Language of document : ECLI:EU:T:2010:370

Causa T‑155/06

Tomra Systems ASA e altri

contro

Commissione europea

«Concorrenza — Abuso di posizione dominante — Mercato delle macchine per la raccolta di imballaggi per bevande usati — Decisione che constata una violazione dell’art. 82 CE e dell’art. 54 dell’accordo SEE — Accordi di esclusiva, impegni sui volumi di acquisti e sconti di fedeltà rientranti in una strategia intesa a escludere i concorrenti dal mercato — Ammenda — Proporzionalità»

Massime della sentenza

1.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Uso della documentazione interna di un’impresa che ha partecipato ad un’infrazione come elemento di prova — Ammissibilità

(Artt. 81 CE e 82 CE)

2.      Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Clausole di fornitura esclusiva — Contratto concluso tra un’impresa ed una centrale di acquisto

(Art. 82 CE)

3.      Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Nozione — Nozione oggettiva riguardante i comportamenti atti ad influire sulla struttura del mercato e aventi come effetto di ostacolare la conservazione o lo sviluppo della concorrenza — Obblighi incombenti all’impresa dominante — Esercizio della concorrenza fondata solo sui meriti

(Art. 82 CE)

4.      Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Clausole di fornitura esclusiva — Sconto di fedeltà

(Art. 82 CE)

5.      Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Sconti aventi effetto di preclusione sul mercato — Sconto di fedeltà — Qualificazione come pratica abusiva

(Art. 82 CE)

6.      Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Sconti per quantitativo — Ammissibilità — Presupposti — Carattere abusivo del sistema di sconti — Criteri di valutazione

(Art. 82 CE)

7.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione che constata un’infrazione — Obbligo di motivazione — Portata

(Artt. 82 CE e 253 CE)

8.      Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Nozione — Blocco di una parte sostanziale del mercato ad opera di un’impresa dominante

(Art. 82 CE)

9.      Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Sconti retroattivi — Carattere abusivo — Criteri di valutazione

(Art. 82 CE)

10.    Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Nozione — Comportamenti aventi l’effetto o l’oggetto di ostacolare la conservazione o lo sviluppo della concorrenza

(Art. 82 CE)

11.    Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Clausole di fornitura esclusiva — Impegni sui quantitativi personalizzati che costituiscono uno sfruttamento abusivo

(Art. 82 CE)

12.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Elementi di valutazione — Inasprimento generale delle ammende — Ammissibilità — Presupposti

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2)

13.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Presa in considerazione del fatturato complessivo o del fatturato rilevante dell’impresa di cui trattasi — Limiti

(Regolamenti del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2, e n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

1.      La documentazione interna di un’impresa può costituire un elemento di prova della violazione delle regole di concorrenza da parte di tale impresa. Tale documentazione può, infatti, indicare se l’esclusione della concorrenza era prevista o, al contrario, suggerire una spiegazione diversa delle pratiche esaminate. Essa può, ad esempio, permettere alla Commissione di situare tali pratiche nel loro contesto e di corroborare la sua valutazione di queste stesse pratiche.

Qualora essa utilizzi tale documentazione per motivare la sua decisione, è assolutamente normale che la Commissione, pur non nascondendo l’esistenza di documenti che conferiscono una diversa interpretazione, faccia principalmente riferimento al comportamento anticoncorrenziale della ricorrente e non delle sue azioni lecite, menzionate in taluni documenti interni, dato che è esattamente siffatto comportamento ciò che essa deve accertare.

(v. punti 35‑36)

2.      Non è necessario che le pratiche di un’impresa in posizione dominante vincolino gli acquirenti con un obbligo formale di esclusiva per dimostrare che esse costituiscono uno sfruttamento abusivo di una posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE. È sufficiente che tali pratiche implichino un incentivo nei confronti dei clienti a non passare per fornitori concorrenti e a rifornirsi per la totalità o per una parte considerevole del loro fabbisogno esclusivamente presso detta impresa, sicché non è affatto necessario analizzare il carattere esclusivo dei contratti controversi sulla base della legislazione nazionale applicabile.

Per quanto riguarda accordi conclusi tra un’impresa e centrali di acquisto, che rivestono carattere vincolante per le parti, la questione se essi influiscano anche sul comportamento di acquirente dei loro membri non dipende da un’analisi formale. Infatti, qualora le condizioni negoziate dipendano da obiettivi di acquisto in termini quantitativi da parte della centrale nel suo insieme, inerisce al negoziato stesso di un siffatto tipo di contratto che questo stesso contratto incentiverà i membri della centrale ad effettuare acquisti al fine di raggiungere l’obiettivo fissato.

(v. punti 59, 61‑62)

3.      La nozione di sfruttamento abusivo è una nozione oggettiva che riguarda il comportamento dell’impresa in posizione dominante atto ad influire sulla struttura di un mercato in cui, proprio per il fatto che vi opera detta impresa, il grado di concorrenza è già indebolito e che ha come effetto di ostacolare, ricorrendo a mezzi diversi da quelli su cui si impernia la concorrenza normale tra prodotti o servizi, fondata sulle prestazioni degli operatori economici, la conservazione del grado di concorrenza ancora esistente sul mercato o lo sviluppo di detta concorrenza. Da ciò consegue che l’art. 82 CE vieta ad un’impresa dominante di eliminare un concorrente e di rafforzare così la sua posizione facendo ricorso a mezzi diversi da quelli che rientrano in una concorrenza per meriti. Il divieto sancito da tale disposizione si giustifica egualmente con la preoccupazione di non produrre pregiudizio ai consumatori.

Di conseguenza, sebbene l’accertamento dell’esistenza di una posizione dominante non implichi di per sé alcuna contestazione a carico dell’impresa interessata, a quest’ultima incombe, indipendentemente dalle cause di tale posizione, la particolare responsabilità di non compromettere, con il proprio comportamento, una concorrenza effettiva e non falsata nel mercato comune. Parimenti, se il fatto di detenere una posizione dominante non può privare l’impresa interessata del diritto di tutelare i propri interessi commerciali, se questi sono insidiati, e se quindi le si deve consentire, in una misura ragionevole, di compiere gli atti che essa ritenga opportuni per la protezione di tali interessi, non è, però, ammissibile un comportamento che abbia in realtà lo scopo di rafforzare la posizione dominante e di farne abuso.

(v. punti 38, 206‑207)

4.      Per un’impresa che si trova in posizione dominante su un mercato, il fatto di vincolare – sia pure a loro richiesta – gli acquirenti con l’obbligo o la promessa di rifornirsi per tutto o gran parte del loro fabbisogno esclusivamente presso l’impresa in questione costituisce uno sfruttamento abusivo di posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE, tanto se l’obbligo in questione è imposto sic et simpliciter, quanto se ha come contropartita la concessione di sconti. Altrettanto dicasi quando detta impresa, senza vincolare gli acquirenti con un obbligo formale di esclusiva applica, o in forza di accordi stipulati con gli acquirenti o unilateralmente, un sistema di sconti di fedeltà, cioè riduzioni subordinate alla condizione che il cliente si rifornisca esclusivamente per la totalità o per una parte considerevole del suo fabbisogno presso l’impresa in posizione dominante.

In effetti, gli impegni di approvvigionamento esclusivo di questo tipo, con o senza contropartita di sconti o concessioni di premi di fedeltà onde stimolare l’acquirente ad acquistare unicamente presso l’impresa dominante, sono incompatibili con lo scopo che la concorrenza non sia falsata nel mercato comune in quanto non si fondano su una prestazione economica che giustifichi questo onere o questo vantaggio, bensì mirano a togliere all’acquirente o a ridurre nei suoi riguardi la possibilità di scelta per quel che concerne le sue fonti di approvvigionamento e a precludere l’accesso al mercato agli altri produttori.

(v. punti 208‑209, 295‑296)

5.      Lo sconto di fedeltà che è concesso in contropartita di un impegno del cliente di approvvigionarsi esclusivamente o quasi esclusivamente presso un’impresa in posizione dominante è in contrasto con l’art. 82 CE, a causa dell’effetto di esclusione che esso comporta. Un siffatto sconto mira, infatti, ad impedire, mediante la concessione di un vantaggio finanziario, che i clienti si riforniscano presso produttori concorrenti.

(v. punti 210‑211)

6.      I sistemi di sconto quantitativi applicati da un’impresa in posizione dominante, legati esclusivamente al volume degli acquisti effettuati presso di essa, sono in genere considerati come non aventi un effetto di esclusione sul mercato vietato dall’art. 82 CE. Se l’aumento del quantitativo fornito da detta impresa si traduce in un costo inferiore per il fornitore, quest’ultimo è, infatti, in diritto di far fruire il suo cliente di tale riduzione mediante una tariffa più favorevole. Si ritiene pertanto che gli sconti di quantità riflettano guadagni in termini di efficienza ed economie di scala realizzate dalle imprese in posizione dominante.

Da ciò consegue che un sistema di sconti la cui percentuale aumenta in funzione del volume acquistato presso un’impresa in posizione dominante non viola l’art. 82 CE, a meno che dai criteri e dalle modalità di concessione dello sconto emerga che il sistema non riposa su una contropartita economicamente giustificata, bensì mira, alla stregua di uno sconto di fedeltà e di obiettivo, ad impedire che i clienti si approvvigionino presso produttori concorrenti.

Per stabilire l’eventuale carattere abusivo di un sistema di sconti quantitativi, dunque, si deve valutare l’insieme delle circostanze e, in particolare, i criteri e le modalità di concessione degli sconti, ed esaminare se gli sconti mirino, con un vantaggio che non riposa su alcuna prestazione economica che li giustifichi, a togliere all’acquirente o a ridurre nei suoi riguardi la possibilità di scelta per quel che concerne le sue fonti di approvvigionamento, a precludere l’accesso al mercato ai concorrenti, ad applicare a partner commerciali condizioni diseguali per prestazioni equivalenti o a rafforzare la posizione dominante mediante una concorrenza falsata.

(v. punti 212‑214)

7.      La motivazione prescritta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e di tutelare i loro diritti e al giudice competente di esercitare il proprio controllo. Trattandosi di una decisione adottata in applicazione dell’art. 82 CE, tale principio richiede che la decisione contestata faccia riferimento ai dati di fatto da cui dipende la giustificazione giuridica del provvedimento e alle considerazioni che l’hanno indotta ad adottare la decisione.

(v. punto 227)

8.      Il blocco di una parte sostanziale del mercato ad opera di un’impresa dominante non può essere giustificato con la dimostrazione che la quota del mercato che può essere conquistata sia ancora sufficiente per fare posto ad un numero limitato di concorrenti. Infatti, da un lato, i clienti che si trovano nella quota bloccata del mercato dovrebbero avere la possibilità di approfittare di ogni grado di concorrenza che sia possibile sul mercato e i concorrenti dovrebbero potersi dare alla concorrenza per i meriti su tutto il mercato e non soltanto su una parte di questo. Dall’altro lato, il ruolo dell’impresa dominante non è quello di stabilire quanti concorrenti validi siano autorizzati a farle concorrenza per la quota della domanda che può ancora essere conquistata.

Un’analisi delle circostanze della specie può consentire di stabilire se le pratiche di un’impresa in posizione dominante siano tali da escludere la concorrenza e sarebbe artificioso stabilire a priori quale sia la quota di mercato bloccata oltre la quale le pratiche di un’impresa in posizione dominante possono produrre un effetto di esclusione dei concorrenti.

(v. punti 241‑242)

9.      Il meccanismo di esclusione costituito dagli sconti retroattivi non richiede che l’impresa in posizione dominante sacrifichi dei profitti, poiché il costo dello sconto si trova ripartito su un grande numero di unità. Con la concessione retroattiva dello sconto, il prezzo medio ottenuto dall’impresa dominate può senz’altro essere ampiamente superiore ai costi e procurare un margine di utile medio elevato. Tuttavia, il meccanismo di sconto retroattivo fa sì che, per il cliente, il prezzo effettivo delle ultime unità sia molto basso in ragione dell’effetto di aspirazione.

(v. punto 267)

10.    Per accertare una violazione dell’art. 82 CE non è necessario dimostrare che il comportamento abusivo dell’impresa in posizione dominante abbia avuto un effetto anticoncorrenziale concreto sui mercati considerati. È a questo proposito sufficiente dimostrare che esso mira a restringere la concorrenza o, in altri termini, che è tale da avere o che può avere un simile effetto.

(v. punto 289)

11.    Quand’anche si ammetta che essi non vincolano l’acquirente con un’obbligazione formale di esclusiva, gli impegni sui quantitativi personalizzati, dei quali si afferma, dopo un’analisi non solo formale dal punto di vista giuridico, ma che tenga parimenti conto del contesto economico specifico nel quale essi si inseriscono, che vincolano de facto o incentivano l’acquirente a rifornirsi esclusivamente o per una parte considerevole del suo fabbisogno presso l’impresa in posizione dominante, e che non riposano su una prestazione economica che giustifichi tale onere o tale vantaggio, ma mirano a togliere all’acquirente o a limitargli la possibilità di scelta per quanto riguarda le sue fonti di approvvigionamento e a impedire l’accesso al mercato ai produttori, costituiscono uno sfruttamento abusivo di una posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE.

(v. punti 297‑298)

12.    Né l’obbligo di rispettare il principio di parità di trattamento né il fatto che essa abbia applicato, in passato, ammende di un certo livello a taluni tipi di infrazioni valgono a privare la Commissione della possibilità di aumentare tale livello entro i limiti indicati dal regolamento n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato, ove ciò sia necessario per garantire l’attuazione della politica comunitaria in materia di concorrenza.

La gravità delle infrazioni dev’essere accertata sulla scorta di un gran numero di elementi, come, segnatamente, le circostanze proprie del caso di specie, il suo contesto e l’effetto dissuasivo delle ammende, e ciò senza che sia stato redatto un elenco vincolante o esaustivo di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione. Orbene, i dati pertinenti, quali i mercati, i prodotti, i paesi, le imprese e i periodi in questione, variano da caso a caso. Ne consegue che la Commissione non può essere obbligata ad infliggere ad imprese ammende il cui importo rispecchi la medesima proporzione delle infrazioni del loro rispettivo fatturato in tutti i casi paragonabili sotto il profilo della gravità delle infrazioni.

Poiché le ammende sono uno strumento della politica della concorrenza della Commissione, questa deve disporre di un margine di discrezionalità nel fissare il loro importo al fine di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle regole di concorrenza.

(v. punti 310‑313)

13.    Per quanto riguarda la determinazione dell’importo dell’ammenda che sanziona la violazione delle regole di concorrenza comunitarie, fatto salvo il rispetto del limite massimo previsto dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato, e che si riferisce al fatturato complessivo dell’impresa di cui trattasi, la Commissione può tenere conto del fatturato dell’impresa in questione al fine di valutare la gravità dell’infrazione nel determinare l’importo dell’ammenda, senza, tuttavia, attribuirvi un’importanza sproporzionata rispetto ad altri elementi di valutazione.

Il metodo di calcolo definito negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA prevede che, all’atto della valutazione della gravità dell’infrazione per fissare l’importo dell’ammenda siano presi in considerazione un gran numero di elementi, tra cui, in particolare, figurano la natura propria dell’infrazione, l’impatto concreto di questa quando sia misurabile, l’estensione geografica del mercato rilevante e la necessaria efficacia dissuasiva dell’ammenda. Gli orientamenti, benché non prevedano che l’importo delle ammende sia calcolato in funzione del giro d’affari globale o del giro d’affari pertinente, non ostano a che tali giri d’affari vengano presi in considerazione all’atto della fissazione dell’importo dell’ammenda al fine di rispettare i principi generali del diritto comunitario e qualora le circostanze lo esigano.

Da ciò consegue che, se non può negarsi che il giro d’affari inerente ai prodotti considerati può costituire una base appropriata ai fini della valutazione dei danni alla concorrenza sul mercato dei prodotti di cui trattasi in seno allo Spazio economico europeo, resta ciò nondimeno che tale elemento non costituisce l’unico criterio sulla base del quale la Commissione deve valutare la gravità dell’infrazione.

(v. punti 316‑318)