Language of document : ECLI:EU:C:2021:976

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JEAN RICHARD DE LA TOUR

presentate il 2 dicembre 2021 (1)

Causa C410/20

Banco Santander SA

contro

J.A.C.,

M.C.P.R.

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Audiencia Provincial de A Coruña (Corte provinciale di La Coruña, Spagna)]

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2014/59/UE – Risanamento e risoluzione degli enti creditizi – Acquisto di azioni – Procedura di risoluzione – Direttiva 2003/71/CE – Informazione non corretta del prospetto di emissione delle azioni – Azione diretta alla declaratoria di nullità del contratto di acquisto di azioni – Errore nel consenso – Domanda intentata nei confronti del successore a titolo universale dell’ente creditizio»






I.      Introduzione

1.        Come reazione al fallimento della banca Lehman Brothers nel 2008 e alla susseguente crisi finanziaria, l’Unione europea ha avuto come obiettivo quello di pervenire ad una gestione ordinata delle crisi bancarie. Essa ha istituito due strumenti in parallelo: da un lato, un quadro comune di risoluzione per tutti i suoi Stati membri (2) e, dall’altro, un meccanismo di risoluzione unico specifico e integrato per la zona euro, nell’ambito dell’unione bancaria (3).

2.        Gli obiettivi perseguiti dalla risoluzione bancaria sono comuni ai due strumenti (4) e mirano a:

–        garantire la continuità delle funzioni essenziali;

–        evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria, in particolare attraverso la prevenzione del contagio, anche delle infrastrutture di mercato, e con il mantenimento della disciplina di mercato;

–        salvaguardare i fondi pubblici riducendo al minimo il ricorso al sostegno finanziario pubblico straordinario;

–        tutelare i depositanti contemplati dalla direttiva 2014/49/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (5), e gli investitori contemplati dalla direttiva 97/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 marzo 1997, relativa ai sistemi di indennizzo degli investitori (6), e

–        tutelare i fondi e le attività dei clienti.

3.        Per conseguire tali obiettivi, vengono enunciati diversi principi, tra i quali è prioritario il fatto che gli azionisti dell’ente soggetto a risoluzione sopportano per primi le perdite (7), ma anche quello secondo il quale nessun creditore sostiene perdite più ingenti di quelle che avrebbe sostenuto se l’ente fosse stato liquidato con procedura ordinaria di insolvenza (8).

4.        Nella causa che viene sottoposta alla Corte, una banca ha formato oggetto di una risoluzione bancaria nel corso della quale sono intervenute varie svalutazioni e conversioni successive di strumenti di capitale, seguite immediatamente da una cessione di attività ad un’altra banca che ha finito per assorbire la prima.

5.        In tale contesto, le norme applicabili a tale risoluzione (perdite sostenute dagli azionisti, bail-in nonché svalutazione e conversione di strumenti di capitale) ostano al diritto all’indennizzo degli azionisti che abbiano sottoscritto un aumento di capitale proposto con offerta pubblica l’anno precedente alla risoluzione della banca, in caso di prospetto inesatto, diritto ricavato dalla direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2001/34/CE (9)?

6.        Inoltre, la normativa applicabile alla risoluzione osta alle conseguenze (restituzione del controvalore delle azioni sottoscritte maggiorato degli interessi) dell’accertamento giudiziario, effettuato a seguito di azioni giudiziali posteriori a tale risoluzione, della nullità del contratto di sottoscrizione di azioni per dolo o errore di cui gli azionisti siano stati vittime a causa del prospetto inesatto?

7.        Queste sono in sostanza le due questioni sottoposte alla Corte e alle quali proporrò di rispondere in senso affermativo.

8.        Preciso che, in ragione della connessione tra il regolamento n. 806/2014 e la direttiva 2014/59 nonché del rinvio operato dall’uno all’altra dall’articolo 5 di tale regolamento, l’interpretazione della direttiva di cui sopra varrà anche per le disposizioni analoghe di detto regolamento.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

1.      Direttiva 2003/71

9.        La direttiva 2003/71 si applica ratione temporis alla controversia nel procedimento principale (10).

10.      L’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva dispone quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(...)

d)      “offerta al pubblico di strumenti finanziari”: una comunicazione rivolta a persone, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, che presenti sufficienti informazioni sulle condizioni dell’offerta e degli strumenti finanziari offerti così da mettere un investitore in grado di decidere di acquistare o di sottoscrivere tali strumenti finanziari. Questa definizione si applica anche al collocamento di strumenti finanziari tramite intermediari finanziari;

(...)

h)      “emittente”: una persona giuridica che emetta o si proponga di emettere strumenti finanziari;

(...)».

11.      L’articolo 6 della direttiva 2003/71, dal titolo «Responsabilità per il prospetto», così prevede:

«1.      Gli Stati membri dispongono che la responsabilità per le informazioni fornite in un prospetto sia attribuita almeno all’emittente o ai suoi organi di amministrazione, direzione o controllo, all’offerente, alla persona che chiede l’ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato o al garante, a seconda dei casi. Le persone responsabili sono chiaramente indicate nel prospetto con la loro qualifica e la loro funzione o, nel caso di persone giuridiche, la denominazione e la sede sociale; deve inoltre essere riportata una loro attestazione certificante che per quanto a loro conoscenza, le informazioni del prospetto sono conformi ai fatti e che nel prospetto non vi sono omissioni tali da alterarne la portata.

2.      Gli Stati membri provvedono a che le loro disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di responsabilità civile si applichino alle persone responsabili per le informazioni fornite in un prospetto.

(...)».

2.      Direttiva 2014/59

12.      I considerando 13, da 49 a 51 e 120 della direttiva 2014/59 sono così formulati:

«(13)      L’applicazione degli strumenti e l’esercizio dei poteri di risoluzione previsti dalla presente direttiva può interferire nei diritti agli azionisti e creditori. In particolare, il potere delle autorità di cedere, in tutto o in parte, le azioni o le attività di un ente a un acquirente privato senza il consenso degli azionisti incide sui diritti di proprietà degli azionisti. Inoltre, il potere di stabilire quali passività trasferire da un ente in dissesto in base agli obiettivi di garantire la continuità dei servizi ed evitare effetti negativi sulla stabilità finanziaria può influire sulla parità di trattamento dei creditori. Di conseguenza è opportuno che l’azione di risoluzione sia intrapresa soltanto se necessaria nel pubblico interesse e le eventuali interferenze con i diritti di azionisti e creditori derivanti da quest’azione siano compatibili con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea [in prosieguo: la “Carta”]. In particolare, qualora creditori della stessa categoria siano trattati in maniera diversa nel contesto di un’azione di risoluzione, le differenze dovrebbero essere giustificate dal pubblico interesse e proporzionate al rischio sostenuto e non dovrebbero comportare discriminazioni, dirette o indirette, per motivi di cittadinanza.

(...)

(49)      Le limitazioni dei diritti di azionisti e creditori dovrebbero essere conformi all’articolo 52 della Carta. Gli strumenti di risoluzione dovrebbero pertanto essere applicati esclusivamente agli enti in dissesto o a rischio di dissesto e solo quando ciò risulta necessario per perseguire l’obiettivo della stabilità finanziaria nell’interesse generale. (...) Inoltre, nell’applicare strumenti e nell’esercitare poteri di risoluzione è opportuno tenere conto del principio di proporzionalità e delle specificità della forma giuridica di un ente.

(50)      L’interferenza nei diritti di proprietà non dovrebbe essere eccessiva. Gli azionisti e creditori interessati non dovrebbero subire perdite superiori a quelle che avrebbero sostenuto se l’ente fosse stato liquidato quando è stata decisa la risoluzione. (...)

(51)      Per tutelare il diritto di azionisti e creditori è opportuno stabilire obblighi chiari riguardo alla valutazione delle attività e delle passività dell’ente soggetto a risoluzione e, ove richiesto dalla presente direttiva, alla valutazione del trattamento che tali azionisti e creditori avrebbero ricevuto se l’ente fosse stato liquidato con procedura ordinaria di insolvenza. (...) Se risulta che, in pagamento o a compensazione dei loro crediti, azionisti e creditori hanno ricevuto l’equivalente di una somma inferiore a quella che avrebbero recuperato in una procedura di insolvenza ordinaria, è opportuno sancire il loro diritto a incassare la differenza ove richiesto dalla presente direttiva. Contrariamente a quanto previsto per la valutazione precedente l’azione di risoluzione, dovrebbe essere possibile ricorrere avverso tale raffronto anche separatamente dalla decisione di risoluzione. È opportuno lasciare agli Stati membri la libertà di stabilire la procedura secondo cui corrispondere ad azionisti e creditori le eventuali differenze di trattamento constatate. È opportuno che tale differenza sia corrisposta dai meccanismi finanziari istituiti in conformità della presente direttiva.

(...)

(120)      Le direttive sul diritto societario dell’Unione contengono norme obbligatorie per la tutela di azionisti e creditori degli enti che rientrano nel loro ambito di applicazione. Poiché, in una situazione in cui le autorità di risoluzione devono agire rapidamente, queste norme possono ostacolare l’efficacia dell’intervento e l’uso degli strumenti e poteri di risoluzione da parte delle autorità di risoluzione, è opportuno includere nella presente direttiva deroghe appropriate. (...)».

13.      L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2014/59 dispone quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(...)

47.      “procedura ordinaria di insolvenza”: procedure collettive di insolvenza che comportano lo spossessamento parziale o totale di un debitore e la nomina di un liquidatore o amministratore, di norma applicabili agli enti ai sensi del diritto nazionale, e che siano specifiche per tali enti oppure applicabili in generale a qualsiasi persona fisica o giuridica;

(...)

57.      “strumento del bail-in”: il meccanismo per l’esercizio, da parte di un’autorità di risoluzione, dei poteri di svalutazione e di conversione in relazione alle passività di un ente soggetto a risoluzione, secondo il disposto dell’articolo 43;

58.      “strumento per la vendita dell’attività d’impresa”: il meccanismo per effettuare la cessione, ad opera di un’autorità di risoluzione, di azioni o altri titoli di proprietà emessi da un ente soggetto a risoluzione, o di attività, diritti o passività di un ente soggetto a risoluzione a un acquirente diverso da un ente-ponte, secondo il disposto dell’articolo 38;

(...)

61.      “titoli di proprietà”: azioni, altri titoli che conferiscono la proprietà, titoli convertibili in – o che conferiscono il diritto di acquisire – azioni o altri titoli di proprietà, e strumenti che rappresentano partecipazioni azionarie o altri titoli di proprietà;

62.      “azionisti”: azionisti o detentori di altri titoli di proprietà;

(...)

66.      “poteri di svalutazione del debito e di conversione”: i poteri di cui all’articolo 59, paragrafo 2, e all’articolo 63, paragrafo 1, lettere da e) a i);

(...)».

14.      L’articolo 34 della direttiva 2014/59, dal titolo «Principi generali che disciplinano la risoluzione», al suo paragrafo 1 così prevede:

«Gli Stati membri provvedono a che, nell’applicare gli strumenti ed esercitare i poteri di risoluzione, le autorità di risoluzione prendano tutte le misure atte a garantire che l’azione di risoluzione sia avviata in conformità dei principi seguenti:

a)      gli azionisti dell’ente soggetto a risoluzione sopportano per primi le perdite;

(...)

e)      le persone fisiche e giuridiche sono tenute a rispondere, subordinatamente al diritto dello Stato membro, a norma del diritto civile o penale, delle loro responsabilità per il dissesto dell’ente;

f)      salvo disposizione contraria nella presente direttiva, i creditori di una stessa classe ricevono pari trattamento;

g)      nessun creditore sostiene perdite più ingenti di quelle che avrebbe sostenuto se l’ente [...] di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettere b), c) o d), fosse stato liquidato con procedura ordinaria di insolvenza conformemente alle salvaguardie di cui agli articoli da 73 a 75;

(...)».

15.      L’articolo 53 della direttiva 2014/59, intitolato «Effetto del bail-in», dispone, ai suoi paragrafi 1 e 3:

«1.      Gli Stati membri provvedono a che, quando un’autorità di risoluzione esercita uno dei poteri di cui all’articolo 59, paragrafo 2 e all’articolo 63, paragrafo 1, lettere da e) a i), la svalutazione del capitale o dell’importo dovuto non ancora corrisposto, la conversione o la cancellazione abbiano effetto e siano immediatamente vincolanti per l’ente soggetto a risoluzione e per i creditori e azionisti interessati.

(...)

3.      Se un’autorità di risoluzione svaluta a zero il valore nominale o l’importo ancora non corrisposto da pagare a fronte di una passività mediante l’esercizio del potere di cui all’articolo 63, paragrafo 1, lettera e), tale passività e le obbligazioni o i crediti sorti in relazione ad essa che, al momento in cui è esercitato tale potere, non sono ancora maturati, sono considerati assolti a tutti gli effetti e non sono ammissibili nel corso di procedure successive in relazione all’ente soggetto a risoluzione né a qualsiasi entità succeditrice nell’ambito di una futura liquidazione».

16.      L’articolo 59 di tale direttiva, dal titolo «Obbligo di svalutazione o di conversione degli strumenti di capitale», prevede quanto segue:

«(...)

2.      Gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione abbiano il potere di svalutare o di convertire gli strumenti di capitale pertinenti in azioni o altri titoli di proprietà degli enti (...).

(...)

10.      Prima di esercitare il potere di svalutare o di convertire gli strumenti di capitale, le autorità di risoluzione provvedono a che sia effettuata una valutazione delle attività e delle passività dell’ente (...) conformemente all’articolo 36. Tale valutazione costituisce la base per il calcolo della svalutazione da applicare agli strumenti di capitale pertinenti al fine di assorbire le perdite, nonché del livello di conversione da applicare agli strumenti di capitale pertinenti al fine di ricapitalizzare l’ente (...)».

17.      L’articolo 60 di detta direttiva, dal titolo «Disciplina della svalutazione o della conversione degli strumenti di capitale», è formulato nei seguenti termini:

«(...)

2.      Ove il valore nominale degli strumenti di capitale pertinenti sia svalutato:

a)      la svalutazione di tale valore nominale è permanente, fatta salva ogni eventuale rivalutazione conformemente al meccanismo di rimborso dei creditori di cui all’articolo 46, paragrafo 3;

b)      non resta alcun obbligo nei confronti del detentore dello strumento di capitale pertinente in base all’importo dello strumento soggetto a svalutazione o in connessione ad esso, eccetto gli eventuali obblighi già maturati e l’eventuale responsabilità per danni che può emergere da un ricorso avverso la legittimità dell’esercizio del potere di svalutazione;

c)      ai detentori degli strumenti di capitale pertinenti non è versata alcuna compensazione eccetto a norma del paragrafo 3.

(...)».

18.      L’articolo 63, paragrafo 1, lettera h), della direttiva 2014/59 recita:

«Gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione dispongano di tutti i poteri necessari per applicare gli strumenti di risoluzione agli enti [...] che soddisfano le condizioni applicabili per la risoluzione. In particolare, tali autorità dispongono dei seguenti poteri di risoluzione (...):

(...)

h)      potere di svalutare, anche a zero, l’importo nominale delle azioni o altri titoli di proprietà di un ente soggetto a risoluzione e di cancellare tali azioni o altri titoli di proprietà».

19.      L’articolo 75 di tale direttiva così stabilisce:

«Gli Stati membri provvedono a che, qualora dalla valutazione effettuata a norma dell’articolo 74 emerga che qualsiasi azionista o creditore di cui all’articolo 73, o il sistema di garanzia dei depositi conformemente all’articolo 109, paragrafo 1, hanno subito perdite maggiori di quelle che avrebbero subito in una liquidazione con procedura ordinaria di insolvenza, essi abbiano il diritto a incassare la differenza dai meccanismi di finanziamento della risoluzione».

3.      Decisione del Consiglio di risoluzione unico (CRU)

20.      Con la decisione SRB/EES/2017/08, del 7 giugno 2017, fondata sull’articolo 18 del regolamento n. 806/2014, il CRU ha adottato un meccanismo di risoluzione nei confronti del Banco Popular Español SA (in prosieguo: «Banco Popular»). Tale meccanismo è stato approvato con la decisione (UE) 2017/1246 della Commissione, del 7 giugno 2017 (11).

B.      Diritto spagnolo

1.      Regio decreto legislativo 4/2015

21.      La direttiva 2003/71 è stata recepita in Spagna con la rifusione della Ley 24/1988 del Mercado de Valores (legge 24/1988, relativa al mercato dei valori mobiliari) (12), del 28 luglio 1988, ormai sostituita dal Real Decreto Legislativo 4/2015 por el que se aprueba el texto refundido de la Ley del Mercado de Valores (regio decreto legislativo 4/2015, recante approvazione del testo rifuso della legge sul mercato dei valori mobiliari) (13), del 23 ottobre 2015.

22.      L’articolo 6 della direttiva 2003/71 ha dato luogo all’articolo 38 di tale regio decreto legislativo, che disciplina la responsabilità per il prospetto in termini sostanzialmente identici.

2.      Codice civile

23.      L’articolo 1300 del Código Civil (codice civile) dispone quanto segue:

«I contratti che rispondono alle condizioni di cui all’articolo 1261 possono essere annullati, anche in assenza di pregiudizio per le parti contraenti, qualora siano inficiati da uno dei vizi che li rendono invalidi ai sensi della legge».

24.      L’articolo 1303 del codice civile è così formulato:

«Quando un’obbligazione è dichiarata nulla, i contraenti devono restituirsi reciprocamente le cose oggetto del contratto, i frutti prodotti da tali cose e il prezzo maggiorato di interessi, fatti salvi gli articoli seguenti».

25.      L’articolo 1307 del codice civile recita come segue:

«Qualora il contraente tenuto a restituire la cosa in base alla declaratoria di nullità non sia in grado di farlo a seguito della perdita della cosa, egli deve restituire i frutti percepiti e il valore che la cosa aveva al momento della sua perdita, nonché gli interessi a decorrere dalla stessa data».

3.      Legge 11/2015

26.      La Ley 11/2015 de recuperación y resolución de entidades de crédito y empresas de servicios de inversión (legge 11/2015, sul salvataggio e sulla risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di servizi di investimento) (14), del 18 giugno 2015, recepisce la direttiva 2014/59.

4.      Decisione del Fondo di ristrutturazione ordinata bancaria

27.      La decisione SRB/EES/2017/08 del CRU è stata attuata dalla decisione del Fondo de Reestructuración Ordenada Bancaria (Fondo di ristrutturazione ordinata bancaria, Spagna; in prosieguo: il «FROB») (15), del 7 giugno 2017, il cui terzo fondamento giuridico precisa in particolare:

«Quanto alla portata del provvedimento di svalutazione adottato mediante la presente decisione, conformemente all’articolo 39, paragrafo 2, della legge [11/2015], si tratta di una svalutazione permanente, senza che sia versato alcun indennizzo ai detentori [delle azioni svalutate] (...). Non sussiste alcuna obbligazione nei confronti del detentore delle azioni svalutate, eccetto le obbligazioni già sorte o la responsabilità eventualmente derivante da un’azione intentata contro la legittimità dell’esercizio del potere di svalutazione».

28.      Il dispositivo di tale decisione è del seguente tenore:

«In primo luogo

Riduzione del capitale sociale attuale del [Banco Popular] da due miliardi, novantotto milioni quattrocentoventinovemila quarantasei euro (EUR 2 098 429 046) a zero euro (EUR 0), attraverso la svalutazione della totalità delle azioni attualmente in circolazione (...), al fine di costituire una riserva libera a carattere indisponibile, conformemente all’articolo 35, paragrafo 1, e all’articolo 64, paragrafo 1, lettera d), della legge [11/2015].

In secondo luogo

Contemporaneo aumento di capitale con eliminazione del diritto di sottoscrizione preferenziale ai fini della conversione della totalità degli strumenti di capitale aggiuntivi di categoria 1 (...).

In terzo luogo

Riduzione del capitale sociale a zero euro (EUR 0) mediante la svalutazione delle azioni risultante dalla conversione degli strumenti di capitale aggiuntivi di categoria 1 stabilita al punto precedente, al fine di costituire una riserva libera a carattere indisponibile (...).

In quarto luogo

Contemporaneo aumento di capitale con eliminazione del diritto di sottoscrizione preferenziale ai fini della conversione della totalità degli strumenti di capitale di categoria 2 in nuove azioni emesse dal Banco Popular (...)

In quinto luogo

Designazione del [Banco Popular] quale mandatario per la realizzazione di tutte le operazioni necessarie alla conversione e alla svalutazione degli strumenti di capitale descritti ai punti precedenti.

In sesto luogo

Trasferimento all’ente Banco Santander SA della totalità delle azioni del [Banco Popular] emesse in seguito alla conversione degli strumenti di capitale di categoria 2 menzionati nel terzo fondamento giuridico della presente decisione (...)».

III. Fatti del procedimento principale e questioni pregiudiziali

29.      Nel mese di giugno 2016, il sig. J.A.C. e la sig.ra M.C.P.R. acquistavano azioni del Banco Popular in occasione di un aumento di capitale che aveva formato oggetto di un’offerta pubblica di sottoscrizione.

30.      Dopo aver proceduto, nell’ultimo trimestre dell’anno 2016, a rilevanti adeguamenti di valore delle proprie attività che comportavano perdite per un ammontare di EUR 3,485 miliardi per l’esercizio 2016, il Banco Popular notificava, il 3 aprile 2017, alla Comisión Nacional del Mercado de Valores (Commissione nazionale del mercato dei valori mobiliari, Spagna), talune irregolarità nei conti annuali del 2016, senza alcun impatto significativo, a suo dire, sui conti di tale esercizio.

31.      Il 7 giugno 2017 veniva decisa dal CRU la risoluzione bancaria del Banco Popular e tutte le azioni (in circolazione a tale data e risultanti dalla conversione degli strumenti di capitale aggiuntivi di categoria 1) venivano svalutate senza alcuna contropartita. Il Banco Santander acquisiva la totalità delle nuove azioni (risultanti dalla conversione degli strumenti di capitale di categoria 2) del Banco Popular e procedeva nel 2018 ad un’operazione di fusione per incorporazione che portava all’estinzione della personalità giuridica del Banco Popular.

32.      Il sig. J.A.C. e la sig.ra M.C.P.R., avendo perso il loro intero investimento, citavano in giudizio, nel mese di marzo 2018, il Banco Popular per ottenere la declaratoria di nullità del contratto di acquisto delle azioni a motivo di un vizio invalidante il loro consenso, a causa del prospetto incompleto o inesatto pubblicato prima dell’emissione, o per dolo conseguente ad informazioni deliberatamente falsificate od occultate riguardo alla situazione patrimoniale della società.

33.      Il Banco Santander, subentrato in qualità di convenuto sin dal primo grado di giudizio, interponeva appello contro la decisione di primo grado che aveva accolto la domanda di annullamento a causa di errore e ingiunto il rimborso del prezzo di acquisto delle azioni, maggiorato degli interessi legali.

34.      L’Audiencia Provincial de A Coruña (Corte provinciale di La Coruña, Spagna) afferma che la giurisprudenza spagnola riconosce la possibilità, in caso di prospetto errato o incompleto in occasione di un’offerta pubblica di sottoscrizione, di intentare un’azione per risarcimento danni o di nullità, con effetto retroattivo, del contratto di sottoscrizione di azioni per dolo o errore. Essa ritiene che tali due azioni (per risarcimento danni o di nullità) abbiano effetti equivalenti in termini di riparazione, ad eccezione dell’efficacia retroattiva della decisione di nullità che risale alla data di sottoscrizione del contratto di acquisto, anteriore alla data di risoluzione bancaria. Essa aggiunge che l’impossibilità di restituire le azioni non è di per sé un ostacolo ad un’azione di nullità.

35.      Il giudice del rinvio solleva una prima difficoltà attinente al fatto di stabilire se, in caso di risoluzione bancaria, il principio di bail-in attraverso svalutazione totale delle azioni e degli strumenti di capitale osti alla tutela garantita agli azionisti dal diritto dell’Unione mediante l’azione risarcitoria fondata su un prospetto errato o incompleto (o un’azione di nullità di effetto equivalente) e la garanzia dell’intangibilità del capitale sociale.

36.      Nell’ipotesi in cui un’azione di nullità fosse esperibile da parte degli azionisti lesi, il giudice del rinvio si chiede quale sia la portata dell’eccezione, riguardante gli «obblighi già maturati» (16), al principio secondo il quale, in caso di svalutazione degli strumenti di capitale, non sussiste alcun obbligo nei confronti del detentore di tali strumenti. A suo parere, l’efficacia retroattiva della nullità del contratto di acquisto rende il diritto a restituzione anteriore alla data della risoluzione e colloca, alla data della risoluzione, gli azionisti lesi nella posizione di creditori della banca e non di azionisti.

37.      Di conseguenza, l’Audiencia Provincial de A Coruña (Corte provinciale di La Coruña) ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Qualora, nell’ambito di un procedimento di risoluzione di un’entità finanziaria, sia stato azzerato il valore della totalità delle azioni in cui era suddiviso il capitale sociale, se gli articoli 34, paragrafo 1, lettera a), 53, paragrafi 1 e 3, e 60, paragrafo 2, lettere b) [e c]), della direttiva [2014/59] debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che i soggetti che hanno acquistato le azioni di detta entità alcuni mesi prima dell’inizio del procedimento di risoluzione, in occasione di un aumento di capitale con offerta pubblica di sottoscrizione, possano proporre nei confronti dell’entità emittente o dell’entità risultante da una successiva fusione per incorporazione domande di risarcimento o domande aventi effetto equivalente facendo valere l’inesattezza di informazioni contenute nel prospetto di emissione.

2)      Nello stesso caso cui si riferisce la questione precedente, se gli articoli 34, paragrafo 1, lettera a), 53, paragrafo 3, e 60, paragrafo 2, lettera b), della direttiva [2014/59] ostino a che vengano giudizialmente imposti all’entità emittente, o all’entità a questa succeduta a titolo universale, obblighi di restituzione del controvalore delle azioni sottoscritte, nonché di pagamento di interessi, come conseguenza della dichiarazione di nullità, con effetti retroattivi (ex tunc), del contratto di sottoscrizione delle azioni, in virtù di domande proposte successivamente alla risoluzione dell’entità suddetta».

38.      Il sig. J.A.C. e la sig.ra M.C.P.R., il Banco Santander, i governi spagnolo, italiano e portoghese nonché la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte.

IV.    Analisi

39.      Proporrò di rispondere alle due questioni sottoposte alla Corte nell’ordine prescelto dal giudice del rinvio. Completerò il mio ragionamento con osservazioni più generali sul diritto al ricorso effettivo.

A.      Sulla prima questione

40.      Con la sua prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede se gli articoli 34, paragrafo 1, lettera a), 53, paragrafi 1 e 3, nonché l’articolo 60, paragrafo 2, lettere b) e c), della direttiva 2014/59 debbano essere interpretati nel senso che, qualora, nell’ambito di una procedura di risoluzione di un’entità finanziaria, la totalità delle azioni comprese nel capitale sociale siano state svalutate, essi ostino a che le persone che hanno acquistato azioni alcuni mesi prima dell’inizio della procedura di risoluzione, in occasione di un aumento di capitale con offerta pubblica di sottoscrizione, possano intentare, nei confronti dell’ente emittente o dell’ente risultante da una successiva fusione per incorporazione, azioni risarcitorie o azioni aventi effetto equivalente facendo valere l’inesattezza di informazioni contenute nel prospetto di emissione.

41.      Tale questione verte sul collegamento tra le disposizioni della direttiva 2014/59, relativa alla risoluzione bancaria, e quelle della direttiva 2003/71, relativa al prospetto. Infatti, ci si chiede in che misura un’azionista il valore delle cui azioni sia stato azzerato nell’ambito di una risoluzione bancaria operata mediante un bail-in con svalutazione seguito da una cessione di attività (17), possa ottenere un indennizzo facendo valere le inesattezze del prospetto pubblicato in occasione dell’offerta al pubblico di tali azioni, un anno prima della risoluzione bancaria.

42.      Pur riguardando la moralizzazione della vita degli affari, vuoi attraverso la maggior trasparenza finanziaria all’atto delle emissioni di titoli offerti al pubblico, sanzionata in maniera efficace, dissuasiva e proporzionata, e attraverso la lotta contro la criminalità in colletto bianco (considerando 41 e 43 della direttiva 2003/71) o attraverso la riduzione dell’azzardo morale (considerando 45 della direttiva 2014/59), tali due direttive non hanno lo stesso ambito di applicazione e non mirano alla tutela degli stessi interessi.

43.      Infatti, mentre la direttiva 2003/71 aveva l’obiettivo innegabile di tutelare gli investitori che acquistano valori mobiliari offerti al pubblico consentendo loro un’azione risarcitoria in caso di prospetto menzognero o inesatto, la direttiva 2014/59 ha l’obiettivo di evitare, con una reazione rapida, l’eventuale crisi di un sistema finanziario a seguito del dissesto di una banca. Così, gli investitori, divenuti azionisti, sono i primi, ai sensi dell’articolo 34, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva, a contribuire alle perdite in caso di dissesto della loro banca e tale contributo può tradursi, come nel caso di specie, nella perdita totale del loro investimento.

44.      Nella fattispecie, il CRU, e successivamente il FROB, hanno scelto i seguenti strumenti di risoluzione: un bail-in attraverso una svalutazione, in particolare delle azioni iniziali che sono state annullate (18), seguito da una cessione delle attività.

45.      La Corte ha già riconosciuto che gli obiettivi di assicurare la stabilità del sistema bancario e finanziario nonché di evitare un rischio sistemico costituiscono obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione (19).

46.      Essa ha aggiunto, in una causa avente ad oggetto la subordinazione di un aiuto di Stato nel settore bancario ad una misura di condivisione degli oneri tra azionisti e creditori subordinati, che tale misura era una misura eccezionale che poteva essere adottata solamente in un contesto di grave turbamento dell’economia di uno Stato membro nonché allo scopo di evitare un rischio sistemico e assicurare la stabilità del sistema finanziario (20).

47.      La Corte si è parimenti già pronunciata sul contemperamento da operare tra due interessi generali quali la tutela degli investitori e la garanzia del sistema finanziario. Essa lo ha fatto in due casi in cui erano in discussione le garanzie dovute agli azionisti in forza di direttive di diritto societario (21), dichiarando che, sebbene vi sia un evidente interesse pubblico a garantire, in tutta l’Unione, una tutela degli investitori forte e coerente, tale interesse non può essere ritenuto prevalente, in ogni circostanza, rispetto all’interesse pubblico a garantire la stabilità del sistema finanziario (22).

48.      Anche se le due cause in cui sono state pronunciate le sentenze citate alla nota a piè di pagina 22 delle presenti conclusioni riguardavano i diritti degli azionisti in senso stretto, la formulazione adottata dalla Corte di «tutela degli investitori forte e coerente» (23) può pienamente adattarsi alla presente causa poiché la tutela accordata sul fondamento della direttiva 2003/71, che mira a garantire la miglior trasparenza possibile in occasione dell’investimento in una società, viene in rilievo per investitori che diventano azionisti sottoscrivendo l’offerta pubblica di sottoscrizione di azioni accompagnata da un prospetto.

49.      Dato che l’interesse degli investitori non prevale in tutti i casi sull’interesse relativo alla stabilità del sistema finanziario, occorre esaminare più precisamente come si combinano tra loro le direttive 2003/71 e 2014/59 nell’ipotesi, prospettata dal giudice del rinvio, di una risoluzione bancaria con bail-in mediante svalutazione, in particolare, delle azioni iniziali, seguito da una cessione di attività.

1.      Linterpretazione letterale

50.      Il testo dell’articolo 34, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2014/59 non ammette discussioni: gli azionisti sono i primi a sopportare le perdite. Si tratta evidentemente degli azionisti alla data in cui è decisa la risoluzione. Nell’ipotesi di una svalutazione totale con annullamento delle azioni, il valore di queste ultime è azzerato e i portatori dei titoli perdono la loro qualità di azionisti.

51.      In caso di azzeramento del valore nominale ancora non corrisposto da pagare a fronte di una passività (nella fattispecie le azioni), l’articolo 53, paragrafo 3, di tale direttiva, applicabile in caso di bail-in, dispone che «tale passività e le obbligazioni o i crediti sorti in relazione ad essa che, al momento in cui è esercitato tale potere, non sono ancora maturati, sono considerati assolti a tutti gli effetti e non sono ammissibili nel corso di procedure successive in relazione all’ente soggetto a risoluzione né a qualsiasi entità succeditrice nell’ambito di una futura liquidazione».

52.      In questa fase della mia riflessione, mi sembra che l’azione risarcitoria, in caso di prospetto inesatto o incompleto, prevista dall’articolo 6 della direttiva 2003/71 e le cui modalità debbono essere fissate dagli Stati membri, sia direttamente connessa alla qualità di azionista della persona che intende esercitarla, contrariamente alla premessa del ragionamento dei ricorrenti nel procedimento principale. Infatti, perché sorga il diritto ad esperire un’azione risarcitoria, non è sufficiente che un prospetto fosse incompleto o inesatto, occorre inoltre che esso abbia indotto il potenziale acquirente a sottoscrivere l’offerta pubblica e a divenire, di conseguenza, azionista (24).

53.      Ne consegue che tale azione risarcitoria rientra nella categoria delle obbligazioni o dei crediti che si reputano assolti a tutti gli effetti, se non sono maturati alla data della risoluzione, e non possono pertanto essere opposti in un procedimento successivo relativo all’ente sottoposto a risoluzione ovvero al soggetto che è ad esso succeduto. Pertanto, detta azione risarcitoria non può essere intentata successivamente alla data della risoluzione bancaria mediante bail-in, nei confronti dell’ente o del soggetto che gli è succeduto.

54.      Un principio analogo è enunciato all’articolo 60, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2014/59 in caso di svalutazione di strumenti di capitale (nella fattispecie azioni), e cioè che «non resta alcun obbligo nei confronti del detentore (...) in base all’importo dello strumento [di capitale] soggetto a svalutazione o in connessione ad esso, eccetto gli eventuali obblighi già maturati», che può formare oggetto della stessa interpretazione: l’azione risarcitoria per prospetto errato non può più essere intentata dopo la decisione di risoluzione con svalutazione di azioni.

55.      Lo stesso articolo prevede un’altra eccezione, accanto a quella riguardante le obbligazioni già maturate: l’eventuale responsabilità per danni che può emergere da un ricorso avverso la legittimità dell’esercizio del potere di svalutazione (25). È evidente che le azioni risarcitorie fondate su un prospetto errato o inesatto non rientrano in tale categoria. In ogni caso, l’eventuale annullamento della decisione di risoluzione, in forza dell’articolo 85, paragrafo 4, secondo comma, della direttiva 2014/59, non può pregiudicare i diritti dei terzi che abbiano acquistato in buona fede titoli dell’ente sottoposto a procedura di risoluzione e solo una compensazione delle perdite causate da tale decisione è possibile (26).

56.      Infine, l’articolo 60, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2014/59, applicabile anch’esso in caso di svalutazione, specifica chiaramente che non è versata alcuna compensazione ad alcun detentore di strumenti di capitale pertinenti, il che, prima facie, sembra escludere qualsiasi azione risarcitoria nei confronti dell’emittente delle azioni il cui prospetto viene contestato.

57.      Certo, i ricorrenti nel procedimento principale, il governo spagnolo e la Commissione fanno valere che il titolo X della direttiva 2014/59 prevede che un certo numero di disposizioni di altre direttive e di altri regolamenti non sono applicabili in caso di procedura di risoluzione bancaria. Orbene, nel novero di tali disposizioni non figura l’articolo 6 della direttiva 2003/71.

58.      Tali parti ne ricavano la conclusione, o almeno l’ipotesi, che tale mancata menzione esplicita non consente di escludere un’azione risarcitoria fondata su un prospetto errato senza che sia violata la Carta.

59.      Infatti, a norma dell’articolo 52 della Carta, una limitazione dei diritti riconosciuti da quest’ultima (come il diritto di proprietà, l’uguaglianza dinanzi alla legge, la tutela dei consumatori o il diritto ad un ricorso effettivo) dev’essere prevista dalla legge e rispettare il principio di proporzionalità.

60.      Orbene, pur se il considerando 120 della direttiva 2014/59 prevede che le deroghe al diritto societario devono essere precise o se il titolo X di tale direttiva enuncia chiaramente tali deroghe, si deve necessariamente constatare che esse sono tutte relative alle conseguenze procedurali della risoluzione il cui successo dipende dalla rapidità. Pertanto, l’attuazione della decisione di risoluzione non dev’essere ostacolata da diritti perfettamente giustificati in tempo normale (in particolare, l’approvazione da parte delle assemblee generali degli aumenti o delle riduzioni di capitale, delle fusioni o degli scorpori, la tutela dei creditori in caso di riduzione del capitale, l’obbligo di far scattare un’offerta pubblica di acquisto in caso di acquisizione di una quota di azioni). Allo stesso modo, l’eccezione all’obbligo di pubblicare un prospetto ai fini di una reiscrizione nel listino di borsa in caso di bail-in, prevista all’articolo 53, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2014/59, si spiega con tale esigenza di rapidità di attuazione della decisione di risoluzione.

61.      In ogni caso, la Corte ha già dichiarato che il silenzio del titolo X della direttiva 2014/59 non consentiva di concludere che altre deroghe alle direttive in diritto societario fossero vietate (27).

62.      Pertanto, l’argomento letterale secondo il quale sarebbe possibile intentare un’azione fondata su un prospetto errato a seguito della mancata menzione da parte dell’articolo 6 della direttiva 2003/71 nella direttiva 2014/59 non è sufficiente per ingenerare una convinzione in tal senso. Gli argomenti letterali depongono, invece, a favore del divieto di un’azione del genere da parte degli azionisti dopo la risoluzione, in particolare in quanto il testo della direttiva 2014/59 specifica molto chiaramente che gli azionisti devono sopportare le perdite per primi rispettando così il principio sancito all’articolo 52 della Carta secondo il quale la limitazione dei diritti riconosciuti da quest’ultima dev’essere prevista dalla legge.

63.      Quanto al rispetto del principio di proporzionalità richiesto all’articolo 52 della Carta, ho precedentemente menzionato, ai paragrafi da 45 a 47 delle presenti conclusioni, il riconoscimento da parte della Corte di obiettivi di interesse generale che consentono, in materia di risoluzione bancaria, di pregiudicare il diritto di proprietà degli azionisti. Analogamente, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto agli Stati un ampio margine di discrezionalità, in materia di ristrutturazione di banche nello stesso contesto di crisi finanziaria mondiale (28), che può giungere sino ad una nazionalizzazione di una banca senza indennizzo nei confronti degli azionisti allo scopo di tutelare il settore finanziario del Regno Unito (29).

64.      Contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti nel procedimento principale, non ritengo che la tutela dei consumatori garantita dall’articolo 38 della Carta venga in discussione nel caso di specie. Inoltre, se così fosse, essa non potrebbe ricevere un trattamento diverso da quello applicato alla tutela del diritto di proprietà degli azionisti, e cioè una soppressione di fronte alla tutela della stabilità del sistema finanziario che permette la tutela degli interessi di un insieme molto più ampio di consumatori.

65.      Quanto all’asserita violazione del principio di uguaglianza, essa non può essere ammessa poiché, oggettivamente, gli azionisti che hanno acquistato i loro titoli sulla base di un prospetto errato o inesatto non sono nella stessa situazione se hanno ottenuto una sentenza di condanna prima della decisione di risoluzione o se intentano un’azione giudiziaria solo dopo tale decisione.

66.      Per quanto riguarda il diritto ad un ricorso effettivo tutelato dall’articolo 47 della Carta, ritengo che esso sia rispettato, anche nel caso in cui un azionista che abbia acquistato azioni sulla base di un prospetto errato o inesatto non possa ottenere un indennizzo sul fondamento di un’azione risarcitoria dopo una decisione di risoluzione bancaria.

67.      Infatti, tale azionista dispone di altri rimedi giuridici.

68.      In primo luogo, l’articolo 25 della direttiva 2003/71 dispone che gli Stati membri, fatto salvo il loro diritto di prevedere sanzioni penali, provvedono a comminare sanzioni amministrative nei confronti dei responsabili di violazioni delle disposizioni di tale direttiva. Così, l’eventuale mancanza di indennizzo è ininfluente, in caso di prospetto errato o inesatto, sulle sanzioni penali o amministrative destinate a ridurre l’azzardo morale attraverso la loro portata dissuasiva.

69.      Inoltre, sotto un profilo indennitario, l’articolo 6 di detta direttiva prevede che gli Stati membri dispongono che la responsabilità derivante da un’azione risarcitoria, in caso di prospetto errato o inesatto, gravi almeno sull’emittente o sui suoi organi di amministrazione, direzione o controllo, sull’offerente, sulla persona che chiede l’ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato o sul garante, a seconda dei casi. Quindi, su tale fondamento, il diritto dell’Unione ammette la possibilità, contro persone diverse dal solo emittente, di azioni risarcitorie che possano permettere l’indennizzo nei confronti degli azionisti.

70.      In secondo luogo, due azioni ad effetto indennitario possono essere esercitate dagli azionisti nel contesto della risoluzione bancaria sul fondamento della direttiva 2014/59.

71.      Da un lato, essi possono chiedere l’annullamento della stessa decisione di risoluzione in applicazione dell’articolo 85 di tale direttiva. Tuttavia, in caso di annullamento, può essere accordata solo una compensazione delle perdite subite a seguito della decisione annullata. Azioni del genere sono state del resto intentate e sono attualmente pendenti dinanzi al Tribunale (30).

72.      Dall’altro lato, essi possono chiedere, dal meccanismo di finanziamento della risoluzione (31), un indennizzo, ai sensi dell’articolo 75 di detta direttiva, ove emerga che essi hanno subito perdite maggiori di quelle che avrebbero subito in una liquidazione con procedura ordinaria di insolvenza. In tale ipotesi, essi hanno diritto al pagamento della differenza.

73.      Pertanto, anche se l’azione risarcitoria contro l’emittente o il suo successore non è possibile in caso di prospetto errato o inesatto, gli azionisti le cui azioni sono state annullate nell’ambito di una risoluzione bancaria dispongono di altri rimedi per ottenere un indennizzo o una sanzione. Essi non possono dunque far valere una mancanza di ricorso giurisdizionale effettivo.

2.      Linterpretazione teleologica

74.      L’interpretazione teleologica delle disposizioni controverse depone chiaramente a favore del divieto di una siffatta azione risarcitoria.

75.      Infatti, è vero che l’obiettivo della risoluzione bancaria è quello di evitare una crisi del sistema finanziario, ma salvaguardando nel contempo i fondi pubblici e i depositi, a differenza dei meccanismi utilizzati sino a tale creazione, tramite il ricorso a fondi risultanti da contributi dovuti dalle banche.

76.      Ne risulta quindi, da un lato, che, in un primo tempo, i fondi pubblici potranno essere impiegati solo dopo la contribuzione degli azionisti e di taluni detentori di strumenti di capitale soggetti a svalutazione. In un secondo tempo, è possibile un conferimento da parte del meccanismo di finanziamento della risoluzione se tali azionisti e tali detentori di strumenti di capitale hanno fornito un contributo a fronte delle perdite per un importo almeno pari all’8% delle passività totali (32).

77.      Ricordo che il meccanismo di finanziamento della risoluzione è alimentato dai contributi delle banche dello Stato membro interessato (33). Si tratta quindi di una messa in comune tra le banche dei rischi di dissesto di una di esse. Tale messa in comune è destinata a ridurre l’azzardo morale (34) che si imponeva sino alla costituzione di un meccanismo di risoluzione bancaria poiché gli istituti bancari potevano sperare in un intervento massiccio dei pubblici poteri per evitare un contagio del loro eventuale dissesto sul resto del sistema finanziario.

78.      Dall’altro lato, sempre allo scopo di ridurre l’azzardo morale, tale messa in comune dei rischi tra le banche stesse è spinta sino a prevedere che il meccanismo di finanziamento della risoluzione versi indennizzi agli azionisti o ai creditori che abbiano ricevuto nell’ambito della risoluzione un trattamento peggiore che nell’ambito di una procedura di insolvenza classica (35).

79.      Infatti, in forza dell’articolo 75 della direttiva 2014/59, ogni azionista o creditore che abbia subito perdite maggiori di quelle che avrebbe subito in una liquidazione con procedura ordinaria di insolvenza, accertate con una valutazione effettuata dopo la risoluzione (36), ha diritto di incassare la differenza a carico del meccanismo di finanziamento della risoluzione.

80.      Pertanto, tale duplice messa in comune, basata sui principi secondo i quali gli azionisti sopportano le perdite per primi e solo le obbligazioni maturate possono dar luogo a pagamento in caso di bail-in o di svalutazione, dimostra fino a che punto il sistema istituito non sia compatibile con la possibilità di un’azione risarcitoria fondata sulla direttiva 2003/71 che intervenga posteriormente alla decisione di risoluzione.

81.      Tale azione risarcitoria equivarrebbe, in primo luogo, a far gravare sull’emittente o sul cessionario, in via esclusiva, una responsabilità non prevista dalla direttiva 2014/59, mentre invece, quando una responsabilità è prevista, l’indennizzo è a carico del complesso delle banche che contribuiscono al meccanismo di finanziamento della risoluzione. Per giunta, il cessionario, se dovesse rispondere finanziariamente delle conseguenze finanziarie di un prospetto errato o inesatto, subirebbe ripercussioni più gravi rispetto al caso di annullamento della decisione di risoluzione (37) o all’ipotesi in cui l’azionista abbia subito perdite maggiori di quelle che avrebbe subito in una liquidazione con procedura ordinaria di insolvenza (38). Ciò condurrebbe a far sopportare le conseguenze di un prospetto errato o inesatto ad un soggetto che non ha contribuito alla sua redazione, il che è in contrasto con la preoccupazione di ridurre l’azzardo morale (39).

82.      In secondo luogo, detta azione risarcitoria equivarrebbe a rimettere in discussione gli equilibri raggiunti nella decisione di risoluzione sulla base della valutazione intervenuta anteriormente a tale decisione e che tiene conto solo delle passività in bilancio e fuori bilancio (40). Pertanto, la valutazione che ha determinato il ricorso a tale o tal altro strumento di risoluzione e le condizioni di detto ricorso non sarebbe più sufficientemente affidabile per consentire, ad esempio, ad un potenziale acquirente di impegnarsi (41).

83.      Infine, è interessante constatare, anche se la Corte non è investita dell’interpretazione di tale articolo, che, in materia di cessione di attività, strumento di risoluzione applicato nella fattispecie, la direttiva 2014/59 prevede anche un meccanismo destinato a tutelare il cessionario dell’ente sottoposto alla procedura di risoluzione. Infatti, l’articolo 38, paragrafo 13, di tale direttiva prevede che «gli azionisti o i creditori dell’ente soggetto a risoluzione e altri terzi le cui attività, diritti o passività non sono ceduti non vantano alcun diritto sulle attività, sui diritti o sulle passività ceduti o in relazione ad essi». Per definizione, azioni annullate non sono trasferite e i loro ex detentori non possono vantare diritti sulle attività trasferite.

84.      Pertanto, in caso vuoi di bail-in, vuoi di svalutazione totale, le possibilità di ottenere un indennizzo sono ridotte a due ipotesi: essere titolare di un’obbligazione già maturata o aver subito perdite a seguito dell’annullamento di una decisione di risoluzione. Quanto all’ipotesi di cessione di attività, la direttiva 2014/59 non consente ad un azionista le cui azioni siano state annullate di far valere nei confronti del cessionario diritti sulle attività trasferite.

85.      In conclusione, appare chiaro che sia l’interpretazione letterale sia l’interpretazione teleologica delle disposizioni controverse conducono alla stessa risposta affermativa alla prima questione sottoposta alla Corte dal giudice del rinvio: un’azionista non può intentare un’azione risarcitoria fondata sull’articolo 6 della direttiva 2003/71 posteriormente ad una decisione di risoluzione che abbia disposto il bail-in mediante svalutazione totale e annullamento delle azioni, seguito da una cessione di attività.

86.      Di conseguenza, l’articolo 34, paragrafo 1, lettera a), l’articolo 53, paragrafi 1 e 3, nonché l’articolo 60, paragrafo 2, lettere b) e c), della direttiva 2014/59 devono essere interpretati nel senso che, qualora, nell’ambito di una procedura di risoluzione di un’entità finanziaria, la totalità delle azioni comprese nel capitale sociale sia stata svalutata, essi ostano a che i soggetti che hanno acquistato azioni alcuni mesi prima dell’inizio della procedura di risoluzione, in occasione di un aumento di capitale con offerta pubblica di sottoscrizione, possano, posteriormente alla decisione di risoluzione, proporre nei confronti dell’entità emittente o dell’entità derivante da una successiva fusione per incorporazione, azioni risarcitorie o azioni di effetto equivalente facendo valere l’inesattezza delle informazioni contenute nel prospetto di emissione.

B.      Sulla seconda questione

87.      Con la sua seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 34, paragrafo 1, lettera a), l’articolo 53, paragrafo 3, nonché l’articolo 60, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2014/59 debbano essere interpretati nel senso che, qualora, nell’ambito di una procedura di risoluzione di un’entità finanziaria, la totalità delle azioni comprese nel capitale sociale sia stata svalutata, essi ostano a che obblighi di restituzione del controvalore delle azioni sottoscritte nonché di pagamento di interessi siano giudizialmente imposti all’entità emittente o all’entità ad essa succeduta a titolo universale, come conseguenza della dichiarazione di nullità, con effetti retroattivi, del contratto di sottoscrizione delle azioni, in forza di azioni intentate dopo la risoluzione dell’entità stessa.

88.      I ricorrenti nel procedimento principale e il governo spagnolo, confortati dalla giurisprudenza prevalente in Spagna, sostengono che la soluzione esposta dalla Corte nella sentenza del 19 dicembre 2013, Hirmann (42), potrebbe essere estesa alla situazione in esame.

89.      Infatti, in tale sentenza, la Corte ha dichiarato che gli articoli 12, 15, 16, 18, 19 e 42 della seconda direttiva 77/91 devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una normativa nazionale che, nell’ambito del recepimento delle direttive 2003/71, 2004/109/CE (43) e 2003/6/CE (44), da un lato, preveda la responsabilità di una società per azioni, in qualità di emittente, nei confronti di un acquirente di azioni della medesima società, per violazione degli obblighi di informazione previsti da queste ultime direttive, e, dall’altro, preveda, per effetto di detta responsabilità, l’obbligo della società interessata di rimborsare all’acquirente l’importo corrispondente al prezzo d’acquisto delle azioni e di riprendere le medesime (45).

90.      Così, la Corte ha confermato la validità, alla luce del margine discrezionale lasciato agli Stati membri dall’articolo 6 della direttiva 2003/71, di un meccanismo di responsabilità che conduceva al rimborso delle azioni al loro prezzo di acquisto e alla loro ripresa da parte della società emittente.

91.      I ricorrenti nel procedimento principale e il governo spagnolo ne deducono che allo stesso modo dovrebbe essere confermata la validità di un’azione di nullità poiché gli effetti (rimborso al prezzo di acquisto e ripresa da parte della società) sono identici a quelli ammessi dalla Corte nella sentenza del 19 dicembre 2013, Hirmann (46).

92.      I ricorrenti nel procedimento principale aggiungono che il codice civile consente un’azione di nullità, quand’anche la cosa sia stata perduta per fatto della controparte contrattuale. A loro parere, poiché tali effetti sono, inoltre, retroattivi, la qualità di azionisti dei detentori sarebbe considerata come mai esistita rendendo così inopponibili gli effetti della svalutazione totale e del bail-in nei confronti di tali persone.

93.      Questo ragionamento non può essere seguito per i seguenti motivi.

94.      In primo luogo, un ricorrente è legittimato a proporre un’azione di nullità solo se è ancora vincolato dal contratto al momento dell’esercizio dell’azione. Pertanto, come in materia risarcitoria, l’azionista le cui azioni siano state svalutate e annullate non può più agire giudizialmente, in quanto, dopo la risoluzione, perde la sua qualità di azionista. Egli non può far valere l’efficacia retroattiva della nullità, che opererà in esito al procedimento giurisdizionale, per ovviare alla mancanza della qualità di azionista al momento in cui quest’ultimo è avviato. Non se ne può dedurre che, alla data della risoluzione, la sua obbligazione sia maturata, retroattivamente, ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 3, e dell’articolo 60, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2014/59.

95.      In secondo luogo, se la qualità di azionista non esistesse più alla data della risoluzione a causa dell’efficacia retroattiva della nullità dichiarata, tutta la valutazione sulla quale è fondata la decisione di risoluzione sarebbe rimessa in discussione poiché la composizione del capitale fa parte dei dati oggettivi di tale valutazione. Così sarebbero vanificati la stessa procedura di risoluzione nonché gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2014/59. Ricordo che l’indennizzo degli azionisti non fa parte degli obiettivi di tale atto normativo: anzi, al contrario, tali soggetti devono essere i primi a sopportare le perdite.

96.      In terzo luogo, il meccanismo di risoluzione bancaria costituisce una lex specialis rispetto alla direttiva 2003/71 e alle direttive di diritto societario (47). Infatti, esso riguarda solo gli istituti bancari che si trovino in difficoltà finanziarie gravi e non tutte le società per azioni. Inoltre, come ricorda il governo italiano, la direttiva 2014/59 è stata adottata prima della pubblicazione del prospetto controverso: il rischio di svalutazione era quindi noto agli acquirenti, così come il rischio di perdita connesso a tale tipo di investimenti. Di conseguenza, una giurisprudenza fondata solo su tali atti normativi di diritto derivato relativi al diritto societario e al diritto dei mercati finanziari non può vanificare gli obiettivi perseguiti dalla risoluzione.

97.      In quarto luogo, operare una distinzione tra gli azionisti che abbiano acquistato le loro azioni sulla base di un prospetto errato o inesatto i quali avrebbero, per tale motivo, diritto ad un indennizzo e gli altri azionisti le cui azioni sono state annullate conduce a creare una disparità di trattamento significativa tra di loro senza che ciò possa essere giustificato da un interesse pubblico (48), ricordandosi che la Corte ha già dichiarato che la tutela degli investitori non poteva prevalere in ogni caso sull’interesse generale consistente nel garantire la stabilità del sistema finanziario (49).

98.      Per tutte queste ragioni, la risposta alla seconda questione pregiudiziale non può che essere affermativa, e cioè nel senso che i meccanismi di risoluzione comportanti un bail-in, una svalutazione totale e una cessione di attività ostano ad un’azione di nullità del contratto di sottoscrizione di azioni, posteriore alla data della decisione di risoluzione.

99.      Di conseguenza, l’articolo 34, paragrafo 1, lettera a), l’articolo 53, paragrafo 3, nonché l’articolo 60, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2014/59 devono essere interpretati nel senso che, qualora, nell’ambito di una procedura di risoluzione di un’entità finanziaria, la totalità delle azioni comprese nel capitale sociale sia stata svalutata, essi ostano a che obblighi di restituzione del controvalore delle azioni sottoscritte nonché di pagamento di interessi vengano giudizialmente imposti all’entità emittente o all’entità ad essa succeduta a titolo universale, come conseguenza della dichiarazione di nullità, con effetti retroattivi, del contratto di sottoscrizione delle azioni, in virtù di azioni giudiziarie intentate dopo la risoluzione dell’entità stessa.

C.      Osservazioni integrative

100. Anche se, nella fattispecie, sono sottoposte all’esame della Corte solo le disposizioni della direttiva 2003/71 in materia di prospetto, esistono altre disposizioni in materia di trasparenza finanziaria per le quali gli Stati membri debbono prevedere un meccanismo di responsabilità.

101. Così l’articolo 7 della direttiva 2004/109 contempla un obbligo, a carico degli Stati membri, analogo a quello dell’articolo 6 della direttiva 2003/71, di prevedere un’azione risarcitoria.

102. A mio parere, un’azione risarcitoria non dovrebbe essere possibile neppure su quest’ultimo fondamento, in caso di risoluzione operata nelle stesse circostanze del caso di specie.

103. Tuttavia, in maniera generale, questa controversia non permetterebbe di andare oltre e di affermare che la sola azione risarcitoria possibile, indipendentemente dal suo fondamento, dopo un bail-in realizzato attraverso una svalutazione totale dei titoli interessati è quella prevista dall’articolo 75 della direttiva 2014/59, eccetto i casi di annullamento della decisione di risoluzione?

104. Infatti, il principio secondo il quale un creditore non può subire un trattamento più sfavorevole rispetto al caso di liquidazione non dev’essere interpretato nel senso che consenta le stesse azioni contenziose possibili in caso di liquidazione con procedura ordinaria di insolvenza.

105. Il testo dell’articolo 75 della direttiva 2014/59 è chiaro: esso garantisce soltanto il pagamento della differenza tra le perdite subite nell’ambito della risoluzione e quelle che sarebbero state subite nell’ambito di una liquidazione con procedura ordinaria.

106. A questa interpretazione non può essere opposta quella che emerge dalla relazione di valutazione redatta dalla Deloitte nell’ambito della procedura di risoluzione in esame in cui si afferma che l’indennizzo a motivo di un prospetto errato o inesatto è possibile sia nella liquidazione che nella risoluzione (50). Infatti, l’interpretazione degli atti di diritto dell’Unione controversi quanto alla possibilità o meno di agire sul fondamento di un prospetto errato dopo una decisione di risoluzione è di competenza esclusiva della Corte.

107. Inoltre, l’esistenza di un rimedio procedurale non permette di garantire che l’eventuale decisione favorevole possa essere realmente eseguita nei confronti dell’ente liquidato.

108. Pertanto, solo tale interpretazione di detto articolo 75 permette di comparare effetti realmente comparabili, e cioè le perdite subite, e non la semplice esistenza di rimedi contenziosi senza verificare il loro reale effetto indennitario.

109. Per contro, se, nell’ambito di una liquidazione con procedura ordinaria, una decisione risultante da un’azione risarcitoria o di nullità potesse realmente trovare esecuzione a favore dell’azionista leso, quest’ultimo potrebbe essere risarcito per la differenza con la perdita subita nell’ambito della procedura di risoluzione.

110. Fare di questa misura di salvaguardia la sola possibilità di indennizzo dopo la decisione di risoluzione permetterebbe di accertarsi che gli obiettivi della risoluzione bancaria siano rispettati. Tra di essi, da un lato, la messa in comune dei rischi tra le banche sarebbe garantita, in quanto tale indennizzo sarebbe a carico dell’insieme delle banche assoggettato a contributi (51) e, dall’altro, la prevedibilità della valutazione precedente alla decisione di risoluzione sarebbe garantita, permettendo di adottare la decisione di risoluzione più adeguata alla situazione.

111. Ricordo che la Corte europea dei diritti dell’uomo, investita di una controversia analoga di annullamento di azioni a seguito della ristrutturazione di una banca con decisione governativa ha – è vero – accertato una violazione del diritto al ricorso effettivo tutelato dall’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (52). Tuttavia, tale violazione era giustificata dal fatto che gli azionisti non avevano potuto rimettere in discussione dinanzi ad un giudice la valutazione dello stato di insolvenza della banca, che aveva giustificato il provvedimento di ristrutturazione. Per contro, se tale valutazione avesse potuto essere effettuata da un giudice, le condizioni di tale articolo 6, paragrafo 1, sarebbero state soddisfatte (53).

112. Orbene, la direttiva 2014/59 prevede esplicitamente l’esistenza di un diritto di ricorso contro ogni decisione di adozione di un provvedimento di risoluzione, nonché l’obbligo per il giudice adito di fondare la propria valutazione sulle valutazioni economiche complesse dei fatti effettuate dall’autorità di risoluzione, verificando nel contempo l’esattezza materiale, l’affidabilità e la coerenza degli elementi di prova fatti valere dall’autorità di risoluzione (54).

113. Ove la Corte accettasse di seguire questo ragionamento, limitandosi ad ammettere, come sola possibilità di indennizzo avviata dopo la decisione di risoluzione, salvo il caso di annullamento della decisione di risoluzione, quella prevista dall’articolo 75 della direttiva 2014/59, essa resterebbe nei limiti previsti dagli articoli 47 e 52 della Carta.

V.      Conclusione

114. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali proposte dall’Audiencia Provincial de A Coruña (Corte provinciale di La Coruña, Spagna) nei seguenti termini:

L’articolo 34, paragrafo 1, lettera a), l’articolo 53, paragrafi 1 e 3, nonché l’articolo 60, paragrafo 2, lettere b) e c), della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio, devono essere interpretati nel senso che, qualora, nell’ambito di una procedura di risoluzione di un’entità finanziaria, la totalità delle azioni compresa nel capitale sociale sia stata svalutata, essi ostano, da un lato, a che i soggetti che hanno acquistato azioni alcuni mesi prima dell’inizio della procedura di risoluzione, in occasione di un aumento di capitale con offerta pubblica di sottoscrizione, possano, dopo la decisione di risoluzione, proporre, nei confronti dell’entità emittente o dell’entità risultante da una successiva fusione per incorporazione, azioni risarcitorie o azioni di effetto equivalente facendo valere l’inesattezza di informazioni contenute nel prospetto di emissione e, dall’altro, a che obblighi di restituzione del controvalore delle azioni sottoscritte nonché di versamento di interessi siano giudizialmente imposti all’entità emittente o all’entità ad essa succeduta a titolo universale, come conseguenza della dichiarazione di nullità, con effetti retroattivi, del contratto di sottoscrizione delle azioni, in virtù di azioni giudiziarie intentate dopo la risoluzione dell’entità stessa.


1      Lingua originale: il francese.


2      Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2014, L 173, pag. 190).


3      Regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) no 1093/2010 (GU 2014, L 225, pag. 1).


4      V. articolo 31, paragrafo 2, della direttiva 2014/59 e articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014.


5      GU 2014, L 173, pag. 149.


6      GU 1997, L 84, pag. 22.


7      V. articolo 34, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2014/59 e articolo 15, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014.


8      V. articolo 34, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2014/59 e articolo 15, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 806/2014.


9      GU 2003, L 345, pag. 64.


10      La direttiva 2003/71 è stata abrogata, con effetto al 21 luglio 2019, dal regolamento (UE) 2017/1129 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, relativo al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di titoli in un mercato regolamentato (GU 2017, L 168, pag. 12).


11      GU 2017, L 178, pag. 15.


12      BOE n. 181, del 29 luglio 1988, pag. 23405.


13      BOE n. 255, del 24 ottobre 2015, pag. 100356.


14      BOE n. 146, del 19 giugno 2015, pag. 50797; in prosieguo: la «legge 11/2015».


15      Quale tradotta nella decisione di rinvio. BOE n. 155, del 30 giugno 2017, pag. 55470.


16      V. articolo 60, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2014/59.


17      Anche se le decisioni del CRU e del FROB non citano gli articoli relativi al bail-in, ma soltanto quelli relativi alla cessione di attività nonché alla svalutazione e alla conversione di strumenti di capitale, è chiaro tuttavia che quello che è stato operato è proprio un bail-in, definito dall’articolo 2, paragrafo 1, punto 57, della direttiva 2014/59 come «il meccanismo per l’esercizio, da parte di un’autorità di risoluzione, dei poteri di svalutazione e di conversione in relazione alle passività di un ente soggetto a risoluzione, secondo il disposto dell’articolo 43».


18      La decisione di rinvio menziona solo le azioni, ma il ragionamento potrebbe essere esteso a tutti i titoli offerti al pubblico sulla base di un prospetto incompleto o inesatto, rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/71, e che abbiano formato oggetto di una svalutazione o di una conversione nell’ambito di una risoluzione bancaria.


19      V. sentenza del 16 luglio 2020, Adusbef e a. (C‑686/18, EU:C:2020:567, punto 92 e giurisprudenza citata).


20      V. sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a. (C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 88).


21      Seconda direttiva 77/91/CEE del Consiglio, del 3 dicembre 1976, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 58, secondo comma, del Trattato [divenuto articolo 48, secondo comma, CE, poi articolo 54, secondo comma, TFUE], per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU 1977, L 26, pag. 1); direttiva 2012/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sul coordinamento delle garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 54, secondo paragrafo, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU 2012, L 315, pag. 74), come pure direttiva (UE) 2017/1132 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, relativa ad alcuni aspetti di diritto societario (GU 2017, L 169, pag. 46).


22      V. sentenze del 19 luglio 2016, Kotnik e a. (C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 91), e dell’8 novembre 2016, Dowling e a. (C‑41/15, EU:C:2016:836, punto 54).


23      Sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a. (C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 91).


24      V. sentenza del 19 dicembre 2013, Hirmann (C‑174/12, EU:C:2013:856, punto 29).


25      V. articolo 60, paragrafo 2, lettera b), in fine, della direttiva 2014/59.


26      Tale articolo dispone che, «[o]ve ciò sia necessario per tutelare gli interessi dei terzi in buona fede che hanno acquisito azioni, altri titoli di proprietà, diritti e passività di un ente soggetto a risoluzione in virtù del ricorso agli strumenti di risoluzione o dell’esercizio dei poteri di risoluzione da parte di un’autorità di risoluzione, l’annullamento di una decisione di un’autorità di risoluzione lascia impregiudicati i successivi atti amministrativi o transazioni conclusi dall’autorità di risoluzione interessata e basati sulla decisione annullata. In tal caso, le misure correttive applicate a una decisione o azione indebita delle autorità di risoluzione sono limitate alla compensazione della perdita subita dal ricorrente in conseguenza della decisione o azione».


27      V. sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a. (C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 93).


28      V. sentenza della Corte EDU del 21 luglio 2016, Mamatas e altri c. Grecia, CE:ECHR:2016:0721JUD006306614, § 88 e giurisprudenza citata.


29      V. sentenza della Corte EDU del 10 luglio 2012, Grainger e altri c. Regno Unito, CE:ECHR:2012:0710DEC003494010, §§ 39 e 42.


30      V. cause Fundación Tatiana Pérez de Guzmán el Bueno e SFL/CRU (T‑481/17); Del Valle Ruiz e a./Commissione e CRU (T‑510/17); Eleveté Invest Group e a./Commissione e CRU (T‑523/17); Algebris (UK) e Anchorage Capital Group/Commissione (T‑570/17), nonché Aeris Invest/Commissione e CRU (T‑628/17).


31      V. articolo 101, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2014/59.


32      V. articolo 44, paragrafo 5, e articolo 101, paragrafo 2, della direttiva 2014/59.


33      V. articoli 100 e segg. della direttiva 2014/59.


34      V. considerando 45 della direttiva 2014/59.


35      V. articolo 101, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2014/59.


36      V. articolo 74 della direttiva 2014/59.


37      V. paragrafo 55 delle presenti conclusioni: solo una compensazione delle perdite subite a seguito della decisione annullata è prevista.


38      V. paragrafo 79 delle presenti conclusioni, riguardante l’indennizzo da parte del meccanismo di finanziamento della risoluzione.


39      V. conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Banco de Portugal e a. (C‑504/19, EU:C:2020:943, paragrafo 68).


40      V. articolo 36, paragrafo 6, lettera c), della direttiva 2014/59.


41      V., ad esempio, relazione di valutazione 2 redatta dalla società di revisione contabile Deloitte, i cui allegati riservati «Projet Hippocrate – Scénario de cession d’activités» (Progetto Ippocrate – Schema di cessione di attività – trad. libera) in data 6 giugno 2017 menzionano, alle pagine 34, 37 e 38, benché cancellati, la grande incertezza connessa ai potenziali ricorsi relativi ai trascorsi aumenti di capitale. Tali allegati sono accessibili sul sito Internet del CRU al seguente indirizzo: https://www.srb.europa.eu/system/files/media/document/Deloitte%20%20Project%20Hippocrates%20Appendices.pdf.


42      C‑174/12, EU:C:2013:856.


43      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 2004 sull’armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato e che modifica la direttiva 2001/34/CE (GU 2004, L 390, pag. 38).


44      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003 relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato (abusi di mercato) (GU 2003, L 96, pag. 16).


45      V. sentenza del 19 dicembre 2013, Hirmann (C‑174/12, EU:C:2013:856, punto 45 e dispositivo).


46      C‑174/12, EU:C:2013:856.


47      In particolare, la seconda direttiva 77/91, nonché le direttive 2012/30 e 2017/1132, citate alla nota a piè di pagina 21 delle presenti conclusioni.


48      V. articolo 34, paragrafo 1, lettera f), nonché considerando 13 e 47 della direttiva 2014/59.


49      V. paragrafi 47 e 48 delle presenti conclusioni.


50      V. relazione di valutazione 3 sulla valutazione della differenza di trattamento, accessibile sul sito Internet del CRU al seguente indirizzo: https://www.srb.europa.eu/system/files/media/document/2018-08-06%20Annex%20I%20-%20Valuation%203%20Report%20EN.pdf (pag. 68).


51      V. paragrafi 69 e 70 delle presenti conclusioni.


52      Firmata a Roma il 4 novembre 1950.


53      V. sentenza della Corte EDU del 19 novembre 2020, Project-Trade d.o.o. c. Croazia, CE:ECHR:2020:1119JUD000192014, § 67.


54      V. articolo 85, paragrafo 3, e considerando 89 della direttiva 2014/59.