Language of document : ECLI:EU:C:2019:74

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

M. CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

presentate il 30 gennaio 2019 (1)

Causa C628/17

Prezes Urzędu Ochrony Konkurencji i Konsumentów

con l’intervento di:

Orange Polska S.A.

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sąd Najwyższy (Corte Suprema, Polonia)]

«Questione pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Pratiche commerciali sleali delle imprese nei rapporti con i consumatori – Direttiva 2005/29 – Nozione di pratica commerciale aggressiva – Modalità di stipulazione a distanza di contratti per la fornitura di servizi di telecomunicazioni – Obbligo dei consumatori di assumere una decisione definitiva di natura commerciale in presenza del corriere che ha consegnato loro il modello contrattuale»






1.        Una nuova questione pregiudiziale offre alla Corte l’occasione di sviluppare la sua giurisprudenza sulla tutela dei consumatori, questa volta nell’ambito della direttiva 2005/29/CE (2), sulla cui ha applicazione è stata recentemente pronunciata la sentenza Wind Tre Vodafone Italia (3).

2.        In linea con la giurisprudenza elaborata in detta sentenza, occorre ora stabilire se configuri una pratica commerciale aggressiva (in ogni caso o soltanto in determinate circostanze) il modello di stipulazione a distanza di contratti utilizzato in Polonia da un’impresa di telecomunicazioni, in base al quale il consumatore deve assumere una decisione definitiva di natura commerciale alla presenza del corriere che gli ha consegnato il modello contrattuale, sul cui contenuto detto consumatore ha potuto previamente informarsi tramite Internet o per telefono.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione. Direttiva 2005/29

3.        Secondo i considerando 7, 16 e 17:

«(7)      (…) In sede di applicazione della direttiva, in particolare delle clausole generali, è opportuno tenere ampiamente conto delle circostanze del singolo caso in questione.

(…)

(16)      Le disposizioni sulle pratiche commerciali aggressive dovrebbero riguardare le pratiche che limitano considerevolmente la libertà di scelta del consumatore. Si tratta di pratiche che comportano il ricorso a molestie, coercizione, compreso l’uso di forza fisica, e indebito condizionamento.

(17)      È auspicabile che le pratiche commerciali che sono in ogni caso sleali siano individuate per garantire una maggiore certezza del diritto. L’allegato I riporta pertanto l’elenco completo di tali pratiche. Si tratta delle uniche pratiche commerciali che si possono considerare sleali senza una valutazione caso per caso in deroga alle disposizioni degli articoli da 5 a 9. L’elenco può essere modificato solo mediante revisione della presente direttiva».

4.        L’articolo 2 contiene le seguenti definizioni:

«(…)

e)      “falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori”: l’impiego di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso;

(…)

j)      “indebito condizionamento”: lo sfruttamento di una posizione di potere rispetto al consumatore per esercitare una pressione, anche senza il ricorso alla forza fisica o la minaccia di tale ricorso, in modo da limitare notevolmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole;

k)      “decisione di natura commerciale”: una decisione presa da un consumatore relativa a se acquistare o meno un prodotto, in che modo farlo e a quali condizioni, se pagare integralmente o parzialmente, se tenere un prodotto o disfarsene o se esercitare un diritto contrattuale in relazione al prodotto. Tale decisione può portare il consumatore a compiere un’azione o all’astenersi dal compierla;

(…)».

5.        L’articolo 5 («Divieto delle pratiche commerciali sleali») così dispone:

«1.      Le pratiche commerciali sleali sono vietate.

2.      Una pratica commerciale è sleale se:

a)      è contraria alle norme di diligenza professionale,

e

b)      falsa o è idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo, qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori.

3.      Le pratiche commerciali che possono falsare in misura rilevante il comportamento economico solo di un gruppo di consumatori chiaramente individuabile, particolarmente vulnerabili alla pratica o al prodotto cui essa si riferisce a motivo della loro infermità mentale o fisica, della loro età o ingenuità, in un modo che il professionista può ragionevolmente prevedere sono valutate nell’ottica del membro medio di tale gruppo. Ciò lascia impregiudicata la pratica pubblicitaria comune e legittima consistente in dichiarazioni esagerate o in dichiarazioni che non sono destinate ad essere prese alla lettera.

4.      In particolare, sono sleali le pratiche commerciali:

a)      ingannevoli di cui agli articoli 6 e 7

o

b)      aggressive di cui agli articoli 8 e 9.

5.      L’allegato I riporta l’elenco di quelle pratiche commerciali che sono considerate in ogni caso sleali. Detto elenco si applica in tutti gli Stati membri e può essere modificato solo mediante revisione della presente direttiva».

6.        L’articolo 8 («Pratiche commerciali aggressive») stabilisce quanto segue:

«È considerata aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica, o indebito condizionamento, limiti o sia idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induca o sia idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso».

7.        L’articolo 9 («Ricorso a molestie, coercizione o indebito condizionamento») così prevede:

«Nel determinare se una pratica commerciale comporti molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica, o indebito condizionamento, sono presi in considerazione i seguenti elementi:

a)      i tempi, il luogo, la natura o la persistenza;

b)      il ricorso alla minaccia fisica o verbale;

c)      lo sfruttamento da parte del professionista di qualsivoglia evento tragico o circostanza specifica di gravità tale da alterare la capacità di valutazione del consumatore, al fine di influenzarne la decisione relativa al prodotto;

d)      qualsiasi ostacolo non contrattuale, oneroso o sproporzionato, imposto dal professionista qualora un consumatore intenda esercitare diritti contrattuali, compresi il diritto di risolvere un contratto o quello di cambiare prodotto o rivolgersi a un altro professionista;

e)      qualsiasi minaccia di promuovere un’azione legale ove tale azione non sia giuridicamente ammessa».

B.      Diritto nazionale. Legge del 23 agosto 2007 relativa alla prevenzione delle pratiche commerciali sleali (4)

8.        Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, di detta legge, è considerata aggressiva una pratica commerciale che, mediante indebito condizionamento, limiti o sia idonea a limitare sostanzialmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e pertanto lo induca o sia idonea ad indurlo ad assumere una decisione relativa al contratto che non avrebbe altrimenti preso.

9.        Conformemente al paragrafo 2 del medesimo articolo 8, è considerata come indebito condizionamento ogni forma di sfruttamento della posizione di vantaggio rispetto al consumatore ed in particolare il ricorso o la minaccia di ricorrere alla forza fisica o psichica con modalità che limitino significativamente la capacità del consumatore medio di prendere una decisione contrattuale consapevole.

II.    Fatti

10.      Risulta dall’ordinanza di rinvio che la Orange Polska stipula contratti di servizi di telecomunicazioni attraverso un negozio virtuale o per telefono (telemarketing), secondo una procedura le cui fasi sono:

1)      ingresso del consumatore nel sito web dell’impresa per la consultazione dell’offerta. Tramite un link è possibile accedere ai modelli di contratto offerti dalla società;

2)      scelta del prodotto o del contratto;

3)      ordine. In tale momento non è previsto che il consumatore dichiari di conoscere il modello di contratto offerto;

4)      conferma dell’ordine;

5)      realizzazione dell’ordine per mezzo del corriere. Il corriere consegna al consumatore il modello di contratto (se si tratta di un nuovo servizio o di un nuovo cliente) oppure un addendum al medesimo (se si tratta già di un cliente), unitamente a tutti gli allegati, condizioni di contratto, tariffari ed altri documenti, che con la sottoscrizione diventano parte integrante del contratto;

6)      stipula del contratto ed eventuale consegna del prodotto. Con la sottoscrizione del contratto o dell’addendum il consumatore dichiara la presa visione ed accettazione del contenuto di tutti i documenti consegnati. La sottoscrizione deve avere luogo durante la visita del corriere. Diversamente, il contratto non si perfeziona e il consumatore deve recarsi presso un punto vendita oppure procedere a un nuovo ordine da effettuarsi on line oppure tramite il canale di vendita telefonica; e

7)      attivazione del contratto.

11.      Con decisione del 30 dicembre 2010, la Urzad Ochrony Konkurencji i Konsumentów (Autorità per la tutela della concorrenza e dei consumatori, Polonia) dichiarava che la pratica sopra descritta era lesiva degli interessi collettivi dei consumatori, in quanto ne limitava l’autonomia obbligandoli a decidere relativamente alla sottoscrizione contratto in presenza del corriere, senza che venisse loro lasciata la possibilità di una libera consultazione del contenuto dello stesso.

12.      Detta decisione amministrativa veniva annullata il 27 ottobre 2014 dal Sąd Okregowy w Warszawie (Tribunale circondariale di Varsavia, Polonia). Con sentenza del 4 marzo 2017 il Sąd Apelacyjny w Warszawie (Corte d’appello di Varsavia, Polonia) confermava la sentenza di primo grado.

13.      Il Prezes Urzędu Ochrony Konkurencji i Konsumentów (Presidente dell’Autorità per la tutela della concorrenza e dei consumatori) ha interposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello dinanzi al Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia), il quale ha deciso di sollevare una questione pregiudiziale.

III. Questione pregiudiziale

14.      Il giudice del rinvio afferma che «è incline a condividere le posizioni dei giudici di primo e di secondo grado», ma riscontra taluni dubbi interpretativi sulla qualificazione dei comportamenti controversi.

15.      A suo parere, non sussiste una pratica commerciale aggressiva se il professionista non ha esercitato pressioni sul consumatore, bensì si aspetta soltanto dal medesimo che questi assuma una decisione definitiva relativamente alla stipula di un contratto la cui conclusione ha già accettato preliminarmente, fornendo il suo consenso in sede di prenotazione del servizio, dopo avere consultato i documenti che contengono le condizioni di prestazione dei servizi di telecomunicazione.

16.      Secondo il giudice del rinvio,

1.      il modello di stipulazione dei contratti controverso non costituisce una limitazione della libertà di scelta del consumatore, giacché questo, nella fase dell’ordine sulla pagina web dell’impresa, o durante una conversazione con un operatore telefonico, adotta già una decisione in via di principio (anche se in via preliminare e senza alcun vincolo);

2.      la libertà di scelta del consumatore, tanto nel caso in cui voglia confermare la volontà di stipulare il contratto quanto nel caso in cui intenda rinunciarvi, non viene limitata nemmeno in sede di visita del corriere, quando il consumatore deve confermare la sua decisione sottoscrivendo il contratto oppure rinunciare alla sua conclusione;

3.      la condizione per cui il consumatore «[deve] assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso» sarebbe soddisfatta nel caso in cui l’impresa fornitrice facesse recapitare al consumatore tramite corriere documenti con clausole contrattuali diverse rispetto a quelle che il consumatore ha precedentemente dichiarato di conoscere. Solo in tal caso sussisterebbe la pressione derivante dalla presenza del corriere in attesa di una rapida decisione del consumatore che quest’ultimo non avrebbe altrimenti preso, in quanto ha accettato condizioni contrattuali diverse rispetto a quelle risultanti dai documenti ricevuti.

17.      Infine, il giudice del rinvio afferma che, tenuto conto delle condizioni di cui all’articolo 9 della direttiva 2005/29, e in mancanza di minacce fisiche o verbali, la visita del corriere nel luogo e all’ora concordati con il consumatore non costituisce una pratica che possa, di per sé, essere qualificata aggressiva.

18.      Per questi motivi, con domanda depositata l’8 novembre 2017, il Sąd Najwyższy (Corte suprema) ha sottoposto alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:

«Se occorra interpretare l’articolo 8, in combinato disposto con gli articoli 9 e 2, lettera j), della direttiva 2005/29 (…) nel senso che costituisce una pratica commerciale aggressiva mediante indebito condizionamento il ricorso dell’impresa a un modello di stipulazione di contratti a distanza per la fornitura di servizi di telecomunicazioni in forza del quale viene richiesto al consumatore di assumere una decisione definitiva di natura commerciale in presenza del corriere, all’atto di consegna dei modelli contrattuali:

a)      sempre, qualora il consumatore, al momento della visita del corriere, non possa consultare liberamente il contenuto dei modelli contrattuali;

b)      soltanto qualora il consumatore non abbia ricevuto i modelli contrattuali con anticipo e con idonee modalità (quali per esempio, posta elettronica, spedizione a domicilio) anche se, prima della visita del corriere, aveva la possibilità di consultarli sul sito web dell’impresa;

c)      soltanto qualora ulteriori elementi dimostrino che l’impresa o un altro soggetto che agisce in base alle sue indicazioni ricorre ad atti sleali finalizzati a limitare la libertà di scelta del consumatore riguardo all’adozione della decisione di natura commerciale».

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte e argomenti delle parti

19.      Hanno depositato osservazioni scritte la Orange Polska, il governo polacco e la Commissione, che hanno altresì partecipato all’udienza tenutasi il 28 novembre 2018.

20.      La Orange Polska sostiene che un sistema per la stipulazione di contratti a distanza, in cui il consumatore assume una decisione sulla base di documenti disponibili su Internet e che si perfeziona al momento della visita del corriere, non può essere considerato una pratica commerciale aggressiva. A suo parere, per «indebito condizionamento» dovrebbe intendersi un’influenza deliberata del professionista sul consumatore volta ad indurlo, con metodi illeciti o contraddittori, ad assumere decisioni di natura commerciale che altrimenti non avrebbe preso.

21.      Il governo polacco ritiene, al pari della Commissione, che, dato il tenore dell’elenco di cui all’allegato I della direttiva 2005/29, il comportamento in esame non possa configurare una pratica commerciale sleale (aggressiva) in qualsiasi circostanza, dovendosi invece fare riferimento alle specifiche circostanze di ciascun caso, considerate nel loro complesso, la cui valutazione spetta al giudice nazionale.

22.      Secondo il governo polacco e la Commissione, la Corte dovrebbe fornire elementi di interpretazione al giudice del rinvio tenendo conto degli articoli 2, lettera j), 8 e 9 della direttiva 2005/29. Ai sensi di tali disposizioni, la nozione di «indebito condizionamento» utilizzata in detta direttiva non andrebbe circoscritta al «condizionamento illecito», che è l’espressione «poco felice» adottata nella versione polacca.

23.      Il governo polacco ritiene che l’elemento determinante consista nell’accertare se, prima della visita del corriere, il consumatore abbia potuto accedere ai documenti contrattuali, con piena libertà e consapevolezza. La possibilità di successiva rinuncia sarebbe irrilevante al fine di valutare la sussistenza di una pratica commerciale aggressiva.

24.      La Commissione riconosce che la necessità di sottoscrivere un contratto in presenza del corriere può comportare una certa pressione sul consumatore. Tuttavia, tale possibilità non sarebbe sufficiente per concludere che si tratti sistematicamente di un comportamento commerciale aggressivo, dato che per configurare quest’ultimo occorre il concorso di fattori idonei a condizionare indebitamente la decisione del consumatore.

25.      Fattori di tale natura sarebbero quelli menzionati dal giudice del rinvio alle lettere b) e c) della questione pregiudiziale, sebbene nessuno di essi implichi, di per sé, la constatazione di comportamenti commerciali aggressivi, dovendosi esaminare l’eventuale incidenza della pratica controversa sulla decisione del consumatore.

26.      A parere della Commissione, la vendita tramite Internet e per telefono richiedono analisi distinte, al fine individuare in ciascun caso il consumatore medio e valutare se sia stato esercitato un indebito condizionamento. Ad ogni modo, occorrerebbe chiedersi se la semplice decisione di prenotare la visita di un corriere per la sottoscrizione del contratto possa configurare una «decisione di natura commerciale» ai sensi della direttiva 2005/29.

V.      Analisi

A.      Considerazioni preliminari

27.      Il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la pratica commerciale descritta nella sua ordinanza possa essere qualificata come aggressiva, a causa di un «indebito condizionamento» ai sensi dell’articolo 8, in combinato disposto con l’articolo 9 e l’articolo 2, lettera j), della direttiva 2005/29.

28.      Più precisamente, il giudice del rinvio intende sapere se tale sistema di conclusione di contratti a distanza configuri: a) una pratica commerciale aggressiva in ogni caso oppure b) unicamente quando ricorra una delle due circostanze seguenti:

1.      il consumatore «non abbia ricevuto i modelli contrattuali con anticipo e con idonee modalità (…) anche se, prima della visita del corriere, aveva la possibilità di consultarli sul sito web dell’impresa»;

2.      esistano altri indizi che il professionista, direttamente o tramite terzi, ricorre a «atti sleali finalizzati a limitare la libertà di scelta del consumatore riguardo all’adozione della decisione di natura commerciale».

29.      Il problema si pone nei termini sopra esposti, se ci si attiene al tenore letterale della questione. Faccio questa precisazione in quanto le versioni linguistiche del testo non sono omogenee, segnatamente per quanto riguarda la traduzione della lettera a) del suo enunciato.

30.      La versione spagnola di tale lettera a) riporta: «siempre, si el consumidor durante la visita del mensajero no puede tomar conocimiento con libertad del contenido del contrato tipo» (5). Sulla stessa linea, la traduzione italiana recita: «sempre, qualora il consumatore, al momento della visita del corriere, non possa consultare liberamente il contenuto dei modelli contrattuali» (6). Nella versione tedesca si legge: «immer, wenn der Verbraucher beim Besuch des Kuriers den Inhalt der Vertragsmuster nicht ungehindert zur Kenntnis nehmen kann» (7). Nella versione portoghese figura: «sempre que o consumidor não possa, por ocasião da visita do mensageiro, tomar livremente conhecimento do conteúdo do modelo do contrato» (8).

31.      Stando a tali versioni linguistiche, la questione non sarebbe se il modello di stipulazione dei contratti controverso configuri una pratica commerciale aggressiva in ogni caso, vale a dire «sempre» sic et simpliciter, bensì soltanto «quando» ricorra una specifica circostanza: che il consumatore non possa consultare liberamente il contenuto del contratto. Come nelle lettere b) e c) della questione pregiudiziale, il giudice del rinvio porrebbe il suo interrogativo in relazione ad una circostanza precisa.

32.      Tuttavia, nella versione francese della questione pregiudiziale si legge: «toujours, parce que, durant la visite du livreur, le consommateur ne peut pas prendre connaissance librement du contenu des modèles [de contrat] qui lui sont remis» (9). Tale traduzione sembra essere quella più conforme all’originale polacco, in cui la lettera a) della questione pregiudiziale inizia con «zawsze, gdyż» («sempre, perché»). Le lettere b) e c), invece, iniziano con le parole «tylko, gdy» (soltanto, quando). La prossimità ortografica tra le parole «gdyż» e «gdy» induce la Commissione a concludere che l’utilizzo della prima costituisce un refuso, poiché si tratterebbe del termine «gdy» in tutti e tre casi (10).

33.      A mio parere, non si può ritenere che si tratti di un refuso. Anzitutto, ovviamente, giacché si può presumere che il giudice del rinvio abbia redatto il suo quesito con precisione e attenzione. Ma in particolare perché, nelle due occasioni in cui esso impiega il termine «gdy» [lettere b) e c)], quest’ultimo è preceduto dalla parola «tylko» (soltanto), mentre «gdyż» è preceduto, nella lettera a), dal vocabolo «zawsze» (sempre). Se fosse un refuso e il termine pertinente nel caso della lettera a) fosse parimenti «gdy» (quando), il giudice del rinvio starebbe chiedendo se il modello controverso costituisca una pratica commerciale aggressiva sempre che ricorra una determinata circostanza, il che equivarrebbe a dire solo in tal caso. La questione sarebbe allora perché il giudice del rinvio non impieghi anche nella lettera a) il termine «tylko» (solo), come nelle lettere b) e c).

34.      Senza che occorra prendere in considerazione il presunto refuso, la circostanza menzionata nella lettera a) assume pienamente senso in contrapposizione alle ipotesi delle altre due lettere. Se in queste ultime si fa riferimento a situazioni ben precise e concrete (non avere ricevuto i modelli contrattuali in anticipo e con idonee modalità, eventuali indizi di atti sleali), nella lettera a) si menziona un elemento che, nei termini in cui è formulata la questione pregiudiziale, sarebbe inerente alla pratica descritta, vale a dire la necessità che il contratto sia sottoscritto alla presenza del corriere, il che implica, quasi per definizione, che, a causa della premura caratteristica dell’attività dei corrieri, il consumatore non «possa consultare liberamente il contenuto dei modelli contrattuali». Non si tratta, dunque, di una circostanza che può ricorrere o meno, bensì di un presupposto consustanziale alla situazione descritta e il cui enunciato si giustifica allora come spiegazione del motivo per il quale il modello di stipulazione controverso potrebbe essere sempre («zawsze») una pratica commerciale aggressiva. Così risulta, a mio avviso correttamente, dalla versione francese della questione pregiudiziale, alla quale mi atterrò nel prosieguo.

B.      Nel merito

35.      Il considerando 7 della direttiva 2005/29 enuncia tassativamente che, nell’applicazione della stessa, «è opportuno tenere ampiamente conto delle circostanze del singolo caso in questione». Sulla stessa linea, e conformemente all’articolo 8 della medesima direttiva, per poter definire aggressiva una pratica commerciale è imprescindibile esaminarla «tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze».

36.      Come sostengono il governo polacco (11) e la Commissione (12), la Corte deve limitarsi a fornire al giudice del rinvio i criteri di interpretazione e di applicazione della direttiva 2005/29 che, senza sostituirsi ad esso, lo aiutino ad assolvere il compito, indelegabile, di qualificare il modello di stipulazione dei contratti controverso. Tale qualificazione spetta, insisto, esclusivamente al giudice del rinvio (13).

37.      In base a tale premessa, analizzerò i diversi interrogativi sollevati dalla questione pregiudiziale.

1.      Pratica commerciale aggressiva in qualsiasi circostanza?

38.      Non è difficile adempiere l’obbligo di moderazione che incombe alla Corte in questa materia nel pronunciarsi sulla lettera a) della questione pregiudiziale.

39.      Il dubbio esposto in tale lettera riguarda infatti solo la punto se il modello di stipulazione dei contratti della Orange Polska, quale descritto dal giudice del rinvio, possa essere considerato una pratica commerciale aggressiva «sempre», vale a dire «in qualsiasi circostanza».

40.      Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 4, della direttiva 2005/29, una «pratica commerciale aggressiva» costituisce una «pratica commerciale sleale» se – e solo se – risponde alle caratteristiche indicate agli articoli 8 e 9 della medesima direttiva.

41.      Ritenere che il modello di stipulazione dei contratti utilizzato dalla Orange Polska implichi «sempre» una «pratica commerciale aggressiva» significherebbe considerarlo una «pratica commerciale sleale» in qualsiasi circostanza (sempre). Tuttavia, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 5, della direttiva 2005/29, le pratiche commerciali che devono essere considerate sleali in ogni caso sono esclusivamente quelle indicate nell’allegato I della medesima direttiva.

42.      Atteso che fra le trentuno pratiche rientranti nella cosiddetta «lista nera» dell’allegato I non figura quella controversa nel procedimento principale, qualora la Corte concludesse che quella adottata dalla Orange Polska è sempre una pratica commerciale aggressiva, e pertanto una pratica commerciale sleale, essa si sostituirebbe al legislatore, in contrasto con il senso e la finalità della direttiva 2005/29 (14). Di conseguenza, ritengo che si debba rispondere in senso negativo a questa parte della questione pregiudiziale.

2.      Pratica commerciale aggressiva, per indebito condizionamento, in funzione di determinate circostanze?

43.      I comportamenti menzionati dal giudice del rinvio nelle lettere b) e c) della sua questione pregiudiziale potrebbero invece dare luogo a una «pratica commerciale aggressiva mediante indebito condizionamento» qualora, tenuto conto delle «circostanze del singolo caso in questione», considerate nel loro complesso, si rilevi siffatto indebito condizionamento.

44.      L’articolo 8 della direttiva 2005/29 definisce «aggressiva» la pratica commerciale che, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze di fatto del caso, provochi un determinato risultato con taluni mezzi:

1.      il risultato non è altro che una riduzione o limitazione, effettiva o potenziale, della libertà di scelta del consumatore in relazione al prodotto, talmente «considerevole» da indurlo, o che sia idonea ad indurlo, ad assumere una decisione che non avrebbe altrimenti preso (15);

2.      i mezzi elencati in detta disposizione in quanto idonei a conseguire tale scopo sono le «molestie, [la] coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica, o [l’]indebito condizionamento» e il giudice del rinvio si riferisce esclusivamente a quest’ultimo.

45.      A mio parere, nel contesto della direttiva 2005/29, l’«indebito condizionamento» non è un «condizionamento illecito», bensì quello che, fatta salva la sua liceità, comporta in modo attivo, attraverso una pressione, il condizionamento forzato della volontà del consumatore (16).

46.      Ai sensi dell’articolo 2, lettera j), della direttiva 2005/29, l’indebito condizionamento consiste nello sfruttamento di una posizione di potere rispetto al consumatore al fine di «esercitare una pressione, anche senza il ricorso alla forza fisica o la minaccia di tale ricorso, in modo da limitare notevolmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole».

47.      Come ho ricordato nelle conclusioni relative alla causa Wind Tre e Vodafone Italia (17), occorre distinguere tra due aspetti della posizione di potere:

–      da un lato, lo sfruttamento di una posizione di potere che consente al professionista di limitare la libertà del consumatore di acquistare un prodotto;

–      dall’altro, la posizione di potere nella quale si trova giuridicamente il professionista che, dopo la conclusione di un contratto, può richiedere al consumatore il corrispettivo a cui questi si è obbligato sottoscrivendolo.

48.      La «pratica commerciale aggressiva» è evidentemente la prima, vale a dire quella che, sfruttando la posizione di inferiorità del consumatore rispetto al professionista (18), e avvalendosi di una posizione di potere acquisita in modo illegittimo – mediante molestie, coercizione, forza fisica o condizionamento proattivo – limita la libertà del consumatore inducendolo a concludere un contratto che non avrebbe concluso in assenza di tale vantaggio illecito.

49.      Proprio perché la conclusione di un contratto comporta l’assunzione di determinati obblighi il cui rispetto può essere legittimamente preteso dalla controparte dinanzi al giudice, la direttiva 2005/29 tutela la libertà del consumatore di contrarre consapevolmente, impegnandosi unicamente per gli obblighi che, nell’esercizio di tale libertà, è disposto ad assumersi. Pertanto, la direttiva non offre protezione rispetto agli obblighi giuridici già liberamente assunti dal consumatore, bensì rispetto all’assunzione degli stessi quale conseguenza di una pratica commerciale sleale, a prescindere dalla circostanza che si tratti, incidentalmente, di una pratica lecita.

50.      Sono molte le variabili che, conformemente all’articolo 9 della direttiva 2005/29, occorre ponderare per stabilire se una pratica commerciale sfrutti, per quanto rileva nella fattispecie, un indebito condizionamento. Tra altri fattori, il cui elenco non è esaustivo, sono rilevanti i tempi e il luogo nei quali viene attuata la pratica in parola, la sua natura o persistenza, il linguaggio utilizzato, il comportamento, lo sfruttamento di qualsivoglia circostanza tragica o l’imposizione di ostacoli non contrattuali, onerosi o sproporzionati.

51.      Secondo il giudice del rinvio, sono tre i fattori che nel caso di specie potrebbero comportare l’esercizio da parte del professionista di un «indebito condizionamento» sull’acquirente:

–      in primo luogo, il fatto che il consumatore si trovi a dover assumere una decisione definitiva di natura commerciale in presenza del corriere che gli consegna i modelli contrattuali (è questo, in realtà, il nucleo della situazione di fatto controversa);

–      in secondo luogo, il fatto che il consumatore non abbia ricevuto i modelli contrattuali in anticipo e con idonee modalità, anche se aveva la possibilità di consultarli prima su Internet [lettera b) della questione pregiudiziale];

–      in terzo luogo, l’eventuale esistenza di atti sleali finalizzati a limitare la libertà di scelta del consumatore [lettera c) della questione pregiudiziale].

52.      A seconda dell’entità di ciascuno di questi fattori, non si può escludere che essi possano, di per sé, determinare un indebito condizionamento. Così:

1.      se la condotta o l’atteggiamento del corriere fossero particolarmente pressanti o incalzanti, ciò sarebbe sufficiente per concludere che, con il suo comportamento, esso ha esercitato un indebito condizionamento sul consumatore;

2.      se il consumatore ha previamente ricevuto informazioni oggettivamente limitate, parziali o distorte, o che non corrispondono a quelle fornite successivamente dal corriere, tale dato potrebbe essere sufficiente per ravvisare un’azione od omissione ingannevole, nell’accezione degli articoli 6 e 7 della direttiva 2005/29, nonché eventualmente un indebito condizionamento, ove sia comprovato un comportamento attivo del professionista diretto a condizionare illegittimamente la volontà del consumatore;

3.      ad ogni modo, eventuali atti sleali di altra natura sarebbero del pari sufficienti, a seconda della loro capacità potenziale a condizionare la volontà del consumatore, qualora rispondessero alla volontà dell’impresa di esercitare un’influenza illegittima.

53.      È inoltre possibile che, preso isolatamente, nessuno di tali fattori sia di per sé sufficiente ad esercitare un indebito condizionamento, ma che, nel loro complesso, attraverso la loro reciproca interazione, essi possano produrre il medesimo risultato.

54.      Spetta al giudice del rinvio, come ho già rilevato, valutare in ciascun caso la reale portata che, individualmente o nel complesso, possono assumere circostanze come quelle indicate nell’ordinanza di rinvio. In detta ordinanza, come ho esposto nel riassumerla (19), il Sąd Najwyższy (Corte suprema) sembra propendere per l’assenza di una pratica aggressiva, confermando la valutazione dei giudici di primo grado e di appello.

55.      Da parte mia, sottolineo la difficoltà per la Corte di dare una risposta che si discosti dal giudizio unanime (nella fattispecie, vi è concordanza tra i due giudici inferiori e le riflessioni del giudice di cassazione) degli organi giurisdizionali nazionali in un caso come quello in esame, nel quale l’importanza delle peculiarità delle specifiche condotte controverse è palese. Sui profili di fatto di tali condotte hanno competenza esclusiva i suddetti organi giurisdizionali, i quali si trovano indubbiamente in una posizione migliore rispetto alla Corte per stabilire fino a che punto un aspetto del comportamento dell’impresa incida in modo notevole sul comportamento del consumatore medio.

56.      Tuttavia, per assistere il giudice del rinvio nel compito di interpretare e applicare ad casum la direttiva 2005/29, possono essere pertinenti le considerazioni che mi accingo ad esporre.

3.      Fattori che possono essere presi in considerazione per maturare un giudizio sull’indebito condizionamento da parte del professionista

57.      È necessario distinguere tra il caso delle vendita tramite Internet e quello della vendita telefonica, dato che, per loro caratteristiche, in ciascuno di essi la posizione del consumatore assume una connotazione particolare:

-      nella vendita tramite Internet, generalmente è il consumatore a scegliere volontariamente di visitare il sito web del professionista e nulla gli impedisce di dedicare il tempo che reputi necessario a consultare le offerte disponibili, i relativi tariffari e le altre condizioni, nonché le modalità di stipulazione del contratto;

-      nella vendita telefonica, anche se non si può escludere che sia il consumatore ad assumere l’iniziativa, non è raro che sia il professionista a contattarlo per proporgli di stipulare un contratto (20). Di norma, la situazione del consumatore è più passiva e può inoltre avere un ruolo non trascurabile il fattore sorpresa, che può tradursi in un certo grado di pressione psicologica (21).

58.      In ciascuno di questi due casi occorre altresì fare riferimento a un profilo diverso di «consumatore medio», vale a dire quello normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, tenendo conto di fattori sociali, culturali e linguistici (22) nonché del contesto e del complesso delle circostanze nelle quali si esplicano i rapporti tra il professionista e i consumatori:

-      il consumatore che acceda di propria iniziativa ad un sito Internet avrà un minimo di familiarità con le procedure informatiche e sarà in grado di districarsi tra le stesse al fine selezionare un’offerta e gestire la procedura di ordinazione;

-      per contro, nel caso delle offerte ricevute inopinatamente per telefono, il profilo del consumatore medio può essere quello di un consumatore meno attento ed avveduto, essendo sufficiente che il medesimo sia in grado di gestire una chiamata telefonica. In questo caso, il grado di tutela deve essere maggiore.

59.      Un altro fattore rilevante è la qualità delle informazioni fornite al consumatore. Come ha ricordato la Corte nella causa Wind Tre e Vodafone Italia, la nozione di «pratica commerciale aggressiva» è definita essenzialmente sulla base «del fatto che tale pratica limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto[,] [conseguendone che] la richiesta di un servizio deve consistere in una scelta libera da parte del consumatore[, il che] presuppone, in particolare, che l’informazione comunicata dal professionista al consumatore sia chiara e adeguata» (23).

60.      La Corte ha insistito sul fatto che è fondamentale che al consumatore siano fornite «informazioni, prima della conclusione di un contratto, riguardo alle condizioni contrattuali ed alle conseguenze di detta conclusione». È segnatamente in base a tali informazioni che il consumatore «decide se desidera vincolarsi alle condizioni preventivamente redatte dal professionista» (24).

61.      Nella fattispecie di cui ci occupiamo ora, una delle ipotesi considerate dal giudice del rinvio è che il consumatore «non abbia ricevuto i modelli contrattuali con anticipo e con idonee modalità (quali per esempio, posta elettronica, spedizione a domicilio) anche se, prima della visita del corriere, aveva la possibilità di consultarli sul sito web dell’impresa» (25).

62.      Pertanto, occorre muovere dal presupposto che le informazioni disponibili su Internet riguardo al contenuto dei modelli contrattuali siano sufficienti e veritiere e che il consumatore possa accedere alle stesse senza grandi difficoltà. Anche nel caso della vendita telefonica, secondo il giudice del rinvio (26), il consumatore potrebbe chiedere al teleoperatore tutte le informazioni che ritenga necessarie. A mio avviso, tuttavia, è difficile che si possa equiparare la qualità delle informazioni fornite durante una conversazione telefonica a quella delle informazioni ottenute mediante la consultazione su Internet.

63.      La questione, pertanto, è specificamente se il consumatore debba disporre in anticipo e presso il suo domicilio o al suo indirizzo di posta elettronica di tutti i modelli contrattuali offerti dal professionista e se, in caso contrario, sussista una pratica commerciale aggressiva.

64.      A mio parere, al consumatore devono essere forniti i diversi modelli contrattuali esistenti (27) affinché possa prenderne conoscenza, senza bisogno che il professionista glieli comunichi in maniera personalizzata prima della visita del corriere.

65.      Atteso che il giudice del rinvio concentra l’attenzione sul momento preciso in cui il consumatore deve assumere la decisione definitiva – vale a dire quando il corriere gli consegna i modelli contrattuali per i quali ha optato durante una conversazione telefonica o in occasione della visita alla pagina web del professionista –, detto giudice dovrà verificare se il fatto che, in tale momento, il consumatore non disponga di tutti i modelli contrattuali possa comportare che egli sia costretto ad assumere una decisione che non avrebbe altrimenti preso (28).

66.      Tale ipotesi può ricorrere, ad esempio, se il consumatore nutre dubbi riguardo alla coincidenza tra il contratto sottopostogli per la sottoscrizione e quello che ha potuto consultare su Internet o che gli è stato descritto durante la conversazione telefonica, e, tuttavia, il corriere non sia in grado di fugare tali dubbi oppure gli neghi la possibilità di verificare detta coincidenza e lo obblighi a sottoscrivere il contratto.

67.      All’udienza è stato possibile appurare che la Orange Polska utilizza per tale attività i servizi di corrieri ordinari, estranei quindi al settore della telefonia, i quali non sono in grado di fornire alcuna informazione sui contratti tra il consumatore e la compagnia telefonica.

68.      Oltre alla circostanza che il corriere non sia in grado di risolvere i dubbi del consumatore, l’elemento determinate sarà sempre il suo comportamento nel contesto della situazione in cui si trova quest’ultimo, in conseguenza delle informazioni delle quali dispone nel momento in cui gli viene sottoposto il contratto per la sottoscrizione.

69.      Se tali informazioni sono insufficienti o poco chiare, ciò può dare luogo a una pratica commerciale ingannevole, vale a dire quella che, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2005/29, «nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omett[e] informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induc[e] o [è] idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso».

70.      Tuttavia, tali informazioni ingannevoli contribuiscono a una «pratica commerciale aggressiva» solo qualora, grazie alle medesime, il professionista, o un terzo a suo nome (nella fattispecie, il corriere), possa far valere con successo una posizione di potere acquisita con azioni od omissioni ingannevoli ed esercitata in modo illecito.

71.      Per garantire che il comportamento del corriere non possa tradursi nell’esercizio di un indebito condizionamento, non rilevano tanto le informazioni fornite al consumatore nelle fasi precedenti della procedura di acquisto (29), quanto il fatto che il suo comportamento sia debitamente disciplinato con modalità che consentano di escludere o di ridurre al minimo la componente di pressione psicologica che, in taluni casi, può comportare l’invito a sottoscrivere un contratto.

72.      A tale proposito, se si trattasse di un corriere legato all’impresa telefonica, esso dovrebbe essere in grado di contribuire a risolvere i dubbi dell’ultima ora che eventualmente preoccupino il consumatore, ad esempio fornendogli in situ i modelli contrattuali oppure offrendogli la possibilità di ripetere la visita dopo che il consumatore li abbia consultati. Inoltre, si dovrebbe garantire che in nessun caso esso imponga al consumatore di sottoscrivere il contratto avvisandolo che il suo rifiuto o un ritardo potrebbero tradursi nell’assunzione di responsabilità o in condizioni contrattuali future meno vantaggiose.

73.      Qualora si trattasse invece, come nel caso di specie, di corrieri estranei all’impresa telefonica e, pertanto, non in grado di fornire alcuna informazione al consumatore o di assumere impegni a nome di detta impresa, occorrerà quanto meno evitare che il corriere insista sulla necessità che il consumatore sottoscriva il contratto.

74.      Si tratta a mio avviso di fattori che, tra altri, dovrebbero essere previsti nel rapporto di collaborazione instaurato tra il professionista e il corriere espresso che agisce a suo nome. Il giudice nazionale deve ponderarli al fine di stabilire se l’intervento del corriere possa comportare, nel contesto in cui viene sottoscritto il contratto, l’esercizio di un indebito condizionamento (articolo 8 della direttiva 2005/29).

VI.    Conclusione

75.      Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere al Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia) nei seguenti termini:

«L’articolo 8, in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che:

–      un modello di stipulazione di contratti a distanza, relativi ad una prestazione di servizi di telecomunicazioni in forza del quale il consumatore deve assumere una decisione definitiva di natura commerciale in presenza del corriere che consegna il modello contrattuale, in circostanze nelle quali il consumatore poteva prendere piena conoscenza delle relative condizioni sul sito web del professionista o telefonicamente, non costituisce, di per sé, una pratica commerciale aggressiva;

–      qualora, esaminate nel loro contesto le circostanze del singolo caso, l’esecuzione di tale modello di stipulazione dei contratti limiti considerevolmente la libertà di scelta del consumatore, mediante un indebito condizionamento esercitato con successo sul medesimo dal professionista, si configura di una pratica commerciale aggressiva;

–      al fine di garantire, per quanto possibile, che il comportamento del corriere non possa tradursi nell’esercizio di un indebito condizionamento, occorre che il suo comportamento sia adeguatamente disciplinato in modo da poter escludere qualsiasi componente di pressione psicologica sul consumatore».


1      Lingua originale: lo spagnolo.


2      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2005, L 149, pag. 22).


3      Sentenza del 13 settembre 2018 (C‑54/17 e C‑55/17, EU:C:2018:710).


4      Dziennik Ustaw Rzeczypospolitej Polskiej del 2007, n. 171, pos. 1206, e successive modifiche.


5      Il corsivo è mio.


6      Il corsivo è mio.


7      Il corsivo è mio.


8      Il corsivo è mio.


9      Il corsivo è mio.


10      Punto 21, nota 2, delle osservazioni scritte della Commissione.


11      Punti 15 e 16 delle osservazioni scritte del governo polacco.


12      Punti 28 e 29 delle osservazioni scritte della Commissione.


13      È ormai una clausola di stile che «in forza dell’articolo 267 TFUE, la Corte non è competente ad applicare le norme del diritto dell’Unione a una fattispecie concreta, ma unicamente a pronunciarsi sull’interpretazione dei Trattati e degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione europea. Tuttavia, nel quadro della cooperazione giudiziaria istituita da detto articolo e in base al contenuto del fascicolo, la Corte può fornire al giudice nazionale gli elementi d’interpretazione del diritto dell’Unione che possono essergli utili per la valutazione degli effetti delle varie disposizioni di quest’ultimo». V., tra molte, sentenza del 13 luglio 2017, Ingsteel e Metrostav (C‑76/16, EU:C:2017:549, punto 25).


14      Per riprendere i termini della sentenza del 10 luglio 2014, Commissione/Belgio (C‑421/12, EU:C:2014:2064, punto 61), una «normativa nazionale (…) che vieta in linea generale pratiche non presenti nell’allegato I della direttiva 2005/29, senza procedere ad un’analisi individuale del carattere “sleale” delle stesse alla luce dei criteri enunciati agli articoli da 5 a 9 di tale direttiva, si pone in contrasto con il contenuto dell’articolo 4 della stessa e si oppone all’obiettivo di armonizzazione completa perseguito da detta direttiva, anche se tale normativa è diretta a garantire un livello più elevato di tutela dei consumatori».


15      Rinvio alle mie conclusioni nella causa Wind Tre e Vodafone Italia (C‑54/17 e C‑55/17, EU:C:2018:377, paragrafo 63).


16      Ibidem, paragrafo 65.


17      C‑54/17 e C‑55/17, EU:C:2018:377, paragrafi da 67 a 70.


18      Sentenza del 16 aprile 2015, UPC Magyarország (C‑388/13, EU:C:2015:225, punto 53).


19      Paragrafi da 14 a 17 delle presenti conclusioni.


20      All’udienza, la Orange Polska, pur senza negare che potrebbe essere ricorsa a tale tecnica commerciale (chiamate commerciali non richieste), ha affermato che essa è stata vietata in Polonia da una legge successiva.


21      Ciò è riconosciuto, in relazione ai contratti negoziati fuori dei locali commerciali, nei considerando 21 e 37 della direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2011, L 304, pag. 64). Tuttavia, la «pressione psicologica» inerente a questo tipo di contratti (controbilanciata con il diritto di recesso) non ha, di per sé, la stessa intensità di quella con la quale si tenti di esercitare un indebito condizionamento sul consumatore.


22      V., ad esempio, sentenze del 13 gennaio 2000, Estée Lauder (C‑220/98, EU:C:2000:8, punto 27), e del 12 maggio 2011, Ving Sverige (C‑122/10, EU:C:2011:299, punto 22).


23      Sentenza del 13 settembre 2018, Wind Tre e Vodafone Italia (C‑54/17 e C‑55/17, EU:C:2018:710, punto 45).


24      Sentenza del 7 settembre 2016, Deroo‑Blanquart (C‑310/15, EU:C:2016:633, punto 40).


25      Lettera b) della questione pregiudiziale.


26      Punto 14 dell’ordinanza di rinvio.


27      Diversamente, si tratterebbe di un’omissione che potrebbe risultare determinante per la decisione del consumatore. Quest’ultimo, sapendo che esistono altri contratti più favorevoli, avrebbe potuto optare per uno di essi anziché per quello scelto, che probabilmente avrebbe scartato. Tuttavia, come ho sostenuto nelle conclusioni relative alla causa Wind Tre e Vodafone Italia (C‑54/17 e C‑55/17, EU:C:2018:377, paragrafo 65), ciò non comporterebbe necessariamente l’esercizio di un «indebito condizionamento» da parte del professionista, dato che «l’influenza alla quale si riferiscono gli articoli 8 e 9 della direttiva 2005/29 non è quella che risulta semplicemente dall’inganno – ossia quella prevista dall’articolo 7 della stessa direttiva –, bensì quella che comporta in modo attivo, attraverso una pressione, il condizionamento forzato della volontà del consumatore». In quel contesto ho rilevato (nota 28) che, «[a]i sensi dell’articolo 2, lettera j), della direttiva 2005/29, si tratta di un comportamento che consiste nello “sfruttamento di una posizione di potere rispetto al consumatore” al fine di “esercitare una pressione, anche senza il ricorso alla forza fisica o la minaccia di tale ricorso, in modo da limitare notevolmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole”. Non è pertanto sufficiente trarre il consumatore in inganno, facendogli erroneamente credere di determinarsi liberamente e consapevolmente, ma occorre che lo stesso sia forzato a stipulare un contratto contro la sua volontà».


28      Secondo il giudice del rinvio, il corriere consegna quanto meno gli allegati, le condizioni di contratto, i tariffari «e altri documenti che con la sottoscrizione diventavano parte integrante del contratto» (punto 2 dell’ordinanza di rinvio).


29      Ripeto che la qualità di tali informazioni rileva fondamentalmente sotto il profilo della pratica commerciale ingannevole, ma non è decisiva, di per sé, per configurare una pratica commerciale aggressiva (la quale, peraltro, può avere luogo anche in un contesto di informazioni sufficienti e veritiere).