CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
EVGENI TANCHEV
presentate il 28 marzo 2019 (1)
Causa C‑171/18
Safeway Ltd
contro
Andrew Richard Newton,
Safeway Pension Trustees Ltd
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Court of Appeal (Regno Unito)]
«Articolo 157 TFUE e parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e sesso femminile – Applicazione della giurisprudenza Barber sulla parità di retribuzione relativa all’età di pensionamento – Determinazione della data di chiusura della «finestra» Barber – Portata del divieto previsto dal diritto dell’Unione di allineamento verso il basso retroattivo dell’età di pensionamento finché la finestra Barber è aperta – Assenza di un termine previsto dal diritto di uno Stato membro per introdurre un ricorso contro un trattamento discriminatorio fondato sull’età di pensionamento – Autonomia procedurale del diritto di uno Stato membro e diritto a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta»
1. La controversia oggetto del procedimento principale fornisce alla Corte un’occasione unica di pronunciarsi su quanto disposto dal diritto dell’Unione per garantire l’applicazione effettiva del principio della parità di retribuzione tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro, in circostanze in cui il diritto dello Stato membro non prevede un termine per fare valere in giudizio la sua presunta violazione e un privato mira a ottenere, nei confronti di altro privato, l’applicazione delle disposizioni in materia di parità di retribuzione. Più precisamente, le parti si trovano in sostanza in disaccordo sull’idoneità delle misure adottate da un fondo pensionistico nel 1991, in conseguenza della sentenza Barber della Corte (2), a soddisfare i requisiti stabiliti da detta sentenza per ciò che concerne la parità di retribuzione in materia pensionistica. Il principio di portata più generale, previsto dal diritto dell’Unione, secondo cui i diritti devono essere accompagnati da mezzi di ricorso giurisdizionali effettivi è altresì rilevante ai fini della controversia.
2. La Court of Appeal of England and Wales (Corte d’appello d’Inghilterra e Galles, Regno Unito; in prosieguo: il «giudice del rinvio») solleva la questione se una modifica dell’atto costitutivo di trust che disciplina il regime pensionistico in oggetto realizzata nel 1996 (essendo il trust la forma giuridica con cui generalmente i regimi pensionistici convenzionali vengono costituiti nel Regno Unito) (3), ma che rifletteva modifiche alla sua gestione introdotte nel 1991, è compatibile con il divieto sancito nella giurisprudenza della Corte (4) di allineamento retroattivo verso il basso (5), mediante parificazione dell’età di pensionamento dei lavoratori di sesso maschile e di quelli di sesso femminile, imponendo a quest’ultima categoria l’età di pensionamento dei primi, nell’attesa che fosse data attuazione alla sentenza pronunciata dalla Corte nella causa Barber.
I. Contesto normativo
A. Diritto dell’Unione
3. L’articolo 157, paragrafi 1 e 2, TFUE dispone che:
«1. Ciascuno Stato membro assicura l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.
2. Per retribuzione si intende, a norma del presente articolo, il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo.
La parità di retribuzione, senza discriminazione fondata sul sesso, implica:
a) che la retribuzione corrisposta per uno stesso lavoro pagato a cottimo sia fissata in base a una stessa unità di misura;
b) che la retribuzione corrisposta per un lavoro pagato a tempo sia uguale per uno stesso posto di lavoro».
B. Diritto dello Stato membro
4. L’articolo 19 dell’atto costitutivo di trust che disciplina il regime pensionistico Safeway (in prosieguo: il «regime») del 1o aprile 1984 così dispone:
«La Società può alterare o aggiungere a qualunque dei trust, in ogni momento e all’occorrenza, con il consenso dei Trustees, con Atto supplementare stipulato dalla Società e dai Trustees, i poteri e le regole del Regime, compreso il presente Atto costitutivo di trust e le Regole e tutti gli Atti e gli altri strumenti scritti allegati al presente Atto costitutivo di trust e agli Atti specificati nel secondo allegato del medesimo, e può esercitare tali poteri in modo che essi abbiano effetto con decorrenza da una data indicata nell’Atto supplementare, che può essere la data di detto atto o la data di qualsiasi precedente avviso scritto agli iscritti dell’alterazione o dell’aggiunta o una data in qualsiasi momento ragionevole, precedente o successiva alla data di siffatto Atto, in modo da conferire alla modifica o all’aggiunta un effetto retroattivo o futuro, a seconda dei casi».
II. Fatti del procedimento principale e questioni pregiudiziali
5. Il procedimento principale verte sulla determinazione della data in cui le età normali di pensionamento (in prosieguo: le «ENP») previste dal regime pensionistico convenzionale per i dipendenti del Safeway Group (il regime già menzionato, supra) sono state allineate a 65 anni per entrambi i lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile, essendo state fissate in precedenza a 60 anni per le donne e a 65 per gli uomini.
6. Safeway Limited (in prosieguo: l’«appellante»), che è il datore di lavoro principale ai sensi del regime, sostiene che l’allineamento delle ENP è intervenuto il 1o dicembre 1991, la data in cui agli iscritti al regime era stata notificato l’allineamento del trattamento dei lavoratori di sesso maschile e di quelli di sesso femminile mediante l’introduzione di un’ENP di 65 anni per entrambi i sessi per mezzo di avviso scritto, nonché la data con riferimento alla quale era stata dichiarata l’efficacia retroattiva di una modifica formale al regime successiva.
7. Il primo resistente, il sig. Andrew Newton, un iscritto al regime, afferma che l’allineamento dell’ENP a 65 anni non è intervenuto fino al 2 maggio 1996, la data di esecuzione dell’atto recante formale modifica del regime. Se ciò fosse vero, nessun allineamento dell’ENP per i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile avrebbe avuto luogo tra il dicembre 1991 e il maggio 1996, con la conseguenza che, durante tale periodo, i diritti dei lavoratori di sesso maschile avrebbero dovuto essere i medesimi della categoria favorita e cioè dei lavoratori di sesso femminile. Secondo il primo resistente, l’ENP dei lavoratori di sesso femminile era rimasta fissata a 60 anni fino alla modifica formale intervenuta il 2 maggio 1996, con la conseguenza che anche i lavoratori di sesso maschile avrebbero avuto diritto a tale ENP fino a quella data.
8. Il giudice del rinvio afferma che, nel caso ciò si rivelasse corretto, le conseguenze finanziarie della determinazione di tale questione si eleverebbero a più di 100 milioni di sterline (GBP) in totale.
9. Conformemente alle osservazioni scritte della Safeway Pensions Trustees Ltd, il secondo resistente, la sua posizione nel procedimento principale risulta neutrale.
10. La modifica dell’ENP è stata introdotta in conseguenza della sentenza del 17 maggio 1990, Barber (6), nella quale è stata ritenuta illecita, ai sensi dell’articolo 119 CE (ora articolo 157 TFUE), la discriminazione nei confronti dei lavoratori di sesso maschile nel contesto di regimi pensionistici che prevedono ENP diverse per i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile. Le ENP in oggetto nella causa Barber erano di 65 anni per gli uomini e di 60 per le donne.
11. Ciononostante, gli effetti temporali della sentenza erano stati sospesi e la Corte sanciva nella sentenza Barber che non si poteva fare valere l’effetto diretto dell’articolo 119, ora articolo 157 TFUE, per chiedere il riconoscimento di un diritto pensionistico, a fronte di tale discriminazione, con effetto da una data precedente a quella della pubblicazione della sentenza Barber avvenuta il 17 maggio 1990. La sentenza, pertanto, aveva esclusivamente effetti per il futuro (7). Mentre i fondi pensione erano liberi, per il futuro, di rispondere alla sentenza Barber con un allineamento verso il basso, ossia elevando l’ENP dei lavoratori di sesso femminile a quella dei lavoratori di sesso maschile (e nel procedimento principale a 65 anni) (8), prima dell’adozione di tali misure, la categoria svantaggiata, ovverosia i lavoratori di sesso maschile, dovevano beneficiare del medesimo trattamento riservato alla categoria favorita e cioè i lavoratori di sesso femminile. Pertanto, a partire dal 17 maggio 1990, data della sentenza Barber, fino all’istituzione da parte di un fondo pensione di misure volte a garantire la parità di retribuzione per uno stesso lavoro tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile, mediante applicazione a entrambi i sessi della medesima ENP (9), i lavoratori di sesso maschile dovevano beneficiare del medesimo trattamento favorevole riservato ai lavoratori di sesso femminile. Ciò è stato definito come «allineamento verso l’alto» e tale periodo è diventato noto, perlomeno nel Regno Unito, come la «finestra Barber» (10).
12. Il 1o settembre 1991 veniva comunicato a tutti gli iscritti al regime l’avviso summenzionato (in prosieguo: l’«avviso del 1991») al fine di rendere nota la decisione dell’amministratore del trust (in prosieguo: il «trustee») di modificare il regime introducendo un’ENP unica per i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile di 65 anni, in risposta alla sentenza Barber, per i periodi di servizio prestati posteriormente al 17 maggio 1990. Con lettera datata 1o dicembre 1991 indirizzata ai quelli fra i suoi dipendenti che erano iscritti al regime o possedevano i requisiti a tale effetto, l’appellante confermava che le modifiche riguardanti le prestazioni pensionistiche descritte nell’avviso del 1991 avrebbero avuto effetto dal 1o dicembre 1991.
13. I paragrafi che seguono sono un estratto dell’avviso del 1991:
«Modifiche dei benefici afferenti al suo regime
Con il presente avviso si intende dare previa comunicazione (…) di importanti modifiche al Regime di prestazioni pensionistiche e familiari Safeway che la Società e il Trustee intendono introdurre a partire dal 1o dicembre 1991 (…). Un’età normale di pensionamento comune per uomini e donne di 65 anni - L’applicazione di trattamenti differenziati nei confronti di uomini e donne nei rapporti di lavoro è pratica da lungo tempo vietata. Sorprendentemente, in materia di pensioni è stato possibile applicare un trattamento differenziato, in particolare per ciò che concerne l’età di pensionamento. Una recente sentenza della Corte europea è destinata a cambiare tutto ciò (…)[.]
La Corte europea apre una nuova via in materia di pensioni
Sarà probabilmente venuto a conoscenza di una vicenda giudiziaria che ha di recente visto coinvolti il Guardian Royal Exchange (GRE) e uno dei suoi ex dipendenti, il sig. Barber. Quest’ultimo ha sostenuto di essere stato vittima di una discriminazione fondata sul sesso quando il GRE gli aveva negato la pensione in seguito a licenziamento a un’età in cui un lavoratore di sesso femminile ne avrebbe avuto diritto. In seguito a una lunga battaglia che è giunta dinanzi alla Corte europea, la controversia è stata risolta in favore del sig. Barber. Questa è una sentenza importante poiché significa che sono ora inevitabili modifiche a molti regimi pensionistici aziendali in relazione alle diverse età di pensionamento previste per i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile. Non vi è ancora assoluta certezza sulle future implicazioni pratiche di tale decisione. Ciononostante, la Società e il Trustee hanno deciso che è giusto procedere all’allineamento dell’Età Normale di Pensionamento. Entrambi stanno monitorando costantemente la situazione e introdurranno le altre modifiche che si rendano necessarie una volta chiariti gli effetti della sentenza[»].
14. L’avviso del 1991 conteneva questa nota a piè di pagina:
«Si precisa che l’Atto costitutivo di Trust e le Regole del Regime sono la base giuridica del [Regime] e che il presente avviso svolge mera funzione di orientamento generale e informazione. La preghiamo di notare che le modifiche descritte in questo documento costituiscono un’alterazione dei termini e delle condizioni del suo rapporto di lavoro».
15. Secondo il giudice del rinvio, dall’inizio del dicembre 1991 il regime era stato gestito sul presupposto che le ENP in precedenza diverse per i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile erano state effettivamente allineate con l’introduzione di un’ENP comune di 65 anni. Pertanto, le prestazioni degli iscritti erano state calcolate su tale base. I pagamenti agli iscritti che erano andati in pensione successivamente a tale data erano determinati sulla base di un’ENP pari a 65 anni per entrambi i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile, così come lo erano i pagamenti di trasferimenti e i pagamenti in seguito a decesso degli iscritti in servizio.
16. Ciononostante, come indicato in precedenza, nessun atto recante la modifica corrispondente era intervenuto, fino al 2 maggio 1996, quando l’appellante e il trustee stipulavano un atto di trust e regole del regime ulteriori (in prosieguo: l’«atto del 1996»). Le regole, che costituivano il secondo allegato all’atto del 1996, stabilivano un’ENP di 65 anni per uomini e donne. L’allineamento delle ENP era destinato a avere effetto retroattivo dal 1o dicembre 1991, la data indicata dall’avviso del 1991 come la data effettiva dell’allineamento delle ENP.
17. Nel gennaio 2009, un consulente indipendente dei trustees sollevava obiezioni in relazione al periodo di tempo di cinque anni intercorso tra l’avviso del 1991 e l’entrata in vigore dell’atto del 1996. L’azione giudiziale veniva introdotta dinanzi alla High Court (Alta Corte di giustizia, Regno Unito) molti anni più tardi, non esistendo un termine previsto dal diritto dello Stato membro per fare valere in giudizio un diritto a un beneficio derivante da un trust che dispone ancora del proprio patrimonio (11), in cui il primo resistente del procedimento principale sosteneva la violazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro di cui all’articolo 157 TFUE, come interpretato dalla sentenza resa dalla Corte nella causa Barber (12). Il 29 febbraio 2016, la High Court (Alta Corte di giustizia) si pronunciava in loro favore. Contro tale sentenza veniva proposto appello dinanzi al giudice del rinvio.
18. Il giudice del rinvio afferma che le parti non erano in disaccordo sul fatto che le misure di attuazione per chiudere la «finestra Barber» non erano state adottate fino al 2 maggio 1996, data della stipula dell’atto del 1996, piuttosto che il 1o dicembre 1991, data della notifica dell’avviso del 1991 (13). Come illustrato in precedenza (paragrafo 11), secondo la giurisprudenza Barber, finché non sono adottate misure per garantire l’applicazione del principio della parità di retribuzione in materia di ENP (relativamente ai periodi di servizio prestati posteriormente alla sentenza e cioè dal 17 maggio 1990), alla categoria svantaggiata (i lavoratori di sesso maschile), durante tale ’finestrà, deve essere riservato lo stesso trattamento di cui beneficia la categoria favorita (i lavoratori di sesso femminile), così da assicurare un allineamento verso l’alto del relativo trattamento. Tuttavia, dopo la chiusura della «finestra Barber» l’allineamento può contemplare un’ENP di 65 anni per entrambi i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile. In altri termini, l’allineamento verso il basso è possibile ai sensi della sentenza Barber solo durante quel periodo.
19. Il giudice del rinvio aggiunge che «il parametro di riferimento per accertare, nel periodo durante il quale la finestra Barber è aperta, i diritti della categoria favorita deve essere rinvenuto rinviando all’atto costitutivo e alle regole del regime rilevante, in quanto questo fornisce il sistema o il quadro o il riferimento unico ed esclusivo per conseguire la parità di trattamento» (14).
20. Tuttavia, il giudice del rinvio nutre dubbi sul fatto che la High Court (Alta Corte di giustizia) abbia correttamente applicato la giurisprudenza della Corte che vieta l’allineamento retroattivo verso il basso dei diritti della categoria favorita al livello di quelli della categoria svantaggiata, in pendenza dell’introduzione di misure in ottemperanza della sentenza Barber (15) e della chiusura della rispettiva finestra. Il giudice del rinvio chiarisce che, a livello del diritto dello Stato membro, il diritto riconosciuto ai lavoratori di sesso femminile a un’ENP di 60 anni era un diritto «derogabile» (modificabile retroattivamente) (16), poiché, per tutto il periodo dal 1o dicembre 1991 al 2 maggio 1996, l’avviso del 1991 aveva determinato l’innalzamento dell’ENP a 65 anni, e che ciò era possibile ai sensi del diritto dello Stato membro. Effettivamente, il regime era stato amministrato durante quel periodo su tale presupposto.
21. Pertanto, il giudice di rinvio si chiede se la dichiarazione retroattiva, nell’atto del 2 maggio 1996, della modifica nella pratica istituita dall’avviso del 1991 e l’applicazione di un’ENP comune di 65 anni per i lavoratori di sesso maschile e per quelli di sesso femminile sia effettivamente ammissibile alla luce della giurisprudenza della Corte, in base al presupposto che il divieto di allineamento retroattivo verso il basso durante la finestra Barber si applica esclusivamente ai diritti che sono «inderogabili» (acquisiti).
22. Inoltre, il giudice del rinvio riferisce che, durante la finestra Barber, il diritto dell’Unione non esige il conferimento alla categoria svantaggiata di diritti più generosi di quelli goduti dalla categoria favorita. Il conferimento ai lavoratori di sesso maschile del diritto inderogabile a un’ENP di 60 anni, tra il 1991 e il 1996, avrebbe superato i diritti dei lavoratori di sesso femminile durante quel periodo, posto che tale categoria disponeva solo di un diritto derogabile di andare in pensione a 60 anni.
23. Ciò premesso, il giudice del rinvio sospendeva il procedimento e sollevava la seguente questione pregiudiziale:
«Laddove le regole di un regime pensionistico conferiscano una facoltà, riconosciuta dal diritto nazionale, previo emendamento del suo atto costitutivo, di ridurre retroattivamente il valore dei diritti pensionistici maturati da lavoratori tanto di sesso maschile quanto di sesso femminile per un periodo decorrente tra la data di un avviso scritto delle modifiche del regime previste e la data in cui l’atto costitutivo è effettivamente emendato, se l’articolo 157 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (in precedenza e alla data dei fatti l’articolo 119 del trattato di Roma) imponga che i diritti pensionistici maturati dai lavoratori sia di sesso maschile che di sesso femminile siano considerati inderogabili, nel senso che i loro diritti pensionistici sono tutelati da una riduzione retroattiva mediante l’esercizio della facoltà riconosciuta dal diritto nazionale».
24. Osservazioni scritte sono state presentate alla Corte dall’appellante, da pa entrambi i resistenti e dalla Commissione europea. Tutte le suddette parti erano presenti all’udienza che si è tenuta il 4 febbraio 2019.
III. Analisi
A. Introduzione
25. La genesi della controversia in esame nel procedimento principale sembrerebbe avere origine da due caratteristiche che sono specifiche dell’ordinamento giuridico dello Stato membro. La prima è l’assenza di un termine per fare valere in giudizio il diritto a un beneficio derivante da trust (17). La seconda sembra essere la mancanza di chiarezza nel diritto dello Stato membro quanto allo status giuridico e agli effetti dell’avviso del 1991.
26. Comincerò con l’analizzare questi due aspetti del caso di specie, prima di spiegare perché la chiave per risolvere la controversia sta nel determinare la data di chiusura della finestra Barber; una questione che spetta al giudice del rinvio valutare, per quanto alla luce di tutti i rilevanti principi del diritto dell’Unione. Ciò premesso, consiglierò alla Corte di riformulare la questione sottopostale nei termini che saranno illustrati in seguito nella sezione F. I paragrafi che seguono mostrano il percorso per arrivare a tale riformulazione.
B. Assenza di un termine per introdurre un ricorso
27. È opportuno ricordare che, quando il diritto dell’Unione attribuisce ai singoli diritti che i giudici nazionali hanno il dovere di tutelare in virtù degli obblighi di cui all’articolo 19, paragrafo 1, secondo subparagrafo, TUE, ciò non comprende anche la facoltà, a livello del diritto dell’Unione, di fare valere tali diritti in giudizio senza limiti temporali. Piuttosto, secondo giurisprudenza costante della Corte, in assenza di disposizioni del diritto dell’Unione che prevedano norme processuali, alle azioni che trovano fondamento nel diritto dell’Unione si applicano termini ragionevoli per l’introduzione di ricorsi giurisdizionali stabiliti dal diritto dello Stato membro, a patto che gli stessi termini si applichino ad analoghi ricorsi di natura puramente interna (principio di equivalenza) e che il termine applicabile non renda impossibile nella pratica o eccessivamente difficile l’esercizio dei rilevanti diritti riconosciuti dal diritto dell’Unione (principio dell’effettività). Nell’interesse della certezza del diritto, la fissazione di termini ragionevoli è compatibile con il diritto dell’Unione (18).
28. In effetti, la Corte ha stabilito che norme nazionali che fissano termini per l’introduzione di ricorsi giurisdizionali ai sensi del diritto nazionale sono opponibili ai lavoratori che chiedono il riconoscimento del proprio diritto di iscriversi a un regime pensionistico convenzionale con lo scopo di ottenere la parità di retribuzione per uno stesso lavoro secondo quanto previsto dall’articolo 157 TFUE, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza ed effettività (19).
29. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo rivela analoga sensibilità per ciò che concerne le limitazioni temporali all’esperimento di ricorsi giurisdizionali. Essa ha stabilito che «il diritto a un equo processo dinanzi a un tribunale come previsto dall’articolo 6, paragrafo 1 [della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali], deve essere interpretato alla luce del preambolo della Convenzione che, nella parte che qui rileva, dichiara che la preminenza del diritto è parte del patrimonio comune degli Stati contraenti. Uno degli aspetti fondamentali della preminenza del diritto è il principio della certezza del diritto» (20) La giurisprudenza consolidata della Corte europea dei diritti dell’uomo conferma che i termini per l’introduzione di una domanda giudiziale hanno come obiettivo quello di assicurare la buona amministrazione della giustizia (21), ragion per cui termini incoerenti o incerti che si applichino alle azioni civili non soddisfano il requisito dell’equità di cui all’articolo 6, paragrafo 1, CEDU (22)
30. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo stabilisce inoltre che i termini per l’introduzione di una domanda giudiziale tutelano i diritti della difesa e aggirano difficoltà probatorie. Essi impediscono la presentazione di ricorsi tardivi e situazioni inique che possono verificarsi quando un giudice è chiamato a pronunciarsi su eventi prodottisi nel lontano passato e relativamente a prove che possono non essere più attuali (23). Mentre la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto che la perseguibilità di gravi violazioni dei diritti umani, come crimini di guerra, crimini contro l’umanità (24), sequestri e uccisioni indiscriminate, non dovrebbe essere ostacolata da un’applicazione eccessivamente rigorosa dei termini (25), i processi civili aventi ad oggetto una controversia giuslavoristica non rientrano in questa categoria (26).
31. Conformemente ai parametri stabiliti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, sarebbe necessaria la valutazione dello svolgimento del processo nel suo complesso (27), tenuto in debito conto che il diritto generale a un equo processo è un principio democratico precipuo dello Stato di diritto (28), per determinare se l’assenza di un termine per l’instaurazione di un procedimento civile nelle circostanze di un caso concreto è compatibile con i requisiti di equità di cui all’articolo 6, paragrafo 1, CEDU.
32. La valutazione di tale questione non si pone nel procedimento principale. Tuttavia, l’assenza di un termine per l’instaurazione di un procedimento ai sensi del diritto dello Stato membro volto ad ottenere l’applicazione della parità di trattamento in materia di ENP rende la determinazione esatta della data di chiusura della finestra Barber ancora più importante. Come in precedenza indicato, tale questione richiede che sia data la giusta considerazione a tutti i rilevanti principi del diritto dell’Unione.
C. Gli effetti giuridici dell’avviso del 1991
1. Il disaccordo delle parti sulle conseguenze dell’avviso del 1991
33. La mancanza di accordo tra le parti su tale questione è di fondamentale importanza per la risoluzione della controversia nel procedimento principale. Ritengo che, a livello del diritto dell’Unione, la data di chiusura della finestra Barber è la data in cui misure con piena efficacia giuridica sono adottate allo scopo di allineare le ENP per i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile. Tali misure devono inserirsi in un regime giuridico che garantisce l’osservanza del diritto a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE. Esse devono altrimenti conformarsi a principi generali di diritto che sono rilevanti per tale diritto (si vedano, infra, le sezioni da D a F).
34. All’udienza, l’appellante ha fatto riferimento al punto 20 dell’ordinanza di rinvio e ha affermato che, in conseguenza dell’avviso del 1991, i cui effetti hanno avuto inizio dal 1o dicembre 1991, la società, nella sua qualità di datore di lavoro, e i trustees avevano il diritto di modificare il regime pensionistico e stabilire un’ENP di 65 anni per i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile a partire dal 1o dicembre 1991 e che tale modifica produceva effetti giuridici ed era legittima per il diritto dello Stato membro. Prima del 2 maggio 1996, nessun dipendente, uomo o donna, avrebbe potuto invocare un’ENP di 60 anni. Perché ciò avvenisse, ha sostenuto il rappresentante dell’appellante all’udienza, si sarebbe dovuta realizzare una modifica al regime.
35. Il primo resistente, tuttavia, ha affermato che i trustees erano tenuti alla stipula di un atto di trust per rendere la modifica in materia di ENP giuridicamente efficace e che ciò non si era verificato fino al 2 maggio 1996. Le regole del regime avevano continuato a prevedere un’ENP di 60 anni per i lavoratori di sesso femminile e di 65 per quelli di sesso maschile fino alla realizzazione del suddetto atto il 2 maggio 1996. All’udienza il primo resistente ha rinviato, fra l’altro, ai punti 21, 24 e 30 della sentenza del giudice del rinvio (29).
2. Il giudice del rinvio e l’atto del 1991
36. Tuttavia, come riferito in precedenza (paragrafo 19), il giudice del rinvio ha indicato che «il parametro di riferimento per accertare, nel periodo durante il quale la finestra Barber è aperta, i diritti della categoria favorita deve essere rinvenuto rinviando all’atto costitutivo e alle regole del regime rilevante, in quanto questo fornisce il sistema o il quadro o il riferimento unico ed esclusivo per conseguire la parità di trattamento (30)Il giudice del rinvio afferma anche, (v. paragrafo 18, supra) che non vi era dissenso tra le parti relativamente al fatto che la data di chiusura della finestra Barber era il 2 maggio 1996 (31). Al contempo, nel settembre 1991, quando è stato pubblicato, l’avviso del 1991 invitava i dipendenti a «notare che le modifiche descritte in questo documento costituiscono un’alterazione dei termini e delle condizioni del [loro] rapporto di lavoro» (v. paragrafo 14 supra).
37. Poiché il confine tra l’allineamento (obbligatorio) verso l’alto e l’allineamento (opzionale) verso il basso risulta dall’interpretazione della Corte della portata della parità di retribuzione per uno stesso lavoro tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile ai sensi dell’articolo 157 TFUE, la data dell’effettiva applicazione dell’obbligo per i datori di lavoro di garantire a entrambe le summenzionate categorie la medesima ENP, relativamente ai periodi di servizio prestati posteriormente al 17 maggio 1990 (la data di pubblicazione della sentenza Barber), non esula dalla sfera d’azione del diritto dell’Unione. La giurisprudenza della Corte su cui si è basato il giudice del rinvio per determinare la data di chiusura della finestra Barber non corrisponde al quadro completo della portata del principio giuridico dell’Unione che ha rilevanza per tale questione.
38. Nella causa Razzouk e Beydoun/Commissione (32) due vedovi si erano visti negare le pensioni di reversibilità per contributi realizzati dalle loro rispettive mogli defunte in qualità di funzionarie della Comunità europea. All’epoca le condizioni per il pagamento delle pensioni di reversibilità per i vedovi erano differenti dalle condizioni applicabili alle vedove. La Corte ha stabilito che doveva essere assicurata per vedovi e vedove la parità di trattamento in materia di pensione di reversibilità, posto che la parità di trattamento tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile era un principio fondamentale del diritto dell’Unione.
39. Nella causa Federatie Nederlandse Vakbeweging (33) la Corte ha sancito che donne sposate che la legge nazionale escludeva dal godimento di un beneficio erano titolari di un diritto a tale beneficio alle stesse condizioni degli uomini, in virtù dell’effetto diretto dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7/CEE del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (34).
40. E nella causa Nimz (35) la questione verteva sulla discriminazione indiretta fondata sul sesso e il trattamento sfavorevole dei lavoratori a tempo parziale rispetto a quelli a tempo pieno o quasi a tempo pieno e l’obbligo dei giudici dello Stato membro di disapplicare le norme nazionali responsabili per la discriminazione indiretta in oggetto.
41. Ciononostante, come accennato supra (paragrafo 37) questi tre casi non riflettono la portata completa del principio giuridico che è rilevante per determinare la data di chiusura della finestra Barber.
D. Principi del diritto dell’Unione rilevanti per determinare la chiusura della finestra Barber
1. Giurisprudenza della Corte sull’articolo 157 TFUE e sulle ENP
42. Se da un lato va riconosciuto che la Corte ha sancito che l’articolo 157 TFEU impone esclusivamente un obbligo di risultato sui datori di lavoro, con la conseguenza che «né questo articolo né nessun’altra disposizione comunitaria disciplinano (…) le modalità di attuazione di questo obbligo da parte dei datori di lavoro e (…) da parte dei trustee di un regime pensionistico aziendale» (36), dall’altro la Corte ha ugualmente stabilito che l’efficacia pratica dell’articolo 157 TFUE non deve essere compromessa e che «la tutela giuridica che richiede un’effettiva parità» non deve essere pregiudicata (37). Pertanto, i trustees sono tenuti a fare tutto quanto rientra nelle loro competenze per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento (38), compreso il ricorso ai giudici nazionali quando ciò è necessario per modificare le disposizioni del regime pensionistico o dell’atto costitutivo di trust (39). L’applicazione dell’articolo 157 TFUE da parte dei datori di lavoro «dev’essere immediata e completa» (40) e i giudici nazionali sono tenuti a disapplicare «qualsiasi disposizione nazionale discriminatoria, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione» (41).
2. Il ruolo della Carta
43. Il procedimento principale riguarda l’efficacia orizzontale dei requisiti in materia di parità di retribuzione sanciti dall’articolo 157 TFUE in una controversia tra due privati e la Corte si è di recente pronunciata nel senso che l’articolo 47 della Carta è pienamente applicabile in tali circostanze anche quando le norme dello Stato membro sono in conflitto diretto con quello. (42)
44. Ciò premesso, l’articolo 52, paragrafo 3, della Carta rileva in tale contesto, poiché, come indicato nelle spiegazioni che accompagnano l’articolo 47, il primo paragrafo corrisponde all’articolo 13 CEDU. (43) Conformemente all’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, in tali circostanze il significato e la portata di tali diritti sono uguali, ragion per cui la giurisprudenza rilevante della Corte europea dei diritti umani deve essere tenuta in debita considerazione al fine di assicurare che il diritto dell’Unione soddisfi i requisiti minimi di tutela stabiliti da detta giurisprudenza. (44)
45. Segnalo che, per quanto l’articolo 51, paragrafo 1, della Carta sancisca che le «disposizioni della presente Carta si applicano (…) agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione», la Corte si è spinta una direzione differente rispetto all’interpretazione di un avvocato generale nel senso che la Carta «non comport[a] obblighi direttamente a carico dei soggetti privati» stante la formulazione dell’articolo 51, paragrafo 1 (45). La Corte ha ora stabilito che la gamma di soggetti giuridici tenuti al rispetto della Carta è più ampia e che questa si applica a «un settore disciplinato dal diritto dell’Unione» (46), comprese circostanze in cui tali «settori» contemplano l’imposizione di obblighi rilevanti nei rapporti tra privati (47). Al principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile ai sensi dell’articolo 157 TFUE è stato riconosciuto da tempo un effetto diretto orizzontale tra privati (48) ed esso è pertanto, incontrovertibilmente, un «settore disciplinato dal diritto dell’Unione».
46. Come si è menzionato in precedenza (paragrafo 33), l’articolo 47 della Carta deve essere letto alla luce dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE. In base a tale disposizione, i giudici dello Stato membro sono tenuti ad assicurare la presenza di un sistema esaustivo che garantisce una tutela giurisdizionale effettiva (49).
3. Contenuto delle pertinenti disposizioni di diritto sostanziale
47. La Corte ha già affermato che il principio della tutela giurisdizionale effettiva di cui all’articolo 47 della Carta si compone di più elementi; nello specifico, il principio della parità delle armi e il diritto di ricorso a un giudice (50). Ai fini che qui rilevano, l’essenza dell’articolo 47 della Carta, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte, sta nell’assicurare l’esistenza di un mezzo di ricorso giurisdizionale per garantire il rispetto dei diritti previsti dal diritto dell’Unione (51).
48. Analogamente, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha statuito che l’articolo 13 CEDU presuppone la previsione di un ricorso interno che tratti il merito di una censura plausibile e che fornisca una soluzione adeguata e che tale ricorso deve essere effettivo sia sul piano fattuale che su quello giuridico (52).
49. Ed è interpretazione consolidata della giurisprudenza della Corte che «non è sufficiente, ai fini di una corretta trasposizione d[i] [una] direttiva, una semplice prassi o una circolare amministrativa, dato che, a differenza delle autentiche fonti normative, esse non offrono garanzie di stabilità, obbligatorietà e pubblicità (53).
50. Rilevano, inoltre, i principi generali dell’Unione che esigono che siano disponibili mezzi di ricorso effettivi per garantire l’applicazione dei diritti riconosciuti a livello dell’Unione.
51. Come già notato in precedenza (paragrafo 27) in relazione ai termini temporali nazionali per l’introduzione di una domanda giudiziale, i mezzi di ricorso e le procedure previste dal diritto dello Stato membro non devono rendere l’esercizio dei diritti attribuiti dal diritto dell’Unione impossibile nella pratica o eccessivamente difficile. I mezzi di ricorso predisposti per garantire l’applicazione dei diritti riconosciuti dal diritto dell’Unione devono essere gli stessi previsti per analoghi ricorsi di natura puramente interna (54).
E. Approccio per risolvere la controversia del procedimento principale
52. Alla luce di quanto precede, sono pertanto giunto alla conclusione che la chiave per dirimere la controversia di cui al procedimento principale stia nell’adottare l’approccio indicato dalla Commissione durante l’udienza. E cioè, è in primo luogo necessario acclarare se i fatti in considerazione generino effettivamente una situazione di retroattività.
53. La risposta a tale quesito sarà negativa nel caso di piena efficacia giuridica vincolante dell’avviso del 1991 (55), in modo che, a tale data, esisteva un ricorso per garantire un’ENP comune di 65 anni che era effettivo sul piano fattuale e giuridico, conformemente agli obblighi giuridici di cui all’articolo 47 della Carta e all’articolo 19, paragrafo 1, TUE. In base alla giurisprudenza sopra richiamata, l’allineamento verso il basso volto ad assicurare un’ENP di 65 anni per entrambi i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile è perfettamente legittimo dopo la chiusura della finestra Barber, ragion per cui la tesi del primo resistente sembrerebbe cadere, in quanto non sussiste la retroattività.
54. Per contro, se non era stato predisposto alcun ricorso effettivo fino al 2 maggio 1996, la data dell’atto di trust in oggetto, la finestra Barber era rimasta aperta fino a tale momento, con la conseguenza che, conformemente al divieto della Corte di allineamento retroattivo verso il basso, i lavoratori di sesso maschile (la categoria svantaggiata) dovevano avere lo stesso trattamento garantito ai lavoratori di sesso femminile (la categoria favorita), e doveva essere loro accordato un’ENP di 60 anni fino al 2 maggio 1996. In circostanze siffatte, la domanda del primo resistente sembrerebbe fondata.
55. Come indicato in precedenza, trattasi di questioni la cui decisione spetta al giudice del rinvio, fatti salvi i limiti imposti dalla rilevante giurisprudenza della Corte.
F. Riformulazione della questione pregiudiziale e proposta di risposta
56. Nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte, di cui all’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. Ciò premesso, la Corte potrebbe dovere riformulare la questione pregiudiziale sollevata (56).
57. Posto che il momento esatto di chiusura della finestra Barber è essenziale per la risoluzione della controversia oggetto del procedimento principale, suggerisco alla Corte di riformulare la questione pregiudiziale di cui è stata investita nei termini che seguono.
58. «Quali fattori debbano essere tenuti in considerazione per determinare la data in cui un fondo pensione ha introdotto possibili misure riguardanti i periodi di servizio che sono stati prestati dopo la sentenza della Corte del 17 maggio 1990 nella causa Barber (C 262/88, EU:C:1990:209) allo scopo di garantire l’applicazione del principio di parità di retribuzione per uno stesso lavoro tra lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile ai sensi dell’articolo 157 TFUE relativamente all’età normale di pensionamento. Nel periodo precedente la loro adozione e in cui la finestra Barber rimane aperta, se il divieto di allineamento retroattivo verso il basso, che preclude l’imposizione nei confronti dei lavoratori di sesso femminile (la categoria favorita) della medesima età di pensionamento prevista per i lavoratori di sesso maschile (la categoria svantaggiata), sia applicabile nel caso in cui le regole di un regime pensionistico conferiscono una facoltà, a livello del diritto nazionale, previo emendamento del rispettivo atto costitutivo di trust, di ridurre retroattivamente il valore dei diritti pensionistici maturati da entrambe le categorie di lavoratori summenzionate nel periodo decorrente tra la data di un avviso scritto delle modifiche del regime previste e la data in cui l’atto costitutivo è effettivamente emendato».
59. Per ciò che concerne la prima parte di tale questione, occorre prestare il dovuto riguardo al fatto che, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dell’articolo 47 della Carta, in forza del quale il diritto dello Stato membro deve garantire una parità di trattamento in materia di ENP sia un obbligo vincolante pienamente effettivo sul piano fattuale e giuridico (si vedano, supra, i paragrafi da 47 a 49). L’esercizio del diritto alla parità di retribuzione ai sensi dell’articolo 157 TUE in materia di ENP non deve essere praticamente impossibile o eccessivamente difficile. Allo stesso tempo, il sistema di tutela giurisdizionale a garanzia della parità di trattamento in materia di ENP deve essere lo stesso previsto per analoghi diritti di natura puramente interna (si veda il paragrafo 51 supra).
60. Relativamente alla risposta alla seconda metà della questione summenzionata, la mia conclusione è che la natura derogabile (modificabile retroattivamente) o inderogabile (acquisito) del diritto dei lavoratori di sesso femminile di andare in pensione a 60 anni è irrilevante rispetto all’applicazione del divieto, derivante dalla giurisprudenza della Corte, di allineamento verso il basso, che perdura fino a che la finestra Barber rimane aperta. Tale conclusione si basa sui seguenti motivi.
61. Non condivido gli argomenti nelle osservazioni scritte dell’appellante secondo cui il divieto di allineamento verso il basso oggetto del procedimento principale interferisce con la discrezionalità del diritto dello Stato membro di determinare quali sono i benefici della categoria favorita (57). La giurisprudenza della Corte stabilisce inequivocabilmente che, al fine di assicurare l’osservanza dell’articolo 157 TFUE, l’età di pensionamento dei lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile deve essere la medesima. Questo è un requisito che non può essere ostacolato dalle sfumature del diritto dello Stato membro, posto che la Corte ha sancito che «il principio della parità di retribuzioni costituisce uno dei principi fondamentali della Comunità». (58)
62. Tale approccio non sfocia nell’interpretazione del diritto dello Stato membro e nella valutazione dei suoi effetti. È fondamentale impedire che venga attenuato il primato di una disposizione del Trattato da tempo riconosciuta come direttamente applicabile quale è l’articolo 157 TFUE. Come indicato nella memoria scritta del primo resistente, nella sentenza Coloroll la Corte esclude che i datori di lavoro «e i trustee possano valersi delle norme del regime pensionistico o di quelle dell’atto costitutivo del trust al fine di eludere il loro obbligo di garantire la parità di trattamento in materia di retribuzioni» (59).
63. Allo stesso modo, non condivido, come sostenuto nelle osservazioni scritte dell’appellante, che l’applicazione del divieto di allineamento verso il basso finché la finestra Barber resta aperta risulti, nelle circostanze oggetto del procedimento principale, nel conferimento di un diritto inderogabile per i lavoratori di sesso maschile a un’età di pensionamento di 60 anni in quanto quelli di sesso femminile sono titolari di un diritto derogabile di andare in pensione a 60 anni, ai sensi del diritto inglese, cosicché alla prima categoria sono attribuiti maggiori diritti di quelli goduti dalla seconda. Rilevo che la giurisprudenza della Corte vieta il conferimento di un trattamento più favorevole alla categoria svantaggiata rispetto a quello riservato alla categoria favorita (60).
64. È peraltro incontestato che, alla data della sentenza Barber, l’ENP per i lavoratori di sesso femminile che erano membri del Safeway Pension Trust era 60 anni. Secondo quanto previsto dalla giurisprudenza della Corte, poiché il principio della parità di retribuzione costituisce un principio fondamentale dell’Unione, «il senso e la portata di quest’ultimo non possono quindi essere determinati in funzione di un criterio formale legato a sua volta a norme o prassi degli Stati membri. La necessità di garantire un’applicazione uniforme del Trattato in tutta la Comunità implica che [l’articolo 157] sia interpretato autonomamente rispetto a queste norme o a queste prassi» (61).
65. Come ulteriormente indicato nelle osservazioni scritte del primo resistente, non è ragionevole interpretare in senso restrittivo la principale sentenza della Corte che vieta l’abbassamento retroattivo verso il basso (62) e solo nel senso che il diritto dell’Unione non ammetteva la riduzione retroattiva di benefici solo quando anche il diritto dello Stato membro non la consentiva, in ragione dell’assenza di un meccanismo nel funzionamento del trust che ne rendesse possibile l’attuazione. Il resistente ha ragione nell’affermare che, qualora la Corte accettasse tale argomento, l’orientamento giurisprudenziale che vieta l’abbassamento verso il basso durante il periodo in cui la finestra Barber rimane aperta verrebbe privato di qualunque effetto (63). Il divieto troverebbe solo applicazione quando non era necessario, posto che l’abbassamento retroattivo verso il basso era già precluso dal diritto dello Stato membro.
IV. Conclusioni
66. Propongo pertanto di rispondere al giudice di rinvio nei termini che seguono.
Nel determinare la data in cui un fondo pensione ha introdotto possibili misure riguardanti i periodi di servizio che sono stati prestati dopo la sentenza della Corte del 17 maggio 1990, Barber (C 262/88, EU:C:1990:209),allo scopo di garantire l’applicazione del principio di parità di retribuzione per uno stesso lavoro tra lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile ai sensi dell’articolo 157 TFUE relativamente all’età normale di pensionamento, che è questione che spetta al giudice del rinvio decidere, occorre prestare il dovuto riguardo al fatto che, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il diritto dello Stato membro deve garantire che la parità di trattamento in materia di età normale di pensionamento sia un obbligo vincolante pienamente effettivo sul piano fattuale e giuridico e che i mezzi di ricorso predisposti dal diritto dello Stato membro per assicurare la parità di retribuzione ai sensi dell’articolo 157 TFUE in materia di età normale di pensionamento non rendano l’esercizio di tale diritto impossibile nella pratica o eccessivamente difficile. Allo stesso tempo, il sistema di tutela giurisdizionale a garanzia della parità di trattamento in materia di età normale di pensionamento deve essere lo stesso previsto per analoghi ricorsi di natura puramente interna.
Nel periodo precedente l’adozione delle suddette misure e in cui la finestra Barber rimane aperta, il divieto sancito dal diritto dell’Unione di allineamento retroattivo verso il basso, che preclude l’imposizione nei confronti dei lavoratori di sesso femminile (la categoria favorita) della stessa età di pensionamento prevista per i lavoratori di sesso maschile (la categoria svantaggiata), è applicabile anche nel caso in cui le regole di un regime pensionistico conferiscono una facoltà, a livello del diritto nazionale, previo emendamento del suo atto costitutivo di trust, di ridurre retroattivamente il valore dei diritti pensionistici maturati da entrambe le categorie di lavoratori summenzionate nel periodo decorrente tra la data di un avviso scritto delle modifiche del regime previste e la data in cui l’atto costitutivo è effettivamente emendato.