Language of document : ECLI:EU:T:2021:28

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata)

20 gennaio 2021 (*)

«Unione economica e monetaria – Unione bancaria – Meccanismo di risoluzione unico degli enti creditizi e di talune imprese di investimento (MRU) – Fondo di risoluzione unico (FRU) – Fissazione dei contributi ex ante per il 2015 e per il 2018 – Rigetto della domanda di ricalcolo e di rimborso dei contributi – Ricorso di annullamento – Atto impugnabile – Ricevibilità – Ente cui è stata revocata l’autorizzazione – Articolo 70, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 806/2014 – Nozione di “cambiamento di status” – Articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato (UE) 2015/63»

Nella causa T‑758/18,

ABLV Bank AS, con sede in Riga (Lettonia), rappresentata da O. Behrends, avvocato,

ricorrente,

contro

Comitato di risoluzione unico (CRU), rappresentato da J. Kerlin e P. Messina, in qualità di agenti, assistiti da B. Meyring, S. Schelo, T. Klupsch e S. Ianc, avvocati,

convenuto,

sostenuto da:

Commissione europea, rappresentata da D. Triantafyllou, A. Nijenhuis e A. Steiblytė, in qualità di agenti,

interveniente,

avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della lettera del CRU, del 17 ottobre 2018, con la quale è stata respinta la domanda della ricorrente intesa, da un lato, al ricalcolo del suo contributo ex ante per il 2018 e al rimborso dell’eccedenza riscossa e, dall’altro, al rimborso parziale del suo contributo ex ante per il 2015 a seguito della revoca della sua autorizzazione da parte della Banca centrale europea (BCE),

IL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata),

composto da S. Papasavvas, presidente, A. Kornezov, E. Buttigieg, K. Kowalik-Bańczyk e G. Hesse (relatore), giudici,

cancelliere: P. Cullen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 luglio 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

1        L’ABLV Bank AS, ricorrente, era un ente creditizio lettone autorizzato fino all’11 luglio 2018, data di revoca della sua autorizzazione da parte della Banca centrale europea (BCE) (vedi punto 11 qui di seguito). Fino a detta data, essa era un «soggetto significativo» e, come tale, era sottoposta alla vigilanza della BCE nell’ambito del meccanismo di vigilanza unico (MVU).

2        Conformemente all’articolo 103 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2014, L 173, pag. 190), la Repubblica di Lettonia provvede a riscuotere annualmente contributi presso gli enti autorizzati sul suo territorio.

3        Nel dicembre del 2015 la ricorrente riceveva quindi un avviso di riscossione da parte della Finanšu un kapitāla tirgus komisija (Commissione dei mercati finanziari e dei capitali, Lettonia), che la informava dell’importo dovuto a titolo del suo contributo ex ante per il 2015. Tale importo ammontava a EUR 1 338 112,40.

4        Detto contributo, pagato dalla ricorrente, veniva poi trasferito al FRU, conformemente all’accordo intergovernativo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo di risoluzione unico (FRU), firmato a Bruxelles il 21 maggio 2014 (in prosieguo: l’«AIG»).

5        Il 13 febbraio 2018 lo United States Department of the Treasury (dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, Stati Uniti d’America), tramite il Financial Crimes Enforcement Network (FinCEN, rete di lotta contro la criminalità finanziaria), annunciava un progetto di misura in cui la ricorrente veniva classificata come un’istituzione ad alto rischio di riciclaggio di denaro, conformemente alla sezione 311 dello Uniting and Strengthening America by Providing Appropriate Tools Required to Intercept and Obstruct Terrorism Act (USA PATRIOT Act) (Legge relativa all’unificazione e al rafforzamento dell’America mediante mezzi appropriati al fine di intercettare e ostacolare il terrorismo). A seguito di tale annuncio, la ricorrente non era più in grado di effettuare pagamenti in dollari statunitensi e si ritrovava esposta a un’ondata di ritiri di depositi.

6        Dal canto suo, la BCE incaricava la Commissione dei mercati finanziari e dei capitali di imporre una moratoria per dare tempo alla ricorrente di stabilizzare la sua situazione.

7        Il 23 febbraio 2018 la BCE riteneva che la ricorrente fosse in dissesto o a rischio di dissesto ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che stabilisce norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro di un meccanismo di risoluzione unico e di un Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU 2014, L 225, pag. 1). Lo stesso giorno, il Comitato di risoluzione unico (CRU), nella sua decisione SRB/EES/2018/09, non considerava necessario nell’interesse pubblico adottare un provvedimento di risoluzione nei confronti della ricorrente.

8        Il 26 febbraio 2018 gli azionisti della ricorrente avviavano una procedura che consentiva a quest’ultima di realizzare la propria liquidazione e sottoponevano alla Commissione dei mercati finanziari e dei capitali una domanda di approvazione del suo piano di liquidazione volontaria.

9        Con decisione SRB/ES/SRF/2018/03, del 12 aprile 2018, sul calcolo dei contributi ex ante per il 2018, il CRU approvava i contributi ex ante per il 2018.

10      Con lettera del 27 aprile 2018, la Commissione dei mercati finanziari e dei capitali informava la ricorrente che il CRU aveva adottato la sua decisione relativa ai contributi ex ante per il 2018 e le indicava l’importo da pagare. L’importo del contributo ex ante dovuto dalla ricorrente per il 2018 ammontava a EUR 1 850 285,83. La ricorrente versava tale importo il 3 luglio 2018.

11      L’11 luglio 2018 la BCE adottava una decisione di revoca dell’autorizzazione della ricorrente a seguito di una proposta della Commissione dei mercati finanziari e dei capitali.

12      Con lettera del 17 settembre 2018, la ricorrente chiedeva al CRU il rimborso di una parte del contributo versato per l’anno 2015, il ricalcolo del suo contributo ex ante dovuto per l’anno 2018 e il rimborso delle somme versate in eccesso a titolo dei contributi ex ante.

13      Con lettera del 17 ottobre 2018 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), il CRU rispondeva alla ricorrente. In tale lettera, il CRU riassumeva anzitutto la domanda della ricorrente per quanto riguardava, da un lato, il suo contributo ex ante per il 2018 e, dall’altro, il suo contributo ex ante per il 2015. Per quanto concerne, poi, il contributo ex ante per il 2018, citando il testo dell’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 e dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato (UE) 2015/63 della Commissione, del 21 ottobre 2014, che integra la direttiva 2014/59 per quanto riguarda i contributi ex ante ai meccanismi di finanziamento della risoluzione (GU 2015, L 11, pag. 44), il CRU riteneva che nessuna disposizione di tali due regolamenti prevedesse il ricalcolo o il rimborso richiesti dalla ricorrente. Il CRU affermava che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente nella sua domanda, la revoca dell’autorizzazione di un ente creditizio da parte della BCE costituiva un cambiamento di status ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63. Esso riteneva pertanto che la decisione della BCE dell’11 luglio 2018 relativa alla ricorrente non avesse alcun effetto sul contributo annuale dovuto da quest’ultima per l’anno 2018 né gli imponeva di ricalcolare o di rimborsare una parte del contributo in questione. Infine, per quanto concerne i contributi ex ante per il 2015, il CRU precisava che i contributi percepiti dagli Stati membri erano stati trasferiti al FRU conformemente all’articolo 3, paragrafo 3, dell’AIG. Esso considerava che le entità che avessero versato contributi ex ante per il 2015 e la cui autorizzazione fosse stata successivamente revocata non beneficiavano di un diritto al rimborso di tali contributi ex ante, così come non beneficiavano di un diritto al rimborso di qualsiasi altro contributo ex ante debitamente versato, conformemente all’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014. Alla luce di tali elementi, il CRU concludeva di non poter ricalcolare il contributo ex ante della ricorrente per il 2018 né rimborsarle la parte rimanente del contributo ex ante versato per il 2015 a titolo della revoca della sua autorizzazione da parte della BCE.

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

14      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 dicembre 2018, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

15      Con decisione del presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale del 30 aprile 2019, la Commissione europea è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni del CRU.

16      A seguito della modifica della composizione del Tribunale, il presidente del Tribunale, con decisione del 21 ottobre 2019, ha riattribuito la causa a un nuovo giudice relatore, che è stato assegnato alla Decima Sezione.

17      Con misura di organizzazione del procedimento dell’11 maggio 2020, il Tribunale ha invitato le parti a rispondere a taluni quesiti.

18      Con lettere del 4 e del 12 giugno 2020, la Commissione e il CRU hanno rispettivamente risposto ai quesiti posti.

19      Con lettera del 12 giugno 2020, anche la ricorrente ha risposto al quesito postole dal Tribunale. Con lettera del 29 giugno 2020, la ricorrente ha presentato le sue osservazioni sulle risposte del CRU e della Commissione al secondo quesito posto dal Tribunale nell’ambito della misura di organizzazione del procedimento dell’11 maggio 2020.

20      Su proposta della Decima Sezione del Tribunale, il Tribunale ha deciso, ai sensi dell’articolo 28 del suo regolamento di procedura, di rimettere la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

21      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 6 luglio 2020.

22      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare il CRU alle spese.

23      Il CRU chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare irricevibile il ricorso o, in subordine, respingerlo in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente a pagare l’integralità delle spese del procedimento e delle spese legali da esso sostenute.

24      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

III. In diritto

A.      Sulla ricevibilità

25      Il CRU fa valere, in via principale, che il ricorso è integralmente irricevibile. In sostanza, in primo luogo, esso fa valere che la decisione impugnata non costituisce un atto impugnabile ai sensi dell’articolo 263 TFUE. Il CRU non avrebbe esercitato un potere legalmente previsto per produrre effetti giuridici atti ad incidere sugli interessi della ricorrente modificando la sua situazione giuridica. La decisione impugnata avrebbe carattere informativo. In secondo luogo, il CRU ha affermato di aver nutrito dubbi sul fatto che la ricorrente soddisfacesse la condizione dell’incidenza diretta. In terzo luogo, il CRU ritiene che la ricorrente non possa chiedere l’annullamento della decisione impugnata per il periodo precedente la revoca della sua autorizzazione, ossia quello compreso tra il 23 febbraio e l’11 luglio 2018, dato che la sua domanda del 17 settembre 2018 non faceva riferimento a tale periodo.

26      La ricorrente fa valere che la decisione impugnata è una decisione negativa che respinge in modo inequivocabile la sua domanda. A suo avviso, essa è direttamente interessata da tale decisione in quanto ne è la destinataria. Inoltre, nella decisione impugnata, il CRU avrebbe rifiutato qualsiasi eventuale ricalcolo o rimborso. Essa ritiene quindi di poter evocare a sostegno del suo ricorso sia il periodo successivo al 23 febbraio 2018, data della decisione del CRU di non adottare un programma di risoluzione, sia quello successivo all’11 luglio 2018.

27      In primo luogo, per quanto riguarda l’impugnabilità della decisione contestata, occorre ricordare che, per costante giurisprudenza, sono considerati «atti impugnabili» ai sensi dell’articolo 263 TFUE tutti i provvedimenti, a prescindere dalla loro forma, adottati dalle istituzioni dell’Unione europea e intesi alla produzione di effetti giuridici vincolanti (v. sentenza del 25 ottobre 2017, Romania/Commissione, C‑599/15 P, EU:C:2017:801, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

28      Non costituisce un atto impugnabile, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, un atto a carattere meramente informativo (v., in tal senso, ordinanza del 4 ottobre 2007, Finlandia/Commissione, C‑457/06 P, non pubblicata, EU:C:2007:582, punto 36).

29      Per stabilire se un atto produca effetti giuridici vincolanti, occorre tener conto della sua sostanza. Tali effetti devono essere valutati in funzione di criteri obiettivi, quali il contenuto di tale atto, tenendo conto, se del caso, del contesto in cui quest’ultimo è stato adottato nonché dei poteri dell’istituzione emanante (v. sentenza del 25 ottobre 2017, Slovacchia/Commissione, C‑593/15 P e C‑594/15 P, EU:C:2017:800, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

30      Nel caso di specie, per quanto riguarda il contenuto dell’atto impugnato, si deve ricordare che, con lettera del 17 ottobre 2018 indirizzata alla ricorrente, il CRU ha respinto la domanda di quest’ultima diretta, da un lato, a ricalcolare il suo contributo ex ante per il 2018 e a rimborsarle l’eccedenza riscossa e, dall’altro, a rimborsarle una parte del suo contributo ex ante per il 2015, a seguito della revoca della sua autorizzazione da parte della BCE.

31      La decisione impugnata enuncia chiaramente che il CRU ritiene di non poter accogliere le domande di ricalcolo e di rimborso presentate dalla ricorrente, essendo queste ultime in contrasto con l’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 e con l’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63.

32      Per quanto concerne il contributo ex ante per il 2018, si afferma che «[n]essuna disposizione [del regolamento n. 806/2014 e del regolamento delegato 2015/63] prevede un ricalcolo o un rimborso al riguardo». Per quanto concerne quello per il 2015, il CRU afferma che «[g]li enti che hanno versato un contributo ex ante per il 2015 e la cui autorizzazione è stata successivamente revocata non beneficiano di un diritto al rimborso di tale contributo o di qualsiasi altro contributo ex ante debitamente pagato» e che «[c]iò deriva dall’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 806/2014». La lettera si conclude come segue: «Alla luce di quanto precede, il CRU non può ricalcolare il contributo ex ante per il 2018 o rimborsare la parte “rimanente” del contributo ex ante per il 2015 a titolo della revoca dell’autorizzazione dell’ABLV Bank da parte della BCE (...)».

33      Pertanto, il contenuto della decisione impugnata denota il suo carattere decisorio e definitivo. Tale contenuto, contrariamente a quanto sostiene il CRU, non è meramente informativo.

34      Per quanto riguarda il contesto in cui la decisione impugnata è stata adottata, occorre rilevare che, in quanto ente creditizio autorizzato fino all’11 luglio 2018, stabilito in uno Stato membro partecipante all’Unione bancaria, la ricorrente era tenuta, conformemente alla direttiva 2014/59 e al regolamento n. 806/2014, a contribuire al fondo nazionale di risoluzione istituito dalla Repubblica di Lettonia, e successivamente al FRU, mediante contributi ex ante per gli anni dal 2015 al 2018.

35      Per quanto riguarda i poteri di cui il CRU dispone, va rilevato che quest’ultimo è l’unica autorità competente per il calcolo del contributo ex ante di ciascun ente e, se del caso, il ricalcolo di tali contributi ex ante ai sensi del regolamento n. 806/2014, in particolare del suo articolo 70, paragrafo 2, e del regolamento delegato 2015/63 (v., in tal senso, sentenze del 3 dicembre 2019, Iccrea Banca, C‑414/18, EU:C:2019:1036, punti da 45 a 47, e del 28 novembre 2019, Portigon/CRU, T‑365/16, EU:T:2019:824, punto 71). Il CRU è incaricato altresì della gestione del FRU, vale a dire delle risorse che sono state costituite mediante i contributi ex ante (articolo 67 del regolamento n. 806/2014).

36      Alla luce di quanto precede, la decisione contestata è un atto impugnabile ai sensi dell’articolo 263 TFUE.

37      In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento relativo alla condizione dell’incidenza diretta, al quale il CRU ha rinunciato in udienza, è giocoforza constatare che la ricorrente è la destinataria dell’atto di cui chiede l’annullamento. Pertanto, le condizioni cui l’articolo 263, quarto comma, prima parte di frase, TFUE subordina la ricevibilità del ricorso sono soddisfatte.

38      In terzo luogo, il CRU sostiene che taluni passaggi del ricorso, ossia i suoi punti 5, 64 e 65 e l’allegato A.17, possono essere intesi nel senso che la ricorrente cerca di recuperare importi che essa attribuisce al periodo compreso tra il 23 febbraio e l’11 luglio 2018 incluso. Il CRU ritiene che qualora, e nella misura in cui, la ricorrente chieda l’annullamento della decisione impugnata per il periodo compreso tra il 23 febbraio e l’11 luglio 2018 incluso, il ricorso debba essere respinto in quanto irricevibile.

39      Interrogata su tale punto in udienza dal Tribunale, la ricorrente ha affermato di aver contestato la decisione impugnata nella sua interezza e di essersi limitata a chiederne l’annullamento. Essa ha precisato che, nell’ambito della presente controversia, la domanda di rimborso riguardante il suo contributo ex ante per il 2018 riguardava soltanto il periodo successivo alla revoca della sua autorizzazione.

40      In tali circostanze, si deve constatare che i punti 5, 64 e 65 del ricorso e l’allegato A.17 sono, tutt’al più, argomenti che la ricorrente ha invocato per dimostrare l’erroneità della decisione impugnata, come essa stessa ha peraltro fatto valere in udienza. Contrariamente a quanto ha potuto temere il CRU, il presente ricorso non mira quindi al recupero di presunti importi dovuti per il periodo compreso tra il 23 febbraio e l’11 luglio 2018 incluso.

41      L’eccezione di irricevibilità opposta dal CRU non può, pertanto, essere accolta.

42      Ne consegue che il presente ricorso è ricevibile.

B.      Nel merito

43      A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce dieci motivi. Con i primi tre motivi la ricorrente contesta, in sostanza, al CRU di non aver debitamente tenuto conto della natura pro rata temporis dei contributi ex ante. Il quarto e il quinto motivo riguardano un’erronea interpretazione, da un lato, dell’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 e, dall’altro, dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63. Il sesto motivo attiene alla violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento. Il settimo motivo verte sulla violazione del principio di proporzionalità. L’ottavo motivo riguarda la violazione dell’adagio nemo auditur propriam turpitudinem allegans. Il nono motivo concerne la violazione del divieto di agire in modo contraddittorio. Il decimo motivo verte sulla violazione del diritto di proprietà e della libertà d’impresa.

44      Il Tribunale ritiene opportuno analizzare congiuntamente i primi cinque motivi. Gli altri motivi saranno analizzati separatamente, ad eccezione dei motivi vertenti, rispettivamente, sulla violazione dell’adagio nemo auditur propriam turpitudinem allegans e sulla violazione del divieto di agire in modo contraddittorio, che saranno trattati congiuntamente e in ultimo luogo.

1.      Sulla ricevibilità dei motivi

45      Per quanto riguarda la ricevibilità dei motivi del ricorso, il CRU si limita sostanzialmente a far valere, in generale, che l’argomentazione della ricorrente è poco chiara o insufficientemente dimostrata.

46      In proposito occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, ogni ricorso deve indicare l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi e che tale indicazione deve essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di preparare la sua difesa e al Tribunale di esercitare il suo controllo, se necessario, senza ulteriori informazioni a supporto (sentenza del 7 marzo 2017, United Parcel Service/Commissione, T‑194/13, EU:T:2017:144, punto 191).

47      Si deve altresì ricordare che, affinché un ricorso dinanzi al Tribunale sia ricevibile, occorre, in particolare, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano, per lo meno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo del ricorso stesso (sentenza del 7 marzo 2017, United Parcel Service/Commissione, T‑194/13, EU:T:2017:144, punto 192).

48      Nel caso di specie, come risulta dai punti da 52 a 56, 132, 140, 155 e 168 infra, l’argomentazione sviluppata dalla ricorrente nei dieci motivi dedotti contesta la risposta fornita dal CRU, nella decisione impugnata, alle sue domande di ricalcolo e di rimborso, in quanto tale risposta si baserebbe su un’erronea interpretazione delle disposizioni applicabili.

49      Orbene, è giocoforza constatare, in linea generale e fatto salvo quanto sarà indicato successivamente al punto 152 della presente sentenza, che gli elementi di fatto e di diritto su cui la ricorrente fonda tale argomentazione sono comprensibili sulla base della lettura dei dieci motivi del ricorso. Del pari, è giocoforza rilevare che il CRU è stato in grado, nel controricorso, di controbattere tale argomentazione. Inoltre, il Tribunale non ha avuto difficoltà ad individuare la linea argomentativa della ricorrente nella lettura del ricorso.

50      Dalle considerazioni che precedono risulta che, fatto salvo quanto sarà indicato al successivo punto 152, l’argomentazione della ricorrente sviluppata nei dieci motivi del ricorso è ricevibile alla luce dei requisiti di cui all’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura.

51      Ne consegue che tutti gli argomenti addotti dal CRU diretti a che il Tribunale rigetti i motivi della ricorrente in quanto irricevibili devono essere respinti.

2.      Sui primi cinque motivi, vertenti sullomessa considerazione della presunta natura pro rata temporis dei contributi ex ante, dellarticolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 e dellarticolo 12 del regolamento delegato 2015/63

52      In primo luogo, la ricorrente fa valere che i contributi ex ante sono versati pro rata temporis, essendo pagati in anticipo e per alcuni periodi determinati durante i quali gli enti creditizi beneficiano della copertura offerta dal sistema di risoluzione europeo. La ricorrente sottolinea anzitutto che, avendo perso il proprio status di ente creditizio, essa non beneficia più di tale copertura. L’eliminazione del rischio che la ricorrente rappresentava e che era coperto dal FRU comporterebbe una riduzione proporzionale del fabbisogno di finanziamento del FRU. La ricorrente ritiene quindi di avere diritto ad un rimborso parziale dei suoi contributi ex ante. A suo avviso, poi, il fatto che nei primi otto anni di esistenza del FRU i contributi ex ante per il 2015 debbano essere detratti dai contributi annuali dovuti da ciascun ente creditizio è idoneo a dimostrare la natura pro rata temporis di tali contributi. Infine, il CRU stesso riconoscerebbe nella decisione SRB/ES/SRF/2018/03 che i contributi sono rimborsabili, nella misura in cui afferma che, se la detrazione dei contributi del 2015 conduce ad un importo negativo, l’importo corrispondente è versato all’ente durante il periodo di contribuzione 2018. Tale decisione evocherebbe anche la situazione in cui un ente creditizio perde la propria autorizzazione a seguito di una fusione. La ricorrente sostiene al riguardo che, in un caso del genere, le somme versate al FRU non sono perdute, poiché le detrazioni, previste all’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione (UE) 2015/81 del Consiglio, del 19 dicembre 2014, che stabilisce condizioni uniformi di applicazione del regolamento n. 806/2014 per quanto riguarda i contributi ex ante al Fondo di risoluzione unico (GU 2015, L 15, pag. 1), sono concesse all’entità risultante dalla fusione.

53      In secondo luogo, la ricorrente fa valere che il CRU interpreta erroneamente l’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014, in base al quale i contributi debitamente percepiti non sono rimborsati. Essa ritiene che l’espressione «debitamente percepiti» debba essere interpretata nel senso che qualsiasi pagamento ha una causa e, di conseguenza, può essere rimborsato se la causa viene meno. La sua domanda di rimborso si baserebbe, in particolare, sul principio del divieto dell’arricchimento senza causa. In ogni caso, la ricorrente sostiene che l’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 non si applica ai contributi ex ante per il 2015. Tali contributi non sarebbero stati «percepiti» conformemente al regolamento n. 806/2014, bensì nell’ambito della misura di trasposizione nazionale della direttiva 2014/59.

54      In terzo luogo, la ricorrente ritiene che il CRU interpreti erroneamente l’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63. Essa sostiene che la formulazione di tale disposizione si riferisce allo «status dell’ente» piuttosto che allo «status in quanto ente». L’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63 presupporrebbe che l’entità in questione rimanga un ente. Secondo la ricorrente, l’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63 si applica nell’ipotesi in cui la situazione giuridica o fattuale dell’istituto bancario possa incidere sulla determinazione dell’importo del contributo, ma la banca continui ad essere inclusa nel meccanismo di finanziamento della risoluzione. Questo non sarebbe il caso della ricorrente, alla quale, pertanto, tale disposizione non si applicherebbe. La ricorrente invoca altresì, a sostegno del suo argomento, l’articolo 7 del regolamento delegato (UE) 2017/2361 della Commissione, del 14 settembre 2017, sul sistema definitivo di contributi alle spese amministrative del Comitato di risoluzione unico (GU 2017, L 337, pag. 6).

55      In quarto luogo, la ricorrente aggiunge, nella replica, che il CRU accetta, in talune circostanze, che si effettuino ricalcoli e che si rimborsino contributi. Al riguardo essa fa valere che l’articolo 17, paragrafo 3, del regolamento delegato 2015/63 autorizza i ricalcoli e i rimborsi e invoca altresì l’articolo 17, paragrafo 4, del regolamento delegato 2015/63.

56      In quinto luogo, nelle sue osservazioni sulla memoria di intervento, la ricorrente fa valere che la presente causa differisce da quella che ha dato luogo alla sentenza del 14 novembre 2019, State Street Bank International (C‑255/18, EU:C:2019:967). La presente causa riguarderebbe l’«eliminazione effettiva» di un ente creditizio e dei suoi depositi, mentre la causa summenzionata concernerebbe l’incorporazione di un ente creditizio italiano da parte di un ente creditizio tedesco. Pertanto, secondo la ricorrente, da un punto di vista europeo, la fusione oggetto di quella causa non ha avuto alcuna incidenza sulla partecipazione dell’ente contribuente al finanziamento del FRU. Al contrario, nella causa in esame, la ricorrente cesserebbe di partecipare al finanziamento del FRU.

57      Il CRU, sostenuto dalla Commissione, contesta tale argomentazione.

a)      Sul contributo ex ante per il 2018

58      In sostanza, la ricorrente fa valere che la revoca della sua autorizzazione da parte della BCE durante il periodo di contribuzione, ossia nel 2018, è una circostanza che le conferisce un diritto ad un ricalcolo pro rata temporis del suo contributo ex ante per tale periodo e, pertanto, al rimborso di una parte delle somme versate a titolo del suo contributo ex ante per il 2018. Il periodo contributivo per tale ricalcolo sarebbe quello compreso tra il 1º gennaio e l’11 luglio 2018. L’importo percepito in eccesso ammonterebbe a EUR 947 127,55.

59      Conformemente all’articolo 2 del regolamento n. 806/2014, tale regolamento si applica agli enti creditizi stabiliti in uno Stato membro partecipante all’Unione bancaria, come la ricorrente. Un ente creditizio è un’impresa la cui attività consiste nel raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e nel concedere crediti per proprio conto, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2013, L 176, pag. 1). Gli enti creditizi devono disporre di un’autorizzazione per esercitare le loro attività, come previsto all’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU 2013, L 176, pag. 338).

60      Il regolamento n. 806/2014 impone a ciascun ente autorizzato, stabilito in uno Stato membro partecipante, di contribuire al FRU mediante contributi ex ante almeno una volta all’anno. Il singolo contributo di ciascun ente è calcolato in percentuale dell’ammontare delle sue passività, esclusi i fondi propri e i depositi protetti, in relazione alle passività aggregate, esclusi i fondi propri e i depositi protetti, di tutti gli enti autorizzati nei territori di tutti gli Stati membri partecipanti (articolo 70, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014).

61      Inoltre, dall’articolo 69, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 nonché dall’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63 risulta che la riscossione annua dei contributi ex ante degli enti creditizi è stata istituita per garantire che, al termine di un periodo iniziale di otto anni a decorrere dal 1º gennaio 2016, le risorse finanziarie disponibili del FRU raggiungano almeno l’1% dell’importo dei depositi protetti di tutti gli enti creditizi autorizzati in tutti gli Stati membri partecipanti.

62      Per conseguire tale obiettivo, l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 14, paragrafi da 1 a 3, del regolamento delegato 2015/63 impongono al CRU di calcolare i contributi dovuti facendo riferimento alle informazioni contabili relative agli ultimi bilanci d’esercizio approvati e certificati disponibili al 31 dicembre dell’anno precedente il periodo di contribuzione, corredati del giudizio formulato dal revisore legale o dall’impresa di revisione contabile.

63      La ricorrente non contesta che, al 1º gennaio 2018, era un ente creditizio autorizzato, stabilito in uno Stato membro partecipante, e che, per questo motivo, era tenuta a contribuire al FRU. Essa non sostiene che, con la decisione SRB/ES/SRF/2018/03, il CRU abbia erroneamente calcolato l’importo del suo contributo individuale per il 2018. Per contro, essa fa valere che la revoca della sua autorizzazione da parte della BCE, l’11 luglio 2018, l’ha esclusa a partire da quel giorno dall’ambito di applicazione del regolamento n. 806/2014 e che il suo contributo ex ante per il 2018 dovrebbe quindi essere oggetto di un ricalcolo pro rata temporis.

64      Per rispondere alle questioni interpretative sollevate nell’ambito del presente ricorso e per determinare la portata esatta dell’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 e dell’articolo 12 del regolamento delegato 2015/63, occorre tener conto non soltanto della lettera degli stessi, ma anche del loro contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essi fanno parte (v., in tal senso, sentenza del 7 giugno 2005, VEMW e a., C‑17/03, EU:C:2005:362, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

1)      Sull’interpretazione dell’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014

65      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’interpretazione letterale dell’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014, occorre ricordare che esso è formulato nei seguenti termini:

«I contributi da parte di ciascuna entità di cui all’articolo 2 [di detto regolamento, vale a dire, in particolare, gli enti creditizi quali la ricorrente] che sono stati debitamente percepiti non sono rimborsati a tali entità».

66      L’interpretazione letterale dell’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 tende a confermare la posizione del CRU nella decisione impugnata.

67      La formulazione dell’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 evidenzia infatti il carattere non rimborsabile dei contributi ex ante percepiti nelle debite forme. L’assenza di rimborso si deduce senza alcun possibile dubbio dalla negazione utilizzata dal legislatore. I termini impiegati sono inequivocabili. Non si fa alcuna menzione della possibilità di adattare i contributi ex ante sulla base di un calcolo mensile qualora un ente perda la propria autorizzazione nel corso del periodo di contribuzione.

68      Per quanto riguarda, in secondo luogo, il contesto nel quale si inserisce l’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014, occorre ricordare, innanzitutto, che, conformemente all’articolo 70, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014, il CRU deve calcolare ogni anno i contributi individuali per garantire che i contributi dovuti dall’insieme degli enti autorizzati sul territorio di tutti gli Stati membri partecipanti non superino il 12,5% del livello-obiettivo.

69      Esiste quindi, oltre al livello-obiettivo da raggiungere al termine del periodo iniziale, un massimale annuo dell’importo dei contributi che possono essere riscossi presso gli enti nel corso di un determinato anno durante detto periodo iniziale. Pertanto, come sottolinea giustamente il CRU, la scelta dell’anno civile come periodo di contribuzione per i contributi ex ante è la conseguenza della volontà del legislatore di garantire che l’onere imposto agli enti durante il periodo iniziale sia ripartito nel tempo nel modo più uniforme possibile, conformemente all’articolo 69, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014. Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il fatto che i contributi ex ante siano annuali non significa che essi si «riferiscano» ad un determinato anno e che occorra, di conseguenza, procedere necessariamente a un adattamento qualora un ente perda la propria autorizzazione nel corso dell’anno.

70      Dopodiché, da un lato, va rilevato che i contributi ex ante che alimentano il FRU sono raccolti dagli operatori del settore finanziario prima di qualsiasi operazione di risoluzione e indipendentemente da essa (considerando 102 del regolamento n. 806/2014). Dall’altro, gli strumenti di risoluzione possono essere applicati esclusivamente alle entità in dissesto o a rischio di dissesto e solo quando ciò risulta necessario per perseguire l’obiettivo di stabilità finanziaria nell’interesse pubblico (articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014; v. anche considerando 61 di detto regolamento). In altri termini, quand’anche il dissesto di un ente – che abbia debitamente versato i suoi contributi ex ante – sia dimostrato o prevedibile, una misura di risoluzione può essere presa in considerazione solo se è necessaria nell’interesse pubblico. La normativa non stabilisce alcun nesso automatico tra, da un lato, il versamento del contributo ex ante e, dall’altro, la risoluzione dell’ente interessato. Come fa valere il CRU, il fattore decisivo per l’utilizzo del FRU è unicamente la salvaguardia dell’interesse pubblico, e non l’interesse individuale di un ente (v. anche articolo 67, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014). Il contributo ex ante versato da un ente per un determinato periodo non gli conferisce un diritto individuale di utilizzare il FRU nel caso in cui tale ente sia in dissesto o a rischio di dissesto nel corso di detto periodo.

71      Il versamento di un contributo al FRU da parte di un ente non garantisce alcuna contropartita, ma mira, nell’interesse pubblico, a finanziare il FRU fino al livello minimo previsto dal legislatore dell’Unione per garantire la stabilità del sistema bancario europeo.

72      Infatti, dal regolamento n. 806/2014, in particolare dai suoi articoli 14, 18, 67, paragrafo 2, e 70 nonché dai considerando 19, 100, 102 e 104, emerge che il rischio coperto dal FRU è quello che l’intero settore finanziario pone alla stabilità del sistema finanziario e, di conseguenza, ai bilanci nazionali. Orbene, come risulta dal considerando 100 del regolamento n. 806/2014, il legislatore ha ritenuto che la stabilizzazione del sistema finanziario dovesse essere finanziata dal settore finanziario nel suo complesso. Nel caso di specie, è in quanto operatore del settore finanziario, al 1° gennaio 2018, che la ricorrente ha versato il suo contributo obbligatorio al FRU per l’anno 2018.

73      Ciò spiega perché i contributi ex ante non possano essere considerati premi assicurativi che possono essere pagati mensilmente e rimborsati qualora l’ente che li abbia versati perda la propria autorizzazione nel corso dell’anno, come fa valere la ricorrente a sostegno della sua argomentazione. Per lo stesso ordine di motivi, l’argomento secondo cui la scomparsa dell’ente durante l’anno di contribuzione comporterebbe una riduzione dei rischi da coprire e, pertanto, un calo del fabbisogno di finanziamento del FRU non può che essere respinto.

74      Per quanto riguarda, in terzo luogo, l’obiettivo perseguito dal regolamento n. 806/2014 e dal regolamento delegato 2015/63, occorre ricordare che la riscossione annua dei contributi ex ante degli enti creditizi è stata istituita per garantire che, al termine di un periodo iniziale di otto anni a decorrere dal 1º gennaio 2016, le risorse finanziarie disponibili del FRU raggiungano almeno l’1% dell’importo dei depositi protetti di tutti gli enti creditizi autorizzati in tutti gli Stati membri partecipanti (v. punto 61 supra).

75      Orbene, se il CRU dovesse tener conto dell’evoluzione della situazione giuridica e finanziaria degli enti creditizi nel corso del periodo di contribuzione di cui trattasi, difficilmente potrebbe calcolare in modo affidabile e stabile i contributi dovuti da ciascuno di essi e conseguire l’obiettivo di raggiungere, alla fine del periodo iniziale, almeno l’1% dell’importo dei depositi protetti di tutti gli enti autorizzati nel territorio di uno Stato membro, poiché il ricalcolo dei contributi di un determinato ente si ripercuote necessariamente sull’importo dovuto dagli altri enti creditizi.

76      Tenuto conto del momento e della finalità della riscossione dei contributi ex ante, si deve constatare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la perdita dell’autorizzazione da parte di un ente nel corso del periodo di contribuzione non gli conferisce un diritto ad un ricalcolo pro rata temporis del suo contributo ex ante per tale periodo e, pertanto, al rimborso di una parte del contributo versato per detto periodo. In conclusione, il CRU non è incorso in alcun errore di diritto nell’interpretare l’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 nel senso che esso non gli consentiva di ricalcolare pro rata temporis il contributo ex ante della ricorrente per il 2018 né di rimborsarle l’asserita eccedenza riscossa.

2)      Sull’interpretazione dell’articolo 12 del regolamento delegato 2015/63

77      Per quanto riguarda gli argomenti della ricorrente relativi all’articolo 12 del regolamento delegato 2015/63, occorre ricordare anzitutto i termini di tale disposizione:

«1. Per l’ente neoinserito nella vigilanza solo per parte del periodo di contribuzione, il contributo parziale è determinato applicando la metodologia di cui alla sezione 3 all’importo del contributo annuale calcolato nel periodo di contribuzione successivo con riferimento al numero di mesi completi del periodo di contribuzione per i quali l’ente è stato inserito nella vigilanza.

2. Il cambiamento di status dell’ente, compreso l’ente di piccole dimensioni, nel corso del periodo di contribuzione non incide sul contributo annuale che l’ente è tenuto a versare nell’anno in questione».

78      Il CRU ha ritenuto nella decisione impugnata che la revoca dell’autorizzazione di un ente creditizio da parte della BCE costituisse un cambiamento di status ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63. La decisione della BCE dell’11 luglio 2018 di revocare alla ricorrente la sua autorizzazione non avrebbe quindi alcun effetto sull’importo del contributo annuale dovuto da quest’ultima per l’anno 2018.

79      La ricorrente fa valere, in sostanza, che la formulazione di tale disposizione si riferisce allo «status dell’ente» e non allo «status in quanto ente». A suo avviso, l’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63 presuppone che l’entità interessata rimanga un ente creditizio e, pertanto, non si applica alla sua situazione. La ricorrente ha precisato nella sua risposta del 12 giugno 2020 al quesito scritto del Tribunale e ha confermato in udienza che non solo l’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63 non si applicava, ma anche che l’articolo 12, paragrafo 1, di detto regolamento non era rilevante ai fini della presente causa.

80      In proposito, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 14 novembre 2019, State Street Bank International (C‑255/18, EU:C:2019:967), la Corte ha dichiarato, per quanto riguarda la nozione di «cambiamento di status» ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63, che, ai fini dell’applicazione di detto regolamento, quest’ultima doveva essere considerata una nozione autonoma del diritto dell’Unione, da interpretare in maniera uniforme sul territorio di tutti gli Stati membri (sentenza del 14 novembre 2019, State Street Bank International, C‑255/18, EU:C:2019:967, punto 33).

81      La Corte ha rilevato anzitutto che l’espressione «cambiamento di status» poteva includere qualsiasi tipo di cambiamento nella situazione di diritto o di fatto di un ente che potesse incidere sull’applicazione dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63. Tale interpretazione è confermata dall’espressione «compreso l’ente di piccole dimensioni», la quale indica che il cambiamento di dimensioni di un ente, rilevante ai fini dell’applicazione delle disposizioni agli enti di piccole dimensioni, costituiva solo una delle situazioni previste da detta disposizione (sentenza del 14 novembre 2019, State Street Bank International, C‑255/18, EU:C:2019:967, punti 35 e 36).

82      La Corte ha precisato, poi, che l’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63 riguardava, in generale, i cambiamenti che potevano interessare un ente, mentre l’articolo 12, paragrafo 1, di detto regolamento delegato chiariva il metodo di calcolo che si applicava, in via eccezionale, a un ente neoinserito nella vigilanza solo per parte del periodo di contribuzione (sentenza del 14 novembre 2019, State Street Bank International, C‑255/18, EU:C:2019:967, punto 38). Essa ha quindi considerato che l’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento delegato 2015/63, poiché introduce una deroga alla regola generale del paragrafo 2 di tale articolo, doveva essere interpretato restrittivamente, non consentendo un’interpretazione che andasse oltre tale unica ipotesi espressamente presa in considerazione da detto regolamento (v. sentenza del 14 novembre 2019, State Street Bank International, C‑255/18, EU:C:2019:967, punto 39 e giurisprudenza ivi citata). La Corte ne ha concluso che un’operazione che costituiva un cambiamento di status, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63, non beneficiava del calcolo del contributo di cui all’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento delegato 2015/63 (sentenza del 14 novembre 2019, State Street Bank International, C‑255/18, EU:C:2019:967, punto 40).

83      Infine, la Corte ha rilevato, alla luce della direttiva 2014/59, del regolamento n. 806/2014 e del regolamento delegato 2015/63, che la riscossione annua dei contributi ex ante degli enti creditizi era stata istituita per garantire il raggiungimento, al termine del periodo iniziale, del livello-obiettivo. La Corte ha considerato che, per consentire alle autorità di risoluzione di calcolare in modo affidabile i contributi ex ante e di raggiungere quindi l’obiettivo perseguito dalla direttiva 2014/59, dal regolamento n. 806/2014 e dal regolamento delegato 2015/63, la nozione di «cambiamento di status» di cui all’articolo 12, paragrafo 2, di detto regolamento delegato doveva essere intesa estensivamente (sentenza del 14 novembre 2019, State Street Bank International, C‑255/18, EU:C:2019:967, punto 44). La Corte ha dichiarato che tale nozione doveva essere interpretata nel senso che essa comprendeva l’operazione con la quale un ente cessava, nel corso dell’anno, di essere soggetto alla vigilanza di un’autorità di risoluzione a seguito di una fusione per incorporazione transfrontaliera nella sua società madre e che, di conseguenza, tale operazione non incideva sull’obbligo di tale ente di versare integralmente i contributi ex ante dovuti per l’anno di contribuzione in questione (sentenza del 14 novembre 2019, State Street Bank International, C‑255/18, EU:C:2019:967, punto 48).

84      Nel caso di specie occorre ritenere, per le stesse ragioni esposte ai punti da 80 a 83 della presente sentenza, che la revoca dell’autorizzazione di un ente creditizio da parte della BCE dev’essere considerata un cambiamento di status ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63. Infatti, come sottolineato dalla Corte al punto 43 della sentenza del 14 novembre 2019, State Street Bank International (C‑255/18, EU:C:2019:967), se un’autorità di risoluzione, come il CRU, dovesse tenere conto dei mutamenti occorsi nella situazione giuridica e finanziaria degli enti durante l’esercizio di cui trattasi, difficilmente essa potrebbe effettuare un calcolo attendibile dei contributi ordinari dovuti nel corso dell’anno successivo e, di conseguenza, conseguire l’obiettivo previsto dal regolamento n. 806/2014 di raggiungere, al termine del periodo iniziale, almeno l’1% dell’ammontare dei depositi protetti di tutti gli enti autorizzati degli Stati membri partecipanti (v. punti da 60 a 62 supra). Di conseguenza, la nozione di «cambiamento di status» di cui all’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63 deve essere intesa nel senso che essa include la cessazione dell’attività di un ente dovuta alla revoca della sua autorizzazione durante il periodo di contribuzione.

85      Da quanto precede risulta che la circostanza che un’entità cessi di esercitare le sue attività di ente creditizio nel corso del periodo di contribuzione, a seguito della revoca della sua autorizzazione, non incide sul suo obbligo di versare l’integralità del contributo ex ante dovuto per detto periodo di contribuzione. Il CRU non ha quindi commesso alcun errore al riguardo nella decisione impugnata. La ricorrente non può pertanto contestare al CRU di non aver ricalcolato pro rata temporis il suo contributo ex ante per il 2018 e di non averle rimborsato l’asserita eccedenza riscossa.

86      Tale conclusione non è rimessa in discussione dal nesso che la ricorrente tenta di stabilire tra la nozione di «status» ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63 e quella ai sensi dell’articolo 7 del regolamento 2017/2361. Contrariamente a quanto fa valere la ricorrente, la nozione di «cambiamento di status» non può essere intesa nel senso che essa riguarda unicamente la situazione in cui un ente passa da una categoria definita all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento 2017/2361 ad un’altra. Come giustamente sottolineato dalla Commissione, l’oggetto e la finalità del regolamento delegato 2015/63 e quelli del regolamento 2017/2361 sono differenti. Quest’ultimo riguarda il sistema di contributi alle spese amministrative del CRU. I contributi disciplinati dal regolamento delegato 2015/63 sono contributi, nell’interesse pubblico, al FRU, mentre quelli disciplinati dal regolamento 2017/2361 coprono il carico di lavoro e le relative spese per le entità sottoposte alla responsabilità diretta del CRU (v. considerando 5 del regolamento delegato 2017/2361).

87      È vero che la ricorrente presenta argomenti volti a differenziare la presente causa da quella che ha dato luogo alla sentenza del 14 novembre 2019, State Street Bank International (C‑255/18, EU:C:2019:967). Essa fa valere, in proposito, che, se vi è stato effettivamente un «cambiamento di status» in detta causa, era perché l’entità italiana non aveva abbandonato il meccanismo di risoluzione unico degli enti creditizi e di talune imprese di investimento (MRU), ma era diventata una succursale di un ente tedesco. Senza trascurare la realtà di tali differenze, è giocoforza constatare che esse non possono che rimanere irrilevanti ai fini della conclusione di cui al punto 84 supra. Infatti, l’espressione «cambiamento di status» include qualsiasi tipo di cambiamento nella situazione di diritto o di fatto di un ente che possa incidere sull’applicazione dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63. Orbene, la perdita dell’autorizzazione costituisce indubbiamente un cambiamento nella situazione sia di diritto che di fatto di un ente creditizio. Inoltre, l’articolo 12, paragrafo 2, di tale regolamento, che dispone che il cambiamento di status di un ente non incide sull’obbligo di tale ente di versare contributi ordinari annuali dovuti per l’anno in questione, riguarda, in generale, i cambiamenti che possono interessare un ente, mentre l’articolo 12, paragrafo 1, di detto regolamento chiarisce il metodo di calcolo che si applica, in via eccezionale, ad un ente neoinserito nella vigilanza solo per parte del periodo di contribuzione. Dato che quest’ultima disposizione, introducendo una deroga alla regola generale stabilita dall’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63, deve essere interpretata restrittivamente, non consentendo un’interpretazione che vada oltre tale unica ipotesi espressamente presa in considerazione da detto regolamento, la perdita dell’autorizzazione rientra necessariamente nell’ambito di detto articolo 12, paragrafo 2.

88      La ricorrente ritiene altresì che, contrariamente alla situazione oggetto della causa che ha dato luogo alla sentenza del 14 novembre 2019, State Street Bank International (C‑255/18, EU:C:2019:967), la sua esclusione definitiva dal sistema di risoluzione incida sul livello-obiettivo. È sufficiente constatare, in proposito, alla luce dei termini impiegati dal legislatore nell’articolo 12 del regolamento delegato 2015/63, che quest’ultimo ha deciso che un cambiamento di status dell’ente nel corso del periodo di contribuzione non incidesse sul contributo annuale che l’ente era tenuto a versare nell’anno in questione, a prescindere dai possibili effetti di tale cambiamento di status sui depositi protetti o sul livello-obiettivo.

89      Ne consegue che l’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63 si applica alla situazione della ricorrente. Gli argomenti formulati da quest’ultima al riguardo vanno pertanto respinti.

90      Neppure gli altri argomenti addotti dalla ricorrente, esaminati nel prosieguo, rimettono in discussione le conclusioni di cui sopra, vertenti sull’analisi dell’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 e dell’articolo 12 del regolamento delegato 2015/63.

3)      Sugli altri argomenti addotti dalla ricorrente

91      Gli altri argomenti della ricorrente mirano, in sostanza, a dimostrare l’asserito arricchimento senza causa del FRU, la natura pro rata temporis dei contributi ex ante e la rimborsabilità di tali contributi. A sostegno della sua argomentazione, la ricorrente invoca il principio del divieto di arricchimento senza causa, la decisione SRB/ES/SRF/2018/03, l’articolo 17, paragrafi 3 e 4, del regolamento delegato 2015/63 e l’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento di esecuzione 2015/81.

i)      Sul presunto arricchimento senza causa del FRU

92      La ricorrente fa valere che l’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014, in particolare i termini «contributi debitamente percepiti», deve essere interpretato alla luce del principio del divieto di arricchimento senza causa. A suo avviso, qualsiasi pagamento ha una causa e persegue uno scopo e, di conseguenza, può essere rimborsato se la causa viene meno o lo scopo non è raggiunto. Ciò significherebbe, nel caso di specie, che i contributi ex ante dovrebbero essere ricalcolati in funzione del periodo durante il quale un ente è stato effettivamente sottoposto a vigilanza, altrimenti il FRU beneficerebbe di un arricchimento senza causa.

93      Occorre ricordare che un’azione basata sull’arricchimento senza causa richiede, per poter essere accolta, la prova di un arricchimento senza valido fondamento giuridico e di un impoverimento del richiedente connesso all’arricchimento stesso (v., in tal senso, sentenza del 28 luglio 2011, Agrana Zucker, C‑309/10, EU:C:2011:531, punto 53).

94      Nel caso di specie, è pacifico che il fondamento giuridico della decisione impugnata era costituito dall’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 e dall’articolo 12 del regolamento delegato 2015/63. Inoltre, dalle constatazioni esposte ai punti da 65 a 76 della presente sentenza emerge che, come rilevato dal CRU nella decisione impugnata, l’applicazione di detti articoli non poteva comportare un ricalcolo del contributo ex ante della ricorrente per il 2018 e, pertanto, il rimborso di una parte della somma versata a titolo di quest’ultimo.

95      Orbene, va rilevato che la ricorrente non rimette in discussione il fondamento giuridico su cui sarebbe basato l’arricchimento del FRU derivante dalla decisione impugnata. Infatti, le memorie della ricorrente non contengono, esplicitamente o implicitamente, alcuna eccezione di illegittimità relativa all’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 e all’articolo 12 del regolamento delegato 2015/63.

96      Pertanto, si deve ritenere che il rifiuto di rimborso opposto dal CRU sia basato su un valido fondamento giuridico e non possa costituire un arricchimento senza causa. Occorre così respingere l’argomento della ricorrente relativo al presunto arricchimento senza causa del FRU.

ii)    Sugli argomenti relativi alla violazione della decisione SRB/ES/SRF/2018/03

97      La ricorrente sostiene che la decisione impugnata viola la decisione SRB/ES/SRF/2018/03, dato che il CRU ha espressamente riconosciuto in quest’ultima la natura pro rata temporis dei contributi ex ante nonché il loro carattere rimborsabile. In particolare, la ricorrente mette in evidenza i punti 39 e 40 di detta decisione.

98      Occorre ricordare, al riguardo, che, secondo una giurisprudenza costante, una mera prassi di un’istituzione, di un organo o di un organismo dell’Unione non può prevalere sulle norme del Trattato o adottate in forza del Trattato (v., in tal senso, sentenze del 23 febbraio 1988, Regno Unito/Consiglio, 68/86, EU:C:1988:85, punto 24, e del 9 agosto 1994, Francia/Commissione, C‑327/91, EU:C:1994:305, punto 36). Ne consegue che una decisione del CRU non può comportare una modifica del contenuto delle disposizioni legislative applicabili nel caso di specie.

99      Gli argomenti della ricorrente volti a dimostrare che il CRU stesso riconoscerebbe, nella decisione SRB/ES/SRF/2018/03, la natura pro rata temporis o il carattere rimborsabile dei contributi ex ante sono quindi inoperanti.

100    In ogni caso, tali argomenti sono anche infondati. Infatti, va anzitutto rilevato che, conformemente all’articolo 103 della direttiva 2014/59, l’autorità di risoluzione lettone ha fissato e percepito il contributo ex ante della ricorrente per il 2015. Tale contributo è stato trasferito al FRU in forza dell’articolo 3, paragrafo 3, dell’AIG. Occorre ricordare, poi, che, in linea di principio, il livello-obiettivo deve essere raggiunto al termine di un periodo di otto anni. Infine, durante tale periodo, due elementi condizionano il calcolo del contributo individuale di ciascun ente: in primo luogo, un massimale annuo (l’importo aggregato delle riscossioni non deve superare il 12,5% del livello-obiettivo del FRU all’anno) e, in secondo luogo, l’obbligo di integrare nel calcolo dei contributi individuali i contributi riscossi in forza della direttiva 2014/59, detraendoli dall’importo dovuto da ciascun ente. Per conformarsi a tale obbligo di cui all’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione 2015/81, il CRU tiene conto dei contributi riscossi dagli Stati membri partecipanti detraendoli dall’importo dovuto da ciascun ente in modo lineare. Ad esempio, nel calcolo del suo contributo ex ante per il 2018, un ottavo della somma versata dalla ricorrente per il 2015 è stato detratto dall’importo che essa doveva a titolo del contributo ex ante per il 2018.

101    Pertanto, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il fatto che, secondo il punto 40 della decisione SRB/ES/SRF/2018/03, una tale detrazione possa comportare un contributo individuale negativo e che l’importo corrispondente sia quindi versato all’ente interessato è solo il risultato degli elementi sopra menzionati. Contrariamente a quanto fa valere la ricorrente, non si tratta del riconoscimento da parte del CRU della natura pro rata temporis dei contributi ex ante né di quello del loro carattere rimborsabile (v. altresì il successivo punto 127).

102    Neanche il punto 39 della decisione SRB/ES/SRF/2018/03, invocato dalla ricorrente, è idoneo a suffragare la sua tesi. È vero che, in base a tale punto, se, nel corso del periodo iniziale, un ente perde la propria autorizzazione bancaria a seguito di una fusione, la detrazione prevista all’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione 2015/81 è concessa all’ente incorporante derivante dall’operazione di fusione. Tuttavia, a tal fine, detto punto 39 precisa che l’ente incorporante deve continuare a versare contributi ex ante al FRU. Tale situazione è quindi diversa da quella della ricorrente nel caso di specie.

103    Pertanto, la censura vertente sulla violazione di tale decisione deve essere respinta in quanto inoperante e, in ogni caso, infondata.

iii) Sugli argomenti relativi alla violazione dell’articolo 17 del regolamento delegato 2015/63

104    La ricorrente fa valere che l’articolo 17, paragrafi 3 e 4, del regolamento delegato 2015/63 indica che qualsiasi contributo può essere oggetto di adattamenti successivi.

105    Occorre anzitutto rilevare che tali disposizioni, su cui si basa la ricorrente, sono formulate nei seguenti termini:

«3. In caso di rideterminazione dei valori o di revisione delle informazioni che l’ente le ha trasmesso, l’autorità di risoluzione corregge il contributo annuale in funzione delle informazioni aggiornate quando calcola il contributo annuale dell’ente per il periodo di contribuzione successivo.

4. L’eventuale differenza tra il contributo annuale calcolato e versato in base alle informazioni sottoposte a rideterminazione dei valori o a revisione e il contributo annuale che avrebbe dovuto essere versato in esito alla correzione è conguagliata nell’importo del contributo annuale dovuto per il periodo di contribuzione successivo. La correzione è effettuata riducendo o aumentando i contributi per il periodo di contribuzione successivo».

106    Occorre ricordare, poi, il contesto di tale disposizione. Gli enti devono presentare tutte le informazioni di cui all’articolo 14 del regolamento delegato 2015/63 entro i termini previsti da detto articolo. Tali informazioni riguardano l’esercizio precedente il periodo di contribuzione. Nel caso di specie, la ricorrente non afferma che le informazioni che ha fornito in forza dell’articolo 14 del regolamento delegato 2015/63 per il periodo di contribuzione 2018 (o per qualsiasi altro periodo di contribuzione) sono state oggetto di una rideterminazione dei valori successiva o di revisione. Per contro, essa fa valere che «le informazioni fornite da un ente possono essere di natura preliminare», «poiché non è chiaro che l’ente continuerà le sue attività nel corso dell’anno in questione, in particolare quando esso prevede di restituire la propria autorizzazione bancaria e di cessare le sue attività come ente creditizio in un determinato momento dell’anno, senza che sia stata ancora determinata la data precisa». Essa deduce quindi dall’articolo 17 del regolamento delegato 2015/63 che qualsiasi contributo può formare oggetto di adattamenti significativi ulteriori, poco importa se in seguito ad un cambiamento di circostanze rispetto all’anno precedente o al ricalcolo di un contributo passato.

107    Tale interpretazione proposta dalla ricorrente per l’articolo 17 del regolamento delegato 2015/63 non è tuttavia suffragata dalla formulazione di tale disposizione. La decisione degli azionisti della ricorrente di liquidarla e le sue conseguenze non sono né assimilabili né comparabili alle rideterminazioni dei valori o alle revisioni contabili di cui possono essere oggetto le informazioni di cui all’articolo 14 del regolamento delegato 2015/63. L’articolo 17, paragrafi 3 e 4, del regolamento delegato 2015/63 precisa che la presa in considerazione delle informazioni aggiornate è realizzata «per il periodo di contribuzione successivo». Tale disposizione non riguarda quindi le situazioni, come quella della ricorrente, in cui un ente esce dal sistema di risoluzione.

108    Infine, una lettura dell’articolo 17 del regolamento delegato 2015/63 nel senso indicato dalla ricorrente sarebbe incompatibile con l’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 e con l’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63, come interpretati supra.

109    Così, la ricorrente non può invocare utilmente l’articolo 17 del regolamento delegato 2015/63 per dimostrare la natura pro rata temporis dei contributi ex ante né per suffragare la sua domanda di ricalcolo dell’importo del suo contributo ex ante per il 2018 e di rimborso di una parte di quest’ultimo. I suoi argomenti al riguardo devono quindi essere respinti.

iv)    Sugli argomenti relativi alla violazione dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento di esecuzione 2015/81

110    La ricorrente ha fatto valere, nelle sue osservazioni depositate il 29 giugno 2020 e in udienza, che sarebbe anomalo che, conformemente all’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento di esecuzione 2015/81, gli impegni di pagamento irrevocabili di un ente che non rientri più nell’ambito di applicazione del regolamento n. 806/2014 possano essere annullati e le garanzie di cui sono corredati possano essere restituite, ma che i contributi in contanti non possano essere rimborsati.

111    Al riguardo, è giocoforza constatare che disposizioni specifiche disciplinano gli impegni di pagamento irrevocabili che, come precisa l’articolo 70, paragrafo 3, del regolamento n. 806/2014, non possono superare il 30% dell’importo totale dei contributi riscossi conformemente a tale articolo. Tali impegni hanno una natura diversa da quella dei contributi ex ante, ragion per cui il legislatore dell’Unione ha ritenuto necessario assoggettarli ad un regime specifico. In proposito, il fatto che l’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento di esecuzione 2015/81 riguardi unicamente detti impegni, ad esclusione dei contributi ex ante, rispecchia la volontà del legislatore di non assoggettare questi ultimi alla norma prevista da tale disposizione. Non vi è dunque luogo ad applicare per analogia l’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento di esecuzione 2015/81 ai contributi di cui all’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014, come fa valere, in sostanza, la ricorrente. Il suo argomento fondato sull’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento di esecuzione 2015/81 dev’essere quindi respinto.

b)      Sul contributo ex ante per il 2015

112    La ricorrente asserisce sostanzialmente che, nella misura in cui, per tutto il periodo iniziale, il CRU, nel calcolare il contributo individuale di un ente, deve detrarre dall’importo dovuto da tale ente i contributi per il 2015 fissati e percepiti dal suo Stato membro, il CRU stesso, quando un ente perde la propria autorizzazione nel corso di detto periodo, dovrebbe rimborsargli la parte rimanente del contributo ex ante che ha versato per il 2015. L’importo di tale parte ammonterebbe, nel caso della ricorrente, ad EUR 836 320,40.

113    La ricorrente non contesta che dovesse versare, all’epoca, l’importo fissato dalla Commissione dei mercati finanziari e dei capitali. Per contro, essa fa valere che, siccome un ottavo dell’importo versato a titolo del contributo ex ante per il 2015 è stato detratto da ciascuno dei suoi contributi annuali al FRU, i contributi per il 2015 sarebbero in realtà «pagamenti anticipati per i primi otto anni del FRU». La ricorrente considera che, non rientrando più nell’ambito di applicazione del regolamento n. 806/2014 per il periodo compreso tra il 2019 e il 2023, a causa della revoca della sua autorizzazione, i restanti 5/8 di tali «pagamenti anticipati» dovrebbero esserle restituiti.

114    Nella decisione impugnata, il CRU ha sottolineato che i contributi riscossi dagli Stati membri partecipanti per il 2015 erano stati trasferiti al FRU, in forza dell’articolo 3, paragrafo 3, dell’AIG. Secondo tale decisione, le entità che hanno versato contributi ex ante per il 2015 alle quali l’autorizzazione sia stata successivamente revocata non beneficiano di un diritto al rimborso di tali contributi, come risulterebbe dall’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014.

115    Occorre ricordare, in proposito, che la creazione, nel 2015, dei fondi nazionali di risoluzione, quale prevista dalla direttiva 2014/59 e dal regolamento delegato 2015/63, è stata combinata con l’istituzione, nel 2016, di un fondo di risoluzione unico tra gli Stati membri facenti parte dell’Unione bancaria, sul fondamento del regolamento n. 806/2014, inteso a sostituire progressivamente i fondi di risoluzione nazionali.

116    In tale contesto, in un primo tempo, conformemente all’articolo 130, paragrafo 1, della direttiva 2014/59, gli Stati membri hanno dovuto riscuotere i contributi ex ante presso gli enti autorizzati sul loro territorio a decorrere dal 1º gennaio 2015. A tal fine, gli Stati membri hanno dovuto garantire che l’obbligo di versare i contributi ex ante fosse esecutivo in forza del loro diritto nazionale e che i contributi dovuti fossero pagati integralmente (articolo 103, paragrafo 4, della direttiva 2014/59).

117    In un secondo tempo, i contributi così percepiti dagli Stati membri prima della data di applicazione dell’AIG, ossia il 1º gennaio 2016, sono stati trasferiti al FRU, conformemente all’articolo 3 di tale accordo. Dopo il loro trasferimento, non viene fatta alcuna distinzione, nell’ambito del FRU, tra i contributi in funzione dell’anno o della base giuridica in forza della quale essi sono stati raccolti. I contributi per il 2015 e quelli per gli anni successivi sono fatti confluire in modo fungibile in detto fondo.

118    Nel caso di specie, dal fascicolo risulta che il contributo di cui la ricorrente chiede il rimborso parziale è il contributo ex ante che essa ha versato per il 2015 e il cui importo è stato fissato dall’autorità di risoluzione lettone, conformemente all’articolo 103 della direttiva 2014/59.

119    Su tale punto, l’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione 2015/81, intitolato «Adattamenti specifici nel periodo iniziale», dispone quanto segue:

«Nel periodo iniziale il CRU tiene conto, nel calcolare i singoli contributi di ciascun ente, dei contributi raccolti dagli Stati membri partecipanti a norma degli articoli 103 e 104 della direttiva 2014/59/UE e trasferiti al [FRU] a norma dell’articolo 3, paragrafo 3, dell’[AIG], detraendoli dall’importo dovuto da ciascun ente».

120    Si deve constatare che né il tenore letterale né il contesto di tale disposizione sono idonei a suffragare gli argomenti della ricorrente.

121    Infatti, detta disposizione non menziona in alcun modo un diritto al rimborso dei contributi per il 2015 nell’ipotesi in cui un ente esca dal sistema di risoluzione nel corso del periodo iniziale (2016-2023). L’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione 2015/81 non stabilisce nemmeno che i contributi per il 2015 sono «pagamenti anticipati per i primi otto anni del FRU».

122    Per quanto riguarda il contesto di tale disposizione, il regolamento di esecuzione 2015/81, come sottolineato dal CRU, mira a precisare le condizioni di calcolo dei contributi per ciascun ente (articolo 1 del regolamento di esecuzione 2015/81).

123    Detto regolamento si applica agli enti tenuti a versare contributi a norma dell’articolo 70 del regolamento n. 806/2014 (articolo 2 del regolamento di esecuzione 2015/81). Quanto all’articolo 8 del regolamento di esecuzione 2015/81, esso specifica il metodo di calcolo adattato dei contributi annuali che si applica in deroga durante il periodo iniziale. Il considerando 6 del regolamento di esecuzione 2015/81 precisa al riguardo che la detrazione prevista all’articolo 8, paragrafo 2, di tale regolamento ha lo scopo di «comprendere» gli importi trasferiti ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, dell’AIG nel calcolo dei singoli contributi. Un ente, quando perde la propria autorizzazione, non deve più pagare in futuro i contributi ai sensi dell’articolo 70 del regolamento n. 806/2014 e non è quindi più interessato dal metodo di calcolo esposto all’articolo 8 del regolamento di esecuzione 2015/81. In proposito, l’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione 2015/81 prevede che la detrazione si applichi all’«importo dovuto da ciascun ente». Come rilevato correttamente dal CRU e dalla Commissione, tale detrazione è effettuata solo fintantoché sussiste l’obbligo di contribuzione.

124    Inoltre, il considerando 12 dell’AIG precisa che il trasferimento dei contributi per il 2015 al FRU mirava a rafforzare la capacità finanziaria di tale Fondo fin dalla sua creazione. La detrazione prevista dall’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione 2015/81 consente quindi al FRU di disporre, sin dal primo semestre della sua entrata in vigore, di risorse equivalenti a due annualità, garantendo al contempo che il trasferimento delle somme percepite nel 2015 a tale Fondo non crei squilibri tra gli enti interessati per quanto riguarda la ripartizione dell’onere finanziario.

125    Pertanto, come fa valere il CRU, l’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione 2015/81 riflette il passaggio progressivo da un meccanismo nazionale ad un meccanismo europeo unico comune e la necessità di garantire quanto prima l’efficacia del MRU.

126    Tenuto conto di quanto precede, da nessuno dei testi pertinenti, in particolare dall’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione 2015/81, risulta che i contributi per il 2015 costituirebbero, come sostiene la ricorrente, «pagamenti anticipati per i primi otto anni del FRU» e che dovrebbero quindi essere rimborsati qualora un ente esca dalla sfera di applicazione del regolamento n. 806/2014.

127    È vero che non si può escludere che il calcolo del contributo annuale di un ente per, ad esempio, il 2018 possa comportare, in seguito alla detrazione del contributo per il 2015, un importo negativo e il versamento della somma corrispondente a tale ente. Tuttavia, non si tratta di un rimborso nel senso inteso dalla ricorrente, basato sul principio del pro rata temporis. Infatti, detto calcolo non è altro che un’operazione matematica effettuata per determinare l’importo del contributo annuale di detto ente per l’anno 2018, importo che può essere negativo se la parte detraibile del contributo per l’anno 2015 è più elevata del contributo calcolato per l’anno 2018. La somma versata all’ente, quindi, in tale ipotesi, è solo la conseguenza del risultato di tale calcolo. In concreto, al momento della riscossione dei contributi ex ante per l’anno 2018, l’autorità di risoluzione nazionale trasferisce una parte delle somme raccolte dagli altri enti all’ente o agli enti il cui importo del contributo annuale, al netto del contributo per il 2015, sia negativo. Pertanto, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il punto 40 della decisione SRB/ES/SRF/2018/03, che menziona proprio tale situazione, non suffraga nemmeno l’argomento a sostegno del quale essa chiede il rimborso parziale del suo contributo ex ante per il 2015. Ciò vale anche per il punto 39 della decisione SRB/ES/SRF/2018/03 per le ragioni già esposte nel punto 98 della presente sentenza.

128    Inoltre, sebbene l’importo dei contributi per il 2015 sia stato fissato dalle autorità di risoluzione nazionali, secondo la direttiva 2014/59, tali contributi devono essere considerati come contributi al FRU alla stessa stregua di quelli calcolati dal CRU ai sensi dell’articolo 70 del regolamento n. 806/2014. Come ricordato nel precedente punto 117, i contributi, una volta trasferiti, sono fatti confluire in modo fungibile nel FRU. Pertanto, occorre considerare, al pari del CRU nella decisione impugnata, che si applica l’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014, ai sensi del quale i contributi debitamente percepiti non sono rimborsati.

129    Di conseguenza, poiché la ricorrente non contesta di aver a giusto titolo versato il suo contributo ex ante per il 2015, il CRU, alla luce dell’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 e tenuto conto di tutto quanto precede, era in diritto di ritenere, come ha ritenuto, di non poter procedere al rimborso richiesto.

c)      Conclusione

130    Dall’esame dei primi cinque motivi dedotti dalla ricorrente risulta che il CRU non è incorso in alcun errore di diritto nel considerare che la revoca dell’autorizzazione di un ente da parte della BCE, durante il periodo di contribuzione, non fosse una circostanza idonea a conferire a tale ente un diritto al ricalcolo pro rata temporis del suo contributo ex ante per tale periodo e nel decidere, pertanto, di non rimborsare alla ricorrente una parte della somma da essa versata a titolo del suo contributo ex ante per il 2018. Del pari, il CRU non ha commesso alcun errore di diritto nel ritenere che la revoca dell’autorizzazione di un ente da parte della BCE, durante il periodo iniziale, non fosse una circostanza idonea a conferire a tale ente un diritto al rimborso della parte rimanente del suo contributo ex ante versato per il 2015.

131    Ciò posto, i primi cinque motivi sollevati dalla ricorrente devono essere respinti.

3.      Sul sesto motivo, vertente sulla violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento

132    Nell’ambito del sesto motivo, la ricorrente fa valere che, conformemente ai principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, il CRU può imporre un onere agli enti solo a condizione che la normativa disponga chiaramente l’imposizione di un tale onere. Peraltro, nessuna disposizione prevedrebbe espressamente che i contributi possano essere mantenuti qualora un’entità cessi di essere un ente sottoposto a vigilanza nel corso di un periodo di contribuzione. Un osservatore imparziale e obiettivo non si aspetterebbe che i contributi siano mantenuti in un caso del genere. La ricorrente contesta quindi al CRU di non aver mai informato gli enti interessati della sua interpretazione di detta normativa.

133    Il CRU, sostenuto dalla Commissione, contesta tale argomento.

134    Occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, il principio della certezza del diritto esige che la normativa sia chiara e precisa, affinché i singoli possano conoscere senza ambiguità i propri diritti ed obblighi e regolarsi di conseguenza (v., in tal senso, sentenze del 14 aprile 2005, Belgio/Commissione, C‑110/03, EU:C:2005:223, punto 30, e del 12 dicembre 2013, Test Claimants in the Franked Investment Income Group Litigation, C‑362/12, EU:C:2013:834, punto 44).

135    Inoltre, il diritto di avvalersi del principio di tutela del legittimo affidamento presuppone che siano soddisfatte tre condizioni. In primo luogo, rassicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili, devono essere state fornite all’interessato dall’amministrazione. In secondo luogo, tali rassicurazioni devono essere idonee a generare fondate aspettative nel soggetto cui si rivolgono. In terzo luogo, le assicurazioni fornite devono essere conformi alle norme applicabili (v. sentenza del 9 settembre 2011, Deltafina/Commissione, T‑12/06, EU:T:2011:441, punto 190 e giurisprudenza ivi citata).

136    Ai sensi dell’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014, i contributi debitamente percepiti non sono rimborsati. Tale disposizione è chiara e precisa e non contiene alcuna eccezione o attenuazione. Il fatto che non contenga precisazioni riguardo al suo ambito di applicazione dimostra che è di applicazione universale. Essa consente quindi ai singoli di conoscere senza ambiguità i propri diritti ed obblighi, poiché la sua applicazione è prevedibile per questi ultimi.

137    Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la decisione del CRU di non rimborsarle i suoi contributi ex ante debitamente versati non era, alla luce delle considerazioni che precedono, imprevedibile. Non si può quindi contestare al CRU di non aver preventivamente informato gli enti interessati della sua interpretazione delle disposizioni rilevanti, sia per quanto riguarda i contributi versati per il 2015 sia per quelli versati per ciascuno degli anni del periodo iniziale.

138    Inoltre, il semplice fatto che l’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 non precisi espressamente che esso si applica alla situazione particolare della ricorrente non costituisce, ai sensi della giurisprudenza, un’assicurazione precisa fornita dall’amministrazione atta a generare fondate aspettative che i suoi contributi le sarebbero stati rimborsati. Peraltro, la lettura della decisione SRB/ES/SRF/2018/03 consente di rilevare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il CRU non riconosce il carattere rimborsabile dei contributi ex ante. Quand’anche lo facesse, ciò sarebbe contrario alle norme applicabili e la ricorrente non potrebbe quindi avvalersi del principio di tutela del legittimo affidamento.

139    Il sesto motivo, vertente sulla violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, dev’essere quindi respinto.

4.      Sul settimo motivo, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità

140    La ricorrente fa valere, in generale, che qualsiasi altra misura diversa dal rimborso pro rata temporis delle somme versate a titolo di contributi ex ante all’ente la cui autorizzazione sia stata revocata è sproporzionata. In particolare, essa ritiene che l’importo dei contributi debba essere proporzionato ai rischi associati all’ente interessato. La ricorrente pone in evidenza due situazioni: da un lato, quella in cui il CRU manterrebbe la totalità del contributo annuale di un ente, anche se quest’ultimo perdesse il proprio status di ente dopo il primo mese o il primo giorno dell’anno; dall’altro, quella in cui il CRU percepirebbe contributi quasi due volte più elevati poiché un ente avrebbe trasferito le sue attività ad un’altra entità all’inizio dell’anno, con conseguente perdita del suo status di ente, mentre quest’altra entità diventerebbe un ente. Inoltre, a suo avviso, assoggettare ad un onere così gravoso gli enti che possono essere oggetto di una procedura di insolvenza, ossia gli enti nei confronti dei quali il CRU ha deciso di non adottare una misura di risoluzione, aggrava le conseguenze negative del loro fallimento.

141    Il CRU, sostenuto dalla Commissione, contesta tale argomento.

142    Secondo una giurisprudenza costante, il principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, richiede che gli atti delle istituzioni dell’Unione siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non superino i limiti di quanto è necessario per il loro conseguimento, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v. sentenza del 4 maggio 2016, Philip Morris Brands e a., C‑547/14, EU:C:2016:325, punto 165 e giurisprudenza ivi citata).

143    Occorre ricordare che l’obiettivo perseguito dalla riscossione annuale dei contributi ex ante degli enti creditizi, quale previsto dal regolamento n. 806/2014, è di garantire che, al termine di un periodo iniziale di otto anni, i mezzi finanziari disponibili del FRU raggiungano almeno l’1% dell’importo dei depositi protetti di tutti gli enti creditizi autorizzati in tutti gli Stati membri partecipanti.

144    A tal fine, come rilevato dalla Corte, i contributi ex ante sono «pianificati»: ogni anno essi sono calcolati facendo riferimento alle informazioni contabili relative agli ultimi bilanci d’esercizio approvati e certificati disponibili al 31 dicembre dell’anno precedente il periodo di contribuzione e raccolti per l’anno civile di contribuzione (sentenza del 14 novembre 2019, State Street Bank International, C‑255/18, EU:C:2019:967, punto 63). L’unica eccezione riguarda gli enti neoinseriti nella vigilanza solo a periodo di contribuzione già iniziato. In tal caso, il contributo parziale è percepito nell’anno civile di contribuzione successivo, oltre al contributo dovuto per detto anno (articolo 12, paragrafo 1, del regolamento delegato 2015/63).

145    Per quanto riguarda la questione se la decisione impugnata sia necessaria per raggiungere l’obiettivo legittimo perseguito, occorre constatare che una certa stabilità delle risorse del FRU è essenziale affinché queste ultime possano aumentare progressivamente fino al raggiungimento dell’1% dei depositi al termine del periodo iniziale. Se il CRU dovesse prendere in considerazione l’evoluzione della situazione giuridica e finanziaria degli enti nel corso dell’esercizio e procedere a rimborsi nell’anno civile di contribuzione successivo, sarebbe difficile per il FRU raggiungere il livello-obiettivo fissato dal regolamento n. 806/2014. Inoltre, la Corte ha sottolineato l’importanza di facilitare il calcolo dei contributi annuali da parte delle autorità di risoluzione al fine di conseguire l’obiettivo perseguito dalla direttiva 2014/59, dal regolamento n. 806/2014 e dal regolamento delegato 2015/63 (sentenza del 14 novembre 2019, State Street Bank International, C‑255/18, EU:C:2019:967, punti 44 e 45). La decisione impugnata è quindi necessaria alla luce dell’obiettivo legittimo perseguito.

146    Per quanto concerne la questione se la decisione impugnata non ecceda i limiti di quanto è necessario alla realizzazione di tale obiettivo legittimo, occorre constatare, alla luce dell’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 e dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63, che non esisteva alcuna alternativa che consentisse di salvaguardare tale obiettivo in modo meno stringente. Inoltre, un adattamento del contributo dovuto dall’ente la cui autorizzazione sia revocata nel corso dell’anno, come propone la ricorrente, non sarebbe altrettanto efficace per conseguire l’obiettivo di cui al precedente punto 143, in quanto priverebbe il FRU della stabilità necessaria perché le sue risorse possano aumentare progressivamente fino al livello richiesto.

147    Va osservato, inoltre, che l’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 e l’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63 non lasciavano alcuna facoltà o margine discrezionale quanto al rimborso dei contributi debitamente pagati. Orbene, la ricorrente non solleva alcuna eccezione di illegittimità nei confronti di dette disposizioni.

148    In tali circostanze, si deve ritenere che la decisione impugnata non sia sproporzionata, poiché non va al di là di quanto è necessario per il conseguimento degli obiettivi legittimi della normativa di cui trattasi.

149    Siffatta conclusione non è rimessa in discussione dagli altri argomenti della ricorrente.

150    Per quanto riguarda gli argomenti relativi alla correlazione tra i contributi obbligatori e i rischi coperti dal FRU, occorre rilevare che la normativa prende in considerazione il rischio associato all’attività di un ente in sede di calcolo dell’importo del contributo (articolo 70, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014), senza tuttavia stabilire un nesso tra detto importo e il numero di mesi durante i quali il sistema ha sopportato tale rischio, ad eccezione dell’ente neoinserito nella vigilanza. Pertanto, gli argomenti della ricorrente al riguardo devono essere respinti.

151    Per quanto riguarda la situazione, evocata dalla ricorrente, in cui il CRU manterrebbe la totalità del contributo annuale di un ente anche se quest’ultimo perdesse il suo status di ente dopo il primo mese o il primo giorno dell’anno, si deve constatare, nel caso di specie, che la decisione SRB/ES/SRF/2018/03 è stata adottata il 12 aprile 2018, che la Commissione dei mercati finanziari e dei capitali ha informato la ricorrente dell’importo del suo contributo il 27 aprile 2018 e che la revoca dell’autorizzazione di quest’ultima ha avuto luogo l’11 luglio 2018. La situazione evocata dalla ricorrente è quindi meramente ipotetica e non può essere valutata alla luce degli elementi del caso di specie. Pertanto, tale argomento dev’essere respinto.

152    Per quanto riguarda la situazione, evocata dalla ricorrente, in cui il CRU percepirebbe contributi quasi due volte più elevati poiché un ente avrebbe trasferito le sue attività ad un’altra entità all’inizio dell’anno, con conseguente perdita del suo status di ente, mentre quest’altra entità diventerebbe successivamente un ente, occorre constatare che tale argomento non è sufficientemente dimostrato per consentire al Tribunale di rispondervi. Infatti, la ricorrente si limita a menzionare tale situazione, che essa stessa qualifica come ipotetica, al punto 23 del ricorso, senza indicare la sua rilevanza ai fini della soluzione della presente controversia. Orbene, il calcolo dei contributi ex ante si basa sui dati dell’esercizio precedente, conformemente all’articolo 14, paragrafi 1 e 4, del regolamento delegato 2015/63; in altri termini, il contributo di un’entità che diventa un ente nel 2018 sarà calcolato in funzione dell’anno 2017. La ricorrente non ha fornito alcun elemento, in particolare nella replica, che consenta di comprendere se il suo esempio abbia tenuto conto di tale disposizione o di altre disposizioni eventualmente applicabili ad una situazione del genere. Detto argomento non soddisfa i requisiti minimi di cui all’articolo 76 del regolamento di procedura e dev’essere respinto in quanto irricevibile per difetto di precisione.

153    Per quanto riguarda gli argomenti della ricorrente relativi alle conseguenze negative della decisione impugnata per gli enti che possono essere oggetto di una procedura di insolvenza, occorre constatare che tali argomenti si basano sull’idea che l’entità in questione sarebbe privata di un cespite in caso di mancato rimborso. Tuttavia, nella misura in cui i contributi ex ante non sono «pagamenti anticipati» e la perdita dell’autorizzazione da parte di un ente nel corso dell’anno di contribuzione non gli conferisce alcun diritto al rimborso del suo contributo annuale, la ricorrente non dimostra che esista un cespite di cui un’entità potrebbe essere privata. Pertanto, tali argomenti devono essere respinti.

154    Alla luce di quanto precede, il settimo motivo, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità, dev’essere respinto.

5.      Sul decimo motivo, vertente sulla violazione degli articoli 16 e 17 della Carta

155    Nell’ambito del decimo motivo, la ricorrente fa valere che i suoi diritti per quanto riguarda «i contributi ex ante non utilizzati» costituiscono un diritto di proprietà allo stesso modo delle riserve di liquidità conservate in una banca centrale. Ciò sarebbe particolarmente evidente nel caso dei contributi ex ante per i primi otto anni di esistenza del FRU. Essa sostiene che la privazione dei suoi diritti di proprietà non è stata fissata dalla legge e non è giustificata dall’interesse pubblico. Inoltre, il CRU non avrebbe offerto alcun tipo di compensazione. Per di più, il mantenimento da parte del CRU della totalità dei contributi versati, nonostante la perdita da parte dell’ente della sua autorizzazione, costituirebbe una limitazione della libertà d’impresa della ricorrente che non è prevista dalla legge.

156    Il CRU, sostenuto dalla Commissione, contesta tale argomento.

157    Ai sensi dell’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), «[è] riconosciuta la libertà d’impresa, conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi nazionali».

158    In base all’articolo 17, paragrafo 1, e all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, nessuno può essere privato della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa.

159    Secondo la giurisprudenza, i diritti fondamentali, in particolare la libertà d’impresa e il diritto di proprietà, non sono prerogative assolute e il loro esercizio può essere oggetto di restrizioni giustificate dagli obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione, a condizione che tali restrizioni rispondano effettivamente ai suddetti obiettivi di interesse generale e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti (v. sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 148 e giurisprudenza ivi citata).

160    Per determinare la portata di tale diritto, occorre tener conto, alla luce dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, dell’articolo 1 del protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU») (v., in tal senso, sentenza del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 356).

161    Ebbene, l’articolo 1 del protocollo addizionale n. 1 alla CEDU dispone quanto segue:

«Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.

Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di mettere in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende».

162    Nel caso di specie occorre rilevare che i contributi in questione costituiscono un’ingerenza nel diritto garantito dall’articolo 1, primo comma, del protocollo addizionale n. 1 alla CEDU, poiché privano l’ente interessato di un elemento di proprietà, vale a dire della somma che ha pagato. Tale ingerenza è giustificata conformemente al secondo comma di tale articolo, che prevede espressamente un’eccezione a favore del pagamento delle imposte o di altri contributi (v., in tal senso, Corte EDU, 13 gennaio 2004, Orion Břeclav s.r.o. c. Repubblica ceca, CE:ECHR:2004:0113DEC004378398).

163    In tali circostanze, si deve verificare che la decisione impugnata sia conforme alla normativa di cui trattasi, che la violazione del diritto di proprietà della ricorrente risponda effettivamente ad obiettivi di interesse generale e che tale violazione non costituisca, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa del diritto di proprietà.

164    Anzitutto, dai punti da 58 a 131 della presente sentenza risulta che il CRU ha giustamente applicato l’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 e l’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63. La decisione impugnata è quindi conforme alla normativa pertinente.

165    Dai precedenti punti da 143 a 148, poi, emerge che la decisione di non rimborsare alla ricorrente una parte dei suoi contributi, nonostante la revoca della sua autorizzazione, risponde effettivamente ad obiettivi di interesse generale e non è sproporzionata rispetto a questi obiettivi. In tali circostanze, si deve ritenere che detta decisione non costituisca, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa del diritto di proprietà della ricorrente. Per gli stessi motivi, tale decisione non pregiudica la sostanza stessa della sua libertà d’impresa.

166    Pertanto, l’asserita violazione del diritto di proprietà e della libertà d’impresa non è dimostrata.

167    Tenuto conto di quanto precede, occorre respingere il decimo motivo, vertente sulla violazione degli articoli 16 e 17 della Carta.

6.      Sullottavo e sul nono motivo, vertenti sulla violazione delladagio nemo auditur propriam turpitudinem allegans e del divieto di agire in modo contraddittorio

168    Nell’ambito dell’ottavo motivo, la ricorrente ritiene che il CRU abbia violato l’adagio nemo auditur propriam turpitudinem allegans, secondo cui nessuno può trarre vantaggio dal proprio comportamento illecito. In particolare, essa fa valere che il 23 febbraio 2018 il CRU ha annunciato pubblicamente che la ricorrente e la sua controllata lussemburghese dovevano essere liquidate. A seguito di tale annuncio, gli azionisti della ricorrente sarebbero stati costretti ad avviare un procedimento di liquidazione volontaria. Tale liquidazione volontaria avrebbe poi indotto la BCE a revocare l’autorizzazione della ricorrente. Di conseguenza, da un lato, il CRU avrebbe privato la ricorrente del beneficio che essa traeva dal suo contributo ex ante versato al FRU per il 2018. Dall’altro, il CRU avrebbe ottenuto un vantaggio in quanto ha ricevuto un contributo anche se il rischio corrispondente era stato eliminato per effetto della liquidazione della ricorrente. Rifiutandosi di rimborsare il contributo ex ante della ricorrente, il CRU cercherebbe di mantenere un vantaggio illegittimo. La ricorrente fa altresì valere, nell’ambito del nono motivo, che, ordinando la liquidazione della ricorrente mentre ne manteneva il contributo, il CRU avrebbe agito in modo contraddittorio e arbitrario.

169    Il CRU, sostenuto dalla Commissione, contesta tale argomento.

170    Da un lato, per avvalersi dell’adagio nemo auditur propriam turpitudinem allegans, occorre pure che sia dimostrato un comportamento illecito imputabile al CRU. Orbene, dall’analisi dei primi cinque motivi risulta che il CRU ha giustamente applicato l’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 e l’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63. Pertanto, nel caso in esame, non può essergli imputato alcun comportamento illecito.

171    Quanto alla decisione del CRU del 23 febbraio 2018 di non adottare alcun programma di risoluzione e alla questione se il CRU sia responsabile della procedura di liquidazione volontaria avviata dagli azionisti della ricorrente, esse non sono oggetto del presente ricorso e non possono quindi fondare un presunto comportamento illecito.

172    Dall’altro lato, si deve constatare che il motivo riguardante un presunto comportamento contraddittorio da parte del CRU si basa sulla decisione del CRU del 23 febbraio 2018 di non adottare alcun programma di risoluzione e sulla questione se il CRU sia responsabile della procedura di liquidazione volontaria avviata dagli azionisti della ricorrente. Tuttavia, un tale motivo, che non è diretto a rimettere in discussione la legittimità della decisione impugnata, è inoperante e non può che essere respinto.

173    Di conseguenza, occorre respingere l’ottavo e il nono motivo.

7.      Sullinsufficienza di motivazione della decisione impugnata

174    Al punto 92 delle sue osservazioni depositate il 29 giugno 2020, la ricorrente fa valere che il CRU non ha sufficientemente motivato la decisione impugnata. Il CRU si sarebbe limitato in tale decisione a sostenere che i contributi al FRU non erano mai stati rimborsati, senza fornire una spiegazione plausibile per giustificare il suo rifiuto di procedere ad un ricalcolo e di concedere il rimborso richiesto. La ricorrente sottolinea che il CRU non ha fornito nella sua decisione le ragioni per le quali «i contributi del 2015 potevano essere rimborsati se nella fase iniziale si fossero dovuti pagare importi esigui supplementari, ma non dovevano essere rimborsati se non fosse stato dovuto alcun altro importo».

175    Secondo una giurisprudenza costante, i motivi vertenti su un difetto o su un’insufficienza di motivazione sono di ordine pubblico e possono essere invocati dalle parti in qualsiasi fase del procedimento (ordinanza del 25 luglio 2000, RJB Mining/Commissione, T‑110/98, EU:T:2000:199, punto 46; v. altresì, in tal senso, sentenza del 20 febbraio 1997, Commissione/Daffix, C‑166/95 P, EU:C:1997:73, punti da 23 a 25). Il presente motivo è quindi ricevibile.

176    Inoltre, occorre rammentare che la motivazione richiesta all’articolo 296 TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dell’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice dell’Unione di esercitare il suo controllo. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento dell’osservanza, da parte della motivazione di un atto, degli obblighi posti dall’articolo 296 TFUE deve essere effettuato alla luce non solo del suo tenore letterale, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (sentenze del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, EU:C:1998:154, punto 63, e dell’8 maggio 2019, Landeskreditbank Baden-Württemberg/BCE, C‑450/17 P, EU:C:2019:372, punto 87).

177    Ne consegue che una motivazione non deve essere esaustiva e che, al contrario, deve essere considerata sufficiente qualora esponga i fatti e le considerazioni giuridiche aventi un ruolo essenziale nell’economia della decisione (v., in tal senso, sentenze del 10 luglio 2008, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, C‑413/06 P, EU:C:2008:392, punto 169, e del 3 marzo 2010, Freistaat Sachsen/Commissione, T‑102/07 e T‑120/07, EU:T:2010:62, punto 180).

178    Nel caso di specie, dalla descrizione della decisione impugnata esposta nel punto 13 della presente sentenza risulta che il CRU ha specificato gli elementi di fatto e di diritto di primaria importanza. La decisione impugnata ha consentito, da un lato, alla ricorrente di conoscere le giustificazioni della decisione adottata al fine di tutelare i suoi diritti e, dall’altro, al giudice dell’Unione di esercitare il suo controllo sulla legittimità di tale decisione. Infatti, la ricorrente ha potuto contestare la fondatezza delle valutazioni contenute nella decisione impugnata criticando, in particolare, il CRU per la sua interpretazione dell’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 e per l’applicazione alla sua situazione dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63, come si evince dal ricorso. Inoltre, come risulta dall’analisi testé svolta dei diversi motivi dedotti nel ricorso, il Tribunale ha potuto pronunciarsi su tale argomentazione ed esercitare il proprio controllo sulla decisione impugnata. Di conseguenza, la ricorrente è incorsa in errore nel sostenere che la motivazione di detta decisione è insufficiente.

179    Non si può contestare al CRU di non aver fornito le ragioni per cui «i contributi del 2015 potevano essere rimborsati se nella fase iniziale si fossero dovuti pagare importi esigui supplementari, ma non dovevano essere rimborsati se non fosse stato dovuto alcun altro importo». Infatti, il CRU ha chiaramente spiegato, nella sua decisione, le ragioni per le quali non poteva soddisfare le domande della ricorrente, come risulta dalla lettura del punto 13 della presente sentenza. Inoltre, dall’analisi dei primi cinque motivi di cui supra risulta che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il CRU non ha mai affermato che «i contributi per il 2015 potevano essere rimborsati», bensì che potevano essere detratti dall’importo dovuto dall’ente, conformemente all’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione 2015/81. Pertanto, tale argomento della ricorrente dev’essere respinto.

180    Alla luce di tutto quanto precede, il motivo vertente sull’insufficienza di motivazione della decisione impugnata dev’essere quindi respinto e con esso, per via di conseguenza, il ricorso nel suo complesso.

 Sulle spese

181    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese, conformemente alla domanda del CRU.

182    In applicazione dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la Commissione sopporta le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      L’ABLV Bank AS è condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dal Comitato di risoluzione unico (CRU).

3)      La Commissione europea sopporterà le proprie spese.

Papasavvas

Kornezov

Buttigieg

Kowalik-Bańczyk

 

      Hesse

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 20 gennaio 2021.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.