Language of document : ECLI:EU:T:2007:372

ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

11 dicembre 2007 (*)

«Fondo sociale europeo (FSE) – Riduzione del contributo comunitario inizialmente concesso – Ricorso di annullamento – Ente regionale o locale – Assenza d’incidenza diretta – Irricevibilità»

Nella causa T‑156/06,

Regione Siciliana, rappresentata dall’avv. P. Gentili, avvocato dello Stato,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. L. Flynn, dalla sig.ra M. Velardo e dal sig. A. Weimar, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. G. Faedo,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda d’annullamento della decisione della Commissione 23 marzo 2006, C (2006) 1171, relativa alla riduzione di un contributo del Fondo sociale europeo (FSE) per un programma operativo nella regione Sicilia che si integra nel quadro comunitario di sostegno per gli interventi strutturali dell’obiettivo n. 1 in Italia per il periodo dal 1994 al 1999,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Terza Sezione),

composto, all’atto della deliberazione, dal sig. M. Jaeger, presidente, e dai sigg. O. Czúcz e T. Tchipev, giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon

ha emesso la seguente

Ordinanza

 Contesto normativo

1        L’art. 147, n. 1, CE affida alla Commissione l’amministrazione del Fondo sociale europeo (FSE), istituito ai sensi dell’art. 146 CE.

2        La disciplina del FSE per il periodo di programmazione 1994‑1999, rilevante nel caso di specie, era costituita segnatamente dal regolamento (CEE) del Consiglio 24 giugno 1988, n. 2052, relativo alle missioni dei Fondi a finalità strutturali, alla loro efficacia e al coordinamento dei loro interventi e di quelli della Banca europea per gli investimenti [e] degli altri strumenti finanziari esistenti (GU L 185, pag. 9), modificato in particolare dal regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2081 (GU L 193, pag. 5), e dal regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1988, n. 4253, recante disposizioni di applicazione del regolamento (CEE) n. 2052/88 per quanto riguarda il coordinamento tra gli interventi dei vari Fondi strutturali, da un lato, e tra tali interventi e quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti, dall’altro (GU L 374, pag. 1), modificato, in particolare, dal regolamento del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2082 (GU L 193, pag. 20).

3        Ai sensi dell’art. 1 del regolamento n. 2052/88, l’azione condotta dalla Comunità attraverso i Fondi strutturali era volta, in particolare, a promuovere lo sviluppo e l’adeguamento strutturale delle regioni il cui sviluppo è in ritardo (obiettivo n. 1).

4        Nell’ambito di tale obiettivo n. 1, il FSE ha la missione di contribuire, prioritariamente, alla lotta contro la disoccupazione mediante azioni volte, segnatamente, a facilitare l’accesso al mercato del lavoro, a promuovere la parità di opportunità sul mercato del lavoro, a sviluppare le competenze, le attitudini e le qualifiche professionali e a favorire la creazione di posti di lavoro (art. 3, n. 2, del regolamento n. 2052/88, come modificato).

5        Quanto alla metodologia degli interventi strutturali, essa era fondata sui principi di sussidiarietà e complementarità. Infatti, ai sensi del sesto ‘considerando’ del regolamento n. 2082/93, che ha modificato il regolamento n. 4253/88, «in virtù del principio di sussidiarietà, e fatte salve le competenze della Commissione cui spetta in particolare gestire le risorse finanziarie della Comunità, la responsabilità di applicare le forme d’intervento (…) deve incombere principalmente agli Stati membri al livello territoriale adeguato secondo la specificità di ciascuno Stato membro». Inoltre, ai sensi dell’art. 4, n. 1, del regolamento n. 2052/88, come modificato, l’azione comunitaria è complementare alle azioni nazionali corrispondenti o vi contribuisce. Essa risulta da una stretta concertazione tra la Commissione, lo Stato membro interessato e le autorità competenti designate da quest’ultimo a livello nazionale, regionale, locale o altro, che agiscono in qualità di partner che perseguono un obiettivo comune.

6        Per quanto riguarda le forme possibili di intervento finanziario dei fondi strutturali, l’art. 5, nn. 2, lett. a), e 5, del regolamento n. 2052/88, come modificato, prevedeva il cofinanziamento di programmi operativi, cioè un insieme organico di azioni pluriennali intraprese su iniziativa degli Stati membri o della Commissione, di concerto con lo Stato membro interessato. In forza dell’art. 9, n. 1, del regolamento n. 4253/88, come modificato, rubricato «Addizionalità», le risorse dei Fondi strutturali non potevano sostituire le spese pubbliche o assimilabili dello Stato membro nell’insieme dei territori interessati da un obiettivo.

7        Quanto al controllo finanziario dei citati interventi finanziari, l’art. 23, n. 1, del regolamento n. 4253/88, come modificato, stabiliva che, al fine di garantire il successo delle azioni svolte da promotori pubblici o privati, gli Stati membri adottassero le misure necessarie, segnatamente, per recuperare i fondi persi a causa di un abuso o di una negligenza. Tranne nel caso in cui lo Stato membro e/o l’intermediario e/o il promotore apportassero la prova che l’abuso o la negligenza non era loro imputabile, lo Stato membro era sussidiariamente responsabile per il rimborso delle somme indebitamente versate.

8        L’art. 24 del regolamento n. 4253/88, come modificato, rubricato «Riduzione, sospensione o soppressione del contributo», disponeva quanto segue:

«1.      Se la realizzazione di un’azione o di una misura sembra non giustificare né in parte né totalmente il contributo finanziario assegnato, la Commissione procede ad un esame appropriato del caso nel quadro della partnership, chiedendo in particolare allo Stato membro o alle autorità da esso designate per l’attuazione dell’azione di presentare le loro osservazioni entro una scadenza determinata.

2.      In seguito a questo esame la Commissione può ridurre o sospendere il contributo per l’azione o la misura in questione, se l’esame conferma l’esistenza di un’irregolarità (…).

3.      Qualsiasi somma che dia luogo a ripetizione di indebito deve essere restituita alla Commissione (…)».

 Fatti all’origine della controversia

9        Con decisione 28 settembre 1995, C (95) 2194, successivamente modificata con decisione 26 gennaio 2001, C (2000) 2862, la Commissione ha approvato, in applicazione dei regolamenti nn. 2052/88 e 4253/88, il programma operativo per la Regione Sicilia, che si inseriva nel quadro comunitario di sostegno per gli interventi strutturali dell’obiettivo n. 1 in Italia e che, relativamente alle misure cofinanziate dal FSE, riguardava il periodo 1° gennaio 1994 – 31 dicembre 1999. La ricorrente è stata designata come autorità responsabile dell’attuazione di tale programma, che era destinato all’organizzazione di corsi di formazione professionale e prevedeva un cofinanziamento comunitario a carico del FSE per un importo di EUR 420 910 000. A questo titolo sono stati corrisposti anticipi per complessivi EUR 381 232 121. La differenza, cioè un importo di EUR 39 677 879, rimaneva dunque da pagare.

10      Il 31 marzo 2003 la Repubblica italiana ha presentato alla Commissione una domanda di pagamento del saldo.

11      Tale domanda ha dato origine ad uno scambio di lettere e a svariate riunioni tra il governo italiano (Ministero del Lavoro), la ricorrente e i competenti uffici della Commissione; le discussioni hanno riguardato il problema di determinare se, tenuto conto di eventuali errori ed irregolarità commessi dalla ricorrente, tutti gli importi dichiarati nell’ambito del programma operativo in questione potessero essere considerati ammissibili al cofinanziamento comunitario.

12      In tale contesto, il 1° dicembre 2004 la Commissione ha inviato alla ricorrente e al governo italiano (Ministero del Lavoro) una lettera contenente le sue valutazioni preliminari sull’ammissibilità degli importi dichiarati, chiedendo alle autorità italiane di formulare osservazioni in merito, conformemente agli artt. 23 e 24 del regolamento n. 4253/88.

13      In seguito ad un nuovo scambio di lettere ed a nuove riunioni, con nota del 19 ottobre 2005 la Commissione ha prorogato sino al 31 dicembre 2005 il termine per la presentazione delle osservazioni in merito alla sua lettera del 1° dicembre 2004.

14      Il 29 dicembre 2005 la ricorrente ha inviato al Ministero del Lavoro nonché, per conoscenza, alla Commissione, una nota con cui informava i destinatari che, sulla base dei rilievi mossi dalla Commissione nella citata lettera del 1° dicembre 2004, aveva predisposto una nuova domanda di pagamento del saldo, precisando l’importo per ognuno degli anni 1994‑1999.

15      In tale contesto, il 23 marzo 2006 la Commissione ha adottato la decisione C (2006) 1171, relativa alla riduzione di un contributo del FSE per un programma operativo nella regione Sicilia che si integra nel quadro comunitario di sostegno per gli interventi strutturali dell’obiettivo n. 1 in Italia per il periodo dal 1994 al 1999 (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

16      Nella decisione impugnata la Commissione ha osservato che, viste le irregolarità rilevate, le spese considerate ammissibili ammontavano a EUR 304 965 796, invece che a EUR 420 910 000, somma concessa inizialmente, e che occorreva quindi ridurre il contributo del FSE di un importo di EUR 115 944 204.

17      Di conseguenza la Commissione ha deciso, in primo luogo, di non versare il saldo (per un importo di EUR 39 677 879) e, in secondo luogo, di chiedere il rimborso della somma di EUR 76 266 325, corrispondente alla differenza tra gli anticipi di EUR 381 232 121 già erogati ed il contributo del FSE alle spese ammissibili accettate, pari a EUR 304 965 796.

18      Il dispositivo della decisione impugnata è del seguente tenore:

«Articolo 1

Il contributo comunitario, assegnato nell’ambito della decisione C (95) 2194 del 28 settembre 1995, è ridotto di EUR 115 944 204.

Articolo 2

L’importo pari a EUR 76 266 325, versato dalla Commissione europea nell’ambito del presente programma operativo, è stato indebitamente percepito e deve essere restituito. Le modalità di restituzione saranno precisate nella nota d’addebito che sarà indirizzata alle autorità nazionali dall’ordinatore competente in esecuzione della presente decisione.

Articolo 3

La Repubblica italiana adotterà le misure appropriate per informare i beneficiari finali interessati dalla presente decisione e dai suoi effetti.

Articolo 4

La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione».

19      La decisione impugnata è stata notificata alla Repubblica italiana il 24 marzo 2006 per il tramite della sua rappresentanza permanente presso l’Unione europea.

20      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 5 giugno 2006, la Repubblica italiana ha proposto un ricorso per l’annullamento della decisione impugnata (causa T‑154/06).

 Procedimento e conclusioni delle parti

21      La ricorrente ha proposto il presente ricorso con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 5 giugno 2006.

22      A sostegno della domanda, la ricorrente deduce cinque motivi di annullamento, che sono sostanzialmente identici a quelli dedotti dalla Repubblica italiana nell’ambito della causa T‑154/06.

23      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

24      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile o infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

25      Ai sensi dell’art. 113 del regolamento di procedura, sentite le parti, il Tribunale può in qualsiasi momento, anche d’ufficio, esaminare i motivi di irricevibilità di ordine pubblico e pronunciarsi a tal fine alle condizioni previste dall’art. 114, nn. 3 e 4, del suddetto regolamento.

26      Ai sensi dell’art. 114, n. 3, del regolamento di procedura, salvo contraria decisione del Tribunale, il procedimento procede oralmente.

27      Nella fattispecie, il Tribunale si ritiene sufficientemente edotto dagli atti di causa per quanto attiene alla ricevibilità del ricorso, e decide pertanto che non occorre sentire i chiarimenti orali delle parti in merito. Non occorre neppure accogliere la domanda della ricorrente volta all’apertura della fase orale del procedimento, a motivo della rilevanza economica della causa e delle questioni di principio sollevate, dato che tale domanda verte unicamente sul merito della controversia.

 Argomenti delle parti

28      La Commissione non contesta che la decisione impugnata riguardi individualmente la ricorrente. Per contro, essa ritiene che la stessa non la riguardi direttamente, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, e che il presente ricorso sia pertanto irricevibile per quest’unico motivo.

29      Richiamandosi alla sentenza della Corte 2 maggio 2006, causa C‑417/04 P, Regione Siciliana/Commissione (Racc. pag. I‑3881, punti 30 e 32), nonché alle ordinanze del Tribunale 6 giugno 2002, causa T‑105/01, SLIM Sicilia/Commissione (Racc. pag. II‑2697, punti 47 e 51), e 8 luglio 2004, causa T‑341/02, Regione Siciliana/Commissione (Racc. pag. II‑2877, punti 55 e segg.), la Commissione ritiene che il fatto che la ricorrente sia stata individuata dalla decisione di concessione quale autorità responsabile della realizzazione del programma in esame non implica che la ricorrente sia essa medesima titolare del diritto al contributo FSE ridotto dalla decisione impugnata. Secondo la Commissione la decisione impugnata non ha avuto l’effetto di privare direttamente la ricorrente del versamento delle somme non ancora erogate dal FSE per il contributo controverso né di imporle direttamente la restituzione delle somme indebitamente versate.

30      La ricorrente, da parte sua, ricorda che la Repubblica italiana l’aveva designata quale autorità responsabile per l’attuazione del programma cofinanziato dal FSE. Ora, una riduzione dell’importo globale del cofinanziamento di circa EUR 116 milioni costituirebbe un ostacolo alla piena attuazione del programma – avente per oggetto almeno 3033 corsi di formazione professionale, con l’obiettivo di ridurre o prevenire la disoccupazione nel territorio della Regione Sicilia –, in quanto tale riduzione dell’importo del contributo imporrebbe di modificare radicalmente le modalità e i tempi di detta attuazione.

31      La ricorrente ritiene pertanto che il pregiudizio all’attuazione del programma, cioè all’azione amministrativa necessaria per portare a compimento il complesso delle attività inerenti al coordinamento e al controllo dei 3033 corsi di formazione professionale, la riguarda direttamente nella sua specifica qualità, rilevante e riconosciuta in particolare a livello comunitario, di autorità designata per l’attuazione del programma. Secondo la ricorrente, l’effetto diretto imposto dall’art. 230, quarto comma, CE può essere di natura funzionale o amministrativa. Ciò si verifica qualora un ente amministrativo nazionale si trovi impossibilitato ad agire per dare attuazione ad un programma cofinanziato dalla Comunità.

32      La ricorrente aggiunge che la sentenza Regione Siciliana/Commissione, punto 29 supra, è irrilevante per dirimere la presente controversia. Infatti quella sentenza si riferirebbe alla riduzione di un contributo finanziario del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per la costruzione di un’autostrada tra Palermo e Messina. Si tratterebbe, cioè, di un contributo diretto in modo puntuale ed esclusivo a sostenere i costi di realizzazione di una specifica opera pubblica, ragion per cui lo Stato era in grado di sostituirsi alla Regione interessata nel finanziare l’opera, una volta venuto meno il contributo comunitario. Il finanziamento da parte dello Stato della realizzazione di un’opera pubblica in tale causa non avrebbe infatti costituito sotto nessun aspetto un aiuto di Stato.

33      Ora, del tutto diverso sarebbe il caso di specie, che riguarda il finanziamento di corsi di formazione professionale che non vengono erogati direttamente dallo Stato o dalla ricorrente, bensì da imprese private operanti nel settore della formazione professionale, le quali ottengono, nell’ambito del programma operativo controverso, vere e proprie sovvenzioni pubbliche. Le imprese ammissibili al contributo operano, infatti, nel mercato della formazione professionale, in concorrenza con altre imprese, che non possono beneficiare dei contributi. Al di fuori del programma controverso non sarebbe quindi in linea di principio consentito agli Stati membri di erogare autonomamente finanziamenti pubblici ad imprese operanti in tale mercato. La perdita del finanziamento comunitario nella misura disposta dalla decisione impugnata comprometterebbe quindi definitivamente la possibilità di attuare il programma controverso, poiché non sarebbe consentito, al di fuori della «partnership» comunitaria, utilizzare risorse interne. Evidente sarebbe allora come la ricorrente sia direttamente colpita dalla decisione comunitaria, nella sua qualità di soggetto responsabile dell’attuazione del programma.

34      Inoltre nella presente controversia, a differenza che in quella decisa con la sentenza Regione Siciliana/Commissione, punto 29 supra, la Repubblica italiana non disporrebbe di alcun potere discrezionale di sostituirsi alla Comunità per finanziare il programma guidato dalla ricorrente, da un lato prendendo a proprio carico il rimborso al FSE delle somme da recuperare e, dall’altro, versando a quest’ultima le somme revocate. Infatti, il settore dell’insegnamento e della formazione professionale rientrerebbe, ai sensi dell’art. 117, nn. 3 e 4, della Costituzione italiana, nella competenza esclusiva delle Regioni. Di conseguenza, un intervento dello Stato per finanziare, anche in forma di presa in carico da parte dello Stato dei contributi comunitari revocati, attività di formazione professionale specifiche rientranti, in quanto tali, nella competenza regionale, costituirebbe un’ingerenza dello Stato nella competenza esclusiva regionale, vietata dall’art. 117 della Costituzione.

35      La ricorrente ne conclude che la decisione impugnata produce un effetto diretto di natura prettamente economica nel suo campo di intervento in qualità di Regione. Infatti, se la decisione impugnata divenisse definitiva la ricorrente non potrebbe contare su alcun contributo dello Stato al fine di sostituire il contributo comunitario revocato. Anche applicando al presente caso i principi enunciati nella sentenza Regione Siciliana/Commissione, punto 29 supra, l’incidenza diretta sulla ricorrente non potrebbe essere posta in dubbio, dal momento che lo Stato non ha alcun potere discrezionale, ma deve procedere al recupero del contributo indebitamente versato senza poter compensare il contributo revocato.

 Giudizio del Tribunale

36      Sulla base dell’art. 230, quarto comma, CE, un ente regionale o locale può, qualora goda, come la ricorrente, della personalità giuridica ai sensi del diritto nazionale, proporre un ricorso contro le decisioni prese nei suoi confronti e contro le decisioni che, pur apparendo come un regolamento o una decisione presa nei confronti di altri soggetti, lo riguardano direttamente e individualmente (sentenze della Corte 22 novembre 2001, causa C‑452/98, Nederlandse Antillen/Consiglio, Racc. pag. I‑8973, punto 51; 10 aprile 2003, causa C‑142/00 P, Commissione/Nederlandse Antillen, Racc. pag. I‑3483, punto 59, e Regione Siciliana/Commissione, punto 29 supra, punto 24).

37      Nella fattispecie, la decisione impugnata è stata notificata dalla Commissione alla Repubblica italiana (v. punto 19 supra), la quale, ai sensi dell’art. 4 della decisione stessa, ne è la destinataria.

38      È dunque necessario verificare se la ricorrente, che non può essere considerata destinataria della decisione impugnata ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, possa proporre un ricorso di annullamento contro detta decisione in quanto direttamente e individualmente interessata dalla stessa.

39      Per quanto riguarda l’incidenza diretta, secondo una costante giurisprudenza tale condizione richiede in primo luogo che il provvedimento comunitario contestato produca direttamente effetti sulla situazione giuridica del singolo e, in secondo luogo, che esso non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari del provvedimento stesso incaricati della sua applicazione, la quale deve avere carattere meramente automatico e derivare dalla sola normativa comunitaria, senza intervento di altre norme intermedie (sentenze della Corte Regione Siciliana/Commissione, punto 29 supra, punto 28, e 22 marzo 2007, causa C‑15/06 P, Regione Siciliana/Commissione, Racc. pag. I‑2591, punto 31; ordinanze Regione Siciliana/Commissione, punto 29 supra, punto 53, e SLIM Sicilia/Commissione, punto 29 supra, punto 45).

40      La seconda condizione indicata al punto precedente, relativa all’assenza di potere discrezionale dello Stato membro interessato, è altresì soddisfatta qualora la possibilità di quest’ultimo di non dare seguito all’atto comunitario sia puramente teorica, in quanto la sua volontà di trarre conseguenze conformi a quest’ultimo sia fuori dubbio (sentenze della Corte 17 gennaio 1985, causa 11/82, Piraiki-Patraiki e a./Commissione, Racc. pag. 207, punti 8‑10, e 5 maggio 1998, causa C‑386/96 P, Dreyfus/Commissione, Racc. pag. I‑2309, punto 44).

41      Nella fattispecie, la decisione impugnata potrebbe essere considerata come direttamente produttiva di effetti sulla situazione giuridica della ricorrente soltanto qualora, per effetto di tale decisione e senza che la Repubblica italiana abbia avuto un potere discrezionale in materia, la ricorrente, da un lato, fosse stata privata del versamento della somma revocata relativa alle spese dichiarate inammissibili e, dall’altro, fosse tenuta a restituire le somme indebitamente percepite (v., in tal senso, ordinanza Regione Siciliana/Commissione, punto 29 supra, punto 57).

42      Si deve in proposito ricordare che la decisione impugnata, innanzitutto, ha revocato l’intervento del FSE per un importo di EUR 115 944 204, pari alle spese dichiarate inammissibili, successivamente ha disposto la restituzione alla Commissione dell’importo indebitamente percepito di EUR 76 266 325 e, infine, ha invitato la Repubblica italiana ad informare i beneficiari finali interessati relativamente a tale decisione e ai suoi effetti.

43      Risulta, dunque, che la decisione impugnata non contiene alcun obbligo, per la Repubblica italiana, di procedere al recupero delle somme indebitamente percepite, né presso la ricorrente né, del resto, presso i beneficiari finali del contributo in esame. Né alcun obbligo in tal senso deriva da una qualsiasi disposizione del diritto comunitario in grado di disciplinare le conseguenze di tale decisione (v., in tal senso, ordinanza SLIM Sicilia/Commissione, punto 29 supra, punti 50 e 51).

44      L’obbligo imposto con la decisione impugnata alla Repubblica italiana di informare i beneficiari finali del contributo in esame non può, in tutta evidenza, essere assimilato ad un obbligo di effettuare il recupero delle somme indebitamente versate a questi ultimi. In ogni caso la ricorrente, in quanto Regione italiana, non rientra tra i beneficiari finali del citato contributo, essendo questi costituiti soltanto dalle imprese prestatrici di servizi nel settore della formazione professionale, indicate in una dichiarazione predisposta dalla ricorrente e comunicata alla Commissione.

45      Per quanto riguarda la revoca dell’impegno del FSE per un importo di EUR 115 944 204, si deve rilevare che la decisione impugnata non contiene alcun elemento che imporrebbe alla ricorrente di porre a proprio carico il finanziamento di detto importo nei confronti delle imprese che hanno sostenuto le spese divenute inammissibili, o alla Repubblica italiana di chiedere alla ricorrente di assumersi tale onere.

46      Nulla impedisce, nella fattispecie, che la Repubblica italiana, unica destinataria della decisione impugnata, decida di compensare la perdita del finanziamento comunitario finanziando direttamente i progetti di formazione in esame, dal momento che, ai sensi dell’art. 4, n. 1, del regolamento n. 2052/88, come modificato, il contributo del FSE era concepito come un’integrazione delle azioni nazionali corrispondenti o come un contributo alle stesse, e che l’art. 9 del regolamento n. 4253/88, come modificato, precisava che i contributi comunitari non potevano, conformemente al principio di complementarità, sostituirsi alle spese pubbliche dello Stato membro (v., in tal senso, ordinanza Regione Siciliana/Commissione, punto 29 supra, punto 65).

47      In tale situazione, il rilievo finanziario della decisione impugnata sulla situazione della ricorrente sarebbe la conseguenza diretta non della decisione stessa, bensì dell’azione eventualmente intrapresa a tal fine dalla Repubblica italiana sulla base della normativa nazionale (v., in tal senso, ordinanza Regione Siciliana/Commissione, punto 29 supra, punto 70 e giurisprudenza ivi citata). A tale proposito si deve ricordare che, in base al sistema istituzionale della Comunità e alle norme che disciplinano i rapporti fra la Comunità e gli Stati membri, spetta a questi ultimi, in mancanza di una contraria disposizione di diritto comunitario, garantire sul loro territorio l’attuazione della normativa comunitaria (sentenza della Corte 7 luglio 1987, cause riunite 89/86 e 91/86, Étoile commerciale e CNTA/Commissione, Racc. pag. 3005, punto 11).

48      Per ciò che più particolarmente riguarda le azioni di finanziamento intraprese nell’ambito del FSE, spetta agli Stati membri, ai sensi dell’art. 23, n. 1, del regolamento n. 4253/88, come modificato, adottare le misure necessarie per recuperare le somme perse a causa di un abuso o di una negligenza. Quest’ultima disposizione sancisce il principio di sussidiarietà (v. supra, punto 5), in base al quale, per quanto attiene all’utilizzazione di fondi provenienti dal FSE, fatte salve le competenze della Commissione, in particolare in quanto responsabile della gestione delle risorse finanziarie della Comunità, l’attuazione delle forme di intervento deve incombere principalmente agli Stati membri al livello territoriale adeguato, secondo la specificità di ciascuno Stato membro (v., in tal senso, ordinanza Regione Siciliana/Commissione, punto 29 supra, punti 59 e 60).

49      In tale sistema spetta quindi agli Stati membri, secondo la giurisprudenza della Corte, dare attuazione alla normativa comunitaria e adottare, riguardo agli operatori economici interessati, le decisioni individuali necessarie. Per tale applicazione, gli Stati membri agiscono secondo le regole e le modalità del loro diritto nazionale, entro i limiti sanciti dal diritto comunitario (sentenza Étoile commerciale e CNTA/Commissione, punto 47 supra, punto 12).

50      Orbene, si deve osservare che dagli atti di causa non risulta che la Repubblica italiana abbia espresso, nell’ambito dei propri rapporti con la ricorrente, l’intendimento di ripercuotere sulla ricorrente medesima le conseguenze finanziarie della decisione impugnata, che ha ridotto il contributo comunitario in esame. In particolare, la ricorrente non ha fornito alcun elemento idoneo a dimostrare che il finanziamento del progetto a concorrenza del contributo in questione sarebbe subordinato alla condizione che esso venga posto a carico, in definitiva, del FSE, circostanza che rende ancor più indiretta l’incidenza della decisione impugnata sull’eventuale recupero del detto contributo.

51      In ogni caso, anche se così fosse, tale circostanza non sarebbe sufficiente per dimostrare l’incidenza diretta ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, dal momento che, in una siffatta ipotesi, il recupero non sarebbe la conseguenza della decisione impugnata, ma il risultato di un provvedimento interno adottato autonomamente dalle competenti autorità nazionali (sentenza Étoile commerciale e CNTA/Commissione, punto 47 supra, punto 13, e ordinanza Regione Siciliana/Commissione, punto 29 supra, punto 76).

52      Inoltre, anche se la Repubblica italiana dovesse decidere di ripercuotere a valle le conseguenze finanziarie della decisione impugnata, essa disporrebbe di un certo potere discrezionale quanto al soggetto nei confronti del quale procedere alla ripercussione. In particolare, non risulta minimamente dimostrato che essa procederebbe necessariamente nei confronti della ricorrente, e non dei beneficiari finali. Infatti, essa dovrebbe valutare se occorra trasferire, sulla base del diritto nazionale e con azione soggetta a sindacato da parte dei giudici nazionali, le conseguenze finanziarie della decisione impugnata sulla ricorrente o sui beneficiari finali, adottando a tal fine i necessari provvedimenti nazionali individuali.

53      Occorre infine evidenziare che la Corte ha chiaramente affermato, in sede di impugnazione (sentenze 2 maggio 2006, Regione Siciliana/Commissione, punto 29 supra, punti 29‑32, e 22 marzo 2007, Regione Siciliana/Commissione, punto 39 supra, punti 32‑37), che un ente sub-statale, in questo caso la Regione Siciliana, non era direttamente interessato dalla decisione della Commissione che ha imposto allo Stato membro destinatario la restituzione delle somme indebitamente percepite da tale ente. In mancanza di qualunque elemento in grado, per quanto riguarda la condizione dell’incidenza diretta, di differenziare in modo significativo la presente causa da quelle decise con le sentenze citate, si deve concludere che la valutazione compiuta in proposito dalla Corte in tali sentenze è interamente applicabile al caso di specie.

54      Ne consegue che la decisione impugnata non ha prodotto un effetto diretto sulla situazione giuridica della ricorrente.

55      Nessuno degli argomenti invocati dalla ricorrente nei propri atti è in grado di modificare tale conclusione.

56      In primo luogo la ricorrente sostiene che la decisione impugnata la riguarda direttamente, in quanto autorità responsabile della realizzazione del programma operativo controverso, dal momento che la obbliga a modificare radicalmente le modalità di coordinamento e di controllo, oltre che i termini per l’attuazione funzionale e amministrativa del programma (v. punti 30 e 31 supra).

57      È in proposito sufficiente ricordare che il periodo di programmazione qui rilevante si estendeva dal 1994 al 1999. Di conseguenza, come giustamente ha evidenziato la Commissione, le azioni di formazione professionale oggetto del programma operativo in questione erano ben precedenti alla data di adozione della decisione impugnata. Così, per definizione, l’adozione della decisione impugnata non ha potuto interferire con l’esecuzione del programma controverso. In ogni caso, come ha affermato la Corte nella sua sentenza 2 maggio 2006, Regione Siciliana/Commissione, punto 29 supra (punto 30), la qualità di autorità responsabile per la realizzazione del progetto non implica, in quanto tale, che detta autorità sia a sua volta titolare del diritto al contributo. Tale qualità della ricorrente non implica, dunque, che la decisione impugnata la interessi direttamente.

58      In secondo luogo la ricorrente sostiene che, contrariamente al caso del contributo del FESR oggetto della sentenza della Corte 2 maggio 2006, Regione Siciliana/Commissione (punto 29 supra), la Repubblica italiana non ha, in questo caso, altra possibilità, per dare esecuzione alla decisione impugnata, che procedere al recupero del contributo indebitamente versato dal FSE. Infatti, in materia di formazione professionale si sarebbe in presenza di finanziamenti pubblici concessi ad imprese private che si trovano in una situazione di concorrenza con altre imprese. Nel caso in cui la Repubblica italiana decidesse di finanziare spese divenute inammissibili, tali imprese beneficerebbero di aiuti di Stato vietati ai sensi dell’art. 87 CE. La Repubblica italiana non potrebbe dunque finanziare direttamente le spese in questione (v. punti 32 e 33 supra).

59      Questa tesi non può essere accolta.

60      Se è vero infatti che gli aiuti di Stato sono in linea di principio vietati dal diritto comunitario, a causa dell’effetto distorsivo che essi hanno sulla concorrenza, il finanziamento dei progetti oggetto di contributo del FSE, come, nella fattispecie, l’azione di formazione professionale in Sicilia, è legittimo. Le norme comunitarie relative ai contributi non riguardano la legittimità del finanziamento dei progetti interessati dai contributi stessi, ma soltanto la ripartizione dei costi di tale finanziamento tra, da un lato, i Fondi strutturali comunitari e, dall’altro, gli Stati membri, laddove soltanto le spese definite come ammissibili possono beneficiare di un finanziamento comunitario.

61      È proprio a causa di tale differenza fondamentale che, contrariamente a quanto avviene con il FSE, la Commissione prevede, nelle sue decisioni indirizzate agli Stati membri che accertano l’illegittimità di aiuti di Stato, l’obbligo, per tali Stati, di procedere al recupero degli aiuti illegittimi presso i beneficiari. La soppressione di un aiuto di Stato illegittimo mediante recupero è infatti la logica conseguenza dell’accertamento dell’illegittimità, essendo il recupero necessario per eliminare la distorsione della concorrenza introdotta dagli aiuti in questione e ristabilire la situazione precedente (sentenza della Corte 17 luglio 1999, causa C‑75/97, Belgio/Commissione, Racc. pag. I‑3671, punto 64). Ebbene, tale necessità non sussiste nel caso di contributi concessi dal FSE. Infatti, quando la Commissione adotta una decisione che ordina il rimborso di un contributo concesso sulla base di un Fondo strutturale, la stessa non accerta l’illegittimità del finanziamento del progetto interessato, ma si limita a constatare che tale progetto non è più, in tutto o in parte, ammissibile al finanziamento comunitario mediante i Fondi strutturali. Una simile decisione ha pertanto solo l’effetto di modificare la ripartizione dell’onere del finanziamento tra la Commissione e lo Stato membro interessato. Nulla impedisce pertanto che tale Stato membro finanzi esso stesso, con i propri fondi, l’insieme del progetto interessato. Si deve in proposito osservare, del resto, che una decisione di chiusura come quella qui impugnata non riguarda la parte di finanziamento di competenza dello Stato membro.

62      In tale prospettiva la decisione impugnata non si pronuncia, ai sensi del regime comunitario degli aiuti di Stato, sulla compatibilità con tale regime di un’eventuale presa in carico, da parte della Repubblica italiana, delle spese divenute inammissibili al concorso del FSE. L’eventuale divieto di tale presa in carico non deriva dunque in alcun modo dalla decisione impugnata ma, eventualmente, da una futura decisione della Commissione in materia di aiuti di Stato. Peraltro la ricorrente non sostiene, e men che meno ha dimostrato, che un tale divieto sarebbe la conseguenza diretta della decisione di approvazione del programma operativo controverso o di un’altra decisione che la Commissione avrebbe preso nell’ambito dell’attuazione del programma stesso.

63      Inoltre, come giustamente ha osservato la Commissione, anche ammettendo che tale presa in carico da parte della Repubblica italiana delle spese inammissibili costituisca un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87 CE, nulla permette di ritenere che lo stesso sarebbe necessariamente incompatibile con il mercato comune. La ricorrente non ha, infatti, dimostrato che tale aiuto interesserebbe gli scambi tra Stati membri o che non sarebbe fatto salvo dalla comunicazione della Commissione 96/C 68/06, relativa agli aiuti de minimis (GU 1996, C 68, pag. 9), ai sensi della quale gli aiuti di importo inferiore a una determinata soglia, i quali apporterebbero, pertanto, una distorsione della concorrenza irrilevante, sono sottratti al divieto di cui all’art. 87, n. 1, CE.

64      In ogni caso, anche se il finanziamento mediante risorse statali delle spese divenute inammissibili fosse qualificato quale aiuto di Stato incompatibile, la diretta incidenza sulla ricorrente rimarrebbe da dimostrare. In tal caso, infatti, i provvedimenti di recupero adottati per ristabilire la situazione anteriore mediante la ripetizione dell’aiuto incompatibile illegittimamente concesso riguarderebbero soltanto i beneficiari finali dell’aiuto controverso, cioè le imprese private che hanno erogato i corsi di formazione professionale, e non la ricorrente, in qualità di Regione italiana responsabile per la realizzazione del progetto operativo in questione.

65      La ricorrente invoca infine l’art. 117 della Costituzione italiana, che vieterebbe allo Stato di prendere a proprio carico il rimborso al FSE delle somme revocate, essendo il finanziamento delle spese relative al settore dell’insegnamento e della formazione professionale competenza esclusiva delle Regioni (v. punto 34 supra).

66      È sufficiente in proposito constatare che la ricorrente si è semplicemente riferita a tale disposizione senza fornire spiegazioni circa la sua interpretazione e la sua applicazione nella pratica amministrativa e giurisdizionale italiana. Ebbene, simili precisazioni sarebbero state indispensabili, dal momento che, come giustamente ha rilevato la Commissione, se è vero che l’art. 117, quarto comma, della Costituzione italiana prevede la competenza esclusiva delle Regioni per dettare norme nel settore dell’insegnamento e della formazione professionale, lo stesso non disciplina la questione delle competenze amministrative e finanziarie. Inoltre, per quanto riguarda l’autonomia finanziaria delle Regioni, l’art. 119, quinto comma, della Costituzione italiana autorizza lo Stato a concedere a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni aiuti finanziari al fine, in particolare, di promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, nonché per rimuovere gli squilibri economici e sociali. La ricorrente non ha, dunque, dimostrato che la norma invocata effettivamente vietasse alla Repubblica italiana di garantire, a livello amministrativo, il finanziamento delle spese inammissibili in esame.

67      In ogni caso, l’argomento fondato sulla competenza esclusiva della ricorrente, essendo fondato sul solo diritto interno italiano, è privo di qualsiasi effetto sulla condizione dell’incidenza diretta sulla ricorrente (v., in tal senso, sentenza 22 marzo 2007, Regione Siciliana/Commissione, punto 39 supra, punto 35). Infatti, affinché incida direttamente su un singolo ricorrente occorre che il provvedimento comunitario contestato produca direttamente effetti sulla sua situazione giuridica e che la sua applicazione abbia carattere meramente automatico e derivante dalla sola normativa comunitaria (sentenza Dreyfus/Commissione, punto 40 supra, punto 43; sentenze del Tribunale 13 dicembre 2000, causa T‑69/99, DSTV/Commissione, Racc. pag. II‑4039, punto 24, e 22 novembre 2001, causa T‑9/98, Mitteldeutsche Erdöl-Raffinerie/Commissione, Racc. pag. II‑3367, punto 47).

68      Ebbene, l’argomento della ricorrente, fondato sulla sola Costituzione italiana, non è in grado di dimostrare che la decisione impugnata escluderebbe necessariamente ed automaticamente la possibilità di scegliere, da parte della Repubblica italiana, di assumere a proprio carico il finanziamento delle spese divenute inammissibili o di ripercuotere le conseguenze finanziarie della decisione impugnata non sulla ricorrente, ma sui beneficiari finali del contributo controverso.

69      Risulta da tutte le considerazioni svolte che la ricorrente non è direttamente interessata dalla decisione impugnata.

70      Di conseguenza, senza che sia necessario verificare se la ricorrente sia individualmente interessata dalla decisione impugnata, il presente ricorso deve essere dichiarato irricevibile.

 Sulle spese

71      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

così provvede:

1)      Il ricorso è irricevibile.

2)      La Regione Siciliana è condannata alle spese.

Lussemburgo, 11 dicembre 2007

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       M. Jaeger


* Lingua processuale: l’italiano.