Language of document : ECLI:EU:T:2019:58

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

5 febbraio 2019 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo ARMONIE – Impedimento assoluto alla registrazione – Assenza di carattere distintivo – Articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001»

Nella causa T‑88/18,

Gruppo Armonie SpA, con sede in Casalgrande (Italia), rappresentata da G. Medri, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da L. Rampini, in qualità di agente,

convenuto,

avente ad oggetto un ricorso avverso la decisione della quinta commissione di ricorso dell’EUIPO, del 15 dicembre 2017 (procedimento R 2063/2017-5), concernente la domanda di registrazione del segno figurativo ARMONIE come marchio dell’Unione europea,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione),

composto da S. Frimodt Nielsen (relatore), presidente, I.S. Forrester e E. Perillo, giudici,

cancelliere: E. Hendrix, amministratore

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 19 febbraio 2018,

visto il controricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 24 maggio 2018,

in seguito all’udienza del 27 novembre 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 27 febbraio 2017 la ricorrente, Gruppo Armonie SpA, già Armonie by Arte Casa Ceramiche SpA, presentava una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), in forza del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)].

2        Il marchio di cui veniva chiesta la registrazione è il segno figurativo seguente:

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3        I prodotti per i quali veniva chiesta la registrazione rientrano nella classe 19 ai sensi dell’Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Materiali da costruzione per pavimentazione e rivestimenti».

4        Con decisione del 27 luglio 2017, l’esaminatore dell’EUIPO respingeva la domanda di registrazione per tutti i prodotti citati al precedente punto 3 ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), e paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), e paragrafo 2, del regolamento 2017/1001].

5        Il 22 settembre 2017 la ricorrente presentava ricorso presso l’EUIPO contro tale decisione, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009 (divenuti articoli da 66 a 71 del regolamento 2017/1001).

6        Con decisione del 15 dicembre 2017 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quinta commissione di ricorso dell’EUIPO respingeva il ricorso. La commissione di ricorso rilevava che i prodotti in oggetto erano destinati «al consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto» e si dirigevano «al grande pubblico composto da consumatori medi» (punto 19 della decisione impugnata). Quanto alla valutazione del carattere descrittivo del marchio richiesto, la commissione di ricorso considerava che il termine italiano «armonie» poteva indicare ai consumatori medi italofoni che i prodotti in oggetto erano idonei a creare un ambiente piacevole e armonioso (punti da 26 a 33 della decisione impugnata). La commissione di ricorso osservava altresì che il marchio richiesto era privo di carattere distintivo, poiché costituiva un messaggio informativo concernente una caratteristica dei prodotti così designati (punti da 35 a 39 della decisione impugnata). Per quanto riguarda l’esistenza di marchi dell’Unione europea o di marchi italiani che consistano nel termine «armonie» o lo includano, la commissione di ricorso riteneva che essi si riferissero a espressioni diverse o non fossero rilevanti (punti da 41 a 50 della decisione impugnata).

 Conclusioni delle parti

7        La ricorrente chiede che il Tribunale voglia annullare la decisione impugnata.

8        L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

9        A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce in sostanza un motivo unico, attinente alla violazione dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2, del regolamento 2017/1001, che essa articola in quattro censure, riguardanti le varie tappe del ragionamento esposto dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata, ossia, in primo luogo, la definizione del pubblico di riferimento; in secondo luogo, il carattere descrittivo del marchio richiesto alla luce dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001; in terzo luogo, l’assenza di carattere distintivo alla luce dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001 e, in quarto luogo, i riferimenti operati agli altri marchi citati dinanzi alla commissione di ricorso.

10      L’EUIPO contesta tale argomento e suggerisce di invertire tra loro la seconda e la terza censura.

 Sulla definizione del pubblico di riferimento

11      Risulta da costante giurisprudenza che il carattere distintivo o descrittivo di un marchio ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b) o c), del regolamento 2017/1001 dev’essere valutato in funzione, da un lato, dei prodotti o dei servizi per i quali è chiesta la registrazione e, dall’altro, della percezione che ne ha il pubblico di riferimento [v. sentenze del 20 ottobre 2011, Freixenet/UAMI, C‑344/10 P e C‑345/10 P, EU:C:2011:680, punto 43 e giurisprudenza ivi citata, e del 16 ottobre 2014, Larrañaga Otaño/UAMI (GRAPHENE), T‑458/13, EU:T:2014:891, punto 17 e giurisprudenza ivi citata].

12      Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che i materiali da costruzione per pavimentazione e rivestimenti designati dal marchio richiesto erano prodotti di consumo di massa, principalmente destinati al consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Di conseguenza, la commissione di ricorso ha ritenuto che il pubblico di riferimento per la valutazione di un impedimento assoluto alla registrazione alla luce dell’articolo 7 del regolamento 2017/1001 fosse il grande pubblico (punto 19 della decisione impugnata).

13      La ricorrente afferma che i prodotti in questione non sono prodotti della grande distribuzione acquistati quotidianamente in maniera massiccia da consumatori senza alcuna cognizione tecnica specifica. Tali prodotti sarebbero piuttosto presentati al pubblico in locali d’esposizione e selezionati dopo un’attenta valutazione delle loro caratteristiche, spesso con l’ausilio di un professionista.

14      Nel caso di specie occorre constatare, alla stessa stregua della commissione di ricorso, che, atteso che i prodotti in causa si rivolgono al grande pubblico dell’Unione europea, il livello di attenzione del consumatore medio deve essere qualificato come normale. I materiali da costruzione per pavimentazione e rivestimenti, infatti, possono essere acquistati tanto dai consumatori che intendano procurarsi autonomamente tali materiali da costruzione per procedere a pavimentazione o rivestimenti, ad esempio per piastrellare la parete di un bagno, quanto da quelli che si fanno assistere a tale scopo da un professionista del settore. Pertanto, i prodotti in oggetto possono essere acquistati da consumatori.

15      Occorre peraltro osservare che non basta che una ricorrente affermi che, in un settore determinato, il consumatore è particolarmente attento ai marchi: essa deve invece avvalorare tale asserzione con elementi di fatto e di prova [v., per analogia, sentenza del 13 aprile 2005, Gillette/UAMI – Wilkinson Sword (RIGHT GUARD XTREME sport), T‑286/03, non pubblicata, EU:T:2005:126, punto 21]. Orbene, nel caso di specie, la ricorrente si limita ad asserire che il livello di attenzione accordato dal pubblico di riferimento ai prodotti in causa è superiore alla media, senza fornire neppure un elemento idoneo ad attestare la veridicità di tale affermazione. Di conseguenza, non constano elementi che consentano di considerare che il pubblico di riferimento sia esclusivamente, o anche solo essenzialmente, costituito da consumatori medi assistiti da professionisti.

16      Del resto, anche ammettendo che i materiali da costruzione per pavimentazione e rivestimenti siano in parte proposti in vendita nel modo descritto dalla ricorrente, quest’ultima non espone alcun argomento che permetta di capire a che titolo la valutazione del carattere distintivo o descrittivo di un marchio ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b) o c), del regolamento 2017/1001 sarebbe differente se si tenesse conto della percezione di tale parte soltanto del pubblico di riferimento.

17      Ne consegue che la commissione di ricorso non ha commesso un errore considerando, al punto 19 della decisione impugnata, che i prodotti in questione si rivolgevano al grande pubblico e che il livello di attenzione del consumatore di riferimento era medio.

 Sull’assenza di carattere distintivo

18      A norma dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, sono esclusi dalla registrazione i marchi privi di carattere distintivo.

19      L’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001 stabilisce, da parte sua, che il paragrafo 1 del medesimo articolo si applica anche se le cause di impedimento esistono soltanto per una parte dell’Unione.

20      Il carattere distintivo di un marchio ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, significa che tale marchio permette di identificare i prodotti per i quali è chiesta la registrazione come provenienti da un’impresa determinata e, dunque, di distinguere tali prodotti da quelli di altre imprese [v., per analogia, sentenza del 17 aprile 2018, Bielawski/EUIPO (HOUSE OF CARS), T‑364/17, non pubblicata, EU:T:2018:193, punto 20 e giurisprudenza ivi citata].

21      A questo proposito, occorre rammentare che i segni privi di carattere distintivo di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001 sono considerati inidonei a svolgere la funzione sostanziale del marchio, cioè quella di identificare l’origine del servizio, al fine di consentire così al consumatore che acquista il servizio designato dal marchio di fare, al momento di un successivo acquisto, la stessa scelta, qualora l’esperienza si riveli positiva, o di fare un’altra scelta, qualora essa risulti negativa (v., per analogia, sentenza del 17 aprile 2018, HOUSE OF CARS, T‑364/17, non pubblicata, EU:T:2018:193, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

22      Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, la registrazione di un marchio composto di segni o indicazioni che siano utilizzati anche come slogan pubblicitari, indicazioni di qualità o espressioni incitanti ad acquistare i prodotti o i servizi cui detto marchio si riferisce non è esclusa, di per sé, in ragione di un siffatto utilizzo. Tuttavia, un marchio che, come un’indicazione di qualità o un’espressione che inciti ad acquistare i prodotti o i servizi considerati, svolga funzioni diverse da quelle di un marchio in senso classico, è distintivo, nell’accezione di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 2017/1001, solo se può essere percepito prima facie come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti o dei servizi considerati, affinché il pubblico destinatario distingua senza possibilità di confusione i prodotti o i servizi del titolare del marchio da quelli aventi un’altra origine commerciale [v., per analogia, sentenza del 22 marzo 2018, Dometic Sweden/EUIPO (MOBILE LIVING MADE EASY), T‑235/17, non pubblicata, EU:T:2018:162, punto 46 e giurisprudenza ivi citata].

23      Per assodare la mancanza di carattere distintivo, è sufficiente che il contenuto semantico del marchio di cui trattasi indichi al consumatore una caratteristica del prodotto o del servizio relativa al suo valore commerciale che, senza essere precisa, provenga da un’informazione di carattere promozionale o pubblicitario che il pubblico di riferimento percepirà di primo acchito come tale piuttosto che come un’indicazione dell’origine commerciale del prodotto o del servizio in questione (v., per analogia, sentenza del 22 marzo 2018, MOBILE LIVING MADE EASY, T‑235/17, non pubblicata, EU:T:2018:162, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

24      Parimenti, un marchio composto da segni o indicazioni che siano utilizzati anche come indicazioni di qualità, o espressioni incitanti ad acquistare i prodotti o i servizi cui detto marchio si riferisce, dev’essere considerato privo di carattere distintivo se è idoneo ad essere percepito dal pubblico di riferimento soltanto come una semplice formula promozionale. In compenso, ad un simile marchio va riconosciuto carattere distintivo se, al di là della sua funzione promozionale, esso può essere immediatamente percepito dal pubblico di riferimento come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti e dei servizi considerati [v., per analogia, sentenza del 17 settembre 2015, Volkswagen/UAMI (COMPETITION), T‑550/14, EU:T:2015:640, punto 17 e giurisprudenza ivi citata].

25      Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che la carenza di carattere distintivo del marchio richiesto relativamente ai prodotti in causa era manifesta in virtù dell’evidente connotazione descrittiva, in italiano, del termine «armonie», che è il plurale del termine «armonia». La commissione di ricorso, alla stessa stregua di quanto ritenuto in precedenza dall’esaminatore, ha considerato che il termine «armonie» poteva essere percepito senza sforzo dai consumatori di lingua italiana come un indicatore immediato e diretto del fatto che i materiali da costruzione per pavimentazione e per rivestimenti in causa presentassero, quale principale caratteristica, quella di creare un ambiente piacevole e armonioso. La commissione di ricorso ha pertanto reputato che il segno ARMONIE si riduceva a un messaggio informativo concernente una caratteristica dei prodotti della ricorrente, e che su tale conclusione non incideva né l’analisi dell’aspetto grafico del segno, che non era memorizzabile, né la circostanza che il termine «armonie» fosse o meno uno slogan pubblicitario, atteso che tale termine restava privo di carattere distintivo (v. punti da 35 a 40 della decisione impugnata).

26      La ricorrente contesta tale valutazione. Infatti, posto che il termine «armonie» evocherebbe l’idea di equilibrio e benessere, la suddetta valutazione potrebbe essere genericamente richiamata per i prodotti e servizi più svariati. Inoltre, tale termine verrebbe percepito dal pubblico come termine di fantasia, inteso a magnificare il prodotto onde agevolarne la vendita, senza tuttavia possedere un reale e concreto fondamento. La commissione di ricorso confonderebbe la funzione complessivamente evocativa del marchio richiesto con una sua presunta, ma in realtà inesistente, descrittività, facendo discendere da quest’ultima una presunta mancanza di carattere distintivo. Per di più, sebbene il marchio richiesto non sia riconducibile alla categoria degli slogan, esso andrebbe comunque considerato come un marchio di fantasia, mai descrittivo.

27      In proposito occorre ricordare che il carattere distintivo dev’essere valutato in funzione, da un lato, dei prodotti o dei servizi per i quali è chiesta la registrazione e, dall’altro, della percezione che ne ha il pubblico di riferimento (v. punto 11 supra).

28      Nel caso di specie, per quanto attiene a materiali da costruzione per pavimentazione e rivestimenti, la commissione di ricorso ha giustamente osservato che, dato che il termine «armonie» era il plurale del termine «armonia» e che in italiano esso rinviava alla nozione di «proporzionata corrispondenza» o a quella di «conveniente disposizione [degli elementi] in un insieme», i consumatori di lingua italiana potevano considerare che siffatti prodotti designati dal marchio richiesto fossero principalmente destinati a creare o a organizzare uno spazio abitativo, un ambiente, piacevole in quanto armonioso.

29      Parimenti, occorre rilevare, come fa la ricorrente stessa, che il termine «armonie» è una parola banale utilizzata in svariati settori. Tale termine indica chiaramente un prodotto destinato a inserirsi in maniera armonica in un insieme. Questo messaggio di elogio, che dispiega un carattere encomiastico di natura pubblicitaria, presentava quindi agli occhi dei consumatori una caratteristica positiva dei prodotti in causa, senza pretendere da loro il minimo sforzo interpretativo. Una formula promozionale di questo genere è finalizzata a mettere in rilievo una qualità positiva dei prodotti per la presentazione dei quali è impiegata.

30      Occorre inoltre constatare che il termine «armonie» non è un termine equivoco e non presenta alcuna profondità semantica che impedisca al pubblico di riferimento di tracciare un nesso diretto con i prodotti in causa. Tale termine, tenuto conto in particolare della semplicità del segno figurativo utilizzato, non contiene neppure alcun elemento che, al di là del suo significato promozionale, consenta al pubblico di riferimento di ricordarsene facilmente e direttamente quale marchio che indichi l’impresa da cui provengono i prodotti interessati.

31      Pertanto, il segno ARMONIE, non è idoneo ad esercitare una delle funzioni principali del marchio, vale a dire permettere ai consumatori di lingua italiana di identificare i prodotti di una determinata impresa.

32      D’altronde, è giocoforza constatare che la ricorrente non contesta tale conclusione, dato che essa riconosce che il termine «armonie» evoca un’idea di equilibrio e benessere. Il fatto che un siffatto messaggio possa essere preso in considerazione, per ipotesi, per prodotti diversi da quelli in oggetto non osta tuttavia a che la commissione di ricorso ne tragga le conseguenze che si impongono nella presente causa. Proprio al contrario, l’idea di equilibrio e di benessere evocata dalla ricorrente conferma l’analisi svolta dalla commissione di ricorso secondo cui il marchio richiesto sarebbe stato percepito dal pubblico di lingua italiana come una mera formula promozionale.

33      L’analisi della ricorrente non è condivisibile neppure quando afferma che il termine «armonie» non sarebbe descrittivo bensì di fantasia, dato che tale termine possiede un significato chiaro per il pubblico di lingua italiana.

34      Pertanto, la commissione di ricorso era nel giusto quando ha considerato, ai punti da 35 a 40 della decisione impugnata, che il marchio richiesto era privo di carattere distintivo per i consumatori di lingua italiana ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, del regolamento 2017/1001.

 Sul carattere descrittivo del marchio richiesto

35      In via preliminare, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, emerge chiaramente dalla formulazione dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001 che è sufficiente che uno degli impedimenti assoluti alla registrazione elencati da tale disposizione sia applicabile affinché il marchio richiesto non possa essere registrato come marchio dell’Unione europea [v., per analogia, sentenze del 19 settembre 2002, DKV/UAMI, C‑104/00 P, EU:C:2002:506, punto 29, e del 6 novembre 2007, RheinfelsQuellen H. Hövelmann/UAMI (VOM URSPRUNG HER VOLLKOMMEN), T‑28/06, EU:T:2007:330, punto 43].

36      Nel caso di specie, considerato che la commissione di ricorso ha dimostrato in maniera giuridicamente corretta la sussistenza dell’impedimento previsto all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, non occorre esaminare il motivo vertente su una violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), dello stesso regolamento.

 Sui riferimenti ad altri marchi dell’Unione europea o ad altri marchi nazionali

37      In sostanza, la ricorrente sostiene anche che il carattere distintivo del marchio richiesto è stato confermato dalla prassi amministrativa dell’EUIPO e da quelle di altre autorità nazionali degli Stati membri, prassi che permetterebbero di identificare diversi marchi composti dal termine «armonie» registrati per prodotti rientranti tanto nella classe 19 quanto in altre classi. La ricorrente richiama in particolare le seguenti registrazioni, che le appartengono:

–        il marchio italiano denominativo ARMONIE BY ARTE CASA CERAMICHE, depositato il 16 gennaio 2003 e registrato il 29 ottobre 2007 col numero 1073418, per i prodotti rientranti nella classe 19 (materiali da costruzione per pavimentazione e rivestimenti);

–        il marchio dell’Unione europea figurativo, riprodotto qui di seguito, depositato in pari data della domanda controversa, il 27 febbraio 2017, e registrato il 4 luglio 2017 col numero 16430051 per i prodotti rientranti nella classe 19 (materiali da costruzione per pavimentazione e rivestimenti):

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38      In sede di udienza, la ricorrente ha altresì menzionato una decisione del 15 agosto 2018 dell’EUIPO che accoglie la domanda di registrazione del marchio denominativo ARMONIA, registrato col numero 17034372, per prodotti appartenenti alla classe 5.

39      Per quanto attiene all’argomento tratto dalla violazione della prassi amministrativa dell’EUIPO, occorre ricordare che quest’ultimo è tenuto ad esercitare le proprie competenze in conformità con i principi generali del diritto dell’Unione, quali il principio della parità di trattamento e il principio di buon andamento dell’amministrazione (v., per analogia, sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punto 73).

40      Alla luce di questi ultimi due principi, l’EUIPO, nell’ambito dell’istruttoria su una domanda di registrazione di un marchio dell’Unione europea, deve prendere in considerazione le decisioni già adottate per domande simili e chiedersi con particolare attenzione se occorra o meno decidere nello stesso senso (v., per analogia, sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punto 74 e giurisprudenza ivi citata).

41      Ciò posto, i principi della parità di trattamento e di buon andamento dell’amministrazione devono conciliarsi con il rispetto della legalità. Di conseguenza, la persona che chiede la registrazione di un segno come marchio non può invocare a proprio vantaggio un’eventuale illegittimità commessa in favore di altri, al fine di ottenere una decisione identica (v., per analogia, sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punti 75 e 76 e giurisprudenza ivi citata).

42      Del resto, per motivi di certezza del diritto e, specificamente, di buon andamento dell’amministrazione, l’esame di ogni domanda di registrazione deve essere rigoroso e completo per evitare l’indebita registrazione di un marchio. Tale esame deve avvenire in ogni caso concreto. Infatti, la registrazione di un segno come marchio dipende da criteri specifici, applicabili nell’ambito delle circostanze di fatto del caso di specie, destinati a verificare se il segno di cui trattasi rientri in un impedimento alla registrazione (v., per analogia, sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punto 77 e giurisprudenza ivi citata).

43      Le decisioni relative alla registrazione di un segno come marchio dell’Unione europea che le commissioni di ricorso sono chiamate ad adottare in forza del regolamento 2017/2001 rientrano nell’esercizio di una competenza vincolata e non in quello di un potere discrezionale. Pertanto, il carattere registrabile di un segno come marchio dell’Unione europea deve essere valutato unicamente in base a detto regolamento, come interpretato dal giudice dell’Unione, e non già sulla base di una prassi decisionale precedente a queste ultime (v., per analogia, sentenza del 15 settembre 2005, BioID/UAMI, C‑37/03 P, EU:C:2005:547, punto 47).

44      Nel caso di specie, è stata tratta la conclusione che la commissione di ricorso aveva correttamente dichiarato che la domanda di registrazione si scontrava, alla luce dei prodotti in causa e della percezione del pubblico di riferimento, con l’impedimento alla registrazione sancito dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001. Ne consegue che la ricorrente non può far valere proficuamente, per corroborare presunte violazioni dei principi della tutela del legittimo affidamento, della certezza del diritto, della parità di trattamento e di buon andamento dell’amministrazione, talune decisioni anteriori dell’EUIPO (v., per analogia, sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punti 78 e 79).

45      Il medesimo ragionamento vale per quanto attiene al marchio dell’Unione europea denominativo ARMONIA, invocato dalla ricorrente in sede di udienza, che è stato registrato per prodotti compresi nella classe 5.

46      Per quanto riguarda l’argomento vertente sulla violazione della prassi nazionale seguita in taluni Stati membri, occorre rammentare che, per giurisprudenza costante, il regime dei marchi dell’Unione europea rappresenta un sistema giuridico autonomo, che persegue obiettivi specifici, e che la sua applicazione resta indipendente da ogni sistema nazionale [sentenze del 5 dicembre 2000, Messe München/UAMI (electronica), T‑32/00, EU:T:2000:283, punto 47, e del 3 dicembre 2015, Infusion Brands/UAMI (DUALTOOLS), T‑648/14, non pubblicata, EU:T:2015:930, punto 36]. Di conseguenza, l’idoneità alla registrazione di un segno come marchio dell’Unione europea o la sua attitudine ad essere tutelato deve essere valutata esclusivamente sulla base della pertinente normativa dell’Unione. Pertanto, l’EUIPO e, se del caso, il giudice dell’Unione non sono vincolati da una decisione intervenuta a livello di uno Stato membro o di uno Stato terzo che riconosca il carattere registrabile di detto segno in quanto marchio nazionale [sentenze del 27 febbraio 2002, Streamserve/UAMI (STREAMSERVE), T‑106/00, EU:T:2002:43, punto 47, e del 3 dicembre 2015, DUALTOOLS, T‑648/14, non pubblicata, EU:T:2015:930, punto 36].

47      La commissione di ricorso ha dunque considerato correttamente ai punti da 41 a 50 della decisione impugnata che i riferimenti operati ad altre registrazioni a livello dell’Unione e in Italia non costituivano un argomento convincente per ovviare agli impedimenti assoluti alla registrazione.

48      Occorre quindi respingere in quanto infondato il motivo relativo alla violazione della prassi amministrativa dell’EUIPO o della prassi nazionale seguita in taluni Stati membri e, di riflesso, il ricorso nella sua integralità.

 Sulle spese

49      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

50      Poiché l’EUIPO ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Gruppo Armonie SpA è condannata alle spese.

Frimodt Nielsen

Forrester

Perillo

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 5 febbraio 2019.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

      H. Kanninen


*      Lingua processuale: l’italiano.