Language of document : ECLI:EU:T:2020:120

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

26 marzo 2020 (*)

«Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Relazione di revisione sulle risorse umane dell’EACEA – Diniego di accesso – Eccezione relativa alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile»

Nella causa T‑646/18,

Laurence Bonnafous, residente in Bruxelles (Belgio), rappresentata da A. Blot e S. Rodrigues, avvocati,

ricorrente

contro

Commissione europea, rappresentata da C. Ehrbar e K. Herrmann, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione C(2018) 6753 final della Commissione, del 9 ottobre 2018, recante rigetto della domanda di accesso alla relazione finale di revisione del 2018 sulle risorse umane dell’Agenzia esecutiva per l’istruzione, gli audiovisivi e la cultura (EACEA), in data 21 gennaio 2018, presentata dalla ricorrente,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da H. Kanninen, presidente, N. Półtorak (relatrice) e M. Stancu, giudici,

cancelliere: E. Coulon

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La sig.ra Laurence Bonnafous, ricorrente, era agente contrattuale presso l’Agenzia esecutiva per l’istruzione, gli audiovisivi e la cultura (EACEA).

2        Il 30 luglio 2018 la ricorrente ha inviato un messaggio di posta elettronica al servizio interno di revisione della Commissione europea, al fine di richiedere, in applicazione del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), l’accesso al documento identificato da tale servizio come «Final audit report – IAS Audit on HR Management in the Education, Audiovisual and Cultural Executive Agency [Ares(2018) 361356]» (Relazione finale di revisione – Revisione svolta dal servizio interno di revisione della Commissione sulla gestione delle risorse umane dell’EACEA; in prosieguo: il «documento richiesto»).

3        Con lettera del 9 agosto 2018, il servizio interno di revisione della Commissione ha negato alla ricorrente l’accesso al documento richiesto. Tale diniego era fondato, in sostanza, sull’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 che dispone che un’istituzione dell’Unione può rifiutare l’accesso a un documento se la sua divulgazione può arrecare pregiudizio alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente a detta divulgazione. Infatti, esso ha considerato che la divulgazione, in tale fase, del documento richiesto avrebbe pregiudicato la tutela degli obiettivi perseguiti dalle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile alle quali era dedicato tale documento, poiché avrebbe ostacolato l’attuazione effettiva delle raccomandazioni in esso contenute e le misure di monitoraggio ad esse relative non erano completamente terminate.

4        Con lettera del 29 agosto 2018, la ricorrente ha presentato una domanda confermativa di accesso al documento richiesto.

5        Con messaggio di posta elettronica del 19 settembre 2018, la Commissione ha informato la ricorrente che il termine iniziale previsto per rispondere alla domanda confermativa di accesso da essa presentata avrebbe dovuto essere prorogato di 15 giorni lavorativi e che occorreva quindi fissare un nuovo termine al riguardo, che sarebbe scaduto il 10 ottobre 2018.

6        Il 9 ottobre 2018 la Commissione ha adottato la decisione C(2018) 6753 final (in prosieguo: la «decisione impugnata»), con la quale essa ha respinto la domanda confermativa di accesso al documento della ricorrente. Essa ha ritenuto, in sostanza, da un lato, che l’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, interpretata alla luce dell’articolo 99, paragrafo 6, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio (GU 2012, L 298, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento finanziario»), ostasse alla divulgazione prematura di una relazione di revisione che avrebbe rischiato di compromettere la serenità e l’indipendenza della revisione e, dall’altro lato, che nessun interesse pubblico superiore giustificasse la non applicazione di tale eccezione.

 Procedimento e conclusioni delle parti

7        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 26 ottobre 2018 la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

8        Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale lo stesso giorno la ricorrente ha chiesto la riunione della causa T‑614/17, Bonnafous/EACEA, alla presente causa. Il 5 dicembre 2018 la Commissione si è opposta alla riunione delle due cause.

9        Il 21 dicembre 2018 la ricorrente ha depositato una nuova offerta di prova presso la cancelleria del Tribunale.

10      Con decisione del 7 gennaio 2019 il presidente della Terza Sezione del Tribunale ha deciso di non riunire la presente causa alla causa T‑614/17.

11      La Commissione ha depositato il controricorso presso la cancelleria del Tribunale il 31 gennaio 2019.

12      La ricorrente ha depositato la propria replica presso la cancelleria del Tribunale il 7 marzo 2019.

13      La Commissione ha depositato una controreplica presso la cancelleria del Tribunale il 17 aprile 2019.

14      Essendo stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, a norma dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Prima Sezione, alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

15      In assenza di una domanda di udienza di discussione presentatagli entro il termine impartito, il Tribunale, ritenendosi sufficientemente edotto dagli atti di causa, ha deciso di statuire senza la fase orale del procedimento, conformemente all’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

16      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la convenuta alle spese.

17      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

18      A sostegno del proprio ricorso, la ricorrente deduce tre motivi. Il primo motivo verte sulla violazione congiunta dell’articolo 15, paragrafo 3, TFUE, dell’articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e del regolamento n. 1049/2001. Il secondo motivo verte sulla violazione dell’obbligo di motivazione derivante dall’articolo 296 TFUE e dall’articolo 41 della Carta. Infine, il terzo motivo verte sulla violazione del principio di proporzionalità.

19      Il Tribunale ritiene opportuno trattare il ricorso esaminando dapprima il secondo motivo di ricorso.

 Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dellarticolo 296 CE e dellarticolo 41 della Carta

20      La ricorrente sostiene che la decisione impugnata non è sufficientemente motivata. In particolare, essa fa valere che l’identificazione dei rischi è enunciata al condizionale e senza alcun riferimento alle ragioni specifiche che consentano di definirli, o almeno di abbozzarli. Essa contesta, in tal modo, che tale motivazione astratta si basa su considerazioni molto vaghe. Inoltre, essa sostiene che sussistono contraddizioni tra la motivazione di detta decisione e il contenuto del messaggio di posta elettronica del 19 settembre 2018 che le è stato mandato dal segretario generale della Commissione al fine di giustificare la proroga del termine per la risposta alla domanda confermativa da essa presentata. A suo avviso, detto ritardo vi era stato in effetti spiegato con la necessità di riunire tutti gli elementi necessari per rispondere alla domanda di accesso al documento che essa aveva presentato. Orbene, nessuna traccia di detti elementi figurerebbe in detta decisione. In sede di replica, e sempre nell’ambito del secondo motivo, la ricorrente fa altresì valere che, in ogni caso, la Commissione è venuta meno al suo dovere di assistenza e di informazione del pubblico derivante dall’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento n. 1049/2001.

21      La Commissione contesta tale argomento.

22      In limine, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE e dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta, deve essere adeguata alla natura dell’atto in esame e deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo (v. sentenza del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 147 e giurisprudenza ivi citata).

23      La necessità della motivazione deve essere valutata in funzione delle circostanze del caso di specie. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto la questione di decidere se la motivazione di un atto soddisfi le prescrizioni di cui all’articolo 296 TFUE dev’essere risolta alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenza del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 150 e giurisprudenza ivi citata). Per quanto concerne una domanda di accesso ai documenti, quando l’istituzione di cui trattasi neghi un tale accesso, essa deve dimostrare in ogni caso concreto, in base alle informazioni di cui dispone, che ai documenti di cui si chiede la consultazione si applicano effettivamente le eccezioni elencate nel regolamento n. 1049/2001 (sentenze del 10 settembre 2008, Williams/Commissione, T‑42/05, EU:T:2008:325, punto 95, e del 7 luglio 2011, Valero Jordana/Commissione, T‑161/04, non pubblicata, EU:T:2011:337, punto 49).

24      Secondo la giurisprudenza, spetta, quindi, all’istituzione che ha negato l’accesso a un documento fornire una motivazione che consenta di comprendere e di verificare, da un lato, se il documento richiesto sia effettivamente riconducibile al settore contemplato dall’eccezione invocata e, dall’altro, se l’esigenza di tutela relativa a tale eccezione sia reale (sentenza del 4 maggio 2012, In ’t Veld/Consiglio, T‑529/09, EU:T:2012:215, punto 118 e giurisprudenza citata).

25      Peraltro, sebbene la Commissione sia tenuta a esporre i motivi che giustificano l’applicazione alla fattispecie di una delle eccezioni previste dal regolamento n. 1049/2001, essa non ha l’obbligo di fornire informazioni che vanno al di là di quanto necessario alla comprensione, da parte del richiedente l’accesso, delle ragioni all’origine della sua decisione e al controllo, da parte del Tribunale, della legittimità della stessa (v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2008, Terzakis/Commissione, T‑380/04, non pubblicata, EU:T:2008:19, punto 119).

26      È alla luce di tali elementi che si deve determinare se, nella presente fattispecie, la Commissione ha soddisfatto i requisiti derivanti dall’articolo 296 TFUE e dall’articolo 41 della Carta.

27      In primo luogo, la ricorrente fa valere che, nella decisione impugnata, i rischi ai quali si riferisce la Commissione per giustificare il suo rifiuto alla divulgazione del documento richiesto sono enunciati in modo meramente ipotetico, senza alcun riferimento alle ragioni specifiche che consentano di definirli.

28      A tale proposito, si deve rilevare che i motivi sottesi alla decisione impugnata vi sono esposti in modo chiaro.

29      Infatti, nella decisione impugnata, la Commissione ha considerato, in sostanza, e alla luce di una presunzione generale di riservatezza, che l’eventuale divulgazione del documento richiesto era idonea a pregiudicare gli obiettivi della revisione in questione. Essa ha quindi ritenuto che una tale divulgazione rischiasse di compromettere la serenità e l’indipendenza di tale revisione, in particolare per quanto riguardava il seguito da darvi e la sua convalida da parte del suo servizio interno di revisione. Essa ha quindi considerato che esistesse un prevedibile rischio che il clima di fiducia reciproca tra l’EACEA e detto servizio fosse compromesso dalla comunicazione del documento richiesto, il che avrebbe potuto avere un impatto negativo sull’applicazione delle raccomandazioni pertinenti.

30      Alla luce degli elementi che precedono, si deve constatare che, nella decisione impugnata, la Commissione ha chiaramente esposto i rischi alla luce dei quali essa ha ritenuto che la divulgazione del documento richiesto poteva minacciare gli obiettivi della revisione in questione.

31      A tale proposito, occorre precisare che non vi è luogo a pronunciarsi, nella presente fase, sulla fondatezza della motivazione che figura nella decisione impugnata. Infatti, l’esame relativo all’esistenza e alla portata della motivazione di una decisione della Commissione rientra nel controllo delle forme sostanziali e, quindi, della legittimità formale di tale decisione. Esso va tenuto distinto dall’esame della fondatezza della motivazione della suddetta decisione, che rientra nel controllo della legittimità sostanziale (v. sentenza del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, EU:C:1998:154, punto 67 e giurisprudenza ivi citata), e che sarà, nella presente fattispecie, sviluppato nell’ambito dell’analisi del primo motivo di ricorso sollevato dalla ricorrente.

32      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la motivazione della decisione impugnata è troppo astratta, in quanto si fonda su considerazioni molto vaghe.

33      A tale proposito, e come deriva dalla sintesi che figura al punto 29 supra, si deve rilevare che, nella decisione impugnata, la Commissione ha, segnatamente, considerato che, oltre ai rischi ai quali sarebbero stati esposti gli obiettivi della revisione di cui trattasi qualora il documento richiesto fosse stato divulgato, una tale divulgazione era altresì ostacolata dal fatto che si doveva interpretare l’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, alla luce dell’articolo 99, paragrafo 6, del regolamento finanziario. Inoltre, la Commissione ha ricordato la necessità di distinguere tra le attività amministrative e le procedure legislative, rispetto alle quali l’esigenza di trasparenza si rivela più importante, circostanza che la ricorrente non ha contestato.

34      Orbene, si deve constatare che la motivazione enunciata al punto 33 supra costituiva un’indicazione sufficiente fornita alla ricorrente per sapere se la decisione era fondata o se era inficiata da un vizio che consentiva di contestarne la validità. Infatti, sulla base di tale motivazione, la ricorrente era in grado di comprendere le ragioni specifiche per le quali la Commissione aveva ritenuto, nel caso di specie, che il documento richiesto fosse coperto dall’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Occorre, peraltro, constatare a tale riguardo che l’impossibilità, dedotta dalla ricorrente, di ritenere che occorresse procedere a una siffatta interpretazione di detta eccezione è al centro dell’argomentazione da essa sviluppata nell’ambito del primo motivo da essa dedotto. Inoltre, si deve altresì constatare che detta motivazione è sufficiente per consentire al Tribunale di esercitare il suo controllo giurisdizionale sulla legittimità della decisione impugnata.

35      Non può, quindi, essere contestato che la decisione impugnata soddisfa i requisiti enunciati dalla giurisprudenza, come ricordati dai punti da 22 a 25 supra. Di conseguenza, l’argomento della ricorrente secondo il quale la motivazione della decisione impugnata è troppo astratta, deve anch’esso essere respinto.

36      In terzo luogo, la ricorrente fa valere che la motivazione della decisione impugnata non corrisponde a quella esposta in un messaggio di posta elettronica che le era stato inviato il 19 settembre 2018.

37      Tuttavia, va osservato che il messaggio di posta elettronica di cui trattasi aveva il solo scopo di indicare alla ricorrente che la Commissione non era in grado di rispondere alla sua domanda confermativa di accesso al documento richiesto nel termine inizialmente impartito. Pertanto, tale messaggio di posta elettronica non intendeva per nulla esporre la motivazione per cui si sarebbe dovuto, eventualmente, respingere detta domanda,

38      Ne deriva che tale argomento della ricorrente non è tale da rimettere in discussione il carattere sufficiente della motivazione della decisione impugnata e deve, quindi, essere respinto per tale ragione.

39      In quarto luogo, la ricorrente fa valere in fase di replica che la Commissione è venuta meno al suo dovere di assistenza e di informazione del pubblico derivante dall’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento n. 1049/2001.

40      Si deve ricordare che l’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento n. 1049/2001 dispone che «[l]e istituzioni forniscono informazioni e assistenza ai cittadini sulle modalità e sul luogo di presentazione delle domande di accesso ai documenti».

41      A tale proposito, si deve constatare che la ricorrente non deduce alcun elemento idoneo a stabilire che la Commissione, nella specie, sia venuta meno agli obblighi previsti dall’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento n. 1049/2001, né, peraltro, che il preteso difetto di motivazione della decisione impugnata da essa dedotto costituisca una tale violazione del dovere di assistenza e di informazione previsto da tale disposizione.

42      A tale proposito, come già ricordato ai precedenti punti da 2 a 6, occorre rilevare che la ricorrente ha anzitutto chiesto l’accesso al documento richiesto inviando un messaggio di posta elettronica al servizio interno di revisione della Commissione il 30 luglio 2018. Esso ha debitamente risposto a tale messaggio con lettera del 9 agosto 2018. La ricorrente ha, poi, contestato la valutazione comunicata da detto servizio presentando una domanda confermativa di accesso il 29 agosto 2018. La Commissione ha debitamente risposto a tale domanda confermativa di accesso con l’adozione della decisione impugnata il 9 ottobre 2018, dopo aver informato la ricorrente, il 19 settembre 2018, che il termine per rispondere a detta domanda doveva essere prorogato di quindici giorni.

43      Si deve altresì precisare che la ricorrente non contesta la regolarità della procedura secondo la quale è stata adottata la decisione impugnata. Dalle considerazioni che precedono risulta, peraltro, che la ricorrente era sufficientemente informata delle modalità di deposito delle domande di accesso ai documenti per poter presentare la domanda di accesso controversa. È peraltro pacifico che la Commissione vi abbia risposto con diligenza.

44      In tale contesto, si deve constatare la mancanza, nell’argomentazione della ricorrente, di qualsiasi elemento idoneo a stabilire che la Commissione è venuta meno al suo dovere di assistenza come previsto dall’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento n. 1049/2001 o che una tale violazione sia idonea a viziare la legittimità della decisione impugnata. Inoltre, la ricorrente non deduce alcun elemento capace di spiegare il collegamento che essa stabilisce tra tale pretesa violazione e la motivazione di tale decisione, la quale è peraltro oggetto del presente motivo.

45      Di conseguenza, l’argomento della ricorrente tendente a far valere una violazione da parte della Commissione del dovere di assistenza e informazione al pubblico derivante dall’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento n. 1049/2001, non è fondato. Esso deve, quindi, essere respinto.

46      Pertanto, il secondo motivo di ricorso deve essere respinto in toto.

 Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dellarticolo 15, paragrafo 3, TFUE, dellarticolo 42 della Carta e del regolamento n. 1049/2001

47      La ricorrente sostiene, in sostanza, che nella decisione impugnata la Commissione ha erroneamente negato la divulgazione del documento richiesto facendo valere l’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Tale motivo di ricorso può essere suddiviso in quattro parti.

48      Nella prima parte, la ricorrente sostiene che la revisione nell’ambito della quale è stato redatto il documento richiesto era terminata quando essa ha chiesto di accedervi. A tale proposito, il titolo stesso del documento, ovvero «Final audit report – IAS Audit on HR Management in the Education, Audiovisual and Cultural Executive Agency (Ares(2018)361356)», nonché le considerazioni effettuate nella decisione impugnata secondo le quali, «[s]ulla base della relazione finale di revisione, [l’EACEA] ha accettato di attuare le raccomandazioni proposte» dimostrerebbero lo stato di conclusione della revisione in questione. Peraltro, il documento rubricato «HR Annual Plan» (Piano annuale delle risorse umane) elaborato dall’EACEA stessa, avvalorerebbe tali affermazioni in quanto prevedrebbe azioni correttive che dimostrerebbero che era stata raggiunta la fase finale dell’esercizio di revisione. Inoltre, da quest’ultimo documento deriverebbe che sette delle azioni proposte nel documento richiesto sono state pienamente realizzate, mentre sarebbe ragionevole supporre che le ultime due azioni proposte nel documento richiesto sarebbero state completamente realizzate, poiché esse erano già realizzate rispettivamente al 70% e all’80% in occasione dell’elaborazione del documento intitolato «HR Annual Plan». La ricorrente sostiene, in fase di replica, che dieci azioni principali sono state quindi attuate completamente sulla base delle raccomandazioni contenute nella relazione di revisione. A sostegno di tale argomentazione, essa ha redatto una nota riepilogativa recante analisi dei tassi di realizzazione delle misure di attuazione da parte dell’EACEA. Essa sostiene, tuttavia, a tale proposito che, poiché l’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001 può essere invocata per negare l’accesso a un documento solo nel caso in cui la sua divulgazione possa compromettere gli obiettivi perseguiti da un’attività di revisione, essa è inapplicabile nel caso di specie a causa del completamento della revisione di cui trattasi. Sarebbe, in ogni caso, inaccettabile far dipendere da un evento aleatorio, futuro e lontano l’accesso al documento richiesto.

49      Nella seconda parte la ricorrente sostiene che l’argomento della Commissione secondo il quale si deve aspettare che le raccomandazioni formulate nel documento richiesto siano da essa archiviate, dopo essere state attuate dall’EACEA, prima di autorizzarne la comunicazione al pubblico, è contrario sia all’obiettivo perseguito dal regolamento n. 1049/2001 sia al diritto alla trasparenza riconosciuto dall’articolo 15 TFUE e dall’articolo 42 della Carta. Ciò sarebbe stato del resto già constatato dal Tribunale nella sua sentenza del 9 giugno 2010, Éditions Jacob/Commissione (T‑237/05, EU:T:2010:224). In ogni caso, la ricorrente fa valere che la portata generale attribuita dalla Commissione alla nozione di obiettivi delle attività di indagine risulta da un’interpretazione che neutralizza il diritto alla trasparenza da parte di quest’ultima che non può essere accettata. Inoltre, la facoltà di avvalersi di talune presunzioni generali non può, secondo la ricorrente, essere dedotta sistematicamente per qualsiasi procedimento di indagine o di revisione, poiché le eccezioni al principio di trasparenza devono essere oggetto di un’interpretazione restrittiva e circoscritta alla specificità del procedimento in questione, come dimostra il punto 123 della sentenza del 9 giugno 2010, Éditions Jacob/Commissione (T‑237/05, EU:T:2010:224).

50      Nella terza parte, la ricorrente fa valere che una disposizione derivante dal diritto derivato non può restringere, senza giustificazione, un diritto fondamentale il cui valore giuridico è equivalente a quello del diritto primario. Pertanto, occorrerebbe respingere l’argomento della Commissione secondo cui l’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 deve essere interpretata alla luce dell’articolo 99, paragrafo 6, del regolamento finanziario, il quale dispone che «le relazioni e le constatazioni del revisore interno (...) sono accessibili al pubblico solo dopo la convalida da parte del revisore interno delle misure adottate per la loro attuazione». In sede di replica, la ricorrente afferma di prendere atto che detta eccezione deve poter essere interpretata in modo coerente con l’articolo 99, paragrafo 6, del regolamento finanziario. Essa ritiene, tuttavia, che la possibilità di dedurre un siffatto obbligo di riservatezza non potesse, nel caso di specie, dispensare la Commissione dall’effettuare un esame concreto e specifico del documento richiesto, in quanto, poiché tale documento era stato completato, la Commissione non era legittimata ad applicare l’eccezione fondata su quest’ultima disposizione, né una presunzione generale di tutela delle attività di revisione contabile.

51      Nella quarta parte, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata non soddisfa il criterio del rischio ragionevolmente prevedibile. Infatti, il rischio di pregiudizio alla serenità e all’indipendenza dell’indagine di cui trattasi vi sarebbe formulato solo in maniera puramente ipotetica. Per contro, non vi sarebbero dimostrate né la necessità di applicare l’eccezione di cui trattasi, né quella di applicare l’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 all’integralità del documento richiesto. Pertanto, una presunzione generale di non divulgazione non può essere invocata per giustificare detta decisione. Alla luce di tali considerazioni, la ricorrente ritiene che, nel caso di specie, non occorresse far valere l’esistenza di un interesse pubblico prevalente per giustificare la divulgazione di detto documento. Tuttavia, essa rileva, in ogni caso e in subordine, un errore manifesto di valutazione che vizierebbe tale decisione. Essa ritiene, infatti, che a torto vi si dica che i suoi argomenti diretti ad ottenere l’accesso a tale documento sono «piuttosto di natura privata». Orbene, la Commissione avrebbe dovuto individuare quali fossero tali considerazioni di natura privata ed esaminare se il fatto di invocare principi generali di trasparenza fosse sufficiente per escludere l’esigenza di tutela di tale documento.

52      La Commissione contesta tale argomento.

53      Il Tribunale ritiene utile esaminare anzitutto congiuntamente le parti dalla prima alla terza, e poi la quarta.

 Sulle parti dalla prima alla terza

54      In via preliminare, per quanto riguarda il diritto di accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni dell’Unione, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 42 della Carta, «Ogni cittadino dell’Unione nonché ogni persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti delle istituzioni, organi e organismi dell’Unione, a prescindere dal loro supporto». Risulta altresì dall’articolo 15, paragrafo 3, prima frase, TFUE che «[o]gni cittadino dell’Unione nonché ogni persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti delle istituzioni, organi e organismi dell’Unione, a prescindere dal loro supporto».

55      In parallelo, il regolamento n. 1049/2001, adottato sulla base dell’articolo 255, paragrafo 2, CE, mira, come risulta dall’articolo 1, letto alla luce del considerando 4, a conferire al pubblico un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni che sia il più ampio possibile (sentenza del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, Racc., EU:C:2013:738, punto 40).

56      Tuttavia, occorre ricordare che, in circostanze particolari, possono essere apportate limitazioni a tale diritto di accesso. Infatti, segnatamente, l’articolo 15, paragrafo 3, TFUE, prevede che «[i] principi generali e le limitazioni a tutela di interessi pubblici o privati applicabili al diritto di accesso ai documenti sono stabiliti mediante regolamenti dal Parlamento europeo e dal Consiglio, che deliberano secondo la procedura legislativa ordinaria». Risulta quindi chiaramente dalla sua formulazione che dette limitazioni possono essere fissate mediante regolamenti.

57      Il regolamento n. 1049/2001, al suo articolo 4, prevede un regime di eccezioni che autorizza le istituzioni a rifiutare l’accesso a un documento la cui divulgazione rechi pregiudizio a uno degli interessi tutelati dall’articolo stesso (v. sentenza del 22 marzo 2018, De Capitani/Parlamento, T‑540/15, EU:T:2018:167, punto 59, e la giurisprudenza citata).

58      A tale riguardo, la giurisprudenza ha peraltro ricordato che il diritto di accesso ai documenti era soggetto a determinate limitazioni fondate su ragioni di interesse pubblico o privato, precisando al contempo che, poiché derogano al principio dell’accesso più ampio possibile del pubblico ai documenti, tali eccezioni devono essere interpretate ed applicate restrittivamente (sentenza del 1º febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punti 62 e 63).

59      Fra le eccezioni al diritto di accesso ai documenti rientra quella enunciata all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, ai sensi del quale le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile, a meno che non vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.

60      Il regime delle eccezioni previsto dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 e, segnatamente, dal paragrafo 2 di detto articolo, si fonda su di una ponderazione degli interessi che si oppongono in una data situazione, vale a dire, da un lato, gli interessi che sarebbero favoriti dalla divulgazione dei documenti in questione e, dall’altro, quelli che sarebbero minacciati da tale divulgazione. La decisione su una domanda di accesso ai documenti dipende dallo stabilire quale debba essere l’interesse prevalente nel caso di specie (sentenza del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 42).

61      Peraltro, quando viene chiesta ad un’istituzione la divulgazione di un documento, quest’ultima è tenuta a valutare, in ciascun caso di specie, se tale documento rientri nelle eccezioni al diritto di accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni elencate all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 (v., in tal senso, sentenza del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 35).

62      È alla luce delle considerazioni che precedono che occorre pronunciarsi, nel caso di specie, sulla questione se fosse giustificato, come sostiene la Commissione, negare alla ricorrente l’accesso al documento richiesto, sulla base dell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, interpretato alla luce dell’articolo 99, paragrafo 6, del regolamento finanziario, essenzialmente in ragione del fatto che sarebbe esistito un rischio prevedibile che la sua divulgazione arrecasse pregiudizio all’obiettivo della revisione in questione, nuocendo all’attuazione, da parte dell’EACEA, delle raccomandazioni che vi sono contenute.

63      Risulta, in sostanza, dall’argomento della ricorrente che quest’ultima contesta l’applicazione dell’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, nonché la sua interpretazione alla luce dell’articolo 99, paragrafo 6, del regolamento finanziario, al documento richiesto, in quanto la revisione nell’ambito della quale si inseriva la redazione di tale documento era stata completata al momento della presentazione della sua domanda di accesso allo stesso. Secondo la ricorrente, sarebbe infatti contrario all’obiettivo perseguito dal regolamento n. 1049/2001, nonché al principio di trasparenza, attendere che le raccomandazioni formulate in una relazione finale di revisione siano attuate prima che i documenti ad esse relativi possano essere divulgati senza timore di nuocere agli obiettivi perseguiti da tale revisione.

64      In primo luogo, per quanto riguarda la fase in cui si trovava la revisione in questione al momento dell’adozione della decisione impugnata, occorre ricordare che il documento richiesto è una relazione finale del servizio interno di revisione della Commissione che fa parte del fascicolo amministrativo relativo a una revisione della gestione delle risorse umane all’interno dell’EACEA.

65      A tale riguardo, occorre anzitutto constatare che il presente caso di specie si distingue dalla causa che ha dato luogo alla sentenza del 12 maggio 2015, Technion e Technion Research & Development Foundation/Commissione (T‑480/11, EU:T:2015:272), richiamata, in particolare, dalla Commissione nella decisione impugnata a titolo di esempio. Infatti, il Tribunale aveva considerato, al punto 66 di tale sentenza, che, «alla data di adozione della decisione [in questione], la relazione finale che conclude il procedimento di revisione non era stata ancora adottata e che erano ancora possibili e prevedibili ulteriori attività di indagine concernenti tale revisione». Orbene, è pacifico che, nel caso di specie, quando la decisione impugnata è stata adottata, la relazione finale era già stata adottata.

66      Tuttavia, come risulta dagli elementi versati agli atti, in particolare dalla nota riepilogativa redatta dalla ricorrente stessa, alla data del 24 ottobre 2018 erano state applicate solo alcune raccomandazioni formulate nel documento richiesto, il che implica che non tutte le raccomandazioni formulate in tale documento erano state ancora applicate quando la decisione impugnata è stata adottata.

67      Risulta, pertanto, dalle considerazioni che precedono che, sebbene la relazione finale che poneva fine alla procedura di revisione fosse stata effettivamente adottata quando la domanda di accesso ai documenti controversa è stata depositata, erano tuttavia in corso, al momento dell’adozione della decisione impugnata, misure di attuazione relative a detta procedura di revisione contabile.

68      In secondo luogo, nei limiti in cui la ricorrente sostiene che aspettare che le raccomandazioni formulate nel documento richiesto siano archiviate dalla Commissione prima di autorizzarne la comunicazione al pubblico è contrario sia all’obiettivo perseguito dal regolamento n. 1049/2001 sia al diritto alla trasparenza riconosciuto dall’articolo 15 TFUE e dall’articolo 42 della Carta, occorre constatare quanto segue.

69      Nella decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto, in particolare, che occorresse interpretare l’eccezione al diritto di accesso ai documenti di cui all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 alla luce dell’articolo 99, paragrafo 6, del regolamento finanziario. In ogni caso, si deve rilevare che il regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU 2018, L 193, pag. 1), il quale, ai sensi del suo articolo 281, paragrafo 1, abroga il regolamento finanziario con effetto dal 2 agosto 2018, contiene, al suo articolo 118, paragrafo 9, una disposizione che riprende, in sostanza, l’articolo 99, paragrafo 6 del regolamento finanziario.

70      A tale riguardo, occorre precisare che l’articolo 99, paragrafo 6, del regolamento finanziario prevede che «[le] relazioni e le constatazioni del revisore interno, come pure la relazione dell’istituzione, sono accessibili al pubblico solo dopo la convalida da parte del revisore interno delle misure adottate per la loro attuazione».

71      Occorre altresì constatare che il regolamento n. 1049/2001 e il regolamento finanziario hanno obiettivi diversi. Il regolamento n. 1049/2001 intende facilitare al massimo l’esercizio del diritto di accesso ai documenti, nonché promuovere una prassi amministrativa corretta (sentenza del 28 giugno 2012, Commissione/Éditions Odile Jacob, C‑404/10 P, EU:C:2012:393, punto 109). Il regolamento finanziario mira, dal canto suo, a definire le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione. Più precisamente, il suo capo 9 definisce i compiti e le modalità concrete di funzionamento applicabili al revisore interno di cui ciascuna istituzione dell’Unione deve dotarsi.

72      Parallelamente, occorre osservare che il regolamento n. 1049/2001 e il regolamento finanziario non contengono disposizioni che prevedono espressamente la prevalenza dell’uno sull’altro. Orbene, da una giurisprudenza costante risulta che non si può escludere, per principio, l’interpretazione delle eccezioni previste all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001 alla luce di talune normative specifiche del diritto dell’Unione. Pertanto, in un tale caso, occorre assicurare un’applicazione di ciascuno di tali regolamenti che sia compatibile con quella dell’altro e consentirne un’applicazione coerente (v., in tal senso, sentenze del 28 giugno 2012, Commissione/Éditions Odile Jacob, C‑404/10 P, EU:C:2012:393, punto 123; del 29 gennaio 2013, Cosepuri/EFSA, T‑339/10 e T‑532/10, EU:T:2013:38, punto 85, e del 21 settembre 2016, Secolux/Commissione, T‑363/14, EU:T:2016:521, punto 43).

73      Orbene, l’oggetto stesso dell’articolo 99, paragrafo 6, del regolamento finanziario è di restringere l’accesso alle relazioni e alle conclusioni del revisore interno, preservando detti documenti da una divulgazione al pubblico fino alla convalida delle loro misure di attuazione da parte di quest’ultimo. In tali circostanze, consentire un accesso generalizzato, sulla base del regolamento n. 1049/2001, alle relazioni del revisore interno le cui misure di attuazione non sono state ancora oggetto di convalida da parte di quest’ultimo sarebbe tale da mettere a repentaglio l’equilibrio che il legislatore dell’Unione ha inteso garantire nel regolamento finanziario tra il diritto del pubblico di accedere ai documenti delle istituzioni il più ampiamente possibile e la facoltà, per il revisore interno, di portare a buon fine le revisioni contabili che conduce.

74      Di conseguenza, per interpretare l’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, occorre applicare una presunzione generale secondo la quale la divulgazione delle conclusioni e delle relazioni del revisore interno prima della convalida, da parte di quest’ultimo, delle misure di attuazione ivi contenute, può nuocere agli obiettivi delle revisioni che esso conduce (v., in tal senso, sentenze de 28 giugno 012, Commissione/Éditions Odile Jacob, C‑404/10 P, EU:C:2012:393, punto 123; del 29 gennaio 2013, Cosepuri/EFSA, T‑339/10 e T‑532/10, EU:T:2013:38, punto 85, e del 21 settembre 2016, Secolux/Commissione, T‑363/14, EU:T:2016:521, punto 43), fermo restando che tale presunzione di nocività non esclude affatto, per gli interessati, la possibilità di dimostrare, in particolare, che un dato documento la cui divulgazione è richiesta non è coperto da detta presunzione (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 100, e giurisprudenza ivi citata).

75      In ogni caso, occorre precisare che il fatto che i documenti relativi ad una revisione interna siano coperti dall’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, nei limiti in cui le misure di attuazione della revisione in questione non siano state convalidate dal revisore interno, porta a limitare il diritto fondamentale del pubblico all’accesso ai documenti solo in modo doppiamente limitato.

76      Infatti, da un lato, tale interpretazione riguarda, tra le attività ispettive, di indagine e di revisione contabile, solo la categoria specifica delle revisioni condotte dal revisore interno. Dall’altro lato, essa è limitata nel tempo, poiché consente alle istituzioni dell’Unione di negare l’accesso alle relazioni e alle conclusioni relative a tali revisioni interne solo fino a quando il revisore interno non abbia convalidato le misure adottate ai fini della loro attuazione. In altri termini, l’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, come interpretata alla luce dell’articolo 99, paragrafo 6, del regolamento finanziario, è limitata alla durata della procedura al termine della quale il revisore interno convalida le misure di monitoraggio di tali relazioni.

77      Alla luce di quanto precede, e tenuto conto della necessità di garantire un’applicazione coerente del regolamento n. 1049/2001 e del regolamento finanziario, la ricorrente sostiene quindi erroneamente che la Commissione ha proceduto ad un’interpretazione che neutralizza il diritto alla trasparenza negandole l’accesso al documento richiesto con la motivazione che il seguito da dare alla revisione in questione non era stato ancora convalidato dal revisore interno.

78      In terzo luogo, nella parte in cui la ricorrente fa valere che l’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 era inapplicabile nel caso di specie, poiché la divulgazione del documento richiesto non poteva compromettere gli obiettivi della revisione in questione a causa dello stato di completamento di quest’ultima, occorre ricordare che, come è stato constatato al punto 66 supra, non tutte le raccomandazioni formulate in tale documento erano state ancora applicate al momento dell’adozione della decisione impugnata.

79      A tale proposito, occorre precisare che, al momento della pronuncia della sentenza del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione (T‑391/03 e T‑70/04, EU:T:2006:190), invocata dalla ricorrente nelle sue memorie, le disposizioni pertinenti del regolamento finanziario in materia di accesso ai documenti nel corso di un procedimento di revisione interna non erano ancora entrate in vigore all’epoca dei fatti della causa che ha dato luogo a detta sentenza, e che il regolamento finanziario nella sua versione allora applicabile non prevedeva norme che limitassero l’accesso del pubblico alle relazioni di revisione. Orbene, dall’entrata in vigore dell’articolo 99, paragrafo 6, del regolamento finanziario nella sua versione del 2012, le sue disposizioni devono necessariamente essere prese in considerazione al fine di valutare la legittimità della decisione impugnata per le ragioni che figurano ai punti da 68 a 77. Pertanto, le misure di attuazione di cui trattasi nel caso di specie non possono essere considerate un evento aleatorio, futuro e lontano, al quale sia subordinato l’accesso al documento richiesto ai sensi della giurisprudenza citata dalla ricorrente.

80      Alla luce di quanto precede, occorre quindi respingere le parti dalla prima alla terza del primo motivo di ricorso.

  Sulla quarta parte

81       La ricorrente fa valere, in primo luogo, che dalla decisione impugnata non risulta che la Commissione abbia proceduto ad un esame concreto del documento richiesto prima di dichiararne la «riservatezza». In secondo luogo, essa fa valere che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione nel concludere che il suo interesse ad ottenere la divulgazione del documento richiesto era piuttosto di natura privata.

82      A tale proposito, occorre ricordare, in primo luogo, che un’istituzione, quando riceve una domanda fondata sul regolamento n. 1049/2001, è tenuta, in linea di principio, a procedere ad una valutazione specifica e concreta del contenuto dei documenti oggetto della domanda (sentenza del 13 aprile 2005, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, T‑2/03, EU:T:2005:125, punto 74).

83      Tale regola di principio non significa tuttavia che un siffatto esame sia prescritto in tutte le circostanze. Infatti, poiché l’esame specifico e concreto al quale, in linea di principio, l’istituzione deve procedere in risposta ad una domanda di accesso formulata ai sensi del regolamento n. 1049/2001 ha lo scopo di permettere all’istituzione in questione di valutare, da un lato, in che misura una deroga al diritto di accesso sia applicabile e, dall’altro, la possibilità di un accesso parziale, detto esame può non essere necessario quando, a causa delle circostanze particolari del caso concreto, è evidente che l’accesso debba essere negato o, al contrario, accordato. Ciò potrebbe avvenire, in particolare, nel caso in cui alcuni documenti prima facie ricadano manifestamente ed integralmente in un’eccezione al diritto di accesso, o, al contrario, qualora siano manifestamente consultabili nella loro interezza, o, infine, nel caso in cui siano già stati oggetto di una valutazione specifica e concreta da parte della Commissione in analoghe circostanze (sentenza del 13 aprile 2015 Verein für Konsumenteninformation/Commissione, T‑2/03, EU:T:2005:125, punto 75).

84      Orbene, è pacifico nel caso di specie che, nella decisione impugnata e per le ragioni che figurano al precedente punto 29, la Commissione ha ritenuto che gli obiettivi della revisione in questione sarebbero stati minacciati in caso di divulgazione del documento richiesto. Tali considerazioni sono state, peraltro, chiaramente enunciate in detta decisione.

85      Pertanto, si deve constatare che era evidente, nel caso di specie, che una valutazione specifica e concreta del contenuto del documento oggetto della domanda non era necessaria in quanto quest’ultimo era coperto da una presunzione generale secondo la quale la divulgazione delle conclusioni e delle relazioni redatte dal revisore interno, prima della convalida delle loro misure di attuazione da parte di quest’ultimo, è idonea a pregiudicare gli obiettivi delle revisioni cui si riferiscono.

86      Pertanto, occorre respingere l’argomento della ricorrente secondo il quale dalla decisione impugnata non risulta che la Commissione abbia proceduto ad un esame concreto del documento richiesto.

87      In secondo luogo, per quanto riguarda il fatto che la ricorrente contesta alla Commissione di essere incorsa in un errore manifesto nel considerare che gli interessi sottesi alla domanda di accesso al documento richiesto da essa depositata fossero piuttosto di natura privata, si deve constatare che giustamente la Commissione sottolinea che, quando ha chiesto la riunione della presente causa a quella che ha dato luogo alla sentenza del 6 giugno 2019, Bonnafous/EACEA (T‑614/17, non pubblicata, EU:T:2019:381), la ricorrente ha espressamente dedotto siffatti motivi di ordine privato per giustificare il suo interesse a ottenere l’accesso al documento richiesto.

88      Così, nella domanda di riunione di cui trattasi, la ricorrente ha fatto valere, in particolare, che «[l]a lettura [del documento richiesto] dovrebbe allora [consentirle] di corroborare e/o documentare varie censure da essa sollevate nella causa T‑614/17».

89      Orbene, l’interesse particolare che un richiedente può far valere per l’accesso ad un documento che lo riguarda personalmente non può essere preso in considerazione come interesse pubblico prevalente ai sensi delle disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001. Ne consegue che la difesa dei suoi interessi al fine di proporre un ricorso non costituisce un interesse pubblico prevalente ai sensi della disposizione summenzionata (v., in tal senso, sentenza del 24 maggio 2011, NLG/Commissione, T‑109/05 e T‑444/05, EU:T:2011:235, punto 148).

90      Peraltro, occorre ancora una volta ricordare che il diniego di divulgazione opposto alla ricorrente nonché la presunzione generale secondo cui la divulgazione del documento richiesto potrebbe nuocere agli obiettivi della revisione di cui trattasi, su cui si fonda tale rifiuto, sono provvisori. Infatti, dalla natura stessa di detta presunzione risulta che quest’ultima è opponibile solo fintantoché il servizio interno di revisione della Commissione non abbia convalidato le misure di attuazione del documento richiesto. Di conseguenza, il riferimento alle sentenze del 12 ottobre 2000, JT’s Corporation/Commissione (T‑123/99, EU:T:2000:230, punto 50), e del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione (T‑391/03 e T‑70/04, EU:T:2006:190, punto 112), contenuto nella replica a sostegno dell’argomento secondo il quale la decisione impugnata priverebbe i cittadini della possibilità di controllare la legittimità dell’esercizio del potere pubblico, non è pertinente nel caso di specie.

91      Pertanto, alla luce di quanto precede, si deve considerare che la ricorrente non ha dedotto alcun argomento idoneo a dimostrare che un interesse pubblico prevalente potesse giustificare la divulgazione del documento richiesto nel caso di specie.

92      Di conseguenza, la quarta parte deve essere respinta e, con essa, il primo motivo nel suo insieme.

 Sul terzo motivo, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità

93      La ricorrente fa valere che la presunzione generale di non divulgazione del documento richiesto, su cui si fonda la decisione impugnata, non è giustificata. Essa ritiene che il diniego di comunicazione, anche parziale, di tale documento dovrebbe essere interpretato come un rifiuto di esaminarlo concretamente e individualmente, il che costituirebbe una violazione manifesta del principio di proporzionalità.

94      La Commissione contesta tale argomento.

95      A tale riguardo, è sufficiente constatare che, per le stesse ragioni di cui ai punti da 82 a 85 supra, la Commissione non era tenuta a procedere nel caso di specie all’esame concreto e specifico del documento richiesto.

96      Pertanto, il terzo motivo dev’essere disatteso e il ricorso dev’essere pertanto respinto in toto.

 Sulle spese

97      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La sig.ra Laurence Bonnafous è condannata alle spese.

Kanninen

Półtorak

Stancu

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 26 marzo 2020.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.