Language of document : ECLI:EU:T:2015:948

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

9 dicembre 2015 (*)

«Aiuti di Stato – Settore minerario – Sovvenzione concessa dalle autorità greche alla società mineraria Ellinikos Chrysos – Contratto di cessione di un’attività estrattiva ad un prezzo inferiore al valore di mercato ed esenzione dalle tasse su tale operazione – Decisione che dichiara le misure di aiuto illegali e che ordina il recupero delle somme corrispondenti – Nozione di vantaggio – Criterio dell’investitore privato»

Nelle cause T‑233/11 e T‑262/11,

Repubblica ellenica, rappresentata da P. Mylonopoulos, V. Asimakopoulos, G. Kanellopoulos e A. Iosifidou, in qualità di agenti,

ricorrente nella causa T‑233/11,

Ellinikos Chrysos AE Metalleion kai Viomichanias Chrysou, con sede in Kifissia (Grecia), rappresentata inizialmente da K. Adamantopoulos, E. Petritsi, E. Trova e P. Skouris, successivamente da K. Adamantopoulos, E. Trova, P. Skouris e E. Roussou, avvocati,

ricorrente nella causa T‑262/11,

contro

Commissione europea, rappresentata da É. Gippini Fournier e D. Triantafyllou, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione 2011/452/UE della Commissione, del 23 febbraio 2011, riguardante l’aiuto di Stato C 48/08 (ex NN 61/08) al quale la Grecia ha dato esecuzione a favore dell’Ellinikos Chrysos AE (GU L 193, pag. 27),

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto da M. Prek, presidente, I. Labucka e V. Kreuschitz (relatore), giudici,

cancelliere: S. Spyropoulos, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 gennaio 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1.     Contesto fattuale

1        Le miniere di Cassandra (Grecia) sono situate nel distretto regionale della Calcidia (Grecia), che fa parte della regione della Macedonia centrale (Grecia), nel nord della penisola greca, e comprendono il sito minerario di Olimpiada (Grecia), ossia una miniera di piombo, di zinco e d’oro, il sito minerario di Stratoni (Grecia), ossia miniere di piombo e di zinco, e il sito minerario di Skuriés (Grecia), ossia un giacimento di rame e d’oro.

2        A seguito dell’annullamento da parte del Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato greco), il 6 dicembre 2002 (sentenza n. 3615/2002), dei permessi che autorizzavano il progetto di espansione in vigore per il sito minerario di Stratoni, a causa di vizi procedurali e, in particolare, a causa della mancata adozione di una decisione ministeriale congiunta dei cinque ministri competenti (Ministri dello Sviluppo, dell’Ambiente, dell’Agricoltura, della Cultura e della Salute), in tale sito minerario non è stata più svolta alcuna attività. Al fine di dare esecuzione a tale sentenza, il Ministero dello Sviluppo ha adottato due decisioni: la prima che vietava qualsiasi attività di estrazione mineraria a Stratoni e la seconda che disponeva l’adozione di misure supplementari di sicurezza.

3        Il 18 febbraio 2003 il Ministero dello Sviluppo ha concesso un nuovo permesso minerario per lo sfruttamento del sito minerario di Stratoni e ha annullato le sue precedenti ordinanze del 7 e del 29 gennaio 2003. Tuttavia, le attività sono rimaste sospese in tutte le miniere di Cassandra durante tutto il 2003.

4        Le miniere di Cassandra sono state possedute da una società greca dal 1927 fino alla loro vendita, avvenuta mediante gara, alla TVX Hellas AE, una società controllata dalla TVX Gold Inc., una società canadese che nel giugno del 2002 si era fusa in un gruppo canadese, la cui società madre è la Kinross Gold Corp. (in prosieguo: il «gruppo Kinross»).

5        In considerazione degli investimenti già effettuati e delle spese sostenute per il risanamento ambientale, come richiesto dalle decisioni amministrative e giudiziarie citate ai precedenti punti 2 e 3, la TVX Hellas ha subito perdite ingenti. Di conseguenza, il gruppo Kinross ha deciso di interrompere le attività della propria controllata nelle miniere di Cassandra dal gennaio 2003 e di abbandonare il mercato greco.

6        Per porre definitivamente fine alle proprie attività in Grecia, il gruppo Kinross ha intrapreso negoziati con lo Stato greco che hanno portato, il 12 dicembre 2003, a un accordo extragiudiziale, ratificato dall’articolo 51 della legge ellenica n. 3220/2004 (in prosieguo: l’«accordo extragiudiziale»).

7        Con l’accordo extragiudiziale, la Repubblica ellenica ha acquisito la proprietà degli attivi della TVX Hellas, quali descritti nella parte II di detto accordo, e ha pagato a quest’ultima un indennizzo pecuniario di undici milioni di euro.

8        In pari data, la Repubblica ellenica ha sottoscritto un contratto di vendita dei predetti attivi a favore dell’Ellinikos Chrysos AE Metalleion kai Viomichanias Chrysou (in prosieguo: l’«Ellinikos Chrysos»), una società costituita al fine di acquisire i suddetti attivi e il cui principale azionista era la European Goldfields Ltd., una società canadese specializzata nell’acquisizione, prospezione e sviluppo delle proprietà minerarie nei Balcani. Il predetto contratto è stato ratificato dall’articolo 52 della legge ellenica n. 3220/2004 (in prosieguo: il «contratto controverso»).

2.     Disposizioni contrattuali pertinenti

9        L’articolo 51 della legge ellenica n. 3220/2004 ratifica l’accordo extragiudiziale e precisa che le parti di detto accordo lo hanno accettato al fine di evitare anni di procedimento e di controversie, in sede arbitrale e giudiziaria, molto onerosi e dall’esito incerto. Detto accordo soddisfa, in maniera totale e integrale, le reciproche pretese sia dello Stato greco, sia della TVX Hellas e della TVX Gold in relazione a qualsiasi diritto o credito di una parte nei confronti dell’altra.

10      In forza dell’accordo extragiudiziale, lo Stato greco acquisisce tutti gli attivi della TVX Hellas e si impegna, da una parte, a versare a quest’ultima, a titolo di indennizzo pecuniario ragionevole, la somma di undici milioni di euro e, dall’altra, a tenere indenne detta società e i componenti dei suoi consigli di amministrazione da qualsiasi responsabilità amministrativa o penale o da qualunque obbligo per eventuali violazioni della normativa sulla protezione dell’ambiente in generale, che sono considerate prescritte. Inoltre, ai sensi del citato accordo, il trasferimento dei suddetti attivi si realizza mediante la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea della legge che ratifica tale accordo, senza necessità di trascrizione e di altre registrazioni, ai sensi delle pertinenti disposizioni.

11      L’articolo 52 della legge ellenica n. 3220/2004 ratifica il contratto controverso, con il quale lo Stato greco ha ceduto alla società Ellinikos Chrysos tutti gli attivi che gli erano stati trasferiti dalla TVX Hellas in forza dell’accordo extragiudiziale.

12      Ai sensi dell’articolo 1 del contratto controverso, lo Stato greco vende, cede e consegna all’Ellinikos Chrysos tutti gli attivi della TVX Hellas, «in quanto tali», che esso aveva acquisiti in forza dell’accordo extragiudiziale. Tale articolo elenca, quindi, tutti gli elementi del patrimonio e prevede, segnatamente, che «sono altresì cedute dallo Stato greco all’acquirente e sono valide, in suo nome e per suo conto, tutte le autorizzazioni in vigore, amministrative e di altro genere, e i permessi non annullati o sospesi da una decisione giudiziaria, come indicati nell’allegato IV del presente contratto».

13      L’articolo 1, paragrafo 3, del contratto controverso precisa che l’Ellinikos Chrysos «non assume alcuna responsabilità per danni all’ambiente o per danni a terzi verificatisi prima della pubblicazione che ratifica il presente contratto o le cui cause generatrici siano anteriori a tale pubblicazione».

14      Ai sensi dell’articolo 2 del contratto controverso, «[i]l prezzo di tutti gli attivi appartenuti alla TVX Hellas, che sono venduti in forza del presente accordo, è di undici milioni di euro» e «[t]ale prezzo deve essere versato – entro cinque giorni lavorativi dalla data di pubblicazione della legge di ratifica nella Gazzetta Ufficiale – direttamente alla TVX Hellas, a saldo del credito vantato da quest’ultima nei confronti dello Stato greco in forza dell’accordo extragiudiziale».

15      Oltre agli impegni assunti ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, del contratto controverso, l’articolo 3 di tale contratto, rubricato «Obblighi dell’acquirente e dello Stato greco», descrive gli impegni reciproci delle parti. Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di detto contratto, l’acquirente si impegna in particolare:

«a)      a porre in essere tutte le azioni e le procedure per la tutela dell’ambiente e per la preservazione (…) fino alla scadenza del termine – di cui all’articolo 3, paragrafo 3 – fissato per la concessione delle autorizzazioni e dei permessi necessari;

b)      a intraprendere, in ogni miniera o parte di essa in cui le autorizzazioni di sfruttamento e i permessi relativi ad essa non siano stati revocati o sospesi da una decisione giudiziaria, tutte le attività preparatorie che rendano possibile, entro un termine ragionevole non superiore a tre mesi, l’avviamento della loro produzione. Nell’ambito di detta riapertura delle miniere di Cassandra, l’acquirente assumerà il personale necessario, in quel momento dato, compresi gli ex lavoratori delle miniere di Cassandra (…)».

16      Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, del contratto controverso, l’acquirente si impegna, inoltre, a «redigere, entro un termine massimo di 24 mesi dalla data di pubblicazione della legge che ratifica il presente contratto, un progetto di investimento completo sullo sviluppo delle miniere di Cassandra nonché sulla costruzione e sul funzionamento dell’impianto di metallurgia d’oro, corredato da tutti gli studi previsti dalla normativa di riferimento, necessari per l’ottenimento di tutte le autorizzazioni e i permessi relativi ad esso».

17      In forza dell’articolo 3, paragrafo 3, del contratto controverso, lo Stato greco si impegna «[a] esaminare il progetto d’investimento, presentato, secondo quanto previsto nel precedente paragrafo, entro un termine di due mesi, e a rilasciare tutte le autorizzazioni necessarie e i permessi entro un termine massimo di dieci mesi».

18      L’articolo 3, paragrafo 4, del contratto controverso stabilisce che «[i]l progetto d’investimento, approvato dalle autorità competenti, è considerato un allegato al presente contratto e parte integrante di esso e vincolerà le parti nei termini della sua approvazione».

19      Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 5, del contratto controverso, l’acquirente si impegna a «realizzare il progetto di investimento approvato avviando l’attività di produzione entro i termini previsti dalle autorizzazioni amministrative e dai permessi che riceverà».

20      L’articolo 4 del contratto controverso, rubricato «Conseguenze della mancata esecuzione degli obblighi contrattuali delle parti», prevede che la mancata esecuzione degli obblighi contrattuali, ad opera di una qualsiasi delle parti contraenti, costituisce causa di risoluzione di detto contratto. In caso di risoluzione, l’acquirente è obbligato a restituire tutti gli attivi allo Stato greco e quest’ultimo deve rimborsare direttamente all’acquirente il prezzo versato, pari a undici milioni di euro, nonché un indennizzo ragionevole. La modifica unilaterale, da parte dello Stato greco, dei termini di detto contratto e del regime delle autorizzazioni e dei permessi del progetto di investimento, mediante l’adozione di disposizioni legislative o regolamentari, nonché mediante l’adozione di altre misure amministrative, di qualunque natura, costituisce una delle cause di risoluzione del contratto in esame.

21      Ai sensi dell’articolo 5 del contratto controverso, «nessun obbligo finanziario connesso al funzionamento delle miniere di Cassandra graverà sull’acquirente, nel caso in cui esso sia sorto prima della pubblicazione della legge che ratifica il presente contratto» e «[l]a cessione all’acquirente di tutti gli attivi appartenuti alla TVX Hellas, che sono stati acquisiti dallo Stato greco, è esente da qualsiasi imposta sui trasferimenti».

22      L’articolo 53 della legge ellenica n. 3220/2004 ratifica un altro contratto concluso il 22 dicembre 2003 tra la TVX Hellas, la TVX Gold, l’Ellinikos Chrysos e lo Stato greco e relativo alle modalità di pagamento del prezzo dell’operazione, quali fissate dall’articolo 2 del contratto controverso. L’articolo 4 di quest’ultimo contratto prevede che, nel caso in cui la ratifica per legge non sia effettuata entro il 31 gennaio 2004, lo Stato greco si impegna a rimborsare all’Ellinikos Chrysos la somma che quest’ultima deve versare a titolo di anticipo alla TVX Hellas ai sensi dell’articolo 1 dello stesso contratto.

23      Ai sensi dell’articolo 56 della legge ellenica n. 3220/2004, il contratto controverso entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica ellenica di detta legge. Quest’ultima è stata ivi pubblicata il 28 gennaio 2004. Il 30 gennaio 2004 l’Ellinikos Chrysos ha versato undici milioni di euro ed è stata esonerata da ogni obbligo di pagamento.

3.     Procedimento amministrativo

24      Il 9 luglio 2007 la Commissione delle Comunità europee ha ricevuto una denuncia secondo la quale la Repubblica ellenica aveva concesso, mediante il contratto controverso, due misure di aiuto di Stato a favore dell’Ellinikos Chrysos. Le autorità greche hanno presentato le loro osservazioni su tale denuncia con lettera del 5 novembre 2007. In seguito, la Commissione ha inviato richieste di informazioni supplementari, con lettere del 7 aprile e del 25 giugno 2008, alle quali le autorità greche hanno replicato con lettere rispettivamente del 13 maggio e del 30 luglio 2008.

25      Con decisione del 10 dicembre 2008, la Commissione ha avviato il procedimento formale di esame delle misure in questione, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, e ha invitato le parti interessate a presentare le loro osservazioni [decisione C (2008) 7853 definitivo (GU 2009, C 56, pag. 45; in prosieguo: la «decisione di avvio del procedimento»)].

26      L’Ellinikos Chrysos ha presentato le proprie osservazioni sulla decisione di avvio del procedimento il 10 aprile 2009. In risposta a una richiesta di ulteriori informazioni, l’Ellinikos Chrysos ha presentato osservazioni supplementari il 29 luglio 2009, il 15 gennaio 2010 e il 4 maggio 2010. Inoltre, il 26 giugno 2009 e il 24 giugno 2010 si sono tenute due riunioni tra la Commissione e l’Ellinikos Chrysos.

27      Altre tre parti interessate hanno presentato le proprie osservazioni, vale a dire la European Goldfields, le organizzazioni sindacali delle miniere di Cassandra e l’Osservatorio greco delle attività minerarie. Infine, il 4 gennaio 2011 l’Ellinikos Chrysos ha trasmesso alla Commissione un documento informale che esponeva le sue preoccupazioni riguardo alla valutazione e alla comprensione del contesto fattuale e al metodo di valutazione da essa adottato.

4.     Decisione impugnata

28      Il 23 febbraio 2011 la Commissione ha adottato la decisione 2011/452/UE, riguardante l’aiuto di Stato C 48/08 (ex NN 61/08) al quale la Grecia ha dato esecuzione a favore dell’Ellinikos Chrysos (GU L 193, pag. 27; in prosieguo: la «decisione impugnata»), dichiarando detto aiuto incompatibile con il mercato interno (articolo 1) e ordinando alla Repubblica ellenica il suo recupero (articoli 2 e 3).

29      Il dispositivo della decisione impugnata, in particolare, è così formulato:

«Articolo 1

L’aiuto di Stato dell’importo di 15,34 milioni di EUR, concesso illegalmente dalla [Repubblica ellenica] in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, [TFUE], a favore dell’Ellinikos Chrysos SA, (…) non è compatibile con il mercato interno.

Articolo 2

1.      La [Repubblica ellenica] recupera presso la beneficiaria l’aiuto di cui all’articolo 1.

2.      Gli importi da recuperare comprendono interessi con decorrenza dalla data alla quale essi sono stati messi a disposizione della beneficiaria fino alla data del loro effettivo recupero.

(…)

Articolo 3

1.      Il recupero dell’aiuto di cui all’articolo 1 è immediato ed effettivo.

2.      La [Repubblica ellenica] assicura l’esecuzione della presente decisione entro quattro mesi dalla data alla quale le è comunicata».

30      Detta decisione identifica le due misure di aiuto nei termini che seguono (punti da 15 a 18 della decisione impugnata):

«II.3      Misura n. 1: prezzo di vendita inferiore al valore di mercato

(15)      (…) [L]o Stato greco vendette le Miniere Cassandra all’Ellinikos Chrysos per 11 milioni di EUR, senza valutare gli attivi e senza bandire una gara pubblica. La vendita includeva:

a)      le miniere di Stratoni, Skuriés e Olimpiada, compresi i relativi diritti minerari;

b)      i terreni;

c)      le riserve di minerali;

d)      le immobilizzazioni (le attrezzature per l’estrazione e il trattamento, gli alloggi dei dipendenti e i fabbricati industriali).

Secondo le autorità greche, lo scopo di questa misura era trovare un proprietario disposto a sfruttare tali miniere e quindi salvaguardare l’occupazione e tutelare l’ambiente.

(…)

II.4      Misura n. 2: esenzione fiscale e riduzione delle spese legali

(…)

(18)      Nella presente decisione, la Commissione ha calcolato a 15,34 milioni di EUR l’importo totale delle misure di aiuto n. 1 e n. 2 (…)».

31      Per quanto riguarda la prima misura di aiuto e, segnatamente, il calcolo del valore delle miniere di Cassandra, la Commissione ha esaminato ciascuno dei tre diversi siti minerari che le costituiscono (Stratoni, Olimpiada e Skuriés) in ragione del valore di ciascuna miniera, basato sui fattori economici esistenti al momento della vendita e sulla capacità di ciascuna miniera di essere operativa. Per stimare tale valore, essa si è servita della relazione valutativa predisposta da una società di consulenza internazionale specializzata nel settore delle miniere, per conto della European Goldfields, nell’ambito del suo piano di aumento di capitale in detta società, che considera come data effettiva della valutazione il 30 giugno 2004 a mezzanotte (in prosieguo: la «relazione valutativa»). Tale relazione, in ragione del metodo basato sul reddito, ritenuto dalla Commissione applicabile alla valutazione in esame, assegnava alle tre miniere i seguenti valori netti: rispettivamente, i valori negativi di ‑28,79 milioni di dollari statunitensi (USD), ossia di EUR ‑23,7 milioni, per il sito minerario di Olimpiada e i valori positivi di USD 10,48 milioni, ossia di EUR 8,6 milioni, per il sito minerario di Stratoni e di USD 15,72 milioni, ossia di EUR 12,9 milioni, per il sito minerario di Skuriés. La somma di questi tre valori dà un valore negativo di EUR ‑2,59 milioni (punti da 68 a 74 della decisione impugnata).

32      Per quanto riguarda, in particolare, il valore del sito minerario di Olimpiada, la Commissione, ai punti 75 e 76 della decisione impugnata, ha tuttavia affermato quanto segue:

«(75)       (…) [A]ll’epoca della vendita il valore attuale netto della miniera di Olimpiada (allo stadio prossimo alla produzione) era in effetti negativo ma (…) tale valore significa che, all’epoca della vendita, i profitti da prevedere, ai prezzi registrati negli ultimi 11 anni, mettendo in funzione la miniera di Olimpiada sarebbero stati negativi. In base al prezzo dell’oro, nessun proprietario della miniera di Olimpiada avrebbe optato per metterla in funzione e avrebbe piuttosto cercato di evitare perdite, nella misura del possibile. Ne risulta che, se non avesse messo in funzione la miniera, l’acquirente avrebbe limitato le perdite a 5,5 milioni di EUR, ossia alle spese che doveva sostenere a norma del contratto per la salvaguardia dell’ambiente e per la preservazione del sito. Tuttavia, unicamente in base a quanto si è qui esposto nessuno potrebbe concludere che il valore della miniera di Olimpiada debba essere stimato a meno 5,5 milioni di EUR perché, in linea di principio, possedere una miniera conferisce un valore di opzione. Il proprietario può mettere in funzione la miniera quando le circostanze sono favorevoli (quando i prezzi dell’oro sono abbastanza alti) e può optare per non mettere in funzione la miniera quando le circostanze sono sfavorevoli (quando i prezzi dell’oro non sono abbastanza alti). In questo senso, l’Ellinikos Chrysos poteva decidere di acquistare la miniera di Olimpiada come parte del pacchetto delle Miniere Cassandra oppure prevedendo di essere in grado, in futuro, di effettuarvi gli investimenti necessari per riavviarne lo sfruttamento redditizio quando i prezzi aumentassero fino a livelli (considerevolmente) superiori rispetto a quelli del precedente periodo 1993-2003.

(76)            Tuttavia, è piuttosto complesso stimare in modo attendibile il suddetto valore di opzione. Ancora più significativo è il fatto che si deve aggiustare tale valore alla probabilità (potenzialmente elevata) che, anche se i prezzi dell’oro fossero abbastanza alti da consentire lo sfruttamento redditizio della miniera, non venisse concesso il permesso minerario per renderla operativa. (…) [I] permessi minerari e i permessi di trattamento dell’oro della miniera di Olimpiada erano stati revocati per motivi ambientali indicati come gravi. Si può quindi ragionevolmente ritenere, a titolo conservativo, che il valore di opzione della miniera di Olimpiada fosse nullo. Di conseguenza il valore netto della miniera di Olimpiada va stimato a meno 5,5 milioni di EUR».

 Procedimento e conclusioni delle parti

33      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 28 aprile 2011, la Repubblica ellenica ha proposto il ricorso iscritto a ruolo con il numero T‑233/11.

34      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 20 maggio 2011, l’Ellinikos Chrysos ha proposto il ricorso iscritto a ruolo con il numero T‑262/11.

35      Con istanza depositata nella cancelleria del Tribunale il 9 agosto 2011, la European Goldfields ha chiesto di intervenire nella causa T‑233/11 a sostegno delle conclusioni della Repubblica ellenica.

36      Con ordinanza del 7 settembre 2011, il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha respinto l’istanza di intervento di cui al precedente punto 35, ai sensi dell’articolo 40, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale ai sensi dell’articolo 53, primo comma, di detto Statuto, giacché si trattava di una controversia tra uno Stato membro e un’istituzione dell’Unione europea, e ha condannato la European Goldfields a sopportare le proprie spese.

37      Con istanza depositata nella cancelleria del Tribunale il 9 agosto 2011, la European Goldfields ha chiesto di intervenire nella causa T‑262/11 a sostegno delle conclusioni dell’Ellinikos Chrysos.

38      Con ordinanza del 27 marzo 2012, il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha respinto l’istanza di intervento di cui al precedente punto 37, ai sensi dell’articolo 40, secondo comma, dello Statuto della Corte, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale ai sensi dell’articolo 53, primo comma, di detto Statuto, giacché la European Goldfields aveva dimostrato di avere soltanto un interesse indiretto e potenziale alla definizione della controversia, e ha condannato tale società a sopportare le proprie spese.

39      A seguito della modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, il presidente del Tribunale, il 3 ottobre 2013, ha riassegnato le cause a un altro giudice relatore, assegnato alla Quarta Sezione, alla quale sono state pertanto attribuite le presenti cause.

40      Il 7 agosto 2014, quale misura di organizzazione del procedimento, ai sensi dell’articolo 64, paragrafo 3, lettera a), del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, il Tribunale ha posto una serie di quesiti scritti alle parti, alle quali le stesse hanno risposto nel termine fissato.

41      Lo stesso giorno il Tribunale ha interrogato le parti riguardo all’eventuale riunione delle cause T‑233/11 e T‑262/11, ai fini della fase orale e della sentenza che definisce il giudizio.

42      Il 2 settembre 2014 la Commissione ha depositato le proprie osservazioni affermando al contempo di non avere, in linea di principio, obiezioni a tale riunione.

43      Con messaggi di posta elettronica del 1° e del 2 ottobre 2014, la Repubblica ellenica si è opposta alla riunione delle cause T‑233/11 e T‑262/11. Essa ha altresì affermato che, in caso di riunione, alcuni documenti del fascicolo della causa T‑233/11 avrebbero dovuto essere considerati riservati e ha presentato una domanda di trattamento riservato, in relazione ad alcune parti del predetto fascicolo, nei confronti della parte interveniente, allegando una versione non riservata delle proprie memorie.

44      Il 29 ottobre 2014 il Tribunale ha deciso di non riunire le cause T‑233/11 e T‑262/11 ai fini della fase orale.

45      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

46      Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti del Tribunale alle udienze del 28 gennaio 2015. Durante tali udienze, le parti sono state interrogate riguardo all’eventuale riunione delle cause T‑233/11 e T‑262/11 ai fini della decisione che definisce il giudizio. Nella causa T‑233/11, la Repubblica ellenica ha ribadito la propria opposizione a una siffatta riunione, mentre la Commissione non ha sollevato obiezioni. Nella causa T‑262/11, le parti non si sono formalmente opposte a detta riunione.

47      La Repubblica ellenica e l’Ellinikos Chrysos (in prosieguo, congiuntamente: le «ricorrenti») chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

48      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso nella causa T‑233/11 in quanto infondato e respingere il ricorso nella causa T‑262/11 in quanto parzialmente irricevibile e parzialmente infondato;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 In diritto

49      Le cause sono riunite ai fini della sentenza, conformemente all’articolo 68, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale.

1.     Sulla ricevibilità

50      Nella causa T‑262/11 la Commissione esprime dubbi sulla ricevibilità del ricorso, tenuto conto dell’articolo 21 dello Statuto della Corte e dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, in quanto tale ricorso sarebbe inutilmente lungo e i motivi ivi sviluppati sarebbero presentati in maniera non chiara. Inoltre, il rinvio agli allegati senza indicazione del numero di pagina non sarebbe «puntuale». Detti allegati, peraltro, non sarebbero stati tutti prodotti nella lingua scelta come lingua processuale in detta causa, in conformità all’articolo 35, paragrafo 3, del citato regolamento di procedura del 2 maggio 1991 e, per tale motivo, la Commissione non li avrebbe esaminati. Inoltre, nella misura in cui l’Ellinikos Chrysos deduce un travisamento dei propri argomenti da parte della Commissione, quest’ultima lo attribuisce, eventualmente, all’insufficiente grado di chiarezza del ricorso.

51      L’Ellinikos Chrysos contesta gli argomenti della Commissione.

52      Al riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 21 dello Statuto della Corte e dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, ogni ricorso deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti.

53      Secondo la giurisprudenza, tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa, onde consentire alla parte convenuta di predisporre le proprie difese e al Tribunale di decidere sul ricorso. Lo stesso vale per le conclusioni, che devono essere integrate con i mezzi e gli argomenti che consentano, sia alla parte convenuta sia al giudice, di valutarne la fondatezza (sentenza del 7 luglio 1994, Dunlop Slazenger/Commissione, T‑43/92, Racc., EU:T:1994:79, punto 183). Pertanto, affinché un ricorso sia ricevibile, occorre che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano, per lo meno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo dell’atto di ricorso stesso. Al riguardo, sebbene tale testo possa essere suffragato e completato in punti specifici con rinvii a determinati passi di atti che vi sono allegati, un rinvio globale ad altri scritti, anche allegati al ricorso, non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto che, ai sensi delle norme sopra ricordate, devono figurare nel ricorso (v. sentenze del 17 settembre 2007, Microsoft/Commissione, T‑201/04, Racc., EU:T:2007:289, punto 94 e giurisprudenza ivi citata; del 7 maggio 2009, NVV e a./Commissione, T‑151/05, Racc., EU:T:2009:144, punto 61 e giurisprudenza ivi citata, e del 5 ottobre 2011, Transcatab/Commissione, T‑39/06, Racc., EU:T:2011:562, punto 366 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, non spetta al Tribunale ricercare ed individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso potrebbe essere basato, atteso che gli allegati assolvono ad una funzione meramente probatoria e strumentale (v., in tal senso, sentenze dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, Racc., EU:C:2014:2201, punto 40; NVV e a./Commissione, cit., EU:T:2009:144, punto 61, e Transcatab/Commissione, cit., EU:T:2011:562, punto 366).

54      Nel caso di specie, occorre rilevare che, benché i motivi siano presentati e strutturati in modo poco rigoroso, è possibile comprendere la portata delle censure rivolte contro la decisione impugnata. Infatti, l’oggetto della controversia è chiaramente definito, vale a dire una domanda di annullamento della decisione impugnata, e i motivi dedotti riguardano, da una parte, un errore di applicazione e di interpretazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e numerosi errori di valutazione dei fatti con riferimento all’esistenza di un aiuto di Stato e, dall’altra, la violazione dei diritti della difesa, la violazione dei suoi diritti procedurali nonché uno sviamento di potere e la violazione del principio di buona amministrazione e del dovere di un esame imparziale e diligente.

55      Inoltre, per quanto riguarda gli allegati, secondo la giurisprudenza, sebbene il testo del ricorso possa essere suffragato e completato in punti specifici con rinvii a determinati estratti di atti che vi sono allegati, un rinvio globale ad altri scritti, anche allegati al ricorso, non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto che devono figurare nel ricorso (v. sentenza MasterCard e a./Commissione, punto 53 supra, EU:C:2014:2201, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

56      Al riguardo, come correttamente sottolineato dalla Commissione, nel testo del ricorso l’Ellinikos Chrysos rinvia a lunghi allegati, dei quali solo brevi passaggi sono pertinenti per sostenere un dato argomento, circostanza che ha contribuito a rendere l’esame del ricorso più complesso. Tuttavia, per quanto criticabile, ciò non ha impedito, nel caso di specie, e nella misura in cui tali passaggi sono stati essenzialmente evidenziati nel testo stesso degli allegati, di comprendere la sostanza degli argomenti posti a fondamento del ricorso che sono presenti nel testo delle memorie e che si basano sugli allegati unicamente al fine di fornire elementi supplementari di prova.

57      Il ricorso ha così permesso alla Commissione di preparare la propria difesa e al Tribunale di comprendere il fondamento di detto ricorso, e deve essere considerato conforme ai requisiti di forma quali definiti dalla giurisprudenza richiamata al precedente punto 53. Il ricorso deve quindi essere dichiarato ricevibile.

2.     Nel merito

 Sintesi dei motivi di annullamento

58      A sostegno del loro ricorso, la Repubblica ellenica e l’Ellinikos Chrysos deducono rispettivamente tre e due motivi. Il primo motivo dedotto da ciascuna delle ricorrenti è sostanzialmente identico e verte su un’errata interpretazione e applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, nonché su errori nella valutazione dei fatti in relazione all’esistenza di un aiuto di Stato. Infatti, la Commissione avrebbe:

–        per quanto concerne la prima misura di aiuto (la vendita delle miniere di Cassandra a un prezzo inferiore al loro valore di mercato):

a)      erroneamente considerato soddisfatta la condizione dell’utilizzo delle risorse statali, mentre lo Stato greco avrebbe avuto un ruolo di semplice intermediario nell’operazione;

b)      in subordine, erroneamente applicato il criterio dell’investitore privato;

c)      in subordine, erroneamente considerato soddisfatta la condizione dell’esistenza di un vantaggio a causa di un errore di calcolo del valore degli attivi oggetto dell’operazione;

d)      nella causa T‑233/11, erroneamente valutato, secondo la Repubblica ellenica, la condizione relativa all’esistenza di una distorsione della concorrenza e a un’incidenza sugli scambi tra Stati membri;

–        per quanto concerne la seconda misura di aiuto (l’esenzione dall’obbligo di versare le imposte sull’operazione):

a)      erroneamente valutato la condizione relativa all’esistenza di un vantaggio;

b)      nella causa T‑233/11, erroneamente valutato, secondo la Repubblica ellenica, la condizione relativa all’esistenza di una distorsione della concorrenza e a un’incidenza sugli scambi tra Stati membri.

59      Gli altri motivi dedotti dalle ricorrenti nelle cause in esame sono diversi. Nella causa T‑233/11, la Repubblica ellenica deduce un’errata interpretazione e applicazione dell’articolo 14, paragrafo 1, secondo periodo, del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo [108 TFUE] (GU L 83, pag. 1), in quanto l’obbligo di recupero dell’aiuto avrebbe violato i principi di proporzionalità, di leale cooperazione, di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento (secondo motivo). Inoltre, essa contesta alla Commissione l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione e la violazione dell’articolo 296 TFUE su diversi punti relativi all’esistenza di un vantaggio e di una distorsione della concorrenza (terzo motivo). Nella causa T‑262/11, l’Ellinikos Chrysos deduce la violazione dei propri diritti della difesa, la violazione dei propri diritti procedurali nonché uno sviamento di potere e la violazione del principio di buona amministrazione e del dovere di un esame imparziale e diligente (quarto motivo).

 Sul primo motivo, relativo a un’errata interpretazione e applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE nonché a diversi errori di valutazione dei fatti concernenti l’esistenza di un aiuto (cause T‑233/11 e T‑262/11)

 Sulla prima misura di aiuto

–       Osservazioni preliminari

60      Per quanto concerne la prima misura di aiuto, vale a dire la vendita delle miniere di Cassandra a un prezzo inferiore al valore di mercato (in prosieguo: la «vendita controversa»), le ricorrenti intendono contestare essenzialmente la conclusione della Commissione riguardo all’esistenza di un vantaggio a favore dell’Ellinikos Chrysos. In tale contesto, gli argomenti delle ricorrenti possono essere suddivisi in tre parti. Con la prima parte, esse contestano l’utilizzo delle risorse statali e dunque l’imputabilità allo Stato greco dell’asserito aiuto. Con la seconda parte, esse contestano alla Commissione, in primo luogo, di non aver tenuto conto di un dato numero di elementi essenziali nella sua stima del valore di mercato delle miniere di Cassandra, in secondo luogo, di aver erroneamente applicato il criterio dell’investitore privato, in terzo luogo, di essersi basata a tal fine, erroneamente e in modo selettivo, sui dati di una relazione valutativa e, in quarto luogo, di aver commesso un errore di calcolo nella valutazione del valore di mercato degli attivi acquistati dall’Ellinikos Chrysos. Con la terza parte, la Repubblica ellenica, nell’ambito della causa T‑233/11, contesta anche l’esistenza di una distorsione della concorrenza e di un’incidenza sugli scambi tra Stati membri.

61      Occorre esaminare, innanzitutto, la seconda parte, relativa all’esistenza di un vantaggio e all’applicazione del principio dell’investitore privato, poi la prima parte, relativa all’imputabilità allo Stato della concessione di tale vantaggio e, infine, la terza parte, che riguarda la sola causa T‑233/11, relativa all’esistenza di una distorsione della concorrenza e di un’incidenza sugli scambi tra Stati membri.

–       Sulla seconda parte, relativa a un errore di valutazione della condizione dell’esistenza di un vantaggio

62      Le ricorrenti contestano la valutazione della Commissione riguardo all’esistenza di un vantaggio, che deriva da una valutazione errata di talune circostanze fattuali (prima censura) nonché dall’applicazione errata e selettiva della relazione valutativa (seconda censura), da un errore manifesto di valutazione nell’applicazione del criterio dell’investitore privato (terza censura) e da un errore di calcolo del valore dei beni oggetto dell’operazione (quarta censura).

63      Riguardo alla prima censura, tra le circostanze di fatto che non sono state asseritamente valutate in modo corretto dalla Commissione, l’Ellinikos Chrysos sostiene, in primo luogo, che il contratto controverso non comporta una cessione di beni immobili o delle miniere di Cassandra in quanto impresa in attività, ma unicamente degli attivi della TVX Hellas, una società in stato di fallimento. In secondo luogo, essa afferma, da una parte, che il prezzo di undici milioni di euro pagato per la cessione controversa non riflette il valore degli attivi ceduti, ma solo una parte dei costi della TVX Hellas per svincolarsi dal progetto d’investimento nelle miniere di Cassandra e, dall’altra, che tale importo non deriva da un’effettiva compensazione dei crediti tra lo Stato greco e la TVX Hellas, dal momento che tali crediti non sono né certi né liquidi.

64      La Repubblica ellenica sostiene che la vendita controversa non avrebbe dovuto essere effettuata mediante gara d’appalto, come sostiene la Commissione, dato che l’operazione in questione non rientra nel campo di applicazione delle direttive in vigore nel 2003 in materia di appalti pubblici. Inoltre, essa invoca il punto II.2, lettera d), della comunicazione della Commissione relativa agli elementi di aiuto di Stato connessi alle vendite di terreni e fabbricati da parte di pubbliche autorità (GU 1997, C 209, pag. 3), che la Commissione avrebbe dovuto rispettare.

65      Riguardo alla seconda censura, le ricorrenti criticano la valutazione della Commissione per quanto concerne l’esistenza di un vantaggio nella misura in cui quest’ultima si fonda sulla relazione valutativa, di cui esse non contestano l’affidabilità in quanto tale, ma unicamente il suo utilizzo e la sua valutazione da parte della stessa. Infatti, in primo luogo, tale relazione sarebbe stata redatta nell’ambito del progetto di aumento delle quote societarie della European Goldfields nell’Ellinikos Chrysos. In secondo luogo, la valutazione sarebbe stata effettuata dopo la data di conclusione del contratto controverso. In terzo luogo, detta relazione non avrebbe valutato tutti gli attivi della TVX Hellas al momento della loro vendita nel dicembre 2003, ma unicamente il valore potenziale e rigorosamente attuale, al momento della valutazione, delle miniere appartenenti all’Ellinikos Chrysos, nuovo investitore, credibile, impegnato a preparare un piano di investimento nel settore dell’oro. In quarto luogo, la relazione in questione si sarebbe basata sul presupposto secondo cui le tre miniere di Cassandra si trovavano in uno stato «prossimo alla produzione», premessa in realtà non applicabile alle miniere di Cassandra, in ragione dell’assenza dei permessi di sfruttamento.

66      Le ricorrenti sostengono che la Commissione ha interpretato i dati della relazione valutativa in modo selettivo e arbitrario, accettando, in linea di principio, il metodo di calcolo utilizzato in tale relazione, ma non traendone in modo coerente le conseguenze per i siti minerari di Stratoni e Olimpiada. A tal fine, esse producono alcune tabelle modificate, che indicano i calcoli da esse ritenuti corretti per ciascun metodo di valutazione proposto da tale relazione. Il risultato sarebbe una valutazione negativa che si collocherebbe tra EUR ‐4,20 e ‐4,80 milioni.

67      Per quanto riguarda la terza censura, le ricorrenti contestano alla Commissione di aver erroneamente applicato il criterio dell’investitore privato. A tal riguardo, la Repubblica ellenica sostiene che non occorreva esaminare se il comportamento dello Stato greco soddisfacesse il «criterio dell’investitore privato avveduto», nella misura in cui l’indennità fissata nell’ambito dell’accordo extragiudiziale non differiva in alcun modo dal prezzo che si sarebbe potuto ottenere con una negoziazione libera avente ad oggetto la vendita delle miniere di Cassandra a un terzo diverso da detto Stato, dal momento che i crediti reciproci delle parti di detto accordo derivavano dall’attività e dallo sfruttamento delle predette miniere e figuravano come elementi dell’attivo o del passivo nel patrimonio del venditore di tali miniere.

68      Le ricorrenti contestano, inoltre, l’applicazione del «criterio dell’investitore privato avveduto» nella sua «forma idealizzata». Esse ritengono, essenzialmente, che la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione l’investitore privato reale, ossia il gruppo Kinross/TVX Hellas, esistente nel momento in cui deve essere valutata l’esistenza dell’aiuto. La Repubblica ellenica aggiunge che un investitore privato, nello specifico contesto della vendita di miniere, si preoccuperebbe di garantire il buon funzionamento di dette miniere, per cui una delle condizioni necessarie è la salvaguardia dell’ambiente e dell’occupazione.

69      Riguardo alla quarta censura, le ricorrenti contestano alla Commissione di aver commesso un errore di calcolo nella valutazione delle miniere di Cassandra. Esse contestano, da un lato, il fatto che la Commissione abbia effettuato un calcolo separato per ciascuno dei siti minerari in questione, mentre questi ultimi costituirebbero un solo e unico complesso minerario che è stato ceduto nel suo insieme e, dall’altro, il calcolo effettuato dalla Commissione per ciascuno di tali siti minerari, sottolineando una serie di elementi che la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione e che, a loro avviso, avrebbero condotto a una valutazione diversa.

70      Per quanto riguarda il sito minerario di Stratoni, le ricorrenti ritengono che la sua valutazione avrebbe dovuto essere ridotta, giacché quest’ultimo era sprovvisto di un permesso di sfruttamento valido, in quanto il permesso concesso il 18 febbraio 2003 era oggetto di un ricorso di annullamento dinanzi ai giudici nazionali al momento della conclusione del contratto controverso e il predetto contratto non aveva potuto trasferirlo all’Ellinikos Chrysos. Pertanto, tale sito minerario non avrebbe dovuto essere considerato una miniera in uno stato «prossimo alla produzione» e l’attività in tale sito minerario sarebbe ripresa solo due anni dopo la conclusione di detto contratto. Peraltro, la Commissione non avrebbe tenuto conto né dei costi di mantenimento della miniera in stato di inattività né dei costi ambientali per lo stesso sito minerario, mentre ne ha tenuto conto per il sito minerario di Olimpiada.

71      Per quanto riguarda il sito minerario di Skuriés, le ricorrenti sostengono che quest’ultimo è solo un giacimento, la cui attività estrattiva richiede un costo d’investimento e di autorizzazione elevato. La vendita dello stesso coprirebbe unicamente il trasferimento dei diritti minerari ad esso collegati e l’eventualità di ottenere un permesso minerario non sarebbe esente da rischi di annullamento, come per gli altri siti minerari. Detto sito minerario non sarebbe mai stato in attività e, di conseguenza, il suo valore avrebbe necessariamente dovuto essere irrisorio al momento della conclusione del contratto controverso.

72      Per quanto riguarda il sito minerario di Olimpiada, le ricorrenti sostengono che, al momento della cessione controversa, quest’ultimo aveva un valore negativo (EUR ‑23,7 milioni secondo la relazione valutativa), a causa degli elevati costi di trasporto e di lavorazione dell’oro, di gestione dei rifiuti e di tutela dell’ambiente, nonché del debole prezzo dell’oro. Esse affermano, inoltre, che il valore di tale sito minerario aveva un’incidenza economica importante nella determinazione del prezzo di vendita di tutte le miniere di Cassandra, in grado di incidere in modo negativo anche sul valore del sito minerario di Stratoni, dal momento che, affinché un investimento in tali miniere sia redditizio, un’impresa dovrebbe necessariamente poter sfruttare la miniera d’oro del sito minerario di Olimpiada. La Commissione avrebbe dunque commesso un errore manifesto di valutazione rifiutando di attribuire un valore negativo a quest’ultimo sito minerario e discostandosi arbitrariamente dalla valutazione fornita per un sito del genere dalla relazione valutativa (punti 75 e 76 della decisione impugnata). Infine, secondo l’Ellinikos Chrysos, in forza del contratto controverso, l’acquirente sarebbe stato obbligato, nell’immediato, a investire nell’estrazione dell’oro e a sopportarne i costi.

73      Riguardo al valore dei terreni, le ricorrenti sostengono che, ai sensi del diritto minerario greco (articolo 65 del decreto legislativo greco n. 210/1973), i terreni oggetto del contratto controverso non potevano essere considerati attivi distinti dalle miniere di Cassandra, poiché il loro utilizzo era strettamente connesso all’attività mineraria. Essi sarebbero, infatti, classificati come terreni minerari da un contratto concluso nel 1995 e qualificati come «zone industriali» dalla legge ellenica n. 3220/2004, che ha ratificato il contratto controverso. Orbene, dal momento che le miniere non erano in attività, tali terreni non potevano essere utilizzati per le finalità dell’impresa mineraria e avevano, quindi, un valore inferiore a quello indicato dalla Commissione. Inoltre, la Commissione avrebbe arbitrariamente scelto di indicizzare il valore di acquisto di detti terreni minerari previsto dal predetto contratto in funzione dell’indice generale dei prezzi della produzione industriale, assimilando così tali terreni minerari ai prodotti realizzati sugli stessi.

74      Infine, riguardo al valore delle riserve minerali, la Repubblica ellenica contesta la descrizione dell’oggetto della vendita controversa nonché la considerazione da parte della Commissione dei giacimenti, quali descritti nella relazione valutativa, mentre, tra il 2003 e il 2004, l’Ellinikos Chrysos aveva trattato una parte dei minerali. Essa contesta, inoltre, la conclusione della Commissione secondo cui il valore delle riserve non poteva essere calcolato. Detto valore sarebbe invece negativo a causa dei costi elevati di stoccaggio e di tutela dell’ambiente, connessi ai minerali auriferi concentrati esistenti nei siti minerari in questione.

75      La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

76      Ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, «sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza».

77      Da una giurisprudenza costante emerge che la nozione di aiuto di Stato, quale definita nel Trattato, ha carattere giuridico e deve essere interpretata sulla base di elementi obiettivi. Per tale ragione, il giudice dell’Unione deve esercitare, in linea di principio e tenuto conto sia degli elementi concreti della causa sottopostagli sia del carattere tecnico o complesso delle valutazioni effettuate dalla Commissione, un controllo completo per quanto riguarda la questione se una misura rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (v. sentenza del 22 dicembre 2008, British Aggregates/Commissione, C‑487/06 P, Racc., EU:C:2008:757, punto 111 e giurisprudenza ivi citata).

78      Conformemente a una giurisprudenza consolidata, la fornitura di beni o di servizi a condizioni di favore può costituire un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenza del 16 settembre 2004, Valmont/Commissione, T‑274/01, Racc., EU:T:2004:266, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

79      Per quanto riguarda la valutazione del valore di un aiuto sotto forma di vendita di un terreno a un prezzo asseritamente preferenziale, occorre verificare se il presunto beneficiario dell’aiuto abbia acquistato il terreno ad un prezzo che non avrebbe potuto ottenere in condizioni normali di mercato (v., in tal senso, sentenze del 2 settembre 2010, Commissione/Scott, C‑290/07 P, Racc., EU:C:2010:480, punto 68; del 16 dicembre 2010, Seydaland Vereinigte Agrarbetriebe, C‑239/09, Racc., EU:C:2010:778, punto 34 e giurisprudenza ivi citata, e del 6 marzo 2002, Diputación Foral de Álava e a./Commissione, T‑127/99, T‑129/99 e T‑148/99, Racc., EU:T:2002:59, punto 73). In tali circostanze, il valore dell’aiuto è uguale alla differenza tra ciò che il beneficiario ha effettivamente pagato e quello che egli avrebbe dovuto pagare in quel momento e in condizioni normali di mercato per acquistare un terreno equivalente da un venditore privato (sentenza del 13 dicembre 2011, Konsum/Commissione, T‑244/08, EU:T:2011:732, punto 61). Nel determinare il prezzo di mercato, la Commissione deve tener conto del possibile carattere aleatorio della determinazione, per sua natura retrospettiva, di siffatti prezzi di mercato (sentenza Valmont/Commissione, punto 78 supra, EU:T:2004:266, punto 45). Tale giurisprudenza trova applicazione anche riguardo ad altri beni, come gli attivi di un’impresa mineraria.

80      A tal riguardo, la Commissione è tenuta ad effettuare valutazioni economiche complesse (v., in tal senso, sentenza Commissione/Scott, punto 79 supra, EU:C:2010:480, punto 68).

81      Quando la Commissione procede a valutazioni economiche complesse, il controllo del giudice dell’Unione è necessariamente limitato e si circoscrive alla verifica dell’osservanza delle regole procedurali e di motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti nonché dell’assenza di errori manifesti di valutazione e di sviamento di potere (v., in tal senso, sentenze del 24 gennaio 2013, Frucona Košice/Commissione, C‑73/11 P, Racc., EU:C:2013:32, punti 74 e 75, e del 24 ottobre 2013, Land Burgenland e a./Commissione, C‑214/12 P, C‑215/12 P e C‑223/12 P, Racc., EU:C:2013:682, punti 77 e 78).

82      Al fine di stabilire se la Commissione abbia commesso un errore manifesto nella valutazione dei fatti tale da giustificare l’annullamento della decisione controversa, gli elementi di prova addotti dalle ricorrenti devono essere sufficienti a privare di plausibilità le valutazioni dei fatti considerati nella decisione (sentenze del 12 dicembre 1996, AIUFFASS e AKT/Commissione, T‑380/94, Racc., EU:T:1996:195, punto 59, e del 12 febbraio 2008, BUPA e a./Commissione, T‑289/03, Racc., EU:T:2008:29, punto 221).

83      Peraltro, sebbene la Commissione disponga di un potere discrezionale in materia economica, ciò non implica che il giudice dell’Unione debba astenersi dal controllare l’interpretazione, da parte della Commissione, di dati di natura economica. Infatti, detto giudice è tenuto in particolare a verificare non solo l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che se ne traggono (sentenza del 15 febbraio 2005, Commissione/Tetra Laval, C‑12/03 P, Racc., EU:C:2005:87, punto 39; v., altresì, sentenze del 22 novembre 2007, Spagna/Lenzing, C‑525/04 P, Racc., EU:C:2007:698, punti 56 e 57 e giurisprudenza ivi citata, e Commissione/Scott, punto 79 supra, EU:C:2010:480, punti 64 e 65 e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, nell’ambito di tale controllo, detto giudice deve astenersi dal sostituire la propria valutazione economica a quella della Commissione (sentenze Spagna/Lenzing, punto 83 supra, EU:C:2007:698, punto 57; Commissione/Scott, punto 79 supra, EU:C:2010:480, punto 66, e Frucona Košice/Commissione, punto 81 supra, EU:C:2013:32, punto 75).

84      Nei casi in cui un’ istituzione dell’Unione disponga di un ampio potere discrezionale, è di fondamentale importanza il controllo del rispetto di talune garanzie procedurali. Fra tali garanzie si annoverano l’obbligo dell’istituzione competente di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e di motivare la decisione in modo sufficiente (sentenze del 21 novembre 1991, Technische Universität München, C‑269/90, Racc., EU:C:1991:438, punto 14, e Spagna/Lenzing, punto 83 supra, EU:C:2007:698, punto 58).

85      È alla luce di tali principi che occorre valutare se la Commissione abbia commesso un errore nell’accertamento dell’esistenza di un vantaggio.

86      Nel caso di specie, la Commissione ha ritenuto che la vendita controversa abbia avuto luogo in assenza di gara d’appalto o di valutazione di esperti indipendenti (punto 15 della decisione impugnata).

87      Il punto II.4 della comunicazione della Commissione relativa agli elementi di aiuto di Stato connessi alle vendite di terreni e fabbricati da parte di pubbliche autorità chiarisce che, ogni qualvolta riceve da parte di terzi una denuncia o un esposto in merito a presunti aiuti di Stato connessi ad un contratto di vendita di terreni e fabbricati stipulato dalla pubblica amministrazione, la Commissione considera che gli aiuti non sussistono se dalle informazioni fornite dallo Stato membro interessato risulti che i principi definiti ai punti II.1 e II.2 della citata comunicazione sono stati rispettati, ossia se la vendita è stata effettuata mediante gara d’appalto o in seguito alla valutazione del valore di mercato da parte di un esperto indipendente.

88      Nella misura in cui le ricorrenti non contestano la validità della comunicazione della Commissione relativa agli elementi di aiuto di Stato connessi alle vendite di terreni e fabbricati da parte di pubbliche autorità, occorre applicare, nel caso di specie, la giurisprudenza secondo la quale, nell’ambito specifico degli aiuti di Stato, la Commissione è vincolata dalle discipline e dalle comunicazioni da essa emanate, nei limiti in cui non derogano a norme del Trattato e sono accettate dagli Stati membri (sentenza dell’11 settembre 2008, Germania e a./Kronofrance, C‑75/05 P e C‑80/05 P, Racc., EU:C:2008:482, punto 61). Adottando norme di comportamento ed annunciando, con la loro pubblicazione, che esse verranno da quel momento in avanti applicate ai casi a cui esse si riferiscono, la Commissione si autolimita nell’esercizio del suo potere discrezionale e non può discostarsi da tali norme, pena una sanzione, eventualmente, a titolo di violazione di principi giuridici generali, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento (sentenze del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Racc., EU:C:2005:408, punto 211, e Germania e a./Kronofrance, cit., EU:C:2008:482, punto 60).

89      Ai sensi della comunicazione della Commissione relativa agli elementi di aiuto di Stato connessi alle vendite di terreni e fabbricati da parte di pubbliche autorità, dal momento che la vendita controversa non è stata effettuata mediante gara d’appalto né a seguito di valutazione da parte di un esperto indipendente, la Commissione non era tenuta a ritenere che la suddetta vendita non comportasse un elemento di aiuto.

90      Per valutare a sua volta il valore dei beni venduti, la Commissione si è basata sulla relazione valutativa. Quanto alla possibilità che la Commissione si basi su tale relazione, occorre ricordare che la Commissione, quando esamina perizie effettuate successivamente all’operazione in questione al fine di verificare se l’acquirente abbia ottenuto un prezzo di vendita di un bene che non avrebbe potuto ottenere in condizioni normali di mercato, deve mettere a confronto il prezzo di vendita effettivamente pagato con quello considerato nelle perizie e determinare se esso non si discosti a tal punto da dover eventualmente concludere per l’esistenza di un’agevolazione. Tale metodo consente di tener conto del possibile carattere aleatorio della determinazione, per natura retrospettiva, di siffatti prezzi di mercato (v. sentenza Valmont/Commissione, punto 78 supra, EU:T:2004:266, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata).

91      Inoltre, la Commissione, sebbene possa, senza peraltro esservi tenuta, avvalersi di periti esterni, non è tuttavia dispensata dal valutarne i lavori. Infatti, spetta alla Commissione, e non ai detti periti, la responsabilità centrale ed esclusiva di garantire il rispetto dell’articolo 107 TFUE e l’attuazione dell’articolo 108 TFUE, sotto il controllo del giudice dell’Unione (v. sentenza Valmont/Commissione, punto 78 supra, EU:T:2004:266, punto 72 e la giurisprudenza ivi citata).

92      Nel caso di specie, è pacifico che l’affidabilità e l’obiettività della relazione valutativa non sono contestate né dalla Repubblica ellenica né dall’Ellinikos Chrysos, per conto della quale, peraltro, essa è stata redatta. Tuttavia, le ricorrenti contestano che la Commissione possa fondarsi su tale relazione, nella misura in cui essa è stata redatta sei mesi dopo la vendita controversa e la premessa di analisi di quest’ultima era che i tre siti minerari in questione si trovavano in uno stato «prossimo alla produzione». Esse contestano inoltre che i predetti siti minerari, alla data della loro cessione, soddisfacessero le condizioni del metodo di valutazione previsto in tale relazione.

93      Per quanto riguarda, in primo luogo, la data di redazione della relazione valutativa, occorre considerare che la Commissione può avvalersi del supporto di esperti per la valutazione del prezzo di mercato di un bene, successivamente alla data di vendita dello stesso, purché i dati presi in considerazione siano anteriori o contemporanei alla predetta data e siano stati disponibili a tale data.

94      Orbene, ciò è esattamente quello che è avvenuto nel caso di specie. Infatti, dei tre approcci metodologici di valutazione proposti dalla relazione valutativa, la Commissione ha preso in considerazione solo il primo, ossia il metodo basato sul reddito. A tal riguardo, detta relazione individua tre fasce di valore in funzione dei prezzi presi in considerazione, vale a dire, in primo luogo, la media dei prezzi storici tra il 1993 e il 2003, in secondo luogo, i prezzi al primo semestre 2004 e, in terzo luogo, il prezzo medio per il periodo dal 1993 al 2003 oltre il prezzo al primo semestre 2004 diviso per due. Tra questi tre scenari, la Commissione ha tenuto conto solo del primo, relativo ai prezzi medi nel periodo dal 1993 al 2003 e dunque a prezzi anteriori alla vendita controversa. Inoltre, la Commissione non ha tenuto conto dei dati contenuti in tale relazione riguardo agli attivi futuri o alle risorse minerarie teoriche.

95      Tale conclusione non è inficiata dalla circostanza per cui la relazione valutativa ha adottato, come data effettiva di valutazione, la mezzanotte del 30 giugno 2004, data successiva di sei mesi alla vendita controversa, dal momento che i prezzi medi considerati erano, a loro volta, anteriori alla predetta vendita.

96      In secondo luogo, per quanto riguarda la contestazione della premessa della relazione valutativa, vale a dire lo stato «prossimo alla produzione» dei siti minerari in questione, occorre sottolineare che dal tenore letterale della parte introduttiva della suddetta relazione si evince che essa considera in stato «prossimo alla produzione» un sito minerario operativo o oggetto di uno studio di fattibilità. Secondo detta relazione, si trattava del caso delle tre miniere di Cassandra, posto che i siti minerari di Stratoni e di Olimpiada erano stati operativi in passato e la loro attività era stata sospesa per ragioni sociali e ambientali, e non economiche, e il sito minerario di Skuriés era stato oggetto di uno studio di fattibilità.

97      Inoltre, la relazione valutativa tiene conto, da una parte, del fatto che l’attività nei siti minerari in questione era sospesa e sarebbe stata ripresa solo nel 2006 per il sito minerario di Stratoni e nel 2008 per il sito minerario di Olimpiada e, dall’altra, del fatto che le autorità greche avevano fornito garanzie attendibili riguardo alla concessione dei permessi minerari necessari alla ripresa delle attività nei tre siti minerari in questione.

98      Tale ultima circostanza è confermata dall’articolo 1 del contratto controverso, il quale dispone che, «peraltro, (…) sono altresì cedute dallo Stato greco all’acquirente e sono valide, in suo nome e per suo conto, tutte le autorizzazioni esistenti, amministrative e di altro genere, e i permessi non annullati o sospesi da una decisione giudiziaria, come indicati nell’allegato IV del presente contratto». Inoltre, l’articolo 3, paragrafo 3, dello stesso contratto prevede che «lo Stato greco si impegna a esaminare il progetto d’investimento presentato, (…) entro un termine di due mesi, e a rilasciare tutte le autorizzazioni necessarie e i permessi nel termine massimo di dieci mesi».

99      Da quanto suesposto consegue che gli argomenti delle ricorrenti, volti a contestare la validità della relazione valutativa come punto di riferimento per la valutazione delle miniere di Cassandra, e sintetizzati al precedente punto 65, devono essere respinti.

100    In terzo luogo, riguardo al metodo di valutazione, la relazione valutativa effettua una stima del valore netto dei ricavi attesi dalla produzione futura dei siti minerari in questione, ammettendo al contempo la sussistenza di un dato grado di incertezza riguardo ai piani di investimento a lungo termine. Tale metodo, definito «metodo basato sul reddito», è qualificato come la componente essenziale per la valutazione delle proprietà minerarie «operative o in via di sviluppo o per le quali è stato completato uno studio di fattibilità». Detto metodo, ivi compresa la sua generale idoneità ad essere utilizzato per la valutazione dei predetti siti minerari nelle condizioni summenzionate, non è contestato, in quanto tale, dalle ricorrenti. Queste ultime contestano, invece, il fatto che tali siti minerari soddisfacessero siffatte condizioni al momento della vendita controversa.

101    Occorre tuttavia sottolineare che la situazione dei siti minerari di Stratoni e di Olimpiada corrispondeva effettivamente alla definizione, contenuta nella relazione valutativa, di siti minerari «che sono stati operativi in passato». Infatti, come del resto ammesso dalle ricorrenti, questi ultimi sono stati sfruttati almeno sino al 1992, per quanto riguarda il sito di Olimpiada, e fino al 2002, per quanto concerne il sito di Stratoni, e il sito minerario di Skuriés corrisponde a ciò che tale relazione definisce un «sito per il quale lo studio di fattibilità è stato completato» (v. punto 96 supra). Tale circostanza, rilevata in detta relazione, non è stata contestata dalle ricorrenti.

102    Innanzitutto, il sito minerario di Stratoni disponeva di un permesso di sfruttamento rilasciato il 18 febbraio 2003 che, benché oggetto di un ricorso di annullamento, era ancora valido al momento della vendita controversa. Inoltre, dalla formulazione dell’articolo 3, paragrafo 1, del contratto controverso si evince che esisteva già almeno un permesso di sfruttamento. Vanno dunque respinti gli argomenti delle ricorrenti tesi a sostenere un valore inferiore in ragione della mancanza di permessi validi che li riguardassero al momento di detta vendita e del mancato trasferimento degli stessi mediante detto contratto.

103    Per quanto riguarda, poi, il valore del sito minerario di Skuriés, è pacifico che detto sito minerario rappresentava solo un giacimento, ancora privo di un’infrastruttura appropriata e di permessi minerari, e che non era mai stato sfruttato. Tale constatazione corrisponde dunque alla definizione, contenuta nella relazione valutativa, di «sito per il quale è stato completato uno studio di fattibilità». Un siffatto studio è stato effettivamente realizzato da una società nel 1998. Secondo detta relazione, tale sito minerario può essere valutato secondo il metodo basato sul reddito, poiché esso potrebbe ottenere un permesso minerario e iniziare ad essere sfruttato. Inoltre, ai fini del calcolo del valore dello stesso sito minerario, detta relazione considera i costi di sviluppo, di costruzione e di funzionamento, nonché i costi amministrativi necessari per ottenere un siffatto permesso. Pertanto, la Commissione non ha commesso alcun errore manifesto, ai punti 77 e 78 della decisione impugnata, nel basarsi sul valore stimato dalla relazione in esame per il sito minerario in questione.

104    Da quanto precede discende che si deve considerare che la Commissione poteva ragionevolmente ritenere che il metodo basato sul reddito fosse applicabile al caso di specie per i siti minerari di Stratoni e di Skuriés.

105    Per quanto riguarda, infine, il sito minerario di Olimpiada, le ricorrenti contestano alla Commissione il fatto di avere utilizzato selettivamente i dati della relazione valutativa. Orbene, al riguardo, occorre ricordare che la Commissione non è obbligata ad aderire ciecamente ai risultati presentati nell’ambito di una relazione di periti, ma deve invece verificarli e valutare i lavori di detti periti (v., in tal senso, sentenza Valmont/Commissione, punto 78 supra, EU:T:2004:266, punto 72). La questione riguarda piuttosto il fatto se la Commissione, pur avendo accettato la relazione valutativa come punto di riferimento per la valutazione delle miniere di Cassandra, potesse discostarsi dai risultati della predetta relazione per quanto riguarda, segnatamente, detto sito minerario, come emerge dai punti da 74 a 76 della decisione impugnata.

106    Al riguardo, va precisato che la Commissione non ha commesso alcun errore manifesto di valutazione nel ritenere, al punto 75 della decisione impugnata, di non potere prendere in considerazione il valore attuale netto negativo del sito minerario di Olimpiada, come stimato nella relazione valutativa alla luce del metodo basato sul reddito. Infatti, da una parte, tale valore presupponeva l’esistenza di una miniera in attività. Orbene, al momento dell’adozione della decisione impugnata, il suddetto sito minerario non poteva essere operativo per diversi anni, tenuto conto dei seri problemi ambientali alla base dell’annullamento dei permessi di sfruttamento esistenti e delle difficoltà di ottenerne altri. Per tale ragione, al momento dell’adozione della decisione impugnata, la Commissione era legittimata a ritenere che la premessa di tale relazione secondo cui, in detto sito minerario, l’attività sarebbe stata in grado di riprendere a partire dal 2008, nonché i termini per il rilascio dei permessi di cui all’articolo 3, paragrafo 3, del contratto controverso, non fossero realistici. Peraltro, le stesse ricorrenti hanno sottolineato più volte il carattere aleatorio della concessione dei permessi, con riguardo allo stesso sito minerario.

107    D’altra parte, è sufficientemente plausibile che la Commissione abbia ritenuto che nessun investitore privato avrebbe accettato di pagare un prezzo positivo per l’acquisto di un bene di valore negativo. Infatti, il comportamento di un investitore privato in economia di mercato è guidato da prospettive di redditività (v. sentenza del 12 dicembre 2000, Alitalia/Commissione, T‑296/97, Racc., EU:T:2000:289, punto 84 e giurisprudenza ivi citata). Come sostenuto in maniera plausibile dalla Commissione, nell’ambito della valutazione delle prospettive di redditività, un siffatto investitore avrebbe considerato il valore di opzione del sito minerario di Olimpiada e previsto di mettere in attività la sua miniera solo qualora il prezzo dell’oro l’avesse resa redditizia, al fine di evitare perdite. Tuttavia, le ricorrenti non sono riuscite a privare di plausibilità la considerazione della Commissione secondo cui la concessione dei permessi necessari per lo sfruttamento della miniera era improbabile. Ciò vale altresì per l’ipotesi secondo cui, anche se il prezzo dell’oro la rendeva teoricamente redditizia, la possibilità di mettere in funzione tale miniera era incerta a tal punto che il predetto valore non poteva essere calcolato ed è dunque stato fissato a zero.

108    La Commissione non ha parimenti commesso errori manifesti di valutazione nel detrarre da detto valore la somma di EUR 5,5 milioni a titolo di costi di preservazione del sito minerario di Olimpiada, quali fissati dall’obbligo contrattuale sulla base dell’articolo 3 del contratto controverso (v. punto 75 della decisione impugnata), ai sensi del quale detti costi dovevano essere sopportati dall’Ellinikos Chrysos per un periodo massimo di tre anni. Infatti, poiché non era possibile prevedere il numero di anni durante i quali detto sito minerario non sarebbe stato in attività, in mancanza dei necessari permessi di sfruttamento, non può essere contestato alla Commissione di non aver tenuto conto dei costi di preservazione supplementari. Inoltre, il suddetto contratto conteneva all’articolo 4 una clausola di risoluzione, secondo la quale, in caso di violazione, ad opera di una delle parti, degli obblighi contrattuali, tra cui figurava la concessione da parte dello Stato greco dei permessi di sfruttamento, il suddetto contratto avrebbe potuto essere risolto dall’altra parte. Pertanto, in caso di mancata concessione dei citati permessi, l’Ellinikos Chrysos avrebbe potuto liberarsi dal proprio obbligo di sopportare i costi di preservazione per gli anni successivi nei termini previsti dall’articolo 3, paragrafo 3, di tale contratto.

109    Alla luce di quanto precede, deve ritenersi che il ragionamento esposto ai punti 75 e 76 della decisione impugnata sia plausibile e coerente e che la Commissione non abbia commesso alcun errore manifesto di valutazione nell’applicazione del criterio dell’investitore privato.

110    Tale conclusione non è rimessa in discussione dai vari argomenti addotti dalle ricorrenti.

111    Ciò vale, in primo luogo, per l’affermazione delle ricorrenti riguardo al fatto che la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione il venditore privato effettivamente esistente nel caso di specie, ossia il gruppo Kinross/TVX Hellas, per valutare se il prezzo degli attivi ceduti nell’ambito della vendita controversa fosse in linea con il loro valore commerciale.

112    Al riguardo, è opportuno rilevare, da un lato, che il gruppo Kinross/TVX Hellas era il precedente proprietario dei suddetti attivi, che, avendo subito perdite ingenti nella propria attività, cercava di portare a termine il proprio progetto di investimento e, dall’altro, che il prezzo fissato per la cessione delle miniere di Cassandra alla Repubblica ellenica non deriva chiaramente da una trattativa sul valore degli attivi ceduti, che implica una valutazione oggettiva degli stessi. Come espressamente indicato nel testo del preambolo dell’accordo extragiudiziale, il prezzo di undici milioni di euro è qualificato come «indennità pecuniaria ragionevole», che definisce tutti i reciproci crediti tra detto ex proprietario e la Repubblica ellenica. Ciò implica logicamente che è stato considerato non soltanto il valore degli attivi in quanto tali, ma anche i crediti derivanti dal mancato rispetto di altri obblighi. Orbene, siffatti elementi sono estrinseci al valore degli attivi e dipendono da circostanze fattuali passate che non sono necessariamente rilevanti per un futuro nuovo acquirente.

113    Inoltre, va altresì respinta l’affermazione dell’Ellinikos Chrysos secondo cui il fatto che, al momento della vendita controversa, i crediti non fossero né quantificati né esigibili dimostrerebbe che l’importo di undici milioni di euro non era il risultato di un’effettiva compensazione degli stessi. Infatti, le parti dell’accordo extragiudiziale, nel momento in cui hanno convenuto di definire le loro reciproche pretese e i loro reciproci obblighi, hanno stabilito che un siffatto importo poteva essere considerato un’«indennità pecuniaria ragionevole», al fine di evitare vertenze, in sede arbitrale e giudiziaria, di numerosi anni e dall’esito incerto (v. punto F del preambolo di detto accordo). Crediti siffatti sono stati pertanto quantificati ed erano quindi esigibili dalla pubblicazione della legge di ratifica di tale accordo. Inoltre, occorre rilevare che, ai punti D ed E del preambolo di detto accordo, sono stati individuati tali crediti, ossia, da un lato, le pretese che lo Stato faceva valere con riferimento al mancato sfruttamento delle miniere e al mancato deposito di nuovi studi per la creazione e il funzionamento dell’impianto metallurgico per l’estrazione dell’oro, nonché le pretese relative alle violazioni (accertate o meno) della normativa sulla protezione dell’ambiente e, dall’altro, le pretese della TVX Hellas, basate sulle dichiarazioni di impegno con riferimento alla garanzia e alla concessione di tutte le autorizzazioni e di tutti i permessi necessari per il buon funzionamento di tali miniere e in particolare quelle relative ai danni causati dalla perdita dei capitali d’investimento.

114    Se, dunque, non può escludersi in linea di principio che l’importo di undici milioni di euro rappresenti anche il giusto valore di mercato degli attivi in seguito trasferiti dalla Repubblica ellenica all’Ellinikos Chrysos, non è possibile affermare che detto importo non era connesso alla compensazione dei crediti in essere tra la Repubblica ellenica e la TVX Hellas. Tenuto conto di quanto suesposto, la Commissione non ha neppure commesso errori di fatto nel ritenere, ai punti da 53 a 55 della decisione impugnata, che tale importo costituisse il risultato della compensazione dei crediti reciproci tra le due parti dell’accordo extragiudiziale.

115    Pertanto, in assenza di argomenti precisi delle ricorrenti che consentano di dimostrare che il risultato della compensazione dei crediti poteva riflettere il valore di mercato effettivo delle miniere, nella misura in cui i crediti reciproci, compensati tra le parti, avrebbero costituito elementi del valore oggettivo degli attivi venduti e dunque del loro prezzo, non può eccepirsi alla Commissione di avere ritenuto, al punto 54 della decisione impugnata, che tale compensazione di crediti non fosse rappresentativa del valore degli attivi venduti.

116    In tali circostanze, si deve ritenere che la Commissione non abbia commesso alcun errore manifesto di valutazione nel rifiutare di prendere in considerazione il comportamento del gruppo Kinross/TVX Hellas, nell’ambito dell’applicazione del principio dell’investitore privato come punto di riferimento per valutare gli attivi trasferiti con il contratto controverso.

117    Lo stesso vale, in secondo luogo, per l’argomento della Repubblica ellenica secondo cui un investitore privato, nel contesto concreto della vendita delle miniere, si preoccuperebbe di garantire il corretto funzionamento delle miniere e, pertanto, i requisiti di protezione dell’ambiente e dell’occupazione dovrebbero essere presi in considerazione nella stima del valore di tali miniere. Al riguardo, da un lato, occorre sottolineare che, dal testo del contratto controverso non emerge che lo Stato greco, mediante l’operazione con l’Ellinikos Chrysos, abbia voluto controllare il trasferimento delle responsabilità in materia ambientale e sociale dal precedente al nuovo proprietario o che abbia dovuto agire rapidamente per evitare l’aggravamento dei danni all’ambiente o dei problemi sociali. Al contrario, nel suddetto contratto, lo Stato greco ha previsto una clausola che esonera interamente l’Ellinikos Chrysos da qualsiasi responsabilità per danni all’ambiente e a terzi che si siano verificati prima della pubblicazione della legge di ratifica del contratto o le cui cause generatrici fossero anteriori a tale pubblicazione. Un esonero totale da responsabilità è previsto in caso di risoluzione del contratto controverso per le responsabilità sorte dopo la sottoscrizione del suddetto contratto (v. articolo 1, paragrafo 3, di detto contratto).

118    In terzo luogo, va respinto anche l’argomento della Repubblica ellenica secondo cui, intervenendo nell’operazione in oggetto, essa avrebbe ridotto le perdite che le sarebbero derivate dalla completa cessazione del funzionamento delle miniere di Cassandra. Infatti, il fatto che l’operazione sia ragionevole per l’autorità o l’impresa pubblica che concede l’aiuto non dispensa dal verificare se le misure di cui trattasi conferiscano all’impresa beneficiaria un vantaggio economico che non avrebbe ottenuto in condizioni normali di mercato e non è sufficiente, pertanto, a rendere la misura in questione conforme al criterio dell’investitore privato (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2010, Grecia e a./Commissione, T‑415/05, T‑416/05 e T‑423/05, Racc., EU:T:2010:386, punti 213 e 214).

119    In quarto luogo, è altresì irrilevante l’argomento dell’Ellinikos Chrysos, nell’ambito di tale motivo, che fa valere l’esistenza di un errore di fatto riguardo all’iscrizione in perdita dell’investimento nelle miniere Cassandra nella relazione annuale del gruppo Kinross/TVX Hellas.

120    Da un lato, esso coincide con quello relativo all’asserito errore nell’applicazione del criterio dell’investitore privato, nella misura in cui la Commissione avrebbe dovuto considerare il comportamento dell’investitore reale, il gruppo Kinross/TVX Hellas, nella stima del valore di mercato degli attivi ceduti, come analizzato ai precedenti punti da 110 a 116. Dall’altro, come correttamente sottolineato dalla Commissione al punto 52 della decisione impugnata, il valore contabile di una società non equivale sempre al valore di mercato quando si tratta di stimare gli attivi allo scopo di stabilirne il prezzo al momento della vendita (v., in tal senso, sentenza Grecia e a./Commissione, punto 118 supra, EU:T:2010:386, punti da 307 a 309).

121    Pertanto, in mancanza di elementi che possano dimostrare la corrispondenza tra il valore contabile degli attivi ceduti nell’ambito della vendita controversa e il valore di mercato, non si può eccepire alla Commissione di non aver preso in considerazione il predetto valore al punto 52 della decisione impugnata.

122    In quinto luogo, per quanto concerne la censura delle ricorrenti riguardo a un errore nel calcolo del valore delle miniere trasferite con il contratto controverso, è opportuno ricordare, in via preliminare, che la Commissione espone, al punto 68 della decisione impugnata, di avere esaminato il valore di ciascuno dei tre siti minerari in questione per quanto riguarda due aspetti, vale a dire, da un lato, il valore della miniera, che deve basarsi sui fattori economici esistenti al momento della vendita controversa e, dall’altro, la capacità della miniera di essere operativa, così da ottenere il suddetto valore.

123    Al riguardo, l’Ellinikos Chrysos contesta il fatto che la Commissione abbia potuto effettuare un calcolo diverso per ciascuno dei siti minerari in questione. A tal fine, in udienza, essa si è basata sulla sentenza n. 1492/2013 del Symvoulio tis Epikrateias, del 17 aprile 2013, che ha dichiarato che le miniere di Cassandra costituivano un’entità unica e indivisibile. Il Tribunale ritiene che un siffatto argomento non sia fondato, dal momento che esso ignora il fatto che il valore globale delle suddette miniere è costituito solo dalla somma del valore di ciascuna di esse e che il valore negativo di uno di detti siti minerari incide sul valore positivo degli altri.

124    Per quanto riguarda, in primo luogo, il calcolo del valore di ciascuno dei siti minerari in questione, si rinvia ai precedenti punti da 100 a 109.

125    Per quanto concerne, in secondo luogo, il valore dei terreni in questione, occorre ricordare che il contratto controverso trasferisce, tra gli altri attivi, numerosi beni immobili e terreni, edificabili, non edificabili e agricoli (v. articolo 1, parte A, di detto contratto). Al punto 81 della decisione impugnata, la Commissione qualifica tali terreni come parte degli attivi dell’impresa mineraria e non come beni immobili nel senso lato del termine, date le particolari caratteristiche delle attività minerarie. Le ricorrenti sostengono che, poiché al momento della vendita controversa le miniere di Cassandra non erano operative, detti terreni avevano un valore ridotto, in quanto non potevano essere utilizzati.

126    Al riguardo, occorre rilevare che, al punto 81 della decisione impugnata, la Commissione ha adottato la relazione valutativa come punto di riferimento per la valutazione dei terreni in questione, considerandoli come attivi separati dalle miniere, pur ammettendo che essi potevano essere utilizzati solo ai fini dell’attività mineraria. Tale valutazione va approvata, poiché i suddetti terreni costituiscono elementi patrimoniali addizionali che hanno un valore intrinseco, che può essere oggetto di valutazione economica.

127    Inoltre, poiché la relazione valutativa si fondava sui dati presentati dall’Ellinikos Chrysos ai fini della stima del valore delle suddette miniere e non costitutiva, dunque, una valutazione effettivamente indipendente, la Commissione ha verificato il valore dei terreni in questione, quale indicato nella predetta relazione e pari a sei milioni di euro, in particolare facendo ricorso al prezzo pagato per il loro acquisto dalla TVX Hellas nel 1995 e adeguando tale prezzo in funzione dell’indice generale dei prezzi della produzione industriale per il periodo dal 1995 al 2003 (v. punti da 84 a 86 della decisione impugnata).

128    In questo modo, la Commissione è giunta a un valore di EUR 3,5 milioni per i terreni acquistati dalla TVX Hellas nel 1995 e di EUR 1,1 milioni per gli altri 70 terreni acquistati dalla predetta società dopo il 1995. Il valore di questi ultimi è stato ricavato dai conti di tale società e la Commissione ha ritenuto che il valore ivi indicato fosse rappresentativo in un’economia di mercato, dato che è stato determinato dal mercato stesso (v. punto 88 della decisione impugnata). L’importo globale di EUR 4,6 milioni così ottenuto è stato adeguato in funzione dell’indice generale dei prezzi della produzione industriale greca per i periodi dal 1995 al 2003 e dal 1998 al 2003, giungendo così al risultato di EUR 5,9 milioni. La Commissione ha dunque ottenuto un importo molto vicino a quello proposto dalla relazione valutativa e ha quindi considerato che lo stesso fosse rappresentativo del valore di mercato al dicembre 2003 (v. punti 89 e 90 della decisione impugnata).

129    Orbene, da una parte, le autorità greche hanno, a loro volta, accettato, durante il procedimento amministrativo, che si tenesse conto del valore dei terreni determinato al momento della pubblica gara del 1995 (v. punto 87 della decisione impugnata).

130    Dall’altra, un approccio siffatto è conforme alla giurisprudenza, che riconosce che i costi di acquisto possono fornire un’indicazione accessoria o indiretta del valore di un terreno (sentenza del 10 aprile 2003, Scott/Commissione, T‑366/00, Racc., EU:T:2003:113, punto 106, non impugnata su tale punto). Nel caso di specie, la Commissione ha effettivamente utilizzato il prezzo pagato dalla TVX Hellas, al momento dell’acquisto dei terreni nel 1995, al fine di verificare e confermare il valore degli stessi, già stimato dalla relazione valutativa, come chiarito nel punto 86 della decisione impugnata.

131    Al riguardo, non appare convincente la censura relativa all’applicazione, da parte della Commissione, dell’indice generale dei prezzi della produzione industriale al fine di adeguare il valore dei terreni in esame all’inflazione intervenuta fino al 2003, nella misura in cui tale indice si applicherebbe ai beni industriali e non ai terreni in cui tali beni sono prodotti. Infatti, da un lato, spettava alla Commissione ricercare il valore dei suddetti terreni, non nel 1995, ma piuttosto al momento della vendita controversa, nel 2003 e, dall’altro, dal momento che non esisteva alcun indice dei prezzi dei terreni industriali, spettava alla Commissione applicare vuoi l’indice dei prezzi dei beni immobili commerciali, vuoi l’indice generale dei prezzi della produzione industriale, che è stato utilizzato nel caso di specie. Inoltre, occorre rilevare che tale scelta è stata piuttosto favorevole alle ricorrenti, poiché ha portato a un prezzo minore di quello al quale avrebbe condotto l’applicazione dell’indice dei prezzi dei beni immobili commerciali. In circostanze del genere, la Commissione ha utilizzato l’indice generale dei prezzi della produzione industriale senza commettere alcun errore manifesto di valutazione. Pertanto, si deve ritenere che, nella fattispecie, essa abbia indicato un valore dei terreni che corrisponde, con precisione sufficiente, al loro valore nel dicembre 2003, come richiesto dalla giurisprudenza applicabile (sentenza Scott/Commissione, punto 130 supra, EU:T:2003:113, punto 100).

132    Tenuto conto di quanto precede, la censura delle ricorrenti relativa al calcolo del valore dei terreni in esame deve essere respinta.

133    Per quanto riguarda, in terzo luogo, il valore delle riserve minerarie in questione, occorre rilevare che, con il contratto controverso, lo Stato greco ha ceduto all’Ellinikos Chrysos, da un lato, alcune riserve di minerali auriferi e, dall’altro, alcuni giacimenti di altri concentrati minerali (piombo e zinco).

134    Con riferimento alle riserve di minerali auriferi, nell’ambito della decisione impugnata, la Commissione ammette che il valore delle riserve d’oro era negativo al momento della vendita controversa, a causa del rapporto prezzo/costo, tenuto conto del prezzo relativamente basso dell’oro, delle spese di trasporto e di trattamento dei concentrati d’oro, calcolati al punto 92 della suddetta decisione. Essa sottolinea, inoltre, che la relazione valutativa non effettua una stima del valore dei minerali d’oro. Pertanto, essa conclude che non è possibile calcolare tale valore (v. punto 93 della decisione impugnata).

135    Infatti, per quanto concerne le riserve di minerali auriferi, la Commissione ritiene che un investitore avveduto non le tratterebbe, al fine di evitare perdite, e, pertanto, il loro valore non sarebbe negativo ma nullo. Tuttavia, la Repubblica ellenica ha sottolineato che i concentrati d’oro presentano un contenuto di arsenico pari a quasi il 10% e che, qualora essi non possano essere commercializzati, sono classificati come rifiuti pericolosi, il cui trattamento e la cui gestione sono obbligatori in forza della direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive (GU L 102, pag. 15). Nondimeno, la Commissione ha correttamente rilevato che i costi ambientali erano già stati considerati nell’ambito del calcolo del valore delle miniere e che, pertanto, non occorreva dedurli una seconda volta nell’ambito della valutazione delle suddette riserve.

136    Per quanto riguarda gli altri concentrati di minerali esistenti nei giacimenti ceduti, la Commissione si è basata sulla stima, contenuta nella relazione valutativa, dei concentrati esistenti al 30 giugno 2004, sulla base del metodo utilizzato di norma per calcolare il pagamento dei metalli, che indica il rendimento netto della fonderia (v. punti 95 e 96 della decisione impugnata). In seguito, essa ha moltiplicato le quantità di minerale (comunicate dall’Ellinikos Chrysos) nel dicembre 2003 per il prezzo dei metalli, quale indicato nelle quotazioni della Borsa dei metalli, giungendo a un valore di EUR 3 milioni. Inoltre, essa ha precisato che, poiché i giacimenti erano stati venduti nel dicembre 2004 dall’Ellinikos Chrysos, ossia dopo la redazione di tale relazione, non sussisteva nessun’altra vendita contestuale alla vendita controversa che avrebbe potuto essere presa in considerazione per effettuare un’analisi comparativa. A tal riguardo, il calcolo effettuato dalla Commissione non è dunque viziato da alcun errore manifesto.

137    Per quanto riguarda l’argomento della Repubblica ellenica secondo cui, in sostanza, al momento della vendita all’Ellinikos Chrysos, i quantitativi di minerali che si trovavano nei giacimenti ceduti sarebbero stati inferiori a quelli stimati nella relazione valutativa, esso deve essere respinto, dal momento che la Commissione non ne ha avuto conoscenza durante il procedimento amministrativo. Infatti, secondo una giurisprudenza costante, la legittimità di una decisione in materia di aiuti di Stato deve essere valutata in funzione degli elementi a disposizione della Commissione al momento in cui essa l’ha adottata (v. sentenza del 20 marzo 2013, Rousse Industry/Commissione, T‑489/11, EU:T:2013:144, punto 33 e giurisprudenza ivi citata) e un ricorrente non può avvalersi, dinanzi al giudice, di elementi di fatto che non sono stati dedotti durante il procedimento precontenzioso previsto all’articolo 108 TFUE. Parimenti, non può essere contestato alla Commissione di non aver tenuto conto di eventuali elementi di fatto o di diritto che avrebbero potuto essere presentati alla stessa durante il procedimento amministrativo, ma che non lo sono stati, dal momento che la Commissione non è obbligata ad esaminare d’ufficio o in via presuntiva quali elementi avrebbero potuto esserle sottoposti (v., in tal senso, sentenza del 27 settembre 2012, Wam Industriale/Commissione, T‑303/10, EU:T:2012:505, punto 119 e giurisprudenza ivi citata).

138    La presente censura deve quindi essere respinta, nella misura in cui essa si riferisce all’errore di calcolo del valore degli altri concentrati di minerale esistenti nei giacimenti ceduti.

139    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, la seconda parte del primo motivo relativo alla prima misura di aiuto deve essere integralmente respinta, dal momento che il Tribunale non ha accertato alcun errore manifesto di valutazione, per quanto riguarda l’applicazione del criterio dell’investitore privato, né alcun altro errore di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, di fatto o di calcolo.

–        Sulla prima parte, relativa a un errore nella valutazione della condizione dell’utilizzo delle risorse statali

140    Le ricorrenti asseriscono, in sostanza, che la Commissione, nell’affermare al punto 106 della decisione impugnata che la Repubblica ellenica ha svolto il ruolo di venditore, e non quello di un semplice intermediario che agisce nell’interesse pubblico, avrebbe erroneamente valutato i fatti e, di conseguenza, erroneamente considerato soddisfatto il criterio delle risorse statali. Infatti, da un lato, l’operazione, in realtà, sarebbe stata costituita da contratti «specchio», «consecutivi» o «garantiti» tra imprese private, e lo Stato greco avrebbe dunque svolto un ruolo di semplice intermediario al fine di individuare un acquirente e di garantire l’operatività continua delle miniere, unitamente a una costante protezione dell’ambiente e al mantenimento dell’occupazione nella regione.

141    Dall’altro, i fondi utilizzati per pagare il prezzo della vendita controversa delle miniere di Cassandra, che sono stati versati direttamente alla TVX Hellas, ai sensi dell’articolo 2 del contratto controverso, non rappresenterebbero una perdita diretta delle risorse statali imputabile allo Stato greco, poiché non ha avuto luogo alcun trasferimento diretto o indiretto delle risorse statali, ai sensi della giurisprudenza pertinente.

142    Inoltre, secondo la Repubblica ellenica, il ruolo di semplice intermediario svolto nell’ambito dell’operazione controversa sarebbe confermato dalla posizione assunta, al riguardo, dall’unità «Legislazione degli appalti pubblici», della direzione «Appalti pubblici», della direzione generale «Mercato interno e servizi», in una lettera trasmessa, il 21 settembre 2009, al segretario generale del Ministero dello Sviluppo greco, in risposta alla domanda di quest’ultimo intesa a verificare se il contratto controverso rientrasse nel campo di applicazione del diritto degli appalti pubblici. Tale presa di posizione confermerebbe altresì il fatto che il diritto dell’Unione non impone alcun obbligo di effettuare una gara d’appalto per la vendita di miniere.

143    L’Ellinikos Chrysos aggiunge che il fatto che gli attivi in questione o l’importo di undici milioni di euro non siano mai stati iscritti nel bilancio dello Stato greco renderebbe impossibile, secondo il diritto greco, il recupero dell’aiuto, come richiesto dalla decisione impugnata. Lo Stato greco dovrebbe, infatti, adottare una nuova normativa specifica al fine di rispettare l’obbligo di recupero.

144    Secondo la Repubblica ellenica, al fine di qualificare come aiuto di Stato il prezzo di vendita delle miniere di Cassandra, non è sufficiente che detto prezzo sia inferiore al valore di mercato, che lo Stato greco abbia acquistato, durante un lasso di tempo virtuale, la proprietà degli attivi della TVX Hellas prima di trasferirli all’acquirente Ellinikos Chrysos e che lo Stato greco abbia controllato tutte queste operazioni e le abbia ratificate mediante una legge.

145    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

146    Per quanto riguarda la condizione relativa all’utilizzo delle risorse statali e dunque all’imputabilità allo Stato della misura in questione, dalla giurisprudenza della Corte emerge che determinati vantaggi, per poter essere qualificati come aiuti ai sensi dell’articolo [107], paragrafo 1, [TFUE], debbono, da un lato, essere concessi direttamente o indirettamente mediante risorse statali (v. sentenza del 16 maggio 2002, Francia/Commissione, C‑482/99, Racc., EU:C:2002:294, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

147    Dall’altro, il vantaggio deve derivare da un trasferimento di risorse statali. Infatti, secondo una giurisprudenza costante, solo i vantaggi concessi direttamente o indirettamente mediante risorse statali o che costituiscono un onere supplementare per lo Stato vanno considerati aiuti ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (v. sentenza del 19 marzo 2013, Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione e a. e Commissione/Francia e a., C‑399/10 P e C‑401/10 P, Racc., EU:C:2013:175, punto 99 e giurisprudenza ivi citata). Tali due condizioni sono distinte e cumulative (sentenza del 5 aprile 2006, Deutsche Bahn/Commissione, T‑351/02, Racc., EU:T:2006:104, punto 103).

148    Al riguardo, non in tutti i casi è necessario dimostrare che vi è stato un trasferimento di risorse statali perché il vantaggio concesso a una o più imprese possa essere considerato come un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. In tal senso, sono in particolare considerati aiuti gli interventi che, in varie forme, alleviano gli oneri che di regola gravano sul bilancio di un’impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, hanno la stessa natura e producono identici effetti (v. sentenza Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione e a. e Commissione/Francia e a., punto 147 supra, EU:C:2013:175, punti 100 e 101 e giurisprudenza ivi citata).

149    Infatti, secondo una giurisprudenza costante, l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE definisce gli interventi statali in funzione dei loro effetti (v. sentenza del 5 giugno 2012, Commissione/EDF, C‑124/10 P, Racc., EU:C:2012:318, punto 77 e giurisprudenza ivi citata; sentenza Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione e a. e Commissione/Francia e a., punto 147 supra, EU:C:2013:175, punto 102).

150    Pertanto, un intervento statale che può, al tempo stesso, collocare le imprese alle quali si applica in una situazione più favorevole rispetto ad altre e creare un rischio sufficientemente concreto che si realizzi, in futuro, un onere supplementare per lo Stato, può gravare sulle risorse statali (v. sentenza Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione e a. e Commissione/Francia e a., punto 147 supra, EU:C:2013:175, punto 106 e giurisprudenza ivi citata).

151    Inoltre, la Corte ha precisato che vantaggi consentiti sotto forma di una garanzia statale possono comportare un onere supplementare per lo Stato (sentenze del 1° dicembre 1998, Ecotrade, C‑200/97, Racc., EU:C:1998:579, punto 43; dell’8 dicembre 2011, Residex Capital IV, C‑275/10, Racc., EU:C:2011:814, punti da 39 a 42, e Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione e a. e Commissione/Francia e a., punto 147 supra, EU:C:2013:175, punto 107).

152    Peraltro, dalla giurisprudenza della Corte si evince che, atteso che, in termini economici, la modifica delle condizioni di mercato che genera un vantaggio indirettamente concesso a determinate imprese costituisce la risultante del venir meno di entrate tributarie per i pubblici poteri, anche l’intervento di una decisione autonoma da parte degli investitori non produce l’effetto di far venire meno il nesso esistente tra detto venir meno di entrate ed il beneficio a favore delle imprese interessate (sentenza Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione e a. e Commissione/Francia e a., punto 147 supra, EU:C:2013:175, punto 108).

153    Di conseguenza, ai fini della constatazione dell’esistenza di un aiuto di Stato, la Commissione deve dimostrare un nesso sufficientemente diretto tra, da un lato, il vantaggio accordato al beneficiario e, dall’altro, una riduzione del bilancio statale o un rischio economico sufficientemente concreto di oneri gravanti su tale bilancio (sentenza Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione e a. e Commissione/Francia e a., punto 147 supra, EU:C:2013:175, punto 109).

154    Nella fattispecie, è pacifico che il contratto controverso da cui discende il vantaggio a favore dell’Ellinikos Chrysos sia stato stipulato tra quest’ultima e lo Stato greco. Nell’ambito di tale contratto, lo Stato greco, in qualità di venditore, assume un dato numero di obblighi e di diritti nei confronti dell’altra parte contraente, come quelli derivanti dall’articolo 1, paragrafo 3, dall’articolo 3, paragrafo 3, e dall’articolo 4 di detto contratto. Pertanto, è giocoforza constatare che il vantaggio derivante da tale contratto di cui lo Stato greco è promotore, firmatario e garante può essere imputato a quest’ultimo.

155    Per quanto riguarda il fatto che il vantaggio sia concesso direttamente o indirettamente mediante risorse statali, occorre rilevare, in primo luogo, che la vendita controversa, ossia la rivendita all’Ellinikos Chrysos delle miniere di Cassandra a un prezzo inferiore al prezzo di mercato, implica una riduzione delle entrate dello Stato greco rispetto a quelle che avrebbe potuto ottenere e dunque una perdita di risorse. Ciò comporta, di per sé, un vantaggio per la società che acquista i beni e un onere che può gravare sulle risorse dello Stato. In secondo luogo, mediante gli impegni assunti, in forza dell’articolo 1, paragrafo 3, dell’articolo 3, paragrafo 3, e dell’articolo 4 del contratto controverso, ratificati dagli articoli 52 e 53 della legge ellenica n. 3220/2004, lo Stato greco ha esposto il proprio bilancio a un rischio di oneri connessi ad eventuali azioni da intraprendere in luogo dell’acquirente per rispettare le disposizioni legislative applicabili. Tali garanzie fornite dallo Stato greco determinano un rischio sufficientemente concreto di generare, per il futuro, un onere supplementare per lo Stato, ai sensi della giurisprudenza citata ai precedenti punti 151 e 153.

156    Pertanto, la Commissione non ha commesso alcun errore nell’affermare, ai punti da 105 a 107 della decisione impugnata, che il criterio del trasferimento delle risorse statali era stato soddisfatto.

157    Tale conclusione non è rimessa in discussione dagli argomenti addotti dalle ricorrenti.

158    In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti relativo all’esistenza di un’unica operazione, costituita da contratti garantiti tra parti private, è necessario rilevare, da un lato, che i testi del contratto controverso nonché dell’accordo extragiudiziale fanno espresso riferimento a un acquisto degli attivi in questione da parte dello Stato greco [v. punto II, lettere a) ed e), dell’accordo extragiudiziale nonché il preambolo, paragrafo 3, lettera a), e l’articolo 1 del contratto controverso]. Quest’ultimo, infatti, ha necessariamente acquistato i suddetti attivi per poi trasferirne la proprietà all’Ellinikos Chrysos. Inoltre, l’assenza di trascrizione dei suddetti attivi nel catasto a nome dello Stato greco, eccepita dall’Ellinikos Chrysos al fine di dimostrare che la proprietà di questi ultimi non sarebbe stata trasferita allo Stato greco, era prevista espressamente, in deroga alle disposizioni generalmente applicabili, dall’articolo 51, paragrafo 2, lettera a), della legge n. 3220/2004. Una siffatta disposizione legislativa speciale non aveva tuttavia l’effetto di impedire il passaggio della proprietà allo Stato greco. Infatti, se tale Stato non fosse stato proprietario dei predetti attivi, non avrebbe potuto trasferirne la proprietà all’Ellinikos Chrysos.

159    In secondo luogo, deve essere respinto anche l’argomento della Repubblica ellenica relativo all’assenza di un trasferimento diretto delle risorse statali, poiché esso si fonda su un’interpretazione parziale e inesatta della giurisprudenza. Invero, come ricordato ai precedenti punti da 147 a 149, non è necessario un trasferimento diretto di risorse.

160    Infine, deve essere respinto l’argomento dell’Ellinikos Chrysos secondo cui il recupero dell’aiuto sarebbe impossibile dal momento che lo Stato greco dovrebbe adottare a tal fine una nuova normativa specifica, poiché gli attivi in questione o l’importo di undici milioni di euro non sono mai stati iscritti nel bilancio statale. Infatti, secondo costante giurisprudenza, il solo mezzo che uno Stato destinatario di una decisione di recupero di un aiuto potrebbe invocare per giustificare il mancato recupero di un aiuto dichiarato incompatibile con il mercato interno è quello dell’impossibilità assoluta di dare correttamente esecuzione alla decisione che ordina il recupero (v., in tal senso, sentenza del 12 maggio 2005, Commissione/Grecia, C‑415/03, Racc., EU:C:2005:287, punto 35 e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, l’eventuale necessità di adottare una normativa specifica a tal fine non costituisce una siffatta impossibilità assoluta ma rientra, piuttosto, nell’obbligo che incombe al suddetto Stato di cooperare in buona fede per superare le difficoltà nel pieno rispetto delle disposizioni del Trattato e, soprattutto, di quelle relative agli aiuti di Stato (v., in tal senso, sentenza Commissione/Grecia, C‑415/03, EU:C:2005:287, punto 42).

161    Tenuto conto di quanto precede, la prima parte del primo motivo relativa alla prima misura di aiuto deve essere respinta in quanto infondata.

–       Sulla terza parte, relativa a un errore nella valutazione della condizione dell’esistenza di una distorsione della concorrenza e di un’incidenza sugli scambi tra Stati membri (causa T‑233/11)

162    In primo luogo, la Repubblica ellenica eccepisce una violazione delle norme per la definizione del mercato rilevante nel diritto della concorrenza, poiché la Commissione vi avrebbe ricompreso metalli contenuti nei giacimenti. A suo avviso, poiché, al momento della vendita controversa, l’unico sito minerario in grado di funzionare tra quelli in esame era quello di Stratoni e quest’ultimo produceva solo minerali di piombo e di zinco, la suddetta vendita riguarderebbe solo il mercato di questi minerali.

163    In secondo luogo, la Repubblica ellenica contesta la constatazione della Commissione esposta al punto 110 della decisione impugnata, secondo la quale le attività di estrazione di zinco, rame, piombo, oro e argento erano effettuate in undici Stati membri oltre alla Grecia, e tali prodotti formavano l’oggetto di scambi commerciali in tutta l’Unione. Invero, tale constatazione poteva riferirsi solo al mercato dei metalli, che non era il mercato rilevante corretto. I produttori concorrenti di minerali di piombo e di zinco (mercato rilevante corretto) avrebbero sede, invece, rispettivamente in sei e cinque degli undici Stati membri menzionati dalla Commissione, come indicato in una relazione intitolata «Olympias Marketing Study». Peraltro, l’influenza dell’Ellinikos Chrysos sulla concorrenza sarebbe insignificante posto che, nell’anno successivo alla vendita controversa, la sua produzione rappresentava solo lo 0,2% dell’estrazione mineraria di zinco e lo 0,9% dell’estrazione mineraria di piombo nel mercato europeo. Infine, tale vendita avrebbe avuto l’effetto di aumentare la produzione dei summenzionati minerali in seno all’Unione. Questi minerali coprirebbero rispettivamente solo il 34% e il 54% del potenziale metallurgico dell’Unione, mentre il disavanzo è compensato mediante importazioni da paesi che non fanno parte dell’Unione. Ne consegue che tale vendita avrebbe favorito e non falsato la competitività delle industrie europee.

164    La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica ellenica.

165    In via preliminare, occorre ricordare che, secondo giurisprudenza costante, in materia di aiuti di Stato, le due condizioni di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, relative all’incidenza sugli scambi tra gli Stati membri e alla distorsione della concorrenza, sono, di norma, tra loro indissolubilmente connesse. In particolare, quando un aiuto finanziario concesso dallo Stato rafforza la posizione di un’impresa rispetto ad altre imprese concorrenti nell’ambito degli scambi intracomunitari, questi ultimi devono ritenersi influenzati dall’aiuto (v. sentenza del 30 aprile 2009, Commissione/Italia e Wam, C‑494/06 P, EU:C:2009:272, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

166    Inoltre, secondo giurisprudenza costante, nell’ambito della sua valutazione delle condizioni di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, la Commissione non è tenuta a dimostrare un’incidenza effettiva degli aiuti sugli scambi tra gli Stati membri e un’effettiva distorsione della concorrenza, ma deve solamente esaminare se i detti aiuti siano idonei a incidere su tali scambi e a falsare la concorrenza (sentenze del 29 aprile 2004, Italia/Commissione, C‑372/97, Racc., EU:C:2004:234, punto 44, e del 15 dicembre 2005, Unicredito Italiano, C‑148/04, Racc., EU:C:2005:774, punto 54).

167    L’incompatibilità di un aiuto con il mercato interno, in definitiva, va rilevata qualora l’aiuto abbia ovvero possa avere un’incidenza sugli scambi intracomunitari e un effetto distorsivo della concorrenza ivi esistente (sentenza Unicredito Italiano, punto 166 supra, EU:C:2005:774, punto 55).

168    Nel caso di specie, la Commissione ha constatato, al punto 110 della decisione impugnata, che il settore di attività dell’Ellinikos Chrysos, vale a dire quello dell’estrazione di zinco, rame, piombo, oro e argento, riguardava prodotti che circolavano ampiamente nel mercato interno, che la suddetta attività era svolta in undici Stati membri, che l’aiuto conferiva alla suddetta società un vantaggio nei confronti dei suoi concorrenti e, in conclusione, che esisteva un rischio di distorsione della concorrenza e un’incidenza sugli scambi tra Stati membri.

169    Orbene, gli argomenti della Repubblica ellenica, che mirano a contestare la definizione del mercato rilevante adottata dalla Commissione, non sono tali da confutare la fondatezza di tale conclusione. Infatti, è sufficiente che la Commissione dimostri che l’aiuto controverso sia idoneo ad incidere sugli scambi tra gli Stati membri e falsi o minacci di falsare la concorrenza, senza che sia necessario delimitare il mercato di cui trattasi (v. sentenza del 15 giugno 2010, Mediaset/Commissione, T‑177/07, Racc., EU:T:2010:233, punto 146 e giurisprudenza ivi citata).

170    Quanto all’argomento della Repubblica ellenica relativo all’asserito carattere pro concorrenza della prima misura di aiuto, che verte sull’esistenza di un’insufficienza nel mercato europeo delle materie prime, esso deve essere respinto in quanto inconferente. Infatti, supponendo che sia veritiero, un siffatto elemento non è in grado di controbilanciare il rischio di distorsione della concorrenza che deriva dal rafforzamento della posizione di mercato dell’Ellinikos Chrysos in ragione dell’adozione di tale misura, in quanto, come ricordato ai precedenti punti 166 e 167, la Commissione non è tenuta a dimostrare un’incidenza effettiva degli aiuti sugli scambi tra gli Stati membri e un’effettiva distorsione della concorrenza.

171    Infatti, sebbene il mercato europeo sia carente per quanto riguarda la produzione di minerali, l’Ellinikos Chrysos beneficerebbe in ogni caso di un vantaggio concorrenziale rispetto alle altre imprese minerarie, nella misura in cui essa competerebbe nel mercato interno con le altre imprese minerarie, senza avere bisogno di ricorrere all’importazione dei suddetti minerali.

172    Tenuto conto di quanto precede, la terza parte del primo motivo relativo alla prima misura di aiuto deve essere respinta in quanto infondata.

 Sulla seconda misura di aiuto

–       Sulla prima parte, relativa a un errore nella valutazione della condizione dell’esistenza di un vantaggio (cause T‑233/11 e T‑262/11)

173    Le ricorrenti sostengono che l’esenzione dalle tasse applicata alla vendita controversa era inferiore alla soglia de minimis in materia di aiuti di Stato. Al riguardo, da una parte, le tasse sul passaggio di proprietà sarebbero state calcolate sulla base errata del valore dei terreni in questione, vale a dire un importo di EUR 6 milioni, cifra che sarebbe stata arbitrariamente indicata dalla European Goldfields. Dall’altra, la tassa di cessione dei diritti minerari sarebbe stata calcolata sulla base errata del valore totale delle miniere di Cassandra, in luogo del solo valore dei diritti minerari, in contrasto con quanto previsto dall’articolo 173, paragrafo 1, del codice minerario greco, che esclude il valore delle miniere dalla base di calcolo di detta tassa.

174    L’Ellinikos Chrysos aggiunge che le tasse sul passaggio di proprietà non erano dovute, in considerazione del carattere non definitivo del contratto controverso, posto che gli articoli 3 e 4 del suddetto contratto prevedevano un obbligo per l’acquirente di predisporre un piano di impresa, che non è stato presentato.

175    La Commissione respinge tali argomenti.

176    In via preliminare, occorre rammentare che, secondo giurisprudenza costante, un provvedimento mediante il quale le pubbliche autorità accordino a determinate imprese un’esenzione fiscale che, pur non implicando un trasferimento di risorse da parte dello Stato, collochi i beneficiari in una situazione finanziaria più favorevole di quella degli altri soggetti tributari passivi, costituisce aiuto statale ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (sentenze del 15 marzo 1994, Banco Exterior de España, C‑387/92, Racc., EU:C:1994:100, punto 14; del 19 maggio 1999, Italia/Commissione, C‑6/97, Racc., EU:C:1999:251, punto 16, e del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione, C‑182/03 e C‑217/03, Racc., EU:C:2006:416, punto 87).

177    Nella fattispecie, la Commissione ha considerato, al punto 118 della decisione impugnata, che due tasse diverse erano esigibili per la vendita controversa, vale a dire, da un lato, una tassa per il passaggio di proprietà delle miniere di Cassandra che, in conformità al codice minerario greco, ammontava al 5% del prezzo di vendita delle suddette miniere e, dall’altro, una tassa per il passaggio di proprietà dei terreni in questione, pari al 7-9% del loro prezzo di vendita.

178    Per quanto riguarda la seconda tassa, come esposto ai precedenti punti da 125 a 132, le ricorrenti non sono state in grado di dimostrare che la Commissione avesse commesso errori nel calcolo del valore dei terreni in questione. Pertanto, l’importo di detta tassa, calcolato su tale base e pari a EUR 0,54 milioni (v. punto 124 della decisione impugnata), non è neppure errato. Orbene, un siffatto importo supera la soglia di EUR 100 000 per gli aiuti de minimis, prevista dal regolamento (CE) n. 69/2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001, relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti d’importanza minore («de minimis») (GU L 10, pag. 30), in vigore al momento della vendita controversa. Ne consegue che la decisione impugnata non è viziata da errori riguardo all’esistenza di un elemento di aiuto, per quanto concerne l’esenzione dall’obbligo di pagare la tassa per il passaggio di proprietà di tali terreni.

179    Una siffatta conclusione non può essere rimessa in discussione dall’argomento della Repubblica ellenica riguardante l’impossibilità di utilizzare i terreni in questione per fini diversi dall’attività mineraria. Come osservato al precedente punto 126, i predetti terreni devono essere considerati come se avessero un proprio valore addizionale rispetto a quello dei siti minerari in esame e la loro vendita non può essere sottratta all’obbligo fiscale in questione.

180    Posto che ai precedenti punti da 107 a 109 è stato accertato che la Commissione non ha commesso errori nel valutare il valore delle miniere di Cassandra, occorre altresì concludere che neppure il calcolo dell’importo della tassa dovuta per il passaggio di proprietà delle suddette miniere, e non pagato dall’Ellinikos Chrysos, ai sensi dell’articolo 5, terzo comma, e dell’articolo 9, paragrafo 5, del contratto controverso, è viziato da errori.

181    Infatti, una siffatta esenzione, prevista da una disposizione legislativa, vale a dire l’articolo 52 della legge ellenica n. 3220/2004 di ratifica del contratto controverso, costituisce una misura imputabile allo Stato e comporta sia un vantaggio per l’acquirente degli attivi che sono oggetto delle vendita controversa, sia una perdita di risorse per il bilancio statale.

182    Nella misura in cui la Repubblica ellenica afferma che solo la «cessione dei diritti minerari» poteva essere soggetta a tassazione in forza del diritto minerario greco (articolo 173, paragrafo 1, del codice minerario greco), detto argomento deve essere dichiarato irricevibile, ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 137.

183    Occorre altresì respingere l’argomento dell’Ellinikos Chrysos secondo cui le tasse per il passaggio di proprietà non erano dovute, in considerazione del carattere non definitivo del contratto controverso. Infatti, in primo luogo, da nessuna disposizione del contratto risulta che quest’ultimo avesse un carattere provvisorio o non definitivo. In secondo luogo, le disposizioni invocate dall’Ellinikos Chrysos (articoli 3 e 4 di detto contratto) prevedono unicamente clausole di risoluzione del contratto, che consentono la cessazione dei suoi effetti ma non ne impediscono il perfezionamento. In terzo luogo, l’articolo 9 di detto contratto prevede espressamente che esso entra in vigore a partire dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica ellenica della legge che lo ratifica.

184    Tenuto conto di quanto precede, la prima parte del primo motivo deve essere respinta anche per quanto concerne la seconda misura di aiuto.

–       Sulla seconda parte, relativa a un errore nella valutazione della condizione dell’esistenza di una distorsione della concorrenza e di un’incidenza sugli scambi tra Stati membri (causa T‑233/11)

185    La Repubblica ellenica contesta l’esistenza di una minaccia di distorsione della concorrenza per quanto concerne la seconda misura di aiuto, rinviando, in sostanza, agli argomenti addotti nell’ambito della terza parte del primo motivo con riferimento alla prima misura di aiuto.

186    Posto che la seconda misura di aiuto è accessoria alla prima e che, per quanto concerne quest’ultima, la condizione dell’esistenza di una distorsione della concorrenza e di un’incidenza sugli scambi tra Stati membri deve ritenersi soddisfatta, si deve ritenere la stessa soddisfatta anche riguardo alla seconda misura di aiuto, per gli stessi motivi dedotti in risposta agli argomenti presentati nell’ambito della terza parte del primo motivo, con riferimento alla prima misura di aiuto, quali indicati ai precedenti punti da 165 a 172.

 Sul secondo motivo, relativo all’errata interpretazione e applicazione dell’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento n. 659/1999 e alla violazione dei principi di proporzionalità, di leale cooperazione, di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento (causa T‑233/11)

187    La Repubblica ellenica, nel richiamare il testo dell’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento n. 659/1999, nonché il contenuto del documento della Commissione del 7 giugno 2005, intitolato «Piano d’azione nel settore degli aiuti di Stato – Aiuti di Stato meno numerosi e più mirati: itinerario di riforma degli aiuti di Stato 2005-2009» [COM(2005) 107 definitivo], contesta la legittimità della decisione della Commissione di imporre il recupero dell’aiuto, in ragione del fatto che essa eccederebbe i limiti del suo potere discrezionale e violerebbe i principi di proporzionalità, di leale cooperazione e di tutela del legittimo affidamento. Al riguardo, essa sottolinea che l’obbligo di recuperare EUR 15,34 milioni rischia di sospendere un investimento diretto in Grecia di importo pari a EUR 850 milioni, limitando in tal modo la crescita economica e la concorrenza, invece di rafforzarla, in un periodo di grave crisi economica per tale paese. La Commissione avrebbe dunque commesso un errore nel ponderare la minaccia di distorsione della concorrenza con gli effetti benefici connessi al proseguimento delle attività nei siti minerari in questione, violando in tal modo i summenzionati principi.

188    La Commissione contesta tali argomenti.

189    In via preliminare, occorre ricordare che l’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999 è così formulato:

«Nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto dal beneficiario (…). La Commissione non impone il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto dell’Unione».

190    Peraltro, occorre ricordare che la soppressione di un aiuto illegittimo mediante recupero è la logica conseguenza dell’accertamento della sua illegittimità, poiché lo scopo del recupero degli aiuti illegalmente concessi è permettere di ristabilire la situazione precedente, facendo perdere al beneficiario il vantaggio di cui ha effettivamente fruito rispetto ai suoi concorrenti. Con la restituzione dell’aiuto, il beneficiario perde il vantaggio di cui aveva fruito sul mercato rispetto ai suoi concorrenti e viene ristabilita la situazione precedente al versamento dell’aiuto (v., in tal senso, sentenza del 29 marzo 2012, Commissione/Italia, C‑243/10, Racc., EU:C:2012:182, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

191    Risulta altresì da tale funzione del rimborso che, in linea generale, salvo circostanze eccezionali, la Commissione non travalica i limiti del suo potere discrezionale quando chiede allo Stato membro di recuperare le somme concesse a titolo di aiuti illegali, poiché non fa altro che ripristinare la situazione precedente (sentenza del 9 settembre 2009, Diputación Foral de Álava e a./Commissione, da T‑227/01 a T‑229/01, T‑265/01, T‑266/01 e T‑270/01, Racc., EU:T:2009:315, punto 373).

192    In primo luogo, per quanto riguarda l’affermazione riguardante una violazione del principio di proporzionalità, è pur vero che quest’ultimo esige che gli atti delle istituzioni dell’Unione non eccedano i limiti di quanto è opportuno e necessario per raggiungere il fine prefissato, fermo restando che, qualora una scelta si offra tra più misure appropriate, si deve fare ricorso a quella meno restrittiva (sentenza Diputación Foral de Álava e a./Commissione, punto 191 supra, EU:T:2009:315, punto 374).

193    Tuttavia, il recupero di aiuti illegalmente concessi, dal momento che esso è finalizzato al ripristino della situazione precedente, non può in linea di principio essere considerato una misura sproporzionata rispetto agli obiettivi delle disposizioni del Trattato in materia di aiuti di Stato (v. sentenza Diputación Foral de Álava e a./Commissione, punto 191 supra, EU:T:2009:315, punto 372 e giurisprudenza ivi citata).

194    Nella fattispecie, è giocoforza constatare che la Repubblica ellenica si limita a fare riferimento al principio di proporzionalità, senza illustrare in quale misura questo sarebbe stato concretamente violato, benché i principi richiamati ai precedenti punti 192 e 193 implicassero un argomento particolarmente convincente. Occorre dunque respingere tale censura in quanto irricevibile, alla luce della giurisprudenza ai sensi della quale l’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991 esige un’«esposizione sommaria dei motivi», posto che un siffatto requisito è imposto anche in relazione alle censure dedotte a sostegno di un motivo (v., in tal senso, sentenza del 25 ottobre 2012, Arbos/Commissione, T‑161/06, EU:T:2012:573, punto 22 e giurisprudenza ivi citata) e la semplice invocazione di un principio di diritto dell’Unione, senza l’indicazione degli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda tale affermazione, non soddisfa i requisiti dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), di detto regolamento di procedura (v., in tal senso, sentenza del 2 settembre 2009, El Morabit/Consiglio, T‑37/07 e T‑323/07, EU:T:2009:296, punto 27).

195    In secondo luogo, per quanto riguarda l’affermazione relativa alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento, ai sensi di una costante giurisprudenza, il diritto di avvalersi di tale principio si estende a ogni individuo in capo al quale un’istituzione dell’Unione abbia fatto sorgere fondate speranze a causa di assicurazioni precise che gli avrebbe fornito (v. sentenza del 21 luglio 2011, Alcoa Trasformazioni/Commissione, C‑194/09 P, Racc., EU:C:2011:497, punto 71 e giurisprudenza ivi citata). Costituiscono assicurazioni in tal senso, indipendentemente dalla forma con cui vengano comunicate, informazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili. Per contro nessuno può invocare una violazione del legittimo affidamento in mancanza di assicurazioni precise fornitegli dall’amministrazione (v. sentenza del 14 febbraio 2006, TEA-CEGOS e a./Commissione, T‑376/05 e T‑383/05, Racc., EU:T:2006:47, punto 88 e giurisprudenza ivi citata).

196    Da tale principio, applicabile specificamente in materia di controllo degli aiuti di Stato in forza dell’articolo 14 del regolamento n. 659/1999, discende che è possibile invocare la tutela del legittimo affidamento del beneficiario dell’aiuto, a condizione che quest’ultimo disponga di assicurazioni sufficientemente precise, risultanti da un intervento attivo della Commissione, che gli consentano di ritenere che una misura non costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (sentenza del 30 novembre 2009, Francia/Commissione, T‑427/04 e T‑17/05, Racc., EU:T:2009:474, punto 261). Per contro, in mancanza di una presa di posizione esplicita da parte della Commissione in merito ad una misura ad essa notificata, il silenzio serbato dall’istituzione non può, sul fondamento del principio della tutela del legittimo affidamento dell’impresa beneficiaria di un aiuto di Stato, ostare al recupero dello stesso (v., in tal senso, sentenza dell’11 novembre 2004, Demesa e Territorio Histórico de Álava/Commissione, C‑183/02 P e C‑187/02 P, Racc., EU:C:2004:701, punto 44).

197    È pur vero che non può escludersi la possibilità, per il beneficiario di un aiuto illegittimamente concesso, di invocare circostanze eccezionali sulle quali abbia potuto fondare il proprio affidamento circa la regolarità dell’aiuto e di opporsi, quindi, alla sua ripetizione [v., in tal senso, sentenze del 15 settembre 1998, BFM ed EFIM/Commissione, T‑126/96 e T‑127/96, Racc., EU:T:1998:207, punto 70; del 5 agosto 2003, P&O European Ferries (Vizcaya) e Diputación Foral de Vizcaya/Commissione, T‑116/01 e T‑118/01, Racc., EU:T:2003:217, punti 201 e 204, e Francia/Commissione, punto 196 supra, EU:T:2009:474, punto 263].

198    Per contro, uno Stato membro le cui autorità abbiano concesso un aiuto in violazione delle norme procedurali di cui all’articolo 108 TFUE non può invocare la tutela del legittimo affidamento dei beneficiari per sottrarsi all’obbligo di adottare i provvedimenti necessari ai fini dell’esecuzione di una decisione della Commissione con cui sia stato ordinato di ripetere l’aiuto. Ammettere tale possibilità significherebbe, infatti, privare di pratica efficacia le norme di cui agli articoli 107 TFUE e 108 TFUE, in quanto le autorità nazionali potrebbero far valere in tal modo il proprio illegittimo comportamento, al fine di vanificare l’efficacia delle decisioni emanate dalla Commissione in virtù di tali disposizioni del Trattato (sentenze del 20 settembre 1990, Commissione/Germania, C‑5/89, Racc., EU:C:1990:320, punto 17, e del 1° aprile 2004, Commissione/Italia, C‑99/02, Racc., EU:C:2004:207, punto 20). Lo stesso Stato membro non può nemmeno invocare, a tale scopo, il principio della certezza del diritto (sentenza del 14 settembre 1994, Spagna/Commissione, da C‑278/92 a C‑280/92, Racc., EU:C:1994:325, punto 76).

199    Pertanto, la Repubblica ellenica non ha il diritto d’invocare il principio di tutela del legittimo affidamento per opporsi al recupero dell’aiuto, dal momento che essa ha concesso l’aiuto in violazione delle norme di procedura previste all’articolo 108 TFUE.

200    In terzo luogo, per quanto concerne l’affermazione relativa alla violazione del principio di leale cooperazione, dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE emerge che, in forza di tale principio, l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dai trattati.

201    Dal principio di leale cooperazione è stato dedotto che lo Stato membro destinatario di una decisione che gli impone di recuperare aiuti illegittimi è tenuto ad adottare ogni misura idonea ad assicurare l’esecuzione di tale decisione, al fine di giungere ad un’effettiva ripetizione delle somme dovute (v., in tal senso, sentenza del 29 marzo 2012, Commissione/Italia, C‑243/10, EU:C:2012:182, punto 35 e giurisprudenza ivi citata). Tale principio, non può, invece, essere invocato al fine di esonerare uno Stato membro dal recupero dei suddetti aiuti.

202    Infatti, come ricordato al precedente punto 190, la soppressione di un aiuto illegittimo mediante recupero è la logica conseguenza dell’accertamento della sua illegittimità, poiché lo scopo del recupero degli aiuti illegalmente concessi è permettere di ristabilire la situazione precedente. Inoltre, ai sensi dell’articolo 14 del regolamento n. 659/1999, la Commissione è tenuta ad imporre allo Stato membro di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto illegittimo nel caso in cui ne abbia accertato l’incompatibilità con il mercato interno, salvo che il recupero sia in contrasto con un principio generale del diritto dell’Unione. Peraltro, nell’ambito dell’obbligo di leale cooperazione che vincola reciprocamente la Commissione e gli Stati membri nell’attuazione delle norme del trattato in materia di aiuti di Stato, lo Stato membro interessato ha anche l’obbligo di calcolare l’ammontare preciso degli aiuti da recuperare (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2014, Grecia/Commissione, T‑52/12, EU:T:2014:677, punto 197 e giurisprudenza ivi citata).

203    Si deve pertanto ritenere che la Repubblica ellenica non possa invocare il principio di leale cooperazione per sottrarsi all’obbligo di adottare le misure necessarie ai fini dell’esecuzione di una decisione della Commissione che le ordini di ripetere l’aiuto.

204    Peraltro, la Repubblica ellenica non può avvalersi, nell’ambito del presente motivo, del documento della Commissione intitolato «Piano d’azione nel settore degli aiuti di Stato – Aiuti di Stato meno numerosi e più mirati: itinerario di riforma degli aiuti di Stato 2005-2009». Al riguardo, è sufficiente constatare, come correttamente rilevato dalla Commissione, che tale documento costituisce unicamente un itinerario per lo sviluppo della politica di quest’ultima in materia di aiuti di Stato che non può vincolarla nell’applicazione dell’articolo 107 TFUE e degli strumenti che danno specificamente attuazione alla suddetta politica, come i regolamenti di esenzione per categoria o i regolamenti relativi agli aiuti a favore delle piccole e medie imprese, gli aiuti per investimenti a finalità regionale o gli aiuti all’occupazione o ancora gli orientamenti e le discipline adottate dalla stessa.

205    Inoltre, nella misura in cui la Repubblica ellenica invoca la circostanza per cui l’eventuale recupero dell’aiuto illegittimo potrebbe condurre alla perdita di un investimento diretto nel paese, occorre rilevare che una siffatta circostanza, supponendo che sia veritiera, avrebbe potuto essere presa in considerazione dalla Commissione nell’ambito della valutazione della compatibilità dell’aiuto con il mercato interno, ai sensi dell’articolo 107, paragrafi 2 e 3, TFUE, o degli orientamenti sugli aiuti a finalità regionale, sugli aiuti a favore dell’ambiente o sugli aiuti all’occupazione. Tuttavia, la Repubblica ellenica non eccepisce alcuna violazione di tali disposizioni da parte della Commissione.

206    Tenuto conto di quanto precede, il secondo motivo dedotto dalla Repubblica ellenica deve essere respinto.

 Sul terzo motivo, relativo all’insufficienza e alla contraddittorietà della motivazione e alla violazione dell’articolo 296 TFUE (causa T‑233/11)

207    La Repubblica ellenica contesta la motivazione della decisione impugnata per quanto concerne quattro punti essenziali.

208    In primo luogo, la Repubblica ellenica ritiene che la Commissione abbia motivato in modo insufficiente l’esistenza della prima misura di aiuto ai punti da 105 a 107 della decisione impugnata, poiché non ha spiegato in quale misura i fondi rigorosamente privati, versati dall’Ellinikos Chrysos direttamente alla TVX Hellas, costituissero una perdita diretta o indiretta delle risorse dello Stato greco che poteva essere imputata a quest’ultimo.

209    In secondo luogo, la Repubblica ellenica sostiene che la Commissione non ha sufficientemente motivato, ai punti 117 e 123 della decisione impugnata, l’esistenza della seconda misura di aiuto e i motivi per i quali essa aveva considerato dovute sia la tassa per il passaggio di proprietà delle miniere di Cassandra sia la tassa per il passaggio di proprietà dei terreni in questione, invece di considerare solo la prima tassa, senza esprimere la propria posizione al riguardo.

210    In terzo luogo, la Repubblica ellenica sostiene che la Commissione non ha chiarito, al punto 126 della decisione impugnata, per quale ragione la regola de minimis non potesse applicarsi in modo diverso a ciascuna delle misure di aiuto che quest’ultima aveva definito.

211    In quarto luogo, la Repubblica ellenica contesta alla Commissione la contraddittorietà e l’imprecisione delle valutazioni riguardo alla stima del valore delle miniere e di aver tenuto conto in modo selettivo delle valutazioni della relazione valutativa, in particolare, con riferimento:

–        al valore negativo del sito minerario di Olimpiada, basandosi su proprie valutazioni, contrarie alla scienza e alla deontologia riguardo alla possibilità per il gestore delle miniere di farle funzionare o meno, a seconda che il prezzo dell’oro fosse vantaggioso o meno (punto 69 della decisione impugnata);

–        alla mancata considerazione dei costi per la tutela dell’occupazione e dell’ambiente e per la manutenzione in stato di inattività del sito minerario di Stratoni diversamente da quanto essa ha fatto per il sito minerario di Olimpiada, sebbene questi due siti minerari non fossero attivi al momento della vendita controversa (punto 77 della decisione impugnata);

–        al fatto di aver considerato il prezzo di vendita del 1995 ai fini del calcolo del valore dei terreni e non ai fini del calcolo del prezzo globale della vendita controversa (punti da 54 a 57, 86 e 87 della decisione impugnata);

–        alla definizione del mercato rilevante e del suo ambito geografico, tenuto conto della distinzione tra i metalli e i minerali effettivamente prodotti nelle miniere.

212    La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica ellenica.

213    Da una giurisprudenza costante emerge che la portata dell’obbligo di motivazione previsto all’articolo 296 TFUE dipende dalla natura dell’atto in questione e dal contesto nel quale esso è stato adottato. La motivazione deve fare apparire in modo chiaro e non equivoco l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire, da una parte, al giudice dell’Unione di esercitare il proprio controllo di legittimità e, dall’altra, agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato, al fine di poter difendere i loro diritti e verificare se la decisione sia fondata. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento del se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 296 TFUE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (sentenze del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, Racc., EU:C:1998:154, punto 63, e del 30 novembre 2011, Sniace/Commissione, T‑238/09, EU:T:2011:705, punto 37). In particolare, la Commissione non è obbligata a prendere posizione su tutti gli argomenti che gli interessati fanno valere nell’ambito di un procedimento di controllo degli aiuti di Stato. Le è sufficiente esporre i fatti e le considerazioni giuridiche aventi un ruolo essenziale nell’economia della decisione (sentenze del 1° luglio 2008, Chronopost e La Poste/UFEX e a., C‑341/06 P e C‑342/06 P, Racc., EU:C:2008:375, punto 96, e del 3 marzo 2010, Freistaat Sachsen e a./Commissione, T‑102/07 e T‑120/07, Racc., EU:T:2010:62, punto 180).

214    Inoltre, occorre ricordare che l’obbligo di motivazione costituisce una forma sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, attinente alla legittimità nel merito dell’atto controverso (sentenza del 22 marzo 2001, Francia/Commissione, C‑17/99, Racc., EU:C:2001:178, punto 35). Ne consegue che le censure delle ricorrenti, nella misura in cui sono finalizzate a mettere in discussione la fondatezza della decisione impugnata sui punti in questione, che sono inoltre già state esaminate nell’ambito del primo motivo di ricorso, devono essere considerate irrilevanti nell’ambito del presente motivo (v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2006, Asociación de Estaciones de Servicio de Madrid e Federación Catalana de Estaciones de Servicio/Commissione, T‑95/03, Racc., EU:T:2006:385, punto 107).

215    Pertanto, in primo luogo, nel sostenere l’insufficienza di motivazione del punto 106 della decisione impugnata, la Repubblica ellenica mira in realtà a contestare la fondatezza della valutazione della Commissione relativa alla condizione delle risorse pubbliche e dell’imputabilità allo Stato della misura di aiuto. Tale argomento deve pertanto ritenersi inconferente nell’ambito del presente motivo. In ogni caso, come emerge dal precedente punto 208, la Repubblica ellenica ha potuto conoscere le motivazioni del provvedimento adottato, al fine di poter difendere i propri diritti e verificare se la decisione fosse fondata e, come emerge dai precedenti punti da 146 a 156, il Tribunale è stato in grado di esercitare il proprio controllo di legittimità della decisione impugnata a tal riguardo. Ai sensi della giurisprudenza citata ai precedenti punti 213 e 214, occorre concludere che, a tal riguardo, la decisione impugnata è sufficientemente motivata.

216    In secondo luogo, riguardo all’esistenza della seconda misura di aiuto e dei motivi per i quali la Commissione ha considerato dovute sia la tassa per il passaggio di proprietà delle miniere di Cassandra, sia la tassa per il passaggio di proprietà dei terreni in questione, occorre sottolineare che, da una parte, la Commissione ha sufficientemente esposto le ragioni per le quali questa prima tassa era dovuta, facendo riferimento al valore positivo delle suddette miniere al momento della vendita controversa.

217    Dall’altra, al punto 123 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato che la Repubblica ellenica aveva riconosciuto che di fatto veniva applicata una tassa del 7-9% in tutti i casi di vendite di terreni, indipendentemente dal fatto che si trattasse della vendita di attivi di un’impresa o di proprietà di privati. Orbene, nello stesso punto, essa ha precisato di aver ricevuto al riguardo due lettere con informazioni contraddittorie, una del Ministero degli Affari economici (responsabile delle questioni tributarie) e l’altra del Ministero dell’Ambiente (responsabile delle questioni minerarie). Tuttavia, essa ha esposto di aver rappresentato tali contraddizioni alle autorità greche senza ricevere, tuttavia, una risposta definitiva. Pertanto, si è basata sulle informazioni a sua disposizione, e, in particolare, sulla lettera informativa ricevuta dal Ministero degli Affari economici, che riconosceva l’applicabilità di una siffatta tassa alla vendita controversa.

218    Dal precedente punto 217 risulta che il ragionamento della Commissione, che l’ha condotta a privilegiare un’aliquota fiscale piuttosto che un’altra, emerge chiaramente dalla decisione impugnata e non è, dunque, viziato da alcuna insufficienza di motivazione.

219    In terzo luogo, per quanto riguarda l’applicabilità della regola de minimis a una delle due misure di aiuto, la Repubblica ellenica mira, in realtà, a rimettere in discussione la fondatezza della decisione impugnata a tal riguardo, che è già stata analizzata al precedente punto 178. Nell’ambito del presente motivo, occorre dunque respingere gli argomenti della Repubblica ellenica inerenti ad esso.

220    In quarto luogo, per quanto riguarda l’asserita contraddittorietà e imprecisione delle valutazioni con riferimento alla stima del valore delle miniere e la considerazione asseritamente selettiva delle valutazioni della relazione valutativa, l’argomento della Repubblica ellenica, nella misura in cui mira a rimettere in discussione la fondatezza della valutazione della Commissione, è inconferente nell’ambito dell’analisi del presente motivo. Inoltre, da un lato, la Repubblica ellenica ha potuto esporre le proprie difese al riguardo e, dall’altro, il Tribunale ha potuto esercitare il proprio controllo, come emerge dai precedenti punti da 105 a 109. Pertanto, si deve concludere che i punti 75 e 76 della decisione impugnata sono sufficientemente motivati.

221    Per quanto concerne l’asserita mancata considerazione da parte della decisione impugnata dei costi di preservazione del sito minerario di Stratoni, l’argomento della Repubblica ellenica coincide con le sue contestazioni della fondatezza del calcolo del valore delle miniere di Cassandra, analizzate ai precedenti punti 100 e 102, e deve quindi essere respinto in quanto inconferente nell’ambito del presente motivo.

222    Per quanto riguarda il fatto di aver preso in considerazione il prezzo di vendita del 1995 ai fini del calcolo del valore dei terreni in questione piuttosto che il prezzo globale delle miniere di Cassandra, è giocoforza constatare che un siffatto argomento è in realtà finalizzato a contestare la fondatezza della valutazione della Commissione, in relazione alla quale si rinvia ai precedenti punti da 90 a 109 e da 116 a 130, ed è, dunque, inconferente nell’ambito del presente motivo.

223    Infine, per quanto riguarda il criterio dell’incidenza sulla concorrenza e sugli scambi tra Stati membri, la Corte ha precisato che, anche qualora fosse emerso dalle circostanze in cui l’aiuto era stato concesso che esso era atto ad incidere sugli scambi fra Stati membri e a falsare o a minacciare di falsare la concorrenza, la Commissione era tenuta quanto meno ad indicare tali circostanze nella motivazione della propria decisione (sentenze del 6 settembre 2006, Portogallo/Commissione, C‑88/03, Racc., EU:C:2006:511, punto 89, e Commissione/Italia e Wam, punto 165 supra, EU:C:2009:272, punto 49).

224    Tuttavia, la Commissione non è tenuta ad analizzare le quote di mercato nazionale o europeo dell’impresa beneficiaria, né la posizione delle imprese concorrenti, né i flussi di scambi dei prodotti e servizi in questione tra gli Stati membri, nel momento in cui essa abbia illustrato i punti in cui l’aiuto falsa la concorrenza e pregiudica gli scambi fra Stati membri (v., in tal senso, sentenze del 30 aprile 1998, Vlaams Gewest/Commissione, T‑214/95, Racc., EU:T:1998:77, punto 67; del 15 giugno 2005, Regione autonoma della Sardegna/Commissione, T‑171/02, Racc., EU:T:2005:219, punto 85, e del 6 settembre 2006, Italia e Wam/Commissione, T‑304/04 e T‑316/04, EU:T:2006:239, punto 64).

225    Come esposto al precedente punto 169, infatti, la Commissione non era tenuta ad analizzare in maniera dettagliata i metalli effettivamente prodotti o esportati al momento della vendita controversa, poiché era sufficiente, ai fini dell’esame del presente criterio, dimostrare e giustificare il fatto che l’aiuto ha rafforzato la posizione dell’impresa beneficiaria sul mercato nell’attività che essa intendeva intraprendere, cosa che la Commissione ha fatto al punto 110 della decisione impugnata. Pertanto, deve ritenersi che, anche a tal riguardo, quest’ultima sia sufficientemente motivata.

226    Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre respingere integralmente il presente motivo.

 Sul quarto motivo, relativo alla violazione dei diritti della difesa, alla violazione dei suoi diritti procedurali, allo sviamento di potere nonché alla violazione del principio di buona amministrazione e del dovere di un esame imparziale e diligente (causa T‑262/11)

227    Nell’ambito del presente motivo, l’Ellinikos Chrysos deduce, con una prima censura, la violazione dei propri diritti della difesa, in particolare dei diritti di accesso al fascicolo e del diritto di essere sentiti, nonché dell’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in ragione della mancata divulgazione dell’identità del denunziante, elemento che sarebbe stato importante per la stessa al fine di predisporre la propria difesa e di contestare la credibilità e l’interesse legittimo che un siffatto denunciante potrebbe invocare.

228    Con una seconda censura, l’Ellinikos Chrysos contesta l’ammissione, durante il procedimento amministrativo, dell’Osservatorio greco delle attività minerarie in qualità di parte interessata, come definita dall’articolo 1, lettera h), del regolamento n. 659/1999 e dalla giurisprudenza costante, in mancanza di un interesse proprio di tale organismo che potrebbe essere pregiudicato dalla concessione dell’aiuto.

229    Con una terza censura, l’Ellinikos Chrysos fa valere lo sviamento di potere e la violazione del principio di buona amministrazione e del dovere di un esame diligente ed imparziale da parte della Commissione, che avrebbe adottato un metodo selettivo, parziale e arbitrario nell’esame degli argomenti delle parti, travisando i suoi argomenti e ignorando i fatti. A sostegno del proprio argomento, essa cita un comunicato stampa che la Commissione ha pubblicato il 23 febbraio 2011 e nel quale essa avrebbe affermato che la decisione che constatava l’esistenza di un aiuto di Stato si fondava sulla relazione valutativa che aveva stimato il valore delle miniere di Cassandra in EUR 25 milioni, mentre tale importo corrispondeva alla stima effettuata dalla stessa. La Commissione avrebbe corretto il testo del primo comunicato stampa, senza procedere a una rettifica separata. Inoltre, il procedimento amministrativo sarebbe stato condotto in modo irregolare in violazione del dovere di un esame diligente e imparziale, ignorando il valore effettivo degli attivi ceduti, malgrado la presenza di sufficienti elementi di prova nel fascicolo.

230    La Commissione contesta tali censure.

231    Occorre sottolineare che nessuna disposizione del procedimento di controllo degli aiuti di Stato riserva, tra gli interessati, un ruolo particolare al beneficiario dell’aiuto. Del resto, il procedimento di controllo degli aiuti di Stato non è un procedimento avviato «contro» il beneficiario degli aiuti, che implicherebbe che quest’ultimo possa far valere diritti di estensione pari a quella dei diritti della difesa in quanto tali. Tuttavia, nonostante il beneficiario non goda della posizione di parte nel procedimento, la giurisprudenza gli ha riconosciuto taluni diritti procedurali che gli consentono di fornire informazioni alla Commissione e di far valere le sue argomentazioni (sentenza Scott/Commissione, punto 130 supra, EU:T:2003:113, punto 54).

232    Tale giurisprudenza attribuisce agli interessati essenzialmente il ruolo di fonti di informazione per la Commissione nell’ambito del procedimento amministrativo avviato ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE (sentenze del 22 ottobre 1996, Skibsværftsforeningen e a./Commissione, T‑266/94, Racc., EU:T:1996:153, punto 256, e del 25 giugno 1998, British Airways e a./Commissione, T‑371/94 e T‑394/94, Racc., EU:T:1998:140, punto 59).

233    L’Ellinikos Chrysos, in quanto beneficiaria delle misure in oggetto, è stata invitata a presentare le proprie osservazioni e ha potuto far conoscere il proprio punto di vista sulle considerazioni della Commissione e dello Stato membro interessato e ha potuto fornire alla Commissione informazioni che sono state debitamente considerate durante il procedimento amministrativo. Deve quindi ritenersi che, nel caso di specie, le sue garanzie procedurali siano state pienamente rispettate dalla Commissione.

234    Con riferimento alla prima censura, relativa alla mancata divulgazione dell’identità del denunciante, occorre rilevare che, come correttamente sottolineato dalla Commissione, non esiste alcuna disposizione che imponga a quest’ultima di rivelare alle parti interessate l’identità del denunciante o di qualsiasi altra fonte di informazione. Pertanto, l’Ellinikos Chrysos non può legittimamente contestare alla Commissione un’irregolarità procedurale al riguardo.

235    Per quanto riguarda la seconda censura, relativa all’ammissione, durante il procedimento amministrativo, dell’Osservatorio greco delle attività minerarie in qualità di parte interessata, essa deve essere considerata inconferente. Infatti, l’ammissione di un siffatto organismo in qualità di parte interessata deriva direttamente dall’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, e non pregiudica in alcun modo la posizione procedurale dell’Ellinikos Chrysos né i suoi diritti procedurali nell’ambito del suddetto procedimento.

236    Per quanto riguarda la terza censura, relativa a un asserito sviamento di potere e alla violazione del principio di buona amministrazione e del dovere di un esame diligente e imparziale da parte della Commissione, è giocoforza constatare, in primo luogo, che l’Ellinikos Chrysos non è in grado di dimostrare, con i suoi argomenti non sufficientemente circostanziati, la violazione, da parte della Commissione, dei suoi doveri di diligenza e di buona amministrazione. Infatti, dall’analisi del merito della causa risulta che la Commissione ha correttamente stimato il valore di tutti gli elementi patrimoniali oggetto della vendita controversa, ha applicato il principio dell’investitore privato e ha utilizzato tutte le informazioni di cui essa disponeva al fine di assolvere il suo compito di effettuare una stima corretta del suddetto valore.

237    In secondo luogo, per quanto riguarda l’asserito sviamento di potere da parte della Commissione, si deve ricordare che, secondo giurisprudenza consolidata, un atto è viziato da sviamento di potere solo se, sulla base di indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottato allo scopo esclusivo, o quanto meno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati o di eludere una procedura appositamente prevista dal Trattato per far fronte alle circostanze del caso di specie (v. sentenza del 4 dicembre 2013, Commissione/Consiglio, C‑121/10, Racc., EU:C:2013:784, punto 81 e giurisprudenza ivi citata).

238    Orbene, le affermazioni dell’Ellinikos Chrysos al riguardo sono molto generiche e non sono comprovate. Essa si limita, in sostanza, a invocare l’errore contenuto nel comunicato stampa pubblicato dalla Commissione il 23 febbraio 2011, che è stato corretto, come la stessa ammette, a seguito di una sua richiesta. In circostanze siffatte, si deve considerare che, nel caso di specie, le condizioni stabilite dalla giurisprudenza citata al precedente punto 237 non risultano manifestamente soddisfatte nel caso di specie.

239    In conclusione, occorre respingere il quarto motivo, giacché infondato, e i due ricorsi integralmente.

 Sulle spese

240    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Le ricorrenti, essendo rimaste soccombenti, vanno condannate alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Le cause T‑233/11 e T‑262/11 sono riunite ai fini della sentenza.

2)      I ricorsi sono respinti.

3)      Nella causa T‑233/11, la Repubblica ellenica sopporterà le proprie spese, nonché quelle sostenute dalla Commissione europea.

4)      Nella causa T‑262/11, l’Ellinikos Chrysos AE Metalleion kai Viomichanias Chrysou sopporterà le proprie spese, nonché quelle sostenute dalla Commissione.

Prek

Labucka

Kreuschitz

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 dicembre 2015.

Firme

Indice


Fatti

1. Contesto fattuale

2. Disposizioni contrattuali pertinenti

3. Procedimento amministrativo

4. Decisione impugnata

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

1. Sulla ricevibilità

2. Nel merito

Sintesi dei motivi di annullamento

Sul primo motivo, relativo a un’errata interpretazione e applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE nonché a diversi errori di valutazione dei fatti concernenti l’esistenza di un aiuto (cause T‑233/11 e T‑262/11)

Sulla prima misura di aiuto

– Osservazioni preliminari

– Sulla seconda parte, relativa a un errore di valutazione della condizione dell’esistenza di un vantaggio

– Sulla prima parte, relativa a un errore nella valutazione della condizione dell’utilizzo delle risorse statali

– Sulla terza parte, relativa a un errore nella valutazione della condizione dell’esistenza di una distorsione della concorrenza e di un’incidenza sugli scambi tra Stati membri (causa T‑233/11)

Sulla seconda misura di aiuto

– Sulla prima parte, relativa a un errore nella valutazione della condizione dell’esistenza di un vantaggio (cause T‑233/11 e T‑262/11)

– Sulla seconda parte, relativa a un errore nella valutazione della condizione dell’esistenza di una distorsione della concorrenza e di un’incidenza sugli scambi tra Stati membri (causa T‑233/11)

Sul secondo motivo, relativo all’errata interpretazione e applicazione dell’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento n. 659/1999 e alla violazione dei principi di proporzionalità, di leale cooperazione, di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento (causa T‑233/11)

Sul terzo motivo, relativo all’insufficienza e alla contraddittorietà della motivazione e alla violazione dell’articolo 296 TFUE (causa T‑233/11)

Sul quarto motivo, relativo alla violazione dei diritti della difesa, alla violazione dei suoi diritti procedurali, allo sviamento di potere nonché alla violazione del principio di buona amministrazione e del dovere di un esame imparziale e diligente (causa T‑262/11)

Sulle spese


* Lingue processuali: il greco e l’inglese.