Language of document : ECLI:EU:T:2021:586

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

15 settembre 2021 (*)

«Aiuti di Stato – Autostrade italiane – Proroga di concessioni ai fini dell’esecuzione di lavori – Servizi di interesse economico generale – Massimale per il costo dei pedaggi – Decisione di non sollevare obiezioni – Articolo 106, paragrafo 2, TFUE – Ricorsi proposti da concorrenti del beneficiario – Abbandono del progetto di concessione dell’aiuto da parte dello Stato membro – Progetto non idoneo ad essere attuato così come approvato – Annullamento che non procura alcun beneficio alle ricorrenti – Sopravvenuta mancanza dell’interesse ad agire – Non luogo a statuire»

Nella causa T‑24/19,

INC SpA, con sede in Torino (Italia),

Consorzio Stabile Sis SCpA, con sede in Torino,

rappresentate da H.-G. Kamann, F. Louis e G. Tzifa, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da L. Haasbeek, D. Recchia e S. Noë, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione C(2018) 2435 final della Commissione, del 27 aprile 2018, relativa all’aiuto di Stato concesso ai fini del piano d’investimento per le autostrade italiane [casi SA.49335 (2017/N) e SA.49336 (2017/N)],

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata),

composto da M.J. Costeira, presidente, D. Gratsias (relatore), M. Kancheva, B. Berke e T. Perišin, giudici,

cancelliere: P. Cullen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 novembre 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Con due lettere del 13 ottobre 2017, le autorità italiane hanno notificato alla Commissione europea una serie di misure riguardanti un piano d’investimento per le autostrade italiane.

2        Circa 5 800 chilometri di autostrade italiane sono attualmente gestiti da operatori privati nell’ambito di concessioni. In forza dei relativi contratti, i concessionari devono effettuare determinati lavori o fornire taluni servizi relativi al funzionamento delle autostrade. I concessionari sopportano i rischi relativi alla costruzione nonché al funzionamento delle autostrade e devono conformarsi ad una serie di obblighi connessi all’importanza di questo tipo di infrastruttura per il pubblico. Inoltre, il quadro normativo applicabile prevede vari sistemi di tariffazione intesi a garantire l’equilibrio finanziario tra i ricavi delle concessioni e il costo degli investimenti effettuati dai concessionari.

3        In tale contesto, la Repubblica italiana ha concepito un piano consistente essenzialmente nella proroga della durata di talune concessioni ai fini del finanziamento di investimenti supplementari. Nella sua versione successivamente rivista, il piano in questione, come notificato, ha riguardato talune autostrade gestite in via diretta oppure indiretta, vale a dire tramite partecipazioni a consorzi, dalla Autostrade per l’Italia SpA e dalla Società Iniziative autostradali e Servizi SpA.

 Decisione impugnata

4        Con la decisione C(2018) 2435 final della Commissione, del 27 aprile 2018, relativa all’aiuto di Stato concesso ai fini del piano d’investimento per le autostrade italiane [casi SA.49335 (2017/N) e SA.49336 (2017/N)] (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione ha dichiarato che talune misure adottate nell’ambito di detto piano costituivano aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107 TFUE e che esse erano compatibili con il mercato interno sulla base dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE. Pertanto, la Commissione ha deciso, senza avviare il procedimento d’indagine formale, di non sollevare obiezioni nei confronti di tali misure (capitolo 5 della decisione impugnata).

5        In particolare, il piano notificato alla Commissione dalle autorità italiane riguarda sedici autostrade gestite dalla Autostrade per l’Italia e due autostrade gestite dalla Società Iniziative Autostradali e Servizi. Tale piano si basa essenzialmente su due pilastri. Il primo riguarda l’esecuzione di investimenti supplementari che devono essere effettuati dai concessionari. Il secondo riguarda la proroga di talune concessioni, corredata delle modalità volte a limitare le tariffe dei pedaggi a livelli accettabili e ad evitare il rischio di sovracompensazione dei concessionari (punti 12, da 13 a 16, da 18 a 21 e 34 della decisione impugnata).

 Autostrade gestite dalla Autostrade per lItalia

6        La concessione di sedici autostrade, per un totale di 2 857,50 chilometri, gestite dalla Autostrade per l’Italia, trae origine dalle concessioni attribuite alla società Autostrade-Concessioni e Costruzioni Autostrade SpA nel 1968. Quest’ultimo ente è stato privatizzato nel 1999 e, nel 2003, ha trasferito le sue attività di concessione autostradale alla Autostrade per l’Italia. La concessione controversa è stata modificata, in particolare, nel 1997 e la sua ultima versione è stata firmata, sotto forma di «convenzione unica», nel 2007, a sua volta oggetto di emendamenti nel 2013 in forza di un «atto aggiuntivo». Conformemente alla modifica sottoscritta nel 1997, la concessione controversa è stata stipulata per un periodo di 40 anni che scade il 31 dicembre 2038 (punti 34, 35 e 136 della decisione impugnata).

7        Tuttavia, la Repubblica italiana ha affermato che la Autostrade per l’Italia doveva ancora effettuare taluni investimenti nella rete da essa gestita. A seguito di talune decisioni adottate dalle autorità competenti in merito alle caratteristiche degli investimenti in questione, il costo stimato degli stessi ammonta a circa EUR 8 miliardi. Di tale importo, EUR 4,908 miliardi sono destinati a lavori considerati come «già previsti» nel contratto di concessione quale esso era in vigore prima della modifica controversa, tra cui «la Gronda di Genova» (circonvallazione di Genova) nella misura di EUR 4,32 miliardi. I rimanenti EUR 3,03 miliardi sono destinati a «lavori aggiuntivi», vale a dire non previsti nel contratto di concessione quale esso era in vigore prima della modifica controversa. Orbene, secondo il contratto di concessione vigente, la realizzazione degli investimenti in questione richiederebbe un aumento del costo dei pedaggi a livelli esorbitanti per gli utenti. In tale contesto, la Repubblica italiana ha proposto, in primo luogo, di prorogare la durata della concessione, in secondo luogo, di limitare l’aumento del costo dei pedaggi e, in terzo luogo, di prevedere un’«indennità di subentro» (takeover value) da versare al concessionario alla scadenza della concessione da parte dell’eventuale nuovo concessionario. Così, secondo tale piano, la durata della concessione sarebbe prorogata di quattro anni, fino al 31 dicembre 2042, e un’indennità di subentro con un massimale compreso tra 1,3 e 1,5 volte il risultato lordo di gestione sarebbe versata al concessionario attuale da qualsiasi eventuale concessionario subentrante dopo tale data (punti da 36 a 43 della decisione impugnata).

 Autostrade gestite dalla Società Iniziative Autostradali e Servizi

8        Le due autostrade gestite dalla Società Iniziative autostradali e Servizi oggetto della decisione impugnata sono la SATAP A4 Torino – Milano e l’A33 Asti – Cuneo. La concessione relativa alla costruzione e al funzionamento dell’autostrada SATAP A4 Torino – Milano risale al 1989 e scade, in seguito alle modifiche degli strumenti giuridici che la disciplinano, intervenute nel 2007 e nel 2013, il 31 dicembre 2026. Il contratto di concessione per la costruzione e il funzionamento dell’autostrada A33 Asti – Cuneo è stato firmato il 1° agosto 2007 a seguito di una procedura di aggiudicazione e prevede che la concessione abbia una durata di 27,5 anni, quattro dei quali sarebbero dedicati all’esecuzione dei lavori e i restanti 23,5, calcolati a decorrere dal completamento dei lavori, alla gestione della concessione. Tenuto conto di quest’ultima clausola, la Commissione considera che tale concessione arriverà a scadenza nel 2043 (punti 19 e 20 della decisione impugnata).

9        Tuttavia, i lavori previsti per l’autostrada A33 Asti – Cuneo non sarebbero stati ultimati nei tempi previsti e i relativi costi sarebbero notevolmente aumentati per motivi che, secondo la Repubblica italiana, non sarebbero imputabili alla Società Iniziative Autostradali e Servizi, concessionaria di tale autostrada. Allo stesso tempo, la costruzione dei soli 55 chilometri di autostrada invece dei 90 inizialmente previsti avrebbe limitato i proventi derivanti dai pedaggi a livelli modesti. La costruzione delle parti autostradali mancanti avrebbe quindi comportato un aumento del costo dei pedaggi a livelli proibitivi. In tale contesto, la Repubblica italiana ha proposto che il concessionario realizzi gli investimenti necessari per ottenere un collegamento funzionale tra le diverse parti completate dell’autostrada A33 Asti – Cuneo. Tali investimenti consistono nella costruzione di circa 13 chilometri di autostrada per un costo di EUR 350 milioni, invece dei rimanenti 35 chilometri inizialmente previsti, che sarebbero costati EUR 589 milioni. I lavori in questione sono considerati come già previsti nel contratto di concessione iniziale. Inoltre, dovrebbero effettuarsi investimenti per un valore complessivo di EUR 153 milioni sull’autostrada SATAP A4 Torino – Milano. Di quest’ultimo importo, EUR 109 milioni sono considerati come riguardanti lavori già previsti nel contratto di concessione iniziale e EUR 44 milioni come relativi a lavori aggiuntivi. Tutti questi lavori dovrebbero essere completati entro la fine dell’anno 2022 (punti da 21 a 23 della decisione impugnata).

10      Per quanto riguarda la copertura dei costi delle opere in questione, la Repubblica italiana ha proposto un finanziamento incrociato dei lavori sull’autostrada A33 Asti – Cuneo a partire dai ricavi dell’autostrada SATAP A4 Torino – Milano, con la previsione di un massimale delle tariffe dei pedaggi delle due autostrade in questione. Orbene, secondo la Repubblica italiana, siffatto massimale comporta perdite di ricavi per i concessionari. Così, analogamente a quanto proposto riguardo alle autostrade gestite dalla Autostrade per l’Italia (v. precedente punto 7), la Repubblica italiana ha espresso la sua intenzione, in primo luogo, di rimodulare la durata di tali due concessioni e, in secondo luogo, di prevedere un’indennità di subentro da versare al concessionario uscente, in caso di mancato rinnovo alla loro scadenza, da parte dell’eventuale nuovo concessionario. In particolare, la durata della concessione dell’autostrada SATAP A4 Torino – Milano sarebbe prorogata per quattro anni fino al 31 dicembre 2030, mentre quella dell’autostrada A33 Asti – Cuneo sarebbe accorciata per terminare anch’essa il 31 dicembre 2030, anziché nel 2043 (v. precedente punto 8). Tale accordo consentirebbe una nuova messa in gara congiunta della concessione delle due autostrade per il periodo decorrente dal 1º gennaio 2031. Inoltre, l’indennità di subentro sarebbe limitata a 1,4 volte il risultato lordo di gestione, che dovrà essere versato all’attuale concessionario da parte dell’eventuale concessionario subentrante a partire dal 1° gennaio 2031 (punti da 25 a 31 della decisione impugnata).

11      L’insieme delle misure riguardanti le autostrade oggetto della decisione impugnata è accompagnato da impegni relativi all’inizio entro il 1º gennaio 2020 di alcuni dei lavori previsti. Sono stati altresì previsti ulteriori impegni per quanto riguarda la pubblicità dei contratti di concessione, il carattere in linea di principio stabile del costo preventivato delle opere, il rispetto delle norme UE sulla modifica dei contratti di concessione in caso di necessità di realizzare opere supplementari, l’applicazione di sanzioni in caso di violazione degli obblighi del concessionario, la riduzione proporzionale della proroga in caso di mancata esecuzione dei lavori, la presentazione di relazioni annuali e quinquennali sull’esecuzione dei lavori e il controllo dei parametri presi in considerazione e, infine, la revisione dell’indennità di ripresa in caso di livelli di traffico superiori al previsto o di mancata esecuzione dei lavori (punti 23, 44 e da 47 a 53 della decisione impugnata).

 Valutazione della Commissione

12      Secondo la Commissione, la concessione di diritti di sfruttamento dei beni pubblici può comportare una rinuncia alle risorse dello Stato e conferire un vantaggio ai beneficiari di tali diritti. Nel caso di specie, la proroga della durata delle concessioni per quattro anni comporterebbe che i concessionari incasseranno i proventi dei pedaggi durante tale periodo, escludendo così la possibilità per lo Stato membro di incassare esso stesso tali fondi. Si dovrebbe, dunque, constatare una rinuncia a risorse statali in favore di taluni operatori privati (punti da 61 a 63 della decisione impugnata).

13      Per quanto riguarda l’esistenza di un vantaggio, la Commissione ha tenuto conto degli obblighi di investimento e di gestione imposti ai concessionari e ha concluso che occorreva analizzare le misure notificate alla luce dei quattro criteri cumulativi stabiliti dalla Corte di giustizia nella sentenza del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (C‑280/00, EU:C:2003:415), ossia l’esistenza di obblighi di servizio pubblico, la determinazione previa, obiettiva e trasparente dei parametri di compensazione, la fissazione della compensazione a un livello che copra i costi sostenuti per l’adempimento degli obblighi di servizio pubblico e un utile ragionevole e, infine, l’analisi dei costi e dell’utile in questione. A quest’ultimo riguardo, la Commissione ha osservato che le autorità italiane non avevano prodotto un’analisi dei costi che un’impresa media, gestita in modo efficiente ed adeguatamente attrezzata al fine di poter soddisfare le necessarie esigenze di servizio pubblico, avrebbe dovuto sopportare per adempiere a tali obblighi. Ne conseguirebbe che, anche alla luce dell’assenza di una procedura di aggiudicazione che abbia preceduto le concessioni controverse, il quarto criterio Altmark non era soddisfatto. Inoltre, tenuto conto della dimensione internazionale del mercato della costruzione e della gestione di autostrade nonché dell’esclusività conferita dai contratti di concessione, i vantaggi accordati possono pregiudicare il commercio tra Stati membri. Ne deriverebbe che la misura in questione costituisce un aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (punti da 64 a 73 della decisione impugnata).

14      La Commissione ha tuttavia ritenuto che occorresse valutare la compatibilità dell’aiuto con il mercato interno alla luce dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE e, correlativamente, della comunicazione della Commissione recante disciplina dell’Unione europea relativa agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico (2011) (GU 2012, C 8, pag. 15; in prosieguo: la «comunicazione sulla compensazione degli obblighi di servizio pubblico») (punti da 75 a 77 della decisione impugnata).

15      In tale contesto, la Commissione ha considerato quanto segue:

–        in primo luogo, che la costruzione e la messa a disposizione di infrastrutture autostradali a costi accessibili agli utenti costituiva un vero e proprio servizio di interesse economico generale ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, cosicché le condizioni di cui al capo 2.2 della comunicazione sulla compensazione degli obblighi di servizio pubblico erano soddisfatte;

–        in secondo luogo, che i servizi di interesse economico generale di cui trattasi erano affidati ai concessionari interessati in forza di atti che menzionavano la durata e l’oggetto degli obblighi di servizio pubblico, gli impegni assunti, la natura dei diritti esclusivi, la descrizione dei meccanismi di compensazione ed i parametri pertinenti nonché le misure previste per evitare e recuperare qualsiasi eventuale sovracompensazione. Di conseguenza, le condizioni di cui al capo 2.3 della comunicazione sulla compensazione degli obblighi di servizio pubblico erano soddisfatte (punti da 85 a 90 della decisione impugnata);

–        in terzo luogo, che la durata delle proroghe riusciva ad equilibrare sotto il profilo finanziario il piano proposto tenendo debitamente conto del massimale del costo dei pedaggi, del costo dei lavori da effettuare, della remunerazione dei concessionari e dell’indennità di subentro. Di conseguenza, le condizioni del capo 2.4 della comunicazione sulla compensazione degli obblighi di servizio pubblico erano soddisfatte (punti da 92 a 95 della decisione impugnata);

–        in quarto luogo, che le misure notificate non violavano la direttiva 2006/111/CE della Commissione, del 16 novembre 2006, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e alla trasparenza finanziaria all’interno di talune imprese (GU 2006, L 318, pag. 17), cosicché le condizioni di cui al capo 2.5 della comunicazione sulla compensazione degli obblighi di servizio pubblico erano soddisfatte (punti da 96 a 99 della decisione impugnata);

–        in quinto luogo, che le misure notificate erano conformi alla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (GU 2014, L 94, pag. 1) e, più in particolare, all’articolo 43 di quest’ultima, relativo alla modifica dei contratti di concessione in corso;

–        in sesto luogo, che i principi, gli obiettivi, i parametri e i metodi di calcolo della compensazione versata ai concessionari non violavano il principio di non discriminazione, cosicché le condizioni di cui al capo 2.7 della comunicazione sulla compensazione degli obblighi di servizio pubblico erano parimenti soddisfatte (punti 142 e 143 della decisione impugnata);

–        in settimo luogo, che la compensazione risultante dalla modifica dei contratti di concessione non eccedeva quanto necessario per coprire il costo netto dell’esecuzione degli obblighi di servizio pubblico, tenuto conto di un margine di utile ragionevole, conformemente al capo 2.8 della comunicazione sulla compensazione degli obblighi di servizio pubblico;

–        in ottavo luogo, che qualsiasi preoccupazione relativa ad eventuali distorsioni residue della concorrenza era superata in modo conforme al capo 2.9 della comunicazione sulla compensazione degli obblighi di servizio pubblico (punti da 167 a 171 della decisione impugnata).

16      In tale contesto, e dopo aver esaminato gli impegni sottoscritti dalla Repubblica italiana in materia di trasparenza ai sensi del capo 2.10 della comunicazione sulla compensazione degli obblighi di servizio pubblico e gli argomenti presentati da parti terze, la Commissione ha deciso di non sollevare obiezioni e di dichiarare l’aiuto compatibile con il mercato interno conformemente all’articolo 106, paragrafo 2, TFUE (punti da 178 a 186 e capo 5 della decisione impugnata).

 Procedimento e conclusioni delle parti

17      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l’11 gennaio 2019, le ricorrenti, la INC SpA e il Consorzio Stabile Sis SCpA, hanno proposto il presente ricorso. Il 29 aprile 2019, la Commissione ha depositato il suo controricorso. La replica e la controreplica sono state depositate, rispettivamente, il 18 luglio e il 18 ottobre 2019.

18      A seguito della modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, in applicazione dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Nona Sezione, alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

19      Su proposta della Nona Sezione, il Tribunale ha deciso, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura, la rimessione della causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

20      Le ricorrenti concludono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

21      Nel suo controricorso, la Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

22      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Nona Sezione ampliata) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha invitato le parti a depositare taluni documenti e ha posto loro alcuni quesiti scritti, invitandole a rispondervi nel corso dell’udienza.

23      Le parti hanno risposto al Tribunale con lettere del 3 novembre 2020.

24      In sede di udienza, la Commissione ha informato il Tribunale della decisione delle autorità italiane di non dare attuazione alle misure oggetto della decisione impugnata, almeno per quanto riguarda la Società Iniziative Autostradali e Servizi.

25      In tale contesto, il Tribunale ha invitato la Commissione a informarla per iscritto sulle eventuali decisioni delle autorità italiane in merito all’attuazione delle misure controverse sia relativamente alla Società Iniziative autostradali e Servizi che relativamente alla Autostrade per l’Italia. Di ciò è stato preso atto nel verbale dell’udienza.

26      Con lettera del 14 dicembre 2020, la Commissione ha depositato presso il Tribunale una lettera datata 10 dicembre 2020 che le era stata trasmessa dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti italiano. Alla luce del contenuto di tale lettera, la Commissione ha osservato che le misure rispetto alle quali essa non aveva sollevato obiezioni nella decisione impugnata non potevano essere e non sarebbero state attuate dalle autorità italiane, cosicché le ricorrenti non avevano più alcun interesse ad agire.

27      Con lettera del 27 gennaio 2021, le ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni e hanno affermato di avere ancora un interesse all’annullamento della decisione impugnata.

28      A titolo di misure di organizzazione del procedimento adottate l’8 febbraio e l’11 marzo 2021, il Tribunale ha chiesto alla Commissione talune informazioni supplementari, che quest’ultima ha fornito con lettere, rispettivamente, del 26 febbraio e del 29 marzo 2021. Sulla base di dette informazioni, provenienti dalle autorità italiane, la Commissione ha reiterato la sua conclusione nel senso che le ricorrenti non avevano più alcun interesse all’annullamento della decisione impugnata.

29      Con lettera del 28 aprile 2021, le ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni su queste ultime lettere e hanno ribadito di mantenere un interesse ad ottenere l’annullamento della decisione impugnata per le ragioni esposte nella loro lettera del 27 gennaio 2021 (v. precedente punto 27).

30      La fase orale del procedimento è stata chiusa il 29 aprile 2021 e la causa è passata in decisione in pari data.

31      In seguito al decesso del giudice Berke, avvenuto il 1° agosto 2021, i tre giudici di cui la presente sentenza reca in calce la firma hanno proceduto alle deliberazioni, conformemente all’articolo 22 ed all’articolo 24, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

 In diritto

32      A sostegno del loro ricorso, le ricorrenti, concorrenti dirette della Autostrade per l’Italia e della Società Iniziative Autostradali e Servizi nei settori della costruzione e della concessione di autostrade, sollevano due motivi.

33      Il primo motivo riguarda le misure relative alle autostrade gestite dalla Autostrade per l’Italia. A tal riguardo, le ricorrenti sostengono che la valutazione della Commissione secondo cui le misure riguardanti le autostrade gestite dalla Autostrade per l’Italia soddisfano i criteri della comunicazione sulla compensazione degli obblighi di servizio pubblico e sono quindi compatibili con il mercato interno si basa su tre premesse che sarebbero errate. La prima è la qualificazione dei lavori di costruzione della «Gronda di Genova» come lavori già previsti rientranti in un progetto accordato in concessione alla Autostrade per l’Italia già nel 2002, mentre si tratterebbe, in realtà, di un progetto completamente nuovo rispetto alle concessioni in vigore, che richiederebbe una nuova procedura di aggiudicazione. La seconda è che la Autostrade per l’Italia è concessionaria nell’ambito di una concessione unica, mentre, in realtà, tale società beneficerebbe di un insieme di concessioni distinte. La terza è che i costi di realizzazione dei lavori che hanno giustificato la proroga controversa sono stati validamente calcolati dalla Autostrade per l’Italia e dalle autorità italiane, mentre ciò non sarebbe avvenuto. Inoltre, e indipendentemente dall’analisi relativa alle premesse in questione, le ricorrenti fanno valere che l’analisi della Commissione vertente sulla compatibilità delle misure controverse con i capi da 2.2 a 2.10 della comunicazione sulla compensazione degli obblighi di servizio pubblico (v. precedente punto 15) è inficiata da errori.

34      Il secondo motivo riguarda le misure relative alle autostrade gestite dalla Società Iniziative Autostradali e Servizi. A tal riguardo, le ricorrenti sostengono che la valutazione della Commissione, secondo cui le misure riguardanti le autostrade A33 Asti – Cuneo e SATAP A4 Torino – Milano, gestite dalla Società Iniziative Autostradali e Servizi soddisfano i criteri della comunicazione sulla compensazione degli obblighi di servizio pubblico e sono quindi compatibili con il mercato interno si basa su quattro premesse che sarebbero errate. La prima è che il ritardo di undici anni nell’esecuzione dei lavori sull’autostrada A33 Asti – Cuneo e l’aumento dei costi che ne derivano non sono imputabili alla Società Iniziative Autostradali e Servizi, concessionaria della detta autostrada. La seconda è che i costi di cui trattasi sono stati validamente calcolati dalla Società Iniziative Autostradali e Servizi e dalle autorità italiane, mentre ciò non si sarebbe verificato. La terza è che le modifiche subite dal progetto di costruzione di tale autostrada non richiedono una nuova procedura di aggiudicazione. La quarta è che la limitazione al 2030 della durata delle concessioni rinnovate di altre due autostrade, vale a dire l’autostrada SATAP A21 che lega Torino e Brescia e l’autostrada Torino – Ivrea – Valle d’Aosta, ai fini di una messa in gara congiunta delle quattro autostrade, ossia la A33 Asti – Cuneo, la SATAP A4 Torino – Milano, la SATAP A21 e la Torino – Ivrea – Valle d’Aosta, costituisce un impegno che limita gli effetti anticoncorrenziali dell’aiuto controverso. Inoltre, ed indipendentemente dall’analisi relativa alle premesse in questione, le ricorrenti fanno valere che l’analisi della Commissione vertente sulla compatibilità delle misure controverse con i capi da 2.2 a 2.10 della comunicazione sulla compensazione degli obblighi di servizio pubblico (v. precedente punto 15) è inficiata da errori.

35      Con tali motivi, le ricorrenti fanno valere che la Commissione avrebbe dovuto nutrire seri dubbi in merito alla compatibilità delle misure esaminate con il mercato interno e, di conseguenza, avviare il procedimento d’indagine formale conformemente all’articolo 4, paragrafo 4, e all’articolo 6 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 [TFUE] (GU 2015, L 248, pag. 9). Di conseguenza, la Commissione avrebbe violato i diritti procedurali che le ricorrenti traggono dall’articolo 108, paragrafo 2, TFUE e dall’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento 2015/1589.

36      Secondo una giurisprudenza costante, un ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile solo ove quest’ultima abbia un interesse all’annullamento dell’atto impugnato. Un tale interesse, presupposto essenziale e preliminare di qualsiasi azione giurisdizionale, implica che l’annullamento di detto atto possa produrre di per sé conseguenze giuridiche e che il ricorso possa pertanto, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che lo ha proposto (v., in tal senso, sentenza del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione, C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punti 55 e 58 e giurisprudenza ivi citata).

37      L’interesse ad agire di un ricorrente deve essere concreto ed attuale. Esso non può riguardare una situazione futura ed ipotetica (sentenza del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione, C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punto 56). Infatti, qualora l’interesse su cui si fonda il ricorrente riguardi una situazione giuridica futura, quest’ultimo dovrà dimostrare che il pregiudizio a questa situazione è comunque già certo (sentenza del 14 aprile 2005, Sniace/Commissione, T‑141/03, EU:T:2005:129, punto 26, e ordinanza del 26 marzo 2012, Cañas/Commissione, T‑508/09, non pubblicata, EU:T:2012:152, punto 49).

38      Per quanto riguarda, in particolare, le norme in relative agli aiuti di Stato, tale interesse deve sussistere, alla luce dell’oggetto del ricorso, al momento della presentazione di quest’ultimo, a pena di irricevibilità, e perdurare fino alla pronuncia della decisione del giudice, pena il non luogo a statuire (sentenza del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione, C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punto 57). La questione del non luogo a statuire a causa dell’assenza di persistenza dell’interesse ad agire può essere sollevata d’ufficio dai giudici dell’Unione (sentenza del 6 settembre 2018, Bank Mellat/Consiglio, C‑430/16 P, EU:C:2018:668, punto 49).

39      In tale contesto, i concorrenti del beneficiario dell’aiuto hanno un interesse a chiedere l’annullamento di una decisione in forza della quale, senza avviare il procedimento d’indagine formale, la Commissione la dichiara compatibile con il mercato interno ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento 2015/1589.

40      Infatti, un interesse di questo tipo sussiste nei limiti in cui l’annullamento in questione imporrebbe alla Commissione di avviare il procedimento d’indagine formale conformemente all’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento 2015/1589 e di invitare i concorrenti del beneficiario della misura a presentare, in qualità di «interessati» ai sensi dell’articolo 1, lettera h), di detto regolamento, le loro osservazioni ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 10 febbraio 2009, Deutsche Post e DHL International/Commissione, T‑388/03, EU:T:2009:30, punto 62).

41      Occorre tuttavia rilevare che, affinché tale interesse possa essere considerato perdurante fino alla pronuncia della decisione giudiziaria, è necessario che, al momento di un’eventuale decisione di annullamento della decisione di non sollevare obiezioni, esista ancora un progetto di aiuto che possa essere attuato dallo Stato membro notificante e, quindi, essere oggetto di un procedimento d’indagine formale.

42      Infatti, dal combinato disposto dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE e degli articoli 2, 4 e 9 del regolamento 2015/1589 risulta che il procedimento d’indagine formale verte su un progetto di concessione di un aiuto.

43      È ben vero che l’esistenza di un siffatto progetto può essere presunta per il solo fatto che lo Stato membro lo abbia notificato ai fini della sua approvazione da parte della Commissione conformemente alla procedura prevista dal regolamento 2015/1589, tanto più che, ai sensi dell’articolo 10 di tale regolamento, lo Stato membro può ritirare la notifica prima dell’adozione della decisione che conclude l’esame preliminare di cui all’articolo 4 di quest’ultimo.

44      Tuttavia, il fatto di non aver ritirato la notifica non esclude che lo Stato membro possa abbandonare definitivamente il progetto dopo l’adozione, da parte della Commissione, della sua decisione di non sollevare obiezioni. Infatti, da un lato, come risulta dall’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento 2015/1589, la notifica può essere formalmente ritirata solo finché la Commissione non abbia adottato una decisione in applicazione dell’articolo 4 di detto regolamento. Dall’altro, sebbene l’articolo 108, paragrafo 3, TFUE obblighi gli Stati membri a notificare alla Commissione i loro progetti di concessione di un aiuto prima di darvi esecuzione, esso non li obbliga, per contro, a concedere un aiuto, ancorché quest’ultimo sia stato approvato con una decisione di tale istituzione. Una siffatta decisione ha soltanto per oggetto e per effetto di autorizzare un progetto di concessione di un aiuto dichiarandolo compatibile con il mercato interno, e non di imporne l’attuazione allo Stato membro interessato (v. ordinanza del 6 maggio 2020, Blumar e a., da C‑415/19 a C‑417/19, EU:C:2020:360, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

45      Tuttavia, il fatto che lo Stato membro abbandoni definitivamente il progetto per il quale la Commissione ha deciso di non sollevare obiezioni può incidere sulla persistenza di un interesse ad agire come quello descritto al precedente punto 40.

46      In particolare, in un caso del genere, l’annullamento della decisione della Commissione di non sollevare obiezioni non è più idoneo, in linea di principio, a procurare alla parte ricorrente il beneficio procedurale che quest’ultimo intende ottenere, vale a dire l’avvio del procedimento d’indagine formale e la possibilità di far valere le sue osservazioni nell’ambito di tale procedimento, il che fa venir meno il suo interesse ad agire e comporta, a seconda dei casi, l’irricevibilità del ricorso oppure il non luogo a statuire su di esso (v. precedente punto 38).

47      A tal riguardo, anzitutto, dal combinato disposto dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE e degli articoli 2, 4 e 9 del regolamento 2015/1589 risulta che il procedimento d’indagine formale verte su un progetto di concessione di un aiuto. Ne consegue che il fatto che lo Stato membro notificante abbandoni – successivamente all’adozione di una decisione di non sollevare obiezioni da parte della Commissione – il progetto in questione neutralizza l’effetto utile di tale decisione e, soprattutto, priva immediatamente del suo oggetto il procedimento d’indagine formale che la Commissione sarebbe costretta ad avviare a seguito dell’annullamento di detta decisione.

48      Correlativamente, poi, in assenza di un progetto di concessione di un aiuto, non esiste più un «beneficiario» né un «concorrente» di detto beneficiario né, di conseguenza, un «interessato» di cui all’articolo 1, lettera h), del regolamento 2015/1589, che sarebbe invitato a presentare le proprie osservazioni in occasione di un eventuale procedimento d’indagine formale ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, di quest’ultimo. Ne deriva che, in tali circostanze, l’annullamento della decisione di non sollevare obiezioni non è, in via di principio, idoneo a procurare alla parte ricorrente il beneficio consistente nella possibilità di far valere le sue osservazioni nell’ambito del procedimento d’indagine formale.

49      Infine, tale conclusione s’impone, a maggior ragione, quando dalle circostanze del caso di specie risulta che lo Stato membro notificante non avrebbe più la possibilità di avvalersi della decisione della Commissione di non sollevare obiezioni nel caso in cui decidesse, successivamente alla sua decisione di abbandonare il progetto di aiuto controverso, di riconsiderare tale decisione e di attuare infine il progetto di aiuto in questione. Infatti, in un’ipotesi del genere, l’annullamento di detta decisione non è idoneo a procurare alla parte ricorrente, concorrente del beneficiario, un beneficio distinto consistente nell’eliminare tale possibilità a detto Stato membro.

50      Nel caso di specie, dai punti da 61 a 63 della decisione impugnata risulta che la Commissione ha giustificato l’impiego di risorse statali ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE unicamente con il riferimento alla proroga delle concessioni in questione (v. precedente punto 12). Inoltre, dai punti da 64 a 73 della decisione impugnata risulta che l’analisi della Commissione relativa all’esistenza di un vantaggio ai sensi della medesima disposizione si basa sulla premessa che la proroga di cui trattasi comporterebbe entrate che, alla luce delle informazioni fornite dalle autorità italiane, non potrebbero essere comparate ai costi che un’impresa media, gestita in modo efficiente ed adeguatamente attrezzata al fine di poter soddisfare le esigenze di servizio pubblico richieste, avrebbe sopportato per adempiere agli obblighi di servizio pubblico in causa (v. precedente punto 13).

51      Orbene, con lettera del 10 dicembre 2020, indirizzata alla Commissione e da essa prodotta in giudizio il 14 dicembre 2020 (v. precedenti punti 25 e 26), il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasposti italiano ha esposto in particolare quanto segue:

«(…) si conferma che le ipotesi di revisione dei rapporti concessori contemplate dalla precitata decisione della Commissione (…) sono, attualmente, integralmente superate e sostituite da differenti soluzioni che non prevedono l’estensione del termine di concessione.

In particolare, per le [autostrade Asti – Cuneo e SATAP A4 Torino – Milano] è stata predisposta una nuova ipotesi di revisione dei piani finanziari, approvata con delibera del [Comitato interministeriale per la programmazione economica] del 14 maggio 2020 (...).

La società Autostrade per l’Italia (...) ha presentato una nuova proposta di aggiornamento del rapporto concessorio, che non contempla l’estensione del termine di concessione, attualmente in fase istruttoria».

52      Nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento adottata l’8 febbraio 2021, il Tribunale ha invitato la Commissione a precisare, eventualmente dopo aver consultato le autorità italiane, se i termini della lettera del 10 dicembre 2020 dovessero essere intesi nel senso che la proroga della concessione della Autostrade per l’Italia era definitivamente abbandonata, malgrado il fatto che la nuova proposta proveniente da detto concessionario fosse ancora in esame.

53      Con lettera del 26 febbraio 2021, la Commissione ha trasmesso al Tribunale, in particolare, un messaggio di posta elettronica datato 10 febbraio 2021, proveniente dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti italiano (v. precedente punto 28). Il messaggio di posta elettronica in questione espone quanto segue:

«Ovviamente confermo che risulta superata l’ipotesi di un’estensione della concessione di [Autostrade per l’Italia] per la quale è in via di esame istruttorio un’ipotesi negoziale che riafferma la scadenza originaria al 2038».

54      Per il resto, il messaggio di posta elettronica in questione conferma che è stato sottoscritto un nuovo contratto di concessione per quanto riguarda le autostrade A33 Asti – Cuneo e SATAP A4 Torino – Milano.

55      Infine, a seguito di una nuova misura di organizzazione del procedimento, con lettera del 29 marzo 2021, la Commissione ha trasmesso al Tribunale una lettera del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, datata 26 marzo 2021 (v. precedente punto 28). In tale lettera, il citato ministero espone, in particolare, che gli atti aggiuntivi riguardanti le concessioni autostradali SATAP A4 Torino – Milano e Asti – Cuneo sono stati finalizzati e che le loro clausole rendono obsolete le circostanze oggetto della decisione impugnata. Secondo la stessa lettera, tali atti aggiuntivi non prevedono alcuna proroga delle concessioni delle due autostrade in questione, ma, per contro, «confermano» che la prima scade il 31 dicembre 2026 e che la fine della seconda è «ristabilita» al 31 dicembre 2031.

56      Per quanto riguarda le autostrade gestite dall’Autostrade per l’Italia, la lettera in questione espone che è in corso l’attività istruttoria, da parte delle amministrazioni concertanti, sulla proposta di piano economico finanziario che conferma la scadenza della concessione alla data del 31 dicembre 2038 e che tale proposta esclude una proroga del contratto di concessione oltre tale data, rendendo a tal riguardo obsoleta la decisione impugnata.

57      Dagli elementi esposti ai precedenti punti da 51 a 56 risulta che la Repubblica italiana ha abbandonato in via definitiva il progetto di proroga delle concessioni controverse, proroga che costituisce l’elemento in base al quale la Commissione ha qualificato le misure oggetto della decisione impugnata come aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (v. precedenti punti 12 e 13).

58      In effetti, secondo le informazioni fornite dalla Repubblica italiana, per quanto riguarda le autostrade gestite dalla Società Iniziative Autostradali e Servizi, un atto aggiuntivo che non prevede alcuna proroga è già stato sottoscritto ed è entrato in vigore. Secondo tale atto aggiuntivo, la concessione dell’autostrada SATAP A4 Torino – Milano scadrà il 31 dicembre 2026, vale a dire alla data originariamente prevista. Secondo il medesimo atto aggiuntivo, la concessione dell’autostrada Asti – Cuneo scadrà il 31 dicembre 2031, vale a dire ben prima della sua iniziale scadenza (v. precedente punto 8).

59      Per quanto riguarda le autostrade gestite dalla Autostrade per l’Italia, la Repubblica italiana ha esposto che la presentazione di una proposta di revisione fondata sulla scadenza della concessione il 31 dicembre 2038 esclude qualsiasi proroga di detta concessione oltre tale data, che è quella che era stata inizialmente stabilita (v. precedente punto 6).

60      Di conseguenza, poiché il governo italiano ha definitivamente abbandonato il progetto di aiuto controverso, l’eventuale annullamento, da parte del Tribunale, della decisione impugnata obbligherebbe la Commissione unicamente ad avviare un procedimento d’indagine formale che sarebbe immediatamente privato del suo oggetto, il che priva parimenti di oggetto il deposito, da parte delle ricorrenti, di osservazioni su un progetto che non può più essere attuato (v. precedenti punti 47 e 48).

61      Inoltre, occorre rilevare che, come osservato dalla Commissione nella sua lettera del 14 dicembre 2020, dai punti 23, 44 e 50 della decisione impugnata risulta che la constatazione della compatibilità delle misure controverse con il mercato interno dipende dalla condizione che taluni lavori previsti siano avviati entro e non oltre il 1° gennaio 2020. Infatti, secondo la nota a piè di pagina n. 30, richiamata al paragrafo 50 della decisione impugnata, gli accordi progettati prevedevano che, qualora i lavori relativi all’autostrada A33 Asti – Cuneo non fossero stati avviati entro il 1° gennaio 2020, il piano relativo alle autostrade gestite dalla Società Iniziative Autostradali e Servizi sarebbe stato interamente abbandonato. Analogamente, secondo la stessa nota a piè di pagina, se i lavori di costruzione della «Gronda di Genova» e delle interconnessioni delle autostrade A7/A10/A12 non fossero stati avviati entro il 1º gennaio 2020, l’estensione della concessione della Autostrade per l’Italia sarebbe stata integralmente abbandonata.

62      Tali clausole si spiegano con il fatto che, come risulta, in particolare, dai punti 44, 147, 151 e 152 della decisione impugnata, l’equilibrio finanziario del progetto controverso dipende, in particolare, dal calcolo di taluni tassi di rendimento sugli investimenti e dalla presa in considerazione delle condizioni macroeconomiche attuali. Tali fattori si basano, a loro volta, su dati che possono variare nel corso del tempo. Così, secondo il paragrafo 160 della decisione impugnata, l’abbandono automatico della proroga delle concessioni controverse alle condizioni previste al paragrafo 50 di quest’ultima (v. precedente punto 61) costituisce una misura necessaria per evitare una sovracompensazione dei concessionari.

63      Orbene, la Commissione – che, ai sensi del paragrafo 51, lettera a), secondo trattino, della decisione impugnata, avrebbe dovuto essere informata dell’avanzamento dei lavori – afferma, nella sua lettera del 14 dicembre 2020, che i lavori la cui esecuzione doveva iniziare entro e non oltre il 1º gennaio 2020 non sono stati avviati, circostanza non contestata dalle ricorrenti.

64      Da quanto precede risulta che la Repubblica italiana non potrebbe basarsi sulle conclusioni della Commissione relative, in particolare, alla ragionevolezza del beneficio derivante dalle misure controverse e dell’assenza di sovracompensazione, quali risultano dai punti da 151 a 165 della decisione impugnata (v. precedente punto 15, settimo trattino, sopra), nel caso in cui decidesse, in futuro, di dare attuazione al progetto controverso nonostante il fatto che essa dichiari di averlo abbandonato. In effetti, poiché la condizione relativa all’avvio dei lavori menzionati al precedente punto 61 entro il 1º gennaio 2020 non è soddisfatta, un siffatto progetto non sarebbe quello riguardo al quale la Commissione non ha sollevato obiezioni ai sensi della decisione impugnata.

65      Di conseguenza, qualora la misura che la Repubblica italiana dovesse successivamente prevedere comportasse la concessione di un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, sarebbe necessaria una nuova notifica alla Commissione conformemente all’articolo 2 del regolamento 2015/1589, con riferimento alla quale la Commissione dovrebbe esercitare le sue competenze in forza dell’articolo 4 del medesimo regolamento.

66      È dunque a giusto titolo che la Commissione fa valere, nella sua lettera del 14 dicembre 2020, che il progetto controverso non può essere, e non sarà, attuato dalla Repubblica italiana così come esso è stato approvato.

67      Le ricorrenti, quanto ad esse, fanno valere, in sostanza, quattro argomenti a sostegno della loro conclusione secondo cui permane il loro interesse a perseguire l’annullamento della decisione impugnata.

68      In particolare, in primo luogo, le ricorrenti sostengono che la nuova proposta della Autostrade per l’Italia non è stata ancora approvata dalle autorità italiane.

69      A tal riguardo, occorre anzitutto rilevare che, alla luce degli elementi riportati ai precedenti punti da 51 a 56, la Repubblica italiana afferma che il fatto che la Autostrade per l’Italia abbia presentato una nuova proposta fondata sulla scadenza della sua concessione il 31 dicembre 2038 esclude la proroga di tale concessione oltre tale data. Inoltre, ed in ogni caso, l’esclusione da tale proroga deriva dal fatto che i lavori relativi alla «Gronda di Genova» e all’autostrada A33 Asti – Cuneo non risultavano avviati al 1° gennaio 2020 (v. precedenti punti da 61 a 63), circostanza che non è contestata dalle ricorrenti.

70      In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che le autorità italiane non hanno fornito alcuna spiegazione dettagliata in merito ai nuovi piani finanziari, destinati a sostituire le misure approvate in forza della decisione impugnata. In particolare, le autorità italiane si sarebbero semplicemente riferite al fatto che i nuovi piani non prevedrebbero alcuna proroga delle concessioni controverse, senza offrire spiegazioni riguardo al finanziamento dell’autostrada A33 Asti – Cuneo a partire dai ricavi dell’autostrada SATAP A4 Torino – Milano oppure all’eventuale indennità di subentro da versare ai concessionari al termine delle concessioni da parte dell’eventuale nuovo concessionario e senza garantire che esse non avrebbero «rilanciato» in futuro la proroga delle concessioni contestate. In tali circostanze, l’annullamento della decisione impugnata impedirebbe alla Commissione di ripetere gli errori individuati dal ricorso qui in esame laddove i nuovi piani finanziari contenessero misure di aiuto la cui compatibilità con il mercato interno dipendesse da valutazioni analoghe a quelle sottese alla decisione impugnata.

71      Occorre ricordare, a tal riguardo, che l’elemento sul quale la Commissione si è basata per qualificare le misure in questione come aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE è la proroga delle concessioni controverse. In particolare, sono i ricavi generati durante il periodo corrispondente alla suddetta proroga che, secondo la Commissione, costituiscono risorse statali che conferiscono un vantaggio agli attuali concessionari (v. precedenti punti 12, 13 e 50). Inoltre, e per quanto riguarda, in particolare, il finanziamento dei lavori dell’autostrada A33 Asti – Cuneo, è a partire dalle entrate derivanti dalla proroga della concessione dell’autostrada SATAP A4 Torino – Milano che sarebbero finanziati tali lavori ed è tenendo conto di tali entrate che verrebbe calcolata l’indennità di subentro (v. precedenti punti 10, 11 e 15, terzo trattino).

72      Ne consegue che l’abbandono della proroga delle concessioni controverse rende automaticamente obsoleta l’analisi effettuata dalla Commissione nella decisione impugnata per quanto riguarda sia il carattere delle misure in causa quali aiuti di Stato, sia la loro compatibilità con il mercato interno sulla base dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE.

73      Ciò posto, la questione se i nuovi piani finanziari costituiscano misure che implicano la concessione di aiuti di Stato sotto qualsiasi forma può essere esaminata solo nell’ambito di un nuovo procedimento che la Commissione sarebbe eventualmente chiamata ad avviare, a seguito di una nuova notifica da parte della Repubblica italiana, conformemente all’articolo 108 TFUE e all’articolo 4 del regolamento 2015/1589. È nell’ambito di un siffatto procedimento che la Commissione esaminerebbe la compatibilità delle misure in questione con il mercato interno tenendo conto di tutte le loro caratteristiche pertinenti e valuterebbe la necessità di avviare un procedimento d’indagine formale conformemente all’articolo 4, paragrafo 4, e all’articolo 6 del regolamento 2015/1589.

74      Quanto all’argomento relativo all’eventualità che la Repubblica italiana benefici della decisione impugnata facendo rivivere la proroga delle concessioni controverse dopo la chiusura della presente causa, esso deve essere respinto per i motivi esposti ai precedenti punti da 61 a 65.

75      In terzo luogo, le ricorrenti fanno valere che l’annullamento della decisione impugnata obbligherebbe la Commissione ad avviare il procedimento d’indagine formale e a rispettare, in tal modo, i loro diritti procedurali. Tuttavia, tale argomento deve essere respinto per i motivi esposti ai precedenti punti da 47 a 60.

76      In quarto luogo, le ricorrenti fanno valere che la decisione impugnata rimane in vigore ed è obbligatoria in relazione a qualsiasi controversia vertente sulle «misure di aiuto attuali» o su misure future, poiché solo il parametro relativo alla proroga delle concessioni controverse sarebbe stato modificato.

77      A tal riguardo, occorre ricordare che, per i motivi esposti ai precedenti punti 71 e 72, la proroga delle concessioni controverse non costituisce un mero parametro delle misure esaminate dalla decisione impugnata, bensì l’elemento che, secondo la Commissione, giustifica la qualificazione di tali misure come aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Pertanto, l’abbandono della proroga in questione comporta la scomparsa delle «misure di aiuto attuali», quali esaminate dalla Commissione. Del resto, la natura della decisione impugnata, consistente nel dichiarare le misure esaminate compatibili con il mercato interno, esclude che quest’ultima dispieghi un qualsivoglia effetto vincolante rispetto ad altre misure di aiuto che devono essere oggetto di un nuovo esame (v. precedente punto 73).

78      Ne consegue che la presente causa deve essere distinta dalle cause invocate dalle ricorrenti, nell’ambito delle quali il Tribunale ha affermato la persistenza dell’interesse ad agire in circostanze sostanzialmente diverse.

79      Si tratta, in primo luogo, di casi nei quali il procedimento d’indagine formale che la Commissione è obbligata ad avviare in seguito all’annullamento della decisione adottata dopo un esame preliminare non sia, contrariamente al presente caso, privo di oggetto, perché l’atto impugnato non è stato in alcun modo abbandonato (v., in tal senso, sentenze del 19 giugno 2019, Ja zum Nürburgring/Commissione, T‑373/15, EU:T:2019:432, punti 15, 83 e da 90 a 92, e del 19 giugno 2019, NeXovation/Commissione, T‑353/15, EU:T:2019:434, punti 14, 67 e da 72 a 74). Infatti, in tali circostanze, l’annullamento dell’atto impugnato può comportare l’effetto di obbligare la Commissione ad invitare le parti interessate a formulare le loro osservazioni nell’ambito del procedimento d’indagine formale, il quale, contrariamente al caso di specie, non è privato del suo oggetto.

80      In secondo luogo, la presente causa deve essere distinta dai casi in cui il ricorso diretto all’annullamento di una decisione decaduta metta in discussione la legittimità o l’interpretazione di norme in forza delle quali è stato adottato l’atto impugnato e che possono applicarsi in futuro nell’ambito dei procedimenti ai quali è probabile che la parte ricorrente prenderà parte. In un’ipotesi di questo tipo, la parte ricorrente può anche mantenere un interesse a chiedere l’annullamento di un atto di un’istituzione per consentire di evitare che l’illegittimità da cui questo è asseritamente inficiato si riproduca in futuro (v., in tal senso, sentenze del 6 marzo 1979, Simmenthal/Commissione, 92/78, EU:C:1979:53, punto 32, e del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione, C‑362/05 P, EU:C:2007:322, punti da 45 a 60).

81      Orbene, tale interesse ad agire può esistere solo se l’illegittimità fatta valere può, come precisa la giurisprudenza, riprodursi in futuro «indipendentemente dalle circostanze del caso che ha dato luogo al ricorso presentato dal[la parte ricorrente]» (sentenza del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione, C‑362/05 P, EU:C:2007:322, punto 52) oppure «indipendentemente dalle particolari circostanze del caso in esame» (sentenza del 4 settembre 2018, ClientEarth/Commissione, C‑57/16 P, EU:C:2018:660, punto 48).

82      Pertanto, tenuto conto del carattere attuale e non ipotetico che deve presentare l’interesse ad agire (v. precedente punto 37), quest’ultimo può essere considerato come esistente quando il ricorso mette in discussione la validità o l’interpretazione delle norme applicate ai fini dell’adozione dell’atto impugnato (v., in tal senso, sentenze del 6 marzo 1979, Simmenthal/Commissione, 92/78, EU:C:1979:53, punto 32; del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione, C‑362/05 P, EU:C:2007:322, punti da 54 a 59, e del 4 settembre 2018, ClientEarth/Commissione, C‑57/16 P, EU:C:2018:660, punti da 49 a 52).

83      Nel caso di specie, tuttavia, le ricorrenti fanno valere un interesse a conseguire l’annullamento della decisione impugnata al fine di evitare che la Commissione incorra nuovamente negli asseriti errori di valutazione che l’hanno indotta a dichiarare la compatibilità delle misure controverse con il mercato interno senza avviare il procedimento d’indagine formale. Orbene, tenuto conto della portata dei motivi dedotti a sostegno del ricorso (v. precedenti punti da 32 a 35), i presunti errori in questione riguardano le valutazioni sottese alla dichiarazione di compatibilità delle misure controverse con il mercato interno, compiute dalla Commissione, valutazioni che riguardano proprio le particolari circostanze del caso in esame. Ne consegue che gli errori di valutazione dedotti non si riferiscono manifestamente ad illegittimità che possono riprodursi «indipendentemente dalle circostanze del caso che ha dato luogo al ricorso» nel senso esposto ai precedenti punti 81 e 82.

84      Inoltre, se tale argomento fosse considerato idoneo a fondare il mantenimento dell’interesse ad agire in circostanze come quelle del caso di specie, il requisito attinente al carattere attuale e non ipotetico di detto interesse (v. precedente punto 37) sarebbe privato di senso. Infatti, in tal caso, l’interesse ad evitare il riprodursi di qualsiasi asserita illegittimità sollevata nell’ambito di un ricorso potrebbe essere utilmente invocato in qualsiasi circostanza, anche quando il ricorrente non trarrebbe, come nel caso di specie, alcun beneficio dall’annullamento dell’atto impugnato (v. precedente punto 87).

85      In terzo e ultimo luogo, il presente caso deve essere distinto dai casi in cui, anziché decadere, l’atto impugnato ha prodotto effetti vincolanti ai quali il ricorrente, destinatario dell’atto, si è conformato, effetti che l’istituzione convenuta sarà obbligata ad annullare sulla base dei motivi di annullamento di tale atto (v., in tal senso, sentenze del 25 marzo 1999, Gencor/Commissione, T‑102/96, EU:T:1999:65, punti da 40 a 42; del 15 dicembre 1999, Kesko/Commissione, T‑22/97, EU:T:1999:327, punti da 55 a 64, e del 28 settembre 2004, MCI/Commissione, T‑310/00, EU:T:2004:275, punti da 44 a 55).

86      Tuttavia, nel caso di specie, da un lato, il fatto che le misure controverse siano state abbandonate prima di qualsiasi attuazione esclude che esse abbiano prodotto effetti sulla situazione concorrenziale delle ricorrenti (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 27 aprile 1995, ASPEC e a./Commissione, T‑435/93, EU:T:1995:79, punti 29 e 30, e del 27 aprile 1995, Casillo Grani/Commissione, T‑443/93, EU:T:1995:81, punti 7 e 8). Dall’altro lato, come esposto ai precedenti punti 39 e 40, l’interesse ad agire delle ricorrenti non consiste nell’eliminazione di effetti obbligatori prodotti dalla decisione impugnata, che queste ultime avrebbero subito, bensì nella salvaguardia di diritti procedurali che esse sarebbero in grado di esercitare a seguito dell’annullamento di quest’ultima. Orbene, per i motivi esposti ai precedenti punti da 50 a 66, l’annullamento della decisione impugnata non è atto a procurare alle ricorrenti il beneficio da esse perseguito, vale a dire la possibilità di far valere le loro osservazioni nell’ambito di un procedimento d’indagine formale.

87      In considerazione di tutto quanto precede, l’annullamento della decisione impugnata non può procurare, con il suo esito, alcun beneficio alle ricorrenti.

88      Non vi è, dunque, più luogo a statuire sul ricorso (v. precedenti punti da 36 a 38).

 Sulle spese

89      Ai sensi dell’articolo 137 del regolamento di procedura, in caso di non luogo a statuire, il Tribunale decide liberamente sulle spese. Tenuto conto del fatto che la Commissione ha presentato le informazioni principali relative all’abbandono del progetto controverso per la prima volta in udienza, pur essendone in possesso in una fase precedente, occorre decidere che tale istituzione sopporterà, oltre alle proprie spese, la metà di quelle sostenute dalle ricorrenti e che queste ultime sopporteranno la metà delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Non vi è più luogo a statuire sul ricorso proposto dalla INC SpA e dalla Consorzio Stabile Sis SCpA.

2)      La Commissione europea sopporterà, oltre alle proprie spese, la metà delle spese sostenute dalla INC e dalla Consorzio Stabile Sis.

3)      La INC e la Consorzio Stabile Sis sopporteranno la metà delle proprie spese.

Costeira

Gratsias

Kancheva

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 settembre 2021.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.