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Edizione provvisoria

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

10 aprile 2024 (*)

«Aiuti di Stato – Regime di contributi per la raccolta delle acque reflue – Denuncia di un concorrente – Decisione che constata l’insussistenza di un aiuto di Stato al termine della fase di esame preliminare – Requisito d’imparzialità – Imparzialità oggettiva – Nozione di “vantaggio” – Principio dell’operatore privato in economia di mercato – Analisi ex ante della redditività marginale – Comunicazione della Commissione relativa alla nozione di “aiuto di Stato”»

Nella causa T‑486/18 RENV,

Danske Slagtermestre, con sede in Odense (Danimarca), rappresentata da H. Sønderby Christensen, avvocato,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da I. Barcew, C. Vang e P. Němečková, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Regno di Danimarca, rappresentato da M. Søndahl Wolff, C. Maertens, J. Kronborg e M. Jespersen, in qualità di agenti,

interveniente,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da D. Spielmann, presidente, I. Gâlea (relatore) e T. Tóth, giudici,

cancelliere: H. Eriksson, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

vista la sentenza del 30 giugno 2022, Danske Slagtermestre/Commissione (C‑99/21 P, EU:C:2022:510),

in seguito all’udienza del 26 settembre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE, la Danske Slagtermestre, ricorrente, chiede l’annullamento della decisione C(2018) 2259 final della Commissione, del 19 aprile 2018, relativa all’aiuto di Stato SA.37433 (2017/FC) – Danimarca (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 Fatti

2        La ricorrente è un’associazione professionale che dichiara rappresentare piccole macellerie, mattatoi, grossisti e imprese di trasformazione danesi.

3        Il 26 settembre 2013 ha depositato una denuncia presso la Commissione europea adducendo che il Regno di Danimarca, con l’adozione della lov nr. 902/2013 om ændring af lov om betalingsregler for spildevandsforsyningsselskaber m.v. (Betalingsstruktur for vandafledningsbidrag, bemyndigelse til opgørelse af særbidrag for behandling af særlig forurenet spildevand m.v.) [legge n. 902/2013, recante modifica della legge che stabilisce le regole relative ai contributi dovuti agli addetti al trattamento delle acque reflue (struttura dei contributi per l’eliminazione delle acque reflue, che autorizza l’istituzione di contributi particolari per il trattamento di acque reflue particolarmente inquinate, ecc.)], avrebbe concesso un aiuto di Stato a favore di grandi mattatoi sotto forma di una riduzione dei contributi per il trattamento delle acque reflue.

4        Prima dell’entrata in vigore di tale legge, la lov nr. 633/2010 om betalingsregler for spildevandsforsyningsselskaber m.v. (legge n. 633/2010 recante norme relative ai contributi dovuti alle società di raccolta e di trattamento delle acque reflue) prevedeva una tariffa unitaria per metro cubo di acqua per tutti i consumatori di acqua allacciati allo stesso impianto di trattamento delle acque reflue, a prescindere dal loro settore di attività e dai loro consumi. Con la legge n. 902/2013 è stato introdotto un modello decrescente a scala che prevede una tariffa per metro cubo di acque reflue fissata in funzione del volume delle acque reflue scaricate (in prosieguo: il «modello a scala»).

5        Il modello a scala è concepito nel seguente modo:

–        lo scaglione 1 corrisponde a un consumo di acqua inferiore o uguale a 500 m³ all’anno per bene immobile;

–        lo scaglione 2 corrisponde alla parte del consumo di acqua compresa tra 500 m³ e 20 000 m³ all’anno per bene immobile, e

–        lo scaglione 3 corrisponde alla parte del consumo di acqua che supera i 20 000 m³ all’anno per bene immobile.

6        La tariffa al metro cubo è fissata per ciascuno dei segmenti nel modo seguente:

–        la tariffa al metro cubo per lo scaglione 2 è inferiore del 20% rispetto a quella dello scaglione 1;

–        la tariffa al metro cubo per lo scaglione 3 è inferiore del 60% rispetto a quella dello scaglione 1.

7        Nell’ambito del modello a scala, i consumatori che si collocano nello scaglione 3 pagano dunque inizialmente la tariffa prevista per lo scaglione 1 finché il loro consumo di acqua non supera i 500 m³. Essi pagano poi la tariffa prevista per lo scaglione 2, finché il loro consumo non supera i 20 000 m³ e, infine, versano il loro contributo per le acque reflue secondo la tariffa prevista per lo scaglione 3.

8        Tra il 10 ottobre 2013 e il 12 settembre 2017, la Commissione ha raccolto e scambiato informazioni sulla denuncia con la ricorrente e il Regno di Danimarca. Il 23 luglio 2014 e il 25 febbraio 2016 la Commissione ha inviato alla ricorrente lettere di valutazione preliminare, nelle quali ha ritenuto che la misura in questione non costituisse un aiuto di Stato.

9        Il 19 aprile 2018 la Commissione ha adottato la decisione impugnata, nella quale ha ritenuto che il contributo istituito dalla legge n. 902/2013 (in prosieguo: il «contributo per il trattamento delle acque reflue») non conferisse alcun vantaggio particolare a determinate imprese e che esso non costituisse quindi un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

10      A sostegno di tale conclusione, la Commissione ha ritenuto che un operatore privato in economia di mercato avrebbe applicato il modello a scala. A tal riguardo, essa ha anzitutto stabilito, al punto 36 della decisione impugnata, che, poiché il modello a scala riguarda la tariffazione di infrastrutture aperte non riservate a un determinato utente finale, essa avrebbe verificato, in applicazione del punto 228 della sua comunicazione sulla nozione di «aiuto di Stato» di cui all’articolo 107, paragrafo 1, [TFUE] (GU 2016, C 262, pag. 1; in prosieguo: la «comunicazione del 2016»), se, attraverso il contributo per il trattamento delle acque reflue, alla luce di valutazioni effettuate ex ante gli utenti degli impianti di trattamento delle acque reflue in Danimarca contribuivano in misura apprezzabile alla redditività di tali impianti. Essa ha altresì indicato, ai punti 37 e 38 della medesima decisione, che ciò si sarebbe verificato se detto contributo consentisse di coprire, a medio termine, i loro costi marginali.

11      Ai punti 39 e 40 della decisione impugnata, la Commissione ha poi ritenuto «ragionevole» la posizione delle autorità danesi secondo cui i costi degli impianti di trattamento delle acque reflue erano composti per l’80% da costi fissi e per il 20% da costi variabili, i primi da ripartire equamente tra tutti gli utenti, mentre i secondi potevano essere addebitati all’utente interessato. Al punto 41 di detta decisione, la Commissione ha ritenuto che le tariffe corrispondenti agli scaglioni 2 e 3 fossero superiori ai costi totali di detti impianti e che sarebbero rimaste tali anche se il rapporto tra costi fissi e costi variabili non fosse stato 80/20 ma, ad esempio, 70/30. Essa ne ha concluso, al punto 42 della medesima decisione, che gli utenti degli impianti di trattamento delle acque reflue in Danimarca contribuivano alla loro redditività, ai sensi del punto 228 della comunicazione del 2016, mediante il contributo per il trattamento delle acque reflue determinato sulla base del modello a scala.

12      Infine, ai punti da 43 a 45 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato che, in caso di aumento del contributo per il trattamento delle acque reflue, sarebbe stato possibile per le grandi imprese scollegarsi dalla rete esistente di impianti di trattamento delle acque reflue per creare impianti propri, nel qual caso tali grandi imprese non sarebbero più tenute a pagare detto contributo.

13      Con ordinanza del 1° dicembre 2020, Danske Slagtermestre/Commissione (T‑486/18, non pubblicata; in prosieguo: l’«ordinanza iniziale», EU:T:2020:576), il Tribunale ha respinto il ricorso in quanto irricevibile, per il motivo che la ricorrente non era legittimata ad agire.

14      Con sentenza del 30 giugno 2022, Danske Slagtermestre/Commissione (C‑99/21 P; in prosieguo: la «sentenza sull’impugnazione», EU:C:2022:510), la Corte ha annullato l’ordinanza iniziale.

15      Conformemente all’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte ha ritenuto di disporre degli elementi necessari per statuire definitivamente sulla ricevibilità del ricorso. A tal riguardo, essa ha ritenuto che la decisione impugnata fosse un atto regolamentare che non comportava misure di esecuzione, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. Essa ha quindi dichiarato che, essendo la ricorrente direttamente interessata dalla decisione impugnata, essa era legittimata ad agire contro quest’ultima e che il presente ricorso dinanzi al Tribunale, diretto al suo annullamento, era ricevibile.

16      La Corte, riservando la decisione sulle spese, ha rinviato la causa dinanzi al Tribunale affinché la esamini nel merito.

 Conclusioni delle parti

17      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

18      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

19      Il Regno di Danimarca, interveniente a sostegno delle conclusioni della Commissione, chiede che il Tribunale voglia respingere il ricorso.

 In diritto

20      In via preliminare, occorre rilevare che, nella sentenza sull’impugnazione, la Corte ha dichiarato in via definitiva che il ricorso proposto dalla ricorrente era ricevibile (v. punto 15 supra).

21      Pertanto, non vi è più luogo a statuire sugli argomenti delle parti relativi alla ricevibilità del ricorso e occorre esaminare i motivi con i quali la ricorrente mette in discussione la fondatezza della decisione impugnata.

22      A tal riguardo, a sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce sette motivi, vertenti, in sostanza, il primo, sulla violazione del principio del contraddittorio, quale sancito all’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»); il secondo, sulla violazione del diritto di ogni persona a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale dalle istituzioni dell’Unione europea, previsto all’articolo 41, paragrafo 1, della Carta; il terzo, su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, in quanto la Commissione ha ritenuto che il contributo per il trattamento delle acque reflue non conferisse alcun vantaggio; il quarto, sul fatto che tale vantaggio sarebbe selettivo; il quinto, sull’imputabilità del modello a scala allo Stato danese e sulla sua concessione mediante risorse pubbliche; il sesto, su un ostacolo alla concorrenza e, il settimo, sull’incidenza sugli scambi tra Stati membri.

23      Il Tribunale ritiene opportuno esaminare anzitutto il secondo motivo, vertente, in sostanza, sulla violazione del requisito di imparzialità.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione del requisito di imparzialità

24      Con il suo secondo motivo, la ricorrente sostiene che la Commissione ha violato il requisito di imparzialità previsto all’articolo 41, paragrafo 1, della Carta, a causa della situazione di conflitto di interessi in cui si trovava la commissaria responsabile per la concorrenza, che ha firmato la decisione impugnata (in prosieguo: la «commissaria di cui trattasi»). In tal senso, essa fa valere che detta commissaria, in seno al governo danese, aveva partecipato all’elaborazione della legge n. 902/2013 in qualità di Ministro dell’Economia e dell’Interno, vice Primo ministro e membro del Comitato di coordinamento di tale governo. Secondo la ricorrente, la Commissione ha violato talune disposizioni del suo regolamento interno (GU 2000, L 308, pag. 26) e della sua decisione del 31 gennaio 2018 relativa a un codice di condotta per i membri della Commissione europea (GU 2018, C 65, pag. 7).

25      La Commissione chiede che il secondo motivo venga respinto. A suo avviso, innanzitutto, la responsabilità dell’elaborazione della legge n. 902/2013 spettava al Ministro dell’Ambiente e non alla commissaria di cui trattasi. Inoltre, la sua qualità di membro del Comitato di coordinamento del governo sarebbe irrilevante, in quanto l’approvazione di un progetto di legge da parte di detto comitato significa semplicemente che il governo sottopone il progetto al parlamento danese. In assenza poi di un interesse personale della commissaria di cui trattasi che potesse influenzare l’esercizio indipendente delle sue funzioni, in particolare un beneficio o un vantaggio potenziale per essa, per il coniuge o per i familiari diretti, non vi sarebbe conflitto di interessi ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6, del suo codice di condotta. Infine, la Commissione sottolinea che, in forza dell’articolo 250 TFUE e dell’articolo 2, paragrafo 4, del suo codice di condotta, le sue decisioni sono adottate dal collegio dei commissari, a maggioranza, cosicché uno solo dei suoi membri non può avere un’influenza determinante sull’adozione di una decisione.

26      L’articolo 41, paragrafo 1, della Carta enuncia, in particolare, che ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione.

27      A tal riguardo, occorre rilevare che il requisito di imparzialità, che si impone alle istituzioni, agli organi e agli organismi nell’adempimento dei loro compiti, mira a garantire la parità di trattamento che è alla base dell’Unione. Tenuto conto dell’importanza fondamentale della garanzia d’indipendenza e d’integrità per quanto riguarda tanto il funzionamento interno quanto l’immagine esterna delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione, il requisito d’imparzialità copre tutte le circostanze che il funzionario o l’agente chiamato a pronunciarsi su un caso deve ragionevolmente comprendere come suscettibili di apparire, agli occhi dei terzi, idonee ad influire sulla sua indipendenza in materia (v., in tal senso, sentenza del 27 marzo 2019, August Wolff e Remedia/Commissione, C‑680/16 P, EU:C:2019:257, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

28      Tali istituzioni, organi e organismi sono quindi tenuti a rispettare il requisito di imparzialità, in particolare sotto il profilo oggettivo, secondo cui l’istituzione interessata è tenuta ad offrire garanzie sufficienti per escludere qualsiasi legittimo dubbio in merito a un eventuale pregiudizio (v., in tal senso, sentenza del 27 marzo 2019, August Wolff e Remedia/Commissione, C‑680/16 P, EU:C:2019:257, punto 27 e giurisprudenza ivi citata), potendo assumere importanza anche le apparenze [v., in tal senso e per analogia, sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema), C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 128 e giurisprudenza ivi citata].

29      A tal riguardo, dalla giurisprudenza risulta che, al fine di dimostrare che l’organizzazione del procedimento amministrativo non offre garanzie sufficienti per escludere ogni legittimo dubbio in merito a un eventuale pregiudizio, non è necessario dimostrare l’esistenza di una mancanza di imparzialità, ma è sufficiente che sussista un dubbio legittimo a tale riguardo e che questo non possa essere dissipato (sentenza del 21 ottobre 2021, Parlamento/UZ, C‑894/19 P, EU:C:2021:863, punto 54; v. altresì, in tal senso, sentenza del 27 marzo 2019, August Wolff e Remedia/Commissione, C‑680/16 P, EU:C:2019:257, punto 37).

30      In tal senso la Corte ha già dichiarato che l’imparzialità oggettiva di un comitato poteva essere compromessa qualora un conflitto di interessi in capo ad uno dei suoi membri potesse risultare da una sovrapposizione di funzioni, e ciò indipendentemente dalla condotta personale di detto membro (v., in tal senso, sentenza del 27 marzo 2019, August Wolff e Remedia/Commissione, C‑680/16 P, EU:C:2019:257, punto 30).

31      Nel caso di specie, in sostanza, la ricorrente contesta l’imparzialità oggettiva della commissaria di cui trattasi sottolineando che quest’ultima, da un lato, aveva partecipato all’adozione della legge n. 902/2013 in forza delle sue funzioni in seno al governo danese e, dall’altro, aveva assunto la «responsabilità amministrativa suprema» per il trattamento della sua denuncia e l’adozione della decisione impugnata.

32      In primo luogo, come sottolinea la Commissione, è vero che, da un lato, è il Ministro dell’Ambiente danese, e non la commissaria di cui trattasi, che aveva presentato il progetto all’origine dell’adozione della legge n. 902/2013 e che, dall’altro, detta legge era stata adottata a seguito di un voto a maggioranza dei membri del Parlamento danese.

33      Tuttavia, anzitutto, è pacifico che la commissaria di cui trattasi, prima di occupare tale posizione, al momento del deposito del progetto all’origine della legge n. 902/2013 e dell’adozione di quest’ultima, era Ministro dell’Economia e dell’Interno, ossia una funzione di alto livello in seno al governo danese. Inoltre, è altresì pacifico che, alla stessa epoca, detto membro era anche vice Primo ministro del Regno di Danimarca e membro del Comitato di coordinamento di detto governo. Pertanto, prima di essere commissaria, essa ricopriva, in seno al governo danese, una posizione particolarmente importante.

34      Occorre poi rilevare che la legge n. 902/2013 aveva ad oggetto la modifica della normativa esistente in materia di tariffazione dell’acqua e comportava, pertanto, misure che avrebbero dovuto incidere sulle spese dei privati e delle imprese, come il contributo per il trattamento delle acque reflue. Orbene, è ragionevole ritenere che siffatte misure abbiano potuto essere proposte d’intesa con il Ministro dell’Economia, vale a dire la commissaria di cui trattasi. Del resto, detta legge si inseriva nell’ambito di un piano d’azione globale del governo danese dell’epoca intitolato «piano di crescita per la Danimarca».

35      Infine, da un articolo di stampa prodotto dalla ricorrente risulta che, il 26 febbraio 2013, la commissaria di cui trattasi aveva partecipato a nome del governo danese, insieme al Primo Ministro, al Ministro delle Finanze e al Ministro della Fiscalità, a una conferenza stampa riguardante la presentazione di tale piano d’azione che includeva il progetto all’origine della legge n. 902/2013. In particolare, da un lato, nel corso di tale conferenza stampa, la commissaria in questione aveva dichiarato che «il governo invia[va] un segnale molto chiaro alle imprese» e che esso «non [avrebbe imposto] nuovi aumenti generali delle tasse e delle imposte alle imprese». Dall’altro lato, nel corso della stessa conferenza stampa, la commissaria in questione aveva altresì spiegato che, «oltre alle riduzioni dell’imposta sulle società, vi [sarebbe stato] un certo numero di sgravi fiscali, in particolare (...) una riduzione della tassa sulle acque reflue».

36      Pertanto, la commissaria di cui trattasi aveva preso posizione a livello nazionale, in modo pubblico ed esplicito, a favore della riduzione del contributo per il trattamento delle acque reflue.

37      Tenuto conto di tali elementi, si può legittimamente ritenere che la commissaria di cui trattasi avesse un interesse a che il contributo per il trattamento delle acque reflue previsto dalla legge n. 902/2013, che è una misura di riduzione della tariffa per il trattamento delle acque reflue a favore dei maggiori consumatori, non fosse messo in discussione a causa della sua illegittimità alla luce delle norme del diritto dell’Unione relative agli aiuti di Stato.

38      In secondo luogo, occorre quindi esaminare se l’organizzazione del procedimento amministrativo in seno alla Commissione che ha portato all’adozione della decisione impugnata presentasse garanzie sufficienti per escludere che un siffatto interesse inficiasse detto procedimento sotto il profilo della violazione del requisito di imparzialità.

39      A tal riguardo, è pur vero che, come afferma la Commissione, l’articolo 250 TFUE prevede che le sue deliberazioni siano prese a maggioranza dei suoi membri, cosicché la commissaria di cui trattasi non aveva alcun voto decisivo ai fini dell’adozione della decisione impugnata.

40      Ciò non toglie che, in forza dell’articolo 248 TFUE, «le competenze che spettano alla Commissione sono strutturate e ripartite fra i membri dal presidente», il quale può «modificare la ripartizione delle competenze nel corso del mandato». Più precisamente, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento interno della Commissione, come modificato dalla decisione 2010/138/UE, Euratom della Commissione, del 24 febbraio 2010 (GU 2010, L 55, pag. 60), «il presidente può assegnare ai membri della Commissione particolari settori di attività, per i quali incombe loro la responsabilità specifica di preparare i lavori della Commissione, nonché di attuare le decisioni prese».

41      Pertanto, nonostante il carattere collegiale delle modalità di adozione delle decisioni in seno alla Commissione, la commissaria di cui trattasi, in quanto membro competente in materia di concorrenza, era specificamente responsabile della preparazione della decisione impugnata, circostanza che la commissione ha del resto confermato in udienza, affermando che essa aveva la «responsabilità ultima della preparazione della proposta di tale decisione». A questo proposito, il ruolo preparatorio costituisce un ruolo importante nella decisione adottata alla fine dalla Commissione (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 27 marzo 2019, August Wolff e Remedia/Commissione, C‑680/16 P, EU:C:2019:257, punto 33).

42      Una siffatta valutazione è rafforzata, in particolare nella percezione dei terzi, dal fatto, sottolineato in sostanza dalla ricorrente, che la commissaria di cui trattasi è l’unica firmataria della decisione impugnata.

43      Da quanto precede risulta che, nonostante il suo interesse nei confronti della legge n. 902/2013 (v. punto 37 supra), la commissaria di cui trattasi aveva una responsabilità particolare nell’ambito del procedimento amministrativo che ha condotto all’adozione della decisione impugnata, vertente sull’esame di una misura prevista da detta legge alla luce delle norme relative agli aiuti di Stato.

44      Orbene, quanto alle apparenze, una siffatta situazione è tale da far sorgere, agli occhi dei terzi, un dubbio legittimo riguardo a un eventuale pregiudizio della commissaria di cui trattasi, e ciò indipendentemente dalla sua condotta personale. Inoltre, la Commissione non ha prodotto alcun elemento idoneo a mettere in discussione le affermazioni della ricorrente al fine di dissipare il dubbio così creato. Di conseguenza, conformemente alla giurisprudenza richiamata ai precedenti punti da 28 a 30, si deve concludere che il procedimento che ha portato all’adozione della decisione impugnata non offriva garanzie sufficienti in materia di imparzialità oggettiva.

45      Di conseguenza, il secondo motivo deve essere integralmente accolto. Non è pertanto necessario esaminare, da un lato, gli altri argomenti addotti dalla ricorrente nell’ambito di tale motivo né, dall’altro, gli argomenti della Commissione relativi alla mancanza di interesse personale o familiare della commissaria di cui trattasi, nella misura in cui questi ultimi rientrano nell’ambito dell’imparzialità soggettiva.

46      Il Tribunale ritiene che occorra esaminare, ad abundantiam, il terzo motivo, vertente sulla violazione da parte della Commissione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE quando quest’ultima ha concluso, nella decisione impugnata, che il contributo per il trattamento delle acque reflue non comportava l’esistenza di un vantaggio.

 Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dellarticolo 107, paragrafo 1, TFUE, per quanto riguarda la condizione relativa allesistenza di un vantaggio

47      Con il suo terzo motivo, la ricorrente sostiene che la Commissione ha erroneamente ritenuto che il contributo per il trattamento delle acque reflue non conferisse alcun vantaggio a determinate imprese e che esso non costituisse quindi un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

48      Il terzo motivo si articola, in sostanza, in due parti. Con la prima parte, la ricorrente sostiene che il principio dell’operatore privato in economia di mercato (in prosieguo: il «principio dell’operatore privato») non era applicabile. Con la seconda parte, essa fa valere che, ammesso che sia applicabile, esso non è soddisfatto.

 Sulla prima parte del terzo motivo, vertente sull’inapplicabilità del principio dell’operatore privato

49      La ricorrente sostiene che il principio dell’operatore privato era inapplicabile, dato che, in primo luogo, non esiste un vero mercato della raccolta delle acque reflue in Danimarca; in secondo luogo, tale principio non è mai stato applicato a una misura di portata generale o a una misura di riduzione o di esenzione dagli oneri e, in terzo luogo, la Commissione non ha esaminato gli effetti del modello a scala sui clienti e sui fornitori dei mattatoi.

50      La Commissione, sostenuta dal Regno di Danimarca, contesta l’argomentazione della ricorrente.

51      In via preliminare, occorre ricordare che l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE enuncia varie condizioni cumulative affinché una misura nazionale sia qualificata come aiuto di Stato, tra cui la condizione secondo cui la misura statale in questione, in un determinato caso, deve concedere un vantaggio selettivo all’impresa o alle imprese che ne sono beneficiarie (v. sentenza del 17 novembre 2022, Volotea e easyJet/Commissione, C‑331/20 P e C‑343/20 P, EU:C:2022:886, punti 102 e 103 e giurisprudenza ivi citata). A tal riguardo, conferisce un «vantaggio», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, qualsiasi misura statale che, indipendentemente dalla forma e dagli obiettivi, sia atta a favorire direttamente o indirettamente una o più imprese, o che conceda a queste ultime un vantaggio che esse non avrebbero potuto ottenere in condizioni normali di mercato (v. sentenza del 17 novembre 2022, Volotea e easyJet/Commissione, C‑331/20 P e C‑343/20 P, EU:C:2022:886, punto 107 e giurisprudenza ivi citata).

52      La verifica delle condizioni per l’esistenza di un siffatto vantaggio dev’essere effettuata, in linea di principio, applicando il principio dell’operatore privato a meno che non esista alcuna possibilità di paragonare il comportamento statale di cui trattasi in un caso determinato a quello di un operatore privato, in quanto tale comportamento è inscindibilmente connesso all’esistenza di un’infrastruttura che nessun operatore privato avrebbe mai potuto costituire, o a meno che lo Stato abbia agito nella sua qualità di autorità pubblica, fermo restando, tuttavia, che la sola attuazione delle prerogative di pubblici poteri, come il ricorso a strumenti di natura legislativa o fiscale, non comporta, di per sé, l’inapplicabilità di tale principio, così come non la comporta il perseguimento di obiettivi di politica pubblica (v., in tal senso, sentenza del 17 novembre 2022, Volotea e easyJet/Commissione, C‑331/20 P e C‑343/20 P, EU:C:2022:886, punti 108 e 120 e giurisprudenza ivi citata). Infatti, è la natura economica dell’intervento statale di cui trattasi, e non i mezzi istituiti a tal fine, a rendere applicabile detto principio (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2017, Commissione/Frucona Košice, C‑300/16 P, EU:C:2017:706, punto 27).

53      Nel caso di specie, la misura di cui trattasi riguarda la tariffazione del trattamento delle acque reflue. A tal riguardo, il servizio di trattamento delle acque reflue è effettuato dai gestori di infrastrutture a fronte di un corrispettivo derivante, in particolare, dal contributo per il trattamento delle acque reflue, di cui trattasi nella presente causa. Più in particolare, detta misura ha per oggetto e per effetto di ridurre la tariffazione applicata ai maggiori consumatori di acqua. Essa è quindi assimilabile a uno sconto per quantitativi concesso dal gestore di un’infrastruttura a taluni dei suoi clienti, cosicché il comportamento statale di cui trattasi può essere paragonato a quello di un operatore privato.

54      Pertanto, a prescindere dal carattere generale del contributo per il trattamento delle acque reflue, l’intervento delle autorità danesi al momento dell’adozione di tale misura è di natura economica, cosicché qualsiasi vantaggio che ne deriva deve essere valutato sulla base del principio dell’operatore privato, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 52.

55      Da un lato, una siffatta conclusione non è messa in discussione dall’argomento della ricorrente secondo cui non esiste un mercato del trattamento delle acque reflue. Infatti, anche supponendo che sia dimostrata, tale circostanza non renderebbe, di per sé, inapplicabile il principio dell’operatore privato, dal momento che, in mancanza di qualsiasi possibilità di confrontare la situazione di un’impresa pubblica con quella di un’impresa privata, le condizioni normali di mercato, che sono necessariamente ipotetiche, devono valutarsi con riferimento agli elementi obiettivi e verificabili che sono disponibili (v., in tal senso, sentenza del 3 luglio 2003, Chronopost e a./Ufex e a., C‑83/01 P, C‑93/01 P e C‑94/01 P, EU:C:2003:388, punto 38).

56      Dall’altro lato, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione non avrebbe esaminato gli effetti del modello a scala sui clienti e sui fornitori dei mattatoi, è giocoforza constatare che, con tale argomento, la ricorrente non sostiene, in realtà, che il principio dell’operatore privato non fosse applicabile, ma contesta l’applicazione di detto principio da parte della Commissione. Pertanto, detto argomento non è pertinente nell’ambito della presente parte.

57      Tenuto conto di quanto precede, si deve concludere che il principio dell’operatore privato era applicabile nel caso di specie e, pertanto, la prima parte del terzo motivo deve essere respinta.

 Sulla seconda parte del terzo motivo, vertente su un errore nell’applicazione del principio dell’operatore privato

58      Con la seconda parte del terzo motivo, la ricorrente sostiene che la Commissione ha applicato erroneamente il principio dell’operatore privato.

59      A tal riguardo, essa contesta in particolare alla Commissione di aver tenuto conto, nell’ambito dell’applicazione del principio dell’operatore privato, di valori medi senza esaminare i costi di ciascun utente, come richiederebbe il punto 228 della comunicazione del 2016. La Commissione si sarebbe contraddetta a questo proposito, affermando, nella decisione impugnata, che detto punto 228 era applicabile, per poi fondare la sua analisi su valori medi corrispondenti a un numero limitato di impianti di trattamento. Inoltre, la ricorrente contesta alla Commissione di aver considerato come costi fissi, trasferiti allo stesso modo tra tutti i vari utenti, costi connessi alla posa di canalizzazioni, quand’anche tali canalizzazioni servissero solo a talune imprese determinate e lontane dall’impianto di trattamento delle acque reflue. Infine, essa fa valere che, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione nella decisione impugnata, sarebbe in realtà estremamente difficile per le imprese scollegarsi dalla rete di impianti di trattamento esistente.

60      La Commissione, sostenuta dal Regno di Danimarca, contesta l’argomentazione della ricorrente.

61      In primo luogo, la Commissione sottolinea che, per pronunciarsi sull’esistenza di un vantaggio conferito agli utenti finali di un’infrastruttura, essa deve porsi dal punto di vista del gestore di quest’ultima. Pertanto, a suo avviso, nel caso di specie essa doveva stabilire se un operatore privato che si trovi nella stessa situazione del gestore di un impianto di trattamento delle acque reflue avrebbe adottato il modello a scala, cosicché l’argomento della ricorrente vertente su un raffronto del contributo tra i mattatoi non sarebbe pertinente.

62      In secondo luogo, la Commissione nega di aver applicato erroneamente nella decisione impugnata il punto 228 della comunicazione del 2016. In tal senso, anzitutto, essa fa valere che, poiché il modello a scala è di applicazione generale per tutti gli utenti di impianti di trattamento delle acque reflue sul territorio danese, essa non era tenuta ad esaminare l’importo del contributo per il trattamento delle acque reflue versato da ciascun utente individuale. Essa sottolinea poi che il modello a scala si basa su una formula che consente un calcolo per ciascun utente sul territorio danese, ripartendo in egual misura i costi fissi tra tutti gli utenti e imputando i costi variabili a ciascun utente. Infine, la Commissione sostiene di aver verificato se i contributi ridotti, calcolati sulla base di tale formula, coprissero i costi sostenuti dai gestori di impianti di trattamento delle acque reflue, il che costituiva un elemento sufficiente per ritenere soddisfatto il principio dell’operatore privato.

63      In terzo luogo, la Commissione contesta l’argomento della ricorrente relativo alla mancata presa in considerazione dei costi connessi alle canalizzazioni, sottolineando che la posa, la manutenzione e la gestione di una rete di canalizzazione vanno a vantaggio di tutti gli utenti alle stesse condizioni, cosicché tali costi devono essere considerati fissi e da ripartire tra tutti gli utenti, e non come costi marginali legati alla presenza di un particolare utente.

64      In quarto luogo, da un lato, la Commissione fa valere che l’argomento della ricorrente secondo cui i grandi mattatoi non potrebbero scegliere di distaccarsi da un impianto di trattamento delle acque reflue esistente è inoperante, in quanto non è decisivo per concludere che il contributo per il trattamento delle acque reflue non comporta l’esistenza di un vantaggio. Dall’altro lato, lo stesso argomento non sarebbe fondato in quanto dette imprese godono di una reale facoltà di effettuare tale distacco, alle condizioni previste dalla normativa danese e ricordate nella decisione impugnata.

65      Dal canto suo, il Regno di Danimarca sostiene che il modello a scala non conferisce un vantaggio a determinate imprese. In tal senso, esso sottolinea che le diverse tariffe calcolate sulla base di tale modello non fanno altro che riflettere i costi effettivamente sostenuti dai gestori di impianti di trattamento delle acque reflue, e lo fanno in modo più fedele alla realtà rispetto alla tariffa unica per metro cubo di acqua prevista dalla legge n. 633/2010. Secondo il Regno di Danimarca, un operatore privato avrebbe adottato una siffatta struttura tariffaria, dato che cercherebbe anzitutto di coprire i propri costi e di fidelizzare i clienti più importanti. Inoltre, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui il modello a scala non terrebbe conto dei costi relativi alle canalizzazioni proprie di taluni utenti, il Regno di Danimarca sottolinea che il contributo per il trattamento delle acque reflue, di cui trattasi nella presente causa, non è l’unico contributo versato agli operatori degli impianti di trattamento e che la legge n. 902/2013 prevede anche un contributo cosiddetto di allacciamento, di importo unico e fisso, che è versato quando un terreno viene collegato all’infrastruttura e che si basa su un principio di solidarietà geografica, in base al quale il prezzo dell’allacciamento è lo stesso a prescindere dalla distanza tra il terreno di cui trattasi e l’impianto di trattamento delle acque reflue interessato.

66      Secondo una giurisprudenza costante, l’applicazione del principio dell’operatore privato implica che la Commissione, all’esito di una valutazione globale che tenga conto di tutti gli elementi rilevanti del caso di specie, dimostri che l’impresa o le imprese beneficiarie della misura statale di cui trattasi non avrebbero manifestamente ottenuto un vantaggio analogo da parte di un operatore privato normalmente prudente e diligente che si trovi in una situazione il più possibile simile e operante in condizioni normali di mercato. Nell’ambito di tale valutazione globale, la Commissione deve tenere conto dell’insieme delle opzioni che un siffatto operatore avrebbe ragionevolmente preso in considerazione, di tutti gli elementi d’informazione disponibili e idonei a influenzare significativamente la sua decisione nonché degli sviluppi prevedibili alla data in cui è stata adottata la decisione di concedere un vantaggio (v. sentenza del 17 novembre 2022, Volotea e easyJet/Commissione, C‑331/20 P e C‑343/20 P, EU:C:2022:886, punto 113 e giurisprudenza ivi citata).

67      In particolare, la Commissione deve adoperarsi nel valutare se, a tale data, si poteva considerare che l’operazione con cui il vantaggio è stato conferito presentasse una razionalità economica, commerciale e finanziaria, tenuto conto delle sue prospettive di redditività a breve o a più lungo termine nonché degli altri interessi commerciali o economici che essa comportava (v. sentenza del 17 novembre 2022, Volotea e easyJet/Commissione, C‑331/20 P e C‑343/20 P, EU:C:2022:886, punto 114 e giurisprudenza ivi citata).

68      Inoltre, occorre ricordare che l’esame che spetta alla Commissione effettuare, in sede di applicazione del criterio dell’operatore privato, richiede di effettuare una valutazione economica complessa nell’ambito della quale tale istituzione dispone di un ampio potere discrezionale (v. sentenza del 10 novembre 2022, Commissione/Valencia Club de Fútbol, C‑211/20 P, EU:C:2022:862, punto 34 e giurisprudenza ivi citata), e che, nell’ambito del controllo che i giudici dell’Unione esercitano sulle valutazioni economiche complesse effettuate dalla Commissione nel settore degli aiuti di Stato, non spetta al giudice dell’Unione sostituire la propria valutazione economica a quella della Commissione. Tuttavia, il giudice dell’Unione è tenuto in particolare a verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, e accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte (v. sentenza dell’11 novembre 2021, Autostrada Wielkopolska/Commissione e Polonia, C‑933/19 P, EU:C:2021:905, punto 117 e giurisprudenza ivi citata).

69      A tal riguardo, grava sulla Commissione l’onere di provare che le condizioni di applicazione del principio dell’operatore privato siano soddisfatte o meno (v. sentenza del 26 marzo 2020, Larko/Commissione, C‑244/18 P, EU:C:2020:238, punto 65 e giurisprudenza ivi citata), e un siffatto onere della prova non può essere soddisfatto dall’enunciazione di mere ipotesi non sufficientemente suffragate (v., in tal senso, sentenza del 16 marzo 2016, Frucona Košice/Commissione, T‑103/14, EU:T:2016:152, punto 205).

70      È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare l’argomento della ricorrente diretto a mettere in discussione il modo in cui la Commissione ha applicato il principio dell’operatore privato nella decisione impugnata.

71      In primo luogo, occorre constatare che, per giungere alla conclusione secondo cui il contributo per il trattamento delle acque reflue non comportava l’esistenza di un vantaggio, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, in quanto conforme al principio dell’operatore privato, la Commissione si è basata sul metodo di analisi ex ante della redditività previsto al punto 228, dalla seconda alla quarta frase, della comunicazione del 2016. Da un lato, al punto 36 della decisione impugnata, essa ha riprodotto tali frasi. Dall’altro lato, al punto 42 della medesima decisione, essa ha concluso che, «conformemente al punto 228 della [comunicazione del 2016], mediante [il contributo per il trattamento delle acque reflue], gli utenti di ciascun impianto di trattamento delle acque reflue contribu[ivano] alla redditività di tale impianto».

72      A tal riguardo, spetta alla Commissione, nel contesto del suo ampio potere discrezionale ricordato al precedente punto 68, scegliere il metodo adeguato nell’ambito del suo obbligo di effettuare un’analisi completa di tutti gli elementi rilevanti dell’operazione controversa e del suo contesto, compresa la situazione dell’impresa beneficiaria e del mercato considerato, per verificare se l’impresa beneficiaria abbia percepito un vantaggio economico che non avrebbe ottenuto in condizioni normali di mercato (v., in tal senso, sentenze del 13 dicembre 2018, Ryanair e Airport Marketing Services/Commissione, T‑165/15, EU:T:2018:953, punto 142, e del 29 settembre 2021, TUIfly/Commissione, T‑447/18, non pubblicata, EU:T:2021:625, punto 80).

73      Tuttavia, quando la Commissione adotta orientamenti o una comunicazione destinati a precisare i criteri che intende applicare nell’esercizio del suo potere discrezionale, ne risulta un’autolimitazione di tale potere in quanto essa è tenuta a conformarsi alle norme indicative che essa stessa si è imposta, nei limiti in cui tali norme non si discostino dalle norme del Trattato. In questo contesto spetta al giudice dell’Unione verificare che la Commissione abbia rispettato le norme di cui si è dotata (v., in tal senso, sentenza del 1° dicembre 2004, Kronofrance/Commissione, T‑27/02, EU:T:2004:348, punto 79 e giurisprudenza ivi citata).

74      Pertanto, scegliendo di applicare il metodo di analisi ex ante della redditività, come definito al punto 228, dalla seconda alla quarta frase, della comunicazione del 2016, la Commissione era in linea di principio tenuta a rispettare le condizioni ivi stabilite. Al suddetto punto 228, dalla seconda alla quarta frase, della comunicazione del 2016, la Commissione ha delimitato il suo potere discrezionale nel seguente modo:

«La Commissione ritiene che il criterio dell’operatore in un’economia di mercato possa essere soddisfatto per il finanziamento pubblico delle infrastrutture aperte e non riservate a un utente specifico se, alla luce di valutazioni effettuate ex ante gli utenti contribuiscono in misura apprezzabile alla redditività del progetto/del gestore. Tale situazione ricorre nel caso in cui il gestore dell’infrastruttura stipuli accordi commerciali con singoli utenti che consentano di coprire tutti i costi derivanti dagli accordi stessi, compreso un ragionevole margine di profitto sulla base di solide prospettive a medio termine. Nella valutazione si dovrebbe tener conto di tutte le entrate marginali e di tutti i prevedibili costi marginali derivanti al gestore dalle attività dello specifico utente».

75      Ne consegue che, ai sensi della seconda frase del punto 228 della comunicazione del 2016, per determinare se il gestore di un’infrastruttura pubblica non riservata mette quest’ultima a disposizione delle imprese a condizioni di mercato, è necessario verificare se gli «utenti» di detta infrastruttura contribuiscano alla sua redditività, in modo «progressivo», secondo alcune versioni linguistiche della stessa comunicazione (v., a tal riguardo, le versioni in lingua francese o danese) o, secondo altre versioni linguistiche, in modo «incrementale» (v., a tal riguardo, le versioni in lingua inglese, tedesca, spagnola o rumena). Occorre infatti considerare che il metodo di analisi ex ante della redditività richiede di determinare i costi incrementali (o marginali) e le entrate incrementali (o marginali), vale a dire i costi e le entrate direttamente generati dall’utilizzo dell’infrastruttura da parte di un utente supplementare, al fine di valutare se la presenza di quest’ultimo contribuisca alla redditività. Pertanto, nonostante l’uso del termine «utenti», al plurale, detto metodo implica, in linea di principio, di poter determinare i costi e le entrate derivanti dalla presenza di ogni singolo utente di un’infrastruttura.

76      Una siffatta lettura è confermata, in primo luogo, dalla terza frase del punto 228 della comunicazione del 2016, da cui risulta che gli utenti contribuiscono progressivamente alla redditività di un’infrastruttura quando il gestore di quest’ultima stipula, «con singoli utenti», accordi che gli consentono di coprire tutti i costi che ne derivano e di riservarsi un ragionevole margine di profitto sulla base di solide prospettive a medio termine.

77      In secondo luogo, ai sensi della quarta frase del punto 228 della comunicazione del 2016, il metodo di analisi ex ante della redditività implica che si tenga conto di tutte le entrate marginali e di tutti i prevedibili costi marginali derivanti al gestore di un’infrastruttura dalle attività «dell’utente», il quale è designato al singolare, mentre talune versioni linguistiche della comunicazione del 2016 fanno riferimento, inoltre, alla nozione di «specifico utente» (v., a tal riguardo, versioni in lingua inglese, italiana, spagnola o rumena) o di «utente interessato» (v., a tal riguardo, versione in lingua tedesca).

78      In terzo luogo, nella nota a piè di pagina n. 330 alla fine del punto 228 della comunicazione del 2016, la Commissione fa riferimento, da un lato, alla sua decisione (UE) 2015/508, del 1° ottobre 2014, relativa al presunto aiuto infrastrutturale della Germania a favore di Propapier PM2 GmbH — Aiuto di Stato SA.36147 (C 30/10) (ex NN 45/10; ex CP 327/08) (GU 2015, L 89, pag. 72), che riguardava l’esame di una tariffa ridotta che si sosteneva avesse procurato un vantaggio a favore di un determinato utente di un’infrastruttura, e nella quale essa ha applicato il metodo di analisi ex ante della redditività. Dall’altro, nella stessa nota, la Commissione rinvia ai punti da 61 a 64 dei suoi Orientamenti sugli aiuti di Stato agli aeroporti e alle compagnie aeree (GU 2014, C 99, pag. 3; in prosieguo: gli «Orientamenti del 2014»), che trattano della valutazione degli accordi conclusi da aeroporti con singole compagnie aeree (v. punto 61 degli Orientamenti del 2014), per la quale è stabilito un metodo di analisi ex ante della redditività in termini simili a quelli del punto 228 della comunicazione del 2016.

79      In tali circostanze, come giustamente sottolineato dalla ricorrente, al fine di applicare al modello a scala il metodo di analisi ex ante della redditività quale previsto al punto 228 della comunicazione del 2016, la Commissione era tenuta a esaminare, per ciascuna impresa allacciata a un impianto di trattamento delle acque reflue, se il contributo per il trattamento delle acque reflue versato conformemente al modello a scala fosse tale da coprire i costi derivanti dal suo utilizzo dell’infrastruttura in questione.

80      Orbene, è pacifico tra le parti che la Commissione non è stata in grado di esaminare i costi e le entrate propri di ciascuna impresa utilizzatrice degli impianti di trattamento delle acque reflue in Danimarca, dal momento che essa si è basata unicamente su dati medi relativi ai costi totali e alle entrate totali di sei dei novantotto comuni di tale paese.

81      Pertanto, la ricorrente fa giustamente valere che, basandosi unicamente su tali dati, la Commissione ha violato i limiti che essa ha imposto al suo potere discrezionale al punto 228 della comunicazione del 2016.

82      In ogni caso, anche considerando che la Commissione abbia potuto applicare il metodo di analisi ex ante della redditività senza procedere a un esame di ciascun utilizzatore, un siffatto metodo implicava quantomeno che essa fosse in grado di verificare che il modello a scala si basasse su un approccio che consentisse di imputare agli utenti, in modo sufficientemente verosimile, i costi marginali, vale a dire i costi direttamente generati dal loro utilizzo di un impianto di trattamento delle acque reflue.

83      A tal riguardo, in un primo momento, la Commissione ha constatato, al punto 39 della decisione impugnata, che il modello a scala si basava sulla ripartizione dei costi totali sostenuti dai gestori di impianti di trattamento delle acque reflue tra, da un lato, i costi fissi, suddivisi in modo uguale tra tutti gli utenti e, dall’altro, i costi variabili, imputati ai diversi utenti in funzione del loro consumo. In un secondo momento, ai punti 40 e 41 della medesima decisione, la Commissione ha ritenuto che le entrate provenienti dal contributo per il trattamento delle acque reflue, dopo l’applicazione delle tariffe di cui agli scaglioni 2 e 3, consentissero di coprire tutti i costi sostenuti dai gestori di impianti di trattamento delle acque reflue, sulla base della stima delle autorità danesi secondo cui il 20 o il 30% di tali costi erano costi variabili, e il 70 o l’80% erano costi fissi (v. punto 11 supra).

84      È vero che da tali considerazioni risulta che le autorità danesi hanno seguito un approccio che fa dipendere la quota variabile del contributo per il trattamento delle acque reflue dai costi variabili sostenuti dal gestore di un impianto di trattamento delle acque reflue, in funzione di ciascun utente.

85      Tuttavia, nella loro risposta del 18 maggio 2017 a una richiesta di informazioni della Commissione, le autorità danesi hanno spiegato che, nell’approccio che è servito da base per l’elaborazione del modello a scala, i costi variabili comprendevano unicamente spese di gestione («OPEX») legate alla quantità di acqua consumata da un utente.

86      Ne consegue che, come sostenuto in sostanza dalla ricorrente, tutti i costi che non erano connessi alla quantità di acqua consumata sono stati considerati costi fissi e, pertanto, ripartiti tra tutti i diversi utenti, quand’anche tali costi fossero esistiti a causa della sola presenza di un determinato utente nella rete. Ciò vale, in particolare, per le spese di investimento («CAPEX»), come quelle connesse alla creazione e all’estensione della rete di canalizzazioni, che sono state tutte considerate costi fissi, anche se tali spese avevano come unico oggetto l’allacciamento alla rete di un determinato utente. A tal riguardo, in risposta a un quesito posto dal Tribunale, il Regno di Danimarca, pur riconoscendo che siffatti costi variano in funzione della distanza tra l’impianto e l’utente, ha indicato che essi erano ripartiti in modo uguale tra tutti gli utenti, in forza del principio di solidarietà geografica.

87      È quindi a torto che, al punto 38 della decisione impugnata, la Commissione ha affermato di aver verificato se il contributo per il trattamento delle acque reflue, determinato applicando il modello a scala, consentisse di coprire i costi incrementali a medio termine, il che, a suo avviso, includeva «tutte le categorie di spese o di investimenti quali le spese per il personale, le attrezzature e gli investimenti derivanti dalla presenza dell’utente».

88      Di conseguenza, è evidente che l’approccio su cui si basava il modello a scala non consentiva una definizione adeguata dei costi marginali sostenuti dai gestori di impianti di trattamento delle acque reflue.

89      Inoltre, non si può tener conto dell’argomento del Regno di Danimarca vertente sull’esistenza di un contributo distinto per l’allacciamento degli utenti alla rete di trattamento delle acque reflue (v. punto 65 supra), dal momento che la Commissione non ha tenuto conto di un siffatto contributo nella sua valutazione nella decisione impugnata al termine della quale essa ha concluso che il contributo per il trattamento delle acque reflue, determinato secondo il modello a scala, non comportava l’esistenza di un vantaggio. Ne consegue che il fatto di tener conto di un siffatto argomento indurrebbero il Tribunale a modificare la motivazione della decisione impugnata, contrariamente a quanto previsto dalla costante giurisprudenza secondo la quale, nell’ambito di un ricorso di annullamento, il giudice dell’Unione non può sostituire la propria motivazione a quella dell’autore nella decisione impugnata (v. sentenza del 5 maggio 2021, ITD e Danske Fragtmænd/Commissione, T‑561/18, EU:T:2021:240, punto 249 e giurisprudenza ivi citata).

90      In ogni caso, poiché un siffatto contributo distinto è identico per tutti gli utenti, indipendentemente dalla loro distanza dall’impianto di trattamento delle acque reflue, in forza del principio di solidarietà geografica, esso non consente neppure di imputare a un utente specifico i costi specificamente sostenuti per il suo allacciamento alla rete.

91      Da quanto precede risulta che è in violazione dei limiti che essa ha imposto al suo potere discrezionale, al punto 228 della comunicazione del 2016, che la Commissione ha ritenuto, sulla base del metodo di analisi ex ante della redditività, che il contributo per il trattamento delle acque reflue fosse conforme al principio dell’operatore privato.

92      In secondo luogo, come ricordato al precedente punto 67, l’azione di un operatore privato è guidata, in linea di principio, da prospettive di redditività. Infatti, quando l’intervento di un operatore pubblico a favore di un’impresa prescinde da qualsiasi prospettiva di redditività, anche a lungo termine, esso non può essere considerato conforme al principio dell’operatore privato (v., in tal senso, sentenza del 10 dicembre 2020, Comune di Milano/Commissione, C‑160/19 P, EU:C:2020:1012, punto 114 e giurisprudenza ivi citata).

93      Peraltro, sia al punto 228 della comunicazione del 2016 sia al punto 63 degli Orientamenti del 2014, la Commissione ha espressamente subordinato il rispetto del principio dell’operatore privato al requisito di un «ragionevole margine di profitto» per il gestore di un’infrastruttura quando tale gestore concede un vantaggio agli utenti di quest’ultima.

94      Orbene, nel caso di specie, come risulta in particolare dai punti 37 e 38 della decisione impugnata, e come essa ha affermato in risposta a un quesito posto dal Tribunale nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, la Commissione ha ritenuto che le riduzioni introdotte dal nuovo modello a scala potessero soddisfare il principio dell’operatore privato alla sola condizione che il contributo per il trattamento delle acque reflue copra i costi sostenuti dai gestori di impianti di trattamento delle acque reflue.

95      Con una siffatta valutazione, che prescinde da qualsiasi prospettiva di redditività, anche a lungo termine, la Commissione, sulla quale grava l’onere di provare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione del principio dell’operatore privato (v. punto 69 supra), non poteva dimostrare che il contributo in questione soddisfacesse tale principio, come sostenuto in sostanza dalla ricorrente.

96      Peraltro, in risposta a un quesito posto dal Tribunale, il Regno di Danimarca ha indicato che le norme relative alla determinazione del contributo per il trattamento delle acque reflue erano disciplinate dal principio di «autofinanziamento», il quale, da un lato, impone che l’importo di tale contributo sia sufficiente a coprire i costi sostenuti dal gestore di un impianto di trattamento delle acque reflue e, dall’altro, esclude la possibilità per tale gestore di riservarsi un margine di profitto, dovendo reinvestire l’eccedenza rispetto ai costi e non potendo distribuire alcun dividendo agli azionisti.

97      Inoltre, come è pacifico tra le parti, l’applicazione del modello a scala comporta, nel complesso, una diminuzione dell’importo del contributo per il trattamento delle acque reflue rispetto al sistema tariffario unitario che sostituisce. A tal riguardo, come essa ha riconosciuto in udienza, la Commissione ha valutato la conformità del modello a scala al principio dell’operatore privato senza tuttavia esaminare la questione se un siffatto operatore avesse abbandonato il sistema tariffario unitario per il modello a scala, sebbene quest’ultimo sembrasse meno redditizio. Orbene, l’analisi ex ante della redditività definita al punto 228 della comunicazione del 2016, i cui termini sono riprodotti al precedente punto 74, implica che la misura nazionale esaminata dalla Commissione contribuisca «progressivamente» alla redditività del gestore di un’infrastruttura, di modo che, per essere conforme al principio dell’operatore privato, detta misura è intesa ad aumentare tale redditività, anche a lungo termine, e non a diminuirla.

98      Si deve quindi concludere che, non esaminando se il contributo per il trattamento delle acque reflue consentisse ai gestori di impianti di trattamento delle acque reflue di riservarsi un margine di profitto, la Commissione ha violato il principio dell’operatore privato e, di conseguenza, l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

99      In terzo luogo, la ricorrente contesta la valutazione della Commissione contenuta ai punti da 43 a 45 della decisione impugnata, secondo la quale, in sostanza, il mantenimento di tariffe elevate per il trattamento dell’acqua comporta il rischio che le grandi imprese, che rientrano nello scaglione 3, scelgano di scollegarsi dalla rete centralizzata di trattamento delle acque reflue creando il proprio impianto e, pertanto, non siano più assoggettate al contributo sul trattamento delle acque reflue.

100    A tal riguardo, occorre anzitutto constatare che un siffatto argomento non è inoperante, contrariamente a quanto sostiene la Commissione. Infatti, con tale argomento, la ricorrente contesta un elemento di cui la Commissione ha tenuto conto, nella decisione impugnata, per suffragare la sua conclusione secondo cui il contributo per il trattamento delle acque reflue era conforme al principio dell’operatore privato e, pertanto, non comportava un vantaggio e non costituiva un aiuto di Stato (v. punto 12 supra).

101    Per quanto riguarda la fondatezza della valutazione della Commissione relativa alla facoltà di scollegarsi dalla rete centralizzata di trattamento delle acque reflue, occorre rilevare che, in primo luogo, una siffatta facoltà è subordinata al soddisfacimento di varie condizioni sostanziali cumulative enunciate all’articolo 16, paragrafi 1 e 2, del bekendtgørelse nr. 1469 om spildevandstilladelser m.v. efter miljøbeskyttelseslovens kapitel 3 og 4 (decreto n. 1469 sulle autorizzazioni in materia di trattamento delle acque reflue rilasciate in forza dei capi 3 e 4 della legge sulla protezione dell’ambiente), del 12 dicembre 2017. In particolare, tali disposizioni prevedono che un siffatto distacco possa essere autorizzato solo se, da un lato, il finanziamento complessivo del gestore dell’impianto di trattamento delle acque reflue non è sostanzialmente ridotto e, dall’altro, detto impianto può continuare a funzionare correttamente sul piano tecnico. Pertanto, come giustamente sostenuto dalla ricorrente, è poco probabile che tali condizioni siano soddisfatte dagli utenti dello scaglione 3, che sono i più importanti e il cui distacco è quindi il più idoneo a incidere sul buon funzionamento di un impianto di trattamento delle acque reflue sul piano tecnico e finanziario.

102    In secondo luogo, anche qualora le condizioni menzionate al punto precedente siano soddisfatte, la facoltà di distaccarsi dalla rete centralizzata di trattamento delle acque reflue non costituisce un diritto acquisito, ma è soggetta ad autorizzazione delle autorità comunali, le quali dispongono di un ampio potere discrezionale al riguardo, come precisato dal Regno di Danimarca in udienza.

103    In terzo luogo, in risposta a un quesito posto dal Tribunale nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, la Commissione e il Regno di Danimarca hanno dichiarato che, al momento dell’adozione della decisione impugnata, non erano a conoscenza di esempi concreti di imprese che si fossero distaccate totalmente dalla rete centralizzata di trattamento delle acque reflue alla quale erano allacciate, per realizzare un proprio impianto.

104    Ne consegue che il rischio che utenti appartenenti allo scaglione 3 si distacchino dalla rete centralizzata di trattamento delle acque reflue, di cui la Commissione ha tenuto conto ai punti da 43 a 45 della decisione impugnata, presentava un carattere ipotetico e non sufficientemente suffragato. Pertanto, quando ha ritenuto che un operatore privato avrebbe tenuto conto di un siffatto rischio per determinare l’importo del contributo per il trattamento delle acque reflue, la Commissione non ha soddisfatto l’onere della prova ad essa incombente in forza della giurisprudenza richiamata al precedente punto 69.

105    Alla luce di quanto precede, si deve concludere che la Commissione ha violato l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE nonché il punto 228 della comunicazione del 2016 quando ha ritenuto che il contributo per il trattamento delle acque reflue non comportasse l’esistenza di un vantaggio in quanto detto contributo sarebbe stato deciso da un operatore privato. Di conseguenza, il terzo motivo deve essere accolto.

106    Tenuto conto dell’insieme delle considerazioni sin qui svolte, occorre accogliere il secondo motivo nonché, ad abundantiam, il terzo motivo e, pertanto, annullare la decisione impugnata, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi dedotti dalla ricorrente.

 Sulle spese

107    Conformemente all’articolo 219 del regolamento di procedura del Tribunale, nelle decisioni del Tribunale pronunciate dopo l’annullamento e il rinvio, il medesimo provvede sulle spese relative, da un lato, ai procedimenti instaurati dinanzi ad esso e, dall’altro, al procedimento di impugnazione dinanzi alla Corte.

108    Nella sentenza sull’impugnazione, la Corte ha annullato l’ordinanza iniziale e ha riservato le spese. Spetta quindi al Tribunale statuire nella presente sentenza, da un lato, su tutte le spese relative ai procedimenti instaurati dinanzi ad esso, ossia i procedimenti nelle cause T‑486/18 e T‑486/18 RENV nonché, dall’altro, sulle spese relative al procedimento di impugnazione, ossia il procedimento nella causa C‑99/21 P.

109    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

110    Poiché la Commissione è rimasta soccombente sia nell’ambito del procedimento di impugnazione sia nell’ambito del presente procedimento di rinvio, occorre condannarla a farsi carico delle spese relative alla presente causa nonché alle cause T‑486/18 e C‑99/21 P, conformemente alla domanda della ricorrente.

111    In applicazione dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, il Regno di Danimarca si farà carico delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione C(2018) 2259 final della Commissione, del 19 aprile 2018, relativa all’aiuto di Stato SA.37433 (2017/FC) – Danimarca, è annullata.

2)      La Commissione europea si farà carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Danske Slagtermestre nell’ambito dei procedimenti avviati dinanzi al Tribunale e dinanzi alla Corte.

3)      Il Regno di Danimarca si farà carico delle proprie spese.

Spielmann

Gâlea

Tóth

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 10 aprile 2024.

Firme


*      Lingua processuale: il danese.