Language of document : ECLI:EU:C:2016:75

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 4 febbraio 2016 (1)

Causa C‑165/14

Alfredo Rendón Marín

contro

Administración del Estado

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna)]

«Cittadinanza dell’Unione – Articoli 20 TFUE e 21 TFUE – Direttiva 2004/38/CE – Diritto di soggiorno di un cittadino di uno Stato terzo con precedenti penali – Padre che ha l’affidamento esclusivo di due figli minori, cittadini dell’Unione – Primo figlio avente la cittadinanza dello Stato membro di residenza – Secondo figlio avente la cittadinanza di un altro Stato membro ma che ha sempre soggiornato in tale Stato – Normativa nazionale che esclude la concessione di un permesso di soggiorno a tale ascendente a causa dei suoi precedenti penali – Diniego del diritto di soggiorno che può comportare la partenza, per i figli minori, dal territorio dell’Unione europea – Ammissibilità – Esistenza di un diritto al soggiorno in applicazione della giurisprudenza Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639) e Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124)»

e

Causa C‑304/14

Secretary of State for the Home Department

contro

CS

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dall’Upper Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) London (Tribunale superiore [sezione immigrazione e asilo] di Londra, Regno Unito)]

«Cittadinanza dell’Unione – Articolo 20 TFUE – Cittadino di uno Stato terzo con un figlio minore a carico, cittadino dell’Unione – Diritto di soggiorno permanente nello Stato membro del quale il figlio è cittadino – Condanne penali del genitore – Decisione di allontanamento del genitore che comporta l’allontanamento indiretto del minore – Motivi imperativi di pubblica sicurezza»





Indice

I – Introduzione

II – Contesto normativo

A – La CEDU

B – Diritto dell’Unione

1. La Carta

2. Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

3. La direttiva 2004/38

C – La normativa del Regno Unito

D – La normativa spagnola

III – Fatti e questioni pregiudiziali

A – La causa C‑165/14

B – La causa C‑304/14

IV – Procedimenti dinanzi alla Corte

V – Analisi

A – Sulla competenza della Corte nella causa C‑165/14

B – Sul merito delle cause C‑165/14 e C‑304/14

1. Le peculiarità delle cause

2. Osservazioni preliminari

a) Sul principio di attribuzione delle competenze nel settore del diritto in materia di immigrazione

b) Sui tipi di diritto di soggiorno accordati dalla Corte ai familiari di un cittadino dell’Unione

3. Sul diritto di soggiorno accordato ai familiari di un cittadino dell’Unione nello Stato ospitante: analisi della situazione del sig. Rendón Marín e di sua figlia nell’ambito della direttiva 2004/38

a) Applicabilità della direttiva 2004/38 alla situazione del sig. Rendón Marín e di sua figlia

b) Incidenza dei precedenti penali sul riconoscimento di un diritto di soggiorno derivato tenuto conto degli articoli 27 e 28 della direttiva 2004/38

c) Conclusione intermedia nella causa C‑165/14

4. Sul diritto di soggiorno accordato ai familiari di un cittadino dell’Unione nello Stato membro del quale il cittadino dell’Unione possiede la cittadinanza: analisi della situazione del sig. Rendón Marín e dei suoi figli e di quella di CS e di suo figlio

a) La cittadinanza dell’Unione nella giurisprudenza della Corte

b) Sul rispetto, da parte delle normative nazionali, del diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione

5. Sulla possibilità di introdurre limitazioni ad un diritto di soggiorno derivato risultante direttamente dall’articolo 20 TFUE

a) Portata della nozione di ordine pubblico e della nozione di pubblica sicurezza in relazione ad un diritto di soggiorno risultante dall’articolo 20 TFUE

b) Analisi dell’eccezione di ordine pubblico o di pubblica sicurezza invocata dal governo del Regno Unito

c) Conclusione intermedia concernente la causa C‑165/14

d) Conclusione intermedia concernente la causa C‑304/14

VI – Conclusione

I –    Introduzione

1.        Le questioni sollevate dal Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna) e dall’Upper Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) London [Tribunale superiore (sezione immigrazione e asilo) di Londra, Regno Unito] vertono, in sostanza, sull’interpretazione dell’articolo 20 TFUE e sulla portata di tale disposizione, sia alla luce delle sentenze Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639) e Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124), sia unicamente alla luce della sentenza Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124). Il contesto fattuale di tali cause riguarda cittadini di uno Stato terzo che hanno ricevuto notifica di un diniego del permesso di soggiorno o di una decisione di espulsione dallo Stato membro di residenza e di cittadinanza dei loro figli in tenera età, cittadini dell’Unione dei quali essi sono affidatari. Tali decisioni rischiano di privare detti figli minori del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dal loro status di cittadini dell’Unione. Siffatto rischio discende da misure nazionali adottate nei confronti di tali genitori, cittadini di uno Stato terzo, a causa dei loro precedenti penali.

2.        I presenti rinvii pregiudiziali porteranno pertanto la Corte ad esaminare, anzitutto, la questione se le situazioni di cui ai procedimenti principali rientrino nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. In caso di soluzione affermativa di tale questione, la Corte sarà poi chiamata a determinare l’incidenza di precedenti penali sul riconoscimento di un diritto di soggiorno derivato risultante dalla direttiva 2004/38/CE (2). Infine, la Corte avrà l’occasione di pronunciarsi sulla possibilità di introdurre limitazioni ad un diritto di soggiorno che discende direttamente dall’articolo 20 TFUE e, pertanto, sulla portata della nozione di «ordine pubblico» o di «pubblica sicurezza» in situazioni come quelle di cui alle controversie principali.

II –  Contesto normativo

A –     La CEDU

3.        L’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), così dispone:

«1.      Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.

2.      Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui».

B –     Diritto dell’Unione

1.            La Carta

4.        Ai termini dell’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), intitolato «Rispetto della vita privata e della vita familiare»:

«Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni».

5.        L’articolo 52 della Carta, intitolato «Portata e interpretazione dei diritti e dei principi», enuncia al suo paragrafo 1:

«Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui».

2.            Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

6.        L’articolo 20, paragrafo 1, TFUE, istituisce la cittadinanza dell’Unione e stabilisce che «chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro» è cittadino dell’Unione. Ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera a), TFUE, i cittadini dell’Unione hanno il «diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri».

7.        L’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, aggiunge che tale diritto sussiste «fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi».

3.            La direttiva 2004/38

8.        Sotto il titolo «Definizioni», l’articolo 2 della direttiva 2004/38 enuncia quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

1)      “cittadino dell’Unione”: qualsiasi persona avente la cittadinanza di uno Stato membro;

2)      “familiare”:

(...)

d)      gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner di cui alla lettera b);

3)      “Stato membro ospitante”: lo Stato membro nel quale il cittadino dell’Unione si reca al fine di esercitare il diritto di libera circolazione o di soggiorno».

9.        L’articolo 3 della direttiva 2004/38, intitolato «Aventi diritto», dispone quanto segue:

«1.      La presente direttiva si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell’articolo 2, punto 2, che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo.

2.      Senza pregiudizio del diritto personale di libera circolazione e di soggiorno dell’interessato lo Stato membro ospitante, conformemente alla sua legislazione nazionale, agevola l’ingresso e il soggiorno delle seguenti persone:

a)      ogni altro familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, non definito all’articolo 2, punto 2, se è a carico o convive, nel paese di provenienza, con il cittadino dell’Unione titolare del diritto di soggiorno a titolo principale (...);

(...)

Lo Stato membro ospitante effettua un esame approfondito della situazione personale e giustifica l’eventuale rifiuto del loro ingresso o soggiorno».

10.      L’articolo 7 della direttiva 2004/38, rubricato «Diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi», dispone, ai suoi paragrafi 1 e 2:

«1.      Ciascun cittadino dell’Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione:

a)      di essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante; o

b)      di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante; o

c)      (...)

–        di disporre di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro ospitante e di assicurare all’autorità nazionale competente (...) di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il suo periodo di soggiorno; o

d)      di essere un familiare che accompagna o raggiunge un cittadino dell’Unione rispondente alle condizioni di cui alle lettere a), b) o c).

2.      Il diritto di soggiorno di cui al paragrafo 1 è esteso ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnino o raggiungano nello Stato membro ospitante il cittadino dell’Unione, purché questi risponda alla condizioni di cui al paragrafo 1, lettere a), b) o c)».

11.      L’articolo 27, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2004/38, dispone quanto segue:

«1.      Fatte salve le disposizioni del presente capo, gli Stati membri possono limitare la libertà di circolazione e di soggiorno di un cittadino dell’Unione o di un suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Tali motivi non possono essere invocati per fini economici.

2.      I provvedimenti adottati per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza rispettano il principio di proporzionalità e sono adottati esclusivamente in relazione al comportamento personale della persona nei riguardi della quale essi sono applicati. La sola esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l’adozione di tali provvedimenti.

Il comportamento personale deve rappresentare una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società. Giustificazioni estranee al caso individuale o attinenti a ragioni di prevenzione generale non sono prese in considerazione».

12.      L’articolo 28 della direttiva 2004/38 prevede quanto segue:

«1.      Prima di adottare un provvedimento di allontanamento dal territorio per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, lo Stato membro ospitante tiene conto di elementi quali la durata del soggiorno dell’interessato nel suo territorio, la sua età, il suo stato di salute, la sua situazione familiare e economica, la sua integrazione sociale e culturale nello Stato membro ospitante e l’importanza dei suoi legami con il paese d’origine.

2.      Lo Stato membro ospitante non può adottare provvedimenti di allontanamento dal territorio nei confronti del cittadino dell’Unione o del suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, che abbia acquisito il diritto di soggiorno permanente nel suo territorio se non per gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

3.      Il cittadino dell’Unione non può essere oggetto di una decisione di allontanamento, salvo se la decisione è adottata per motivi imperativi di pubblica sicurezza definiti dallo Stato membro, qualora:

a)      abbia soggiornato nello Stato membro ospitante i precedenti dieci anni; o

b)      sia minorenne, salvo qualora l’allontanamento sia necessario nell’interesse del minore, secondo quanto contemplato dalla convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989».

C –     La normativa del Regno Unito

13.      Ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 5, della legge del 2007 sulle frontiere (UK Borders Act 2007; in prosieguo: la «legge sulle frontiere»), nel caso in cui una persona, che non sia un cittadino britannico, sia ritenuta colpevole di un reato nel Regno Unito e sia condannata ad un periodo di reclusione di almeno dodici mesi, il Secretary of State for the Home Department (ministro dell’Interno del Regno Unito; in prosieguo: il «ministro dell’Interno») deve emettere un provvedimento di espulsione nei suoi confronti. Si tratta di un obbligo.

14.      In forza dell’articolo 33 della legge sulle frontiere, tale obbligo non sorge ove l’allontanamento, in forza del provvedimento di espulsione, della persona condannata:

«(a)      violi i diritti di una persona ai sensi della [CEDU]; oppure

(b)      violi gli obblighi incombenti al Regno Unito ai sensi della convenzione [sui rifugiati (3)]; o

(c)      violi i diritti del reo ai sensi dei Trattati dell’Unione europea».

15.      Secondo il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, sono rilevanti per la presente causa talune disposizioni del regolamento del 2006 sull’immigrazione (Spazio economico europeo) [Immigration (European Economic Area) Regulations 2006], come modificato nel 2012 (in prosieguo: il «regolamento sull’immigrazione»).

16.      L’articolo 15A, paragrafo 4A, del regolamento sull’immigrazione dà esecuzione alla sentenza Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124). Una persona che soddisfa i criteri previsti da tale articolo 15A, paragrafo 4A, beneficia di «un diritto derivato di soggiornare nel Regno Unito». Tuttavia, l’articolo 15A, paragrafo 9, del regolamento sull’immigrazione, dispone che una persona che beneficerebbe normalmente di un diritto di soggiorno derivato in forza, segnatamente, delle disposizioni di detto paragrafo 4A, non beneficia tuttavia di tale diritto «se il [ministro dell’Interno] ha adottato una decisione ai sensi [degli articoli 19, paragrafo 3, lettera b), 20, paragrafo 1, o 20A, paragrafo 1]».

17.      In virtù dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento sull’immigrazione, il ministro dell’Interno può rifiutare di rilasciare, revocare o rifiutare di rinnovare un attestato d’iscrizione, una carta di soggiorno, un documento che attesta il soggiorno permanente o una carta di soggiorno permanente «se il rifiuto o la revoca sono giustificat[i] da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica».

18.      In forza dell’articolo 20, paragrafo 6, del regolamento sull’immigrazione, una siffatta decisione deve essere adottata in conformità all’articolo 21 del medesimo.

19.      L’articolo 21A del regolamento sull’immigrazione applica una versione modificata della parte 4 di tale regolamento a decisioni adottate in relazione, segnatamente, a diritti di soggiorno derivati. L’articolo 21A, paragrafo 3, lettera a), di detto regolamento, applica la parte 4 come se «i riferimenti ad un elemento giustificato da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica in conformità all’articolo 21 facessero riferimento, invece, ad un elemento che “contribuisce all’interesse generale”».

20.      L’effetto di tali disposizioni consisterebbe, secondo il Regno Unito, nella possibilità di negare la concessione di un diritto di soggiorno derivato ad una persona che potrebbe normalmente pretendere un diritto di soggiorno in forza dell’articolo 20 TFUE, come applicato dalla Corte nella sentenza Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124), qualora ciò contribuisse all’interesse generale.

D –     La normativa spagnola

21.      La legge organica dell’11 gennaio 2000, n. 4, sui diritti e le libertà degli stranieri in Spagna e sulla loro integrazione sociale (Ley Orgánica 4/2000 sobre derechos y libertades de los extranjeros en España y su integración social) (BOE n. 10, del 12 gennaio 2000, pag. 1139), come modificata dalla legge organica dell’11 dicembre 2009, n. 2, recante modifica della legge organica 4/2000 (Ley Orgánica 2/2009 de reforma de la Ley Orgánica 4/2000) (BOE n. 299, del 12 dicembre 2009, pag. 104986), in vigore dal 13 dicembre 2009 (in prosieguo: la «legge sugli stranieri») prevede, al suo articolo 31, paragrafo 3, la possibilità di concedere un titolo di soggiorno temporaneo per motivi eccezionali, senza che sia necessario che il cittadino di uno Stato terzo sia preliminarmente munito di un visto.

22.      L’articolo 31, paragrafi 5 e 7, della legge sugli stranieri così dispone:

«5.      Il rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo ad uno straniero presuppone in capo a quest’ultimo l’assenza di precedenti penali in Spagna o nei paesi in cui egli ha soggiornato in precedenza, per reati previsti dall’ordinamento giuridico spagnolo, e che lo stesso non sia bandito dal territorio degli Stati con i quali la Spagna ha concluso un accordo in tal senso.

(...)

7.      Ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno temporaneo, verranno eventualmente valutati:

a)      i precedenti penali, considerando la presenza di indulti o le situazioni di sospensione condizionale della pena o di sospensione della pena detentiva;

b)      l’inosservanza degli obblighi dell’individuo in materia fiscale e previdenziale.

Ai fini di tale rinnovo, si terrà conto, in particolare, dello sforzo di integrazione manifestato dal cittadino straniero e militante a favore del rinnovo, il quale dovrà essere dimostrato tramite un rapporto positivo della comunità autonoma che attesti che l’individuo ha partecipato alle formazioni previste all’articolo 2 ter della presente legge».

23.      Il regio decreto del 30 dicembre 2004, n. 2393, recante approvazione del regolamento di attuazione della legge organica 4/2000 (Real Decreto 2393/2004, por el que se aprueba el Reglamento de la Ley Orgánica 4/2000) (BOE n. 6, del 7 gennaio 2005, pag. 485; in prosieguo: il «regolamento di attuazione della legge sugli stranieri») prevedeva, al paragrafo 4, in fine, della prima disposizione aggiuntiva, che «[i]l Segretario di Stato dell’immigrazione e dell’emigrazione, su rapporto preliminare del Segretario di Stato degli Interni, può rilasciare premessi di soggiorno temporanei in caso di circostanze eccezionali non previste nel regolamento di attuazione della legge [sugli stranieri]».

III –  Fatti e questioni pregiudiziali

24.      I fatti rilevanti dei procedimenti principali, quali emergono dalle decisioni di rinvio, possono essere descritti nei termini seguenti.

A –     La causa C‑165/14

25.      Il sig. Rendón Marín, cittadino colombiano, è padre di due figli minori nati a Malaga (Spagna), un maschio di cittadinanza spagnola e una femmina di cittadinanza polacca. I figli hanno sempre abitato in Spagna.

26.      Si evince dai documenti del fascicolo a disposizione della Corte che la decisione giudiziaria del 13 maggio 2009 del Juzgado de Primera Instancia de Málaga (Tribunale di primo grado di Malaga, Spagna) ha stabilito che i figli del sig. Rendón Marín fossero affidati e abitassero in via esclusiva con il medesimo. Il domicilio della madre di questi ultimi, cittadina polacca, è sconosciuto. Stando alla decisione di rinvio, i due figli risultano adeguatamente accuditi e scolarizzati.

27.      Il sig. Rendón Marín ha dei precedenti penali. Egli è stato in particolare condannato in Spagna ad una pena detentiva di nove mesi. Una sospensione condizionale di due anni di tale pena è stata tuttavia concessa a partire dal 13 febbraio 2009. Alla data della decisione di rinvio, il 20 marzo 2014, egli era in attesa di una decisione su una domanda di cancellazione dei precedenti penali dal casellario giudiziario.

28.      Il 18 febbraio 2010, il sig. Rendόn Marín ha depositato presso la direzione generale dell’immigrazione del ministero del Lavoro e dell’Immigrazione (Director General de Inmigración del Ministerio de Trabajo e Inmigración; in prosieguo: la «direzione generale dell’immigrazione») una domanda di permesso di soggiorno temporaneo per circostanze eccezionali, in forza del paragrafo 4 in fine della prima disposizione aggiuntiva del regolamento di attuazione della legge sugli stranieri (4).

29.      Risulta dal fascicolo a disposizione della Corte che, con decisione del 13 luglio 2010, la domanda del sig. Rendόn Marín è stata respinta a causa dell’esistenza di precedenti penali, in applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 31, paragrafo 5, della legge sugli stranieri.

30.      Dopo che il ricorso proposto dal sig. Rendón Marín avverso tale decisione era stato respinto da una sentenza dell’Audiencia Nacional (Corte nazionale, Spagna) del 21 marzo 2012, il sig. Rendón Marín ha impugnato tale sentenza dinanzi al Tribunal Supremo (Corte suprema).

31.      Il sig. Rendón Marín ha fondato il proprio ricorso su un motivo di diritto unico, ossia sull’interpretazione erronea delle sentenze Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639) e Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124), la cui giurisprudenza avrebbe dovuto comportare, a suo avviso, il rilascio a suo favore del permesso di soggiorno richiesto, nonché sulla violazione dell’articolo 31, paragrafi 3 e 7, della legge sugli stranieri.

32.      Il giudice del rinvio afferma che, a prescindere dalle circostanze concrete di ciascuna causa, come nei casi delle sentenze Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639) e Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124), nella causa principale, il diniego del permesso di soggiorno in Spagna al sig. Rendόn Marín implicherebbe una partenza forzata dal territorio nazionale e, pertanto, da quello dell’Unione europea; ciò comporterebbe l’uscita dal territorio dell’Unione per i suoi due figli, uno dei quali è un cittadino spagnolo minore a carico del padre, non essendo noto il luogo di residenza della madre (5). Esso rileva tuttavia che, a differenza dei casi esaminati nelle summenzionate sentenze della Corte, esiste nella specie un divieto di legge di concedere un permesso di soggiorno qualora il richiedente abbia precedenti penali in Spagna. Di conseguenza, il giudice del rinvio si chiede se il diritto nazionale, che vieta in ogni caso e senza possibilità di modulazione nella specie la concessione di un permesso di soggiorno in presenza di precedenti penali nel paese in cui il permesso viene richiesto, benché ciò privi inevitabilmente un minore, cittadino dell’Unione e a carico del richiedente, del proprio diritto di soggiorno nel territorio dell’Unione, sia conforme alla giurisprudenza della Corte fatta valere, la quale interpreta l’articolo 20 TFUE.

33.      Ciò premesso, il Tribunal Supremo (Corte suprema), con decisione del 20 marzo 2014, pervenuta presso la cancelleria della Corte il 7 aprile 2014, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se sia compatibile con l’articolo 20 [TFUE], interpretato alla luce delle sentenze [Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639)] e [Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124)], una normativa nazionale che esclude la possibilità di concedere un permesso di soggiorno al genitore di un cittadino dell’Unione europea, minore e a suo carico, a causa di precedenti penali nel paese in cui detto genitore presenta richiesta, benché ciò comporti l’allontanamento forzoso dal territorio dell’Unione del minore che ha l’obbligo di seguire il genitore».

B –     La causa C‑304/14

34.      CS è una cittadina marocchina. Nel 2002, ella ha sposato in Marocco un cittadino britannico. Nel settembre 2003, la stessa ha ottenuto un visto in ragione del suo matrimonio ed è entrata legalmente nel Regno Unito con l’autorizzazione a soggiornarvi fino al 20 agosto 2005. Il 31 ottobre 2005, ella ha ottenuto un permesso di soggiorno nel Regno Unito a tempo indeterminato.

35.      Nel 2007, CS ha divorziato dal marito. Ella si è riconciliata e quindi risposata col medesimo nel 2010. Nel 2011, un figlio è nato nel Regno Unito da tale matrimonio. Quest’ultimo è cittadino britannico. CS sarebbe la sola affidataria effettiva.

36.      Il 21 marzo 2012, CS è stata riconosciuta colpevole di un reato. Il 4 maggio 2012, ella è stata condannata a dodici mesi di reclusione.

37.      Il 2 agosto 2012, le è stato comunicato che, a causa della sua condanna, ella doveva essere espulsa dal Regno Unito. Il 30 agosto 2012, CS ha presentato domanda di asilo. La sua domanda è stata esaminata dall’autorità competente del Regno Unito, il ministro dell’Interno.

38.      Il 2 novembre 2012, CS è stata messa in libertà dopo avere scontato la sua pena detentiva e, il 9 gennaio 2013, il ministro dell’Interno ha respinto la sua domanda di asilo (6). La decisione di espulsione di CS al di fuori del Regno Unito verso uno Stato non membro dell’Unione è stata adottata ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 5, della legge sulle frontiere. CS ha contestato la decisione del ministro dell’Interno esercitando il proprio diritto di ricorso dinanzi al First-tier Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) [Tribunale di primo grado (sezione immigrazione e asilo)]. Il 3 settembre 2013, il suo ricorso è stato accolto, in quanto la sua espulsione avrebbe comportato una violazione della Convenzione sui rifugiati, degli articoli 3 e 8 della CEDU, nonché dei Trattati.

39.      Nella sua decisione, il First-tier Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) [Tribunale di primo grado (sezione immigrazione e asilo)] ha constatato che, in caso di adozione di una misura di allontanamento nei confronti di CS, nessun altro familiare nel Regno Unito avrebbe potuto prendersi cura del figlio, il quale avrebbe pertanto dovuto seguirla in Marocco. Richiamando i diritti connessi alla cittadinanza europea del figlio di CS in forza dell’articolo 20 TFUE e della sentenza Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124), il First-tier Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) [Tribunale di primo grado (sezione immigrazione e asilo)] ha statuito che: «[i]n nessun caso un cittadino dell’Unione europea può essere allontanato di fatto dal territorio dell’Unione europea. (…) Tale obbligo non ammette nessuna deroga, di qualsivoglia tipo, ivi incluso il caso in cui (…) i genitori abbiano precedenti penali. (...) Di conseguenza, il provvedimento di espulsione in questione non è conforme alla legge poiché viola i diritti di cui il figlio gode in forza dell’articolo 20 TFUE».

40.      Il ministro dell’Interno è stato autorizzato a ricorrere dinanzi all’Upper Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) London [Tribunale superiore (sezione immigrazione e asilo) di Londra]. È stato sostenuto, per conto del ministro dell’Interno, che il First-tier Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) [Tribunale di primo grado (sezione immigrazione e asilo)] aveva commesso un errore di diritto nella sua valutazione e nelle sue conclusioni su tutti i motivi in base ai quali esso aveva accolto il ricorso di CS, inclusa la sua valutazione e le sue conclusioni relative ai diritti del minore ai sensi dell’articolo 20 TFUE, alla sentenza Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124) e ai diritti derivati di CS. Il ministro dell’Interno ha fatto valere, in particolare, che il diritto dell’Unione non ostava a che CS fosse espulsa verso il Marocco, anche se ciò privava suo figlio, cittadino dell’Unione, del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti connessi a tale status.

41.      Ciò premesso, l’Upper Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) London [Tribunale superiore (sezione immigrazione e asilo) di Londra], con sentenza del 4 giugno 2014, pervenuta nella cancelleria della Corte il 24 giugno 2014, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il diritto dell’Unione, e in particolare l’articolo 20 TFUE, osti a che uno Stato membro espella dal proprio territorio, verso un paese non appartenente all’Unione, una persona non cittadina dell’Unione che sia il genitore e l’effettivo affidatario di un minore che sia un cittadino di tale Stato membro (e, pertanto, un cittadino dell’Unione), ove ciò priverebbe il minore, cittadino dell’Unione, del godimento effettivo del nucleo essenziale dei suoi diritti in quanto cittadino dell’Unione.

2)      Nel caso in cui la risposta alla prima questione sia negativa, quali siano le circostanze in cui tale espulsione sia permessa ai sensi del diritto dell’Unione.

3)      Nel caso in cui la risposta alla prima questione sia negativa, in quale misura, se del caso, gli articoli 27 e 28 della direttiva [2004/38] incidano sulla risposta alla seconda questione».

IV –  Procedimenti dinanzi alla Corte

42.      Nella causa C‑165/14, hanno depositato osservazioni scritte il sig. Rendón Marín, i governi spagnolo, greco, francese, italiano, dei Paesi Bassi, polacco e del Regno Unito, nonché la Commissione europea, e nella causa C‑304/14, CS, i governi del Regno Unito, francese, polacco, nonché la Commissione.

43.      Con decisione del 2 giugno 2015, la Corte, in applicazione dell’articolo 29, paragrafo 1, del proprio regolamento di procedura, ha rinviato le due cause dinanzi al medesimo collegio giudicante, la Grande Sezione, ed essa, in applicazione dell’articolo 77 di tale regolamento, ha organizzato un’udienza di discussione comune a tali cause.

44.      Nel corso dell’udienza tenutasi il 30 giugno 2015, sono state svolte difese orali a nome del sig. Rendón Marín, di CS, dei governi spagnolo, del Regno Unito, danese e polacco, nonché della Commissione.

V –     Analisi

A –     Sulla competenza della Corte nella causa C‑165/14

45.      Si evince dal fascicolo sottoposto alla Corte, nonché dalle osservazioni formulate in udienza dal sig. Rendón Marín e dal governo spagnolo che, dopo che la sentenza del 21 marzo 2012, la quale aveva respinto il ricorso proposto avverso la decisione di rigetto della richiesta di permesso di soggiorno, è stata oggetto di un’impugnazione nell’ambito della quale il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha proposto la presente domanda di pronuncia pregiudiziale, il ricorrente nel procedimento principale ha depositato, presso la subdelegazione del governo a Malaga, due nuove domande di permesso di soggiorno temporaneo per circostanze eccezionali. Tuttavia, ciascuna di tali domande era fondata su un motivo nuovo, ossia il radicamento familiare, previsto all’articolo 124, paragrafo 3 (7), del nuovo regolamento di attuazione della legge sugli stranieri (8).

46.      Per quanto attiene alla prima di queste due domande, risulta dal fascicolo in possesso della Corte che la subdelegazione del governo a Malaga l’ha respinta con decisione del 17 febbraio 2014 a causa dell’esistenza di precedenti penali, in applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 31, paragrafo 5, della legge sugli stranieri e all’articolo 128 del nuovo regolamento di attuazione della legge sugli stranieri (9).

47.      Per quanto attiene alla seconda domanda, il governo spagnolo ha affermato, in udienza, che, il 18 febbraio 2015, al ricorrente nel procedimento principale è stato rilasciato un permesso di soggiorno temporaneo da parte della subdelegazione del governo a Malaga. A tal riguardo, si evince dalle osservazioni orali del sig. Rendón Marín che egli ha ottenuto tale permesso di soggiorno temporaneo per circostanze eccezionali fondate sul radicamento familiare a causa della cancellazione dei suoi precedenti penali dal casellario giudiziario da parte dell’autorità competente spagnola.

48.      Di conseguenza, sembra che il sig. Rendón Marín abbia adesso ottenuto il permesso di soggiorno temporaneo richiesto. Sebbene ciò non incida sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, giacché tutte le condizioni per proporre detta domanda erano soddisfatte al momento del suo deferimento (10), si pone la questione se la controversia sia stata risolta e se sia ancora necessario rispondere alla questione pregiudiziale sollevata. Tale questione riguarda dunque non un problema di irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunal Supremo (Corte suprema) (11), bensì l’eventuale difetto di competenza della Corte (12).

49.      Emerge sia dal dettato sia dal sistema dell’articolo 267 TFUE che il procedimento pregiudiziale presuppone la pendenza dinanzi ai giudici nazionali di un’effettiva controversia, nell’ambito della quale essi dovranno emettere una pronuncia che possa tener conto della sentenza pregiudiziale della Corte (13). L’esistenza di una controversia nella causa principale è pertanto un presupposto essenziale della competenza della Corte, la quale può ovvero deve verificarla d’ufficio (14).

50.      Nella specie, come risulta dal paragrafo 45 delle presenti conclusioni, la concessione del permesso di soggiorno ha avuto luogo solo dopo che la sentenza, recante rigetto del ricorso proposto avverso la decisione di diniego di detto permesso di soggiorno, è stata oggetto dell’impugnazione nell’ambito della quale il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha proposto una domanda di pronuncia pregiudiziale dinanzi alla Corte. Qualora risulti che il sig. Rendón Marín abbia effettivamente ottenuto il permesso di soggiorno temporaneo che aveva richiesto (15), si dovrebbe ritenere che la controversia principale sia priva di oggetto, in quanto le richieste del sig. Rendón Marín sono state soddisfatte. Tuttavia, anche se sembra dubbio che una risposta della Corte sia necessaria per consentire al Tribunal Supremo (Corte suprema) di emanare la sua sentenza, come richiesto dall’articolo 267 TFUE, ritengo che la Corte non sia in grado di stabilire in maniera concludente, e unicamente sulla base delle informazioni fornite in udienza, che non è necessario che il Tribunal Supremo (Corte suprema) prosegua il procedimento. Infatti, quest’ultimo vi sarà eventualmente tenuto per una ragione che non emerge dal fascicolo a disposizione della Corte.

51.      A tal riguardo, mi sembra opportuno chiedere al giudice del rinvio se esso intenda mantenere la propria domanda di pronuncia pregiudiziale e se esistano motivi per ritenere che una risposta della Corte sia ancora necessaria per la decisione. Tale approccio sarebbe compatibile con la giurisprudenza della Corte secondo la quale la giustificazione del rinvio pregiudiziale non è la formulazione di opinioni consultive su questioni generiche o ipotetiche, ma il bisogno inerente alla soluzione effettiva di un contenzioso (16).

52.      Nel caso in cui, a seguito di contatti presi con il giudice del rinvio, la Corte decidesse che una risposta resta necessaria, esaminerò la questione sottoposta, nella misura in cui il giudice del rinvio non l’abbia ritirata.

B –     Sul merito delle cause C‑165/14 e C‑304/14

53.      Le due domande pregiudiziali, introdotte rispettivamente dal Tribunal Supremo (Corte suprema) e dall’Upper Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) London [Tribunale superiore (sezione immigrazione e asilo) di Londra] vertono, in sostanza, sull’interpretazione dell’articolo 20 TFUE e sulla portata di tale disposizione, sia alla luce delle sentenze Zhu e Chen (17) (causa C‑165/14) e Ruiz Zambrano (18) (cause C‑165/14 e C‑304/14), sia unicamente alla luce di questa seconda sentenza, con la peculiarità dell’esistenza di precedenti penali in capo ai ricorrenti.

54.      Ricordo anzitutto che, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte, creata dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia sottopostagli. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte. Infatti, la Corte ha il compito di interpretare tutte le norme del diritto dell’Unione che possano essere utili ai giudici nazionali al fine di dirimere le controversie di cui sono investiti, anche qualora tali norme non siano espressamente indicate nelle questioni a essa sottoposte da detti giudici (19).

55.      Di conseguenza, benché formalmente il giudice del rinvio abbia limitato le sue questioni all’interpretazione dell’articolo 20 TFUE, tale circostanza non osta a che la Corte gli fornisca tutti gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione che possano essere utili per definire la controversia di cui è investito, a prescindere dal fatto che detto giudice vi abbia fatto riferimento nel formulare le proprie questioni. A tal proposito, la Corte è tenuta a trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale e, in particolare, dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi di detto diritto che richiedono un’interpretazione, tenuto conto dell’oggetto della controversia (20).

56.       Nella specie, il giudice del rinvio nella causa C‑165/14 chiede, in sostanza, da un lato, se la direttiva 2004/38 osti ad una normativa nazionale che impone il diniego automatico di un permesso di soggiorno al cittadino di uno Stato terzo, genitore di un minore cittadino dell’Unione a suo carico e con il quale risiede nello Stato membro ospitante, allorché egli abbia precedenti penali e, dall’altro, se l’articolo 20 TFUE, interpretato alla luce delle sentenze Zhu e Chen (21) e Ruiz Zambrano (22), osti a questa stessa normativa nazionale che impone il diniego automatico di un permesso di soggiorno al cittadino di uno Stato terzo, genitore di minori cittadini dell’Unione e dei quali egli ha l’affidamento esclusivo, qualora lo stesso abbia precedenti penali e, a causa di detto diniego, tali figli debbano lasciare il territorio dell’Unione.

57.      Per quanto attiene alla causa C‑304/14, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 20 TFUE osti a che uno Stato membro proceda all’espulsione dal proprio territorio verso un paese non membro dell’Unione di un cittadino di uno Stato terzo, genitore di un bambino cittadino di tale Stato membro e del quale egli ha di fatto l’affidamento esclusivo, qualora ciò priverebbe il figlio, cittadino dell’Unione, del godimento effettivo del nucleo essenziale dei suoi diritti quale cittadino dell’Unione.

58.      Dato che le due cause sollevano questioni simili, propongo conclusioni comuni. Tuttavia, occorre osservare che, malgrado le similitudini fra queste due cause, esistono talune differenze fra le stesse, e, pertanto, fra le questioni sottoposte alla Corte dal Tribunal Supremo (Corte suprema) e dall’Upper Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) London [Tribunale superiore (sezione immigrazione e asilo) di Londra]. Mi sembra pertanto opportuno esaminare, in via preliminare, le peculiarità delle controversie principali, ed analizzare poi gli aspetti determinanti delle questioni sottoposte dai giudici del rinvio.

1.            Le peculiarità delle cause

59.      Le situazioni di cui alle controversie principali hanno anzitutto in comune il fatto che le parti nei procedimenti principali sono cittadini di uno Stato terzo, genitori di cittadini dell’Unione in tenera età residenti rispettivamente nel proprio Stato membro e dei quali essi hanno l’affidamento esclusivo. Inoltre, tali bambini, cittadini dell’Unione, hanno sempre dimorato nel loro rispettivo Stato membro. Infine, il sig. Rendón Marín e CS sono stati entrambi condannati a pene detentive, rispettivamente di nove e dodici mesi.

60.      Le due controversie di cui ai procedimenti principali presentano tuttavia un certo numero di differenze. Tali differenze riguardano, segnatamente, il fatto che uno dei due minori interessati, la figlia del sig. Rendón Marín, risiede in uno Stato membro diverso da quello del quale ha la cittadinanza; il tipo di normativa nazionale in questione (diniego di un permesso di soggiorno in Spagna e decisione di espulsione dal Regno Unito) (23), nonché il grado di gravità dei reati commessi dal sig. Rendón Marín e da CS (sospensione della pena detentiva di nove mesi alla quale il sig. Rendón Marín è stato condannato, mentre CS ha scontato la propria pena di dodici mesi di reclusione).

61.      Per quanto attiene, anzitutto, alla situazione della figlia del sig. Rendón Marín (di cittadinanza polacca), la quale è nata in Spagna e non ha mai lasciato tale Stato membro, occorre stabilire in via preliminare se una siffatta situazione rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/38, come sostenuto dai governi greco, italiano e polacco, nonché dalla Commissione. Questa analisi verrà svolta nel prosieguo (24).

62.      Per quanto riguarda, poi, il tipo di normativa nazionale in questione, desidero precisare alcuni aspetti peculiari alle presenti cause.

63.      Nella causa C‑165/14, emerge dai documenti del fascicolo a disposizione della Corte, nonché dalle affermazioni del sig. Rendón Marín e del governo spagnolo in udienza, che la decisione di diniego del permesso di soggiorno della subdelegazione del governo a Malaga datata 17 febbraio 2014 indica che, in conformità all’articolo 28, paragrafo 3, della legge sugli stranieri, in combinato disposto con l’articolo 24 del regolamento di attuazione della legge sugli stranieri, il sig. Rendón Marín «è obbligato a lasciare la Spagna entro un termine massimo di quindici giorni a partire dalla notifica della [decisione di rigetto della domanda]».

64.      Il governo spagnolo sostiene a tal riguardo, nelle sue osservazioni scritte e orali, che l’applicazione della normativa spagnola in questione e, pertanto, l’ordine di lasciare il territorio, non comportano l’allontanamento automatico di un cittadino di uno Stato terzo a causa dei suoi precedenti penali. Infatti, l’autorità competente deve anzitutto dimostrare che la persona di cui trattasi ha commesso un’infrazione alla legge sugli stranieri prevista all’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), di tale legge e, quindi, avviare il procedimento sanzionatorio, il quale può eventualmente comportare la sanzione dell’espulsione.

65.      Il sig. Rendón Marín ha cionondimeno sottolineato a tal riguardo, in udienza, che se una persona che soggiorna in Spagna non è munita di un permesso di soggiorno, essa commette un’infrazione amministrativa che può essere sanzionata con un ordine di espulsione.

66.      In ogni caso, emerge dagli elementi forniti nella decisione di rinvio che il diniego di concedere al sig. Rendón Marín un permesso di soggiorno in Spagna a causa dei suoi precedenti penali implicherebbe, per lo stesso, una partenza forzata dal territorio nazionale e, pertanto, dall’Unione; ciò implicherebbe parimenti la partenza dal territorio nell’Unione per i suoi due figli.

67.      Nella causa C‑304/15, occorre rilevare, come indicato dal giudice del rinvio, che, secondo la normativa del Regno Unito in questione, l’adozione, da parte del ministro dell’Interno, di una decisione di espulsione nei confronti di un cittadino non britannico riconosciuto colpevole di un reato e condannato alla pena della reclusione per una durata pari ad almeno dodici mesi è obbligatoria (25).

68.      Infine, per quanto attiene al grado di gravità dei reati commessi dal sig. Rendón Marín e da CS, mi sembra utile richiamare i seguenti elementi.

69.      Nella causa C‑165/14, si evince dalla decisione di rinvio che la domanda di permesso di soggiorno temporaneo per circostanze eccezionali depositata dal sig. Rendón Marín è stata respinta dalla direzione generale dell’immigrazione a causa dell’esistenza di precedenti penali, in applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 31, paragrafo 5, della legge sugli stranieri. Tuttavia, come risulta dal paragrafo 27 delle presenti conclusioni, la pena della reclusione di nove mesi alla quale il sig. Rendón Marín è stato condannato è stata oggetto di sospensione condizionale, ed egli non sconterà la pena detentiva. Inoltre, alla data della decisione di rinvio, egli era in attesa di una decisione dell’autorità competente concernente la domanda di cancellazione dei suoi precedenti penali dal casellario giudiziario(26).

70.      Nella causa C‑304/14, e diversamente dal sig. Rendón Marín, CS è stata riconosciuta colpevole di un reato per il quale è stata condannata a dodici mesi di reclusione, pena che la stessa ha effettivamente scontato. Inoltre, a causa della sua condanna e del fatto che ella non è cittadina britannica, nei suoi confronti è stata adottata una decisione di espulsione dal Regno Unito (27).

71.      Alla luce delle peculiarità di tali cause, sarebbe opportuno, in primo luogo, chiarire se la situazione del sig. Rendón Marín e dei suoi figli, nonché quella di CS e di suo figlio rientrino nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. In caso di soluzione affermativa di tale questione, esaminerò i problemi particolari sollevati dai giudici del rinvio, ossia l’incidenza dei precedenti penali del sig. Rendón Marín e di CS sul riconoscimento del loro diritto di soggiorno.

2.            Osservazioni preliminari

72.      Nei procedimenti principali, la Corte è chiamata ad interpretare il diritto dell’Unione al fine di verificare la conformità con tale diritto delle normative nazionali in questione, nel contesto di situazioni concernenti, da un lato, il diritto di cittadini dell’Unione, minori in tenera età che hanno sempre soggiornato nel loro rispettivo Stato membro, di risiedere nel territorio dell’Unione e, pertanto, il diritto di soggiorno del loro genitore cittadino di paesi terzi ai quali essi sono affidati in via esclusiva, e, dall’altro, la possibilità, per uno Stato membro, di negare la concessione di un permesso di soggiorno o di decidere l’espulsione di siffatti cittadini di uno Stato terzo a causa dei loro precedenti penali.

73.      In tale contesto, occorre esaminare brevemente il principio di attribuzione delle competenze nel settore del diritto in materia di immigrazione, ed esaminare poi i tipi di diritti di soggiorno accordati dalla Corte ai familiari di un cittadino dell’Unione.

a)       Sul principio di attribuzione delle competenze nel settore del diritto in materia di immigrazione

74.      Nel settore dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, l’Unione dispone di una competenza concorrente con quella degli Stati membri, prevista all’articolo 4, paragrafo 2, lettera j), TFUE. Gli obiettivi e le modalità di esercizio di tale competenza sono precisati nel titolo V della terza parte del Trattato FUE. L’articolo 67 TFUE prevede che l’Unione sviluppi segnatamente una politica comune in materia di immigrazione fondata sulla solidarietà tra gli Stati membri ed equa nei confronti dei cittadini di uno Stato terzo. In tal senso, la procedura legislativa ordinaria si applica ai fini dell’adozione di tutte le misure previste all’articolo 79, paragrafo 2, TFUE (28). L’esercizio della competenza dell’Unione, dopo il controllo di sussidiarietà, ha un effetto di preclusione nei confronti degli Stati membri. Questi ultimi sono pertanto privati della propria competenza nella misura dell’intervento dell’Unione. Poiché la competenza dell’Unione in materia di migrazione è una competenza di armonizzazione, l’effetto di preclusione varia in funzione della portata esatta e dell’intensità dell’intervento dell’Unione (29). Vengono pertanto adottate norme comuni tramite direttive che gli Stati membri hanno l’obbligo di trasporre; questi ultimi possono tuttavia legiferare sulle questioni non prese in considerazione da tali direttive e hanno parimenti la possibilità di derogare alle norme comuni, nella misura in cui le direttive lo consentano. In tale contesto, gli Stati membri conservano, in linea di principio, le loro competenze nell’ambito del diritto in materia di immigrazione.

75.      Per contro, qualora si sia in presenza di una situazione in cui i diritti di circolare e di soggiornare liberamente in forza del diritto dell’Unione siano controversi, il margine di valutazione di cui dispongono gli Stati membri in materia di immigrazione non può arrecare pregiudizio all’applicazione delle disposizioni concernenti la cittadinanza dell’Unione o la libertà di circolazione, anche qualora tali disposizioni riguardino non solo la situazione di un cittadino dell’Unione, ma anche quella di un cittadino di uno Stato terzo suo familiare.

b)       Sui tipi di diritto di soggiorno accordati dalla Corte ai familiari di un cittadino dell’Unione

76.      Occorre precisare che la Corte, fondandosi sui trattati, ha in particolare riconosciuto nella propria giurisprudenza tre tipi di diritto di soggiorno a favore dei familiari di un cittadino dell’Unione.

77.      Per quanto attiene ai primi due tipi di soggiorno, il diritto di soggiorno che viene accordato ai familiari di un cittadino dell’Unione è concesso nello Stato del quale il cittadino dell’Unione possiede la cittadinanza (30). Il primo riguarda il diritto al ricongiungimento familiare concesso al cittadino a seguito dell’esercizio preliminare o contestuale della libertà di circolazione ed è desunto dal divieto di ostacoli (31). Il secondo discende dall’effetto utile dell’articolo 20 TFUE e mira ad impedire che un cittadino venga privato del godimento del nucleo essenziale dei diritti conferitigli dalla cittadinanza dell’Unione (32). Si tratta di casi eccezionali (33).

78.      Quanto al terzo tipo di diritto di soggiorno, esso è accordato ai familiari di un cittadino dell’Unione nello Stato membro ospitante (34). Infatti, la Corte ha dichiarato che un cittadino dell’Unione che non ha mai lasciato il territorio di uno Stato membro può avvalersi dei diritti risultanti dal Trattato a condizione che egli sia cittadino di un altro Stato membro (35). Essa ha fondato tale diritto di soggiorno sull’effetto utile del diritto di residenza del cittadino dell’Unione (36).

79.      Occorre sottolineare che le presenti cause riguardano unicamente il secondo e il terzo tipo di diritto di soggiorno menzionati supra (37).

80.      In tale contesto giurisprudenziale, verificherò, in primo luogo, se la situazione del sig. Rendón Marín e dei suoi due figli, nonché quella di CS e di suo figlio, rientrino nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione e, in particolare, delle disposizioni del Trattato dedicate alla cittadinanza dell’Unione.

3.            Sul diritto di soggiorno accordato ai familiari di un cittadino dell’Unione nello Stato ospitante: analisi della situazione del sig. Rendón Marín e di sua figlia nell’ambito della direttiva 2004/38

81.      La libera circolazione delle persone costituisce una delle libertà fondamentali nel mercato interno, che comprende uno spazio senza frontiere interne nel quale tale libertà è assicurata secondo le disposizioni del Trattato (38).

82.      Il diritto delle persone di circolare liberamente si traduce nello spostamento del cittadino di uno Stato membro, e dunque di un cittadino dell’Unione, al di fuori del proprio Stato membro. Tuttavia, nelle presenti cause, né i figli del sig. Rendón Marín, l’uno cittadino spagnolo e l’altra cittadina polacca, né il figlio di CS, cittadino britannico, hanno attraversato una frontiera. Di conseguenza, in linea di principio, tali cause non vertono sul diritto alla libera circolazione di un cittadino dell’Unione da uno Stato membro all’altro. Infatti, la direttiva 2004/38 si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che «si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari». Pertanto, la direttiva 2004/38 non si applica, in linea di principio, a situazioni come quella in cui si trovano il sig. Rendón Marín e suo figlio avente la cittadinanza spagnola e a quella di CS e di suo figlio, cittadino britannico.

83.      Tuttavia, i governi spagnolo, greco, italiano e polacco, nonché la Commissione ritengono che la situazione della figlia, cittadina polacca, del sig. Rendón Marín, una bambina in tenera età che soggiorna in uno Stato membro del quale ella non possiede la cittadinanza, rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/38. Infatti, una situazione del genere potrebbe essere assimilata a quella all’origine della sentenza Zhu e Chen (39).

84.      Di conseguenza, si deve verificare se, alla luce delle circostanze che caratterizzano la causa C‑165/14, un bambino in tenera età, cittadino dell’Unione, il quale soggiorni in uno Stato membro del quale non possiede la cittadinanza, soddisfi le condizioni poste dalla direttiva 2004/38.

a)       Applicabilità della direttiva 2004/38 alla situazione del sig. Rendón Marín e di sua figlia

85.      Ai sensi del considerando 3 della direttiva 2004/38, l’obiettivo di quest’ultima è semplificare e rafforzare il diritto alla libertà di circolazione e di soggiorno di tutti i cittadini dell’Unione. Il punto di partenza per determinare se un diritto di soggiorno possa essere fondato su tale direttiva è il suo articolo 3. Tale articolo, intitolato «Aventi diritto», dispone, al suo paragrafo 1, che detta direttiva si applica segnatamente a qualsiasi cittadino dell’Unione che «soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari». Tale situazione corrisponde chiaramente a quella della figlia del sig. Rendón Marín, la quale soggiorna in Spagna, uno Stato membro del quale ella non ha la cittadinanza.

86.      Nella sentenza Zhu e Chen (40), la Corte ha considerato che la situazione di un bambino in tenera età, cittadino dell’Unione, che risiedeva in uno Stato membro diverso da quello del quale aveva la cittadinanza, e che non aveva esercitato il proprio diritto alla libera circolazione, rientrava cionondimeno nell’ambito di applicazione delle disposizioni del diritto dell’Unione in materia di libera circolazione delle persone (41), e in particolare di quelle della direttiva 90/364, la quale è stata sostituita e abrogata dalla direttiva 2004/38. Nel suo ragionamento, la Corte ha sottolineato che la situazione di un cittadino di uno Stato membro nato nello Stato membro ospitante e che non si è avvalso del diritto alla libera circolazione non può, soltanto per questo, essere assimilata ad una situazione puramente interna che priva detto cittadino del beneficio, nello Stato membro ospitante, delle disposizioni del diritto dell’Unione in materia di libera circolazione e di soggiorno delle persone (42). La Corte ha parimenti rilevato che il diritto di soggiorno nel territorio degli Stati membri previsto all’articolo 21, paragrafo 1, TFUE è riconosciuto direttamente ad ogni cittadino dell’Unione da una disposizione chiara e precisa del Trattato (43).

87.      In definitiva, nella sua mera qualità di cittadina di uno Stato membro, e, quindi, di cittadina dell’Unione, la figlia del sig. Rendón Marín ha il diritto di avvalersi dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE. Tuttavia, secondo la Corte, tale diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione nel territorio di un altro Stato membro è attribuito subordinatamente alle limitazioni e alle condizioni previste dal Trattato nonché dalle relative disposizioni di attuazione (44); al riguardo, l’applicazione di dette limitazioni e condizioni dev’essere operata nel rispetto dei limiti imposti dal diritto dell’Unione e in conformità ai principi generali di tale diritto, in particolare al principio di proporzionalità (45).

88.      In tali circostanze, ritengo che, nella specie, l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE e la direttiva 2004/38 conferiscano, in linea di principio, un diritto di soggiorno in Spagna alla figlia del sig. Rendón Marín. Resta cionondimeno da verificare se questi, quale ascendente diretto, cittadino di uno Stato terzo, possa avvalersi di un diritto di soggiorno.

89.      Infatti, un diritto di soggiorno derivato può essere accordato al sig. Rendón Marín solo se sua figlia, minore in tenera età, cittadina dell’Unione, soddisfa i requisiti fissati all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38 (46). In particolare, tale disposizione prevede che il cittadino dell’Unione disponga, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante, circostanze che spetta al giudice del rinvio verificare.

90.      A tal riguardo, ricordo, anzitutto, che la Corte ha già statuito che se il cittadino dell’Unione deve disporre di risorse sufficienti, il diritto dell’Unione non contiene tuttavia la minima esigenza in merito alla provenienza di queste ultime, potendo esse essere fornite, segnatamente, dal cittadino di uno Stato terzo, genitore dei cittadini in tenera età di cui trattasi (47). Di conseguenza, la Corte ha constatato che «il rifiuto di consentire al genitore, cittadino di uno Stato membro o di un paese terzo, che abbia effettivamente la custodia di un cittadino dell’Unione minorenne, di soggiornare insieme a tale cittadino nello Stato membro ospitante priverebbe di ogni efficacia il diritto di soggiorno di quest’ultimo, dal momento che il godimento del diritto di soggiorno da parte di un minore in tenera età implica necessariamente che tale minore abbia la facoltà di essere accompagnato dalla persona che ne garantisce effettivamente la custodia e, quindi, che tale persona possa risiedere con lui nello Stato membro ospitante durante tale soggiorno» (48). In tal senso, la Corte ha considerato che se l’articolo 21 TFUE e la direttiva 2004/38 conferiscono un diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante al cittadino minore in tenera età di un altro Stato membro il quale soddisfi i requisiti fissati dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva, queste stesse disposizioni consentono al genitore che abbia effettivamente la custodia di tale cittadino di soggiornare con lui nello Stato membro ospitante (49).

91.      Nella specie, si evince dalla decisione di rinvio che i figli sono adeguatamente accuditi e scolarizzati. Sembra pertanto che il padre garantisca in maniera corretta il loro sostentamento. Il governo spagnolo ha inoltre affermato, in udienza, che, in forza della normativa spagnola, il sig. Rendón Marín fruisce di un’assicurazione malattia per se stesso e per i propri figli. Ciò premesso, spetterà al giudice del rinvio stabilire se la figlia del sig. Rendón Marín disponga, da sola o grazie al padre, di risorse economiche sufficienti e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38.

92.      Ritengo pertanto che la situazione del sig. Rendón Marín e di sua figlia rientri, in linea di principio, nell’ambito di applicazione dell’articolo 21 TFUE e della direttiva 2004/38.

b)       Incidenza dei precedenti penali sul riconoscimento di un diritto di soggiorno derivato tenuto conto degli articoli 27 e 28 della direttiva 2004/38

93.      Occorre verificare, adesso, se il diritto di soggiorno derivato di cui beneficia il sig. Rendón Marín possa essere limitato in forza di una disposizione, come quella di cui al procedimento principale, la quale subordina in maniera automatica l’ottenimento di un permesso di soggiorno iniziale all’assenza di precedenti penali in Spagna o nei paesi in cui egli ha soggiornato in precedenza.

94.      Non penso sia così, per i seguenti motivi.

95.      Secondo una giurisprudenza costante, ogni limitazione al diritto di circolazione e di soggiorno costituisce una deroga al principio fondamentale della libera circolazione delle persone, da intendersi in modo restrittivo e la cui portata non può essere determinata unilateralmente dagli Stati membri (50). Di conseguenza, affinché il diritto dell’Unione non osti al diniego del permesso di soggiorno richiesto dal sig. Rendón Marín, la disposizione di cui al procedimento principale deve essere conforme alle limitazioni e alle condizioni sancite dal legislatore dell’Unione.

96.      Per quanto attiene, in primo luogo, alle deroghe al diritto di soggiorno del sig. Rendón Marín, la Corte richiama in maniera sistematica le regole contenute all’articolo 27 della direttiva 2004/38 (51). Il paragrafo 1 di tale articolo prevede che uno Stato membro possa limitare la libertà di circolazione e di soggiorno di un cittadino dell’Unione o di un suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. Tuttavia, siffatte deroghe sono assai precise. Come risulta dall’articolo 27, paragrafo 2, primo comma, della direttiva 2004/38, per essere giustificati, i provvedimenti restrittivi della libertà di circolazione e di soggiorno di un cittadino dell’Unione o di un suo familiare, segnatamente quelli adottati per motivi di ordine pubblico, devono rispettare il principio di proporzionalità ed essere adottati esclusivamente in relazione al comportamento personale della persona nei riguardi della quale essi sono applicati (52). Tale disposizione prevede parimenti che la sola esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l’adozione di tali provvedimenti. L’articolo 27, paragrafo 2, secondo comma, della medesima direttiva, dispone che il comportamento personale deve rappresentare una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società (53). Tale disposizione precisa che giustificazioni non direttamente connesse al caso individuale o attinenti a ragioni di prevenzione generale non sono prese in considerazione (54).

97.      Orbene, la situazione del sig. Rendón Marín non mi sembra soddisfare le condizioni richiamate ai paragrafi 95 e 96 delle presenti conclusioni. A tal riguardo, occorre osservare che la normativa di cui al procedimento principale subordina in maniera automatica, e senza alcuna possibilità di modulazione, l’ottenimento di un permesso di soggiorno iniziale all’assenza di precedenti penali in Spagna o nei paesi in cui la persona di cui trattasi abbia soggiornato in precedenza.

98.      Nella specie, come risulta dal paragrafo 69 delle presenti conclusioni, la decisione di rinvio indica che, in applicazione di tale normativa, la domanda di permesso di soggiorno temporaneo per circostanze eccezionali del sig. Rendón Marín è stata respinta a causa dell’esistenza di precedenti penali. Il permesso di soggiorno è stato pertanto negato in maniera automatica, senza tenere conto della situazione peculiare del ricorrente nel procedimento principale, ossia senza valutare né il suo comportamento personale né l’eventuale pericolo attuale che questi poteva rappresentare per l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza. Il governo polacco ha parimenti rilevato, nelle sue osservazioni scritte, che nulla, nella decisione di rinvio, indica che siffatte circostanze siano state esaminate e valutate.

99.      Nel contesto della valutazione delle circostanze rilevanti, osservo che si evince dal fascicolo a disposizione della Corte che il sig. Rendón Marín è stato condannato per un reato commesso nel 2005. Tale condanna penale anteriore può, da sola, motivare un diniego di permesso di soggiorno, solo se, «oltre alla perturbazione dell’ordine sociale insita in qualsiasi infrazione della legge», il suo comportamento personale creava «una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave nei confronti di un interesse fondamentale della società» (55).

100. Inoltre, la Corte ha dichiarato che il requisito attinente all’esistenza di una minaccia attuale deve essere soddisfatto, in linea di principio, nel momento in cui viene adottato il provvedimento di cui trattasi (56), circostanza che, nella specie, non sembra verificarsi. Infatti, la circostanza che la pena alla quale il sig. Rendón Marín è stato condannato sia stata sospesa mi porta a pensare che egli non abbia scontato la propria pena detentiva.

101. Per quanto attiene, in secondo luogo, all’eventuale allontanamento del sig. Rendón Marín, rammento la necessità, da un lato, di prendere in considerazione i diritti fondamentali di cui la Corte garantisce il rispetto, e in particolare il diritto al rispetto della vita privata e familiare come sancito all’articolo 7 della Carta e all’articolo 8 della CEDU (57), e, dall’altro, di rispettare il principio di proporzionalità.

102. Pertanto, al fine di valutare se un provvedimento di allontanamento sia proporzionato all’obiettivo legittimo perseguito, nella specie la tutela dell’ordine pubblico o della pubblica sicurezza, occorre tenere conto dei criteri di cui all’articolo 28, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, ossia la durata del soggiorno dell’interessato nel territorio dello Stato membro ospitante, la sua età, il suo stato di salute, la sua situazione familiare e economica, la sua integrazione sociale e culturale nello Stato membro ospitante e l’importanza dei suoi legami con il paese d’origine. Mi sembra importante che il grado di gravità dell’infrazione venga anch’esso valutato nell’ambito del principio di proporzionalità.

103. Infine, occorre rilevare che il considerando 23 (58) della direttiva 2004/38 enuncia un’esigenza di protezione particolare per le persone che sono effettivamente integrate nello Stato membro ospitante.

104. Alla luce di quanto precede, sono portato a concludere che i requisiti di applicazione dell’eccezione di ordine pubblico o di pubblica sicurezza previsti dalla direttiva 2004/38, come interpretati dalla Corte, non sono soddisfatti, e che tale eccezione non può, nella specie, fondare una restrizione al diritto di soggiorno come quella che risulta dalla normativa di cui al procedimento principale. La relativa verifica incombe in ogni caso al giudice del rinvio, il quale deve prendere in considerazione tutti gli elementi summenzionati.

c)       Conclusione intermedia nella causa C‑165/14

105. Sulla base dell’insieme delle considerazioni che precedono, propongo di dichiarare che la direttiva 2004/38 si applica alla situazione del sig. Rendón Marín e della figlia, cittadina polacca. Di conseguenza, l’articolo 21 TFUE e la direttiva 2004/38 devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale che impone il diniego automatico di un permesso di soggiorno al cittadino di uno Stato terzo, genitore di un minore cittadino dell’Unione del quale ha l’affidamento e con cui risiede nello Stato membro ospitante, qualora egli abbia precedenti penali.

4.            Sul diritto di soggiorno accordato ai familiari di un cittadino dell’Unione nello Stato membro del quale il cittadino dell’Unione possiede la cittadinanza: analisi della situazione del sig. Rendón Marín e dei suoi figli e di quella di CS e di suo figlio

106. A mio avviso, la situazione del sig. Rendón Marín e della figlia, cittadina polacca, rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/38. Tuttavia, per il caso in cui il giudice del rinvio, in occasione del controllo dei requisiti previsti da tale direttiva, dovesse pervenire alla conclusione che tali requisiti non sono soddisfatti, esaminerò congiuntamente, nell’ambito del principio sancito dalla sentenza Ruiz Zambrano (59), la situazione del sig. Rendón Marín e dei suoi figli e quella di CS e di suo figlio.

a)       La cittadinanza dell’Unione nella giurisprudenza della Corte

107. L’articolo 20 TFUE, il quale conferisce a chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro lo status di cittadino dell’Unione (60), mostra che la cittadinanza di uno Stato membro è la condizione preliminare per poter godere dello status di cittadino dell’Unione. Quest’ultimo rappresenta, a partire dalla sua introduzione nei trattati (61), lo status di tutti i cittadini degli Stati membri (62). Esso ha dunque legittimato il processo di integrazione europea rafforzando la partecipazione dei cittadini (63). A tal riguardo, la Corte ha osservato più volte che lo status di cittadino dell’Unione è destinato ad essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri (64).

108. La libertà fondamentale di circolare e di soggiornare in tutta l’Unione è connessa allo status di cittadino dell’Unione (65). Pertanto, quale «status personale dotato di una portata transnazionale», esso ha creato le condizioni necessarie per un riconoscimento reciproco, e dunque di una conoscenza reciproca, delle società degli Stati membri e dei loro cittadini (66), la cui evoluzione si iscrive nell’ambito particolare dei rapporti concreti fra i cittadini degli Stati membri e le autorità nazionali (67). Sono proprio tali rapporti che hanno consentito ai cittadini di cui trattasi di rivendicare il beneficio di taluni diritti fondandosi sullo status di cittadino dell’Unione. È riconoscendo tali diritti che la giurisprudenza della Corte ha svolto un ruolo più importante ovvero decisivo, nella costruzione di tale status fondamentale, il quale costituisce oggi un elemento essenziale dell’identità europea dei cittadini (68).

109. In particolare, la Corte, fra i diritti che essa ha riconosciuto ai cittadini dell’Unione (69), ha anzitutto incluso il diritto alla parità di trattamento a vantaggio dei medesimi al di là delle disposizioni relative alla libera circolazione dei lavoratori (70). Essa ha poi riconosciuto loro, nell’ambito del diritto alla libera circolazione nel territorio dell’Unione, un diritto di soggiorno e un diritto alla parità di trattamento rispetto ai cittadini dello Stato membro ospitante (71). Infine, essa ha interpretato le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei lavoratori alla luce della cittadinanza dell’Unione (72).

110. Questo ampio lavoro giurisprudenziale, attraverso il quale la Corte ha reso effettiva la cittadinanza dell’Unione, è stato, e viene ancora adesso realizzato progressivamente, in stretta cooperazione con i giudici nazionali nell’ambito del procedimento pregiudiziale. Nel corso di tale cooperazione, la Corte ha seguito una linea giurisprudenziale coerente, la quale ha contribuito in maniera notevole ad edificare lo status fondamentale del cittadino dell’Unione.

111. Nell’ambito delle presenti cause, risultano particolarmente rilevanti tre progressi giurisprudenziali, ossia le sentenze Zhu e Chen (73), Rottmann (74) e Ruiz Zambrano (75).

112. Nella sentenza Zhu e Chen (76), che ho già richiamato ai paragrafi 86 e 87 delle presenti conclusioni, la Corte ha ritenuto, in una situazione in cui la minore, cittadina dell’Unione, non aveva mai lasciato il Regno Unito (77), che la stessa non potesse esercitare in maniera piena ed effettiva i diritti di cui ella godeva nella sua qualità di cittadina dell’Unione senza la presenza e l’assistenza dei suoi genitori.

113. La sentenza Rottmann (78) ha portato la Corte a precisare che l’applicabilità del diritto dell’Unione non è subordinata all’esistenza di un elemento transfrontaliero (79). Dopo aver affermato la competenza degli Stati membri in materia di acquisto e di perdita della cittadinanza (80), la Corte ha cionondimeno ricordato che «il fatto che una materia rientri nella competenza degli Stati membri non impedisce che, in situazioni ricadenti nell’ambito del diritto dell’Unione, le norme nazionali di cui trattasi debbano rispettare quest’ultimo» (81). A tal riguardo, essa si è fondata su una giurisprudenza costante in tal senso concernente situazioni nelle quali una normativa adottata in una materia rientrante nella competenza nazionale era stata valutata alla luce del diritto dell’Unione (82). Pertanto, poiché tali situazioni ricadono nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, esse devono rispettare il medesimo e sono soggette al controllo della Corte. Infatti, lo status di cittadino dell’Unione non può essere privato del suo effetto utile e, pertanto, i diritti da esso conferiti non possono essere violati dall’adozione di misure statali (83). Ciò non significa certamente che gli Stati membri abbiano perso la loro competenza in materia di cittadinanza! Tuttavia, tale giurisprudenza sottolinea che gli Stati membri devono, nell’esercizio della loro competenza in materia di cittadinanza, rispettare il diritto dell’Unione (84). In altri termini, è proprio tramite l’esercizio delle loro competenze che gli Stati membri sono tenuti a vigilare affinché il diritto dell’Unione non venga privato del suo effetto utile.

114. Nella sentenza Rottmann (85), la Corte ha dunque dichiarato che lo status di cittadino dell’Unione conferito dall’articolo 20 TFUE è talmente fondamentale che una situazione che coinvolge un cittadino dell’Unione ed è idonea a comportare la perdita di detto status e dei diritti ad esso connessi «ricade, per sua natura e per le conseguenze che produce, nella sfera del diritto dell’Unione» (86). Quest’ultima frase (87) mi fa pensare al criterio sancito dalla Corte nella sentenza Ruiz Zambrano (88), nella quale essa ha dichiarato che il diritto dell’Unione osta a provvedimenti nazionali che abbiano l’effetto di privare i cittadini dell’Unione del godimento reale ed effettivo dei diritti attribuiti dal Trattato. A mio avviso, «la privazione del godimento reale ed effettivo dei diritti attribuiti dallo status di cittadino dell’Unione» corrisponde alla «natura e alle conseguenze della perdita dello status di cittadino». Infatti, la prima nozione entra perfettamente nella seconda. Ritornerò più tardi sulla somiglianza fra queste due nozioni (89).

115. La portata della tutela della cittadinanza dell’Unione affermata nella sentenza Rottmann (90) è stata precisata nella sentenza Ruiz Zambrano (91), nella quale la Corte ha riconosciuto il diritto di soggiorno dei cittadini degli Stati terzi familiari di un cittadino dell’Unione che non si è mai avvalso del proprio diritto alla libera circolazione.

116. La sentenza Ruiz Zambrano (92) si inserisce in una linea giurisprudenziale intesa al riconoscimento dei diritti rivendicati da cittadini degli Stati membri che (93), in quanto cittadini dell’Unione, esprimono il loro bisogno di tutela giuridica e la loro domanda di integrazione non solo nello Stato membro ospitante (94), ma anche nel proprio Stato membro. Infatti, la circostanza che i cittadini degli Stati membri si vedano riconoscere uno status fondamentale come la cittadinanza dell’Unione implica, secondo la Corte, che il diritto dell’Unione osta a provvedimenti nazionali che abbiano l’effetto di privarli del godimento reale ed effettivo dei diritti attribuiti da tale status. Una situazione del genere si verificherebbe qualora un cittadino di uno Stato terzo che si faccia carico da solo dei propri figli in tenera età, cittadini dell’Unione, si vedesse rifiutare il diritto di soggiornare nello Stato membro nel quale questi ultimi risiedono e del quale possiedono la cittadinanza, dal momento che tale provvedimento obbliga anche tali figli a lasciare il territorio dell’Unione (95).

117. Tale conclusione della Corte, la quale è stata oggetto di numerose valutazioni divergenti nella dottrina, non è evidentemente casuale. Al riguardo, mi limito a sottolineare che tale sentenza è il risultato di un’evoluzione giurisprudenziale più vasta (96) che ha costituito il fondamento (97) della soluzione accolta dalla Corte nella sentenza Ruiz Zambrano (98). A mio avviso, tale evoluzione giurisprudenziale risulta, da un lato, da una stretta cooperazione fra la Corte e i giudici nazionali e, dall’altro, dall’evoluzione fausta e al contempo logica della società negli Stati membri e della società europea considerata nel suo insieme, i cui cittadini non fanno che integrare nella loro vita lo status di cittadino dell’Unione conferito loro dal Trattato. Tale status li lega in quanto popoli di un’Europa che, sulla base di una solidarietà civica e politica ancora in costruzione, ma necessaria in un contesto politico, economico e sociale globalizzato, riconosce loro diritti e doveri che non possono essere limitati dalle autorità nazionali in modo ingiustificato (99). Dire ai cittadini degli Stati membri che essi sono cittadini dell’Unione genera aspettative, definendo al contempo diritti e doveri (100).

118. In particolare, in tale evoluzione, il criterio fissato nella sentenza Ruiz Zambrano (101), secondo il quale l’articolo 20 TFUE osta a provvedimenti nazionali che abbiano l’effetto di privare i cittadini dell’Unione del godimento reale ed effettivo dei diritti attribuiti dal loro status di cittadini dell’Unione, è stato confermato dalla Corte nelle sentenze successive (102). La Corte ne ha precisato la portata, statuendo che esso si applica a «situazioni molto particolari in cui, malgrado la circostanza che il diritto derivato relativo al diritto di soggiorno dei cittadini di paesi terzi non sia applicabile e che il cittadino dell’Unione interessato non abbia fatto uso della propria libertà di circolazione, non si può negare, in via eccezionale, il diritto di soggiorno al cittadino di un paese terzo, familiare di tale cittadino, pena pregiudicare l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione di cui gode quest’ultimo, se, come conseguenza di un siffatto diniego, tale cittadino si trovasse obbligato, di fatto, a lasciare il territorio dell’Unione nel suo insieme, venendo così privato del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dallo status di cittadino dell’Unione» (103).

119. In questo contesto giurisprudenziale, richiamato ai paragrafi da 111 a 118 delle presenti conclusioni, la questione che si pone nell’ambito delle presenti cause è la seguente, vale a dire se sia possibile, nella specie, ritenere che la situazione del sig. Rendón Marín e dei suoi figli (104), nonché quella di CS e di suo figlio, siano situazioni particolari o eccezionali alle quali la Corte fa riferimento nella giurisprudenza menzionata supra. In altri termini, se sia possibile affermare che tali situazioni rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione.

120. Ne sono convinto. Il fatto che i figli del sig. Rendon Marín e il figlio di CS possiedano la cittadinanza di uno Stato membro, ossia, rispettivamente, la cittadinanza spagnola e polacca e la cittadinanza britannica, i requisiti per la cui acquisizione rientrano evidentemente nella sfera di competenza degli Stati membri di cui trattasi (105), implica che essi beneficino dello status di cittadino dell’Unione (106). Pertanto, in quanto cittadini dell’Unione, tali figli hanno il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio dell’Unione, e ogni limitazione a tale diritto rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione (107).

121. Orbene, è proprio una possibile restrizione a tale diritto, e in particolare al diritto di soggiorno, che emerge dagli elementi forniti nelle decisioni di rinvio. La protezione del diritto dell’Unione si applica in quanto i figli del sig. Rendón Marín e il figlio di CS, in conseguenza dell’espulsione del genitore rispettivamente interessato, al quale essi sono stati affidati in via esclusiva, possono vedersi obbligati, nei fatti, ad accompagnarlo, e dunque a lasciare il territorio dell’Unione «nel suo insieme». Infatti, l’espulsione del loro genitore li priverebbe del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti tuttavia conferiti loro dal loro status di cittadini dell’Unione (108). Non si può negare che, in linea di principio, un diniego al sig. Rendón Marín del permesso di soggiorno in Spagna (109) e un’espulsione di CS dal Regno Unito potrebbero pregiudicare l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione di cui godono i rispettivi figli. Di conseguenza, come rilevato giustamente dalla Commissione, le situazioni in questione costituiscono situazioni eccezionali ai sensi della giurisprudenza che conferma la sentenza Ruiz Zambrano (110).

122. Ritengo pertanto che, alla luce di tale giurisprudenza, tali situazioni rientrino nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione.

b)       Sul rispetto, da parte delle normative nazionali, del diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione

123. La Corte ha affermato che il diritto dell’Unione non conferisce alcun diritto autonomo ai cittadini di uno Stato terzo. Infatti, gli eventuali diritti loro conferiti dalle disposizioni del Trattato relative alla cittadinanza dell’Unione non sono diritti propri bensì diritti derivati dall’esercizio della libertà di circolazione da parte di un cittadino dell’Unione (111). In tal senso, i diritti di soggiorno derivati esistono, in linea di principio, solo quando sono necessari per assicurare ai cittadini dell’Unione l’effettivo esercizio dei loro diritti di libera circolazione e soggiorno (112). Di conseguenza, secondo la giurisprudenza della Corte, è la «privazione del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti» scaturenti dallo status di cittadini dell’Unione di cui beneficiano i minori di cui trattasi che rende necessaria la tutela del diritto derivato dei loro genitori.

124. Per CS, nonché per la Commissione, come fatto valere da quest’ultima nelle sue osservazioni scritte e orali, la questione centrale nella presente causa è se il diritto del minore cittadino dell’Unione di non essere costretto a lasciare l’Unione, il quale discende direttamente dall’articolo 20 TFUE, sia assoluto, oppure se uno Stato membro sia legittimato a ponderare il diritto primario dell’Unione con il proprio interesse ad espellere un cittadino di uno Stato terzo la cui condotta, dal punto di vista del diritto nazionale, giustifica il suo allontanamento verso uno Stato terzo.

125. Al fine di analizzare tale questione, desidererei ritornare sulla somiglianza delle soluzioni presentate nelle sentenze Rottmann (C‑135/08, EU:C:2010:104) e Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124) (113).

126. La corrispondenza fra la situazione del sig. Rottmann, idonea a cagionare il «venir meno dello status conferito dall’[articolo 20 TFUE] e dei diritti ad esso correlati» (114), e quella dei bambini Ruiz Zambrano, idonea a «privar[li] del godimento reale ed effettivo dei diritti attribuiti dal loro status di cittadini dell’Unione» (115), non è evidentemente una semplice coincidenza (116). È sufficiente osservare che il punto 42 di detta sentenza Ruiz Zambrano è fondato sul punto 42 di detta sentenza Rottmann. In ogni caso, queste due nozioni hanno, a mio avviso, una portata simile.

127. Permettetemi di precisare tale concetto.

128. La nozione di «nucleo essenziale dei diritti» impiegata dalla Corte fa irrimediabilmente pensare alla nozione di «contenuto essenziale dei diritti», in particolare dei diritti fondamentali (117), ben nota nelle tradizioni costituzionali degli Stati membri (118) nonché nel diritto dell’Unione (119). In particolare, quest’ultimo prevede, all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte, che possano essere apportate limitazioni all’esercizio dei diritti, purché tali limitazioni siano previste dalla legge, rispettino il contenuto essenziale di detti diritti e libertà e, nel rispetto del principio di proporzionalità, siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

129. Si potrebbe sostenere che, poiché il rispetto del principio di proporzionalità rientra nell’esame delle limitazioni che possono essere apportate all’esercizio dei diritti fondamentali (120), nell’ottica della concezione relativa delle garanzie del contenuto essenziale dei diritti fondamentali (121), il rispetto di tale principio debba parimenti essere verificato in relazione alle eventuali limitazioni apportate ai diritti correlati allo status fondamentale di cittadino dell’Unione, fra cui il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Ai sensi dell’articolo 45, paragrafo 1, della Carta, «[o]gni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri».

130. Se un siffatto approccio venisse accolto, si dovrebbe allora ritenere che il rispetto del nucleo essenziale dei diritti scaturenti dallo status fondamentale di cittadino dell’Unione operi, come nel caso del rispetto del contenuto essenziale dei diritti fondamentali, «come un limite ultimo e invalicabile di qualsiasi possibile limitazione all’esercizio dei diritti ad esso connessi», vale a dire come un «limite dei limiti» (122). Infatti, il mancato rispetto del nucleo essenziale dei diritti conferiti al cittadino dell’Unione fa sì che essi risultino «irriconoscibili come tali», così che non si potrebbe più parlare di «limitazione» all’esercizio di detti diritti, bensì, puramente e semplicemente, di «soppressione» degli stessi (123). In definitiva, la perdita della cittadinanza dell’Unione (per il sig. Rottmann, quale conseguenza della perdita amministrativa della cittadinanza di uno Stato membro) e la privazione del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti correlati allo status di cittadino dell’Unione (per i bambini Ruiz Zambrano, quale conseguenza dell’obbligo «di fatto», per i medesimi, di lasciare il territorio dell’Unione) hanno le stesse gravi conseguenze sul diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione. A prescindere da se ciò avvenga in via definitiva o a lungo termine (124), tale diritto risulta, in linea di principio, svuotato del suo contenuto essenziale, consistente, nella specie, nella libertà di soggiornare nel territorio dell’Unione. Di conseguenza, occorre stabilire se questa limitazione del diritto di soggiorno risulti proporzionata, nel senso che, qualora non lo fosse, essa avrebbe superato il limite imposto ad ogni possibile limitazione dei diritti correlati allo status di cittadino dell’Unione, vale a dire il rispetto del nucleo essenziale di tali diritti (125).

131. È vero che si potrebbe parimenti sostenere che la nozione di «nucleo essenziale dei diritti» utilizzata dalla Corte non costituisce necessariamente l’espressione della nozione di «contenuto essenziale dei diritti» alla quale l’articolo 52, paragrafo 1, della Carta si riferisce (126). Tuttavia, anche qualora si pervenga alla conclusione che queste due nozioni non sono equivalenti (127), poiché le misure nazionali in questione implicano la limitazione del diritto di soggiorno di un cittadino dell’Unione, occorre esaminare la loro proporzionalità nel caso in cui lo Stato membro di cui trattasi faccia valere l’eccezione di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

132. È proprio la questione dell’analisi del principio di proporzionalità che ha marcato una differenza importante nel modo in cui la Corte ha esaminato queste due cause. Infatti, nella causa sfociata nella sentenza Rottmann (C‑135/08, EU:C:2010:104), la Corte doveva verificare se la giustificazione, invocata da diversi governi, della decisione di revoca della naturalizzazione a motivo di atti fraudolenti corrispondesse ad un motivo di pubblico interesse, incluso l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza. Orbene, nella causa sfociata nella sentenza Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124), il governo belga non aveva invocato né l’interesse generale né l’ordine pubblico o la sicurezza giuridica. Il sig. Ruiz Zambrano non era considerato un pericolo per l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza in Belgio (128). In altri termini, la Corte era stata interpellata unicamente sulla necessità di riconoscere al sig. Ruiz Zambrano, segnatamente, un diritto di soggiorno, e il governo belga non aveva fatto valere l’eccezione di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. Essa non ha pertanto proceduto all’esame della misura nazionale nell’ambito del principio di proporzionalità. Tuttavia, il fatto che la Corte non abbia esaminato la proporzionalità della misura nazionale in detta causa non esclude che un siffatto esame possa essere rilevante in altre circostanze (129).

133. Ad ogni modo, nel caso del sig. Rottmann, il quale aveva ad oggetto la revoca della cittadinanza tedesca del medesimo, e pertanto la perdita definitiva della cittadinanza dell’Unione, la Corte ha ammesso che spettava al giudice del rinvio verificare se la decisione di revoca di cui trattasi rispettasse il principio di proporzionalità per quanto riguarda le conseguenze che essa determinava sulla situazione dell’interessato in rapporto al diritto dell’Unione (130). In tal senso, una siffatta analisi del principio di proporzionalità nell’ambito di un’eccezione di ordine pubblico o di pubblica sicurezza sarebbe parimenti rilevante in relazione alle situazioni che caratterizzano le presenti cause. A tal riguardo, osservo che la Corte ha dichiarato che «vista l’importanza che il diritto primario annette allo status di cittadino dell’Unione, è necessario, nell’esaminare una decisione di revoca della naturalizzazione, tener conto delle possibili conseguenze che tale decisione comporta per l’interessato e, eventualmente, per i suoi familiari sotto il profilo della perdita dei diritti di cui gode ogni cittadino dell’Unione» (131).

134. Esaminerò adesso la questione relativa agli effetti dei precedenti penali sul riconoscimento di un diritto di soggiorno derivato a favore del sig. Rendón Marín e a CS; nell’ambito di tale questione analizzerò l’eccezione di ordine pubblico o di pubblica sicurezza fatta valere dal Regno Unito, dopo aver richiamato la portata di tale nozione.

5.            Sulla possibilità di introdurre limitazioni ad un diritto di soggiorno derivato risultante direttamente dall’articolo 20 TFUE

135. Il governo del Regno Unito ritiene che la commissione di un reato possa sottrarre una causa all’ambito di applicazione del principio elaborato nella sentenza Ruiz Zambrano (132).

136. È pertanto giocoforza chiedersi se si debba ritenere che l’esistenza di precedenti penali in capo alle parti nei procedimenti principali sia idonea a rimettere in discussione, in linea di principio, il riconoscimento del diritto di soggiorno derivato che esse traggono dal criterio dell’effetto della «privazione del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti risultanti dallo status di cittadino» dei loro figli.

137. Ritengo di no.

138. A mio avviso, la mera esistenza di precedenti penali non può, di per sé, giustificare le decisioni nazionali adottate nei procedimenti principali, né rimettere in discussione il criterio della «privazione del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti risultanti dallo status di cittadino» senza che il giudice del rinvio verifichi se tali decisioni rispettino il principio di proporzionalità, segnatamente per quanto attiene alle loro conseguenze sulla situazione del sig. Rendón Marín e di CS e dei loro rispettivi figli, cittadini dell’Unione, alla luce del diritto dell’Unione (133).

139. A tal riguardo, esaminerò nel prosieguo, in primo luogo, la portata delle nozioni di «ordine pubblico» o di «pubblica sicurezza» rispetto alle decisioni nazionali in questione, le quali comportano la «privazione del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti risultanti dallo status di cittadino dell’Unione». Sulla base di tale esame, analizzerò, in secondo luogo, le giustificazioni addotte dal Regno Unito a sostegno di un’eccezione fondata su tali nozioni.

a)       Portata della nozione di ordine pubblico e della nozione di pubblica sicurezza in relazione ad un diritto di soggiorno risultante dall’articolo 20 TFUE

140. In primo luogo, si deve osservare che la Corte, nella sentenza Ruiz Zambrano (134), nonché nella giurisprudenza successiva che ha confermato tale sentenza, ha fornito un’interpretazione ampia dell’articolo 20 TFUE, coerente con il carattere fondamentale dello status di cittadino dell’Unione. Risulta pertanto opportuno, in situazioni eccezionali connesse al mantenimento dell’ordine pubblico o della pubblica sicurezza, introdurvi, parimenti in via eccezionale, talune limitazioni.

141. In secondo luogo, occorre osservare che la competenza dell’Unione in materia di libera circolazione delle persone non incide sulla possibilità, per gli Stati membri, di far valere un’eccezione connessa, segnatamente, al mantenimento dell’ordine pubblico e alla salvaguardia della sicurezza interna. A tal riguardo, nella sentenza Van Duyn (135), la Corte ha dichiarato che «la nozione di ordine pubblico varia da un paese all’altro e da un’epoca all’altra. È perciò necessario lasciare, in questa materia, alle competenti autorità nazionali un certo potere discrezionale entro i limiti imposti dal trattato» (136). In tal senso, gli Stati membri si trovano nella posizione migliore per valutare i rischi di un pregiudizio all’ordine pubblico o alla pubblica sicurezza nel loro territorio.

142. Ciò premesso, mi sembra opportuno rammentare che, in quanto giustificative di una deroga al principio fondamentale della libera circolazione delle persone, le nozioni di «ordine pubblico» e di «pubblica sicurezza» devono essere intese in modo restrittivo, cosicché la loro portata non può essere determinata unilateralmente dagli Stati membri senza controllo da parte delle istituzioni dell’Unione (137). In altri termini, il potere discrezionale degli Stati membri non implica l’esclusione di qualsivoglia controllo della Corte, la quale è competente a vigilare sul rispetto di un diritto fondamentale come quello di soggiornare nel territorio di uno Stato membro. La Corte ha segnatamente dichiarato che «lo status di cittadino dell’Unione impone[va] un’interpretazione particolarmente restrittiva» delle deroghe (138).

143. In tale contesto, gli Stati membri hanno l’obbligo, in forza del principio di leale cooperazione (139), di esercitare la loro competenza in materia di mantenimento dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza, in modo da non pregiudicare la piena efficacia delle disposizioni dei trattati. La Corte ha in tal senso dichiarato che «la giustificazione di provvedimenti diretti a tutelare l’ordine pubblico dev’essere valutata con riferimento a tutte le norme di diritto [dell’Unione] che hanno ad oggetto, da un lato, la limitazione del potere discrezionale degli Stati membri in materia e, dall’altro, la garanzia della tutela dei diritti delle persone soggette, a tal titolo, a provvedimenti restrittivi» (140). Infatti, un uso eccessivo o arbitrario dell’eccezione di ordine pubblico o di pubblica sicurezza nei confronti dei cittadini dell’Unione presenterebbe il rischio di svuotare di qualsivoglia effetto utile i loro diritti, e segnatamente i loro diritti di libera circolazione e di soggiorno (141).

144. In terzo luogo, nell’ambito della giurisprudenza concernente la situazione dei cittadini dell’Unione che sono stati oggetto di condanne penali (142), la Corte ha precisato gli elementi costituitivi dell’eccezione di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. Tali precisazioni hanno alimentato i criteri costitutivi dei motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza previsti dalla direttiva 2004/38. Tale direttiva disciplina dunque le restrizioni apportate, segnatamente, alla libertà di circolazione e di soggiorno, consacrando la giurisprudenza della Corte.

145. Tuttavia, poiché la direttiva 2004/38 non si applica alle situazioni di cui ai procedimenti principali (143), e in particolare a quella di CS, si pone la seguente questione.

146. In che misura la giurisprudenza concernente i provvedimenti di allontanamento nei confronti di cittadini di uno Stato membro che sono stati oggetto di condanne penali sia rilevante allorché la persona con precedenti penali non è essa stessa cittadino dell’Unione, bensì è un suo familiare cittadino di uno Stato terzo.

147. Ritengo che tale giurisprudenza sia rilevante nelle circostanze che caratterizzano le presenti cause, e ciò per i motivi illustrati nel prosieguo.

148. In primo luogo, come ho appena segnalato, la direttiva 2004/38 contiene i criteri elaborati dalla giurisprudenza in relazione, segnatamente, alle limitazioni del diritto di soggiorno per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

149. In secondo luogo, tali criteri sono applicabili, in forza dell’articolo 27, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, non solo al cittadino dell’Unione che soggiorna in uno Stato membro diverso da quello del quale possiede la cittadinanza, ma anche ai suoi familiari, qualunque sia la loro cittadinanza.

150. È vero che il sig. Rendón Marín (144) e CS non traggono dalla direttiva 2004/38 (145) il loro diritto di soggiorno derivato. Per contro, tali diritti risultano dal fatto che essi sono ciascuno il genitore di un minore cittadino dell’Unione del quale essi hanno in via esclusiva l’affidamento effettivo, dal momento che la loro espulsione priverebbe i rispettivi figli del «godimento effettivo del nucleo essenziale dei loro diritti» quali cittadini dell’Unione, conformemente alla sentenza Ruiz Zambrano (146).

151. Di conseguenza, non vedo perché la giurisprudenza concernente le misure di allontanamento adottate nei confronti di cittadini di uno Stato membro che sono stati oggetto di condanne penali non possa essere applicata anche ai medesimi per analogia, dal momento che la loro situazione rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione.

152. Al contrario, considerare tale giurisprudenza inapplicabile ai casi del sig. Rendón Marín e di CS comporterebbe, a mio avviso, un’incoerenza nel trattamento del diritto di soggiorno derivato a seconda che esso venga ricavato dalla direttiva 2004/38 oppure dall’articolo 20 TFUE, come interpretato dalla sentenza Ruiz Zambrano (147). Si pone la questione se sia allora accettabile che le limitazioni ad un siffatto diritto di soggiorno derivato per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza siano diverse a seconda che tale diritto discenda dal diritto primario o dal diritto secondario.

153. Ritengo che la situazione del sig. Rendón Marín illustri perfettamente una siffatta incoerenza. Infatti, come giustamente rilevato dalla Commissione, l’esigenza di coerenza si manifesta in maniera particolare in tale situazione, in quanto i due figli hanno una cittadinanza diversa e la direttiva 2004/38 è applicabile unicamente alla situazione di uno dei due, e, pertanto, al diritto di soggiorno derivato del padre.

154. Si pone la questione se sia possibile consentire una siffatta incoerenza.

155. Si pone inoltre la questione se sia possibile autorizzare un’interpretazione dell’eccezione di ordine pubblico o di pubblica sicurezza che consentirebbe un trattamento differenziato, con riferimento al grado di protezione offerto nei confronti dei provvedimenti di allontanamento, dei cittadini dell’Unione minori e dei loro genitori cittadini di uno Stato terzo, a seconda dello Stato membro del quale possiedono la cittadinanza.

156. Alla luce delle considerazioni che precedono, sono convinto che occorra applicare, per analogia, la giurisprudenza concernente i provvedimenti di allontanamento adottati nei confronti di cittadini di uno Stato membro che sono stati oggetto di condanne penali anche ai provvedimenti di allontanamento adottati nei confronti dei genitori di cittadini dell’Unione, i quali siano cittadini di uno Stato terzo e siano stati anche oggetto di condanne penali, nell’ambito del diritto di soggiorno derivato che tali genitori ricavano dalla giurisprudenza risultante dalla sentenza Ruiz Zambrano (148).

157. A tal riguardo, la Commissione osserva, giustamente, che le garanzie contenute nella direttiva 2004/38 dovrebbero, perlomeno, costituire uno standard minimo da rispettare allorché, come nella specie, il cittadino di uno Stato terzo sia il genitore di un cittadino dell’Unione che gode di un diritto di soggiorno nell’Unione in conformità alla sentenza Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124). Essa rileva parimenti che le garanzie e i principi sanciti agli articoli 27 e 28 della direttiva 2004/38 non farebbero che specificare quanto coperto dal principio di proporzionalità ad essi sotteso. Tali garanzie sarebbero prese in considerazione in maniera altrettanto esplicita all’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, secondo il quale ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi.

158. In particolare, mi sembra logico che l’analisi svolta ai paragrafi 93 e 104 delle presenti conclusioni, relativa alla situazione del sig. Rendón Marín e di sua figlia, cittadina polacca, venga trasposta all’esame della sua situazione rispetto a suo figlio, cittadino spagnolo oppure, eventualmente, ai suoi due figli, qualora, a seguito di una verifica, il giudice del rinvio dovesse ritenere che la figlia cittadina polacca non soddisfi i requisiti fissati dalla direttiva 2004/38.

159. Restano cionondimeno da analizzare le giustificazioni della decisione di espulsione addotte dal Regno Unito.

b)       Analisi dell’eccezione di ordine pubblico o di pubblica sicurezza invocata dal governo del Regno Unito

160. Occorre rammentare che, diversamente che nella causa sfociata nella sentenza Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124), nella quale l’eccezione di ordine pubblico o di pubblica sicurezza non è stata fatta valere dal governo belga, nella presente causa, il governo del Regno Unito deduce una siffatta eccezione. La Corte è pertanto tenuta ad esaminarla.

161. Nelle sue osservazioni, il governo del Regno Unito ha fatto valere che la decisione di espulsione di CS a causa del suo comportamento illecito grave corrisponde ad un motivo di ordine pubblico, in quanto tale comportamento rappresenta una minaccia chiara per un interesse legittimo di tale Stato membro, ossia il rispetto della coesione sociale e dei valori della sua società. Il governo del Regno Unito ha in tal senso rilevato che, nella specie, la Court of Appeal (Corte d’appello) aveva riconosciuto la gravità del reato commesso da CS (149).

162. Per quanto attiene, in primo luogo, alla normativa in questione, il giudice del rinvio afferma che, secondo tale normativa, l’adozione, da parte del ministro dell’Interno, di una decisione di espulsione nei confronti di un cittadino non britannico riconosciuto colpevole di un reato e condannato ad una pena detentiva della durata di almeno dodici mesi, è obbligatoria (150), a meno che tale eccezione non «violi i diritti del reo ai sensi dei Trattati dell’Unione».

163. Tale normativa sembra pertanto instaurare un collegamento sistematico e automatico fra la condanna penale della persona di cui trattasi e il provvedimento di allontanamento ad essa applicabile, o, comunque, esisterebbe una presunzione secondo la quale il cittadino di cui trattasi deve essere espulso dal Regno Unito, il che escluderebbe la ponderazione degli interessi legittimi coinvolti e la considerazione delle circostanze del caso di specie.

164. Per quanto attiene, in secondo luogo, al comportamento di CS, ella è stata riconosciuta colpevole, come risulta dalla decisione di rinvio, di un reato grave per il quale la stessa è stata condannata a dodici mesi di reclusione.

165. A tal riguardo, poiché la decisione di espulsione in questione riguarda un cittadino di uno Stato terzo genitore di un cittadino dell’Unione minore e dà luogo alla privazione del godimento del nucleo essenziale dei diritti che quest’ultimo ricava dal suo status di cittadino dell’Unione, una condanna ad una pena di un anno non può dar luogo ad una decisione di allontanamento in applicazione della normativa in questione, «senza valutare il giusto equilibrio tra gli interessi legittimi presenti» (151).

166. Gli elementi descritti ai paragrafi seguenti devono essere presi in considerazione dall’autorità nazionale competente in occasione di tale valutazione; ciò deve essere verificato dal giudice nazionale.

167. In primo luogo, si evince dalla giurisprudenza (152) che, in linea di principio, non è possibile espellere un cittadino di uno Stato membro o un suo familiare solo a causa dell’esistenza di una condanna penale (153). Una misura di allontanamento deve, infatti, essere fondata su un esame individuale del caso di specie. In tal senso, il comportamento personale deve rappresentare una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società (154). È pertanto il comportamento personale della persona di cui trattasi che consentirebbe eventualmente allo Stato membro di fondare la propria decisione di espulsione. Di conseguenza, occorre individuare, a mio avviso, ciò che, nel comportamento di CS o nel reato da ella commesso, può costituire un motivo grave di ordine pubblico o di pubblica sicurezza (155), oppure un motivo imperativo di pubblica sicurezza idonea a giustificare una decisione di espulsione dal Regno Unito (156). Infatti, dal momento che, come si evince dalla decisione di rinvio, da un lato, CS beneficiava dal 2005 di un permesso di soggiorno permanente nel Regno Unito e, dall’altro, suo figlio cittadino dell’Unione è minorenne, uno di questi due criteri dovrebbe guidare la mia riflessione.

168. Nella specie, dal momento che il cittadino dell’Unione minore deve eventualmente, come conseguenza dell’allontanamento di sua madre, lasciare provvisoriamente il territorio dell’Unione nel suo insieme, occorre concedergli, a mio avviso, la protezione rafforzata che discende dalla nozione di «motivo imperativo di pubblica sicurezza». Pertanto, solo tali motivi imperativi di pubblica sicurezza potrebbero giustificare una decisione di allontanamento adottata nei confronti di CS qualora, come conseguenza, suo figlio dovesse seguirla.

169. Alla luce del carattere succinto dei fatti contenuti nella decisione di rinvio, è difficile valutare con esattezza, da un lato, il grado di pericolosità per la società di un reato come quello commesso da CS e, dall’altro, le eventuali conseguenze che un siffatto reato potrebbe avere sull’ordine pubblico o sulla pubblica sicurezza dello Stato membro di cui trattasi.

170. Ricordo che la Corte ha dichiarato che la pubblica sicurezza comprende tanto la sicurezza interna di uno Stato membro quanto la sua sicurezza esterna (157). In particolare, essa ha statuito che il «pregiudizio al funzionamento delle istituzioni e dei servizi pubblici essenziali nonché la sopravvivenza della popolazione, come il rischio di perturbazioni gravi dei rapporti internazionali o della coesistenza pacifica dei popoli, o ancora il pregiudizio agli interessi militari, possono ledere la pubblica sicurezza» (158). La Corte ha parimenti dichiarato che le lotte contro la criminalità legata al traffico di stupefacenti in associazione criminale (159), contro il terrorismo (160) e contro lo sfruttamento sessuale dei minori (161) sono incluse nella nozione di «pubblica sicurezza».

171. In tale contesto, ogni minaccia all’ordine pubblico o alla pubblica sicurezza di uno Stato membro deve essere reale ed attuale. Pertanto, il rischio di recidiva deve essere esaminato in sede di valutazione del comportamento della persona di cui trattasi (162).

172. Nell’ambito di tale ponderazione, occorre prendere in considerazione i diritti fondamentali di cui la Corte garantisce il rispetto, e, in particolare, il diritto al rispetto della vita privata e familiare, come sancito all’articolo 7 della Carta e all’articolo 8 della CEDU (163), nonché al rispetto del principio di proporzionalità.

173. Pertanto, per valutare se un provvedimento di allontanamento sia proporzionato alla finalità legittima perseguita, nella fattispecie la protezione dell’ordine pubblico o della pubblica sicurezza, occorre prendere in considerazione la natura e la gravità dell’infrazione, la durata del soggiorno dell’interessato nel suo territorio, la sua età (164), il suo stato di salute, la sua situazione familiare ed economica, la sua integrazione sociale e culturale nello Stato membro di residenza e l’importanza dei suoi legami con il paese d’origine.

174. A tal riguardo, secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, occorre stabilire se esistano circostanze eccezionali che giustificano la conclusione che le autorità nazionali non hanno realizzato un giusto equilibrio fra gli interessi concorrenti, in particolare l’interesse dei figli a proseguire la loro vita familiare nello Stato di cui trattasi, e che esse non hanno dunque tutelato il diritto fondamentale al rispetto della vita familiare garantito dall’articolo 8 della CEDU (165), segnatamente nel caso di una decisione di espulsione come nella specie. Devono pertanto essere prese in considerazione le conseguenze che una siffatta decisione può avere per i figli. Nella ponderazione degli interessi coinvolti, occorre tenere conto dell’interesse superiore dei figli (166). Un’attenzione particolare deve essere dedicata alla loro età, alla loro situazione nello Stato o negli Stati membri e paesi interessati, e al loro grado di dipendenza nei confronti dei genitori (167).

175. In ogni caso, poiché la Corte ha dichiarato che, al fine di preservare l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza, uno Stato membro può considerare che le violazioni elencate al paragrafo 170 delle presenti conclusioni costituiscono un pericolo per la collettività idoneo a giustificare provvedimenti speciali nei confronti degli stranieri che violino le normative di cui trattasi (168), si deve concludere che il reato in questione rientra nella nozione di pubblica sicurezza, a condizione che esso abbia conseguenze nocive per la pubblica sicurezza, circostanza che incombe al giudice del rinvio valutare.

c)       Conclusione intermedia concernente la causa C‑165/14

176. L’articolo 20 TFUE, come interpretato alla luce delle sentenze Zhu e Chen (169) e Ruiz Zambrano (170), osta ad una normativa nazionale che impone il diniego automatico di un permesso di soggiorno al cittadino di uno Stato terzo, genitore di minori cittadini dell’Unione dei quali ha l’affidamento esclusivo, per il fatto che lo stesso ha precedenti penali, qualora, in conseguenza di detto diniego, tali minori debbano lasciare il territorio dell’Unione.

d)       Conclusione intermedia concernente la causa C‑304/14

177. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere che l’articolo 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta, in linea di principio, a che uno Stato membro espella dal proprio territorio verso un paese non membro dell’Unione un cittadino di uno Stato terzo, genitore di un minore cittadino di tale Stato membro e del quale egli ha di fatto l’affidamento esclusivo, qualora ciò priverebbe il figlio, cittadino dell’Unione, del godimento effettivo del nucleo essenziale dei suoi diritti quale cittadino dell’Unione. Tuttavia, in circostanze eccezionali, uno Stato membro può adottare un siffatto provvedimento a condizione che esso:

–        rispetti il principio di proporzionalità e sia fondato sul comportamento personale di tale cittadino, il quale deve costituire una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società, e

–        sia fondato su motivi imperativi di pubblica sicurezza.

178. Spetta al giudice del rinvio verificare se ciò avvenga nella causa della quale è investito.

VI –  Conclusione

179. Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere nei seguenti termini alle questioni pregiudiziali sollevate dal Tribunal Supremo (Corte suprema) e dall’Upper Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) London [Tribunale superiore (sezione immigrazione e asilo) di Londra].

Nella causa C‑165/14:

L’articolo 21 TFUE e la direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale che impone il diniego automatico di un permesso di soggiorno al cittadino di uno Stato terzo, genitore di un minore cittadino dell’Unione del quale ha l’affidamento e che risiede con lui nello Stato membro ospitante, allorché egli ha precedenti penali.

L’articolo 20 TFUE, come interpretato alla luce delle sentenze Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639) e Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124), osta a questa stessa normativa nazionale che impone il diniego automatico di un permesso di soggiorno al cittadino di uno Stato terzo, genitore di minori cittadini dell’Unione e dei quali egli ha l’affidamento esclusivo, per il fatto che lo stesso ha precedenti penali, qualora, in conseguenza di detto diniego, tali minori debbano lasciare il territorio dell’Unione europea.

Nella causa C‑304/14:

L’articolo 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta, in linea di principio, a che uno Stato membro espella dal proprio territorio verso un paese non membro dell’Unione europea un cittadino di uno Stato terzo, genitore di un minore cittadino di tale Stato membro e del quale egli ha di fatto l’affidamento esclusivo, qualora ciò priverebbe il figlio, cittadino dell’Unione, del godimento effettivo del nucleo essenziale dei suoi diritti quale cittadino dell’Unione. Tuttavia, in circostanze eccezionali, uno Stato membro può adottare un siffatto provvedimento a condizione che esso:

–        rispetti il principio di proporzionalità e sia fondato sul comportamento personale di tale cittadino, il quale deve costituire una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società, e

–        sia fondato su motivi imperativi di pubblica sicurezza.

Spetta al giudice del rinvio verificare se ciò avvenga nella causa della quale è investito.


1 –      Lingua originale: il francese.


2–      Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77).


3 –      Convenzione firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)].


4 –      Sul contenuto di tale disposizione, v. paragrafo 23 delle presenti conclusioni.


5 –      Si deve segnalare che la figlia di cittadinanza polacca del sig. Rendón Marín viene menzionata solo nei fatti della decisione di rinvio. Per contro, in relazione ai motivi che hanno portato il giudice del rinvio ad interpellare la Corte, il Tribunal Supremo (Corte suprema) fa unicamente riferimento al minore avente la cittadinanza spagnola.


6 –      L’elemento finale della decisione consisteva nella conclusione che dovesse essere adottata una decisione di espulsione nei confronti di CS, a causa della sua condanna penale.


7 –      Questo nuovo articolo stabilisce i requisiti di concessione dei permessi di soggiorno per motivi di radicamento familiare. Esso prevede espressamente la possibilità di concedere un permesso di soggiorno al genitore di un minore cittadino spagnolo, nel caso in cui egli abbia l’affidamento del figlio e abiti col medesimo.


8 –      Approvato dal regio decreto del 20 aprile 2011, n. 557, con cui si approva il regolamento di attuazione della legge organica n. 4/2000 sui diritti e sulle libertà degli stranieri in Spagna e sulla loro integrazione sociale, come modificato dalla legge organica 2/2009 (Real Decreto 557/2011 por el que se aprueba el Reglamento de la Ley Orgánica 4/2000, sobre derechos y libertades de los extranjeros en España y su integración social, tras su reforma por Ley Orgánica 2/2009) (BOE n. 103, del 30 aprile 2011, pag. 43821).


9 –       V. paragrafo 23 delle presenti conclusioni.


10 –      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Djabali (C‑314/96, EU:C:1997:248, paragrafo 16). V., parimenti, sentenza Djabali (C‑314/96, EU:C:1998:104, punti da 17 a 23). Nella presente causa, la descrizione del contesto giuridico e fattuale della domanda di pronuncia pregiudiziale consente alla Corte di fornire un’interpretazione utile del diritto dell’Unione. V. articolo 94 del regolamento di procedura.


11 –      Sulla differenza fra queste due questioni procedurali v. conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Gullotta e Farmacia di Gullotta Davide & C. (C‑497/12, EU:C:2015:168, paragrafi 16 e 22). V., parimenti, Naômé, C., Le renvoi préjudiciel en droit européen – Guide pratique, Larcier, Bruxelles, 2010 (2° edizione), pagg. 85 e 86.


12 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Gullotta e Farmacia di Gullotta Davide & C. (C‑497/12, EU:C:2015:168, paragrafo 17 e la giurisprudenza ivi citata), nelle quali egli afferma che «la competenza della Corte è definita dal sistema di rimedi giudiziali predisposto dai Trattati, accessibili unicamente qualora siano soddisfatte le condizioni poste dalle disposizioni applicabili».


13 –      Sentenza UGT-Rioja e a. (da C‑428/06 a C‑434/06, EU:C:2008:488, punto 39 e la giurisprudenza ivi citata).


14 –      Ibidem (punto 40).


15 –      Ricordo che le condizioni alle quali l’articolo 267 TFUE subordina la competenza della Corte devono essere soddisfatte non soltanto nel momento in cui la Corte è adita dal giudice nazionale, ma anche nel corso di tutto il procedimento. V. conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Gullotta e Farmacia di Gullotta Davide & C. (C‑497/12, EU:C:2015:168, paragrafo 19). V. articolo 100 del regolamento di procedura, che stabilisce quanto segue:


      «1. La Corte resta investita della domanda di pronuncia pregiudiziale fintantoché il giudice che ha adito la Corte non abbia ritirato la sua domanda. (…)


      2. Tuttavia la Corte, in qualsiasi momento, può constatare la sopravvenuta mancanza dei presupposti della sua competenza».


16 –      V., segnatamente, sentenze Zabala Erasun e a. (da C‑422/93 a C‑424/93, EU:C:1995:183, punto 29); Djabali (C‑314/96, EU:C:1998:104, punto 19), e García Blanco (C‑225/02, EU:C:2005:34, punto 28).


17 –      C‑200/02, EU:C:2004:639.


18 –      C‑34/09, EU:C:2011:124.


19 –      V., segnatamente, sentenza Betriu Montull (C‑5/12, EU:C:2013:571, punto 40 e la giurisprudenza ivi citata).


20 –      Ibidem (punto 41 e la giurisprudenza ivi citata).


21 –      C‑200/02, EU:C:2004:639.


22 –      C‑34/09, EU:C:2011:124.


23 –      Per quanto attiene alla situazione di CS, occorre osservare che ella è rientrata in maniera regolare nel Regno Unito quale coniuge di un cittadino britannico con un permesso di soggiorno a tempo determinato. Un permesso di soggiorno permanente le è stato successivamente rilasciato in questo Stato membro.


24 –      V. paragrafi da 81 a 88 delle presenti conclusioni.


25 –      V., parimenti, paragrafo 13 delle presenti conclusioni.


26 –      V., a tal riguardo, paragrafi 46 e 47 delle presenti conclusioni.


27 –      Sul carattere vincolante di tale decisione di espulsione, v. paragrafi 13 e 67 delle presenti conclusioni.


28 –      Tale articolo comprende sia l’immigrazione regolare sia l’immigrazione irregolare.


29 –      Il protocollo n. 25 sull’esercizio della competenza concorrente enuncia che «quando l’Unione agisce in un determinato settore, il campo di applicazione di questo esercizio di competenza copre unicamente gli elementi disciplinati dall’atto dell’Unione in questione e non copre pertanto l’intero settore».


30 –      V. le mie conclusioni nella causa McCarthy e a. (C‑202/13, EU:C:2014:345).


31 –      V. sentenze Singh (C‑370/90, EU:C:1992:296); Carpenter (C‑60/00, EU:C:2002:434); Eind (C‑291/05, EU:C:2007:771), nonché McCarthy e a. (C‑202/13, EU:C:2014:2450).


32 –      V. sentenza Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124).


33 –      Sul carattere eccezionale di questo tipo di situazioni, v. sentenze McCarthy (C‑434/09, EU:C:2011:277, punto 47); Dereci e a. (C‑256/11, EU:C:2011:734, punto 64); Iida (C‑40/11, EU:C:2012:691, punto 71), nonché Alokpa e Moudoulou (C‑86/12, EU:C:2013:645, punto 32).


34 –      Tale diritto di soggiorno è stato accordato ai genitori di un cittadino dell’Unione in tenera età sebbene essi non potessero, in linea di principio, far valere la qualità di ascendente a carico, in quanto non soddisfacevano i requisiti del diritto di soggiorno previsti dalla direttiva 90/364/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1990, relativa al diritto di soggiorno (GU L 180, pag. 26) (la quale è stata sostituita e abrogata dalla direttiva 2004/38). V. sentenza Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639, punti da 43 a 46).


35 –      V. sentenza Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639). V., parimenti, sentenza Garcia Avello (C‑148/02, EU:C:2003:539).


36 –      V. sentenza Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639, punto 45). V., parimenti, sentenza Alokpa e Moudoulou (C‑86/12, EU:C:2013:645, punto 28).


37 –      V. paragrafi 77 e 78 delle presenti conclusioni.


38 –      V. considerando 2 della direttiva 2004/38.


39 –      C‑200/02, EU:C:2004:639.


40 –      C‑200/02, EU:C:2004:639.


41 –      Ibidem (punti 19, 20 e da 25 a 27). Ricordo che la Corte aveva già riconosciuto nella sentenza Baumbast e R (C‑413/99, EU:C:2002:493, punto 75) che «qualora i figli godano del diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante al fine di seguirvi corsi di insegnamento generale conformemente all’art[icolo] 12 del regolamento [(CEE) n. 1612/68 del Consiglio del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità (GU L 257, pag. 2)], tale disposizione dev’essere interpretata nel senso che consente al genitore effettivamente affidatario di tali figli, indipendentemente dalla sua nazionalità, di soggiornare con i medesimi in modo da agevolare l’esercizio di tale diritto, indipendentemente dal fatto che il matrimonio tra i genitori sia stato medio tempore sciolto o che il genitore cittadino dell’Unione europea non sia più lavoratore migrante nello Stato membro ospitante».


42 –      Sentenza Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639, punto 19).


43 –      Ibidem (punto 26).


44 –      Ibidem (punto 26).


45 –       V., segnatamente, sentenza Baumbast e R (C‑413/99, EU:C:2002:493, punto 91).


46 –      Emerge dai documenti del fascicolo a disposizione della Corte che la figlia del sig. Rendón Marín è nata in Spagna nel 2003. Non posso pertanto escludere che ella non abbia acquisito un diritto di soggiorno permanente in tale Stato membro in conformità all’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2004/38. In questo caso, come affermato giustamente dal governo polacco, il suo diritto di soggiorno non sarebbe assoggettato alle condizioni previste al capo III di tale direttiva e, in particolare, a quelle dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della medesima.


47 –      Sentenza Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639, punto 30), nonché Alokpa e Moudoulou (C‑86/12, EU:C:2013:645, punto 27).


48 –      Sentenza Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639, punto 45), nonché Alokpa e Moudoulou (C‑86/12, EU:C:2013:645, punto 28). Il corsivo è mio.


49 –      Sentenze Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639, punti 46 e 47), nonché Alokpa e Moudoulou (C‑86/12, EU:C:2013:645, punto 29).


50 –      V., segnatamente, sentenze van Duyn (41/74, EU:C:1974:133, punto 18); Bonsignore (67/74, EU:C:1975:34, punto 6); Rutili (36/75, EU:C:1975:137, punto 27); Bouchereau (30/77, EU:C:1977:172, punto 33); Calfa (C‑348/96, EU:C:1999:6, punto 23); Orfanopoulos e Oliveri (C‑482/01 e C‑493/01, EU:C:2004:262, punti 64 e 65); Commissione/Spagna (C‑503/03, EU:C:2006:74, punto 45); Commissione/Germania (C‑441/02, EU:C:2006:253, punto 34), nonché Commissione/Paesi Bassi (C‑50/06, EU:C:2007:325, punto 42).


51 –      V. relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri [COM(2008) 840 definitivo, pag. 8], la quale enuncia che «[i]l capo VI della direttiva conferisce agli Stati membri il diritto di rifiutare l’ingresso ai cittadini dell’[Unione] e ai loro familiari o di allontanarli, ma subordina tale diritto a rigorose garanzie materiali e procedurali che assicurano un giusto equilibrio tra gli interessi degli Stati membri e quelli dei cittadini dell’[Unione]». Per quanto attiene, segnatamente, al diniego del diritto di ingresso nel territorio di uno Stato membro ai cittadini dell’Unione e ai loro familiari, cittadini di un paese terzo, v. sentenza Commissione/Spagna (C‑503/03, EU:C:2006:74, punti 43 e 45).


52 –      V., a tal riguardo, segnatamente, sentenze Bonsignore (67/74, EU:C:1975:34, punto 6), e Commissione/Germania (C‑441/02, EU:C:2006:253, punto 93).


53 –      V., segnatamente, sentenze Rutili (36/75, EU:C:1975:137, punto 28); Bouchereau (30/77, EU:C:1977:172, punto 35); Orfanopoulos e Oliveri (C‑482/01 e C‑493/01, EU:C:2004:262, punto 66), nonché Jipa (C‑33/07, EU:C:2008:396, punto 23).


54 –      V., a tal riguardo, sentenza Bonsignore (67/74, EU:C:1975:34, punto 7).


55 –      V., segnatamente, sentenze Rutili (36/75, EU:C:1975:137, punto 28); Bouchereau (30/77, EU:C:1977:172, punto 35); Orfanopoulos e Oliveri (C‑482/01 e C‑493/01, EU:C:2004:262, punto 66), nonché Jipa (C‑33/07, EU:C:2008:396, punto 23). Ricordo che tutti questi criteri sono cumulativi. V. comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio concernente gli orientamenti per un migliore recepimento e una migliore applicazione della direttiva 2004/38 COM(2009) 313 definitivo, pag. 11.


56 –      V., segnatamente, sentenze Bouchereau (30/77, EU:C:1977:172, punto 28), e Commissione/Spagna (C‑503/03, EU:C:2006:74, punto 44).


57 –      V., in tal senso, sentenza Tsakouridis (C‑145/09, EU:C:2010:708, punto 52).


58–      Detto considerando prevede che «[l]’allontanamento dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari per motivi d’ordine pubblico o di pubblica sicurezza costituisce una misura che può nuocere gravemente alle persone che, essendosi avvalse dei diritti e delle libertà loro conferite dal trattato, si siano effettivamente integrate nello Stato membro ospitante».


59 –      C‑34/09, EU:C:2011:124.


60 –      Sentenze D’Hoop (C‑224/98, EU:C:2002:432, punto 27), e Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124, punto 40).


61 –      Per quanto attiene alla dichiarazione fatta dalla Corte nella sentenza Grzelczyk (C‑184/99, EU:C:2001:458, punto 31), l’avvocato generale Sharpston ha considerato che «[l]e conseguenze di tale dichiarazione sono (…) altrettanto importanti e radicali quanto quelle delle prime pietre miliari nella giurisprudenza della Corte. Ritengo infatti che la descrizione della cittadinanza dell’Unione fatta dalla Corte nella sentenza Grzelczyk [(C‑184/99, EU:C:2001:458)] abbia un significato potenzialmente analogo a quello della famosa asserzione contenuta nella sentenza Van Gend en Loos [(26/62, EU:C:1963:1)], secondo cui “la Comunità costituisce un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale, a favore del quale gli Stati hanno rinunziato (…) ai loro poteri sovrani, ordinamento che riconosce come soggetti, non soltanto gli Stati membri ma anche i loro cittadini”». V. conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2010:560, paragrafo 68).


62 –      Sulla portata della cittadinanza dell’Unione dopo il Trattato di Maastricht, O’Leary, S., The evolving Concept of Community Citizenship, From the Free Movement of Persons to Union Citizenship, L’Aia, Londra, Boston (Kluwer), 1996.


63 –      V. le mie conclusioni nella causa McCarthy e a. (C‑202/13, EU:C:2014:345, paragrafi 39 e 40).


64 –      V., segnatamente, sentenze Grzelczyk (C‑184/99, EU:C:2001:458, punto 31); D’Hoop (C‑224/98, EU:C:2002:432, punto 28); Baumbast e R (C‑413/99, EU:C:2002:493, punto 82); Garcia Avello (C‑148/02, EU:C:2003:539, punto 22); Orfanopoulos e Oliveri (C‑482/01 e C‑493/01, EU:C:2004:262, punto 65); Pusa (C‑224/02, EU:C:2004:273, punto 16); Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639, punto 25); Bidar (C‑209/03, EU:C:2005:169, punto 31); Commissione/Austria (C‑147/03, EU:C:2005:427, punto 45); Schempp (C‑403/03, EU:C:2005:446, punto 15); Spagna/Regno Unito (C‑145/04, EU:C:2006:543, punto 74); Commissione/Paesi Bassi (C‑50/06, EU:C:2007:325, punto 32); Huber (C‑524/06, EU:C:2008:724, punto 69); Rottmann (C‑135/08, EU:C:2010:104); Prinz e Seeberger (C‑523/11 e C‑585/11, EU:C:2013:524, punto 24), nonché Martens (C‑359/13, EU:C:2015:118, punto 21).


65 –      V., in tal senso, Lenaerts, K. e Gutièrrez-Fons, J.A., «Ruiz-Zambrano (C‑34/09) o de la emancipación de la Ciudadanía de la Unión de los límites inherentes a la libre circulación, Revista española de derecho europeo», n. 40, 2011, pagg. da 493 a 521, pag. 518.


66 –      La cittadinanza dell’Unione «presuppone l’esistenza di un collegamento di natura politica tra i cittadini europei, anche se non si tratta di un rapporto di appartenenza ad un popolo. Tale nesso politico unisce, al contrario, i popoli dell’Europa. Esso si fonda sul loro impegno reciproco ad aprire le rispettive comunità politiche agli altri cittadini europei e a costruire una nuova forma di solidarietà civica e politica su scala europea. Il nesso in questione non presuppone l’esistenza di un unico popolo, ma di uno spazio politico europeo, dal quale scaturiscono diritti e doveri». V. conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa Rottmann (C‑135/08, EU:C:2009:588, paragrafo 23).


67 –      V., in tal senso, Azoulai, L., «La citoyenneté européenne, un statut d’intégration sociale», Chemins d’Europe. Mélanges en l’honneur de Jean Paul Jacqué, 2010, pagg. da 2 a 28.


68 –      V. le mie conclusioni nella causa McCarthy e a. (C‑202/13, EU:C:2014:345, paragrafi 39 e 40).


69 –      V., a tal riguardo, Azoulai, L., op. cit., pag. 6.


70 –      V., segnatamente, sentenza Martínez Sala (C‑85/96, EU:C:1998:217).


71 –      V., segnatamente, sentenze Baumbast e R (C‑413/99, EU:C:2002:493); Trojani (C‑456/02, EU:C:2004:488), nonché Bidar (C‑209/03, EU:C:2005:169).


72 –      V., segnatamente, sentenze Collins (C‑138/02, EU:C:2004:172); Ioannidis (C‑258/04, EU:C:2005:559), nonché Vatsouras e Koupatantze (C‑22/08 e C‑23/08, EU:C:2009:344).


73 –      C‑200/02, EU:C:2004:639.


74 –      C‑135/08, EU:C:2010:104.


75 –      C‑34/09, EU:C:2011:124.


76 –      C‑200/02, EU:C:2004:639.


77 –      Nella sentenza Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639), la figlia era nata in una regione del Regno Unito (Irlanda del Nord) e, recandosi a Cardiff, nel Galles, ella si spostava unicamente all’interno di tale paese.


78 –      C‑135/08, EU:C:2010:104, punti da 38 a 42. Ricordo che, in tale sentenza, la Corte si è pronunciata sulla misura con la quale uno Stato membro (nella specie, la Repubblica federale di Germania, Land della Baviera) intendeva procedere alla revoca della cittadinanza tedesca acquisita dal sig. Rottmann per naturalizzazione in modo fraudolento dopo aver lasciato l’Austria per recarsi in Germania. Tuttavia, i governi tedesco e austriaco, nonché la Commissione hanno fatto valere che «[l]a circostanza che, in una situazione quale quella di cui alla causa principale, l’interessato abbia fatto uso del suo diritto alla libera circolazione prima della sua naturalizzazione non varrebbe di per sé sola a costituire un elemento transfrontaliero atto a giocare un ruolo rispetto alla revoca della naturalizzazione stessa». Nell’esaminare tale argomento, la Corte ha accolto l’invito a non considerare il precedente esercizio, da parte del sig. Rottmann, del suo diritto alla libera circolazione, e ha guardato al futuro anziché al passato. In tal senso, v. conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2010:560, paragrafo 94).


79 –      Sentenza Rottmann (C‑135/08, EU:C:2010:104, punto 48). Tale causa non era la prima causa in materia di cittadinanza dell’Unione, nella quale l’elemento di una vera e propria circolazione al di là delle frontiere era difficilmente percepibile o semplicemente inesistente. Infatti, la sentenza Garcia Avello (C‑148/02, EU:C:2003:539) riguardava già genitori che erano cittadini spagnoli stabilitisi in Belgio, mentre i loro figli, che avevano la doppia cittadinanza spagnola e belga e il cui cognome contestato costituiva l’oggetto del procedimento, erano nati in Belgio e non si erano mai mossi da tale Stato membro. Analogamente, nella sentenza Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639), il figlio non aveva mai lasciato il Regno Unito. V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2010:560, paragrafo 77). V., parimenti, sentenze Garcia Avello (C‑148/02, EU:C:2003:539), nonché Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639).


80 –      Sentenze Micheletti e a. (C‑369/90, EU:C:1992:295, punto 10); Mesbah (C‑179/98, EU:C:1999:549, punto 29); Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639, punto 37), nonché Rottmann (C‑135/08, EU:C:2010:104, punto 39).


81 –      Sentenza Rottmann (C‑135/08, EU:C:2010:104, punto 41).


82 –      V., in tal senso, sentenze Bickel e Franz (C‑274/96, EU:C:1998:563, punto 17) (in relazione ad una normativa nazionale in materia penale e processuale penale); Garcia Avello (C‑148/02, EU:C:2003:539, punto 25) (in relazione a norme nazionali sul nome di una persona); Schempp (C‑403/03, EU:C:2005:446, punto 19) (in relazione a norme nazionali in materia di imposte dirette), nonché Spagna/Regno Unito (C‑145/04, EU:C:2006:543, punto 78) (in relazione a norme nazionali che definiscono i titolari del diritto di elettorato attivo e passivo per le elezioni al Parlamento europeo). La sentenza Kaur (C‑192/99, EU:C:2001:106), concernente la definizione del termine «cittadino», è stata oggetto del seguente commento, ossia «la Corte (…) ha dichiarato che, nell’esercizio delle loro competenze nel settore della cittadinanza, gli Stati membri devono tenere debitamente conto del diritto dell’Unione europea. L’importanza di tale osservazione discende dalla pronuncia storica emessa nella causa Rottmann [(C‑135/08, EU:C:2010:104)]», v., Barnard, C., The Substantive Law of the EU. The Four Freedoms, Oxford University Press, 2010, 4° ed., pag. 476.


83 –      V., in merito a tale sentenza, Mengozzi, P., «Complémentarité et coopération entre la Cour de justice de l’Union européenne et les juges nationaux en matière de séjour dans l’Union des citoyens d’États tiers, Il Diritto dell’Unione Europea, 1/2013, pagg. da 29 a 48, e, in particolare, pag. 34.


84 –      Sentenza Rottmann (C‑135/08, EU:C:2010:104, punto 45, e la giurisprudenza ivi citata). V. anche, per un’analisi dottrinale della giurisprudenza relativa a tale materia, Pudzianowska, D., «Warunki nabycia i utraty obywatelstwa Unii Europejskiej. Czy dochodzi do autonomizacji pojęcie obywatelstwa Unii?», Ochrona praw obywatelek i obywateli Unii Europejskiej, ed. Baranowska, G., Bodnar, A., Gliszczyńska-Grabias, A., Varsavia, 2015, pagg. da 141 a 154.


85 –      C‑135/08, EU:C:2010:104.


86 –      Il corsivo è mio. Sentenza Rottmann (C‑135/08, EU:C:2010:104, punti da 39 a 46). V., a tal riguardo, Mengozzi, P., op. cit., pag. 33.


87 –      C‑135/08, EU:C:2010:104, punto 42.


88 –      C‑34/09, EU:C:2011:124, punto 42.


89 –      V. paragrafi 125 e seguenti delle presenti conclusioni.


90 –      C‑135/08, EU:C:2010:104. Su tale sentenza v. Kochenov, D., e Plender, R., «EU Citizenship: From an Incipient Form to an Incipient Substance?» The Discovery of the Treaty Text, European Law Review, vol. 37, n. 4, pagg. da 369 a 396.


91 –      C‑34/09, EU:C:2011:124.


92 –      C‑34/09, EU:C:2011:124.


93 –      V. paragrafo 109 delle presenti conclusioni.


94 –      V. considerando 18 della direttiva 2004/38.


95 –      Punti da 42 a 45.


96 –      V., segnatamente, sentenze Micheletti e a. (C‑369/90, EU:C:1992:295); Singh (C‑370/90, EU:C:1992:296); Bickel e Franz (C‑274/96, EU:C:1998:563); Kaur (C‑192/99, EU:C:2001:106); D’Hoop (C‑224/98, EU:C:2002:432); Baumbast e R (C‑413/99, EU:C:2002:493); Garcia Avello (C‑148/02, EU:C:2003:539); Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639); Schempp (C‑403/03, EU:C:2005:446); Spagna/Regno Unito (C‑145/04, EU:C:2006:543), nonché Rottmann (C‑135/08, EU:C:2010:104).


97 –      In relazione alla sentenza Rottmann (C‑135/08, EU:C:2010:104) v. Lenaerts, K., «The concept of EU citizenship in the case law of the European Court of Justice», ERA Forum, 2013, pagg. da 369 a 583, e in particolare pag. 575, che enuncia che «[t]ale sentenza ha preparato il terreno all’adozione, da parte della Corte, della sentenza Ruiz Zambrano [(C‑34/09, EU:C:2011:124)]». V., parimenti, Barnard, C., op. cit., pag. 424, che afferma che «[n]on vi è alcun dubbio che tale sentenza della Corte, e segnatamente il suo punto 42, prefigurava la sentenza di principio ed estremamente controversa che è stata resa nella causa Ruiz Zambrano [(C‑34/09, EU:C:2011:124)]».


98 –      C‑34/09, EU:C:2011:124.


99 –      Ad esempio, occorre rammentare che, secondo la Corte, ciò che importava nella causa sfociata nella sentenza García Avello (C‑148/02, EU:C:2003:539) era «non tanto il fatto che la diversità dei cognomi fosse la conseguenza della doppia cittadinanza degli interessati, bensì la circostanza che tale diversità fosse idonea a generare per i cittadini dell’Unione interessati seri inconvenienti, costituenti un ostacolo alla libera circolazione, il quale poteva essere giustificato soltanto qualora fosse stato fondato su considerazioni oggettive e fosse proporzionato all’obiettivo legittimamente perseguito». V. sentenza McCarthy (C‑434/09, EU:C:2011:277, punto 52) nonché, in tal senso, sentenza Grunkin e Paul (C‑353/06, EU:C:2008:559, punti 23, 24 e 29). Il corsivo è mio.


100 –      Sarmiento, D., e Sharpston, E., «European Citizenship and its New Union: time to move on?», in Kochenov, D., ed., EU Citizenship and Federalism: The Role of Rights, Cambridge University Press (di prossima pubblicazione).


101 –      C‑34/09, EU:C:2011:124.


102 –      V. sentenze McCarthy (C‑434/09, EU:C:2011:277, punto 47); Dereci e a. (C‑256/11, EU:C:2011:734, punto 64); Iida (C‑40/11, EU:C:2012:691, punto 71), nonché Alokpa e Moudoulou (C‑86/12, EU:C:2013:645, punto 32). Tuttavia, in tali sentenze, come ho sottolineato nelle mie conclusioni nella causa McCarthy e a. (C‑202/13, EU:C:2014:345, paragrafo 98), la Corte ha dichiarato che le situazioni in questione non rientravano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. Infatti, i cittadini dell’Unione interessati in tali cause o non si erano mai avvalsi del loro diritto alla libera circolazione, avendo sempre soggiornato nello Stato membro del quale avevano la cittadinanza e, in linea di principio, i provvedimenti in questione non li privavano del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferitigli dal loro status (segnatamente, la sig.ra McCarthy aveva sempre vissuto nel Regno Unito, Stato del quale ella possedeva la cittadinanza; la stessa poteva pertanto soggiornarvi sola, anche se suo marito, di nazionalità giamaicana, si era visto ivi negare il soggiorno quale familiare cittadino di uno Stato terzo), o non erano stati accompagnati né raggiunti, nei loro spostamenti in un altro Stato membro, dal loro familiare cittadino di uno Stato terzo, e non soddisfacevano le condizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 (in particolare, la Corte ha rilevato che il sig. Iida non chiedeva il diritto di soggiornare con la moglie e la figlia nello Stato membro ospitante, la Repubblica d’Austria, bensì nello Stato membro di origine di queste ultime, la Repubblica federale di Germania; che queste due cittadine dell’Unione non erano state dissuase dall’esercitare il loro diritto alla libera circolazione, e che il sig. Iida stesso aveva in ogni caso taluni diritti di soggiorno sia in forza del diritto nazionale sia in forza del diritto dell’Unione, sentenza Iida, C‑40/11, EU:C:2012:691, punti da 73 a 75).


103 –      Sentenze Dereci e a. (C‑256/11, EU:C:2011:734, punto 67); Iida (C‑40/11, EU:C:2012:691, punto 71); Ymeraga e a. (C‑87/12, EU:C:2013:291, punto 36), nonché Alokpa e Moudoulou (C‑86/12, EU:C:2013:645, punto 32). In particolare, il sig. Dereci era un cittadino turco la cui moglie e i tre figli erano austriaci e avevano sempre soggiornato in Austria, dove egli desiderava vivere con i medesimi. In tale situazione, né i tre figli né la madre erano privati del godimento del nucleo essenziale dei loro diritti in quanto, diversamente da quanto avveniva nella causa sfociata nella sentenza Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124), tali figli non dipendevano dal padre per il loro sostentamento e potevano pertanto soggiornare in Austria.


104 –      V. paragrafo 106 delle presenti conclusioni.


105 –      Sentenze Micheletti e a. (C‑369/90, EU:C:1992:295, punto 29), nonché Rottmann (C‑135/08, EU:C:2010:104, punto 39).


106 –      Sentenze Garcia Avello (C‑148/02, EU:C:2003:539, punto 21), nonché Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639, punto 21). V., parimenti, conclusioni dell’avvocato generale Tizzano nella causa Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:307, paragrafi da 47 a 52).


107 –      V. paragrafi da 107 a 122 delle presenti conclusioni. Non è a causa del fatto che essi non hanno esercitato il loro diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio dell’Unione che gli stessi non beneficiano, quali cittadini dell’Unione, di tale diritto.


108 –      V., in tal senso, sentenze Dereci e a. (C‑256/11, EU:C:2011:734, punto 67); Iida (C‑40/11, EU:C:2012:691, punto 71; Ymeraga e a. (C‑87/12, EU:C:2013:291, punto 36), nonché Alokpa e Moudoulou (C‑86/12, EU:C:2013:645, punto 32).


109 –      La possibilità che il sig. Rendón Marín e i suoi figli possano recarsi in Polonia, Stato membro del quale sua figlia è cittadina, come rilevato da diversi Stati membri intervenienti, è sostenibile solo in astratto. Il sig. Rendón Marín ha fatto valere in udienza di non avere legami con la famiglia della madre di sua figlia (che, stando alle informazioni a sua disposizione, non risiede in Polonia) e di non parlare il polacco.


110 –      C‑34/09, EU:C:2011:124. V., in tal senso, sentenze Dereci e a. (C‑256/11, EU:C:2011:734, punto 67); Iida (C‑40/11, EU:C:2012:691, punto 71; Ymeraga e a. (C‑87/12, EU:C:2013:291, punto 36), nonché Alokpa e Moudoulou (C‑86/12, EU:C:2013:645, punto 32).


111 –      V., in tal senso, sentenza O. e B. (C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 36 e la giurisprudenza ivi citata).


112 –      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nelle cause riunite O. e a. (C‑456/12 e C‑457/12, EU:C:2013:842, paragrafo 49).


113 –       V. paragrafo 114 delle presenti conclusioni.


114 –      Sentenza Rottmann (C‑135/08, EU:C:2010:104, punto 42).


115 –      Sentenza Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124, punto 42).


116 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2010:560, paragrafo 95).


117 –      Quanto a tale nozione, la quale ha origine nel diritto tedesco, v., segnatamente, Häberle, P., Die Wesensgehaltsgarantie des Art. 19 Abs.2GG, 3° ed., C.F. Müller, Karlsruhe, 1983, e Schneider, L., Der Schutz des Wesensgehalts von Grundrechten nach Art. 19 Abs.2GG, Duncker & Humblot, Berlino, 1983. Nella dottrina polacca v., per un’analisi della nozione di «istota praw i wolności» figurante all’articolo 33, paragrafo 3, della Costituzione polacca, Wojtyczek, K., Granice ingerencji ustawodawczej w sferę ochrony praw człowieka w Konstytucji RP, Cracovia, 1999, pagg. da 203 a 214, e Łabno, A., «Ograniczenia wolności i praw człowieka na podstawie art. 31 Konstytucji III RP», Prawa i wolności obywatelskie w Konstytucji RP, ed. Banaszak, B., Preisner, A., Varsavia, 2002, pagg. da 693 a 709. Nella dottrina spagnola, v., segnatamente, De Otto, I., «La regulación del ejercicio de los derechos fundamentales. La garantía de su contenido esencial en el artículo 53.1 de la Constitución», Obras Completas, università di Oviedo e Centro di studi politici e costituzionali, Oviedo, 2010, pag. 1471; Cruz Villalón, P., «Derechos Fundamentales y Legislación (1991)», La curiosidad del jurista persa, y otros estudios sobre la Constitución, CEPC, 2° ed., Madrid, 2006, e Jiménez Campo, J., Derechos fundamentales. Concepto y garantías, 1999, ed. Trotta, 1999.


118 –      V. articolo 4, paragrafo 4, della Carta dei diritti fondamentali ceca; articolo 8, paragrafo 2, della Costituzione ungherese; articolo 31, paragrafo 3, della Costituzione polacca; articolo 18, paragrafo 3, della Costituzione portoghese; articolo 49, paragrafo 2, della Costituzione rumena, e articolo 13, paragrafo 4, della Costituzione slovacca.


119 –      V., segnatamente, sentenza Volker und Markus Schecke e Eifert (C‑92/09 e C‑93/09, EU:C:2010:662, punto 50). V., parimenti, Wróbel, A., «Art. 52», Karta Praw podstawowych Unii Europejskiej. Komenstarz, Wróbel, A., ed., Wydawnictwo C.H. Beck, 2013, pagg. da 1343 a 1384, e, in particolare, pag. 1352.


120 –      In relazione ad un divieto definitivo del diritto di voto per essere stati oggetto di una condanna penale, v. sentenza Delvigne (C‑650/13, EU:C:2015:648, punti da 46 a 48). Per quanto concerne talune restrizioni all’uso del diritto di proprietà, v. sentenze Hauer (44/79, EU:C:1979:290, punti 23 e 30); Schräder HS Kraftfutter (265/87, EU:C:1989:303, punto 15); Standley e a. (C‑293/97, EU:C:1999:215, punto 54), nonché Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 355).


121 –      Per contro, secondo la concezione assoluta delle garanzie del contenuto essenziale dei diritti fondamentali, tale contenuto essenziale non può, in nessun caso, essere limitato. Sulle concezioni relativa e assoluta delle garanzie del contenuto essenziale dei diritti fondamentali, v., segnatamente, Alexy, R., A Theory of Constitutional Principles, Oxford, 2010, pagg. da 192 a 196. La dottrina polacca sostiene che, in ogni caso, l’identificazione del contenuto essenziale dei diritti può essere effettuata unicamente in un caso concreto. V., Łabno, A., «Ograniczenia wolności i praw człowieka na podstawie art. 31 Konstytucji III RP», Prawa i wolności obywatelskie w Konstytucji RP, ed. Banaszak, B., Preisner, A., Varsavia, 2002, pag. 708.


122 –      V., per analogia, conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Delvigne (C‑650/13, EU:C:2015:363, paragrafi 115 e 116). Quanto a tale nozione, che ha la sua origine nel diritto tedesco, v., segnatamente, Häberle, P., op. cit., e Schneider, L., op. cit. Nella dottrina spagnola, v., segnatamente, De Otto, I., op. cit., pag. 1471.


123–      Ibidem.


124 –      Nel caso dei figli in tenera età, la limitazione del diritto di soggiorno può durare diversi anni prima che essi siano divenuti abbastanza grandi per esercitare tale diritto in maniera indipendente dai loro genitori.


125 –      V., per analogia, conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Delvigne (C‑650/13, EU:C:2015:363, paragrafi 115 e 116). V., parimenti, conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Schrems (C‑362/14, EU:C:2015:627, paragrafi da 175 a 177 e 185).


126 –      Per quanto attiene alla terminologia impiegata dalla Corte nella sentenza Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124) e dal legislatore dell’Unione nella Carta, v., rispettivamente, ad esempio, le versioni spagnola [la esencia de los derechosde los derechos (vinculados al estatuto de ciudadano de la Unión)/el contenido esencial de esos derechos (y libertades)], tedesca [der Kernbestand der Rechte, (die der Unionsbürgerstatus verleiht)/der Wesensgehalt dieser Rechte und Freiheiten], inglese [the substance of the rights (attaching to the status of European Union citizen)/the essence of those rights(and freedoms)], italiana [dei diritti connessi(allo status di cittadino dell’Unione)/il contenuto essenziale di detti diritti (e libertà)], e polacca [istota praw(związanych ze statusem obywatela Unii)/istota praw i wolności(uznanych w Karcie)].


127 –      Osservo, tuttavia, che la Corte, nell’ambito dell’esame della proporzionalità delle limitazioni al diritto di proprietà, ha utilizzato parimenti il termine «sostanza stessa del diritto». V., su talune restrizioni all’uso del diritto di proprietà, sentenze Hauer (44/79, EU:C:1979:290, punti 23 e 30); Schräder HS Kraftfutter (265/87, EU:C:1989:303, punto 15); Standley e a. (C‑293/97, EU:C:1999:215, punto 54), nonché Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 355).


128 –      V., a tal riguardo, sentenza Carpenter (C‑60/00, EU:C:2002:434, punto 44).


129 –      V., in tal senso, Lenaerts, K., «“Civis Europaeus Sum”: from the Cross-border Link to the Status of Citizen of the Union», Constitutionalising the EU Judicial System: Essays in Honour of Pernilla Lindh, Cardonnel, P., Rosas, A., e Wahl, N. (a cura di), Hart, Oxford 2012, pagg. da 213 a 232.


130 –      V., in tal senso, sentenza Rottmann (C‑135/08, EU:C:2010:104, punti 54 e 55).


131 –      Ibidem (punto 56).


132 –      C‑34/09, EU:C:2011:124.


133 –       V. paragrafo 130 delle presenti conclusioni.


134 –      C‑34/09, EU:C:2011:124.


135 –      41/74, EU:C:1974:133.


136 –      Sul principio dell’interpretazione restrittiva delle clausole di salvaguardia figuranti nel diritto dell’Unione, v. sentenza van Duyn (41/74, EU:C:1974:133, punto 18).


137 –      V., segnatamente, sentenze van Duyn (41/74, EU:C:1974:133, punto 18); Bonsignore (67/74, EU:C:1975:34, punto 6); Rutili (36/75, EU:C:1975:137, punto 27); Bouchereau (30/77, EU:C:1977:172, punto 33); Calfa (C‑348/96, EU:C:1999:6, punto 23); Orfanopoulos e Oliveri (C‑482/01 e C‑493/01, EU:C:2004:262, punti 64 e 65); Commissione/Spagna (C‑503/03, EU:C:2006:74, punto 45); Commissione/Germania (C‑441/02, EU:C:2006:253, punto 34), nonché Commissione/Paesi Bassi (C‑50/06, EU:C:2007:325, punto 42).


138 –      Sentenza Orfanopoulos e Oliveri (C‑482/01 e C‑493/01, EU:C:2004:262, punto 65). Tale approccio giurisprudenziale si iscriveva nell’ambito della direttiva 2004/38, il cui considerando 1 enuncia, segnatamente, che il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri è un «diritto primario e individuale» di ciascun cittadino dell’Unione conferito dalla cittadinanza dell’Unione.


139 –      V. articolo 4, paragrafo 3, TUE.


140 –      Sentenze Rutili (36/75, EU:C:1975:137, punto 51), e Oteiza Olazabal (C‑100/01, EU:C:2002:712, punto 30).


141 –      V., in tal senso, Néraudau-d’Unienville, E., Ordre public et droit des étrangers en Europe. La notion d’ordre public en droit des étrangers à l’aune de la construction européenne, Bruylant, 2006, pag. 424.


142 –      V., segnatamente, sentenze van Duyn (41/74, EU:C:1974:133); Bonsignore (67/74, EU:C:1975:34); Rutili (36/75, EU:C:1975:137); Bouchereau (30/77, EU:C:1977:172); Calfa (C‑348/96, EU:C:1999:6); Orfanopoulos e Oliveri (C‑482/01 e C‑493/01, EU:C:2004:262); Commissione/Spagna (C‑503/03, EU:C:2006:74); Commissione/Germania (C‑441/02, EU:C:2006:253), nonché Commissione/Paesi Bassi (C‑50/06, EU:C:2007:325).


143 –      Per quanto riguarda il sig. Rendón Marín, mi riferisco evidentemente alla sua situazione rispetto al figlio cittadino spagnolo. Ricordo che, per quanto attiene alla figlia cittadina polacca, ho concluso che la loro situazione rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/38. In ogni caso, qualora il giudice del rinvio dovesse ritenere che il sig. Rendón Marín e sua figlia non soddisfino i requisiti sanciti da tale direttiva (v. paragrafo 106 delle presenti conclusioni), l’analisi svolta ai paragrafi 146 e seguenti delle presenti conclusioni sarà parimenti applicabile alla situazione del sig. Rendón Marín e dei suoi due figli.


144 –      Nel caso in cui la direttiva 2004/38 non fosse applicabile. V. paragrafo 106 delle presenti conclusioni.


145 –      V. articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2004/38.


146 –      C‑34/09, EU:C:2011:124.


147 –      C‑34/09, EU:C:2011:124.


148 –      C‑34/09, EU:C:2011:124.


149 –      Secondo tale giudice, come si evince dal fascicolo a disposizione della Corte, la situazione di CS, nella sua qualità di madre alla quale è affidato un figlio minore, è stata presa in considerazione a titolo di circostanza attenuante, senza la quale «la condanna avrebbe senza dubbio avuto una durata più lunga».


150 –      V., parimenti, paragrafo 13 delle presenti conclusioni.


151 –      La Corte ha rilevato che «spetta all’autorità nazionale competente tener conto, nel valutare dove si situi il giusto equilibrio tra gli interessi legittimi presenti, della speciale situazione giuridica delle persone cui si applica il diritto [dell’Unione], nonché dell’importanza fondamentale del principio della libera circolazione delle persone», v. sentenza Orfanopoulos e Oliveri (C‑482/01 e C‑493/01, EU:C:2004:262, punto 96).


152 –      Sentenze Orfanopoulos e Oliveri (C‑482/01 e C‑493/01, EU:C:2004:262); Tsakouridis (C‑145/09, EU:C:2010:708), nonché I. (C‑348/09, EU:C:2012:300).


153 –      V. parimenti articoli 27 e 28 della direttiva 2004/38.


154 –      Sentenze Orfanopoulos e Oliveri (C‑482/01 e C‑493/01, EU:C:2004:262, punto 95); Tsakouridis (C‑145/09, EU:C:2010:708, punto 48), nonché I. (C‑348/09, EU:C:2012:300, punto 30).


155 –      La nozione di «grave motivo di ordine pubblico o di pubblica sicurezza» di cui all’articolo 28, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 si applica ad un «cittadino dell’Unione o [ad un] suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, che abbia acquisito il diritto di soggiorno permanente». Il corsivo è mio.


156 –      L’articolo 28, paragrafo 3, della direttiva 2004/38 applica tale nozione nei casi di decisioni di allontanamento adottate nei confronti di cittadini dell’Unione minorenni, salvo se l’allontanamento è necessario nell’interesse superiore del minore.


157 –      Sentenza Tsakouridis (C‑145/09, EU:C:2010:708, punto 43 e la giurisprudenza ivi citata).


158 –      Ibidem (punto 44 e la giurisprudenza ivi citata).


159 –      In tal senso, ibidem (punti 45 e 46).


160 –      V. sentenza Oteiza Olazabal (C‑100/01, EU:C:2002:712).


161 –      V. sentenza I. (C‑348/09, EU:C:2012:300).


162 –      La Corte ha dichiarato, a tal riguardo, che benché l’accertamento di una minaccia di tal natura «implichi il fatto che nell’individuo interessato esiste la tendenza a persistere nel suddetto comportamento, non è escluso che la sola condotta tenuta in passato costituisca una siffatta minaccia per l’ordine pubblico». V., in tal senso, sentenza Bouchereau (30/77, EU:C:1977:172, punto 29).


163 –      V., in tal senso, sentenza Tsakouridis (C‑145/09, EU:C:2010:708, punto 50). V., parimenti, Corte EDU, Jeunesse c. Paesi Bassi [GC] n. 12738/10, § da 114 a 122, 3 ottobre 2014.


164 –      Nel caso di un cittadino dell’Unione che ha trascorso legalmente la maggior parte, se non la totalità, della sua infanzia e della sua giovinezza nello Stato membro ospitante, occorrerebbe addurre motivi molto solidi per giustificare il provvedimento di allontanamento. V. sentenza Tsakouridis (C‑145/09, EU:C:2010:708, punto 53) e, in tal senso, segnatamente, Corte eur. D.U., Maslov c. Austria [GC] n. 1638/03, § 61 e seg., CEDU 2008.


165 –      V., parimenti, Corte eur. D.U., sentenza Jeunesse c. Paesi Bassi [GC] n. 12738/10, § 118, 3 ottobre 2014.


166 –      Ibidem, § 118. V., parimenti, Corte eur. D.U., sentenze Neulinger e Shuruk c. Svizzera [GC] n. 41615/07, § 135, CEDU 2010, e X. c. Lettonia [GC], n. 27853/09, § 96, CEDU 2013.


167 –      Ibidem, § 118. V., parimenti, Corte eur. D.U., sentenza Tuquabo-Tekle e altri c. Paesi Bassi n. 60665/00, § 44, 1° dicembre 2005.


168 –      V., in tal senso, sentenza Tsakouridis (C‑145/09, EU:C:2010:708, punto 54).


169 –      C‑200/02, EU:C:2004:639.


170 –      C‑34/09, EU:C:2011:124.