SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)
29 gennaio 1998 (1)
«Responsabilità extracontrattuale Atto unico europeo Spedizioniere
doganale»
Nella causa T-113/96,
Edouard Dubois e Figli, società per azioni di diritto francese, con sede a Roubaix
(Francia), con gli avv.ti Pierre Ricard e Alain Crosson du Cormier, del foro di
Parigi, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Marc Feiler,
67, rue Ermesinde,
contro
Consiglio dell'Unione europea, rappresentato dal signor Guus Houttuin e dalla
signora Maria Cristina Giorgi, consiglieri giuridici, in qualità di agenti, con domicilio
eletto in Lussemburgo presso il signor Alessandro Morbilli, direttore generale della
direzione degli affari giuridici della Banca europea per gli investimenti, 100,
boulevard Konrad Adenauer,
e
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori Hendrik van Lier,
consigliere giuridico, e Fernando Castillo de la Torre, membro del servizio giuridico
della Commissione, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso
il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico della stessa,
Centre Wagner, Kirchberg,
avente ad oggetto una domanda di risarcimento danni proposta ai sensi degli artt.
178 e 215, secondo comma, del Trattato CE e diretta ad ottenere la condanna della
Comunità al risarcimento del preteso danno subìto dalla ricorrente in conseguenza
dell'istituzione, a partire dal 1° gennaio 1993, del mercato interno ai sensi dell'Atto
unico europeo, e della conseguente soppressione dell'attività di spedizioniere
doganale svolta sino a quel momento dalla ricorrente sul territorio francese,
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),
composto dai signori R. García-Valdecasas, presidente, J. Azizi e M. Jaeger, giudici,
cancelliere: J. Palacio Gonzalez, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 16
settembre 1997,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Fatti e contesto normativo
- 1.
- L'Atto unico europeo (in prosieguo: l'«Atto unico»), firmato a Lussemburgo il 17
febbraio 1986 e all'Aia il 28 febbraio successivo, ed entrato in vigore il 1° luglio
1987, ha integrato, con il suo art. 13, il Trattato CEE inserendovi un art. 8 A,
divenuto, per effetto dell'art. G, punto 9, del Trattato sull'Unione europea, l'art.
7 A del Trattato CE, che recita:
«La Comunità adotta le misure destinate all'instaurazione progressiva del mercato
interno nel corso di un periodo che scade il 31 dicembre 1992, conformemente alle
disposizioni del presente articolo (...)
Il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è
assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali
secondo le disposizioni del presente Trattato».
- 2.
- La realizzazione del mercato interno, imponendo la creazione fra gli Stati membri
della CEE di uno «spazio senza frontiere», comportava l'abolizione delle frontiere
fiscali e dei controlli doganali intracomunitari dopo la scadenza del periodo fissato
dalla menzionata disposizione, vale a dire al 1° gennaio 1993.
- 3.
- La detta realizzazione era tale da pregiudicare seriamente la continuazione
dell'esercizio di talune attività economiche direttamente connesse all'esistenza dei
controlli doganali e fiscali alle frontiere intracomunitarie.
- 4.
- Essa riguardava, sotto tale profilo, in particolare, gli agenti e gli spedizionieri
doganali, soggetti che svolgono per conto terzi, dietro corrispettivo, le formalità
doganali necessarie per provvedere al transito delle merci alle frontiere. Gli agenti
doganali espletano tali formalità in nome e per conto altrui. Gli spedizionieri
doganali disbrigano tali formalità per conto altrui ma in nome proprio.
- 5.
- Come risulta da una comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento
europeo e al Comitato economico e sociale relativa all'adeguamento al mercato
interno della professione di agente e spedizioniere doganale [SEC (92) 887 def., in
prosieguo: la «comunicazione della Commissione»], varie misure di
accompagnamento sono state adottate al fine di tener conto delle conseguenze
socioeconomiche derivanti per tale categoria professionale dall'istituzione del
mercato interno.
- 6.
- Innanzi tutto, gli Stati membri hanno proceduto, anche se in modo non uniforme,
a concertazioni con le categorie interessate proponendo spesso misure di carattere
sociale (quali la concessione di prepensionamenti, misure di riqualificazione
professionale, misure di compensazione della perdita di retribuzione, assistenza alla
mobilità geografica ed un'assistenza tecnica alla ricerca di un posto di lavoro) o
economico (quali l'esenzione fiscale concessa sulle indennità di liquidazione, la
proroga del termine di pagamento per l'imposta sul valore aggiunto o aiuti alle
imprese) (comunicazione della Commissione, pagg. 11-13, punto III).
- 7.
- Inoltre, la Comunità ha adottato, a seguito di uno studio realizzato su incarico della
Commissione e finanziato dal Fondo sociale europeo (comunicazione della
Commissione, pagg. 6-11, punto II), tre categorie di misure.
- 8.
- In primo luogo, il Fondo sociale europeo ha assimilato gli agenti e gli spedizionieri
doganali a disoccupati a lungo termine consentendo loro di beneficiare, a tale
titolo, di azioni dirette ad assicurare la formazione e a favorire l'occupazione, e di
iniziative specifiche, tra cui figuravano interventi diretti a facilitare il loro
orientamento professionale, iniziative finanziate dal Fondo medesimo
(comunicazione della Commissione, pagg. 14-16, punto IV.1).
- 9.
- In secondo luogo, l'iniziativa Interreg ha sostenuto la ristrutturazione delle imprese
interessate, la formazione e la riorganizzazione del loro personale, la riconversione
e il riadattamento delle zone di trasformazione delle merci alle frontiere, nonché
la creazione di posti di lavoro sostitutivi (comunicazione della Commissione, pagg.
16 e 17, punto IV.2).
- 10.
- In terzo luogo, e a completamento delle dette iniziative, che si inseriscono tutte
nell'ambito dei fondi strutturali, sono state proposte ed adottate misure al di fuori
dei fondi strutturali. In tale contesto il Consiglio ha emanato il regolamento (CEE)
17 dicembre 1992, n. 3904, riguardante misure di adattamento della professione
degli agenti e spedizionieri doganali al mercato interno (GU L 394, pag. 1, in
prosieguo: il «regolamento n. 3904/92»).
- 11.
- La ricorrente, una società per azioni di diritto francese con un capitale di
47 850 000 FF, ha 1 400 dipendenti e dispone di quaranta succursali e
corrispondenti. Essa esercita la propria attività principale nel settore della
spedizione ed in quelli connessi e svolgeva, prima dell'istituzione del mercato unico,
attività di spedizioniere doganale autorizzato in sedici sedi situate in diversi punti
del territorio francese.
- 12.
- Al fine di prepararsi alle ripercussioni che avrebbe dovuto comportare per tale
ultima attività l'istituzione del mercato interno dal 1° gennaio 1993, la ricorrente
sostiene di aver compiuto importanti sforzi per attuare una strategia di sviluppo e
di riconversione verso altri settori di attività.
- 13.
- Essa ha potuto avvalersi, in particolare, del regolamento n. 3904/92 beneficiando,
a tale titolo, della concessione di un aiuto di 100 000 ECU che le ha consentito di
rilevare un'altra società (la Adrien Martin, divenuta poi Adrien Martin
International), in liquidazione giudiziaria. Tale acquisizione si collocava nella
strategia della ricorrente di riconversione delle proprie attività di spedizioniere
doganale verso attività diverse, nella fattispecie verso servizi riguardanti merci
provenienti da paesi extracomunitari e ad essi destinate.
- 14.
- La ricorrente asserisce di aver subìto, a seguito della realizzazione del mercato
interno, a partire dal 1° gennaio 1993, la soppressione praticamente totale e
definitiva delle proprie attività di spedizioniere doganale. Essa quantifica il preteso
danno conseguentemente subìto in 112 339 703 FF.
Procedimento e conclusioni delle parti
- 15.
- Ciò premesso, con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 24
luglio 1996, la ricorrente ha proposto il presente ricorso diretto ad ottenere un
risarcimento danni.
- 16.
- Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione) ha deciso di passare
alla fase orale senza procedere ad istruttoria.
- 17.
- All'udienza del 16 settembre 1997 sono state sentite le difese orali delle parti e le
risposte di queste ultime ai quesiti orali del Tribunale.
- 18.
- La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:
dichiarare i convenuti responsabili, ai sensi dell'art. 215, secondo comma,
del Trattato CE, del danno ad essa causato dalle ripercussioni, sulla propria
attività di spedizioniere doganale, dell'applicazione dell'Atto unico, che
istituisce uno spazio senza frontiere fra gli Stati membri della Comunità a
partire dal 1° gennaio 1993;
condannare in solido il Consiglio e la Commissione a versare alla ricorrente,
a titolo di risarcimento di tale danno, la somma di 112 339 702 FF;
condannare il Consiglio e la Commissione alle spese.
- 19.
- Il Consiglio conclude che il Tribunale voglia:
in via principale, dichiarare il ricorso manifestamente irricevibile;
in subordine, respingere il ricorso;
condannare la ricorrente alle spese.
- 20.
- La Commissione conclude che il Tribunale voglia:
dichiarare il ricorso irricevibile o respingerlo;
condannare la ricorrente alle spese.
Sulla ricevibilità
Argomenti delle parti
- 21.
- Avverso il ricorso i convenuti deducono tre motivi di irricevibilità di cui i primi due
sono sollevati dalla Commissione e dal Consiglio, e il terzo dal Consiglio.
- 22.
- Con il primo motivo di irricevibilità, i convenuti sostengono che il ricorso sarebbe
diretto a far sorgere la responsabilità della Comunità per un danno causato da un
trattato concluso fra Stati membri. I convenuti ricordano la giurisprudenza
(sentenze della Corte 4 febbraio 1975, causa 169/73, Compagnie Continentale
France/Consiglio, Racc. pag. 117, punto 16, e 28 aprile 1988, cause riunite 31/86 e
35/86, LAISA e CPC España/Consiglio, Racc. pag. 2285, punti 18-22), secondo cui
sono irricevibili i ricorsi diretti ad ottenere un risarcimento danni eventualmente
derivati da un accordo concluso fra Stati membri o dai Trattati istitutivi medesimi.
I convenuti rilevano che, nella specie, il ricorso mira al risarcimento di un danno
causato dall'applicazione dell'Atto unico.
- 23.
- Con il secondo motivo di irricevibilità, i convenuti fanno valere, da un lato, che il
ricorso, non identificando il fatto lesivo, non risponderebbe al requisito di cui
all'art. 19 dello Statuto (CE) della Corte (in prosieguo: lo «Statuto della Corte»)
ed all'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale. L'oggetto
della controversia non sarebbe quindi definito con sufficiente precisione. D'altro
canto, il ricorso, nei limiti in cui non fosse diretto solamente contro l'Atto unico,
non preciserebbe il proprio fondamento giuridico.
- 24.
- Con il terzo motivo di irricevibilità, il Consiglio deduce che il preteso danno
sarebbe imputabile agli Stati membri. Infatti, se dovesse essere interpretato nel
senso di una contestazione di carenza nei confronti delle istituzioni comunitarie, il
ricorso sarebbe irricevibile, in quanto il preteso danno sarebbe imputabile, quanto
meno per una parte non trascurabile, agli Stati membri, mentre l'art. 215, secondo
comma, del Trattato, su cui si basa il ricorso, consente unicamente di far valere la
responsabilità sorta per fatto delle sole istituzioni comunitarie e dei loro agenti.
- 25.
- La ricorrente ritiene, quanto al primo motivo di irricevibilità, che, se il ricorso
riguarda l'Atto unico, esso non lo riguardi in quanto fonte del danno direttamente
subìto dalla ricorrente medesima, bensì in quanto norma la cui entrata in vigore
avrebbe costituito per le istituzioni comunitarie la fonte di nuovi obblighi di agire,
essenzialmente quello di adottare misure compensative e di adeguamento
appropriate per la professione di spedizioniere doganale. Tali misure o non
sarebbero state adottate o sarebbero state adottate solo in modo insufficiente.
- 26.
- La ricorrente ritiene che il secondo motivo di irricevibilità manchi di serietà. I
convenuti sarebbero giunti ad individuare perfettamente il fatto lesivo invocato ed
avrebbero infatti confutato in modo esauriente i motivi dedotti dalla ricorrente.
- 27.
- La ricorrente non si esprime sul terzo motivo di irricevibilità.
Giudizio del Tribunale
- 28.
- Il Tribunale ritiene opportuno far precedere l'esame del secondo motivo di
irricevibilità a quello del primo e del terzo.
Sul secondo motivo di irricevibilità
- 29.
- Si deve ricordare che, ai sensi dell'art. 19, primo comma, dello Statuto della Corte,
applicabile al Tribunale in forza dell'art. 46, primo comma, dello Statuto medesimo,
nonché dell'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale, il
ricorso deve indicare l'oggetto della controversia e l'esposizione sommaria dei
motivi dedotti. Tale indicazione dev'essere sufficientemente chiara e precisa per
consentire alla parte convenuta di preparare la sua difesa e al Tribunale di
pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a supporto. Al fine
di garantire la certezza del diritto e una corretta amministrazione della giustizia è
necessario, affinché un ricorso sia considerato ricevibile, che gli elementi essenziali
di fatto e di diritto sui quali esso è fondato emergano, anche sommariamente,
purché in modo coerente e comprensibile, dall'atto introduttivo stesso (v. ordinanza
del Tribunale 28 aprile 1993, causa T-85/92, De Hoe/Commissione, Racc. pag. II-523, punto 20).
- 30.
- Per essere conforme a tali requisiti, un ricorso inteso al risarcimento del danno
causato da un'istituzione comunitaria deve contenere elementi che consentano di
identificare il comportamento che il ricorrente addebita all'istituzione, le ragioni per
le quali egli ritiene che esista un nesso di causalità tra il comportamento e il danno
che asserisce di aver subito, nonché il carattere e l'entità di tale danno (v. sentenze
del Tribunale 18 settembre 1996, causa T-387/94, Asia Motor France e
a./Commissione, Racc. pag. II-961, punto 107; 6 maggio 1997, causa T-195/95,
Guérin automobiles/Commissione, Racc. pag. II-679, punto 21, e 10 luglio 1997,
causa T-38/96, Guérin automobiles/Commissione, Racc. pag. II-1223, punto 42).
- 31.
- Nella fattispecie, si deve rilevare che il ricorso risponde a tali requisiti minimi. Non
vi è dubbio, infatti, che il ricorso è diretto a far dichiarare la responsabilità
extracontrattuale della Comunità al fine di ottenere il risarcimento del danno
asserito, vale a dire la perdita da parte della ricorrente della propria attività di
spedizioniere doganale, qualificabile come impresa commerciale, nonché gli oneri
eccezionali di gestione connessi a tale perdita. Tale preteso danno subìto a causa
della scomparsa dell'attività di spedizioniere doganale intracomunitario sarebbe
imputabile, secondo la ricorrente, alla Comunità. Quest'ultima avrebbe causato
l'asserito danno, da un lato, avendo abolito, in applicazione dell'Atto unico, le
frontiere fiscali e doganali e, dall'altro, avendo omesso di adottare adeguate misure
di indennizzo e di accompagnamento al fine di attenuare le ripercussioni prodotte
da tale abolizione sulla professione di cui trattasi.
- 32.
- La Comunità si sarebbe pertanto resa responsabile, rispettivamente, di una lesione
dell'uguaglianza di fronte agli oneri pubblici, di un intervento equivalente a un
esproprio con conseguente diritto ad indennizzo e di una violazione grave e
manifesta di norme giuridiche di rango superiore dirette a tutelare i singoli, vale a
dire il principio del rispetto dei diritti acquisiti ed il principio della tutela del
legittimo affidamento.
- 33.
- Il ricorso contiene dunque, contrariamente a quanto sostenuto dai convenuti,
precisazioni formalmente sufficienti sul fatto lesivo e sul fondamento giuridico della
domanda, ragion per cui questo motivo di irricevibilità non risulta fondato.
Sul primo e sul terzo motivo di irricevibilità
- 34.
- Il Tribunale rileva che questi due motivi di irricevibilità sollevano, sostanzialmente,
la questione se il danno asserito sia imputabile agli Stati membri ovvero alle
istituzioni comunitarie. Essi si riferiscono quindi alle condizioni necessarie perché
sorga la responsabilità della Comunità, vale a dire alla determinazione del fatto
generatore della responsabilità ed al nesso di causalità tra tale fatto generatore ed
il preteso danno. Il loro esame è quindi connesso a quello del merito della
controversia.
Sul merito
- 35.
- La ricorrente formula nel ricorso, in via principale, una domanda fondata sulla
responsabilità oggettiva della Comunità e, in subordine, una domanda fondata sulla
responsabilità per fatto illecito della Comunità stessa.
Sulla responsabilità oggettiva
Argomenti delle parti
- 36.
- A sostegno della domanda, formulata in via principale, fondata sulla responsabilità
oggettiva della Comunità la ricorrente deduce due motivi.
- 37.
- Il primo motivo si basa sulla nozione di lesione dell'uguaglianza di fronte agli oneri
pubblici, tratta dal diritto amministrativo francese. Tale teoria consentirebbe di
risarcire chi possa provare di aver subito, in assenza di fatto illecito, un danno
anormale, specifico e diretto. La ricorrente ritiene che l'applicazione dell'Atto unico
abbia comportato, a suo danno, una lesione dell'uguaglianza di fronte agli oneri
pubblici e le abbia causato un danno anormale, specifico e diretto. Infatti,
l'applicazione di tale trattato internazionale avrebbe comportato la soppressione
dell'attività specifica di spedizioniere doganale nell'ambito degli scambi
intracomunitari e quindi la perdita irreparabile dell'impresa commerciale della
ricorrente, nonché oneri eccezionali di gestione nei settori sociale, tecnico ed
amministrativo. Richiamandosi alla comunicazione della Commissione (pag. 1,
secondo capoverso), nonché al regolamento n. 3904/92, in cui, nel quinto
'considerando della motivazione, si rileva che la «soppressione delle formalità
doganali alle frontiere intracomunitarie metterà bruscamente fine alle attività
intracomunitarie di questa professione», la ricorrente considera che tale nesso di
causalità diretta è difficilmente contestabile.
- 38.
- Il secondo motivo si ispira alla nozione di intervento equivalente ad un esproprio,
tratta dal diritto tedesco. La ricorrente afferma, al riguardo, che l'applicazione
dell'Atto unico costituirebbe nei suoi confronti un intervento equivalente ad un
esproprio. Essa si richiama alle conclusioni dell'avvocato generale Sir Gordon Slynn
per la sentenza 6 dicembre 1984, causa 59/83, Biovilac/CEE (Racc. pagg. 4057,
4091), in cui si rileva che «se la Comunità avesse il diritto di espropriare i beni, al
proprietario spetterebbe una contropartita, che potrebbe venire attribuita in esito
ad un'azione esperita a norma dell'art. 215, secondo comma». La ricorrente
conclude che tale principio è applicabile nei suoi confronti.
- 39.
- I convenuti contestano la fondatezza della domanda principale.
Giudizio del Tribunale
- 40.
- La responsabilità extracontrattuale della Comunità si estende, ai sensi dell'art. 215,
secondo comma, del Trattato CE, ai danni causati dalle sue istituzioni o dai suoi
agenti nell'esercizio delle loro funzioni.
- 41.
- Il diritto comunitario primario è costituito dai Trattati istitutivi della Comunità
europea del carbone e dell'acciaio, della Comunità europea e della Comunità
europea dell'energia atomica, nonché dalle convenzioni che hanno integrato o
modificato tali Trattati istitutivi, come la convenzione relativa a talune istituzioni
comuni alle Comunità europee, i trattati di adesione di nuovi Stati membri, l'Atto
unico e il Trattato sull'Unione europea. Tali Trattati, tra cui l'Atto unico, sono
accordi conclusi tra gli Stati membri al fine di istituire o di modificare le Comunità
europee. L'Atto unico non costituisce quindi né un atto delle istituzioni né un atto
di dipendenti della Comunità. Esso non può pertanto far sorgere la responsabilità
extracontrattuale della Comunità (v. sentenze Compagnie Continentale
France/Consiglio, citata al precedente punto 22, punto 16, e LAISA e CPC
España/Consiglio, citata al precedente punto 22, punti 18-22). Inoltre, gli artt. 178
e 215, secondo comma, del Trattato, che disciplinano la responsabilità
extracontrattuale della Comunità, fanno parte anch'essi del diritto primario. Ora,
discende dalla gerarchia delle norme che tali disposizioni non possono applicarsi
agli atti di livello equivalente, non essendo ciò espressamente previsto.
- 42.
- Senza che sia necessario risolvere la questione se nel diritto comunitario la
responsabilità extracontrattuale della Comunità possa sorgere in assenza di fatto
illecito, nella fattispecie è sufficiente rilevare che il ricorso, attraverso il suo primo
motivo, malgrado le assicurazioni della ricorrente, secondo cui il danno da essa
fatto valere non troverebbe la sua origine nell'Atto unico bensì nella carenza delle
istituzioni comunitarie nell'adottare adeguate misure compensative e di
adeguamento, è in realtà sostanzialmente diretto a far sorgere la responsabilità
della Comunità sulla base dell'Atto unico stesso.
- 43.
- Infatti, solamente l'istituzione del mercato interno con la conseguente abolizione
delle frontiere doganali e fiscali, che ha determinato di fatto la scomparsa della
professione di cui trattasi, sarebbe, eventualmente, tale da arrecare alla ricorrente
un danno anormale, specifico e diretto, e proprio l'istituzione del mercato interno
configurerebbe se del caso, rispettivamente, una lesione dell'uguaglianza di fronte
agli oneri pubblici ovvero un intervento equivalente ad un esproprio, comportante
la perdita praticamente totale e definitiva di tale attività nonché oneri eccezionali
di gestione connessi a tale perdita.
- 44.
- Questa conclusione si impone con tanto maggiore evidenza in quanto la domanda
formulata in via principale presuppone come nesso causale con il danno fatto
valere la soppressione delle frontiere doganali e fiscali in applicazione dell'Atto
unico.
- 45.
- I motivi dedotti a sostegno della domanda formulata in via principale, fondata sulla
responsabilità oggettiva della Comunità, si fondano quindi sull'abolizione delle
frontiere doganali e fiscali che ha posto termine alle attività intracomunitarie degli
spedizionieri doganali. Tale nesso di causalità non è peraltro contestato. Infatti,
esso viene, nel contempo, espressamente fatto valere dalla ricorrente nel ricorso,
riconosciuto dalla Commissione e constatato dal Consiglio al quinto 'considerando
della motivazione del regolamento n. 3904/92, a termini del quale la soppressione
delle formalità doganali alle frontiere intracomunitarie metterà bruscamente fine
alle attività intracomunitarie di tale professione.
- 46.
- Ora, l'abolizione delle frontiere doganali e fiscali risulta direttamente dall'art. 13
dell'Atto unico, divenuto l'art. 7 A del Trattato CE, ai sensi del quale «il mercato
interno comporta uno spazio senza frontiere interne». Essa ne costituisce quindi
una conseguenza diretta e necessaria. La causa diretta e determinante del danno
provocato dall'abolizione delle frontiere doganali e fiscali risiede quindi nell'art. 13
dell'Atto unico. Per contro, i provvedimenti comunitari o nazionali di applicazione
dell'Atto unico con cui sono state abolite le frontiere doganali e fiscali non
costituiscono una causa indipendente del danno asserito.
- 47.
- Ne consegue che la domanda fondata su una responsabilità oggettiva della
Comunità è in realtà diretta a far dichiarare la responsabilità di quest'ultima per
un danno la cui fonte è l'Atto unico, che costituisce un atto del diritto comunitario
primario. Esso non costituisce quindi né un atto delle istituzioni comunitarie né un
atto degli agenti della Comunità nell'esercizio delle loro funzioni e non può,
pertanto, far sorgere la responsabilità oggettiva extracontrattuale della Comunità.
- 48.
- La domanda formulata in via principale, fondata sulla responsabilità oggettiva della
Comunità è pertanto irricevibile.
Sulla responsabilità per fatto illecito
Argomenti delle parti
- 49.
- A sostegno della domanda formulata in subordine, fondata sulla responsabilità per
fatto illecito, la ricorrente fa valere che i convenuti avrebbero posto in essere,
nell'applicazione dell'Atto unico nonché nell'ambito dell'esame dei provvedimenti
adottati in previsione degli effetti dell'Atto unico stesso o per controllarne talune
conseguenze, violazioni gravi e manifeste di norme giuridiche di rango superiore
dirette a tutelare i singoli. La ricorrente rileva, al riguardo, il preteso carattere
insufficiente degli interventi compensativi della Comunità previsti dal regolamento
n. 3904/92.
- 50.
- Le norme giuridiche di rango superiore dirette a tutelare i singoli violate dai
convenuti sarebbero i principi del rispetto dei diritti acquisiti e di tutela del
legittimo affidamento.
- 51.
- La ricorrente sottolinea che la categoria professionale degli spedizionieri doganali
sarebbe stata riconosciuta nella sua specificità dal diritto comunitario con il
regolamento (CEE) del Consiglio 12 dicembre 1985, n. 3632, che definisce le
condizioni alle quali una persona è ammessa a fare una dichiarazione in dogana
(GU L 350, pag. 1, in prosieguo: il «regolamento n. 3632/85»). Tali diritti acquisiti
non sarebbero stati rimessi direttamente in discussione dal diritto comunitario
primario. Ciò sarebbe avvenuto, in maniera indiretta, solo ad opera di disposizioni
del diritto comunitario derivato, modificative, in particolare, delle formalità di
dichiarazione dell'imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l'«IVA»), che avrebbe
avuto come conseguenza la soppressione, di fatto, dell'attività professionale di
spedizioniere doganale negli scambi intracomunitari.
- 52.
- La ricorrente ritiene che, nella fattispecie, si sia verificata una triplice violazione del
principio di tutela del legittimo affidamento. In primo luogo, non sarebbe stato
rispettato il diritto fondamentale della ricorrente all'esercizio della propria attività
professionale. In secondo luogo, il principio sarebbe stato violato a causa della
mancanza di misure transitorie che consentissero alla professione di spedizioniere
doganale di prepararsi e di adeguarsi alle nuove circostanze derivanti
dall'istituzione del mercato unico a partire dal 1° gennaio 1993. Tale carenza
sarebbe tanto più grave in quanto la detta professione sarebbe stata costretta per
legge a proseguire integralmente le proprie precedenti attività sino a tale data. In
terzo luogo, le istituzioni comunitarie, venendo meno alle legittime aspettative degli
interessati, avrebbero omesso di emanare adeguati provvedimenti di indennizzo del
danno specifico derivato a tale professione. Infatti, nulla poteva lasciar supporre
che, nell'adottare i provvedimenti necessari ai fini del compimento del mercato
interno, le istituzioni comunitarie non avrebbero preso specifiche misure di
indennizzo e di accompagnamento.
- 53.
- I convenuti contestano la fondatezza del secondo motivo.
Giudizio del Tribunale
- 54.
- Si deve ricordare, in limine, che, secondo una giurisprudenza consolidata, il sorgere
della responsabilità extracontrattuale della Comunità presuppone che la parte
ricorrente provi l'illeceità del comportamento contestato all'istituzione interessata,
l'effettività del danno e l'esistenza di un nesso di causalità tra tale comportamento
e il danno lamentato (v. sentenze della Corte 29 settembre 1982, causa 26/81,
Oleifici Mediterranei/CEE, Racc. pag. 3057, punto 16, e del Tribunale 13 dicembre
1995, cause riunite T-481/93 e T-484/93, Exporteurs in Levende Varkens e
a./Commissione, Racc. pag. II-2941, punto 80; 11 luglio 1996, causa T-175/94,
International Procurement Services/Commissione, Racc. pag. II-729, punto 44; 16
ottobre 1996, causa T-336/94, Efisol/Commissione, Racc. pag. II-1343, punto 30, e
11 luglio 1997, causa T-267/94, Oleifici italiani/Commissione, Racc. pag. II-1239,
punto 20).
- 55.
- Affrontando, più in particolare, l'esame del presupposto della sussistenza di un
comportamento illegittimo, si deve constatare che il ricorso è, sotto un duplice
profilo, infondato.
- 56.
- In primo luogo, si deve ricordare che le omissioni delle istituzioni comunitarie
possono far sorgere la responsabilità della Comunità solo qualora le istituzioni
abbiano violato un obbligo giuridico di agire risultante da una norma comunitaria
(v. sentenza della Corte 15 settembre 1994, causa C-146/91, KYDEP/Consiglio e
Commissione, Racc. pag. I-4199, punto 58, e sentenza del Tribunale, Oleifici
italiani/Commissione, citata al precedente punto 54, punto 21).
- 57.
- Si pone pertanto la questione di stabilire su quale fondamento giuridico ed in qual
misura la Comunità sia obbligata ad agire, quindi ad indennizzare la ricorrente. Un
obbligo di tal genere non risulta, in primo luogo, né dall'Atto unico stesso né da
alcun'altra disposizione formale del diritto comunitario scritto. In secondo luogo,
non occorre nemmeno chiedersi, nella fattispecie, se eventualmente esista un
principio generale di diritto in forza del quale la Comunità sia tenuta a
indennizzare coloro che siano stati assoggettati a provvedimenti di esproprio o
restrittivi del libero esercizio del diritto di proprietà, principio la cui violazione
legittimerebbe l'interessato a proporre un ricorso ex art. 215, secondo comma, del
Trattato. Infatti, un siffatto obbligo di indennizzo sarebbe concepibile solamente in
relazione ad atti di esproprio provenienti dalle istituzioni comunitarie stesse, dato
che alla Comunità non può essere imposto l'obbligo di indennizzo per atti ad essa
non imputabili. Ora, come precedentemente esposto, la scomparsa della
professione di spedizioniere doganale intracomunitario risulta dall'Atto unico,
trattato internazionale adottato ed approvato dagli Stati membri.
Conseguentemente, non ricorrono i presupposti di una responsabilità della
Comunità. Non è tuttavia escluso che un obbligo di risarcimento possa
eventualmente imporsi sulla base del diritto nazionale dello Stato membro sul cui
territorio l'agente o lo spedizioniere doganale intracomunitario esercitava la propria
attività.
- 58.
- In secondo luogo, si deve rilevare che, anche supponendo che nella fattispecie sia
stato violato un obbligo giuridico di agire, resta il fatto che, nelle circostanze del
caso in esame, tale illecito non sarebbe certamente tale da far sorgere la
responsabilità della Comunità.
- 59.
- Si deve ricordare, al riguardo, che, se l'illegittimità contestata riguarda un atto
normativo, la responsabilità della Comunità è subordinata all'accertamento della
violazione di una norma giuridica di rango superiore diretta a tutelare i singoli.
Inoltre, se l'istituzione ha adottato l'atto normativo nell'ambito del proprio ampio
potere discrezionale, la responsabilità della Comunità può sorgere solo se la
violazione è caratterizzata, cioè se ha un carattere grave e manifesto (v., per
esempio, sentenze della Corte 2 dicembre 1971, causa 5/71, Zuckerfabrik
Schöppenstedt/Consiglio, Racc. pag. 975, punto 11; 25 maggio 1978, cause riunite
83/76 e 94/76, 4/77, 1/77 e 40/77, HNL e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag.
1209, punto 6; 19 maggio 1992, cause C-104/89 e C-37/90, Mulder e a./Consiglio e
Commissione, Racc. pag. I-3061, punto 12, e del Tribunale 6 luglio 1995, causa T-572/93, Odigitria/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-2025, punto 34;
Exporteurs in Levende Varkens e a./Commissione, citata al precedente 54, punto
81, e Oleifici Italiani/Commissione, pure citata al precedente punto 54, punto 22).
- 60.
- Tali criteri trovano applicazione anche in presenza di un illecito consistente in
un'omissione (v. sentenze della Corte 8 dicembre 1987, causa 50/86, Grands
Moulins de Paris/CEE, Racc. pag. 4833, punti 9 e 16; e del Tribunale 14 settembre
1995, causa T-571/93, Lefebvre e a./Commissione, Racc. pag. II-2379, punto 39).
- 61.
- Il presente ricorso, nella parte in cui è diretto ad ottenere il risarcimento di un
danno in relazione ad una pretesa insufficienza degli interventi della Comunità a
favore della professione di spedizioniere doganale in occasione dell'attuazione del
mercato unico, riguarda palesemente atti di carattere normativo riguardanti scelte
di politica economica e che riservano alle istituzioni comunitarie un ampio potere
discrezionale.
- 62.
- Si deve quindi, anzitutto, verificare se i convenuti abbiano violato una norma
giuridica di rango superiore diretta a tutelare i singoli e poi, eventualmente, se tale
violazione fosse grave e manifesta.
- 63.
- Per quanto attiene al principio di tutela dei diritti acquisiti, si deve rilevare, in
primo luogo, che il regolamento n. 3632/85, citato dalla ricorrente, si limita ad
armonizzare le condizioni alle quali una persona è ammessa a fare una
dichiarazione in dogana. Nel regolamento si constata, in primo luogo, che le
condizioni in cui una persona è autorizzata a fare una dichiarazione in dogana
variano in larga misura da uno Stato membro all'altro, in modo particolare per
quanto riguarda la possibilità di fare una dichiarazione in dogana per conto terzi
(secondo 'considerando della motivazione). In secondo luogo, si rileva l'esistenza
in taluni Stati membri di una normativa che riserva l'esercizio della professione
consistente nel fare dichiarazioni in dogana, vuoi in nome altrui, vuoi in nome
proprio ma per conto altrui, alle persone che soddisfano taluni requisiti (sesto
'considerando della motivazione). Il regolamento si limita a precisare al riguardo
che esso non osta al mantenimento di tale normativa ove essa riguardi l'esercizio
di una professione determinata e l'accesso alla stessa (sesto 'considerando della
motivazione).
- 64.
- Ne consegue che il regolamento n. 3632/85, lungi dal definire e dal determinare nel
diritto comunitario l'esercizio delle professioni di agente e di spedizioniere
doganale, si limita quindi a lasciare impregiudicate le normative in materia esistenti
in taluni Stati membri. Se esiste un diritto acquisito, esso non risulta quindi dal
regolamento n. 3632/85, bensì tutt'al più, se del caso, dalle normative in materia di
taluni Stati membri che, sottoscrivendo ed eventualmente ratificando l'Atto unico,
lo hanno rimesso in discussione. Si deve ricordare in proposito che la ricorrente
menziona il fatto che essa disponeva dell'autorizzazione ministeriale francese,
concessa ai sensi del code des douanes (codice doganale) francese, che le
consentiva di svolgere la professione di spedizioniere doganale autorizzato,
disciplinata, da ultimo, da un decreto francese del 24 dicembre 1986.
- 65.
- Ne consegue che il regolamento n. 3632/85 non ha fatto sorgere in capo alla
ricorrente un vantaggio qualificabile come diritto acquisito.
- 66.
- Il Tribunale ricorda, in secondo luogo, che nei casi in cui le autorità comunitarie
godono di un ampio potere discrezionale, gli operatori economici non possono
invocare un diritto quesito alla conservazione di un vantaggio derivante dalla
disciplina comunitaria di cui trattasi e di cui si siano avvalsi in un momento
determinato (v., ad esempio, sentenze della Corte 27 settembre 1979, causa 230/78,
Eridania, Racc. pag. 2749, punto 22; Biovilac/CEE, citata al precedente punto 38,
punto 23; 21 maggio 1987, cause riunite 133/85, 134/85, 135/85 e 136/85, Rau e
a./BALM, Racc. pag. 2289, punto 18, e 7 maggio 1991, causa C-69/89, Nakajima All
Precision/Consiglio, Racc. pag. I-2069, punto 119).
- 67.
- Ne consegue che, anche ammettendo che il regolamento n. 3632/85 abbia
effettivamente riconosciuto alla categoria professionale degli agenti e degli
spedizionieri doganali un vantaggio specifico, la ricorrente non può per questo
fondatamente invocare un diritto acquisito al mantenimento di tale vantaggio,
atteso che le istituzioni comunitarie possono legittimamente adeguare le normative
ai necessari mutamenti cui esse devono essere sottoposte. Tale diritto delle
istituzioni a procedere ad adeguamenti è tanto più evidente nel caso di specie in
quanto, come risulta dal primo 'considerando del regolamento n. 3904/92, la
realizzazione del mercato interno costituisce un obiettivo fondamentale per lo
sviluppo della Comunità.
- 68.
- Per quanto attiene al principio del legittimo affidamento, il Tribunale ricorda che
il diritto di far valere la tutela del legittimo affidamento si estende ad ogni singolo
che si trovi in una situazione da cui risulti che l'amministrazione comunitaria ha
fatto sorgere in capo ad esso fondate aspettative (v., ad esempio, la sentenza
Exporteurs in Levende Varkens e a./Commissione, citata al precedente punto 54,
punto 148). Per contro, nessuno può invocare una violazione del legittimo
affidamento in mancanza di assicurazioni precise fornitegli dall'amministrazione (v.,
ad esempio, sentenza Lefebvre e a./Commissione, citata al precedente punto 60,
punto 72).
- 69.
- Il Tribunale rileva che, nella specie, la ricorrente non ha dedotto alcun elemento
per dimostrare o quanto meno sostenere che le istituzioni comunitarie abbiano
fatto sorgere in capo alla ricorrente medesima fondate aspettative e che esse
avrebbero adottato idonee misure compensative e di adeguamento.
- 70.
- La ricorrente si limita a menzionare nel ricorso le «legittime aspettative (...)
dell'intera categoria professionale» o ad affermare nella replica che «nulla lasciava
supporre che, nell'emanazione dei provvedimenti necessari alla realizzazione del
mercato interno, le istituzioni comunitarie non avrebbero preso specifiche misure
di indennizzo o di accompagnamento». La ricorrente non è quindi palesemente in
grado di provare che i convenuti abbiano fatto sorgere in capo ad essa fondate
aspettative, nel senso che essi non avrebbero posto in essere le misure necessarie
alla realizzazione del mercato interno o che avrebbero adottato misure
compensative o di accompagnamento.
- 71.
- L'argomento relativo alla violazione del principio del legittimo affidamento non è
quindi fondato.
- 72.
- Il Tribunale aggiunge che non è nemmeno fondato l'argomento della ricorrente
relativo ad una pretesa violazione del diritto fondamentale all'esercizio della
propria attività professionale, configurante una violazione del principio della tutela
del legittimo affidamento.
- 73.
- I diritti fondamentali costituiscono parte integrante dei principi generali del diritto
dei quali i giudici comunitari garantiscono l'osservanza. Nel garantire la tutela di
tali diritti, questi ultimi sono tenuti ad ispirarsi alle tradizioni costituzionali comuni
agli Stati membri e non potrebbero quindi essere ammessi nella Comunità
provvedimenti incompatibili con i diritti fondamentali riconosciuti dalle costituzioni
di tali Stati. I Trattati internazionali in materia di tutela dei diritti dell'uomo, cui
gli Stati membri hanno cooperato o aderito, possono del pari fornire elementi di
cui occorre tener conto (sentenze della Corte 13 dicembre 1979, causa 44/79,
Hauer, Racc. pag. 3727, punto 15, e parere della Corte 28 marzo 1996, 2/94, Racc.
pag. I-1759, punto 33).
- 74.
- Il diritto al libero esercizio delle attività professionali fa parte dei principi generali
del diritto comunitario. Tale principio non costituisce tuttavia una prerogativa
assoluta, ma va considerato alla luce della sua funzione sociale. Ne consegue che
possono essere apportate restrizioni al libero esercizio di un'attività professionale,
a condizione che tali restrizioni rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse
generale perseguiti dalla Comunità e non costituiscano, rispetto allo scopo
perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza
stessa del diritto così garantito (sentenze della Corte 11 luglio 1989, causa 265/87,
Schräder, Racc. pag. 2237, punto 15; 30 luglio 1996, causa C-84/95, Bosphorus,
Racc. pag. I-3953, punto 21, e del Tribunale 15 aprile 1997, causa T-390/94,
Schröder e a./Commissione, Racc. pag. II-501, punto 125).
- 75.
- Nella fattispecie, il Tribunale rileva che la realizzazione del mercato interno non
pregiudica l'esistenza dell'impresa della ricorrente o l'essenza della libera scelta
della professione. Essa non incide direttamente, bensì solo indirettamente, su un
diritto relativo a quest'ultima, in quanto l'abolizione di talune formalità doganali e
fiscali ad essa conseguenti produce talune ripercussioni sulle possibilità di gestione
dell'impresa della ricorrente e, solo a seguito di ciò, sull'esercizio della professione.
Si deve poi rilevare che la realizzazione del mercato interno costituisce un obiettivo
di evidente interesse generale. In considerazione della finalità essenziale così
perseguita, essa non implica alcuna indebita limitazione all'esercizio del diritto
fondamentale di cui trattasi.
- 76.
- Da quanto precede emerge che nessuno dei principi giuridici di rango superiore
invocati dalla ricorrente è stato violato.
- 77.
- Si deve aggiungere, infine, che la pretesa carenza nell'adottare misure compensative
e di accompagnamento, anche ammesso che esista e che configuri un illecito, non
costituirebbe tuttavia palesemente una violazione grave e manifesta dei principi di
cui trattasi. Infatti, da un lato, i convenuti dispongono, nell'attuazione del mercato
interno, e quindi in ordine alla valutazione degli effetti negativi che ne possono
derivare, di un ampio potere discrezionale e, dall'altro, mediante il regolamento
n. 3904/92, hanno adottato misure diversificate. In tale regolamento si è peraltro
voluto precisare, come risulta dall'ottavo 'considerando dello stesso, che tali
misure comunitarie sono meramente complementari e si propongono di contribuire
utilmente agli sforzi intrapresi dagli Stati membri. Infatti, come risulta dal sesto
'considerando del regolamento n. 3632/85, in taluni Stati membri, tra cui la
Francia, esisteva una disciplina specifica della professione di agente e di
spedizioniere doganale che il diritto comunitario, per la precisione il regolamento
n. 3632/85, si limitava a lasciare impregiudicata. Appare quindi evidente, senza
neppure che sia sollevata la questione della sussidiarietà, che spettava in primo
luogo agli Stati membri interessati che, con l'adozione dell'Atto unico, sono stati
all'origine del preteso danno, emanare eventualmente misure compensative o di
accompagnamento. Alla luce del ruolo assunto nella fattispecie dagli Stati membri,
l'intervento della Comunità, anche ammettendo che essa fosse obbligata ad
intervenire, dev'essere considerato sufficiente.
- 78.
- Ne consegue che la domanda dedotta, formulata in subordine, basata sulla
responsabilità per fatto illecito non è fondata. Da tutto quanto precede risulta che
il ricorso dev'essere respinto in toto.
Sulle spese
- 79.
- Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è
condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta
soccombente e il Consiglio e la Commissione ne hanno chiesto la condanna alle
spese, essa dev'essere condannata alle spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) La ricorrente è condannata alle spese.
García-Valdecasas Azizi Jaeger
|
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 gennaio 1998.
Il cancelliere
Il presidente
H. Jung
J. Azizi