Language of document : ECLI:EU:T:2004:197

Arrêt du Tribunal

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)
30 giugno 2004 (1)

«Marchio comunitario – Procedimento d'opposizione – Marchi anteriori denominativi DIESEL – Domanda di marchio comunitario figurativo DIESELIT – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n° 40/94»

Nella causa T-186/02,

BMI Bertollo Srl, con sede in Pianezze San Lorenzo, rappresentata dagli avv.ti F. Tedeschini, M. Pinnarò, P. Santer, V. Corbeddu e M. Bertuccelli, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dal sig. O. Montalto, in qualità di agente,

convenuto,

controparte nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell'UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:

Diesel SpA, con sede in Molvena, rappresentata dagli avv.ti G. Bozzola e C. Bellomunno,

avente ad oggetto un ricorso avverso la decisione della terza commissione di ricorso dell'UAMI del 19 marzo 2002 (causa R 525/2001-3), relativa ad un procedimento d'opposizione tra la BMI Bertollo Srl e la Diesel SpA,



IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE
(Quarta Sezione),



composto dal sig. H. Legal, presidente, dalla sig.ra V. Tiili e dal sig. M. Vilaras, giudici,

cancelliere: sig.ra B. Pastor, cancelliere aggiunto

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 giugno 2002,

visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale l'8 novembre 2002,

visto il controricorso dell'interveniente Diesel SpA, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 31 ottobre 2002,

a seguito dell'udienza del 4 febbraio 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza




Antefatti

1
Il 17 luglio 1998 la BMI Bertollo Srl ha presentato all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) una domanda di registrazione di marchio comunitario, in base al regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato.

2
Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il segno riportato qui di seguito, che, secondo la descrizione dei colori contenuta nella domanda, è di colore rosso.

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3
I servizi per i quali è stata chiesta la registrazione del marchio rientrano nelle classi 7, 11 e 21 dell’accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi per la registrazione dei marchi, come rivisto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione:

classe 7 : «Ferri da stiro»;

classe 11 : «Caldaie per lo stiro (non macchine o parti di macchina)»;

classe 21 : «Tavoli da stiro».

4
Tale domanda è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari 12 luglio 1999, n. 55/99.

5
Il 7 ottobre 1999 la società Diesel SpA presentava opposizione, ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 40/94, contro la registrazione del detto marchio comunitario. L’opposizione riguardava tutti i prodotti considerati dalla domanda di marchio. Il motivo fatto valere a sostegno dell’opposizione era quello di cui all’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. L’opposizione si basava sull’esistenza, da un lato, del marchio nazionale n. 686092, registrato in Italia il 23 agosto 1996 per designare tutti i prodotti e i servizi delle classi 1‑42 dell’accordo di Nizza, citato, e, dall’altro, del marchio comunitario n. 743401, registrato il 27 aprile 1999 per designare tutti i prodotti delle classi 11, 19, 20 e 21 del citato accordo. Tali due marchi anteriori (in prosieguo: i «marchi anteriori») sono rappresentati dal segno denominativo DIESEL.

6
L’opposizione era basata su una parte dei prodotti e dei servizi coperti dai marchi anteriori, cioè:

classe 7: «Macchine e macchine-utensili; motori (eccetto quelli per veicoli terrestri); giunti e organi di trasmissione (eccetto quelli per veicoli terrestri); strumenti agricoli tranne quelli azionati manualmente; incubatrici per uova»;

classe 11: «Apparecchi di illuminazione, di riscaldamento, di produzione di vapore, di cottura, di refrigerazione, di essiccamento, di ventilazione, di distribuzione, d’acqua e impianti sanitari»;

classe 21: «Utensili e recipienti per il governo della casa o la cucina (né in metalli preziosi, né in placcato); pettini e spugne; spazzole (ad eccezione dei pennelli); materiali per la fabbricazione di spazzole; materiale per pulizia; paglia di ferro; vetro grezzo o semilavorato (tranne il vetro da costruzione); vetreria, porcellana e maiolica non comprese in altre classi».

7
Con decisione 28 febbraio 2001 la divisione di opposizione ha accolto l’opposizione ed ha quindi rifiutato la registrazione del marchio richiesto, in quanto sussisteva, in Italia, un rischio di confusione per i prodotti di cui alle classi 11 e 21 e in quanto, considerata l’accentuata somiglianza tra i segni, nonché l’interrelazione tra segni e prodotti nel giudizio di confusione, sussisteva un rischio di confusione anche in relazione ai «ferri da stiro» della ricorrente, che presentano un certo grado di affinità con i prodotti dell’interveniente.

8
L’8 maggio 2001 la ricorrente ha presentato ricorso all’UAMI, ai sensi dell’art. 59 del regolamento n. 40/94, contro la decisione della divisione di opposizione.

9
Con decisione 19 marzo 2002 (in prosieguo: la «decisione impugnata») la terza commissione di ricorso ha respinto il ricorso. In sostanza, la Commissione ha ritenuto che, tenuto conto della natura intrinseca dei marchi anteriori e dell’elevata somiglianza tra i marchi, nonché dell’identità o affinità tra i prodotti rivendicati, sussistesse, ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, un rischio di confusione per il pubblico di riferimento nel territorio in cui i marchi anteriori sono tutelati.


Conclusioni delle parti

10
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

accogliere la domanda di marchio comunitario.

11
L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.

12
L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

confermare la decisione impugnata e respingere la domanda di registrazione del marchio DIESELIT;

condannare la ricorrente alle spese.

13
In sede di udienza, la ricorrente ha rinunciato al secondo capo delle sue conclusioni, con cui chiedeva fosse disposta la registrazione del marchio richiesto; di ciò il Tribunale ha preso atto nel verbale d’udienza.


Diritto

14
La ricorrente solleva, in sostanza, tre motivi basati, rispettivamente, su una violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, su una violazione dell’art. 43, nn. 2 e 3, dello stesso regolamento e, in subordine, su una violazione dell’art. 7, n. 1, dello stesso regolamento.

Sul primo motivo, basato su una violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94

Argomenti delle parti

15
La ricorrente afferma, in primo luogo, che, contrariamente a quanto affermato dalla commissione di ricorso, i marchi anteriori DIESEL non hanno un elevato carattere distintivo rispetto al tipo di prodotti cui si riferiscono.

16
Infatti, secondo la ricorrente, se un termine di uso comune, come la parola «diesel», non presenta necessariamente una relazione lessicale diretta con alcuni prodotti rivendicati, ad esempio con i capi di abbigliamento, può tuttavia suggerire un collegamento concettuale o lessicale se riferito a prodotti appartenenti ad altre classi anch’esse rivendicate dallo stesso segno, ad esempio a tipi di macchine, posto che la parola «diesel» designa un tipo di motore. Secondo la ricorrente, la commissione di ricorso avrebbe dovuto valutare la portata descrittiva del segno DIESEL con riferimento ai prodotti contenuti nelle classi 7, 11 e 21, tra i quali vi sono, in particolare, i «motori», i «giunti», gli «organi di trasmissione», gli «strumenti agricoli», gli «apparecchi per l’illuminazione, riscaldamento, per la produzione di vapore, per la distribuzione d’acqua», e avrebbe dovuto riconoscere la sussistenza di un collegamento lessicale o di una connotazione descrittiva per tali prodotti.

17
Pertanto, secondo la ricorrente, un marchio costituito dal termine «diesel», quando è associato ad utensili o a strumenti costituiti da «macchine», acquista una connotazione generica e meramente descrittiva, evocando un collegamento assolutamente naturale e banale tra i prodotti e il segno. Un marchio descrittivo sarebbe un marchio debole, cui è riconosciuta una minore capacità distintiva e, pertanto, una minore protezione in caso di pretesa confusione con un altro marchio. In particolare, al marchio debole non potrebbe essere riconosciuta una protezione esclusiva e totale quando al segno in questione sono aggiunte varianti o modificazioni rispetto al termine di uso comune, come nel caso di specie per il segno DIESELIT. La ricorrente fa riferimento alla giurisprudenza nazionale, secondo cui i marchi deboli sono segni concettualmente legati ai prodotti ovvero costituiti da termini di uso comune che non possono essere oggetto di un diritto di appropriazione esclusivo e totale. La ricorrente ricorda che il campo d’applicazione più ampio del marchio comunitario implica un divieto ancor più severo di registrare nomi e segni generici e descrittivi, appartenenti al vocabolario dei vari Stati membri.

18
La ricorrente aggiunge che per il pubblico di riferimento, rappresentato, ad esempio, da casalinghe generalmente poco istruite in materia di motori di qualsiasi tipo, il segno DIESEL, associato ad utensili e a macchine per la casa, potrà evocare un collegamento puramente descrittivo.

19
Secondo la ricorrente, perché un marchio possa essere considerato forte, non deve sussistere, nell’opinione dei consumatori, alcuna relazione tra tale marchio e i termini che designano i prodotti cui esso si riferisce. Per ricevere tutela, un marchio non deve coincidere né con la descrizione generica del prodotto in questione, né con la descrizione di un diverso prodotto che i consumatori possano comunque identificare o associare al primo.

20
Di conseguenza, secondo la ricorrente, l’affermazione secondo cui i marchi anteriori DIESEL rappresentano marchi forti anche quando si trovano associati a prodotti che possono evocare, nel pubblico di riferimento, un collegamento con il significato del termine presupponeva un confronto prodotto per prodotto, a cui la commissione di ricorso ha fatto riferimento, ma che essa non ha effettuato.

21
Orbene, l’enunciazione di un principio senza alcuna spiegazione renderebbe la decisione impugnata illegittima per carenza di motivazione. Infatti, secondo la ricorrente, le è impossibile individuare i motivi per i quali è stato applicato il principio enunciato, così come le è impossibile ricostruire il ragionamento che ha condotto all’adozione della decisione impugnata.

22
In secondo luogo, la ricorrente sostiene che non vi è alcuna somiglianza fonetica o visuale tra il marchio richiesto e i marchi anteriori.

23
Quanto al confronto fonetico, il segno DIESELIT potrebbe produrre, soprattutto per il pubblico considerato, un duplice risultato fonetico («dieselit» o «diselit»). A parere della ricorrente, poiché l’italiano possiede accenti afoni, indipendentemente dalla pronuncia italiana o anglosassone del termine, la fonetica condurrebbe, in ogni caso, a un risultato totalmente diverso dalla parola «diesel». Se si volesse raffigurare l’insieme degli accenti afoni e non visibili che la lingua italiana grammaticalmente impone nella dizione della parola «diesel», si dovrebbe scrivere «dìisel», mentre la parola «dieselit»dovrebbe scriversi «dièselit».

24
Quanto al confronto visuale, la ricorrente osserva che i marchi anteriori si presentano con semplice e comune carattere stampatello (Times New Roman), mentre il segno DIESELIT si presenta con caratteri ben diversi.

25
In terzo luogo, la ricorrente contesta le valutazioni svolte nella decisione in ordine all’asserita somiglianza fra i prodotti.

26
La ricorrente afferma a tal proposito che la differenza tra le «Caldaie per lo stiro (non macchine o parti di macchina)» e gli «Apparecchi di produzione di vapore», categoria in cui la commissione di ricorso ha incluso il prodotto che la ricorrente rivendica, è evidente, in quanto la prima non produce vapore se non associata ad una macchina apposita.

27
La ricorrente contesta altresì l’associazione tra i «Tavoli da stiro» e gli «Utensili e recipienti per il governo della casa o la cucina». Essa contesta del pari l’asserita complementarietà dei «Ferri da stiro» e dei «Tavoli da stiro»: tale complementarietà non sussisterebbe al momento del loro acquisto, bensì solo al momento del loro utilizzo.

28
Infine, la ricorrente contesta l’affermazione della commissione di ricorso, secondo cui il termine «dieselit» potrebbe essere interpretato dal consumatore come la versione italiana del marchio DIESEL, ovvero la sua «versione web». Infatti, il consumatore di ferri da stiro o di utensili per la casa non sarebbe propriamente interessato al mercato informatico. Inoltre, posto che la notorietà dei marchi DIESEL investirebbe settori distinti da quello esaminato nella fattispecie, cioè l’abbigliamento sportivo e giovanile, essa riguarderebbe una fascia di consumatori che non coinciderebbe in alcun modo con quella parte di pubblico interessata agli utensili per la casa.

29
L’UAMI afferma che la commissione di ricorso aveva ragione nel ritenere che, tenuto conto della natura intrinseca dei marchi anteriori e della loro elevata somiglianza, nonché dell’identità o affinità tra i prodotti rivendicati, sussistesse un rischio di confusione per il pubblico di riferimento nel territorio in cui i marchi anteriori sono tutelati.

30
L’UAMI ritiene che i segni confliggenti, DIESEL e DIESELIT, non abbiano alcun carattere descrittivo rispetto ai prodotti di cui trattasi, che sono identici o comunque molto simili. Di conseguenza, i marchi anteriori DIESEL potrebbero essere riconosciuti come marchi forti per i prodotti in oggetto.

31
L’interveniente ricorda, innanzi tutto, che i suoi marchi hanno acquisito, nel corso degli anni, una considerevole notorietà mondiale per gli articoli di abbigliamento informali (cosiddetti «casual»). Tali marchi sarebbero poi stati estesi a numerose altre categorie merceologiche, poiché l’interveniente ha ampliato e diversificato la sua produzione. Tuttavia, essa ricorda che la sua opposizione si basava sulla preesistenza delle due registrazioni e non sulla notorietà, che essa ha menzionato solamente nell’ambito del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso.

32
Per quanto concerne la determinazione del pubblico interessato, può trattarsi, secondo l’interveniente, di soggetti diversi, forse prevalentemente di sesso femminile, ma non per questo solo casalinghe o soggetti ignoranti in materia di motori. Si dovrebbe quindi escludere che, acquistando un ferro da stiro, una caldaia per lo stiro o un’asse da stiro, il consumatore medio possa pensare che tali prodotti siano dotati di un motore diesel ovvero funzionino con combustibile. Inoltre, data l’ampiezza di utilizzo di Internet, nonché la notorietà dei marchi DIESEL, il suffisso «it» nel marchio DIESELIT potrebbe essere interpretato dai più come la versione Internet di DIESEL.

Giudizio del Tribunale

33
Ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione «se a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato»; si precisa inoltre che «il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore». Peraltro, ai sensi dell’art. 8, n. 2, lett. a), i) e ii), del regolamento n. 40/94, si intendono per marchi anteriori i marchi comunitari e i marchi registrati nello Stato membro, la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio comunitario.

34
Secondo la giurisprudenza della Corte relativa all’interpretazione della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), nonché del Tribunale relativa al regolamento n. 40/94, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico creda che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate [sentenze della Corte 29 settembre 1998, causa C‑39/97, Canon, Racc. pag. I‑5507, punto 29, e 22 giugno 1999, causa C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I‑3819, punto 17; sentenza del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T‑104/01, Oberhauser/UAMI – Petit Liberto (Fifties), Racc. pag. II‑4359, punto 25].

35
Il rischio di confusione per il pubblico dev’essere valutato globalmente, in considerazione di tutti i fattori pertinenti del caso di specie (sentenza della Corte 11 novembre 1997, causa C‑251/95, SABEL, Racc. pag. I‑6191, punto 22; sentenze Canon, citata al precedente punto 34, punto 16, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, citata al precedente punto 34, punto 18; sentenza della Corte 22 giugno 2000, causa C‑425/98, Marca Mode, Racc. pag. I‑4861, punto 40; sentenza Fifties, citata al precedente punto 34, punto 26).

36
Tale valutazione globale implica una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in considerazione e, in particolare, tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Pertanto, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa (sentenze Canon, citata al precedente punto 34, punto 17, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, citata al precedente punto 34, punto 19). L’interdipendenza tra questi fattori trova espressione nel settimo ‘considerando’ del regolamento n. 40/94, secondo il quale è opportuno interpretare la nozione di somiglianza in relazione al rischio di confusione, la cui valutazione dipende da vari fattori e in particolare dalla notorietà del marchio sul mercato, dalla possibile associazione con il segno utilizzato o registrato e dal grado di somiglianza tra il marchio e il segno e tra i prodotti o servizi designati (sentenza Fifties, citata al precedente punto 34, punto 27).

37
Emerge inoltre dalla giurisprudenza che il rischio di confusione è tanto più elevato quanto più rilevante è il carattere distintivo del marchio anteriore (sentenze SABEL, citata al precedente punto 35, punto 24, e Canon, citata al precedente punto 34, punto 18); quest’ultimo dev’essere constatato con riguardo alle qualità intrinseche del marchio o tenuto conto della notorietà ad esso attribuita [sentenza Canon, citata al precedente punto 34, punto18; sentenze del Tribunale 15 gennaio 2003, causa T‑99/01, Mystery Drinks/UAMI – Karlsberg Brauerei (MYSTERY), Racc. pag. II-43, punto 34, e 22 ottobre 2003, causa T‑311/01, Éditions Albert René/UAMI – Trucco (Starix), non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 42].

38
Peraltro, la percezione dei marchi operata dal consumatore medio del tipo di prodotto o servizio di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione globale del rischio di confusione. Orbene, il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (sentenze SABEL, citata al precedente punto 35, punto 23, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, citata supra al punto 34, punto 25). Ai fini di questa valutazione globale, si ritiene che il consumatore medio della categoria di prodotti di cui trattasi sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Tuttavia occorre tener conto del fatto che il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi (sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, citata al precedente punto 34, punto 26).

39
Nella fattispecie, il segno DIESEL è, da un lato, registrato in Italia quale marchio nazionale per tutti i prodotti e i servizi delle classi 1‑42 e, d’altro lato, registrato presso l’UAMI quale marchio comunitario per i prodotti delle classi 11, 19, 20 e 21. I prodotti considerati nella domanda di marchio comunitario rientrano nelle classi 7, 11 e 21. Pertanto, il territorio rilevante per l’analisi del rischio di confusione è rappresentato da tutto il territorio della Comunità, per quanto concerne i prodotti delle classi 11 e 21, e dall’Italia, per quanto concerne i prodotti della classe 7. Peraltro, posto che i prodotti di cui trattasi sono di consumo corrente, il pubblico rilevante è il consumatore medio, che si presume essere normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto.

40
Alla luce di quanto sopra, è necessario effettuare un confronto, da un lato, tra i prodotti interessati e, d’altro lato, tra i segni confliggenti.

    Sul confronto tra i prodotti

41
Quanto al confronto tra i prodotti interessati, deve ricordarsi che, secondo la giurisprudenza della Corte, per valutare la somiglianza tra i prodotti o i servizi in questione, si deve tener conto di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano il rapporto tra i prodotti o i servizi. Questi fattori includono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, il loro impiego nonché la loro concorrenzialità o complementarietà (sentenza Canon, citata al precedente punto 34, punto 23).

42
È giocoforza rilevare che, poiché l’interveniente ha fatto riferimento, nella sua domanda di marchio in Italia, ai titoli di tutte le classi, la sua registrazione nazionale copre tutti i prodotti che possono rientrare in tali classi. Del pari, la sua registrazione comunitaria copre tutti i prodotti che possono rientrare nelle classi rivendicate a livello comunitario, cioè le classi 11, 19, 20 e 21, posto che essa, nella sua domanda, ha fatto riferimento ai titoli delle classi citate. Pertanto, i prodotti di cui trattasi devono essere considerati come identici ai fini della valutazione del rischio di confusione.

43
Si deve pertanto concludere, come la commissione di ricorso al punto 16 della decisione impugnata, che i prodotti considerati dal marchio richiesto e quelli contrassegnati dai marchi anteriori sono identici o simili.

    Sul confronto tra i segni

44
Quanto al confronto tra i segni, emerge dalla giurisprudenza che la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (sentenze SABEL, citata al precedente punto 35, punto 23, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, citata al precedente punto 34, punto 25).

45
Di conseguenza, deve verificarsi se il grado di somiglianza tra i marchi in questione sia sufficientemente elevato da poter ritenere che sussista un rischio di confusione tra i medesimi. A tal fine è necessario riprodurre di seguito i due segni:

DIESEL

Marchi anteriori

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marchio richiesto (rosso)

46
Per quanto concerne il confronto visuale, va rilevato che il segno DIESEL è interamente incluso nel marchio richiesto DIESELIT. Quest’ultimo contiene un elemento verbale supplementare rispetto ai marchi anteriori, ossia il suffisso «it». Orbene, la semplice aggiunta del suffisso «it» ai marchi anteriori non è sufficiente ad eliminare la somiglianza visuale esistente tra i due segni in esame.

47
Inoltre, come rilevato anche dalla commissione di ricorso e dallタルinterveniente, l’elemento figurativo del marchio richiesto ha carattere marginale. Infatti, una rappresentazione grafica consistente nella riproduzione in caratteri a stampatello piuttosto banali e ordinari, di colore rosso, del termine «dieselit» non consente al consumatore di rivolgere la sua attenzione ad elementi figurativi del marchio richiesto diversi dalle lettere che lo compongono.

48
La commissione di ricorso ha quindi correttamente ritenuto che i segni in conflitto fossero simili dal punto di vista visuale.

49
Quanto al confronto fonetico, la commissione di ricorso ha affermato (punto 23 della decisione impugnata):

«(…) il suffisso “it” nel marchio comunitario non modifica il tipo ideologico del marchio DIESEL che resta sempre identificabile come il cuore del marchio della ricorrente. Poco importa come venga pronunciata la parola «diesel» dal consumatore italiano (“die” o “di”): tale termine è infatti presente in entrambi i segni, pertanto il risultato fonetico, con una pronuncia o un’altra, sarebbe comunque il medesimo» .

50
Va rilevato che l’affermazione della commissione di ricorso è corretta. I due segni, infatti, hanno in comune le sei prime lettere (ossia il segno DIESEL nella sua interezza) e tali sei prime lettere saranno pronunciate in modo analogo, sia in Italia (per la classe 7) che altrove nella Comunità. Perciò, l’aggiunta del suffisso «it» al segno della ricorrente non è determinante nel confronto fonetico.

51
Si deve quindi rilevare che i segni confliggenti sono simili dal punto di vista fonetico.

52
Quanto al confronto concettuale dei segni confliggenti, va rilevato che la commissione di ricorso non ha propriamente svolto un tale confronto, essendosi limitata a valutare il contenuto semantico del termine «diesel». Essa ha rilevato in proposito che i marchi anteriori DIESEL, applicati ai prodotti di cui trattasi, sono marchi intrinsecamente forti poiché non presentano alcuna relazione concettuale con il prodotto da essi contraddistinto (punto 21 della decisione impugnata).

53
La commissione di ricorso ha ritenuto pertanto che i marchi anteriori avessero un carattere distintivo piuttosto elevato. Va rilevato che il carattere distintivo elevato di un marchio dev’essere constatato con riguardo alle qualità intrinseche del marchio o tenuto conto della notorietà ad esso attribuita. Nella fattispecie, la commissione di ricorso ha constatato l’elevato carattere distintivo con riguardo alle qualità intrinseche dei marchi DIESEL rispetto ai prodotti di cui trattasi nella presente controversia.

54
Quanto all’argomento della ricorrente, secondo cui la commissione di ricorso avrebbe dovuto valutare la portata descrittiva del segno DIESEL per i prodotti contenuti nelle classi 7, 11 e 21, fra i quali si trovano, in particolare, i «motori», i «giunti e organi di trasmissione», gli «strumenti agricoli», gli «apparecchi di illuminazione, di riscaldamento, di produzione di vapore, di distribuzione d’acqua», va rilevato, come hanno fatto l’UAMI e l’interveniente, che la valutazione del carattere distintivo del segno DIESEL dev’essere svolta con riferimento ai prodotti su cui si basa l’opposizione.

55
Deve ricordarsi che i prodotti rivendicati dalla ricorrente sono interamente inclusi nei prodotti coperti dai marchi anteriori. È sufficiente quindi valutare il carattere distintivo con riferimento ai «ferri da stiro», alle «caldaie per lo stiro» e ai «tavoli da stiro», rivendicati dalla ricorrente, mentre non si deve tener conto degli altri prodotti rivendicati dall’interveniente e appartenenti a tali classi, come le «macchine» e i «motori (eccetto quelli per veicoli terrestri)».

56
Si deve rilevare che il termine «diesel», che significa combustibile, ovvero tipo di motore, non è in alcun modo descrittivo per quanto riguarda i «ferri da stiro», le «caldaie per lo stiro» e i «tavoli da stiro». Si deve in proposito confermare l’analisi svolta dalla commissione di ricorso, secondo cui i marchi DIESEL, applicati a tali prodotti, sono marchi intrinsecamente forti e sussiste pertanto un rischio di confusione anche in presenza di varianti e di modifiche che lascino sussistere l’identità sostanziale di tali marchi.

57
Orbene, va sottolineato che il segno DIESELIT può essere considerato una variante del segno DIESEL. L’attenzione del consumatore sarà infatti richiamata dal termine riconoscibile nel segno DIESELIT, ossia il termine «diesel», e pertanto il consumatore attribuirà a questo segno lo stesso significato concettuale dei marchi anteriori. Tale rilievo è valido per l’Italia come per tutto il territorio della Comunità. L’aggiunta del suffisso «it» non è sufficiente ad eliminare la somiglianza concettuale, posto che la parola «diesel» è dominante nel segno DIESELIT. Peraltro, come giustamente rilevato dalla commissione di ricorso al punto 24 della decisione impugnata, l’aggiunta del suffisso «it» al segno della ricorrente potrà eventualmente suggerire al consumatore l’idea che esista un collegamento tra i due segni, poiché il segno DIESELIT può essere percepito come la versione italiana del segno DIESEL.

58
Di conseguenza, va rilevato che tra i segni confliggenti sussiste altresì una somiglianza concettuale.

59
Alla luce di quanto sopra, deve dichiararsi che il grado di somiglianza tra i marchi in questione è sufficientemente elevato da far credere al pubblico rilevante che i prodotti di cui trattasi provengano dalla stessa impresa ovvero, eventualmente, da imprese collegate economicamente. Sussiste pertanto un rischio di confusione tra tali marchi.

60
Per quanto riguarda la tesi della ricorrente, secondo cui la commissione di ricorso non ha motivato la sua affermazione per cui i marchi anteriori DIESEL hanno un elevato carattere distintivo, è sufficiente rilevare che dal punto 21 della decisione impugnata emerge chiaramente che la commissione di ricorso ha ritenuto che i marchi anteriori, applicati ai prodotti di cui trattasi, siano marchi intrinsecamente forti poiché non presentano alcuna relazione concettuale, diretta o indiretta, con i prodotti da essi contraddistinti, il che rappresenta una motivazione sufficiente in proposito.

61
Peraltro, quanto all’argomento della ricorrente, secondo cui la commissione di ricorso ha sbagliato nel tener conto della notorietà dei marchi DIESEL, va rilevato che dal punto 12 della decisione impugnata emerge quanto segue:

«(…) non hanno rilievo le deduzioni della [interveniente] quanto alla notorietà mondiale e che attengono e conseguono all’uso effettivo del segno non essendo stata né richiesta dalla richiedente alcuna prova d’uso ai sensi dell’art. 43, [n. 2, del regolamento n. 40/94], né prodotta spontaneamente dall’[interveniente] stessa. Il giudizio di confondibilità non può pertanto che avere ad oggetto, da un lato, il marchio così come presentato nella domanda di marchio comunitario e, dall’altro, il marchio anteriore portato in opposizione».

62
Da tali rilievi emerge chiaramente che la commissione di ricorso non ha tenuto conto della notorietà dei marchi anteriori DIESEL. L’argomento della ricorrente è quindi infondato in fatto.

63
Alla luce di quanto sopra, il primo motivo sollevato dalla ricorrente dev’essere disatteso.

Sul secondo motivo, basato su una violazione dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94

Argomenti delle parti

64
La ricorrente afferma che l’interveniente non ha fornito alcuna prova del serio utilizzo dei marchi anteriori per i prodotti delle classi in esame e, per questo motivo, l’opposizione andrebbe immediatamente respinta. Infatti, la notorietà del marchio si limiterebbe al settore dell’abbigliamento.

65
L’UAMi ricorda che, ai sensi dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, il titolare di un marchio anteriore comunitario o nazionale deve addurre la prova di serio utilizzo su istanza del richiedente. L’UAMI dovrebbe, nel corso della procedura concernente impedimenti relativi opposti alla registrazione, ai sensi dell’art. 74 del regolamento n. 40/94, limitarsi ad esaminare i motivi addotti ed attenersi alle richieste presentate dalle parti. Orbene, la ricorrente avrebbe omesso di presentare tale domanda. Secondo la giurisprudenza, il Tribunale non potrebbe prendere in considerazione una domanda non presentata e discussa davanti alla commissione di ricorso. In sede di udienza, l’UAMI ha ricordato che, non essendo ancora decorso il termine quinquennale previsto dall’art. 43, n. 2, del regolamento n. 40/94 relativo alla registrazione del marchio anteriore, non può ancora richiedersi la prova del serio utilizzo.

66
L’interveniente ricorda che le prove di utilizzo, se non fornite spontaneamente, devono essere esibite solo a seguito di una richiesta della controparte, che nel presente caso non è stata avanzata. Quanto alla registrazione comunitaria del marchio DIESEL, concessa il 27 aprile 1999, poiché non è ancora decorso il termine quinquennale entro cui l’uso deve iniziare, la ricorrente non avrebbe potuto, in ogni caso, richiedere alcuna prova.

Giudizio del Tribunale

67
Si deve ricordare che, ai sensi dell’art. 43, n. 2, del regolamento n. 40/94, su istanza del richiedente, il titolare di un marchio comunitario anteriore che abbia presentato opposizione deve addurre la prova che, nel corso dei cinque anni che precedono la pubblicazione della domanda di marchio comunitario, il marchio comunitario anteriore è stato seriamente utilizzato nella Comunità per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato, e sui quali si fonda l’opposizione, o che vi sono legittime ragioni per la non utilizzazione, purché a tale data il marchio anteriore fosse registrato da almeno cinque anni. Ai sensi del n. 3 del medesimo articolo, il n. 2 si applica ai marchi nazionali anteriori, fermo restando che l’utilizzazione nella Comunità è sostituita dall’utilizzazione nello Stato membro in cui il marchio nazionale anteriore è tutelato.

68
Nel caso in esame, il marchio comunitario anteriore è stato registrato il 27 aprile 1999 e il marchio nazionale anteriore il 23 agosto 1996, mentre la richiesta di registrazione del segno DIESELIT quale marchio comunitario è stata pubblicata il 12 luglio 1999. Si deve quindi rilevare che il termine quinquennale non è decorso a tale data né per il marchio comunitario anteriore, né per il marchio nazionale anteriore. Ne discende che la prova del serio utilizzo non poteva ancora essere richiesta e che i marchi anteriori dovevano essere considerati come utilizzati.

69
Si deve pertanto respingere il secondo motivo della ricorrente.

Sul terzo motivo, sollevato in via subordinata, relativo ad una violazione dell’art. 7, n. 1, del regolamento n. 40/94

70
In via subordinata, la ricorrente afferma che sussiste un impedimento assoluto ad una valida registrazione del segno DIESEL per le classi 11 e 21, quale marchio comunitario, e per la classe 7, quale marchio nazionale.

71
Va rilevato che la ricorrente non può, nell’ambito di un procedimento di opposizione, invocare un impedimento assoluto alla registrazione di un segno da parte di un ufficio nazionale o dell’UAMI. Infatti, si deve ricordare che gli impedimenti assoluti alla registrazione di cui all’art. 7 del regolamento n. 40/94 non vanno esaminati nell’ambito di un procedimento di opposizione e che tale articolo non figura tra le disposizioni alla luce delle quali può valutarsi la legittimità della decisione impugnata [sentenza del Tribunale 9 aprile 2003, causa T‑224/01, Durferrit/UAMI – Kolene (NU- TRIDE), Racc. pag. II‑1589, punti 72 e 75]. Se la ricorrente ritiene che il marchio DIESEL sia stato registrato in violazione delle disposizioni di cui all’art. 7 del regolamento n. 40/94, essa dovrebbe introdurre una domanda di nullità ai sensi dell’art. 51 del citato regolamento con riferimento al marchio anteriore comunitario. Inoltre, la validità della registrazione di un segno come marchio nazionale non può essere messa in discussione nell’ambito di un procedimento di registrazione di un marchio comunitario, ma solamente nell’ambito di un procedimento di annullamento avviato nello Stato membro interessato [sentenza del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T‑6/01, Matratzen Concord/UAMI – Hukla Germany (MATRATZEN), Racc. pag. II‑4335, punto 55].

72
Si deve pertanto respingere il terzo motivo sollevato dalla ricorrente.

73
Di conseguenza, il ricorso dev’essere integralmente respinto.


Sulle spese

74
Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’UAMI e l’interveniente ne hanno fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese sostenute dalle dette due parti.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce :

1)
Il ricorso è respinto.

2)
La ricorrente è condannata alle spese.

Legal

Tiili

Vilaras

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 30 giugno 2004.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

H. Legal


1
Lingua processuale: l'italiano.