C:2022:168, punto 47 e giurisprudenza citata].

40      La legalità in materia penale è rispettata quando il singolo può conoscere, in base al testo della disposizione rilevante e, se del caso, con l’aiuto dell’interpretazione che ne sia stata fatta dai giudici, gli atti e le omissioni che chiamano in causa la sua responsabilità penale (sentenza del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B., C‑42/17, EU:C:2017:936, punto 56 nonché giurisprudenza citata).

41      Occorre inoltre ricordare che il principio di legalità dei reati e delle pene fa parte delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri ed è stato sancito da vari trattati internazionali, in particolare all’articolo 7, paragrafo 1, della CEDU. Orbene, dalle spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17) emerge che, conformemente all’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, il diritto garantito all’articolo 49 della medesima ha significato e portata identici al diritto garantito dalla CEDU (sentenza del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B., C‑42/17, EU:C:2017:936, punti 53 e 54).

42      Al riguardo, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») relativa all’articolo 7 della CEDU risulta che, a causa del carattere necessariamente generale degli atti legislativi, la formulazione di questi ultimi non può presentare una precisione assoluta. Ne consegue, in particolare, che pur se l’utilizzo della tecnica legislativa consistente nel fare ricorso a categorie generali, piuttosto che a elenchi esaustivi, lascia spesso zone d’ombra ai margini della definizione, tali dubbi in merito ai casi limite non sono da soli sufficienti a rendere una disposizione incompatibile con l’articolo 7 della suddetta convenzione, sempreché essa risulti sufficientemente chiara nella grande maggioranza dei casi (v. in tal senso, in particolare, Corte EDU, 15 novembre 1996, Cantoni c. Francia, CE:ECHR:1996:1115JUD001786291, §§ 31 e 32).

43      Parimenti, dalla giurisprudenza della Corte emerge che il principio di determinatezza della legge applicabile non può essere inteso come un divieto di graduale chiarimento delle norme della responsabilità penale mediante interpretazioni giurisprudenziali, sempreché queste ultime siano ragionevolmente prevedibili (sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 167 e giurisprudenza citata).

44      Alla luce di quanto precede, la circostanza che una normativa faccia riferimento a nozioni ampie che devono essere progressivamente chiarite non osta, in linea di principio, a che si possa ritenere che tale normativa preveda norme chiare e precise che consentono al singolo di prevedere quali atti e omissioni possano essere oggetto di sanzioni di natura penale (v., in tal senso, sentenza del 5 maggio 2022, BV, C‑570/20, EU:C:2022:348, punto 42). Al riguardo, ciò che rileva è stabilire se l’apparenza di ambiguità o di carattere vago di tali nozioni possa essere dissipata ricorrendo ai metodi ordinari di interpretazione del diritto. Inoltre, qualora dette nozioni corrispondano a quelle utilizzate nelle convenzioni e pratiche internazionali pertinenti, tali convenzioni e pratiche possono fornire ulteriori indicazioni al giudice incaricato di tale interpretazione [v., in tal senso, sentenza del 25 novembre 2021, État luxembourgeois (Informazioni su un gruppo di contribuenti), C‑437/19, EU:C:2021:953, punti da 69 a 71].

45      Infine, la Corte ha sottolineato che il grado di prevedibilità richiesto dipende in larga parte dal contenuto del testo di cui trattasi, dal settore interessato nonché dal numero e dalla qualità dei suoi destinatari. La prevedibilità della legge non impedisce che l’interessato sia portato a ricorrere a un illuminato parere legale al fine di valutare, in una misura ragionevole in base alle circostanze della causa di cui trattasi, le conseguenze che possono risultare da un atto determinato. Ciò vale in particolare per i professionisti, abituati a dover dare prova di grande prudenza nello svolgimento del loro lavoro. Così, ci si può attendere da loro una cura particolare nel valutare i rischi che esso comporta (sentenza del 5 maggio 2022, BV, C‑570/20, EU:C:2022:348, punto 43 e giurisprudenza citata).

46      È alla luce delle considerazioni che precedono che occorre esaminare le nozioni di cui alla seconda questione.

47      In primo luogo, per quanto riguarda la nozione di «meccanismo», essa non è oggetto di una definizione specifica all’articolo 3 della direttiva 2011/16 modificata, intitolato «Definizioni». La nozione è utilizzata in tale direttiva, da sola o con altri termini, per formare le espressioni «meccanismo transfrontaliero», «meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica», «meccanismo commerciabile» e «meccanismo su misura». Il termine «meccanismo» è utilizzato anche nell’allegato IV in locuzioni quali meccanismo «che ha come effetto la conversione del reddito in capitale, doni o altre categorie di reddito tassate a un livello inferiore o esenti da imposta», meccanismo «comprendente operazioni circolari (...)» o, ancora, nella parte di frase «in cui l’intermediario è autorizzato a ricevere una commissione (...) per il meccanismo e tale commissione è fissata in riferimento (...) all’entità del vantaggio fiscale derivante dal meccanismo». Infine, all’articolo 3, punto 18, di detta direttiva, si indica che il termine «meccanismo» include anche una serie di meccanismi, e che un meccanismo può comprendere più di una fase o parte.

48      Inoltre, il considerando 2 della direttiva 2018/822 espone che «[p]er gli Stati membri risulta sempre più difficile proteggere le basi imponibili nazionali dall’erosione poiché le strutture di pianificazione fiscale hanno subito un’evoluzione diventando particolarmente sofisticate e spesso traggono vantaggio dall’accresciuta mobilità di capitali e di persone nel mercato interno», e indica che «[t]ali strutture consistono generalmente in meccanismi che si sviluppano tra varie giurisdizioni e trasferiscono gli utili imponibili verso regimi tributari favorevoli o hanno come effetto quello di ridurre le imposte esigibili nei confronti dei contribuenti».

49      Da quanto precede risulta che il termine «meccanismo» deve essere inteso nel suo significato corrente di dispositivo, operazione, struttura, costruzione, avente ad oggetto, nel contesto della direttiva 2011/16 modificata, la realizzazione di una pianificazione fiscale. Tenuto conto della grande varietà e della sofisticazione, evidenziate dal considerando 2 della direttiva 2018/822, delle possibili strutture di pianificazione fiscale non si può escludere, come menziona sostanzialmente l’articolo 3, punto 18, in fine, della direttiva 2011/16 modificata, che un meccanismo possa essere esso stesso costituito da più meccanismi. Ciò può avvenire nel caso di un meccanismo che comporta l’attuazione coordinata, in particolare in Stati membri diversi o secondo un calendario scaglionato, di meccanismi giuridici e fiscali distinti che non sono solo fasi o parti di tale meccanismo, ma che perseguono già, individualmente e separatamente gli uni dagli altri, la realizzazione di pianificazioni fiscali e che, combinati tra loro, perseguono la realizzazione di una pianificazione fiscale complessiva.

50      Occorre aggiungere che la presa in considerazione delle pratiche di pianificazione fiscale attraverso la nozione generica di «meccanismo» è un modo di procedere ben consolidato, come riflette, in particolare, il modello di norme relative alla comunicazione obbligatoria di informazioni relative ai meccanismi di elusione dello standard comune di comunicazione di informazioni (Common Reporting Standard - CRS) e alle strutture extraterritoriali non trasparenti dell’OCSE (2018) (in prosieguo: il «modello di norme dell’OCSE»), elaborato sulla base delle buone pratiche raccomandate dalla relazione sull’azione 12 del progetto BEPS, ed evocato dal legislatore dell’Unione al considerando 4, in fine, della direttiva 2018/822. Al punto 23 dei commentari contenuti nel modello di norme dell’OCSE si precisa che il termine «meccanismo» è parte integrante della definizione di «[m]eccanismo di elusione del CRS» e che tale definizione mira a essere sufficientemente ampia e solida da includere qualsiasi meccanismo, piano o schema, nonché tutte le fasi e le operazioni che ne fanno parte o dalle quali tale meccanismo prende effetto.

51      L’OBFG ritiene che, poiché l’obbligo di comunicazione riguarda ogni «meccanismo soggetto all’obbligo di notifica», la circostanza che un simile meccanismo possa essere composto da una serie di meccanismi sia tale da suscitare un’incertezza sulla portata dei concreti obblighi di comunicazione da rispettare.

52      A tale proposito, dall’articolo 8 bis ter della direttiva 2011/16 modificata risulta che l’obbligo riguarda, in linea di principio, qualunque «meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica», vale a dire, conformemente all’articolo 3, punto 19, di detta direttiva, qualunque meccanismo transfrontaliero che contenga almeno uno degli elementi distintivi di cui all’allegato IV, i quali presentano un’indicazione di potenziale rischio di elusione fiscale, ai sensi dell’articolo 3, punto 20, della medesima direttiva. In tale contesto, solo se e nei limiti in cui un meccanismo sia esso stesso composto da meccanismi che non costituiscono solo fasi o parti, ma che già perseguono, individualmente e separatamente gli uni dagli altri, la realizzazione di pianificazioni fiscali e che sono già costitutivi di «meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di notifica», vale a dire meccanismi che, ciascuno individualmente e isolatamente, comportano un «potenziale rischio di elusione fiscale», detto obbligo si applica a ciascuno di tali meccanismi, oltre ad applicarsi, a tempo debito, al meccanismo complessivo che essi compongono. Per contro, quando un «meccanismo soggetto all’obbligo di notifica» è composto da meccanismi che non rispondono a tali caratteristiche, il medesimo obbligo sussiste solo nei confronti di tale meccanismo e sorge solo alla data in cui detto meccanismo soddisfa una delle condizioni temporali previste all’articolo 8 bis ter, paragrafo 1, della direttiva 2011/16 modificata.

53      Tenuto conto delle considerazioni che precedono e alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti da 36 a 45 della presente sentenza, si deve considerare che la nozione di «meccanismo» appare sufficientemente chiara e precisa con riferimento ai requisiti derivanti dai principi di certezza del diritto e di legalità in materia penale.

54      In secondo luogo, per quanto riguarda le nozioni di «meccanismo transfrontaliero», di «meccanismo commerciabile» e di «meccanismo su misura», esse sono definite rispettivamente all’articolo 3, punti 18, 24 e 25, della direttiva 2011/16 modificata.

55      La qualificazione di «meccanismo transfrontaliero» è essenzialmente determinata, all’articolo 3, punto 18, della direttiva 2011/16 modificata, con riferimento alla residenza a fini fiscali del partecipante o dei partecipanti a un simile meccanismo, alla localizzazione dell’attività di tale partecipante o di tali partecipanti o, ancora, alle conseguenze che detto meccanismo può avere sullo scambio automatico di informazioni o sull’identificazione dei beneficiari effettivi del medesimo meccanismo.

56      Per quanto riguarda, in primo luogo, le nozioni di «residenza a fini fiscali» e di «localizzazione dell’attività», si deve constatare che esse non sollevano particolari difficoltà di comprensione.

57      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la nozione di «partecipante al meccanismo», sebbene non sia specificamente definita nella direttiva 2011/16 modificata, essa si comprende tuttavia agevolmente nel senso che include il «contribuente pertinente», di cui all’articolo 3, punto 22, di detta direttiva, e non comprende a priori l’«intermediario», ai sensi dell’articolo 3, punto 21, della medesima direttiva, fatta salva, tuttavia, l’eventualità che tale intermediario, oltre a realizzare le operazioni menzionate in detto punto 21, partecipi attivamente al meccanismo in quanto contribuente pertinente.

58      In terzo luogo, per quanto riguarda la valutazione dell’«impatto sullo scambio automatico di informazioni o sull’identificazione del titolare effettivo» che un meccanismo può avere, essa è sufficientemente esplicitata dall’allegato IV, nella parte in cui quest’ultimo riguarda, quale categoria D, gli elementi distintivi specifici relativi allo scambio automatico di informazioni e ai titolari effettivi. Tale categoria D contiene, ai suoi paragrafi 1 e 2, elenchi di diverse modalità di organizzazione o di funzionamento secondo le quali un meccanismo può avere l’effetto di violare l’obbligo di comunicazione o, ancora, di mascherare, facendo ricorso a catene di proprietà non trasparenti, l’identità dei titolari effettivi di tali modalità di organizzazione o di funzionamento.

59      Dalle considerazioni che precedono risulta che la nozione di «meccanismo transfrontaliero», nei suoi diversi aspetti, appare, all’esame delle disposizioni della direttiva 2011/16 modificata e tenuto conto della giurisprudenza menzionata ai punti da 36 a 45 della presente sentenza, sufficientemente chiara e precisa con riferimento ai requisiti derivanti dai principi di certezza del diritto e di legalità in materia penale.

60      Lo stesso vale per le nozioni, che si escludono a vicenda, di «meccanismo commerciabile» e di «meccanismo su misura», la prima corrispondente a un meccanismo transfrontaliero che è elaborato, commercializzato, approntato per l’attuazione o messo a disposizione a fini di attuazione e che non necessita di personalizzazioni sostanziali, mentre la seconda è definita come un meccanismo transfrontaliero diverso da un meccanismo commerciabile. Infatti, per quanto riguarda, in particolare, l’aggettivo «sostanziale», occorre rilevare che esso è chiarito dall’elemento distintivo A.3 dell’allegato IV, dal quale risulta sostanzialmente che un meccanismo che non necessita di personalizzazioni sostanziali per essere attuato è un meccanismo la cui documentazione e/o struttura sono in gran parte standardizzate e che può essere messo a disposizione di una pluralità di contribuenti.

61      In terzo luogo, la nozione di «intermediario» è definita all’articolo 3, punto 21, della direttiva 2011/16 modificata, nel senso che designa, in base al primo comma di tale disposizione, «qualunque persona che elabori, commercializzi, organizzi o metta a disposizione a fini di attuazione o gestisca l’attuazione di un meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica», ma anche, in base al secondo comma di tale disposizione, «qualunque persona che, in considerazione dei fatti e delle circostanze pertinenti e sulla base delle informazioni disponibili e delle pertinenti competenze e comprensione necessarie per fornire tali servizi, sia a conoscenza, o si possa ragionevolmente presumere che sia a conoscenza, del fatto che si è impegnata a fornire, direttamente o attraverso altre persone, aiuto, assistenza o consulenza riguardo all’elaborazione, commercializzazione, organizzazione, messa a disposizione a fini di attuazione o gestione dell’attuazione di un meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica».

62      La stessa disposizione aggiunge che, per potersi qualificare come intermediario, è necessario che la persona soddisfi almeno una delle condizioni seguenti, relative all’esistenza di un legame con il territorio degli Stati membri, vale a dire essere residente a fini fiscali in uno Stato membro, disporre di una stabile organizzazione in uno Stato membro attraverso la quale sono forniti i servizi con riguardo al meccanismo, essere costituita in uno Stato membro o essere disciplinata dal diritto di uno Stato membro, o essere registrata presso un’associazione professionale di servizi in ambito legale, fiscale o di consulenza in uno Stato membro.

63      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che i dubbi del giudice del rinvio vertono soprattutto sulla nozione di «intermediario» nella parte in cui essa ricomprende, all’articolo 3, punto 21, secondo comma, della direttiva 2011/16 modificata, le persone che, in sostanza, sono solo intermediari ausiliari o, ancora, secondo i termini del modello di norme dell’OCSE, «[p]restatori di servizio», in quanto si impegnano soltanto a fornire «aiuto, assistenza o consulenza» (in prosieguo: gli «intermediari ausiliari»), contrariamente alle persone menzionate all’articolo 3, punto 21, primo comma, di tale direttiva, che elaborano, commercializzano o organizzano il meccanismo transfrontaliero, lo mettono a disposizione ai fini della sua attuazione o la gestiscono (in prosieguo: gli «intermediari principali») e lo stesso modello di norme designa come i «[p]romotori» del meccanismo.

64      Orbene, in tale contesto occorre constatare che l’articolo 3, punto 21, secondo comma, della direttiva 2011/16 modificata, con il suo contenuto richiamato al punto 61 della presente sentenza, adotta una formulazione a cui, tenuto conto della giurisprudenza citata ai punti da 36 a 45 della presente sentenza, non sembra mancare la precisione necessaria a consentire agli operatori interessati di identificarsi come rientranti, o meno, nella categoria delle persone soggette all’obbligo di notifica. In particolare, ciò si verifica nel caso della nozione di persona che si è «impegnata a fornire, direttamente o attraverso altre persone, aiuto, assistenza o consulenza», che è centrale per consentire una simile identificazione.

65      In quarto luogo, la nozione di «impresa associata» è definita all’articolo 3, punto 23, della direttiva 2011/16 modificata, il quale prevede che, ai fini dell’articolo 8 bis ter di tale direttiva, per impresa associata si intende una persona che è legata a un’altra persona in uno dei diversi modi che l’articolo 3, punto 23 espone, quando, secondo determinate modalità e a determinate condizioni, questa prima persona partecipa alla gestione dell’altra persona, al suo controllo, al suo capitale o ai suoi utili. Tale disposizione prevede altresì, in particolare, che, in caso di partecipazione congiunta di più persone alla gestione, al controllo, al capitale o agli utili di un’altra o di altre persone, le persone in tal modo partecipanti siano assimilate a imprese associate. Essa espone, inoltre, le modalità di presa in considerazione delle partecipazioni indirette e precisa che il coniuge, gli ascendenti e i discendenti di una persona fisica sono considerati costituire con essa una sola e unica persona.

66      Orbene, tenuto conto della giurisprudenza richiamata ai punti da 36 a 45 della presente sentenza, una simile disposizione, per quanto formulata in termini ampi, soddisfa manifestamente i requisiti di chiarezza e precisione derivanti dai principi di certezza del diritto e di legalità in materia penale. Al riguardo, occorre rilevare che le osservazioni formulate dall’OBFG nelle sue osservazioni in merito a tale definizione non vertono tanto su un’eventuale mancanza di chiarezza della stessa disposizione quanto sulla sua portata.

67      In quinto luogo, per quanto riguarda gli elementi distintivi di cui all’allegato IV, il considerando 9 della direttiva 2018/822 enuncia sostanzialmente che, tenuto conto del fatto che la pianificazione fiscale aggressiva diventa sempre più complessa ed è costantemente soggetta ad adattamenti per reagire alle contromisure difensive adottate dalle autorità fiscali, è più efficace cercare di individuare i meccanismi di pianificazione fiscale potenzialmente aggressiva attraverso la compilazione di un elenco delle peculiarità e degli elementi che costituiscono «elementi distintivi» di tali meccanismi, piuttosto che definire il concetto di pianificazione fiscale aggressiva.

68      L’articolo 3, punto 20, della direttiva 2011/16 modificata definisce l’elemento distintivo come «una caratteristica o peculiarità di un meccanismo transfrontaliero che presenti un’indicazione di potenziale rischio di elusione fiscale, come elencato nell’allegato IV».

69      Gli elementi distintivi definiti in detto allegato sono suddivisi in diverse categorie, vale a dire gli «elementi distintivi generici collegati al criterio del vantaggio principale», inclusi nella categoria A, gli elementi distintivi «specifici», i primi collegati al «criterio del vantaggio principale», inclusi nella categoria B, i secondi collegati alle «operazioni transfrontaliere», inclusi nella categoria C, i terzi riguardanti «lo scambio automatico di informazioni e la titolarità effettiva», inclusi nella categoria D, e i quarti relativi ai «relativi ai prezzi di trasferimento», inclusi nella categoria E.

70      Mentre la presenza di determinati elementi distintivi in un meccanismo transfrontaliero è sufficiente per stabilire che tale meccanismo presenta un potenziale rischio di elusione fiscale, altri, quelli delle categorie A e B e della categoria C, paragrafo 1, lettera b) i), e lettere c) e d), possono essere presi in considerazione solo se soddisfano il «criterio del vantaggio principale», definito nella parte I dell’allegato IV. Quest’ultimo criterio sarà soddisfatto qualora sia «possibile stabilire che il principale vantaggio o uno dei principali vantaggi che una persona, tenuto conto di tutti i fatti e le circostanze pertinenti, si può ragionevolmente attendere da un meccanismo è ottenere un vantaggio fiscale».

71      Orbene, si deve constatare che gli elementi distintivi così definiti nell’allegato IV si riferiscono a caratteristiche specifiche e concrete di meccanismi fiscali che gli intermediari, ai sensi della direttiva 2011/16 modificata, che sono di norma specialisti della fiscalità, o addirittura, in assenza di intermediari, i contribuenti che elaborano essi stessi meccanismi transfrontalieri di pianificazione fiscale, sono in grado di individuare senza eccessive difficoltà.

72      Inoltre, le definizioni di elementi distintivi contenute nell’allegato IV possono essere collegate alle analisi dettagliate contenute nella relazione sull’azione 12 del progetto BEPS nonché nello studio d’impatto.

73      Inoltre, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 88 delle conclusioni, se è vero che il numero e l’ampiezza degli elementi distintivi implicano che essi riguardano un insieme eterogeneo di meccanismi, ciò non è tale da rendere l’applicazione dell’obbligo di comunicazione imprevedibile per le persone soggette a tale obbligo.

74      Quanto all’allegazione dell’OBFG secondo cui il criterio del vantaggio principale costituirebbe un criterio soggettivo, occorre rilevare che tale criterio rinvia al vantaggio che «una persona, tenuto conto di tutti i fatti e le circostanze pertinenti, si può ragionevolmente attendere da [tale] meccanismo». Non risulta particolarmente difficile per un intermediario e, in assenza di un intermediario soggetto all’obbligo di comunicazione, per il contribuente pertinente stabilire se il vantaggio principale o uno dei vantaggi principali che si possono ragionevolmente attendere dal meccanismo che elaborano e/o utilizzano sia di natura fiscale. Al riguardo, la relazione sull’azione 12 del progetto BEPS indica che il criterio del vantaggio fiscale principale confronta l’importo del vantaggio fiscale atteso con tutti gli altri vantaggi che possono derivare dall’operazione e presenta l’interesse di basarsi su una valutazione obiettiva dei vantaggi fiscali.

75      Tenuto conto delle considerazioni che precedono e alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti da 36 a 45 della presente sentenza, si deve ritenere che gli elementi distintivi definiti nell’allegato IV appaiano sufficientemente chiari e precisi con riferimento ai requisiti derivanti dai principi di certezza del diritto e di legalità in materia penale.

76      In sesto luogo, l’articolo 8 bis ter, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2011/16 modificata fissa il dies a quo del termine di 30 giorni impartito agli intermediari per l’esecuzione dell’obbligo di comunicazione al giorno seguente a quello in cui il meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica è messo a disposizione a fini di attuazione, o al giorno seguente a quello in cui il meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica è pronto per l’attuazione, o al giorno in cui è stata compiuta la prima fase nell’attuazione del meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica, a seconda della situazione che si verifica per prima.

77      L’articolo 8 bis ter, paragrafo 1, secondo comma, di tale direttiva dispone inoltre che «[f]atto salvo il primo comma, gli intermediari di cui all’articolo 3, punto 21, secondo comma, sono inoltre tenuti a comunicare informazioni entro 30 giorni a decorrere dal giorno seguente a quello in cui hanno fornito, direttamente o attraverso altre persone, aiuto, assistenza o consulenza».

78      Infine, qualora l’obbligo di comunicazione incomba al contribuente pertinente, in assenza di un intermediario soggetto a tale obbligo, l’articolo 8 bis ter, paragrafo 7, di detta direttiva dispone, in sostanza e in termini simili a quelli impiegati nei confronti degli intermediari principali, che il termine di 30 giorni decorre dal giorno successivo a quello in cui il meccanismo è messo a disposizione di tale contribuente a fini di attuazione, è pronto per l’attuazione da parte del medesimo contribuente, o è stata compiuta la prima fase nella sua attuazione in relazione a detto contribuente, a seconda della situazione che si verifica per prima.

79      La logica della direttiva 2011/16 modificata e quella dell’obbligo di comunicazione che essa impone implicano la fissazione del momento in cui sorge tale obbligo. L’attuazione del meccanismo soggetto all’obbligo di notifica, o ancora la fornitura di aiuto, assistenza o consulenza, costituiscono, come risulta dalle disposizioni menzionate ai punti da 76 a 78 della presente sentenza, gli eventi scelti dal legislatore dell’Unione a tale riguardo.

80      Sotto un primo profilo, quanto alla nozione di «attuazione del meccanismo transfrontaliero», essa designa, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 107 delle conclusioni e come suggerisce il linguaggio corrente, il passaggio di tale meccanismo dalla sua fase concettuale alla sua fase operativa. Tale nozione non può essere considerata imprecisa o priva di chiarezza per l’intermediario o gli intermediari di cui all’articolo 3, punto 21, primo comma, della direttiva 2011/16 modificata e, in mancanza di un intermediario, per il contribuente pertinente. Infatti, tali intermediari e, in assenza di intermediari, il contribuente pertinente, conoscono il meccanismo in questione e sono quindi in grado di determinare con precisione il momento in cui si effettua tale passaggio.

81      Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda il riferimento alla fornitura di aiuto, assistenza o consulenza, applicabile agli intermediari menzionati all’articolo 8 bis ter, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2011/16 modificata, che sono quelli di cui all’articolo 3, paragrafo 21, secondo comma, di tale direttiva, occorre rilevare che tale fornitura può protrarsi per un certo periodo.

82      Ciò posto, tale articolo 8 bis ter, paragrafo 1, secondo comma, non precisa se il dies a quo del termine per la notifica di cui dispongono tali intermediari intervenga il giorno seguente al primo giorno o all’ultimo giorno del periodo durante il quale sono forniti l’aiuto, l’assistenza o la consulenza.

83      Inoltre, occorre sottolineare che l’obbligo di comunicazione che incombe a detti intermediari, di cui all’articolo 3, punto 21, secondo comma, di detta direttiva, può logicamente esistere solo a partire dal momento in cui l’interessato sa o potrebbe ragionevolmente essere tenuto a sapere di essersi impegnato a fornire, direttamente o tramite altre persone, aiuto, assistenza o consulenza in merito all’elaborazione, alla commercializzazione o all’organizzazione di un meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica e che è, quindi, un «intermediario», soggetto all’obbligo di comunicazione. Tale momento può situarsi, eventualmente e a seconda delle informazioni a disposizione di tale persona sull’esatta natura del meccanismo di cui trattasi, solo dopo l’inizio della fornitura di aiuto, assistenza o consulenza da parte della persona medesima. È in considerazione, in particolare, di tale circostanza che l’articolo 3, punto 21, secondo comma, della stessa direttiva precisa che detta persona ha il diritto di fornire elementi a prova del fatto che non fosse a conoscenza, e non si potesse ragionevolmente presumere che fosse a conoscenza, del proprio coinvolgimento in un meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica.

84      Infine, occorre considerare, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 109 delle conclusioni e come risulta dal considerando 7 della direttiva 2018/822, che si dovrebbe preferire una comunicazione precoce delle informazioni presso l’amministrazione fiscale, ossia prima che il meccanismo sia attuato. Tuttavia, e come sostanzialmente rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 112 delle conclusioni, occorre, per quanto possibile, limitare il rischio che debbano essere eseguiti obblighi di comunicazione nei confronti di meccanismi la cui attuazione resta incerta, il che potrebbe verificarsi in particolare nel caso degli intermediari ausiliari i quali, essendo meno direttamente implicati di quanto lo siano gli intermediari principali, sono, per tale ragione, meno idonei a essere informati con precisione dello stato di avanzamento del meccanismo di cui trattasi.

85      In tali circostanze, occorre dedurre sia dall’utilizzo, all’articolo 8 bis ter, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2011/16 modificata, di un tempo passato («hanno fornito»), sia dalla regola applicata agli intermediari principali, secondo la quale il termine per la comunicazione non decorre dall’inizio del loro coinvolgimento nell’elaborazione del meccanismo, ma solo nella fase di attuazione di quest’ultimo, che il termine per la comunicazione degli intermediari ausiliari può cominciare a decorrere solo il giorno successivo alla data in cui essi hanno terminato la loro prestazione di aiuto, assistenza o consulenza e, al più tardi, il giorno definito da tale articolo 8 bis ter, paragrafo 1, primo comma, purché ne siano a conoscenza. Occorre aggiungere che tali considerazioni non pregiudicano la facoltà, per detti intermediari, di sottrarsi al loro obbligo di comunicazione, se lo desiderano, ancor prima che il termine di 30 giorni impartito a tal fine inizi a decorrere, quindi, in particolare, dall’inizio della loro fornitura di aiuto, assistenza o consulenza.

86      Tenuto conto delle considerazioni che precedono e alla luce della giurisprudenza ricordata ai punti da 36 a 45 della presente sentenza, occorre considerare che il dies a quo del termine per la notifica è determinato, per le diverse categorie di intermediari di cui alla direttiva 2011/16 modificata, nonché per il contribuente pertinente quando l’obbligo di comunicazione gli incombe, in modo sufficientemente chiaro e preciso in riferimento ai requisiti derivanti dai principi di certezza del diritto e di legalità in materia penale.

87      In tali circostanze, occorre concludere che l’esame delle questioni seconda e terza non mette in discussione la validità della direttiva 2011/16 modificata, tenuto conto dei principi di certezza del diritto e di legalità in materia penale.

88      Per quanto riguarda il rispetto dell’articolo 7 della Carta, le questioni seconda e terza vertono sostanzialmente sul fatto di stabilire se, indipendentemente dal rispetto del segreto professionale, le nozioni e i termini considerati in tali questioni siano sufficientemente precisi affinché l’ingerenza nella vita privata dell’intermediario e del contribuente pertinente, derivante dall’obbligo di comunicazione, sia essa stessa definita in modo sufficientemente preciso alla luce delle informazioni che tale notifica deve contenere.

89      Poiché, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 123 delle conclusioni, l’articolo 7 della Carta non impone alcun obbligo più rigoroso rispetto all’articolo 49 di quest’ultima in termini di esigenza di chiarezza o di precisione delle nozioni utilizzate e dei termini fissati, si deve ritenere che l’ingerenza nella vita privata dell’intermediario e del contribuente pertinente, derivante dall’obbligo di comunicazione, sia essa stessa definita in modo sufficientemente preciso alla luce delle informazioni che tale notifica deve contenere. Tale considerazione non pregiudica, tuttavia, l’esame della questione di stabilire se detta ingerenza ecceda quanto necessario alla salvaguardia degli obiettivi di interesse generale perseguiti dalla direttiva 2011/16 modificata, che costituisce l’oggetto della quinta questione pregiudiziale.

90      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre concludere che dall’esame degli aspetti su cui vertono le questioni pregiudiziali seconda e terza non è emerso alcun elemento tale da inficiare la validità della direttiva 2011/16 modificata, alla luce del principio di certezza del diritto, del principio di legalità in materia penale sancito all’articolo 49, paragrafo 1, della Carta e del diritto al rispetto della vita privata garantito dall’articolo 7 della Carta.

 Sulla quarta questione pregiudiziale

91      La quarta questione verte sull’obbligo di notifica, previsto all’articolo 8 bis ter, paragrafo 5, della direttiva 2011/16 modificata, ed è simile a quella posta, per quanto riguarda gli avvocati, nella causa che ha dato luogo alla sentenza dell’8 dicembre 2022, Orde van Vlaamse Balies e a. (C‑694/20, EU:C:2022:963). Tale questione riguarda, nel caso di specie, gli intermediari non avvocati soggetti a un segreto professionale sulla base del diritto nazionale.

 Considerazioni preliminari sulla portata dell’articolo 8 bis ter, paragrafo 5, della direttiva 2011/16 modificata

92      Prima di esaminare tale questione, occorre pronunciarsi sulle osservazioni della Commissione, reiterate in udienza, secondo le quali la facoltà degli Stati membri, prevista all’articolo 8 bis ter, paragrafo 5, della direttiva 2011/16 modificata, di sostituire l’obbligo di notifica all’obbligo di comunicazione è stata istituita non nei confronti di tutti i professionisti soggetti a un obbligo di segreto professionale sulla base del diritto nazionale, ma soltanto nei confronti di quelli tra loro assimilabili agli avvocati in quanto investiti, dal diritto nazionale, della legittimazione a rappresentare le parti in giudizio. La Commissione ha aggiunto che il legislatore dell’Unione ha voluto, tenuto conto della varietà dei sistemi giuridici nazionali, lasciare la determinazione di tali professionisti alla valutazione di ciascuno Stato membro.

93      Anche il Consiglio dell’Unione europea, nelle sue osservazioni scritte e in udienza, ha ritenuto che non sia giustificato, per quanto riguarda il segreto professionale, accordare agli intermediari non avvocati la stessa tutela che agli avvocati. Al riguardo, esso ha in particolare fatto valere, in sostanza, che la facoltà di sostituzione di obblighi prevista dall’articolo 8 bis ter, paragrafo 5, della direttiva 2011/16 modificata è stata conferita agli Stati membri al solo scopo di consentire loro di conformarsi ai requisiti derivanti dalla Carta e dalla giurisprudenza della Corte EDU e della Corte.

94      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte [sentenza del 20 ottobre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Allontanamento della vittima della tratta di esseri umani), C‑66/21, EU:C:2022:809, punto 55 e giurisprudenza citata].

95      Per quanto riguarda i termini dell’articolo 8 bis ter, paragrafo 5, della direttiva 2011/16 modificata, si deve constatare che le versioni linguistiche di tale disposizione divergono. La versione in lingua inglese utilizza l’espressione «legal professional privilege», la quale deve essere considerata un rinvio, nel contesto del diritto dell’Unione, e come sostenuto dalla Commissione, al segreto professionale dell’avvocato e degli altri professionisti che possono essere assimilati ad esso in quanto sono abilitati, sulla base del diritto nazionale applicabile, a garantire la rappresentanza legale di un cliente dinanzi ai giudici nazionali. Due versioni linguistiche, vale a dire quelle maltese e rumena, contengono una traduzione letterale di tale espressione inglese (rispettivamente «privileġġ professjonali legali» e «privilegiu profesional legal»). La versione in lingua greca fa espresso riferimento al «segreto professionale dell’avvocato ai sensi del diritto nazionale» («το δικηγορικό απόρρητο βάσει της εθνικής νομοθεσίας»). Per contro, le altre diciotto versioni linguistiche contengono espressioni che rinviano, in sostanza, al segreto professionale applicabile sulla base del diritto nazionale, senza riferimento al segreto professionale dell’avvocato. Queste altre versioni linguistiche possono quindi riguardare professioni (come quelle di consulente fiscale, notaio, revisore dei conti, contabile, banchiere) tenute a un segreto professionale sulla base del diritto nazionale, ma, a priori, non investite da questo stesso diritto di un potere di rappresentanza in giudizio.

96      Quanto al considerando 8 della direttiva 2018/822, relativo all’inserimento dell’articolo 8 bis ter, paragrafo 5, nella direttiva 2011/16, esso contiene, nelle sue ventidue versioni linguistiche, le stesse divergenze terminologiche nonché, in aggiunta, le seguenti particolarità. La versione in lingua greca di tale considerando fa riferimento al segreto professionale in generale («το επαγγελματικό απόρρητο»), senza più menzionare, come la versione in lingua greca di tale articolo 8 bis ter, paragrafo 5, il segreto professionale dell’avvocato. In senso contrario, la versione in lingua danese di detto considerando fa riferimento all’avvocato, prevedendo che l’obbligo di comunicazione non può essere imposto in caso di «riservatezza della corrispondenza tra l’avvocato e il suo cliente, o di un obbligo legale analogo previsto dalla legge» («på Grund af fortroligheden af korrespondance mellem advokat og klient, eller en tilsvarende lovbaseret tavshedspligt»), mentre la versione in lingua danese di detto articolo 8 bis ter, paragrafo 5, non menziona gli avvocati.

97      Da quanto precede risulta che l’interpretazione letterale dell’articolo 8 bis ter, paragrafo 5, della direttiva 2011/16 modificata non consente di determinare in modo chiaro e univoco la portata, per quanto riguarda le professioni che possono essere coinvolte, della facoltà riconosciuta agli Stati membri dalla direttiva 2011/16 modificata di sostituire l’obbligo di notifica all’obbligo di comunicazione.

98      Per quanto riguarda il contesto e gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2011/16 modificata, occorre, in primo luogo, ricordare che, come risulta dal considerando 2 della direttiva 2018/822, quest’ultima mira a consentire agli Stati membri di proteggere efficacemente la loro base imponibile nazionale dall’erosione che essa subisce a causa dell’attuazione da parte dei contribuenti di strutture di pianificazione fiscale particolarmente sofisticate. Da tale considerando risulta altresì che, al fine di consentire una simile protezione efficace, occorre che gli Stati membri ottengano informazioni complete e pertinenti sui meccanismi fiscali potenzialmente aggressivi affinché possano reagire rapidamente alle pratiche fiscali dannose e rimediare alle lacune per via legislativa o mediante la realizzazione di analisi di rischio adeguate e di verifiche fiscali. Inoltre, come risulta dai considerando 4 e 8 di tale direttiva, essa ha altresì l’obiettivo di garantire il buon funzionamento del mercato interno lottando contro l’elusione ed evasione fiscali al suo interno. Per la realizzazione di ciascuno di tali obiettivi, la comunicazione obbligatoria di informazioni sui meccanismi di pianificazione fiscale potenzialmente aggressiva mediante comunicazione di informazioni imposte agli intermediari è stata ritenuta essenziale dal legislatore dell’Unione, come risulta dai considerando da 6 a 8 di detta direttiva.

99      Orbene, come sostanzialmente osservato dall’avvocato generale ai paragrafi da 202 a 204 delle conclusioni, interpretare l’articolo 8 bis ter della direttiva 2011/16 nel senso che esso consente agli Stati membri di concedere l’esenzione dal procedere a una simile comunicazione a tutti gli intermediari, quali in particolare i consulenti fiscali, i notai, i revisori dei conti, i contabili o i banchieri, purché questi ultimi siano soggetti a segreto professionale sulla base del diritto nazionale applicabile, avrebbe potenzialmente la conseguenza di dare adito a mettere in discussione l’efficacia stessa del meccanismo di comunicazione così istituito dal legislatore dell’Unione.

100    In secondo luogo, occorre osservare, al pari della Commissione e come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 206 delle conclusioni, che la direttiva 2011/16 modificata e, più in particolare, l’obbligo di comunicazione e l’obbligo di notifica che essa istituisce al suo articolo 8 bis ter sono fortemente ispirati a documenti dell’OCSE e, in particolare, alla norma 2.4 del modello di norme dell’OCSE.

101    Tale norma, intitolata «Circostanze nelle quali un [i]ntermediario è esonerato dalla notifica», dispone infatti che l’esonero dalla notifica, motivato dalle norme sul segreto professionale previste dal diritto interno, si applica «solo nei limiti in cui la comunicazione presupponga la rivelazione del contenuto di scambi riservati tra un avvocato o un altro legale rappresentante autorizzato [“attorney, solicitor or other admitted legal representative” nella versione in lingua inglese] e un [c]liente, come definito nei [c]ommentari all’articolo 26 del Modello di Convenzione fiscale dell’OCSE».

102    Il punto 80 della parte III del modello di norme dell’OCSE, intitolato «Commentari», spiega, nello stesso senso, che «[l]e norme in materia di comunicazione obbligatoria delle informazioni non inducono un avvocato o un altro legale rappresentante autorizzato [“attorney, solicitor or other admitted legal representative” nella versione in lingua inglese] a rivelare informazioni protette dal segreto professionale o da altri obblighi professionali equivalenti in materia di riservatezza».

103    Quanto ai commentari sull’articolo 26 del Modello di Convenzione fiscale sui redditi e sul patrimonio, adottato dall’OCSE, essi si riferiscono parimenti, al punto 19.4, alla tutela accordata alle comunicazioni riservate tra un cliente e un «avvocato o un altro legale rappresentante autorizzato [“attorney, solicitor or other admitted legal representative” nella versione in lingua inglese]».

104    Da quanto precede risulta che i lavori che hanno ispirato la redazione della direttiva 2011/16 modificata, per quanto riguarda l’obbligo di comunicazione e l’obbligo di notifica, miravano, in sostanza, alla tutela dei segreti professionali solo dell’avvocato e degli altri professionisti legalmente abilitati a garantire, al pari di quest’ultimo, la rappresentanza in giudizio.

105    In terzo luogo, occorre considerare che il rinvio operato dall’articolo 8 bis ter, paragrafo 5, della direttiva 2011/16 modificata al segreto professionale applicabile «sulla base del diritto nazionale» si spiega con il fatto che, sebbene la tutela rafforzata degli scambi tra un avvocato e il suo cliente sia già garantita a livello dell’Unione in forza degli articoli 7 e 47 della Carta, le modalità di tale tutela e soprattutto le condizioni e i limiti in cui altri professionisti tenuti al segreto professionale possono, se del caso, avvalersi di una protezione analoga, sono disciplinati dal diritto nazionale. Al riguardo, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che alcuni Stati membri estendono la qualità per garantire la rappresentanza in giudizio a professioni diverse da quella di avvocato.

106    Sebbene sia dunque giustificato, come previsto dall’articolo 8 bis ter, paragrafo 5, della direttiva 2011/16 modificata, che gli Stati membri dispongano, in tale contesto, di un margine di discrezionalità nell’esercizio della loro facoltà di sostituire l’obbligo di notifica all’obbligo di comunicazione, al fine di consentire loro di tener conto delle professioni, diverse da quella di avvocato, che li abilitano a garantire la rappresentanza in giudizio, tuttavia tale margine di discrezionalità non mira a consentire a detti Stati membri di estendere il beneficio di tale sostituzione di obblighi a professioni che non garantiscono una simile rappresentanza.

107    Occorre inoltre aggiungere che una diversa interpretazione dell’articolo 8 bis ter, paragrafo 5, della direttiva 2011/16 modificata e della facoltà degli Stati membri di sostituire l’obbligo di notifica all’obbligo di comunicazione rischierebbe di creare distorsioni tra Stati membri, dato che un ampio esercizio di tale facoltà da parte di alcuni di essi nei confronti di professioni tenute al segreto professionale, ma che non garantiscono la rappresentanza in giudizio, può condurre a una delocalizzazione delle attività di pianificazione fiscale potenzialmente aggressiva nel territorio di tali Stati, pregiudicando in tal modo l’efficacia e l’uniformità, a livello dell’Unione, della lotta contro l’elusione e l’evasione fiscali nel mercato interno.

108    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre considerare che la facoltà degli Stati membri di sostituire l’obbligo di notifica all’obbligo di comunicazione è stata concessa, dall’articolo 8 bis ter, paragrafo 5, della direttiva 2011/16 modificata, solo nei confronti dei professionisti che, al pari degli avvocati, sono abilitati, secondo il diritto nazionale, ad assicurare la rappresentanza in giudizio.

109    Rimane tuttavia ancora la questione di stabilire se, come già statuito dalla Corte in merito al rapporto tra un avvocato e il suo cliente, nella sua sentenza dell’8 dicembre 2022, Orde van Vlaamse Balies e a. (C‑694/20, EU:C:2022:963, punti 19 in fine e 27), l’esistenza stessa del rapporto tra un professionista non avvocato abilitato a garantire la rappresentanza in giudizio e il suo cliente debba rimanere segreta nei confronti dei terzi, con la conseguenza che l’imposizione a un simile professionista dell’obbligo sussidiario di notifica non sarebbe neppure ipotizzabile, in quanto comporterebbe la rivelazione a terzi dell’esistenza del rapporto tra tale professionista e il suo cliente.

110    È quest’ultima questione che occorre, in sostanza, risolvere nell’ambito dell’esame della quarta questione pregiudiziale.

 Esame della questione

111    Con la quarta questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente alla Corte di esaminare la validità dell’articolo 8 bis ter, paragrafo 5, della direttiva 2011/16 modificata, alla luce dell’articolo 7 della Carta, in quanto l’applicazione di tale articolo 8 bis ter, paragrafo 5, da parte degli Stati membri ha l’effetto di imporre a un intermediario non avvocato, ma abilitato ad assicurare la rappresentanza in giudizio, qualora sia dispensato dall’obbligo di comunicazione, previsto all’articolo 8 bis ter, paragrafo 1, di tale direttiva, a motivo del segreto professionale al quale è tenuto, di notificare senza indugio a qualsiasi altro intermediario che non sia il suo cliente gli obblighi di comunicazione che gli incombono in forza dell’articolo 8 bis ter, paragrafo 6, di detta direttiva.

112    Al riguardo, occorre anzitutto ricordare che l’articolo 7 della Carta, che riconosce a ogni persona il diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni, corrisponde all’articolo 8, paragrafo 1, della CEDU (sentenza dell’8 dicembre 2022, Orde van Vlaamse Balies e a., C‑694/20, EU:C:2022:963, punto 25).

113    Conformemente all’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, che mira a garantire la necessaria coerenza tra i diritti contenuti in quest’ultima e i corrispondenti diritti garantiti dalla CEDU senza pregiudicare l’autonomia del diritto dell’Unione, la Corte deve quindi tener conto, nell’interpretazione da essa effettuata riguardo ai diritti garantiti dagli articoli 7 e 47 della Carta, dei corrispondenti diritti garantiti dall’articolo 8, paragrafo 1, come interpretati dalla Corte EDU, in quanto soglia di protezione minima (sentenza dell’8 dicembre 2022, Orde van Vlaamse Balies e a., C‑694/20, EU:C:2022:963, punto 26).

114    Come già rilevato dalla Corte, dalla giurisprudenza della Corte EDU risulta che l’articolo 8, paragrafo 1, della CEDU tutela la riservatezza di ogni scambio di corrispondenza tra individui e concede una tutela rafforzata alle comunicazioni tra gli avvocati e i loro clienti (v., in tal senso, Corte EDU, 6 dicembre 2012, Michaud c. Francia, CE:ECHR:2012:1206JUD001232311, §§ 117 e 118). Al pari di detta disposizione, la cui tutela copre non solo l’attività di difesa, ma altresì la consulenza legale, l’articolo 7 della Carta garantisce necessariamente la segretezza di tale consulenza giuridica, e ciò tanto riguardo al suo contenuto quanto alla sua esistenza. Infatti, come rilevato dalla Corte EDU, i soggetti che consultano un avvocato possono ragionevolmente attendersi che le loro comunicazioni rimangano private e riservate [Corte EDU, 9 aprile 2019, Altay c. Turchia (N. 2), CE:ECHR:2019:0409JUD001123609, § 49]. Pertanto, a parte situazioni eccezionali, le persone in parola devono poter legittimamente confidare nel fatto che il loro avvocato non renderà noto a nessuno, senza il loro consenso, che esse lo consultano (sentenza dell’8 dicembre 2022, Orde van Vlaamse Balies e a., C‑694/20, EU:C:2022:963, punto 27).

115    Come parimenti statuito dalla Corte, la tutela specifica che l’articolo 7 della Carta e l’articolo 8, paragrafo 1, della CEDU conferiscono al segreto professionale degli avvocati, che si traduce anzitutto in obblighi a loro carico, è giustificata dal fatto che agli avvocati è affidata una missione fondamentale in una società democratica, ossia la difesa dei singoli (Corte EDU, 6 dicembre 2012, Michaud c. Francia, CE:ECHR:2012:1206JUD001232311, §§ 118 e 119). Tale missione fondamentale comporta, da un lato, l’esigenza, la cui importanza è riconosciuta in tutti gli Stati membri, di garantire a chiunque la possibilità di rivolgersi con piena libertà al proprio avvocato, la cui professione stessa comprende, per sua natura, il compito di dare, in modo indipendente, pareri giuridici a chiunque ne abbia bisogno e, dall’altro, quello, correlativo, di lealtà dell’avvocato nei confronti del suo cliente (sentenza dell’8 dicembre 2022, Orde van Vlaamse Balies e a., C‑694/20, EU:C:2022:963, punto 28).

116    Dalla giurisprudenza richiamata ai punti 114 e 115 della presente sentenza risulta che la riservatezza del rapporto tra l’avvocato e il suo cliente beneficia di una tutela del tutto specifica, attinente alla peculiare posizione occupata dall’avvocato nell’ambito dell’organizzazione giudiziaria degli Stati membri nonché al compito fondamentale che gli affidato e riconosciuto da tutti gli Stati membri. È alla luce di tali considerazioni che la Corte, nella sentenza dell’8 dicembre 2022, Orde van Vlaamse Balies e a. (C‑694/20, EU:C:2022:963), ha ritenuto che l’obbligo di notifica, quando è imposto all’avvocato, violi l’articolo 7 della Carta.

117    Al riguardo, occorre infine rilevare che il requisito relativo alla situazione ed alla qualifica di avvocato indipendente, che devono essere proprie del legale dal quale proviene la corrispondenza atta ad essere protetta, deriva dalla concezione della funzione dell’avvocato come collaborazione all’amministrazione della giustizia e attività intesa a fornire, in piena indipendenza e nell’interesse superiore della giustizia, l’assistenza legale di cui il cliente ha bisogno. Questa tutela ha come contropartita la disciplina professionale, imposta e controllata nell’interesse generale. Una siffatta concezione risponde alle tradizioni giuridiche comuni degli Stati membri e si riscontra anche nell’ordinamento giuridico dell’Unione, come risulta dall’articolo 19 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenza del 14 settembre 2010, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione e a., C‑550/07 P, EU:C:2010:512, punto 42 nonché giurisprudenza citata).

118    Alla luce di tali considerazioni, e del particolare ruolo che esse riconoscono alla professione di avvocato nell’ambito della società e ai fini della buona amministrazione della giustizia, occorre considerare che la soluzione così elaborata nella sentenza dell’8 dicembre 2022, Orde van Vlaamse Balies e a. (C‑694/20, EU:C:2022:963), per quanto riguarda gli avvocati, può estendersi solo alle persone che esercitano le loro attività professionali con uno dei titoli professionali menzionati all’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 98/5.

119    Pertanto, per quanto riguarda gli altri professionisti che, pur essendo eventualmente abilitati dagli Stati membri ad assicurare la rappresentanza in giudizio, non rispondono alle caratteristiche summenzionate, come, ad esempio, i professori universitari in taluni Stati membri, nulla consente di concludere nel senso dell’invalidità dell’articolo 8 bis ter, paragrafo 5, della direttiva 2011/16 modificata, nei confronti dell’articolo 7 della Carta, in quanto l’obbligo di notifica, qualora sia sostituito dallo Stato membro all’obbligo di comunicazione, comporta che l’esistenza del rapporto di consulenza tra l’intermediario notificante e il suo cliente sia portata a conoscenza dell’intermediario notificato e, in definitiva, dell’amministrazione fiscale.

120    In tali circostanze, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che l’invalidità dell’articolo 8 bis ter, paragrafo 5, della direttiva 2011/16 modificata, alla luce dell’articolo 7 della Carta, pronunciata dalla Corte nella sentenza dell’8 dicembre 2022, Orde van Vlaamse Balies e a. (C‑694/20, EU:C:2022:963), vale soltanto nei confronti delle persone che esercitano le loro attività professionali con uno dei titoli professionali menzionati all’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 98/5.

 Sulla quinta questione pregiudiziale

121    Con tale questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente alla Corte di esaminare la validità dell’articolo 8 bis ter, paragrafi 1, 6 e 7, della direttiva 2011/16 modificata, alla luce del diritto al rispetto della vita privata garantito dall’articolo 7 della Carta, in quanto tali disposizioni hanno l’effetto di obbligare gli intermediari che non beneficiano dell’esenzione menzionata all’articolo 8 bis ter, paragrafo 5, di tale direttiva e, in assenza di intermediari soggetti all’obbligo di comunicazione, il contribuente pertinente a procedere alla comunicazione prevista all’articolo 8 bis ter, paragrafo 1, di detta direttiva.

122    Al riguardo, il giudice del rinvio osserva, in particolare, che l’obbligo di comunicazione può riguardare meccanismi transfrontalieri leciti, genuini, non abusivi e il cui vantaggio principale non è fiscale.

123    Pertanto, la quinta questione verte su un’eventuale violazione, da parte di tale obbligo, del diritto alla tutela della vita privata derivante, in sostanza, dal fatto che l’obbligo di comunicazione di un meccanismo che persegue sì un vantaggio fiscale, ma in modo legale e non abusivo, limiterebbe la libertà del contribuente di scegliere, e quella dell’intermediario di elaborare e di consigliargli, la via fiscale meno tassata.

124    Al riguardo, come ricordato ai punti 112 e 113 della presente sentenza, l’articolo 7 della Carta corrisponde all’articolo 8, paragrafo 1, della CEDU e, conformemente all’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, la Corte tiene conto, nell’interpretazione dei diritti garantiti da tale articolo 7, dei corrispondenti diritti garantiti da tale articolo 8, paragrafo 1, come interpretati dalla Corte EDU.

125    In tal contesto, la Corte ha dichiarato che disposizioni che impongono o consentono la comunicazione di dati personali quali il nome, il luogo di residenza o le risorse finanziarie di persone fisiche a un’autorità pubblica devono essere qualificate, in assenza del consenso delle stesse persone fisiche e a prescindere dal successivo utilizzo dei dati in questione, come ingerenze nella loro vita privata e, pertanto, come limitazione del diritto garantito all’articolo 7 della Carta, fatta salva la loro eventuale giustificazione [sentenza del 18 giugno 2020, Commissione/Ungheria (Trasparenza associativa), C‑78/18, EU:C:2020:476, punto 124].

126    Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte EDU risulta che la nozione di vita privata è una nozione ampia che include la nozione di autonomia personale. Più in particolare, tale Corte ha dichiarato che «[l’articolo 8 della CEDU] tutela il diritto alla realizzazione personale, sia sotto forma di sviluppo personale sia sotto quella dell’autonomia personale, che riflette un principio importante sotteso all’interpretazione delle garanzie di [tale disposizione]». Essa ha dichiarato che tale disposizione «comprende il diritto di ogni individuo di andare verso gli altri al fine di instaurare e sviluppare relazioni con i propri analoghi e con il mondo esterno, ossia il diritto a una “vita privata sociale”, e [che la stessa disposizione] può includere le attività professionali o le attività che hanno luogo in un contesto pubblico» (Corte EDU, 18 gennaio 2018, FNASS e a. c. Francia, ECLI:CE:ECHR:2018:0118JUD004815111, § 153 e giurisprudenza citata). Essa ha quindi rilevato, in particolare, che non vi era alcuna ragione di principio per considerare che la nozione di «vita privata» escluda le attività professionali o commerciali e che interpretare detta nozione nel senso che essa include simili attività risponde all’oggetto e allo scopo essenziali dell’articolo 8 della CEDU, vale a dire tutelare l’individuo contro ingerenze arbitrarie dei poteri pubblici (v., in tal senso, Corte EDU, 16 dicembre 1992, Niemietz c. Germania, CE:ECHR:1992:1216JUD001371088, §§ 29 e 31).

127    Da quanto precede risulta che la nozione di vita privata è una nozione ampia che include la nozione di autonomia personale, la quale comprende, quanto meno, la libertà di ogni persona di organizzare la propria vita e le proprie attività, sia personali che professionali o commerciali. La Corte ha tuttavia parimenti rilevato che occorreva tener conto della giurisprudenza della Corte EDU da cui risulta che il diritto di ingerenza autorizzato dall’articolo 8, paragrafo 2, della CEDU potrebbe più facilmente estendersi ad attività aziendali o commerciali piuttosto che ad altri casi (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2002, Roquette Frères, C‑94/00, EU:C:2002:603, punto 29).

128    Nel caso di specie, occorre sottolineare che la libertà degli operatori economici di organizzare le loro attività in modo da limitare il loro carico fiscale è riflessa, in particolare, al considerando 11 della direttiva 2016/1164, il quale afferma sostanzialmente che, pur essendo opportuno applicare clausole antiabuso generali all’interno dell’Unione alle costruzioni non genuine, in caso contrario il contribuente deve avere il diritto di scegliere la struttura più vantaggiosa sul piano fiscale per i suoi affari commerciali. Inoltre, l’oggetto della comunicazione di cui trattasi è, in particolare e come risulta dal considerando 2 della direttiva 2018/822, consentire alle amministrazioni fiscali e ai legislatori nazionali di reagire rapidamente alle differenze tra le legislazioni nazionali o alle lacune normative, le quali sono spesso all’origine dell’elaborazione di meccanismi fiscali transfrontalieri volti a ridurre l’onere fiscale dei contribuenti.

129    Dal canto suo, l’obbligo di comunicazione di cui trattasi implica la rivelazione all’amministrazione fiscale, unitamente ai dati identificativi delle persone coinvolte, di informazioni sul meccanismo transfrontaliero in questione. Tali informazioni, che possono essere dedotte dall’articolo 8 bis ter, paragrafo 14, della direttiva 2011/16 modificata, contengono, in particolare, un riassunto del contenuto di tale meccanismo e informazioni sulle disposizioni nazionali sulle quali si basa detto meccanismo. Così facendo, tale obbligo costituisce, in quanto tale, un’ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata e delle comunicazioni, che porta a rivelare all’amministrazione il risultato di lavori di elaborazione e di ingegneria fiscale, condotti, nel contesto di attività personali, professionali o commerciali, dal contribuente stesso o, nella maggior parte dei casi, da uno o più intermediari ai sensi dell’articolo 3, punto 21, di tale direttiva.

130    Pertanto, detto obbligo, in quanto fornisce alle amministrazioni fiscali lo strumento per rimediare rapidamente alle disparità e alle lacune normative che sono alla base dei meccanismi transfrontalieri, è tale da ridurre l’interesse, per i contribuenti, a ricorrere a meccanismi fiscali la cui durata utile di impiego da parte loro può risultarne ridotta in ugual misura.

131    Lo stesso obbligo è, pertanto, idoneo a dissuadere sia detti contribuenti sia i loro consulenti dall’elaborare e dall’attuare meccanismi di pianificazione fiscale transfrontaliera che, pur essendo legittimi, sono basati su disparità esistenti tra le diverse normative nazionali applicabili.

132    Ne consegue che l’obbligo di comunicazione, nella parte in cui riguarda, in particolare, simili meccanismi, comporta una limitazione della libertà, per i contribuenti e gli intermediari, di organizzare le loro attività personali, professionali e commerciali e costituisce, pertanto, un’ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata garantito dall’articolo 7 della Carta.

133    Si pone, pertanto, la questione di stabilire se tale ingerenza possa essere giustificata.

134    Occorre ricordare che i diritti sanciti dall’articolo 7 della Carta non appaiono come prerogative assolute, ma vanno considerati alla luce della loro funzione sociale. Infatti, come risulta dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, quest’ultima ammette limitazioni all’esercizio di tali diritti, purché tali limitazioni siano previste dalla legge, rispettino il contenuto essenziale di detti diritti e, in ottemperanza al principio di proporzionalità, siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2020, Privacy International, C‑623/17, EU:C:2020:790, punti 63 e 64).

135    In primo luogo, per quanto riguarda il requisito secondo cui qualsiasi limitazione nell’esercizio dei diritti fondamentali deve essere prevista dalla legge, esso implica che l’atto che consente l’ingerenza in tali diritti deve definire, di per sé, la portata della limitazione dell’esercizio del diritto considerato, fermo restando, da un lato, che tale requisito non esclude che la limitazione in questione sia formulata in termini sufficientemente ampi, in modo da potersi adattare a fattispecie diverse nonché ai cambiamenti di situazione. Dall’altro, la Corte può, se del caso, precisare, in via interpretativa, la portata concreta della limitazione sia rispetto ai termini stessi della normativa dell’Unione di cui trattasi sia rispetto all’impianto sistematico e agli obiettivi che essa persegue, come interpretati alla luce dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta (sentenza del 21 giugno 2022, Ligue des droits humains, C‑817/19, EU:C:2022:491, punto 114 e giurisprudenza citata).

136    Al riguardo, occorre ricordare che l’articolo 8 bis ter, paragrafo 1, della direttiva 2011/16 modificata, prevede espressamente che gli Stati membri adottino le misure necessarie per imporre agli intermediari la comunicazione alle autorità competenti di «informazioni sui meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di notifica di cui sono a conoscenza, che sono in loro possesso o di cui hanno controllo». In assenza di un intermediario tenuto all’obbligo di comunicazione, tale obbligo incombe al contribuente pertinente, ai sensi dell’articolo 8 bis ter, paragrafo 6, di tale direttiva. Inoltre, la nozione di «meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica» è definita all’articolo 3, punto 19, di detta direttiva, in relazione con gli elementi distintivi di cui all’allegato IV. Infine, il contenuto di detto obbligo può essere dedotto dall’articolo 8 bis ter, paragrafo 14, della direttiva 2011/16 modificata.

137    In tali circostanze, occorre considerare che il requisito secondo cui la limitazione dell’esercizio dei diritti fondamentali deve essere prevista dalla legge è soddisfatto.

138    In secondo luogo, per quanto riguarda il requisito relativo al rispetto del contenuto essenziale del diritto al rispetto della vita privata, garantito dall’articolo 7 della Carta, occorre rilevare che un obbligo come quello di cui ai procedimenti principali, che verte unicamente sulla comunicazione di dati che rivelano l’elaborazione e l’attuazione di un meccanismo fiscale potenzialmente aggressivo senza neppure incidere direttamente sulla possibilità né di una simile elaborazione, né di una simile attuazione, non può essere ritenuto lesivo dell’essenza del diritto al rispetto della vita privata degli interessati.

139    In terzo luogo, per quanto riguarda il principio di proporzionalità, occorre verificare anzitutto che l’obbligo di comunicazione, previsto all’articolo 8 bis ter, paragrafi 1, 6 e 7, della direttiva 2011/16 modificata, risponda a un obiettivo di interesse generale riconosciuto dall’Unione. In caso affermativo, occorre quindi assicurarsi, in primo luogo, che tale obbligo sia idoneo a realizzare detto obiettivo, in secondo luogo, che l’ingerenza nel diritto fondamentale al rispetto della vita privata che può risultare da tale obbligo sia limitata allo stretto necessario, nel senso che l’obiettivo perseguito non potrebbe ragionevolmente essere raggiunto in modo altrettanto efficace con altri mezzi meno lesivi di tale diritto, e, in terzo luogo, purché siffatta ipotesi ricorra effettivamente, che l’ingerenza in parola non sia sproporzionata e non comporti svantaggi smisurati rispetto all’obiettivo summenzionato, il che implica, in particolare, una ponderazione dell’importanza di quest’ultimo e della gravità di detta ingerenza (v. in tal senso, sentenza del 22 novembre 2022, Luxembourg Business Registers, C‑37/20 e C‑601/20, EU:C:2022:912, punti 64 e 66).

140    Per quanto riguarda il requisito secondo cui la limitazione del diritto fondamentale deve rispondere a un obiettivo di interesse generale, occorre rilevare che la modifica apportata alla direttiva 2011/16 dalla direttiva 2018/822 rientra nell’ambito di una cooperazione fiscale internazionale di lotta contro la pianificazione fiscale aggressiva che si concretizza in uno scambio di informazioni tra Stati membri. Al riguardo, risulta in particolare dai considerando 2, 4, 8 e 9 della direttiva 2018/822, che gli obblighi di comunicazione e di notifica, istituiti dall’articolo 8 bis ter della direttiva 2011/16 modificata, hanno l’obiettivo di contribuire alla lotta contro la pianificazione fiscale aggressiva e alla prevenzione del rischio di elusione ed evasione fiscali.

141    Orbene, la lotta contro la pianificazione fiscale aggressiva e la prevenzione dei rischi di elusione ed evasione fiscali rappresentano finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, tali da consentire che sia apportata una limitazione all’esercizio dei diritti garantiti dall’articolo 7 di quest’ultima (sentenza dell’8 dicembre 2022, Orde van Vlaamse Balies e a., C‑694/20, EU:C:2022:963, punto 44 e giurisprudenza citata).

142    Per quanto riguarda la questione di stabilire se l’obbligo di comunicazione, previsto all’articolo 8 bis ter, paragrafi 1, 6 e 7, della direttiva 2011/16 modificata, sia idoneo alla realizzazione di detti obiettivi, occorre rilevare che, come sottolineato in particolare dal legislatore dell’Unione ai considerando 2, 6 e 7 della direttiva 2018/822, la fornitura alle amministrazioni fiscali nazionali di informazioni dettagliate sui meccanismi fiscali transfrontalieri, in particolare le informazioni menzionate all’articolo 8 bis ter, paragrafo 14 di tale direttiva, nella fase precoce prevista dall’articolo 8 bis ter, paragrafo 1, di detta direttiva, è particolarmente idoneo a consentire agli Stati membri di reagire rapidamente contro le pratiche fiscali dannose, anche legali, e di porre rimedio alle disparità e alle lacune legislative o regolamentari atte a facilitare lo sviluppo di tali pratiche.

143    Per quanto riguarda il requisito secondo cui l’ingerenza nel diritto fondamentale al rispetto della vita privata che può risultare da tale obbligo di comunicazione deve essere limitata allo stretto necessario, nel senso che l’obiettivo perseguito non possa ragionevolmente essere raggiunto in modo altrettanto efficace con altri mezzi meno lesivi di tale diritto, occorre rilevare che detto obbligo è un mezzo particolarmente efficace al servizio della lotta contro la pianificazione fiscale aggressiva e la prevenzione dei rischi di elusione ed evasione fiscali. Infatti, imponendo agli intermediari oppure al contribuente pertinente, di trasmettere all’amministrazione fiscale, in una fase molto precoce, informazioni sui meccanismi transfrontalieri contenenti uno degli elementi distintivi di cui all’allegato IV, il legislatore dell’Unione consente agli Stati membri di reagire con precisione e rapidità, se del caso in modo coordinato, ai meccanismi di pianificazione fiscale aggressiva, possibilità che l’esame e il controllo dei comportamenti fiscali operati a posteriori non sono in grado di consentire.

144    Inoltre, le informazioni da fornire nell’ambito della comunicazione, come risultano dall’articolo 8 bis ter, paragrafo 14, della direttiva 2011/16 modificata, vertono sull’identificazione degli intermediari e dei contribuenti pertinenti nonché, se del caso, delle imprese associate a tali contribuenti, e sugli elementi distintivi di cui all’allegato IV. Esse contengono inoltre un riassunto del meccanismo transfrontalieri di cui trattasi e, se del caso, una descrizione delle attività commerciali e dei meccanismi pertinenti, presentata in modo astratto e senza divulgazione di segreti commerciali o di altro genere. Indicano la data di attuazione del meccanismo transfrontaliero in questione, le disposizioni nazionali su cui esso si basa e il valore di tale meccanismo. Identificano lo Stato membro o gli Stati membri coinvolti o che potrebbero esserlo, nonché qualsiasi altra persona che, in uno Stato membro, possa essere interessata dal meccanismo.

145    Tali informazioni non appaiono andare al di là di quanto è strettamente necessario per consentire agli Stati membri di avere una comprensione sufficiente del meccanismo transfrontaliero in questione e di poter agire rapidamente, sulla sola base di tali informazioni comunicate o contattando gli intermediari o i contribuenti pertinenti al fine di ottenere informazioni supplementari.

146    Inoltre, occorre sottolineare che dall’articolo 8 bis ter, paragrafo 1, della direttiva 2011/16 modificata risulta che l’obbligo di comunicazione riguarda, per l’intermediario e, in sua assenza, per il contribuente pertinente, solo le informazioni di cui sono a conoscenza, che essi possiedono o controllano. Pertanto, tale obbligo non implica, per chi lo deve fornire, un obbligo di indagine e di ricerca di informazioni al di là dell’ambito delle informazioni che esso già controlla.

147    Infine, occorre rilevare che l’informazione che l’obbligo di comunicazione procura alle amministrazioni fiscali degli Stati membri si distingue, sia per la natura dei dati comunicati in tale occasione sia per le modalità di tale comunicazione, dall’informazione di cui la direttiva 2011/16 e le sue cinque modifiche intervenute anteriormente alla direttiva 2018/822 hanno già organizzato la condivisione tra gli Stati membri. Infatti, a differenza dei meccanismi di scambio automatico di informazioni previsti in tali versioni anteriori della direttiva 2011/16, la versione di quest’ultima risultante dalla direttiva 2018/822 procura agli Stati membri un’informazione al contempo precoce e mirata su meccanismi fiscali concreti che comportano un potenziale rischio di elusione fiscale, sui loro ideatori e sui loro beneficiari, il che è idoneo ad aumentare significativamente l’efficacia della lotta contro la pianificazione fiscale aggressiva e la prevenzione dei rischi di elusione e di evasione fiscali.

148    Per quanto riguarda la questione di stabilire se l’ingerenza nel diritto alla protezione della vita privata che comporta l’obbligo di comunicazione non sia sproporzionata né smisurata rispetto all’obiettivo di interesse generale perseguito, occorre rilevare che, sebbene tale ingerenza non sia certamente trascurabile, la lotta contro la pianificazione fiscale aggressiva e la prevenzione dei rischi di elusione e di evasione fiscali costituiscono obiettivi importanti, dal cui perseguimento dipendono non solo la protezione della base imponibile e quindi delle entrate fiscali degli Stati membri e la creazione di un ambiente fiscale equo nel mercato interno, come sottolineano i considerando 2 e 6 della direttiva 2018/822, ma anche la salvaguardia della ripartizione equilibrata del potere impositivo degli Stati membri e della riscossione efficace dell’imposta, che la Corte ha dichiarato costituire obiettivi legittimi (v., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2018, Sofina e a., C‑575/17, EU:C:2018:943, punti 56 e 67 nonché giurisprudenza citata). In tali circostanze, il fatto che l’obbligo di comunicazione possa, se del caso, applicarsi a meccanismi transfrontalieri legali, ai fini e alle condizioni ricordati ai punti da 139 a 147 della presente sentenza, non consente di ritenere che detto obbligo sia sproporzionato, né nei confronti del contribuente che beneficia del meccanismo in questione né dell’intermediario che l’ha elaborato.

149    Dalle considerazioni che precedono risulta che la limitazione del diritto alla tutela della vita privata, inteso come il diritto di ogni persona di organizzare la propria vita privata, che comporta l’obbligo di comunicazione previsto all’articolo 8 bis ter, paragrafi 1, 6 e 7, della direttiva 2011/16 modificata, è giustificata.

150    Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, si deve concludere che dall’esame degli aspetti su cui verte la quinta questione pregiudiziale non è emerso alcun elemento tale da inficiare la validità della direttiva 2011/16 modificata, alla luce del diritto al rispetto della vita privata garantito dall’articolo 7 della Carta.

 Sulle spese

151    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

1)      Dall’esame dell’aspetto su cui verte la prima questione pregiudiziale non è emerso alcun elemento tale da inficiare la validità della direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE, come modificata dalla direttiva (UE) 2018/822 del Consiglio, del 25 maggio 2018, alla luce dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione nonché degli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

2)      Dall’esame degli aspetti su cui vertono le questioni pregiudiziali seconda e terza non è emerso alcun elemento tale da inficiare la validità della direttiva 2011/16, come modificata dalla direttiva 2018/822, alla luce del principio di certezza del diritto, del principio di legalità in materia penale sancito all’articolo 49, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali e del diritto al rispetto della vita privata garantito dall’articolo 7 di tale Carta.

3)      L’invalidità dell’articolo 8 bis ter, paragrafo 5, della direttiva 2011/16 come modificata dalla direttiva 2018/822, alla luce dell’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali, pronunciata dalla Corte nella sentenza dell’8 dicembre 2022, Orde van Vlaamse Balies e a. (C694/20, EU:C:2022:963), vale soltanto nei confronti delle persone che esercitano le loro attività professionali con uno dei titoli professionali menzionati all’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 98/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica.

4)      Dall’esame degli aspetti su cui verte la quinta questione pregiudiziale non è emerso alcun elemento tale da inficiare la validità della direttiva 2011/16, come modificata dalla direttiva 2018/822, alla luce del diritto al rispetto della vita privata garantito dall’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.